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OTTAVA SERIE

AVVERTENZA

l. Questo volume è il secondo dei tre destinati a raccogliere la documentazione del 1938. Inizia con il 24 aprile, giorno in cui si chiude a Carlsbad il congresso del Partito dei tedeschi sudeti che approva il piano delle rivendicazioni da presentare al governo di Praga (i cosiddetti otto punti di Carlsbad), aprendo così la crisi cecoslovacca, che per il momento ha formalmente il carattere di una crisi interna. Termina all' 11 settembre, alla vigilia del discorso pronunciato da Hitler a Norimberga con cui la crisi entra in una fase nuova e si pone con il suo vero carattere di crisi internazionale.

All'inizio di questo periodo, prima che il problema cecoslovacco venga a porsi in primo piano, si hanno due avvenimenti importanti che riguardano direttamente l 'Italia.

Il primo è la visita che Hitler compie in Italia dal 3 al 9 maggio. In questa circostanza, contrariamente a quanto era accaduto durante il viaggio di Mussolini in Germania del settembre 1937, hanno luogo delle conversazioni con un contenuto politico rilevante. Su di esse gli archivi italiani non sono però in grado di dare indicazioni perché la busta in cui è conservato il materiale concernente il viaggio di Hitler è stata distrutta dall'umidità quando, nel 1943, le carte dell'archivio di Gabinetto furono nascoste nei sotterranei di Palazzo Lancellotti a Roma, dove rimasero fino al1947. Neanche la documentazione tedesca fornisce molti particolari in proposito. Sappiamo, tuttavia, che entrambe le parti presentarono dei progetti di accordo (il cui testo è stato rivelato nel 1957 dallo storico britannico Donald

C. Watt) di contenuto molto diverso. Gli italiani propongono un patto di reciproco rispetto che esprime in modo evidente la loro preoccupazione per la frontiera del Brennero ed il timore di un'azione sobillatrice nella popolazione altoatesina. Uno schema di accordo tanto poco in linea con l'asserita solidarietà tra i due Paesi dell'Asse da essere subito accantonato. Da parte tedesca viene invece presentato un progetto di alleanza che però riceve un'accoglienza così fredda da consigliare a von Ribbentrop di non insistere. È chiaro che il ministro degli Esteri tedesco è giunto con il proposito di concludere un'alleanza militare che si presenterebbe utile per Berlino anche in vista di una crisi con la Cecoslovacchia (e che per von Ribbentrop costituirebbe un importante successo personale) ma che gli italiani per il momento non intendono rendere più stretti i rapporti con la Germania. Una posizione negativa che risulta dovuta a più motivi. Al desiderio di non mettere in difficoltà Chamberlain nel momento in cui Londra si appresta ad agire in sede di Società delle Nazioni per il riconoscimento dell'impero italiano; al timore che, a così breve distanza dall' Anschluss, l'opinione pubblica italiana possa reagire negativamente; su un piano più generale, alla volontà di conservare un certo equilibrio alla posizione dell'Italia.

La visita di Hitler non porta, dunque, alla conclusione di accordi formali, anche se le conversazioni avvenute in questa circostanza possono essere considerate il primo momento del negoziato che un anno dopo porterà al Patto d'Acciaio. La stessa grandiosità delle manifestazioni che accompagnano la visita assume, però, il significato di una solenne conferma della solidità dell'Asse dopo l'Anschluss; soprattutto, ha grande rilevanza politica il famoso brindisi che Hitler pronuncia a Palazzo Venezia come suo «testamento politico» che indica nel Brennero la frontiera «per sempre intangibile» tra Italia e Germania. L'eco suscitata in Italia è tanto profonda da far ritenere che sia stato ora rimosso l'ostacolo ad un più stretto rapporto tra i due Paesi dell'Asse.

Il secondo avvenimento di rilievo che si ha all'inizio di questo periodo è dato dal fallimento delle trattative per un accordo itala-francese. L'iniziativa viene presa dal governo francese il giorno stesso della firma dei Patti di Pasqua, il 16 aprile. A Parigi, si ritiene necessario migliorare i rapporti con l'Italia perché altrimenti sarebbe difficile, anche per le reazioni dell'opinione pubblica francese, affiancarsi all'iniziativa che la Gran Bretagna è sul punto di prendere in sede di Società delle Nazioni per il riconoscimento dell'Impero italiano. Ma Parigi vuole anche realizzare un accordo parallelo a quello itala-britannico per eliminare il pericolo di una minore solidarietà da parte di Londra come conseguenza dei Patti di Pasqua. E vuole altresì un accordo che tuteli, nei confronti dell'Italia, gli interessi francesi in Tunisia, in Africa orientale e nel Mar Rosso. Progetto ambizioso che il Quai d'Orsay considera realizzabile nella convinzione che gli italiani, come reazione all' Anschluss e all'incombere della Germania alla frontiera alpina, siano desiderosi di riequilibrare la loro posizione internazionale.

In effetti, anche da parte italiana un accordo è visto inizialmente con interesse, soprattutto per i riflessi che avrebbe nel conflitto spagnolo dove si pensa che i governativi, privati dell'aiuto della Francia, sarebbero indotti ad abbandonare la lotta. La trattativa, avviata in modo positivo, si arena, però, pochi giorni più tardi su due punti. Il primo è la richiesta francese di ottenere, circa la Spagna, le stesse assicurazioni inserite nei Patti di Pasqua: Mussolini rifiuta nettamente perché, dice, la Francia, al contrario della Gran Bretagna, ha aiutato costantemente i governativi spagnoli e continua ad aiutarli con larghezza da quando, alla metà di marzo, la frontiera dei Pirenei è stata riaperta. Più inconciliabili ancora le posizioni sul secondo punto. Parigi chiede il riconoscimento degli interessi francesi nel Mar Rosso e nella Penisola Arabica -di cui non si è tenuto conto negli accordi itala-britannici -e considera questa richiesta come irrinunciabile perché è in giuoco il prestigio della Francia di fronte al mondo musulmano. A Roma, l'intesa raggiunta con la Gran Bretagna sul Mar Rosso è considerata la parte più qualificante dei Patti di Pasqua, quella che creando quasi un condominio itala-britannico sul Mar Rosso, dà ai Patti di pasqua un carattere di un «accordo tra due Imperi». Una volta accertato che il Quai d'Orsay fa della sua richiesta una conditio sine qua non, le sorti del negoziato sono segnate: il violento attacco alla Francia che Mussolini inserisce nel suo discorso del 14 maggio a Genova ne segna la fine.

Una parte notevole della documentazione qui pubblicata riguarda, come è naturale, la crisi cecoslovacca. Il materiale è stato selezionato non con lo scopo di ricostruire l'andamento di questa prima fase della crisi, in cui, tra l'altro, l'Italia ha un ruolo marginale, ma per riunire, nei suoi tratti essenziali, quella massa di notizie, valutazioni e previsioni che in misura crescente giunge a Palazzo Chigi (e a Palazzo Venezia), influenzandone la posizione e le scelte.

Un primo aspetto che emerge con chiarezza è la tendenza iniziale di Ciano a sottovalutare la pericolosità della crisi. Il suo atteggiamento si basa sulle dichiarazioni che von Ribbentrop ha fatto durante la visita di Hitler in Italia, quando ha assicurato che per il problema dei sudeti la Germania non intende ricorrere alle armi e che, per il momento, non ricerca una soluzione totalitaria. Dichiarazioni che sembrano trovare conferma nella posizione ufficiale assunta a più riprese dal governo germanico, il quale afferma di considerare il problema sudetico problema interno dello Stato cecoslovacco.

Vi sono del resto diversi elementi che inducono Roma a guardare con relativa tranquillità agli sviluppi della crisi. Non sembra credibile, innanzitutto, che a così breve distanza di tempo dall' Anschluss Hitler voglia provocare un'altra crisi e questa assai più pericolosa dati i legami di alleanza che la Cecoslovacchia ha con la Francia e con l'Unione Sovietica. È molto più probabile, si pensa, e questa è anche l'opinione dell'ambasciata a Berlino, che i dirigenti del Reich intendano agire per gradi, porre all'attenzione internazionale il problema dei sudeti, far loro ottenere una larga autonomia (ciò che comporterebbe anche un indebolimento dello Stato cecoslovacco) e rinviare ad un secondo momento la «soluzione totalitaria» del problema.

Alla stessa previsione si è indotti dalle molte notizie raccolte circa la preparazione militare della Germania che sembra piuttosto lontana dall'aver raggiunto il livello necessario per affrontare una guerra di vaste proporzioni: sotto questo profilo, è considerato particolarmente significativo che le fortificazioni al confine con la Francia richiedano ancora del tempo per essere completate. Ed una certa importanza viene attribuita anche alle difficoltà che, secondo quanto riferiscono i consolati italiani in loco, la Germania sta incontrando per realizzare il pieno inserimento dell'Austria nel III Reich a causa della diversa mentalità degli austriaci e dei riflessi che nella ex-Austria ha il contrasto in atto tra nazismo e Chiesa cattolica.

Questa visione sostanzialmente rassicurante dura a lungo (ancora il 22 luglio, l'ambasciatore Attolico conferma la sua convinzione che l'azione della Germania non uscirà dal quadro politico-diplomatico): viene meno solo il 18 agosto quando gli addetti militari a Berlino, il generale Marras e il colonnello Badini, riescono a sapere che lo Stato Maggiore tedesco sta effettuando i preparativi per attaccare la Cecoslovacchia alla fine di settembre. Ciano, memore di quanto è accaduto al momento dell' Anschluss quando Roma era stata tenuta completamente ali' oscuro di quanto si stava preparando, incarica subito l'ambasciatore Attolico di chiedere quali siano le intenzioni del governo tedesco, ma le risposte che von Ribbentrop dà sono vaghe. Né può essere altrimenti perché le decisioni le prende Hitler e nessuno, nemmeno il suo ministro degli Esteri, le conosce. Alla fine, è lo stesso Hitler a far sapere, il 3 settembre, di non aver preso ancora una decisione e Ciano non insiste perché a Roma si ritiene che sia più conveniente non sollecitare altre risposte per conservare «tutta e piena la libertà di azione in qualsiasi evenienza». Così, a pochi giorni dal Congresso di Norimberga, che tutti prevedono sarà una svolta della crisi, Roma è ali' oscuro delle intenzioni di Hitler.

Ma qualche giorno più tardi, da Norimberga, dove si è recato per assistere al Congresso nazionalsocialista e dove percepisce a fondo l'atmosfera del momento, l'ambasciatore Attolico dà una visione straordinariamente lucida della crisi, della sua portata nel quadro della politica tedesca e delle implicazioni che può avere per l'Italia. I tedeschi -avverte -sono convinti che l 'Italia sia disposta a seguirli in qualsiasi circostanza, «quasi automaticamente e senza limiti, né riserve»: occorre un chiarimento per cancellare questa falsa impressione e, se possibile, un intervento che mantenga il problema sudetico nella prospettiva di una soluzione negoziata se non si vuole essere coinvolti in una guerra che -sottolinea l'ambasciatore -in Italia «sarebbe nettamente impopolare» in quanto avrebbe «l'aria di essere combattuta per la Germania». Perché -e qui Attolico tocca il punto centrale la Germania vuole «spuntarla ora e ad ogni costo» nella convinzione che solo così potrà poi continuare neli'attuazione del suo programma che, dopo i sudeti «comprende anche Danzica, Memel, il Corridoio, nonché gli arrotondamenti ulteriormente utili a scopi di difesa strategica, ecc.». Gli avvertimenti di Attolico giungono a Roma quanto Hitler è sul punto di pronunciare il suo discorso al congresso e sono avvertimenti che vanno ben aldilà della crisi in atto.

Circa i contatti avvenuti tra Roma e Berlino in vista di un'alleanza, la documentazione qui pubblicata non apporta novità di rilievo rispetto a quanto già noto da tempo attraverso gli studi di Mario Toscano perché i documenti relativi, quasi tutti redatti in copia unica e inseriti n eli' archivio di Gabinetto, sono stati semidistrutti dall'umidità durante i quattro anni in cui, come si è detto, quelle carte sono rimaste nascoste nelle cantine di Palazzo Lancellotti.

Indicazioni interessanti si hanno, invece, circa due aspetti che hanno riflessi notevoli sui rapporti tra le due Potenze dell'Asse, con ripercussioni anche sulla prospettiva di un'alleanza.

Innanzi tutto, l'Alto Adige. La documentazione mostra, anche al di là di quanto era già noto, come viva e persistente sia, da parte italiana, la preoccupazione per le manifestazioni dell 'irredentismo altoatesino che hanno i loro momenti più acuti ali 'indomani del referendum austriaco e, poco dopo, con la visita di Hitler quando, accolta con grande entusiasmo, si sparge la voce che Mussolini si accinge a fare dono dell'Alto Adige al III Reich. Roma prende nota con soddisfazione delle misure adottate dalle Autorità centrali germaniche per porre un freno al fermento che si manifesta soprattutto nei Lander meridionali tedeschi, ma deve anche registrare che gli organi periferici, compresi quelli del partito nazionalsocialista, hanno, in sin toni a con l'opinione pubblica locale, un atteggiamento che è assai diverso. L'agitaziDne diminuisce dopo il brindisi di Hitler a Palazzo Venezia: resta però da parte italiana la piena consapevolezza che, al di là dei dinieghi ufficiali, una questione dell'Alto Adige esiste e continuerà ad esistere, non solo per il rifiuto degli altoatesini di considerare come definitivo il loro inserimento nello Stato italiano, ma per l'appoggio che essi trovano nell'opinione pubblica dell'ex-Austria e della Baviera e nello stesso partito nazista, tenuto a freno soltanto dagli ordini ricevuti dall'alto. È in questo quadro che, da parte tedesca, si accenna alla possibilità di una soluzione drastica del problema con il trasferimento nel III Reich di una grossa parte della popolazione altoatesina, secondo uno schema che per il momento non ha seguito ma che troverà poi applicazione negli accordi del 1939.

L'altro aspetto dei rapporti tra le Potenze dell'Asse sul quale questa documentazione fornisce elementi di rilievo concerne l'area danubiano-balcanica. Qui, come viene sottolineato dalla rappresentanze diplomatiche italiane, non c'è nessun coordinamento tra Roma e Berlino: la Germania si muove da sola, sfrutta a fondo i vantaggi che le derivano dali' Anschluss e accentua la sua penetrazione politico-economica senza tenere conto, e spesso apertamente a danno, degli interessi italiani. Il fatto è tanto più grave in quanto proprio in questo momento si hanno nel Sud-Est europeo degli avvenimenti che modificano l'equilibrio del settore e sono suscettibili di avere riflessi non trascurabili anche sul piano generale.

Dopo che il trattato bulgaro-jugoslavo del gennaio 1937 ha messo in crisi l'Intesa Balcanica, i cui membri dubitano ora di poter fare assegnamento sull'appoggio politico della Jugoslavia e ancor più sul suo apporto militare in caso di bisogno, il progressivo rafforzamento della solidarietà tra Ankara e Atene in funzione antibulgara trova la sua consacrazione nel trattato che, siglato nel febbraio '38, viene sottoscritto con grande solennità il 28 aprile. Un avvenimento considerato importante dalla diplomazia italiana anche per i suoi «riflessi mediterranei». Ma già a partire da maggio, le rappresentanze italiane segnalano che in seno all'Intesa Balcanica prende corpo la tendenza a superare il contrasto con Sofia nel quadro di una più ampia solidarietà degli Stati balcanici ed il tentativo ottiene risultati che vanno oltre le previsioni con l'accordo di Salonicco del 31 luglio sottoscritto dalla Bulgaria con l'Intesa Balcanica, il cui significato e la cui portata sembrano subito andare al di là dei rapporti interbalcanici. I diplomatici italiani identificano con chiarezza i fattori all'origine di questo mutamento. È innanzi tutto il timore per la crescente pressione della Germania nel Sud-Est europeo che spinge gli Stati balcanici a superare le loro divergenze. E dietro le quinte vi è l 'incoraggiamento e l'appoggio della Gran Bretagna che manovra per arginare l'avanzata tedesca e che nello stesso tempo rafforza così le sue posizioni nel Mediterraneo orientale. Per quanto concerne la Bulgaria, influisce poi la non sopita diffidenza verso Belgrado che incautamente ha assunto un atteggiamento troppo «protettivo» nei confronti dello «Stato fratello», tanto da far sospettare che, per influenza dell'elemento serbo, voglia farne uno Stato satellite e, in una prospettiva a più lungo termine, miri a creare un grande Stato slavo dall'Adriatico al Mar Nero. Un'ipotesi, come viene sottolineato subito, che difficilmente può essere considerata positiva per gli interessi dell'Italia e che pone il problema dei limiti entro i quali conviene ali 'Italia appoggiare la politica di Belgrado.

In tutta questa vicenda la diplomazia italiana non ha un ruolo attivo. Non riesce a trattenere Sofia dal concludere un accordo che per la politica bulgara ha il significato di una svolta e che, togliendo valore al trattato bulgaro-jugoslavo del gennaio '37, fa riprendere quota all'Intesa Balcanica, ora ancor più orientata verso la Gran Bretagna nella sua componente greco-turca. Né prende l'iniziativa di un chiarimento con Berlino che consenta di coordinare l'azione dell'Asse e che innanzitutto tuteli gli interessi italiani di fronte al prorompente estendersi dell'influenza germanica. Tanto meno, poi, Roma appare in grado di inserirsi nella contrapposizione tra Germania e Gran Bretagna che restano così le sole protagoniste, tra le grandi Potenze, in una zona che pure è stata sempre terreno di una delle maggiori direttrici della politica estera italiana.

Queste manifestazioni di debolezza sono rese, sul momento, meno evidenti dagli sviluppi della crisi cecoslovacca che attira su di sé l'attenzione di tutti. Ma, come già per la questione dell'Alto Adige, Palazzo Chigi deve constatare che tra Roma e Berlino è venuto a porsi un problema che è di importanza fondamentale per la posizione dell'Italia come grande Potenza e per la sua posizione all'interno dell'Asse. A Roma si ha la consapevolezza che un accordo con Berlino è necessario specie se si vuole procedere sulla strada di un'alleanza (significativi a tale proposito i richiami che l'ambasciatore Attolico fa alla questione nei colloqui con von Ribbentrop) ma ci si rende anche conto che una soluzione accettabile per l 'Italia diventa più difficile mano a mano che le posizioni politico-economiche della Germania nei Balcani si estendono e si consolidano creando delle situazioni di fatto che è arduo modificare.

Gli interrogativi che si pongono per la pace dell'Europa a causa della crisi cecoslovacca mettono progressivamente in secondo piano la guerra civile spagnola, che tuttavia continua a ripercuotersi pesantemente sul quadro internazionale. La situazione militare subisce, in Spagna, un nuovo mutamento: se, in aprile, la vittoria dei nazionali era apparsa ormai prossima, ora i governativi, grazie anche agli aiuti ricevuti dalla Francia, appaiono in grado di prolungare la resistenza e quando, alla fine di luglio; la loro offensiva sull'Ebro blocca l'azione di Franco verso Valencia, la previsione di una vittoria dei nazionali a breve scadenza deve essere abbandonata e con essa viene meno la premessa su cui poggia l'entrata in vigore dei Patti di Pasqua: il ritiro dei volontari italiani dalla Spagna. D'altra parte, il ritiro di tutti i volontari stranieri, al quale continua a lavorare il Comitato di non intervento proprio allora si dimostra non realizzabile: il Comitato vara faticosamente, il 5 luglio, un piano presentato come risolutivo ma che finisce nel nulla in seguito alla risposta negativa del governo di Burgos. Dopo questo fallimento, il Comitato di non intervento cessa praticamente di avere una funzione.

La questione dei volontari· giunge invece ad una svolta importante per altra via, quando, sul finire di agosto, Mussolini si orienta verso il ritiro unilaterale di tutte le forze italiane o, come alla fine deciderà qualche giorno più tardi, di una notevole parte delle fanterie. Una decisione su cui influisce il desiderio di facilitare l'entrata in vigore dei Patti di Pasqua e di rendere comunque meno difficile la situazione parlamentare di Chamberlain, ma che nasce soprattutto dal malcontento per il modo in cui Franco conduce la guerra e utilizza il contingente italiano e dalla costatazione dei pericoli che derivano dalla stanchezza dei reparti italiani, impegnati in un conflitto tanto più lungo del previsto.

Intanto, il prolungarsi del conflitto in Spagna ha conseguenze deleterie per i rapporti tra l'Italia e le Democrazie occidentali. Con la Francia, l'intervento contrapposto di Roma e di Parigi rende illusoria qualsiasi prospettiva di migliorare i rapporti tra i due Paesi. Pesanti anche i riflessi sulle relazioni italo-britanniche che, lungi dallo svilupparsi positivamente dopo gli accordi del 16 aprile, vedono, tra il giugno e il luglio, momenti di forte tensione per le reazioni provocate in Gran Bretagna dai bombardamenti dell'aviazione nazionale su città della zona governativa e per l'affondamento di alcuni piroscafi britannici. I Patti di Pasqua vanno, così, perdendo progressivamente la loro portata politica, ciò che tra l'altro finisce anche con indebolire la posizione del governo italiano di fronte a Berlino. E questo proprio nel momento in cui sta per iniziare la fase più drammatica della crisi cecoslovacca.

2. I documenti qui pubblicati provengono nella quasi totalità dall'Archivio Storico del ministero degli Affari Esteri e più precisamente dai seguenti fondi: raccolta dei telegrammi in partenza e in arrivo serie R. e P.R., compresi i telegrammi Gabinetto segreto non diramare; telegrammi Ufficio Spagna (che costituiscono una serie a sé); archivio di Gabinetto serie 1923-1943; archivio Affari Politici serie 1931-1945; archivi delle ambasciate ad Ankara, Berlino, Londra, Mosca, Parigi e presso la Santa Sede; archivio «De Felice» (Carte Grandi). Alcuni documenti sono stati tratti dall'Archivio Centrale dello Stato, dall'Archivio dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito e dall'Archivio dell'Ufficio Storico della Marina Militare (come di consueto, in questo caso la loro provenienza è stata indicata in nota).

Nelle raccolte dei telegrammi vi sono delle lacune. Mancano infatti, per quanto concerne il periodo a cui si riferisce questo volume:

-il primo volume dei telegrammi circolari, relativo a tutto il primo semestre;

-la raccolta dei telegrammi, sia in arrivo che in partenza, divisi per Paese, che manca per tutto il 1938. Queste lacune si sono potute colmare solo in parte attraverso le copie dei telegrammi contenute nelle carte di Gabinetto e degli Affari Politici.

Come in precedenza, la lacuna più grave è data, però, dalla mancata redazione da parte di Ciano del verbale di moltissimi colloqui: in questi casi si è rinviato, quando possibile, ai corrispondenti documenti pubblicati nelle raccolte ufficiali degli altri Paesi e sono state riportate anche le indicazioni in proposito contenute nel Diario di Ciano, molto sintetiche ma spesso indicative degli aspetti di un colloquio considerati da Ciano come i più interessanti. Al Diario di Ciano si è ricorso talvolta anche per ovviare, sia pure in piccolissima misura, ali' estrema scarsezza di «documenti interni» (appunti dei funzionari, promemoria degli uffici, ecc.) ma limitatamente ai casi in cui le annotazioni del Diario sono in stretta connessione con un documento qui pubblicato.

In questo volume, come già in quelli immediatamente precedenti, sono state riprodotte le sottolineature fatte sui documenti da Mussolini, qui indicate da una riga al di sotto delle parole, esattamente come nell'originale.

Nelle carte di Gabinetto è stato poi ritrovato un fascicolo contenente gli elenchi dei documenti che -scelti da Ciano -venivano inviati giornalmente in visione al Mussolini, i cosiddetti «Rapporti al Duce». Nel fascicolo vi sono soltanto gli elenchi relativi al periodo 9 giugno-30 dicembre 1938 con molte lacune (96 elenchi su 209 giorni). Si è ritenuto utile segnalare in nota quando un documento qm pubblicato è compreso in quegli elenchi.

3. Il dott. Andrea Edoardo Visone, capo dell'Ufficio Studi del Servizio Storico e Documentazione, ha dato la sua preziosa collaborazione per la scelta archivistica di base. La dott. Ada Roberti ha svolto ulteriori ricerche nell'archivio del ministero degli Esteri, ha effettuato le ricerche all'Archivio Centrale dello Stato e negli archivi militari, ha redatto l'indice sommario e la tavola metodica e realizzato la messa a punto finale del volume per la pubblicazione. Il dott. Luca Micheletta ha condotto le ricerche nei fondi delle ambasciate e legazioni. La signora Fiorella Giordano ha curato le appendici, redatto l'indice dei nomi e coordinato i rapporti con il Poligrafico dello Stato nella fase di stampa del volume. A tutti esprimo il mio vivo ringraziamento per la valida e intelligente collaborazione.

GIANLUCA ANDRÉ

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

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N.J.S. =Documenti del Comitato per il non intervento in Spagna. Relazioni Internazionali = Relazioni Internazionali. Settimanale politico, 1938, Milano, I.S.P.I., 1938. ROVIGHI e STEFANI, =La partecipazione italiana alla guerra civile spagnola (1936-1939), a cura di A. ROVIGHI e F. STEFANI, Roma, SME-Ufficio storico, 1992.

Trattati e convenzioni = Trattati e convenzioni fra l'Italia e gli altri Stati, Roma, Ministero degli Affari Esteri, 1872 e segg.

XVII

A.O.I.

c.a.

c.m.

C.T.-V. D. -

E.V. per.

p. -v. R. -

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S.d.N.

S.l.M.

S.M.

s.n.d. - T. - u.s. - V. -E. vol.

v. s.

ELENCO DELLE ABBREVIAZIONI

= Africa Orientale Italiana

= corrente anno

= corrente mese

= Comando Truppe Volontarie

=Documento

=documenti

= edito

= Eccellenza Vostra

=pervenuto

= prossimo venturo

=Regio

= scorso anno

= Società delle Nazioni

= Servizio Informazioni Militare

= Stato Maggiore

= segreto non diramare

= telegramma

= telespresso

= Ufficio Spagna

= ultimo scorso

= Vostra Eccellenza

=Volume

= Vostra Signoria


DOCUMENTI
1
1

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 2372/060 R. Budapest, 25 aprile 1938 (per. il 27).

Telegramma di V.E. per corriere n. 316 R. 1 e mio telegramma n. 442

Ho già diffusamente riferito varie mie conversazioni sulla questione cecoslovacca: attualmente si sono riaccese le speranze dell'opinione pubblica di realizzare le aspirazioni ungheresi verso la Cecoslovacchia in collaborazione diretta con la Germania. Intanto la propaganda ungherese è sempre viva ed attiva non solo in seno alle minoranze ma anche nel Paese: è di oggi la grande riunione della Lega per la Revisione (mio rapporto n. 2081/659 in data odierna3) durante la quale sono stati mossi attacchi alla Cecoslovacchia e sono state pronunziate parole di viva speranza nell'azione della Germania in quel Paese.

A proposito di tali manifestazioni, che ha definito inopportune, il Presidente del Consiglio, Darànyi, mi ha confermato che aveva cercato di ostacolarle e di contenerle; circa la situazione in Cecoslovacchia mi ha detto che accanto ai sudeti anche le minoranze magiare, slovacche e rutene si agitavano seriamente per l'autonomia.

Per quanto si riferisce all'opinione delle sfere governative nella questione in genere, ho segnalato i timori di Kànya (mio telegramma per corriere n. 033 del 26 marzo u.s. 4) sulle reali intenzioni tedesche; ed anche il generale Roder (mio telegramma per corriere odierno n. 0595) ieri sera mi diceva (e ciò in contrasto con le idee espresse dal generale Ratz -mio rapporto n. 1922/605 del 14 aprile u.s. 6 ) che non si conoscevano le intenzioni tedesche, che non credeva che la Germania avrebbe affrontato presto la questione; che comunque non esisteva alcun accordo preciso fra Ungheria e Germania.

l ' Vedi serie ottava, vol. VIII, D. 403.

l ' T. per corriere 2375/059 R. del 25 aprile, non pubblicato. Secondo quanto vi riferiva il ministro Vinci, il generale Roder aveva aggiunto, però, di essere «molto preoccupato>> per la situazione interna che poteva avere dei riflessi anche sulla politica estera dell'Ungheria, dove «esisteva una corrente fra i giovani ufficiali, a tinta sopratutto violentemente antisemita, che era stata sopratutto influenzata dal recente successo tedesco in Austria».

l ' Vedi serie ottava, vol. VIII, D. 489.

Da conversazioni con altri alti funzionari del ministero degli Affari Esteri, si potrebbe invece trarre l'impressione che nei riguardi della Germania ci si trovi già aldilà delle buone e cordiali relazioni che sono sempre esistite e che nella soluzione del problema cecoslovacco si sia creato fra le due nazioni un interesse comune che giustifichi la loro comune azione. Allo stato attuale delle cose dovrei ritenere che non esistano accordi precisi e che ciò risponda piuttosto ad un vivo desiderio che non alla realtà. Comunque, qualunque sia lo stato delle cose, importantissimo motivo della politica estera dell'Ungheria ed in particolare di quella verso la Germania appare al momento attuale il problema delle rivendicazioni in Cecoslovacchia.

V.E. avrà meglio occasione di conoscere quali siano le intenzioni del Fiihrer e sarò vivamente grato all'E.V. se vorrà cortesemente darmene notizia. Ciò potrà essere utile per determinare quell'ulteriore linea di azione che meglio risponda alle nostre esigenze, tenendo soprattutto presente l'importanza fondamentale del problema, anche nei riguardi della nostra posizione politica nel Bacino danubiano e dei nostri rapporti con questo Paese".

l 1 Vedi serie ottava, vol. VIII, D. 445.

l 2 Non rintracciato.

l 3 Non pubblicato.

2

IL MINISTRO A PRAGA, DE FACENDIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 2387 / ... R. Praga, 25 aprile 1938 (per. il 28).

La pausa degli scorsi giorni ha procurato ai governanti di Praga uno spunto di ottimismo accanto al senso di maggiore sostenutezza che si era rilevato da qualche settimana.

0 ) il rasserenamento dell'atmosfera internazionale e cioè dei rapporti fra Roma e Londra e prevedibilmente Parigi vi contribuisce per buona parte.

«Noi sappiamo perfettamente -mi diceva oggi Krofta -che l'accordo i tal o-inglese non intacca affatto l'asse Roma-Berlino e che perciò la collaborazione fra l'Italia e la Germania rimane intatta, ma l'eliminazione dell'attrito fra Roma e Londra e speriamo quanto prima fra Roma e Parigi è per noi di grande sollievo. Noi non vogliamo fare una politica ostile alla Germania, vogliamo accordarci con essa ed a tal fine i buoni rapporti fra le Potenze sono per la Cecoslovacchia di capitale importanza, tanto più che l'Inghilterra mostra di prendere molto interesse alle sorti del nostro Paese».

2°) Un altro elemento che incoraggia i cechi è il senso di preoccupazione che, nonostante la calma apparente, viene segnalato a Praga un po' da ovunque, da Bucarest, da Belgrado, da Budapest e anche da Ankara, ove pare

che la ventilata nomina di Papen avesse destato serie apprensioni. Si sono messe in giro perfino voci di sommessi mormorii in Italia a riguardo del pericolo germanico. Tutto serve ad alleviare la depressione della pubblica opinione.

3°) Terzo elemento su cui si conta per sperare: «La Germania-mi diceva Krofta -non vuoi fare la guerra, anche se si mostra disposta alla maniera forte a cui la Cecoslovacchia farà fronte sorretta dagli alleati. Noi sappiamo che in Germania le sfere militari e alcuni correnti politiche sono contrarie ed un conflitto, sappiamo che la Germania non è pronta per una guerra; la Cecoslovacchia non è l'Austria, il bluff non basta. C'è chi dice, come Churchill, che questo sarebbe il momento opportuno per combattere e battere la Germania; ciò noi non pensiamo, riteniamo però che la nostra causa non è perduta e siamo disposti a concedere ai tedeschi dei Sudeti tutto quello che è possibile compatibilmente con l'esistenza dello Stato». A tale linguaggio fanno eco questi ambienti diplomatici e militari francesi ove si continua ad affermare che la Francia si batterà se la Cecoslovacchia sarà attaccata.

A parte le declamazioni ufficiali ed ufficiose, da diverse fonti si sente ripetere che la liquidazione da parte della Germania del problema ceco-tedesco sarà fra non lungo tempo un fatto compiuto; si dice dopo il viaggio di Hitler a Roma, si dice nella prossima estate appena saranno rassettate le cose in Austria, si dice in settembre dopo il raccolto. I politicanti più gravi 1 asseriscono che le sorti della Cecoslovacchia stanno per così dire nell'intuito di Hitler, come al 7 marzo '36 e all' ll marzo '38. Il tempo è a suo svantaggio, attendere significa rafforzamento degli altri; d'altra parte una preparazione incompleta potrebbe essere esiziale per il Reich. A questa stessa legazione di Germania mi si faceva intendere che Berlino non riesce ancora a rendersi esattamente conto di quello che vorrà e sarà in condizioni di fare la Francia. Krofta dice: «La guerra non dovrebbe esserci ma nessuno sa quale colpo di testa può fare Hitler».

l 7 Non si è trovata risposta da Roma in proposito.

3

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE RISERVATO 2390/050 R. Berlino, 25 aprile 1938 (per. il 28).

Come ho riferito con il mio telegramma n. 1531 il congresso dei tedeschi dei Sudeti2 forma qui l'argomento del giorno.

2 1 Sic.

3 1 T. 2347/153 R. del 25 aprile. Riferiva in modo più sintetico su gli stessi argomenti qui trattati.

3 2 Congresso del Partito dei Sudeti del 23-24 aprile a Carlsbad. Su di esso si veda il D.

5

Ho ritenuto opportuno parlarne con il Segretario di Stato, von Weizsiicker, per conoscere quali siano oggi le idee in tale campo nutrite dalla prudente Wilhelmstrasse.

Il Segretario di Stato, nel commentare le note richieste presentate da Henlein3 , non ha mancato di aggiungere che, questa volta, il governo di Praga non potrà non mettersi sulla via di effettive concessioni. Ancora adesso -egli ha aggiunto -i tre milioni e mezzo di tedeschi della Cecoslovacchia non hanno praticamente diritto ad occupare alcun posto nell'Amministrazione. Persino i piccoli funzionari e gli agenti dell'ordine in servizio nei territori dei Sudeti sono al cento per cento di origine cecoslovacca. Tuttociò evidentemente deve mutare e Praga si deve convincere che i tedeschi non possono ulteriormente essere considerati dei gruppi di secondo rango.

Il partito di Henlein inizierà ora le opportune trattative con Praga per la realizzazione delle richieste. Naturalmente, il governo del Reich intende rimanere estraneo e si limiterà a far comprendere in via diplomatica, a mezzo del suo rappresentante nella capitale cecoslovacca, come esso non possa non vedere con soddisfazione la creazione di un nuovo statuto a favore dei cittadini cecoslovacchi di razza e lingua tedesca.

Tutto dovrebbe far prevedere, ha aggiunto ancora il mio interlocutore, che non vi saranno sorprese e colpi di scena. Solamente al confine tra Cecoslovacchia e Polonia sembra esistere una certa nervosità e ci sono segnalati alcuni movimenti, di non grande entità, di truppe polacche.

In definitiva, ha concluso, il Signor Benes non ha nessun motivo di lamentarsi perché i tedeschi dei Sudeti fanno e chiedono oggi esattamente quanto egli ebbe a fare ed a chiedere durante la guerra a favore dei gruppi di nazionalità ceca.

4

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, GALLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 725/381. Ankara, 25 aprile 1938 (per. il 4 maggio).

Mio telespresso n. 664/348 del 18 aprile c.m. 1 Colloquio con Aras. Questi mi ha ieri nuovamente ed a lungo intrattenuto

dei rapporti fra Turchia e Germania ripetendomi le direttive note e fissate in ultimo nel telespresso qui sopra citato. Al costante sviluppo dei rapporti con la Germania, oltre il consueto limite relativo al Mar Nero ed ai rapporti con i soviet, ne ha adesso posto uno nuovo rispetto al Mediterraneo. Detto incremento di relazioni non deve cioè nuocere in alcun modo alle relazioni fra la Turchia e l'ItaliaInghilterra. Ciò che del resto è naturale poiché corrisponde alla sicurezza massima che la Turchia, penisola protesa fra Mar Nero e Mediterraneo deve perseguire. In questi due mari essa non può essere minacciata dalla Germania ma invece da Potenze eventualmente in contrasto con questa.

Da tale esposizione di principio sulle relazioni turco-tedesche egli è passato alla annunciata nomina di von Papen. Già avevo informato l'E.V. (mio telegramma per corriere n. 018 del 6/F) che egli non me l'aveva smentita. Facendo un passo di più, Aras mi ha detto ora che attraverso la ambasciata di Turchia a Berlino egli era stato presentito ufficiosamente sulla nomina di questo interessante personaggio (durante la Grande Guerra e prima di andare quale addetto militare a Washington il von Papen servì nell'esercito ottomano). Non vi aveva dato alcuna risposta poiché gli era difficile esprimerla tanto in un senso che nell'altro. Hitler erasi intanto irritato perché gli amici di von Papen l'avevano imprudentemente divulgata e così senza che fosse ufficialmente tramontata non se ne parlava più, ed egli era anzi stato ufficiosamente presentito su altri nomi (vedi mio telespresso

<<a) È ben nota l'opposizione al predominio tedesco fatta da Atatiirk già durante la guerra. I conflitti fra lui ed il Comando germanico sono acquisiti alla storia. Già allora il futuro presidente della repubblica fissava il suo pensiero così: fuori i tedeschi come dominatori e virtuali protettori della Turchia. Ma sì ai tedeschi come istruttori, tecnici, maestri, ecc. al "servizio " del governo turco.

b) In realtà, dalla caduta dell'Impero ottomano la penetrazione tedesca è andata rafforzandosi e crescendo man mano, infiltrandosi nella vita turca molto di più che nel periodo ottomano. Vi sono oggi in Turchia circa duemila tedeschi (comprendendovi oggi gli austriaci) e circa duecentocinquanta-trecento sono tecnici, esperti, ecc. al servizio diretto del governo turco. Nella sola piccola Ankara la colonia tedesca è di quattrocento persone.

c) Tutti i dirigenti attuali, provenendo dalla classe militare, hanno fatto i loro studi militari in Germania. Fra i dirigenti attuali la lingua tedesca è perciò più e meglio conosciuta della francese. Ancora oggi circa quattrocento turchi sono in Germania per studi di perfezionamento. Pochi giorni fa trenta allievi della scuola militare sono partiti a spese del governo turco, per la Germania.

d) La Germania assorbe quasi il quaranta-cinquanta percento delle esportazioni turche. Ho più volte esposto quale sia la situazione rispettiva che obbliga la Turchia ad acquistare in Germania quasi tutto quanto le occorre di prodotti industriali.

e) Da ricordi sentimentali la Germania è ancora l'alleata della Grande Guerra. Per questo solo fatto (come da frequentissime dichiarazioni di Aras) la Turchia non farà mai alcunché di ostile ad essa.

f) Ma non crede oggi dovere andare oltre questa posizione negativa anche per non urtare e rendere più difficili i suoi rapporti con i soviet. La posizione assunta dalla Turchia nettamente contraria all'adesione della Germania alla Convenzione di Montreux deve essere valutata anche in relazione ai rapporti turco-sovietici.

g) Se ne conclude che allo stato presente se il governo germanico cercasse trasformare le sue basi economico-commerciali e culturali in base per una azione politica, troverebbe qui una recisa resistenza».

no ... del ... 3 ). Egli avrebbe perciò colto prossima occasione favorevole per far sentire a Ribbentrop che il suo desiderio era che, malgrado i raggiunti limiti di età, l'ambasciatore attuale von Keller restasse in servizio in Turchia ancora almeno un anno. E dalle ragioni che di ciò mi ha dato devesi dedurre che tale desiderio è determinato non soltanto dalle egregie qualità di questo ambasciatore tedesco che ha non comune equilibrio e signorilità, ma anche dalla speranza di lasciare spegnere il rumore che si è fatto intorno al preannuncio inopportuno ed al disegno politico che vi si è subito innestato nella stampa e nella opinione pubblica.

Il discorso di Aras è poi passato all'asse Roma-Berlino sul quale egli mi ha fatto queste dichiarazioni: «Alla costituzione dell'asse Roma-Berlino prima dell'Anschluss eravamo indifferenti. Dopo l'Anschluss lo consideriamo con favore, e crediamo non solo inutile ma anzi criminoso fare alcunché per indebolirlo, poiché esso è la sola garanzia che ci assicura che la Germania se dovrà fare fatalmente e senza possibile contrasto, altri progressi nell'Europa Centrale per annettersi altre popolazioni tedesche (il nostro ambasciatore a Berlino è convinto che la decisione di annettere anche il territorio dei sudeti è ben precisa ed attende unicamente il momento utile per essere realizzata, salvo che tutto il sistema amministrativo politico interno della Cecoslovacchia non muti e con esso anche l 'indirizzo di politica estera cioè i legami con i soviet) troverà peraltro sempre un deciso impedimento alla espansione verso il Sud dall'esistenza stessa dell'Asse, l 'Italia dovendo certo riconoscere come suo interesse vitale l'opporsi a questi eventuali disegni di espansione». Ha poi continuato: «Se crediamo che il momento presente non è favorevole al Patto a Quattro (vi si oppongono e l'Asse e l'alleanza franco-sovietica) e che il fronte di Stresa non può più risuscitare, siamo anche persuasi che fra le due coppie delle quattro grandi Potenze dovranno stabilirsi rapporti migliori, i quali assicureranno qualche anno di tranquillità ali 'Europa. Non vogliamo avere nessuna particolare simpatia od inclinazione per alcuna delle due coppie, però noi -insieme agli altri Stati balcanici -consideriamo i nostri rapporti mediterranei collegati sotto un particolare angolo visuale e all'amicizia italo-britannica. Ma non possiamo favorire alcun disegno germanico verso il Mediterraneo, almeno per un prossimo tempo. Voi sapete probabilmente che la Germania ha insistentemente chiesto di partecipare alla Convenzione di Montreux, o con una convenzione speciale o con la sua partecipazione a seguito di una nuova conferenza (vedi mia passata corrispondenza in proposito). Da farsi al più presto. Una convenzione speciale sarebbe contraria al nostro stesso principio. Potrebbe anzitutto far supporre qualche rapporto particolare fra noi e Germania, infirmerebbe inoltre la Convenzione dando pretesto a qualche firmatario di sciogliersene.

Inoltre, una convenzione speciale ed ancor più una nuova conferenza che seguisse così da vicino l'accordo italo-britannico e dopo le preoccupanti voci di espansione politica germanica verso il sud potrebbe avere l'aria di volere rompere

l'asse Roma-Berlino e susciterebbe una grossa emozione, con conseguenze non prevedibili. Noi continuiamo a credere che è bene tenere la Germania lontana dal Mediterraneo quanto più a lungo possibile. Perciò ho sempre risposto all'ambasciatore che stavamo studiando la questione.

Ma in realtà non vogliamo noi dare la sensazione dell'ostracismo alla Germania e perciò sono già deciso, ed ho l'assenso di Atatiirk e di Gel al Bayar, qualche tempo dopo la vostra adesione a Montreux, di dichiarare a von Keller che sono pronto a dare subito a Berlino uguale assicurazione che ho data a suo tempo alla Polonia (trattamento di fatto come se fosse firmataria) ed a promettere che quando al termine del quinto anno dalla firma si potrà venire a qualche riesame della Convenzione, la Turchia proporrà che la Germania sia ammessa alla nuova Convenzione. Ciò proporrò prima che lo facciano altri. Passeranno circa altri quattro anni, la situazione politica di allora avrà avuto una completa evoluzione, forse a quel momento l'ammettere la Germania nel Mediterraneo non avrà il significato che ciò potrebbe avere adesso». (Ho mentalmente completato il suo pensiero nel senso che se nel luglio 1941 sarà giudicato impossibile che la Germania entri nella Convenzione di Montreux, saranno altre Potenze che vi si opporranno e la Turchia avrà comunque fatto il gesto).

Aras ha poi fatto l'elogio di von Ribbentrop che mostrerebbe la maggiore simpatia per la Turchia e tracciato un quadro dei più rosei sui rapporti AnkaraBerlino, nel quale vi sarebbe per altro qualche punto nero. L'ambasciatore von Keller, nel colloquio avuto con me il 22 corrente, si è mostrato seriamente preoccupato di un duro trattamento che verrebbe fatto ai cittadini tedeschi. Vari sarebbero stati espulsi recentemente dalla Turchia, mentre ad altri sono rifiutati permessi di lavoro e di esercizio delle attività consentite agli stranieri. Secondo le sue affermazioni il ministro dell'Interno (Slikrli Kaja) si opporrebbe regolarmente a molte attività tedesche ed adotterebbe una posizione negativa di fronte a qualsiasi richiesta della ambasciata di Germania.

Ciò secondo von Keller rispondeva ad un «sistema» adottato recentemente che aveva molto male impressionato Berlino, e del quale egli intendeva dolersi aspramente con Aras.

Ho segnalato le voci di stampa che hanno bene chiaramente precisato come la Turchia non avrebbe mai ammesso che della esistenza dei forti interessi tedeschi alcuno si potesse valere per farne strumento di arma politica e di pressione politica sulla Turchia (rapporto ... del ...').

Aggiungo che ad Istanbul circola la voce che la Polizia farebbe grande attenzione a tutte le forme di propaganda tedesca. Mi risulta poi che l'Ufficio Stampa turco ha recentemente chiesto la collezione completa del Tiirkische Post (giornale di lingua tedesca che si pubblica ad lstanbul) per farne un accurato esame.

Da tutto quanto precede si desume in aggiunta a quanto concluso nel rapporto succitato:

a) che il governo si preoccupa in fatto del gran numero di tedeschi che si trovano in Turchia, e cerca !imitarlo;

b) così come cerca sorvegliare la propaganda che la Germania svolge in molte forme e modi;

c) che l'annunciata nomina di von Papen ha fatto pensare ad una volontà germanica di svolgere una nuova precisa attività politica mercè la situazione di fatto privilegiata che essa possiede in Turchia. Non è da escludere che parte della campagna ostile a von Papen sia stata suscitata dallo stesso Aras;

d) l'annessione dei sude ti è ritenuta inevitabile, pur non essendo sicuro il momento in cui essa si produrrà;

e) ma ciò fa temere nuova espansione germanica verso il Sud e verso il Mediterraneo. Sola opposizione seria è l'esistenza dell'Asse, e se l'Asse si franga, il comune interesse balcanico mediterraneo sorretto dali 'Italia e dali 'Inghilterra, (perché non la Francia? Aras mi ha in proposito detto una frase che ripeto testualmente: «La Francia ha preso adesso in Europa la posizione che prima del fascismo era occupata dali 'Italia» il che, nel pensiero di Aras, vuole significare che la Francia ha cessato di essere forza determinante, ma deve seguire ed adattarsi alle altre forze determinanti cioè Italia, Inghilterra, Germania);

f) però fedele alla sua consueta tattica, desideroso cioè di tener conto dei legami morali ed economico-commerciali con la Germania, se evita, e con fondatissime considerazioni, di accedere subito alla totale domanda di Berlino per Montreux, adotta il mezzo termine suindicato, rinviando la sostanza della questione per oltre tre anni. Il che gli permette di prevenire altre iniziative analoghe conservando per sé ogni eventuale vantaggio politico (ha egli pensato ad una nostra iniziativa?), e di difendersi dagli inevitabili appunti sovietici, poiché è anzitutto il riguardo verso i soviet che lo ha finora trattenuto e lo trattiene dali' agire diversamente.

3 3 Riferimento ai cosiddetti <<Otto punti di Carlsbad>> enunciati da Henlein al congresso del Partito dei Sudeti, per i quali si veda il D. 5.

4 1 L'ambasciatore Galli vi aveva riferito sui commenti della stampa turca a proposito della nomina di von Papen come ambasciatore ad Ankara. Sulla base di quei commenti -osservava l'ambasciatore -la posizione della Turchia nei confronti della Germania poteva essere riassunta nei seguenti punti:

4 2 Non pubblicato.

4 3 Manca nel testo l'indicazione dei numeri di protocollo e della data del telespresso a cui si fa riferimento.

4 4 Anche di questo documento mancano qui i numeri di protocollo e la data.

5

IL MINISTRO A PRAGA, DE FACENDIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 596/4091 • Praga, 25 aprile 1938.

A conclusione del congresso del partito dei tedeschi dei Sudeti, ieri Henlein ha pronunciato a Carlsbad le attese dichiarazioni sulle condizioni per la soluzione del problema ceco-tedesco.

5 ' L'originale di questo documento non è stato rintracciato. Si pubblica qui il testo della ritrasmissione inviata dal Ministero ad alcune ambasciate e legazioni con telespresso 217932/c. del 24 maggio.

lO

Dopo aver fatto dell'ironia sul preteso carattere ultra democratico della Cecoslovacchia ed aver polemizzato sulle deficienze e le continue lesioni delle disposizioni per la tutela delle minoranze contenute nei trattati di pace e nella costituzione e sulla assoluta inefficienza al riguardo dell'apposita commissione presso la Società delle Nazioni, Henlein ha dichiarato che i tedeschi di Cecoslovacchia sono ormai fermamente decisi a proseguire con ogni mezzo la lotta ad oltranza per la rivendicazione dei propri diritti.

Henlein ha chiarito efficacemente che la soluzione del problema richiede una trasformazione radicale della costituzione e degli ordinamenti amministrativi, consistendo il problema essenzialmente nella necessità di trasformare la Cecoslovacchia da Stato nazionale ceco, avente fra le altre una minoranza tedesca, in Stato plurinazionale, nel quale la popolazione tedesca abbia gli stessi diritti della popolazione ceca, sia posta rispetto a questa in un perfetto parallelismo politico ed abbia nel territorio da essa abitato una amministrazione propria distinta dall'amministrazione ceca. Soluzioni fondate sulla concezione minoritaria sono inaccettabili perché avrebbero per conseguenza di perpetuare uno stato di ingiustizia e di ineguaglianza al quale i tedeschi non intendono più rassegnarsi.

I tedeschi non partecipe.ranno alla celebrazione del ventennale della Repubblica che ricorda loro unicamente come senza essere stati interpellati essi vennero assoggettati alla Cecoslovacchia, e però venti anni di oppressione e di spogliazione che essi hanno dovuto subire nel nuovo Stato.

Henlein ha dichiarato nel modo più fermo che fra le premesse essenziali per un accordo è quella che la Cecoslovacchia cambi la propria politica estera, cessando di considerarsi predestinata al compito di arginare il cosiddetto Drang nach Osten germanico, ed ha fissato nei seguenti otto punti le principali condizioni per un'intesa col governo cecoslovacco:

l) Piena equiparazione ed uguaglianza fra gruppo etnico tedesco e popolo ceco. 2) Riconoscimento al gruppo etnico tedesco della personalità giuridica con i poteri occorrenti per la tutela di tali diritti. 3) Definizione e riconoscimento del territorio abitato prevalentemente dai tedeschi.

4) Istituzione in tale territorio di una autonomia tedesca in tutti i campi della vita pubblica limitatamente agli interessi e alle questioni concernenti il gruppo etnico tedesco.

5) Emanazione di leggi per la protezione nazionale dei tedeschi che non risiedono nel territorio tedesco della Repubblica.

6) Soppressione di tutte le ingiustizie perpetrate a danno dei tedeschi dal 1918 e riparazione di tutti i danni. 7) Riconoscimento ed applicazione del principio: in territorio tedesco pubblici impiegati tedeschi.

8) Piena libertà di dichiararsi di nazionalità ed ideologia tedesca.

Il Fiihrer dei sudeti si è compiaciuto di mettere in luce quanto nell'attuale situazione tali sue condizioni siano da ritenersi moderate e concilianti. Egli ha quindi affermato apertamente che il suo partito condivide le ideologie naziste ed ha chiuso dichiarando che al punto al quale si è giunti la conservazione della pace dipende dal governo cecoslovacco, dato che i tedeschi pur non volendo la guerra non possono tollerare più a lungo una situazione che per essi equivale ad una guerra in tempo di pace2

Dopo parecchie animate sedute, il Consiglio dei Ministri ha finito ier l'altro per accogliere le rimanenti condizioni preliminari a suo tempo poste da Henlein per trattare. Il governo ha infatti fissato per il 22 e il 29 maggio p. v. le elezioni amministrative nella maggior parte dei comuni della Boemia e della Moravia, ha sospeso a partire dal 2 maggio il divieto di riunioni politiche pubbliche e si è riservato di accordare singole eccezioni a tale divieto, caso per caso e dietro adeguate garanzie, anche per il l o maggio.

La stampa informava contemporaneamente che il governo aveva deciso di intavolare subito dopo le elezioni vere e proprie trattative col partito di Henlein per la soluzione integrale del problema tedesco.

Il discorso tenuto nel frattempo da Henlein ha avuto una pessima accoglienza da parte della stampa ceca, la quale respinge categoricamente le richieste innanzi accennate e giunge ad affermare che le dichiarazioni di Carlsbad compromettono definitivamente qualsiasi possibilità di intesa e di collaborazione con i tedeschi dei Sudeti.

6

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE RISERVATO 2391/051 R. Berlino, 26 aprile 1938 (per. il 28).

Mi riferisco ai miei telegrammi n. 154' e n. 1582

Il barone von Weizsacker, come ho telegrafato, mi ha dato conferma che la Germania non ha alcuna obiezione da sollevare nei riguardi della nostra progettata adesione alla Convenzione di Montreux, adesione che verrà da noi comu

5 ' Il testo del discorso di Henlein è in Relazioni Internazionali, p. 346.

6 ' T. 2360/158 R. del 26 aprile. Comunicava di essere stato informato dal Segretario di Stato, von Weizsacker, che il governo tedesco non intendeva insistere circa un eventuale intervento d eli 'Italia per favorire un accordo turco-tedesco sugli Stretti.

nicata, come mi è stato indicato dall'E. V., con nota diretta al governo francese il 2 maggio p.v.

Nell'occasione, il Segretario di Stato ha ritenuto utile rifare un po' la storia delle precedenti conversazioni itala-tedesche nei confronti di Montreux, riferendosi particolarmente a quanto avvenne l'anno scorso ad Ankara. Ed ha aggiunto che naturalmente oggi, con l'adesione italiana, la Germania resta un po' «per aria».

La Wilhelmstrasse aveva quindi pensato in un primo tempo di studiare l'opportunità di chiedere al governo italiano che esso, in occasione della sua adesione alla Convenzione, interponesse i suoi buoni uffici presso la Turchia per favorire la conclusione di un accordo bilaterale turco-tedesco nei riguardi della questione degli Stretti, accordo fatto sulle linee della stessa Convenzione di Montreux. Ma, particolarmente a seguito di una conversazione avvenuta fra il ministro von Ribbentrop ed il Segretario di Stato, è stato alla fine deciso di rinunciare ad una tale richiesta nei nostri confronti.

6 1 T. 2346/154 R. del 25 aprile. Comunicava che il governo tedesco non muoveva obiezioni all'adesione dell'Italia alla Convenzione di Montreux ma che probabilmente avrebbe chiesto all'Italia di interporre i suoi buoni uffici per indurre la Turchia a concludere un accordo bilaterale circa gli Stretti con la Germania.

7

L'AMBASCIATORE A SALAMANCA, VIOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. RISERVATO 2160/669. Salamanca, 26 aprile 1938 (per. il 4 maggio). Situazione politica in Biscaglia.

Per opportuna conoscenza, onoromi trasmettere qui unito, all'Eccellenza Vostra copia di un rapporto inviatomi dal R. Console in San Sebastiano, concernente l'argomento in oggetto.

ALLEGATO

IL CONSOLE GENERALE A SAN SEBASTIANO, CAVALLETTI, ALL'AMBASCIATORE A SALAMANCA, VIOLA

TELESPR. 2072. San Sebastiano, 19 aprile 1938.

Mio 570 del 7 febbraio u.s. 1

Pur nel relativo rifiorire economico della situazione di Biscaglia, l'inquadramento politico della regione nella Spagna Nazionale stenta ancora ad evolvere nel modo auspicabile, segnando in qualche modo un tempo di arresto.

Se si poteva sperare che le difficoltà iniziali, separatismo e divergenze fra tradizionalismo e falangismo, avrebbero potuto smussarsi con il tempo e con l'azione governativa, presentemente non è ancora possibile constatare dei risultati decisivi in questi campi.

Il baschismo, malgrado gli esodi in massa, le esecuzioni capitali (369) le detenzioni (13 mila) e l'opera di persuasione e di propaganda, mantiene una resistenza ostinata. Sotto la reazione, il baschismo è sembrato esteriormente scomparire, in realtà si è nascosto senza smobilitare le opposizioni, le nostalgie del passato, il malcontento del presente. Si dice «l'ambiente di Bilbao è ancora freddo>>, in realtà è qualcosa di più, è ostile.

Certo il separatismo vero e proprio ha perduto le illusioni che ancora fino a poco tempo fa conservava, in particolare al momento della prima battaglia di Teruel, cioè di trovare qualche pratica soddisfazione in una pace negoziata fra Franco e la Repubblica. Tuttavia è ancora radicata e diffusa la convinzione che i baschi sono vittime di una profonda ingiustizia.

D'altra parte, come il riesumato governo di Euzkadi, in Barcellona (vedi mio 3663 del 20 dicembre 37') ha fatto causa comune con il catalanismo, così anche il baschismo di queste province si è a poco a poco avvicinato alle migliaia di catalani qui rifugiati, che, senza essere veri e propri separatisti o antinazionali, conservano un accentuato regionalismo e ha creato così una considerevole massa di malcontenti.

Cito un esempio illustrativo: tempo fa sono state scoperte due fabbriche clandestine di carte da gioco che invece delle normali figure portavano emblemi separatisti baschi e catalani. Tale elemento può dare un'idea, sia delle oscure resistenze del baschismo, sia della unione che vanno facendo catalani e baschi, unione che potrà forse avere qualche noioso sviluppo nel periodo successivo della vittoria finale.

Il baschismo, poi, troverebbe ancora un rifugio, da cui è difficile sloggiarlo, negli ambienti religiosi ed ecclesiastici. Solo una parte minima del clero (114 fuggiti, 68 detenuti, 3 fucilati, vari <<desterrati») è stata eliminata; quella che è rimasta continuerebbe con aumentato fariseismo l'opera politica deleteria se non sul pulpito, nel confessionale.

Una riprova della persistente influenza del clero basco è data dalla concessione di un recente decreto vescovi le che autorizzava, entro certi limiti, l 'uso della lingua basca nelle Chiese. Tale decreto, che a dire di competenti non troverebbe nessuna giustificazione in effettiva necessità di cura di anime, ha indignato gli ambienti nazionali, i quali hanno immediatamente ottenuto dal generale Martinez Anido un decreto contrario che proibisce ogni uso della lingua basca. I due decreti hanno aperto un conflitto che non è stato ancora chiarito.

L'atteggiamento vero o supposto del clero basco crea una vera e propria tendenza anticlericale negli ambienti nazionali e falangisti. Questi non nascondono la loro animosità anche verso le gerarchie ecclesiastiche, il vescovo di Vitoria e lo stesso delegato apostolico, che viene accusato di non aver compreso il problema del baschismo e di disservire la causa nazionale con una indebita protezione ai preti baschizzanti3

Le difficoltà crescono anche per il fatto che nel campo nazionale, ad un anno dal decreto di unificazione della F.E.T. biscaina'. Per quanto la Germania seguiti a sviluppare i suoi legami economici con la provincia, non si può dire che si sia creato un influsso politico corrispondente, mentre il Requeté di Biscaglia e quindi la F.E.T. mostra accentuate e particolari simpatie per l'Italia, la nazione cattolica per eccellenza. Tali simpatie sono state in questi ultimi tempi largamente documentate sia il giorno della adunata dei Fasci, il XXIII marzo, sia in occasione della visita della missione del P.N.F.

Il prevalere del tradizionalismo in Biscaglia non significa, però, che i falangisti locali si considerino completamente sopraffatti. Al contrario. Vi è un gruppo di falangisti intelligenti e preparatissimi i quali sembrano convinti che a suo tempo sarà loro possibile di svuotare ed assorbire in parte il tradizionalismo locale. Essi, stigmatizzandone il pietismo religioso, accusandolo di fiacchezza politica verso i nemici, sembrano attendere l'ordine del Caudillo per iniziare quella offensiva antitradizionalista già sviluppata altrove con un certo successo.

7 1 Non rintracciato.

7 2 Vedi serie ottava, vol. VH, D. 754, allegato.

7 3 Su un piano più generale, l'incaricato d'affari a Berlino, Magistrati, segnalava, a questo proposito, il malcontento espresso dall'ambasciatore spagnolo, marchese di Magaz, per l'atteggiamento del Vaticano nei confronti del governo di Burgos: «L'ambasciatore-telegrafava Magistrati -il quale ha rappresentato anche Franco preso la Santa Sede, continua a mostrarsi insoddisfatto, nel complesso, dell'atteggiamento del Vaticano nei confronti della causa nazionale spagnola e non ha mancato di farmi nuovamente rilevare come, mentre la causa di Franco si identifica nettamente con una affermazione del cattolicesimo nella terra spagnola contro i nemici della religione, il Vaticano, come ha anche recentemente dimostrato il suo intervento nei riguardi del bombardamento di Barcellona, appare attenersi sempre a linee di inesplicabile freddezza» (T. 23411049 R. del 23 aprile. Il documento ha il visto di Mussolini).

8

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, SUVICH, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 4838/828. Washington, 26 aprile 1938 (per. il l O maggio).

Le parole pronunciate dal Presidente Roosevelt in merito alla conclusione dell'accordo anglo-italiano1 hanno continuato a dare lo spunto a numerosi commenti, giudicate dai più come un servizio sollecitato e voluto rendere al Primo Ministro britannico.

Le caute parole presidenziali sono pure giudicate come il ripudio definitivo della politica cosiddetta della quarantena che il Presidente abbozzò nel discorso di Chicago del 5 ottobre2 e che non trovò né allora, né poi, alcuna eco di simpatia e di approvazione né in America, né in Europa. Viene spontaneo a tutti il dire: «Quantum mutatus ab ilio!».

Per sottolinearne l'importanza vari commentatori politici affermano che è fuori delle tradizioni che il Presidente si pronunci su accordi conclusi fra terzi Stati. Ma, a parte la accuratezza di questa osservazione, che appare molto approssimativa, sta il fatto che la politica presidenziale va compresa e giudicata con visione più approfondita di tutti i motivi e di tutte le correnti che la ispirano e che sono infinitamente più complessi e più realistici di quanto non si compiacciano a dire la maggioranza degli scrittori e giornalisti americani, quasi tutti legati

7 'Sic.

8 ' Il 19 aprile, Roosevelt aveva dichiarato, nel corso della sua conferenza stampa, che il governo degli Stati Uniti non intendeva pronunciarsi sugli aspetti politici dell'accordo intercorso tra Italia e Gran Bretagna ma che gli Stati Uniti consideravano con simpatia la conclusione di un accordo che dimostrava l'efficacia dei negoziati pacifici.

a concezioni teoriche, ad astratti luoghi comuni e ad una conoscenza della politica europea che è molto lontana dalla realtà.

Per quanto si voglia concedere al presunto temperamento demagogico e settario del Presidente, sembra difficile pensare che egli potesse esprimersi molto diversamente da quanto abbia fatto e ignorare quale potente apporto alla civiltà ed alla pace generale fosse l'accordo fra noi e l'Inghilterra, a quella civiltà e a quella pace generale che, malgrado ogni dichiarazione, per ragioni interne di psicologia e generali di ben calcolato interesse economico e politico, sono state, sono e saranno gli scopi finali della politica americana.

Dal punto di vista cronaca e pettegolezzo politico, può essere interessante segnalare che le voci di pressione britannica per la dichiarazione di approvazione americana ali' accordo di Roma che ho già segnalato col mio telegramma del 20 corrente n. 96/ si sono precisate ed individuate con l'affermazione che questo ambasciatore d'Inghilterra, sir Ronald Lindsay, valendosi anche del legame di amicizia fra lady Lindsay, americana di nascita, e la signora Roosevelt, si era mosso ripetutamente per ottenere, come qui si è detto, il blessing degli Stati Uniti. Lo stesso Lindsay era stato latore di una lettera personale di Chamberlain al Sottosegretario di Stato, signor Sumner Welles, da lui conosciuto l'anno scorso in Inghilterra e personalmente favorevole alla politica di Chamberlain contro quella di Eden.

Poiché queste notizie, che hanno prima circolato in sordina, sono state raccolte e pubblicate, come è facile qui avvenga, dai giornali anche i più autorevoli, quali il Christian Science Monitor di Boston, il signor Sumner Welles, che fra l'altro sostituisce il Segretario di Stato Cordell Hull in breve congedo già da quindici giorni, evidentemente seccato di essere stato nuovamente tirato in ballo come già lo era stato a proposito della missione aeronautica britannica (vedasi il mio rapporto n. 4803/804 del 26 corrente'), ha ieri smentito in forma asciutta e recisa alla consueta conferenza stampa, tanto l'esistenza di una lettera Chamberlain a lui medesimo, come una richiesta qualsiasi di Chamberlain a Roosevelt. Circa poi la sua personale ingerenza e responsabilità in tali dichiarazioni, Sumner Welles ha tenuto a precisare che egli non conosceva il Primo Ministro britannico e che la politica estera americana è fatta esclusivamente dal Presidente e dal Segretario di Stato, aggiungendo che il signor Hull, per quanto assente, era stato interpellato prima della nota dichiarazione e l'aveva pienamente approvata nella sua sostanza.

Naturalmente chi ora soprattutto ha sospetti d'intervento britannico e se ne vale per sollecitare le suscettibilità americane sempre in ascolto verso qualsiasi

compromissione con l'Europa, sono appunto coloro che fino a ieri patrocinavano magari l'unione con le cosiddette grandi democrazie europee per combattere il fascismo e gli Stati totalitari. La dichiarazione del Presidente è oggi giudicata un cambiamento di rotta e, più sensibili al sentimento settario anti-totalitario che alla visione positiva dell'interesse americano, vogliono ora svalutare il blessing dell'America all'accordo itala-britannico accampando l'intervento e la sollecitazione stranieri4

8 2 Testo in FRUS, Japan 1931-1941, vol. l, pp. 379-383. Su di esso si veda anche serie ottava. vol. VII, D. 404.

8 2 T. 2272/96 R. del 20 aprile. Riferiva che, secondo varie informazioni da ritenersi attendibili, negli ultimi tempi erano state fatte ripetute pressioni sul Presidente Roosevelt perché non prendesse posizione in favore della politica di Chamberlain. Ciò -osservava Suvich rendeva ancor più significative le dichiarazioni fatte dal Presidente il 19 aprile.

8 3 Non rintracciato.

9

IL CONSOLE GENERALE A GERUSALEMME, MAZZOLINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. RISERVATISSIMO 2169/493. Gerusalemme, 26 aprile 1938 (per. il 12 maggio).

Il R. Vice Console in Caifa, invitato a segnalarmi gli effetti dell'accordo italo-inglese fra le popolazioni della Galilea, mi riferisce in data 24 corrente quanto segue:

«Sia ebrei che arabi sono unanimi nel riconoscere l'importanza che tale accordo ha nel complesso della situazione europea. Tolta di mezzo la pericolosa tensione che per oltre due anni ha vivamente preoccupato tutti i popoli, e in modo speciale quelli gravitanti sul bacino mediterraneo, si riconosce che da un miglioramento dei rapporti italo-inglesi non può conseguirne che una importante chiarificazione della situazione generale. Da ciò si pensa che possano conseguire benefici effetti anche per questo Paese.

Tale convinzione è sopratutto largamente diffusa fra gli ebrei che sono stati in generale favorevolmente impressionati dal felice e rapido svolgimento delle trattative. In certi ambienti si nota un atteggiamento ancora di riserva, diretto più che altro a vedere quali potranno essere i futuri sviluppi della situazione europea; non si manca di mettere in relazione la conclusione di tali accordi con il nuovo aspetto della politica europea, quale è divenuto in seguito all'annessione dell'Austria alla Germania. Fra gli ebrei i riflessi dell'accordo di Roma sono favorevoli -salvo i prudenti che ancora non emettono un giudizio

-anche nei riguardi della questione palestinese; e ciò perché gli ebrei sopratutto temevano che n eli'accordo itala-inglese venisse compresa qualche clausola che contemplasse la posizione della Palestina e compromettesse o vincolasse in qualche modo i futuri sviluppi della politica inglese -quali sono da essi desiderati -di fronte alla Palestina e alla creazione del National Home; timori particolarmente vivi dopo il noto comunicato ufficioso italiano che escludeva la Palestina dalle eventuali sedi di uno Stato ebraico.

I riflessi dell'accordo itala-inglese nei riguardi della questione palestinese non sono invece affatto favorevoli fra gli arabi; anzi, se a quanto ho già comunicato succintamente a questo proposito con un mio precedente rapporto, deve essere apportata una rettifica, questa deve essere nel senso che la reazione degli arabi è nettamente sfavorevole, e non solamente fredda, come avevo già segnalato. Reazione sfavorevole che è naturalmente in proporzione ali' idea che taluni ambienti arabi si erano fatta circa l'appoggio che la causa araba della Palestina trovava in Italia, idee e illusioni che erano in buona parte dovute anche alla campagna che nella stessa Palestina facevano ambienti e stampa contraria sia ali'Italia che agli arabi.

Vi erano persone e ambienti, fra gli arabi, che addirittura speravano che l'Italia dettasse condizioni alla Potenza Mandataria per la politica da seguire in Palestina e quindi che prendesse una posizione decisiva di fronte alla questione che sta a cuore di tutti gli arabi, cioè quella della partizione; si attendevano almeno che dall'accordo itala-inglese venisse in qualche modo sanzionata la conservazione dello statu qua e qualche accenno in tale senso comparso in certi organi di stampa qualche tempo fa, aveva rafforzato fra di essi questa opinione. A tali persone l'accordo di Roma ha portato una vera disillusione; da qualcuno si parla addirittura di tradimento, da parte dell'Italia, della causa araba palestinese. Questa è l'opinione prevalente negli ambienti musulmani, sopratutto fra i giovani di tinta nazionalista più accesa che, per di più, qui a Caifa, sono in questi giorni di spirito più teso che in passato; essi si considerano senz' altro abbandonati e non mancano di affermarlo in modo assai esplicito.

Più moderata è l 'impressione in ambienti meno spinti, fra i quali però la reazione non è per questo più favorevole. Fra questi l'opinione corrente è quella secondo la quale non è possibile che, dopo tutto ciò che a torto o a ragione si è detto e scritto circa il problema palestinese e l'atteggiamento italiano di fronte alla causa araba, nel quadro degli accordi itala-inglesi la Palestina non abbia trovato posto e che nessuna dichiarazione sia stata fatta a questo proposito, si rifiutano di ammettere che, nel corso di discussioni che hanno compreso tutti gli aspetti dei rapporti itala-inglesi, la questione palestinese non sia stata affrontata; ma dal fatto stesso che nessun protocollo o dichiarazione sia stata pubblicata a questo riguardo, traggono poco buoni auspici per l'atteggiamento dell'Italia di fronte al problema palestinese in genere e di fronte a quello della partizione in particolare.

Ho avuto occasione di incontrarmi in questi ultimi giorni con S.E. Mons. Haggiar, Arcivescovo greco-cattolico della Galilea e anche questi, nel parlarmi della peggiorata situazione del Paese e della sua diocesi, mi ha detto testualmente così: «Fondavamo tante speranze sul! 'Italia, ma anche l'Italia si disinteressa di noi». Gli ho subito risposto che nulla autorizza una simile affermazione ma egli mi ha ribattuto che non vede per quale ragione l'Italia, una volta sistemati i suoi rapporti con l 'Inghilterra, debba assumere in seguito un atteggiamento che contrasti con la politica inglese; d'altra parte-a meno che non intervenga un profondo cambiamento nella politica inglese in Palestina e che venga tenuto veramente conto delle aspirazioni del popolo arabo -gli arabi di Palestina sono ora nettamente e unanimemente contrari alla politica del governo inglese che qui ha ormai perduto ogni prestigio.

Lo stesso ragionamento è alla base dell'opinione della maggioranza degli arabi e naturalmente non si manca di sottolineare il fatto che, avendo il sistema del mandato fatto fallimento, occorre un cambiamento radicale nella posizione internazionale della Palestina. Quando tale cambiamento si effettuerà-si dice -l'Italia nulla potrà obiettare avendo, attraverso gli accordi di Roma, sistemato la posizione giuridica dell'Impero d'Africa nel campo internazionale. E in tal modo, la modificazione dello stato giuridico della Palestina è ormai solamente questione che riguarda l'Inghilterra, che sa ormai come si comporteranno le altre Potenze, salvo una ratifica di facile acquisizione da parte della Società delle Nazioni.

In sostanza, ho ricavato l'impressione che ciò che più disillude gli arabi è il fatto che dall'accordo italo-inglese non è venuta quella qualsiasi formula che valesse a portare la questione palestinese sul piano internazionale vero e proprio; di fronte alla mancanza di un efficace appoggio a tale riguardo da parte degli altri Stati arabi, essi vedevano nell'Italia l'unica Potenza che, per un complesso di circostanze dovute alla posizione geografica e ad interessi di carattere politico-strategico oltre che per l'atteggiamento assunto in questi ultimi tempi, potesse togliere la Palestina e il suo complesso problema da una situazione che la pone esclusivamente di fronte all'Inghilterra; cioè di fronte a un governo nel quale non hanno più alcuna fiducia, che ha perduto prestigio di fronte ai loro occhi e che, in un modo o in un altro potrà attuare tutti i suoi piani nel quadro esclusivo dei propri interessi imperiali.

Mi onoro confermare che ho provveduto e continuo a provvedere a fare opportunamente rettificare queste impressioni. La rassegna stampa mostra come i quotidiani arabi locali siano stati mantenuti nel tono della desiderabile moderazione. Taluni sperano ancora che l'Italia riesca a deviare la corrente ebraica dalla Palestina senza incidere l'accordo concluso con l'Inghilterra. Ciò verrebbe considerato come abile mezzo per difendere indirettamente la causa araba, pur aiutando nello stesso tempo la sorte degli ebrei, e a rimuovere le difficoltà del Paese.

Alla conclusione del presente rapporto ho ricevuto la visita del dottor Reichert, addetto stampa presso il R. Consolato Generale di Germania a Gerusalemme. Egli mi ha detto di aver osservato da due giorni una notevole attenuazione nell'opinione degli arabi e che egli considerava tale mutamento ali' azione svolta da questo R. Consolato Generale1

8 4 Qualche giorno più tardi, l'ambasciatore Suvich tornava sull'argomento per segnalare la manovra in atto da parte dei gruppi politici di sinistra e dei sindacati che accusavano il Dipartimento di Stato di avere subìto «<e influenze fasciste>> e di avere approfittato dell'assenza del Segretario di Stato per indurre il Presidente a fare le dichiarazioni in favore dell'accordo itala-britannico. La manovra stava suscitando qualche preoccupazione al Dipartimento di Stato e di ciò evidentemente si voleva approfittare per insistere nuovamente in favore dell'abolizione dell'embargo di armi destinate alla Spagna (T. 2508/104 R. del 3 maggio).

9 1 Sic.

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IL CONSOLE GENERALE A VIENNA, ROCHIRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 2793/355. Vienna, 26 aprile 1938'.

Dopo gli eccessi verificatisi durante le prime giornate del nuovo regime, sembrava che l'ondata antisemita venisse man mano incanalandosi in una azione sia pure dura ed energica ma legale e graduale.

Come ho avuto occasione di riferire, il Maresciallo Goring aveva previsto un periodo di quattro anni per «arianizzare» Vienna completamente. D'altra parte, dato il grande numero di ebrei e il concentramento nelle loro mani di quasi tutto il commercio e la finanza, una procedura per tappe sembrava -e sembra tuttora agli elementi più equilibrati del nazismo -necessaria. È da tenere infatti presente che dei 191.000 israeliti di confessione d eli' intera Austria, 176.000 risiedono a Vienna; sicché, mentre a Berlino vi era nel 1933 il 4% di ebrei confessionali, in Vienna ve ne è il 9% (naturalmente gli ebrei di razza secondo lo statuto di Norimberga sono molti di più).

Già in breve tempo si sono però venute emanando o preparando con ritmo accelerato leggi e provvedimenti analoghi a quelli adottati in Germania contro gli ebrei. Dalle Università ed Istituti superiori gli studenti ebrei sono stati quasi completamente esclusi, giacché il loro numero è stato limitato per legge al 2%. I professori non ariani sono stati allontanati. I medici ebrei sono stati esclusi dagli ospedali.

Il Ministro della Giustizia è stato autorizzato a cancellare dali' albo degli avvocati e dei notai gli ebrei (una eccezione è fatta per i combattenti). Già molti impiegati israeliti sono stati allontanati dagli uffici statali e parastatali. E sin dal primo giorno furono rinnovate tutte le direzioni e le redazioni dei giornali, che erano in gran parte in mano degli ebrei. Similmente, sia dai teatri statali, sia dai teatri privati sono scomparsi i direttori e gli attori non ariani.

Presso tutte le ditte ebree è stato nominato un commissario che dirige o controlla l'azienda. Tutti i grandi Istituti commerciali sono stati invitati da appositi fiduciari del Partito a licenziare gli israeliti che avevano posti direttivi ed anche, proporzionalmente, un certo numero di impiegati minori.

Molti proprietari di caffè e ristoranti hanno dovuto cedere i loro locali che altrimenti sarebbero stati boicottati. Sono noti, inoltre, i numerosi decreti di espropriazione o sequestro fra cui principalmente ha occupato la stampa tedesca e straniera quello relativo ai beni della famiglia Rotschild.

Ma, a parte i suaccennati provvedimenti, in questo ultimi giorni si è verificata una improvvisa recrudescenza di violenze e persecuzioni contro gli ebrei.

IO 1 Manca l'indicazione della data di arrivo.

Sabato scorso (giorno di maggior affluenza nei negozi), militi della S.A. vigilavano tutti i negozi ebrei della città, impedendone l'accesso agli ariani, o addirittura attaccando un cartellino sulla schiena di coloro che avevano fatto degli acquisti con la scritta: «lo sono un porco ariano». Ora è stata imposta l'affissione nei negozi non ariani di un cartellino con la dicitura «negozio ebreo».

Si è avuta inoltre una ripresa della consuetudine-in valsa all'inizio del nuovo regime -di obbligare gli ebrei a lavare i pavimenti dei locali gestiti dal Partito; io stesso ho avuto occasione di vedere la scenetta in due caffè, in uno dei quali furono adibiti a tale lavoro il proprietario e la moglie.

Si sono avuti anche altri spettacoli poco edificanti: in una grande strada del secondo distretto -che è prevalentemente abitato da ebrei -un centinaio di israeliti è stato obbligato a camminare a lungo carponi o strisciando sul suolo.

I commenti in città non sono favorevoli a tali sistemi, che ormai dopo un mese e mezzo dal giorno dell'annessione, non possono più spiegarsi come una inevitabile conseguenza dell'eccitamento degli animi.

E poiché ciò avviene alla presenza e spesso ad iniziativa di militi delle S.A. e delle S.S., il pubblico ha ragione di pensare che le Autorità lasciano mano libera o per lo meno tollerano tali metodi.

Si ritiene che il ritorno a Vienna del Gauleiter Biirckel col titolo di Commissario del Reich per l'Austria possa imprimere alla situazione un carattere di maggiore legalità, giacché si vede in Biirckel, che ha pieni poteri, un uomo capace di mettere ordine e disciplina, pur applicando con rigore i principii programmatici del Partito contro gli ebrei.

Su ciò neanche gli ebrei si fanno illusioni. Basterebbe l'articolo apparso sul Volkischer Beobachter odierno per comprendere chiaramente la realtà. In tale articolo, si fa appello alla legalità, si condannano gli eccessi e i pogroms, si mostra la necessità di attendere un periodo di quattro anni per estirpare interamente la piaga dell'ebraismo ma si mostra piena comprensione per la «impazienza» dei viennesi nel vedere attuato tale programma e si dice chiaramente che agli ebrei non rimane che emigrare, lasciando qui tutte le loro fortune e confidando solo nell'aiuto della Lega delle Nazioni o del Presidente Roosevelt.

Del resto, queste Autorità di polizia non fanno un mistero del loro desiderio di sbarazzarsi in modo definitivo degli ebrei, lasciando comprendere che saranno fatti ponti d'oro a chi emigra, purché lasci qui la sua sostanza e si mostrano solo preoccupate delle difficoltà della questione, dato il gran numero degli ebrei da mandare via.

Già si annunzia che viene applicata in Austria la legge tedesca sull'imposta per l'abbandono del Paese (Reichsfluchtsteuer), la quale è del 25% e si applica a coloro che avevano avuto una sostanza superiore ai 50.000 marchi o una entrata superiore ai 20.000 marchi annui.

Come è noto, il resto della sostanza viene però versato agli interessati in Sperrmark, che hanno un valore bassissimo (circa il 10% del Rentenmark) sicché ad essi in pratica non resta che una parte minima della loro sostanza.

Un altro funzionario, col quale ho avuto recentemente occasione di parlare, mi pose subito egli stesso il discorso sulla questione ebraica, mostrandosi soddisfatto del progetto di legge in preparazione in Ungheria contro gli israeliti e mi disse: «Gli ebrei per noi rappresentano il tipo di cittadini non desiderabili, pei quali ubi bene ibi patria. Come non li vogliamo ufficiali dell'esercito, così non li vogliamo dirigenti in qualsiasi azienda o industria, giacché per noi ogni azienda, anche privata, è una milizia che deve essere diretta da tedeschi».

E devo dire che, nonostante la disapprovazione degli eccessi di questi ultimi giorni, l'odio e il disprezzo contro gli ebrei è effettivamente molto diffuso per il predominio da essi finora esercitato in ogni campo; libere professioni, stampa, teatro, cinema, commercio, banche, giornali, ecc. predominio che precludeva agli ariani o rendeva loro difficile la possibilità di crearsi una esistenza. Mi ha sorpreso di riscontrare in questi ultimi tempi in conversazioni che ho avuto con persone di ogni ceto sociale, dagli intellettuali ai modesti lavoratori, un forte antisemitismo, finora da essi non espressomi.

Le leggi draconiane contro gli ebrei, che all'estero sollevano tanta discussione e disapprovazione, trovano qui piena approvazione in larghi strati della popolazione.

Ed io sono anzi convinto che proprio questo punto programmatico del nazismo crea il maggior numero di aderenti al Partito. A qualche lieve obiezione o riserva da me fatta, mi sono sempre sentito dare la stessa risposta «In Italia la questione ebraica non può essere compresa perché, fortunati Voi, ne avete così pochi».

L'attuale acutissimo stadio della questione ebraica provoca inoltre incidenti e danni a connazionali e solleva non pochi problemi nei riguardi della nostra colonia, sui quali mi propongo di riferire prossimamente. Qui accennerò soltanto che il cartellino con la scritta «negozio ebreo» è stato imposto finora a due ditte italiane. In un caso analogo verificatosi tempo fa, il mio intervento presso le Autorità fu coronato da immediato successo. Ora invece le mie proteste non hanno avuto una risposta definitiva, non essendo ben chiaro quale Autorità sia competente a dare gli ordini opportuni.

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L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

LETTERA PERSONALE SEGRETA. Berlino, 25 aprile 1938'.

Con riferimento alle tue lettere n. 3715, 3717, 3753 e 37802 -segreterestituisco qui uniti gli allegati dei quali trattengo qui estratti e note.

Il 1 Manca l'indicazione della data di arrivo.

Il ' Del 21 aprile, 21 aprile, 22 aprile e 23 aprile, non pubblicate. Trasmettevano, senza commenti, gli <<estratti di notizie>> sull'Alto Adige ai quali si fa qui riferimento.

Dagli appunti stessi e particolarmente dalle notizie pervenute da fonte fiduciaria in essi indicate, rilevo elementi positivi e negativi.

Tra quelli positivi trovo conferma che effettivamente ad Innsbruck, per ordine delle Autorità è stato chiuso l'Ufficio deWArbeitsstelle fiir Siidtirol e sono stati messi sotto sigillo i locali di redazione dell'Andreas Hofer-Bund, misure queste che non erano state mai prese dal Governo austriaco. Evidentemente a Innsbruck comincia a notarsi una qualche azione nel senso da noi desiderato.

Aggiungo anche che, secondo quanto mi viene comunicato dal R. Console in Stoccarda, nel fascicolo di marzo della pubblicazione edita dall'Istituto per il Germanesimo all'Estero, non vi è alcun accenno all'Italia ed all'Alto Adige. Occorre in proposito notare come la pubblicazione stessa abbia ora mutato il suo primitivo titolo di Auslandsdeutsche cioè «Tedeschi all'Estero» in quello maggiormente significativo Deutschtum im Ausland e cioè «Germanesimo all'Estero». Essa quindi, volendo riferirsi a tutte le popolazioni che per sangue, lingua e cultura si possono considerare di stirpe germanica, accentua il suo carattere irredentistico. Mi sembra quindi maggiormente significativa la circostanza che proprio il primo numero della rinnovata pubblicazione non rechi accenni all'Alto Adige. Come conosci l 'Istituto di Stoccarda è stato sempre oggetto della nostra maggiore attenzione e dei nostri interventi.

Gli elementi negativi possono riassumersi in due gruppi di fatti e circostanze: la ventata di notizie false circa la possibilità di una rinuncia italiana all'Alto Adige in favore del Reich\ e le conseguenze dei molti contatti tra le popolazioni altoatesine e i cosiddetti turisti tedeschi che con il loro afflusso in quella zona, particolarmente negli attuali momenti, concorrono a mantenere vivo il nervosismo delle popolazioni.

Circa la prima circostanza, penso che si possa essere ottimisti. Essa è la conseguenza di quella prima falsa informazione, messa in circolazione nelle stesse giornate dell' Anschluss e che, risalendo per le valli, si è diffusa ed amplificata. Un testimone oculare mi ha raccontato quanto avvenne ad Innsbruck sabato 12 marzo allorché essa nacque. Tutti gli elementi locali austriaci sembravano impazziti per la gioia e emettevano grida di riconoscenza verso l 'Italia per il preteso gesto. Quel testimone ha aggiunto che, per la verità, furono le prime Autorità tedesche responsabili quelle che rimisero l'ordine smentendo nettamente la pretesa notizia e facendo comprendere la sua assoluta inverosimiglianza.

Ora naturalmente l 'informazione, specie tra le popolazioni semplici ed ignoranti delle montagne continua a circolare con le note conseguenze. La visita del Ftihrer in Italia e la conferma che nessuno ha mai pensato ad una tale assurda soluzione del problema creerà una opportuna e profonda disillusione che finirà per far mettere gli animi in pace.

Il 3 Nell' «estratto di notizie» del 21 aprile inviato a Magistrati, si segnalava che la voce di una prossima restituzione del Sud Tirolo alla Germania era diffusa non soltanto in Alto Adige ma in tutta la Germania, dove ci si preparava a festeggiare degnamente lo storico avvenimento.

La seconda circostanza mi sembra invece molto più grave ed importante perché di carattere continuativo.

Quanti conoscono l'Alto Adige sanno che, ancora oggi, dopo 20 anni, praticamente l'industria alberghiera, essenziale per la vita ed il benessere di quella regione, è quasi interamente nelle mani di allogeni, se non di cittadini tedeschi. Nessuna grande Società alberghiera italiana è stata capace di mettere le sue tende e la sua organizzazione in quelle montagne. Tuttociò ha facilitato quell'afflusso continuo di sangue tedesco, a mezzo delle visite turistiche, che non può non mantenere vivo il ricordo tra le popolazioni della loro origine germanica. Anche in questo inverno, come ricordo, allorché un Italiano domandava una camera a Cortina d'Ampezzo (zona, tra parentesi, di carattere italiano,) si sentiva rispondere che la clientela tedesca era così numerosa da non lasciare alcuna disponibilità.

Naturalmente tutti questi turisti arrivano con macchine che portano bandierine hitleriane, parlano la lingua tedesca, mangiano alla tedesca, agiscono alla tedesca, ecc. Devo immaginare che per la maggior parte siano tutte persone di ottima fede che non pensano certamente di fare, con la loro attività turistica, propaganda irredentistica. Ma in realtà la fanno. Tutte quelle segnalazioni dell'Arma dei Carabinieri, dei Podestà, a me riferite a mezzo degli appunti qui uniti, dimostrano chiaramente che il nervosismo delle popolazioni è proprio mantenuto vivo dalle colonne automobilistiche turistiche che negli attuali momenti un po' scottanti, assumono perfino il carattere di dimostrazioni irredentistiche! Naturalmente poi si trovano anche le persone di malafede che volutamente desiderano avere contatti con gli elementi allogeni per compiere volutamente un'azione di propaganda. Ma penso siano pochissime.

A queste potenti correnti turistiche, ossia alla loro creazione, ha contribuito molto la circostanza che fino ali' Anschluss la situazione fra l'Austria e la Germania era tale che molti Tedeschi, desiderosi particolarmente di fare dello sport invernale, dovevano recarsi, a causa delle difficoltà esistenti nel traffico turistico austro-tedesco, in Alto Adige. Ma ora, con l'annessione dell'Austria, tutte le montagne tirolesi saranno aperte ai turisti tedeschi i quali per recarvisi, non avranno bisogno di lettere di credito e potranno spendere tranquillamente i loro marchi.

Questa nuova situazione potrà produrre, in un primo momento, una qualche crisi alberghiera in Alto Adige. Ma per le ragioni generali e più importanti che ho sopra esposte, poco male. Piuttosto non sarebbe questo il momento opportuno, specie data la nostra distensione di rapporti con l 'Inghilterra, per lanciare l'Alto Adige tra tutti gli infiniti turisti britannici che in inverno si recavano fedelmente alle varie Kitzbue tirolesi? Non credo che oggi quella clientela farebbe difficoltà per modificare i suoi itinerari, dato anche che Kitzbue e gli altri posti di montagna dell'ex Austria, diventeranno la meta preferita delle infinite caravane dei vari Kraft dure h Freud e germanici!

La stessa cosa, mutatis mutandis, potrebbe avvenire per il noto Festival Musicale di Salisburgo che potrebbe, penso, senza grandi difficoltà, essere assorbito dall'Italia.

Se noi riuscissimo a sostituire nettamente una clientela inglese o americana, apportatrice tra l'altro di divise, a quella tedesca, noi romperemmo una grande parte dell'incantesimo che lega oggi le popolazioni alto-atesine all'influenza germanica.

Naturalmente tutto ciò va fatto gradatamente e con un certo tatto, ma senza incertezze. Data, appunto, quella naturale rarefazione del turismo germanico dovuta, come ho sopra accennato, all' Anschluss, la cosa non dovrebbe essere impossibile. Specie se la situazione alberghiera alto-atesina verrà presa in mano, almeno in parte, da elementi non allogeni.

Ritorno alla questione, piccola ma che vedo avere qualche importante conseguenza, delle automobili germaniche che portano bandiera hitleriana. Perché non dare a quei turisti, al passaggio della frontiera del Brennero, la possibilità di comprare sul posto anche bandierine italiane? E far loro chiaramente comprendere che sulla macchina essi dovranno portare le due bandiere? È una piccola questione di carattere pratico, che deve essere praticamente risolta.

Aggiungo, sempre in tema di Alto Adige e per tua opportuna conoscenza, che ho avuto in questi giorni conversazioni con due elementi, molto diversi tra loro, ma ambedue molto al corrente della situazione di quella regione: il Segretario Provinciale del Dopolavoro di Bolzano ed il Prof. Battisti, della R. Università di Firenze, elemento trentina, amico e collaboratore del Conte Senatore Tolomei e con lui compilatore dell'Archivio dell'Alto Adige.

Il primo, che mi è sembrato un buon elemento, pluridecorato al valore, residente da oltre tre anni a Bolzano, appare non pessimista. Mi ha parlato con grande entusiasmo dello sviluppo della città di Bolzano che, nei confronti dell'anteguerra, ha quasi quadruplicato la sua popolazione, con sviluppo immenso della parte italiana. Ha aggiunto che l'effervescenza di queste ultime settimane non è apparsa particolarmente grave. Naturalmente gli allogeni, nel complesso, continuano a rimanere estranei alle organizzazioni e alla vita locale. Solamente il Dopolavoro conta circa 25.000 inscritti. Dei 98 Segretari di Fasci, solamente 2 sono elementi allogeni: effettivamente questa statistica mi sembra un po' preoccupante, perché dimostra come ancora oggi non sia sorta una categoria sulla quale noi possiamo nettamente contare. Viceversa il contributo degli allogeni alle guerre di Abissinia e di Spagna è stato rilevante: per la Spagna 50 arruolamenti, con 9 tra morti e feriti.

Il Prof. Battisti appare maggiormente favorevole alla liquidazione eventuale degli elementi allogeni dell'Alto Adige. Abbiamo insieme constatato che, nel complesso, quel famoso tradizionale e tanto decantato freno costituito dali' azione del Clero ha, negli avvenimenti dovuti ali'Anschluss, agito molto mediocremente. Ciò vuol dire che, in definiti va l'elemento razza gioca più dell'elemento religione. Egli quindi è nettamente favorevole all'applicazione della legge, fatta votare dal Conte Tolomei, per l'espropriazione di beni, per ragioni di utilità pubblica. In Alto Adige la legge potrebbe avere molte pratiche applicazioni4

11 4 Il documento ha il visto di Mussolini.

12

L'INCARICATO D'AFFARI A MOSCA, BERARDIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 2366/51 R. Mosca, 27 aprile 1938, ore 2 (per. ore 7,10).

Editoriale 1zvestija riassunto con Stefani n. 36 e di cui invio per corriere testo riesce piuttosto sintomatico e sembra preludere ad una interpretazione meno rigida avvenimenti in corso in contrasto apprezzamenti ultime settimane sopratutto all'indirizzo Inghilterra.

Da detto articolo d'ispirazione evidentemente ufficiosa rilevasi infatti:

0 ) Nessun accenno attuali conversazioni italo-francesi; 2°) Non vi è troppo drammatizzata questione spagnola pur assai cocente questione per U.R.S.S.; 3°) Platonica rievocazione patto franco-sovietico che la Francia causa sue tergiversazioni non ha saputo consolidare mediante politica «coerente e onesta»; 4°) Reazione polemica contro circoli politici e stampa francese di destra senza attaccare direttamente governo Daladier; 5°) Tono generale minore per quanto si riferisce posizioni ideologiche in cui U.R.S.S. è rimasta cristallizzata senza celare timore che prossime conversazioni franco-inglesi abbiano a registrare <<nuove capitolazioni» Potenze occidentali di fronte asse Roma-Berlino ma sopratutto di fronte Germania.

Evidentemente non deve essere mancata un 'azione persuasiva da parte governo di Parigi scopo calmare apprensioni Cremlino assai preoccupato evoluzione situazione internazionale aggravante suo isolamento.

13

L'INCARICATO D'AFFARI A MOSCA, BERARDIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 2367/52 R. Mosca, 27 aprile 1938, ore 0,59 (per. ore 7,10).

Questo ambasciatore di Francia durante una conversazione mi accennava ieri che negoziati in corso tra Roma e Parigi non sarebbero visti con sfavore da governo sovietico, il quale, secondo sua impressione, starebbe orientandosi verso politica più realistica e ideologicamente meno cristallizzata. Egli rilevava in proposito tono meno drammatico della stampa sovietica nell'interpretazione avvenimenti internazionali.

Circa sorte patto franco-sovietico di cui è stato messo rilievo scarso effetto dall'Izvestija questi giorni, egli osservava che indipendentemente motivi d'ordine ideologico interesse governo è di non scoraggiare troppo Unione Sovietica per non farla cadere un giorno in braccio della Germania e non compromettere seriamente sicurezza europea.

Questi giornali rilevano che ambasciatore Coulondre ha avuto proprio ieri conversazione Litvinov sugli incontri di Londra.

14

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 2411/0 l 00 R. Parigi, 27 aprile 1938 (per. il 29).

Blondel, che ha avuto ieri ed oggi lunghi colloqui con ministro Esteri Bonnet, con Léger e Massigli, mi dice che sua venuta a Parigi è dovuta alla sua sola iniziativa e non a speciale richiesta del Quai d'Orsay. Il suo soggiorno qui gli ha consentito di constatare con soddisfazione che governo francese è animato dalla migliore buona volontà e dal fermo proposito di giungere rapidamente a un accordo. Egli ignora naturalmente ancora quali precise reazioni le proposte da lui presentate a V.E. 1 hanno suscitato da parte nostra. Ma è convinto che, in un'atmosfera di buona volontà reciproca, le conversazioni iniziate potranno sollecitamente giungere a risultati conclusivi. Ha espresso qualche dubbio sulla possibilità di condurre a termine il negoziato nei pochi giorni che separano il ritorno di V.E. dall'Albania dall'arrivo del Fiihrer in Italia. Ma se il Consiglio della Società delle Nazioni, invece di discutere immediatamente l'affare etiopico, decidesse di esaminare la questione soltanto dopo esauriti gli altri argomenti all'ordine del giorno, si potrebbero guadagnare ancora tre o quattro giorni utili, i quali potrebbero essere sufficienti per giungere a un accordo di massima.

Blondel ha aggiunto che le istruzioni del Quai d'Orsay, sulla base delle quali sono state formulate le proposte presentate a V.E., erano forse concepite in termini troppo precisi e minuti, in modo da consentire scarsa elasticità al negoziato. Le conversazioni avute qui pare gli permetteranno di ovviare in parte a tale inconveniente. Esse gli hanno d'altra parte consentito di rendersi conto esatto, meglio di qualunque istruzione scritta, dei propositi del Quai d'Orsay e gioveranno altresì a inquadrare entro una cornice più uniforme e più armoniosa le proposte del suo governo.

14 ' Vedi serie ottava, vol. VIII, D. 528.

Passando a parlare della materia del negoziato, Blondel ha accennato alla situazione spagnola. Ha osservato che le formule contenute in proposito nell'accordo itala-britannico sono considerate soddisfacenti anche dal suo governo. Se si fosse da parte nostra in qualche modo restii a dare a Parigi le stesse assicurazioni date a Londra, si potrebbe pur sempre escogitare una redazione in altro modo accettabile, quale, ad esempio, la semplice presa d'atto da parte francese delle assicurazioni contenute al riguardo nell'accordo italabritannico. Non ritiene, comunque, che ostacoli seri possano, a tale proposito, intralciare le discussioni. Blondel ha quindi accennato alla situazione nel Mediterraneo Orientale e nel Mar Rosso e agli interessi vitali del suo Paese in quelle zone, nei confronti della Costa dei Somali, Indocina, Madagascar, ecc. Tali interessi, cui gli accordi itala-britannici non fanno cenno, dovranno -ha aggiunto -trovare formulazione adeguata negli accordi in discussione.

Blondel mi conferma che Daladier e il Quai d'Orsay sarebbero orientati verso la nomina di un ambasciatore di carriera. Egli propende personalmente per questa soluzione. Anche perché le conversazioni in corso approderanno secondo lui -a un accordo di carattere sostanziale e non vede ragione perché proprio gli argomenti specifici e di natura prevalentemente tecnica che saranno rimandati a un secondo tempo debbano essere trattati da un ambasciatore politico, la cui missione dovrebbe, d'altra parte, essere strettamente limitata ad un periodo di tempo determinato (sei mesi). Questo governo non ha comunque adottato sinora in proposito alcuna decisione definitiva.

Blondel, che riparte stasera per Roma, mi è sembrato soddisfatto e, tutto sommato, ottimista. Ha sopratutto insistito sul buon volere del suo governo e sulla circostanza che un riavvicinamento italo-francese costituisce ormai un'esigenza profondamente sentita dalla grande maggioranza dell'opinione pubblica francese.

Aggiungo risultami che pressioni sono state fatte in questi giorni da parte britannica a Parigi e saranno continuate a Londra durante il soggiorno Daladier -Bonnet, perché le conversazioni italo-francesi siano facilitate e rapidamente eliminate eventuali resistenze ed ostacolìl.

14 2 Tornato a Roma, Bionde! si recava il 29 aprile, a Palazzo Chigi per far presente di aver avuto a Parigi delle lunghe conversazioni con tutti i dirigenti del Ministero e di aver trovato in tutti le migliori disposizioni per una rapida conclusione dell'accordo. A questo proposito, Bionde! teneva a sottolineare che, se da parte di alcuni giornali francesi si tendeva a creare «un'atmosfera di precipitazione» attorno alle trattative, quello non era lo spirito del Quai d'Orsay, dove ci si rendeva conto perfettamente dell'inevitabilità del ritardo dovuto al viaggio di Ciano in Albania, prima, e alla visita di Hitler, dopo (appunto De Peppo del 29 aprile).

15

IL CAPO DI STATO MAGGIORE GENERALE, BADOGLIO, AL SOTTOSEGRETARIO ALLA GUERRA, PARIANI 1

fOGLIO SEGRETO 3698. Roma, 27 aprile 19382

Ieri il Duce mi ha chiamato a colloquio e mi ha fatto un prospetto della situazione politica generale.

Da questo prospetto risulta che, mentre non dobbiamo avere preoccupazioni, né per la frontiera occidentale, né per quella orientale, devono essere prese precauzioni molto serie alla frontiera nord.

Sarò, quindi, grato a S.E. il Sottosegretario se mi terrà informato:

0 ) dello· stato attuale degli apprestamenti difensivi alla frontiera nord e di tutti i provvedimenti presi per renderli più efficienti e per lo spostamento, in corrispondenza di essa, di materiali e uomini;

2°) dell'aggiornamento del piano di mobilitazione e radunata verso nord;

3°) del piano di riarmamento progettato con i 650 milioni testé concessi da S.E. il Capo del Governo.

Gradirò, infine, ricevere tutte le altre notizie che possano servire a rendere miglior conto della situazione su quella frontiera 3

16

IL MINISTRO A PRAGA, DE FACENDIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 2404/45 R. Praga, 28 aprile 1938, ore 23,45 (per. ore 4,20 del 29).

Mio rapporto 44 del 27 corrente 1

Memoriale cecoslovacco presentato a Parigi e a Londra2 , redatto da Benes,

15 'Si veda per il seguito il D. 87.

16 T. 2384/44 R. del 27 aprile. Riferiva di avere appreso che il memoriale contenente le proposte del governo di Praga per una soluzione del problema dei sudeti aveva ricevuto un'accoglienza favorevole a Londra, dove invece avevano fatto cattiva impressione le dichiarazioni di fede nazista di Henlein.

comprende nella prima parte l'esposizione della politica seguita finora dal governo di Praga verso la Germania e le minoranze tedesche.

Dopo aver giustificato specificatamente i mancati provvedimenti a favore delle minoranze durante 20 anni, si propone l'emanazione di uno Statuto monoritario che dovrebbe codificare le misure dirette ad assicurare eguaglianza dei diritti alle diverse minoranze in proporzione ali' entità numerica di ciascuna. Poiché i tedeschi rappresentano oltre il 22% del totale della popolazione, essi dovrebbero avere uguale percentuale nel!' assegnazione degli impieghi, nel numero delle scuole, nella ripartizione delle spese di bilancio per i lavori pubblici, per la pubblica economia, per le imprese culturali, ecc. ecc.

Sarebbe costituito un «Consiglio di ispezione» con presumibile partecipazione di un rappresentante per ciascuna delle minoranze, incaricato di sorvegliare e di controllare la regolare applicazione dello Statuto minoritario.

Con vivissima ansia sono seguiti da questi circoli dirigenti le conversazioni di Londra\ ritenute capitali per la sorte della Cecoslovacchia.

Si spera che la Francia possa, finalmente, indurre l 'Inghilterra ad uscire dal riserbo ed a fare, per intanto, sentire un monito a Berlino nei riguardi di Praga ove, calmatosi lo stato di panico delle passate settimane, si vuoi credere che la Germania non rischierà un conflitto se la Francia e l 'Inghilterra faranno la voce grossa, se esse neutralizzeranno l 'Italia da un eventuale appoggio alla Germania e se richiameranno Belgrado e Bucarest, già preoccupate dall'avanzata germanica, ai loro impegni antirevisionistici.

15 1 Il documento è tratto dall'archivio dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito. Lo stesso documento era inviato ai Sottosegretari di Stato alla Marina, Cavagnari, e al!' Aeronautica, Valle.

15 2 Manca l'indicazione della data di arrivo.

16 2 Il 26 aprile. Testo in DDF, vol. IX, D. 245 e in BD, vol. l, D. 160.

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L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, PIGNATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 2399/54 R. Roma, 28 aprile 1938 (per. stesso giorno).

Il Cardinale Segretario di Stato mi ha dichiarato che i vescovi delle città italiane che saranno visitate dal Fiihrer, si asterranno dal presenziare alle cerimonie indette per onorare il Capo del Reich.

Il cardinale Pacelli ha soggiunto che desiderava informarmene, pregando il

R. Governo di non considerare l'assenza dei vescovi italiani una mancanza di riguardo. La Santa Sede si vedeva costretta a mantenersi estranea ai festeggiamenti fatti al Fiihrer e sperava che il R. Governo si rendesse conto della necessità di tale suo atteggiamento.

16 'Vedi D. 27.

18

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 2413/064 R. Budapest, 28 aprile 1938 (per. il 29).

Mio telegramma per corriere n. 060 del 25 aprile'.

Questo ministro di Germania2 mi ha confermato che non esistono accordi con l 'Ungheria circa la questione cecoslovacca pur essendoci stati evidentemente degli scambi di idee sul problema in genere. Quello che esisteva era invece un'intesa fra le varie minoranze nazionali della Cecoslovacchia per una azione comune contro il governo di Praga.

Benché personalmente egli non ritenesse che si potesse andar troppo precipitosamente e presto ad una soluzione, tutto faceva intravedere che la questione doveva un giorno o l'altro risolversi per fatto interno, piuttosto che in forza di un intervento esterno: quanto agli ungheresi, essi dovevano sopratutto tener presente a questo riguardo che il Patto della Piccola Intesa sembrava dover essere ancora operante nei riguardi dell'Ungheria.

La propaganda ungherese presso gli slovacchi era molto attiva ed il governo ungherese conduceva intensamente trattative con gli slovacchi ed aveva fatto loro molto importanti promesse.

Intanto qui l'agitazione continua e si annunciano per i prossimi giorni nuove manifestazioni pubbliche. Il governo prende le misure più appariscenti per contenerle il più possibile con grande apparato di polizia; tutti gli uomini di governo si esprimono sulla loro inopportunità, come mi disse Darànyi, «perché sarebbe meglio agire che parlare».

In definitiva, in mezzo alle violente lotte di partito e al nervosismo del momento, questo delle rivendicazioni verso la Cecoslovacchia è il solo motivo, ed è in ogni modo il predominante, che ora unisce tutti gli ungheresi in una sempre crescente esaltata speranza.

In questo stato d'animo è intensa l'attesa dell'opinione pubblica per il prossimo incontro di Roma fra il Duce e Hitler, da cui, si dice, dipenderà la soluzione del problema cecoslovacco e quindi anche la sorte delle rivendicazioni magiare.

Si ricorda, d'altra parte, che la prima voce per risollevare l'Ungheria è venuta da Roma e sono vive ancora le parole del discorso di Milano3 e per la

18 ' Vedi D. l.

18 ' Riferimento al discorso pronunciato da Mussolini a Milano il l o novembre 1936, in cui Mussolini aveva affermato che non vi poteva essere una sistemazione definitiva degli interessi nel Bacino danubiano fino a quando non fosse stata resa giustizia all'Ungheria ed aveva poi aggiunto che forse ci sarebbe stata prossimamente un'occasione in cui i sentimenti del popolo italiano verso il popolo ungherese avrebbero trovato <<pubblica e clamorosa manifestazione>> (il testo del discorso è in MUSSOLINI, Opera Omnia, vol. XXVIII, pp. 67-71).

migliore soluzione delle rivendicazioni si spera quindi nell'influenza del Duce sul Cancelliere.

18 2 Otto von Erdmannsdorff.

19

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 2430/054 R. Berlino, 28 aprile 1938 (per. il 30).

Ho avuto ieri occasione di parlare con questo ministro degli Affari Esteri, signor von Ribbentrop, circa gli eventuali sviluppi della presentazione al governo di Praga da parte di Henlein delle note richieste relative alla parità di diritti dei tedeschi dei sudeti'.

Il signor von Ribbentrop mi ha in linea generale confermato quanto precedentemente mi aveva detto il barone von Weizsacker2 circa l'atteggiamento dal governo dal Reich di seguire con vivo interesse quelle trattative senza però intervenire, in alcun modo, direttamente. La questione, ha aggiunto il ministro, andrà senza dubbio per le lunghe, ed occorrerà attendere del tempo prima di vedere una soluzione favorevole.

Sempre circa tale argomento mi sembra interessante riferire quanto mi è stato detto ieri dal mio collega dell'ambasciata di Francia. Questi mi ha raccontato che il nuovo addetto militare degli Stati Uniti a Praga3 , già precedentemente residente a Vienna, si è recato in visita di congedo presso l 'ex addetto militare del Reich nella capitale austriaca generale Muff, chiedendogli scherzosamente quanto tempo i tedeschi gli avrebbero concesso per la nuova residenza di Praga. Il generale Muff gli ha seriamente risposto: «all'incirca un anno».

Aggiungo infine che la notizia che i ministri di Cecoslovacchia a Parigi4 e a Londra5 hanno presentato a quei governi un memorandum6 relativo alla questione dei tedeschi dei sudeti, ha qui provocato forte e penosa impressione. Se ne fa oggi eco la stampa che critica vivamente questa manovra, giudicata come un tentativo del governo cecoslovacco di sottrarsi al diretto ed urgente esame del grave problema e di includere nella discussione elementi estranei, atti a complicare in modo pericoloso la situazione.

Particolarmente importante appare un commento del Volkischer Beobachter, che alcuni vorrebbero qui dovuto a diretta ispirazione del Cancelliere Hitler. In

19 ' Riferimento agli <<Otto punti di Car!sbad>> (vedi D. 5). 19 2 Vedi D. 3, nota l. 19 ' L.M. Riley. 19 4 Stefan Osusky. 19 5 J an Garrigue Masaryk. 19 "Vedi D. 16, nota 2.

esso mentre si fa cenno alla realtà storica attuale, si esprime la speranza che i dirigenti di Parigi e di Londra sappiano rammentare al governo di Praga il loro passato e quello del loro popolo, richiamandoli opportunamente a riflettere sulla tragica fine dell'Impero degli Absburgo. Un simile avvertimento -conclude il giornale -avrebbe certamente un effetto salutare poiché, finora, è sempre stata la speculazione sull'appoggio anglo-francese quella che ha impedito ai dirigenti di Praga di prestare orecchio alla voce del buon senso.

Nel frattempo il partito dei tedeschi dei sudeti intensifica la sua azione. Esso ha indetto per il l o maggio ben 140 riunioni politiche in tutto il Paese, in alcune delle quali prenderà la parola lo stesso Henlein.

20

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE RISERVATO 2433/053 R. Berlino, 28 aprile 1938 (per. il 29).

Mi riferisco al mio telegramma di ieri n. 1591

Nel riferire telegraficamente all'E. V. la conversazione ieri da me avuta con questo ministro degli Affari Esteri, signor von Ribbentrop, ho fatto presente come abbia qui, in certo modo, prevalso la tesi intransigente relativa all'opportunità che la Germania si mantenga, almeno per ora e per un certo periodo, del tutto estranea alla Convenzione di Montreux.

Il signor von Ribbentrop infatti, nel darmene notizia, ha aggiunto che, nel complesso, la Convenzione di Montreux rappresenta in certo modo un'affermazione sovietica. Oggi, e finché durerà un certo stato di cose, è innegabile che la Turchia si senta molto vicina alla Russia ed all'Inghilterra, due elementi, anche se in quadro molto diverso, non perfettamente amici della Germania. Tutta la campagna di Spagna ha dimostrato chiaramente alla Germania e all'Italia quale funzione abbia avuto la Turchia nel facilitare il passaggio attraverso gli Stretti delle armi e dei soccorsi destinati alla Spagna Rossa. In definitiva, quindi, il Rei c h preferisce attendere, pur riconoscendo che l'adesione italiana alla Convenzione di Montreux, prevista per il 2 maggio, sia perfettamente giustificata dato anche il riconoscimento da parte della Turchia dell'Impero. Queste considerazioni del signor von Ribbentrop, piuttosto negative, mi sono apparse dettate anche dalla circostanza che l'attuale momento dei rapporti tra la Germania e la Turchia, come ho accennato nel mio telegramma, non è dei più felici. Alcuni apprezza

20 ' T. 2379/159 R. del 27 aprile. Riferiva in modo più sintetico sul colloquio con von Ribbentrop oggetto di questo documento.

menti di carattere antitedesco di taluni giornali turchi in articoli apparsi negli scorsi giorni, sembrano destinati a creare qui, secondo quanto almeno mi ha detto lo stesso von Ribbentrop, una certa reazione.

Indubbiamente-ha continuato il ministro degli Affari Esteri-l'elemento costituito dalla Turchia è, lo riconosciamo, di grandissima importanza anche per noi. Qualora veramente la Turchia si avvicinasse all'asse Roma-Berlino noi potremmo dire di aver ottenuto un grande risultato. Ma oggi non siamo convinti dell'atteggiamento di quel Paese. Forse concorre a questo stato di dubbio la grave malattia di Kemal Pascià, la cui sparizione creerebbe nel Paese una grave lotta di influenze nella quale la Russia non mancherebbe di manovrare.

Ho chiesto allora a von Ribbentrop quale decisione sia stata in definitiva presa circa il progettato invio ad Ankara, quale ambasciatore del Reich, del signor von Papen. Il ministro ha risposto, pregandomi di non dare pubblicità alla cosa, che egli effettivamente vede di buon occhio una tale nomina ma che fino a questo momento il Cancelliere Hitler non ha preso la sua decisione.

21

L'INCARICATO D'AFFARI A MOSCA, BERARDIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 1821/694. Mosca, 28 aprile 1938 (per. il 4 maggio).

Come ho già segnalato', all'U.R.S.S. manca, per il fatto del suo isolamento, ogni possibilità di manovra per le nuove prospettive della presente evoluzione politica internazionale.

Dopo le minacce fatte a Daladier attraverso le clientele comuniste francesi e rivelate dalla Pravda sotto forma di corrispondenza Tass da Parigi (14 corrente) circa la campagna che volevasi intraprendere contro la politica del non intervento per un aperto aiuto ai Rossi di Spagna; dopo i noti aspri attacchi mossi a proposito della parafatura degli accordi romani, soprattutto contro Chamberlain, accusato di aver egli silurato, d'accordo con Mussolini, la politica del non intervento a favore di Franco, nonché l 'intero sistema della sicurezza collettiva, non solo non è qui stata ulteriormente drammatizzata la questione spagnola, ma si è verificato altresì un certo abbassamento generale di tono di tutta la stampa sovietica nei riguardi di Londra e di Roma.

21 ' Vedi serie ottava, vol. VIII, D. 480.

Non sarebbe a ciò stato estraneo pure il fatto -secondo le impressioni riportate da questo ambasciatore britannico in conversazione avuta con Litvinov una settimana fa-che quest'ultimo avrebbe personalmente già scontato la sconfitta definitiva dei Rossi di Spagna per quanto se ne consolasse -al dire di Lord Chilston -col manifestare un certo ottimismo per il futuro andamento delle cose in Cina. Ma l'attenuazione sovietica di cui sopra sembra risentire soprattutto l 'influenza della pressione esercitata dalla Francia che a mezzo dell'ambasciatore Coulondre continua la sua azione persuasiva presso questo Narkomindiel sPlla possibilità di una distensione generale sul piano della nuova evoluzione politica europea. Lo stesso ambasciatore francese, nel farmene cenno, teneva a rilevare una minore rigidezza ideologica da parte dei soviet, ciò che dovrebbe intendersi riferito alla impressione da lui riportata che Litvinov non farebbe sostanzialmente «ostruzionismo» a Ginevra circa la prossima liquidazione della questione per il riconoscimento formale della sovranità italiana sull'impero abissino. Come ho anche oggi telegrafato 2 , di tale impressione il signor Coulondre ha fatto parte a questo ambasciatore dell'Iran, che me l'ha confidenzialmente riferita.

Egli ha poi spontaneamente osservato che asse Roma-Berlino ha in sé elementi per una positiva collaborazione generale politica in Europa e che a tale collaborazione non osterebbe l'esistenza del Patto franco-sovietico che comporta (per quel che possa ora valere) la vecchia tesi del Quai d'Orsay, secondo cui la Francia non potrebbe scoraggiare troppo l 'Unione Sovietica per non spingerla a gettarsi nelle braccia della Germania; eventualità questa che, per quanto assai remota, Parigi sembra dover sempre paventare.

Pertanto, in attesa dei risultati dei colloqui di Londra, l'U.R.S.S. non solo si è astenuta dal fare ogni commento specifico sui negoziati italo-francesi, ironizzando peraltro sull'improvvisa sospensione segnalata dalla Tass da Roma, ma appare significativo il fatto che essa non ha neppure fatto cenno nella stampa a obiezioni formali e ideologiche circa il «problema abissino» quale si presenterà prossimamente a Ginevra; ha invece particolarmente reagito contro l'«intempestivo» atteggiamento della Cecoslovacchia che, malgrado suoi legami con la Francia e con l'U.R.S.S., ha voluto «anticipare» una decisione che viene qui considerata inopportuna, irriguardosa verso alleati, ed «insensata» per non avere per lo meno atteso risultati di Londra.

Non è improbabile che l 'U.R.S.S. abbia tentato o tenti di valorizzare la propria carta di fronte alle pressioni di Parigi, per quanto non possa farsi in proposito soverchie illusioni, non avendo evidentemente la carta ginevrina, dopo l'evoluzione della politica europea di questi ultimi tempi, ed oggi più che mai, valore positivo.

21 ' T. 2403/55 R. del 28 aprile, non pubblicato.

22

IL MINISTRO AD ATENE, BOSCARELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 2655/352. Atene, 28 aprile 1938 (per. il 7 maggio).

La visita del Presidente del Consiglio turco signor Gelai Bayar e del ministro degli Affari Esteri signor T.R. Aras, -i quali sono giunti ad Atene il 27 corrente e vi si fermeranno fino a dopo domani, 30 -si va svolgendo secondo il protocollo consuetudinario e non offre aspetti degni di particolare rilievo.

Ieri stesso è stata apposta la firma al nuovo Patto addizionale greco-turco 1 che era stato siglato ad Ankara nel corso della riunione del Consiglio dell'Intesa Balcanica.

Dai numerosi colloqui che ho avuto in questi giorni, sia con le personalità politiche greche e turche, che con alcuni colleghi del Corpo Diplomatico, non mi è stato dato di trarre alcun nuovo elemento che possa modificare i giudizi e le illazioni esposti nelle mie varie comunicazioni n. 898911095 del 24 novembre 19372 , n. 096 del 27 novembre 19373 , n. 1476/214 del 5 marzo 19384

Il nuovo Patto greco-turco, nella forma resa pubblica, resta uno strumento di cui mal si riuscirebbe a spiegare la genesi e l'effettiva portata, se non ammettendo ch'esso dovesse nelle primitive intenzioni avere altri e maggiori scopi o eh'esso ha fini soltanto di politica interna e non di politica estera. La prima ipotesi è evidentemente la più verosimile, pur se la seconda possa essere spiegata con considerazioni di opportunità sopravvenute in un secondo tempo.

Che il Patto dovesse avere altri scopi o che ad altri scopi la sua origine non può non essere logicamente ricondotta, è confermato in un certo senso dall'insistenza con la quale, greci e turchi, si sono sforzati di assicurare eh'esso non ha alcuna «punta» contro nessuno.

A ciò mira buona parte del brindisi5 pronunziato dal signor Metaxas, al pranzo offerto ieri sera agli ospiti turchi, brindisi di cui trasmetto a V.E. il testo francese insieme con la risposta del signor Bayar. E ciò mi è stato ripetuto personalmente dallo stesso Presidente Metaxas come da tutti gli alti funzionari di questo ministero degli Affari Esteri, così come è stato ripetuto al mio collega jugoslavo6, il quale dopo la conversazione di cui al mio telegramma per corriere n.

034 del 21 aprile\ è stato con un pretesto convocato ancora dal Presidente del Consiglio greco che gli ha rinnovato assicurazioni circa l'inesistenza di clausole segrete del Patto o di scopi di versi da quelli indicati dalla lettera dell'accordo.

D'altra parte, questo mio collega inglese8 , che altra volta si era mostrato reticente sull'argomento, mi ha assicurato ieri, in forma che dovrei ritenere sincera, che mai il suo governo ha spinto greci e turchi alla stipulazione di accordi contemplanti l'ipotesi di un'eventuale aggressione italiana.

Ritengo superfluo riferire particolareggiatamente a V.E. il colloquio avuto con il ministro degli Affari Esteri turco. Il signor Aras, con la sua abituale loquacità e volubilità, mi ha lungamente intrattenuto, senza peraltro dirmi alcunché d'interessante, e in quanto al Trattato greco-turco, egli si è limitato a qualificarlo come un «allargamento e un rafforzamento» degli atti preesistenti, ciò che in verità non risulta da una lettura, anche superficiale, dei due accordi del 19309 e 1933 10 • L'affermazione infatti, corrente in Turchia e in Grecia, a proposito del Patto addizionale greco-turco, ch'esso abbia voluto cioè estendere alle frontiere marittime dei due Stati le garanzie esistenti per le frontiere terrestri, non si vede come possa conciliarsi con il testo del Patto attuale confrontato con il testo dell'accordo del 1930, il quale contempla la neutralità nel caso di qualsiasi aggressione, tenuto conto evidentemente di tutto il territorio e le acque territoriali dei due Stati, poiché mal si concepirebbe un'aggressione che cessi dall'essere aggressione perché non è estesa alle frontiere marittime o viceversa.

22 1 Trattato del 27 aprile 1938 tra Grecia e Turchia addizionale al trattato di amicizia, neutralità, conciliazione ed arbitrato del 30 ottobre 1930 e al Patto di intesa cordiale del 14 settembre 1933 (testo in MARTENS, vol. XXXVI, pp. 682-684).

22 2 Non rintracciato.

22 3 Vedi serie ottava, vol. VIII, D. 266, nota 2.

22 4 Vedi .ibid., D. 266.

22 5 Testo in Relazioni Internazionali, pp. 360-361.

22 6 Miodrag Lazarevié.

23

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPPORTO 2120/675. Budapest, 28 aprile 1938 (per. il 30).

Facendo seguito ad altre segnalazioni sull'argomento, ho l'onore di trasmettere qui unito ali 'Eccellenza Vostra copia di un rapporto del R. Addetto militare

a S.E. il Capo di Stato Maggiore che riferisce una sua conversazione col Capo dell'Ufficio Informazioni militare, colonnello Andorka.

Le sue dichiarazioni corrispondono a quanto ho già constatato e riferito da altra fonte: è poi interessante la probabilità (o almeno la speranza) che l'abate Hlinka venga a Budapest per il prossimo Congresso Eucaristico.

ALLEGATO

L'ADDETTO MILITARE A BUDAPEST, MATTIOLI, AL SERVIZIO INFORMAZIONI MILITARE

RAPPORTO SEGRETO 430. Budapest, 26 aprile 1938.

In un colloquio avuto oggi col colonnello Andorka, Capo del Servizio Informazioni militare, ho attinto alcune interessanti notizie circa l'azione contro la Cecoslovacchia, che qui appresso riassumo.

L' Andorka prevede che l'azione per provocare il dissolvimento interno della Cecoslovacchia non possa dare i suoi effetti prima del prossimo mese di settembre. L'azione predetta, basata essenzialmente sul movimento dei sudeti, sarebbe, oltre che diretta, attentamente controllata dalla Germania per evitare che essa sbocchi in avvenimenti intempestivi e poco propizi per giustificare l 'intervento tedesco. Ad onta di ciò, non si può escludere che qualche grave fatto imprevisto si verifichi, come incidenti cruenti tra minoranza tedesca ~ polizia ceca, e che la Germania si senta obbligata ad intervenire prima di quanto non voglia.

Ho chiesto all' Andorka se era prevedibile il caso che i cechi, per porre fine al movimento della minoranza tedesca, avessero aderito alle richieste avanzate da quest'ultima. Egli lo ha escluso, notando che le condizioni avanzate da Henlein sono talmente forti che lo stato ceco non può accoglierle senza rinunciare a parte della sua sovranità.

Comunque, anche se ciò si verificasse, viste accolte le prime pretese, Henlein ne avanzerebbe subito delle altre ancora più gravi (per es. quella che anche le forze militari presidianti la zona dei sudeti vengano costituite con elementi tedeschi) in modo da accentuare, per effetto di successive concessioni, sempre più il distacco di tale zona dallo Stato ceco e il suo progressivo slittamento verso la Germania.

In tal modo l'Andorka esclude che il conflitto possa comporsi lasciando integro l'attuale territorio cecoslovacco.

Quanto ali 'azione degli slovacchi, l' Andorka ha notato che questi anche oggi continuano a battersi per l'autonomia ma che, mentre fino a poco tempo fa essi la concepivano nel quadro dello stato ceco, ora cercherebbero invece di legarsi all'Ungheria.

Nell'intensificare la sua propaganda e le sue pressioni sugli slovacchi, il governo ungherese avrebbe già fatto intendere essere disposto a concedere loro le più ampie libertà nel campo amministrativo e culturale.

L' Andorka ha notato che a tal riguardo un avvenimento decisivo potrebbe essere rappresentato da un'eventuale visita a Budapest, in occasione del prossimo Congresso eucaristico (25-30 maggio), dell'abate Hlinka, capo del partito autonomista slovacco, visita che, oltre a testimoniare palesemente di fronte a tutti le simpatie slovacche per l'Ungheria, darebbe modo a questo· governo di trattare direttamente con la personalità anzidetta e non più tramite i suoi luogotenenti come è stato fatto finora.

Circa le dimensioni che potrebbe assumere un conflitto armato con la Cecoslovacchia, l' Andorka ha notato che questo Stato Maggiore attribuisce importanza decisiva all'at

teggiamento della Jugoslavia, l'intervento di quest'ultima a favore della Cecoslovacchia, non solo indurrebbe la Romania a schierarsi anch'essa contro l'Ungheria, ma obbligherebbe questa a immobilizzare buona parte delle sue forze sul fronte meridionale e specialmente sulla Drava. Difatti, a base di qualsiasi piano operativo ungherese, ora come in passato, sta l'importantissima premessa che il territorio ungherese a ovest del Danubio non sia occupato dal nemico per non essere tagliati dagli aiuti e dai rifornimenti tedeschi e italiani.

Se invece la Jugoslavia non si muovesse, il conflitto sarebbe circoscritto ai soli tre Stati direttamente interessati, Germania, Cecoslovacchia, e Ungheria; e liquidato, come opinano questi ambienti militari in un paio di settimane.

Nei riguardi di questa seconda eventualità, l' Andorka ha però ricordato che, in un colloquio avuto ieri col ministro degli Esteri Kànya, questi gli ha riferito che S.E. Ciano gli ha fatto recentemente sapere che la Jugoslavia non si sarebbe mossa'.

22 7 Con T. 2342/034 R. del 21 aprile, il ministro Boscarelli aveva riferito di avere appreso da Lazarevié che il governo jugoslavo aveva fatto sapere ad Atene -secondo quanto stabilito dagli impegni dell'Intesa Balcanica -di non avere niente in contrario alla conclusione del Trattato greco-turco siglato il 28 febbraio precedente. Restava da vedere -osservava il ministro Boscarelli -se non vi fossero clausole o aggiunte segrete tenute nascoste anche al governo jugoslavo.

22 8 Sir Sydney Philip Waterlow. 22 ' Trattato di amicizia, neutralità ed arbitrato tra Grecia e Turchia del 30 ottobre 1930 (testo in MARTENS, vol. XXV, pp. 51 0-516). 22 10 Patto di intesa cordiale tra Grecia e Turchia del 14 settembre 1933 (testo in MARTENS, vol. XXX, pp. 40-41).

24

IL CONSOLE GENERALE A LUBIANA, GUERRINI MARALDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. RISERVATO 409/273. Lubiana, 28 aprile 1938 (per. il 30).

Ho già riferito coi miei precedenti rapporti sulle ripercussioni immediate prodotte dall'Anschluss negli ambienti sloveni'. Trascorsi ormai due mesi dallo storico avvenimento è interessante esaminare quale sia l'orientamento politico ed economico assunto dagli sloveni di fronte ai nuovi vicini germanici.

Nella popolazione slovena regna tuttora una vera e propria apprensione. Mentre da un lato essa guarda con senso di sfiducia e di malcelata antipatia verso Belgrado, dalla quale si sente lontana ed estran~a. dali'altra si sente stretta per la sua posizione geografica entro la morsa dei tedeschi e degli italiani, in questo momento saldamente legati da un patto d'amicizia. Di qui, fra le tante, la diceria che corre nella grande massa di un tacito accordo itala-tedesco secondo il quale in un non lontano avvenire la sua sorte sarebbe suddivisa tra queste due Potenze.

Della Germania si parla in questi ambienti sloveni con senso di vero e proprio timore, che trova il suo fondamento nella provata conoscenza che queste popolazioni hanno dei tedeschi nei secoli del loro servaggio.

La stampa che, fino agli ultimi giorni dell'esistenza dell'Austria indipendente, non mancava di stigmatizzare quasi quotidianamente il contegno della

23 ' Non si è trovata documentazione di questa iniziativa di Ciano che, a quanto sembra, portava a conoscenza degli ungheresi ciò che era emerso dal colloquio avuto il 15 aprile con il ministro Christié (vedi serie ottava, vol. VIII, D. 491).

24 ' Vedi serie ottava, vol. VIII, D. 343. Successivamente, il console Guerrini Maraldi aveva riferito (con telespresso 2791!80 del 23 marzo) sul <<senso di giubilo e di sollievo» con cui era stato accolto l'Anschluss da parte della minoranza tedesca in Slovenia, mentre nella massa slovena, profondamente cattolica, si manifestava timore per le ripercussioni che potevano venire dall'ideologia nazista.

piccola e debole vicina nella questione della minoranza slovena, è oggi ammutolita. Dopo l'Anschluss, si è essa limitata a mettere in evidenza le dichiarazioni del capitano distrettuale germanico di Klagenfurt relative ai diritti della minoranza slovena ed il manifesto con cui i croati di Graz hanno dichiarato la loro incondizionata adesione al regime germanico, esprimendo infine la speranza, quale unica ed amara consolazione, che le minoranze slave nel Reich possono godere quel trattamento che fino a ieri avevano invano dall'Austria invocato e sperato.

A rendere più sentito questo timore per la potente vicina Germania. vale l'atteggiamento baldanzoso e -in alcuni casi -di aperta sfida assunto dai tedeschi e dagli elementi tedeschizzanti residenti in terra slovena. Così il dottor Adlesié, sindaco di questa città, ebbe pochi giorni fa ad esternarmi apertamente la sua viva apprensione per il comportamento tenuto dagli allogeni tedeschi i quali, dopo l'Anschluss, non fanno più mistero della loro fede nazista e non senza aria di malcelata intimidazione lasciano chiaramente intendere che Hitler è il loro protettore e ben presto sarà il loro salvatore.

Tutti quelli che portano un nome tedesco -così mi ha detto -anche quelli che apparivano fino a ieri completamente slovenizzati, hanno rialzato oggi la testa e non temono di confessare la loro adesione al Reich.

Si è poi particolarmente intrattenuto con me sui tedeschi di Kocevye. i quali oggi salutano per strada col braccio teso e con Heil Hitler e con Hitler rette uns.

Presente a questa conversazione erano pure il Bano ed il generale Tonié, comandante della Divisione della Drava, i quali sono stati unanimi nel condividere l'apprensione del dottor Adlesié. Il generale Tonié, rivolgendosi a me, mi ha perfino detto: « Wir mussen nun zusammenhalten, sonst ... Wir Jugoslaven kennen die Deutschen: (Dobbiamo ora tenerci stretti, altrimenti ... Noi jugoslavi conosciamo i tedeschi)».

Ed un conte Paumgarten, già diplomatico sotto la monarchia absburgica ed ora a riposo, suddito jugoslavo, accennandomi al malgoverno di queste Autorità locali, alla corruzione dei funzionari ed alla loro avidità pecuniaria, nonché a pretesi danni che la sua famiglia avrebbe subito per opera degli slavi nella sua proprietà terriera, ha finito col dirmi in tono di perfetta convinzione: «Hitler mi renderà presto giustizia».

Piccoli fatterelli questi che, se non hanno importanza in se stessi, denotano però l'alto grado di temperatura nazista che regna negli ambienti tedeschizzanti.

L'ex console generale austriaco dottor Schmidt, che trovasi ancora qui in attesa di altra destinazione, mi riferiva poche sere fa che, dopo l'annessione austriaca al Reich, si presentarono al suo ufficio numerosissime persone, che mai prima si erano mostrate al consolato d'Austria, per chiedere il passaporto germanico dichiarandosi pronti a prestar la loro opera per fare propaganda nazista in mezzo a queste popolazioni. Fra questi -mi ha detto -vi sono anche dei veri sloveni. i quali si sono dichiarati favorevoli a propagandare l 'idea nazista.

Dal punto di vista economico gli avvenimenti tedeschi hanno riportato in discussione i vecchi progetti, giacenti da anni negli archivi, (rapporti di questo R. Ufficio n. 846/423 del 13 settembre 1935 e n. 315/158 del 13 marzo 1936)2, re lati vi alla congiunzione diretta stradale e ferroviaria della Slovenia con l'Adriatico, senza attraversare il territorio italiano, con grave minaccia dei traffici del porto di Trieste, il cui hinterland naturale e geografico è la Slovenia.

A questo proposito il lubianese Jutro del 23 corrente, prendendo lo spunto dal progetto di legge relativo al prestito interno di quattro miliardi di dinari per lavori pubblici, ha scritto fra l'altro: «Il Banato della Drava è la regione meno agricola della Jugoslavia, però ha l 'industria più sviluppata del Paese, un ottimo artigianato e le migliori condizioni per un sempre maggiore sviluppo del turismo. Da un lato ha bisogno di dirette comunicazioni col più vicino porto jugoslavo per l'esportazione dei suoi manufatti e delle sue materie prime e dall'altra ha bisogno di poter beneficiare dei trasporti marittimi e di un rapido tragitto ferroviario per rifornirsi a più buon mercato delle materie prime che gli occorrono specialmente per le proprie industrie metalliche e tessili. Oltre a ciò una diretta congiunzione della Slovenia col mare rappresenterebbe la strada più breve (!) destinata ad unire la Grande Germania e la Cecoslovacchia al nostro porto di Sussak, via Maribor da una parte e via Jesenice dall'altra. Siamo convinti pertanto che la costruzione di detta ferrovia si trovi in prima linea nel progetto di investimento del nuovo prestito».

Di fatto non mi risulta che fino ad oggi si siano iniziati lavori di alcun genere per dar corso al tanto discusso vecchio progetto della ferrovia diretta fra Lubiana e Sussak, né sembra che per la sua costruzione possa farsi sicuro affidamento sul prestito, i cui proventi sarebbero, secondo le voci correnti, destinati da Belgrado a ben altre opere pubbliche, delle quali la Slovenia sarebbe chiamata a beneficiare in ben scarsa misura.

Sta il fatto però che il progetto, sia della congiunzione diretta ferroviaria, sia autostradale da Lubiana a Sussak esiste e che di esso, dopo l' Anschluss, si è tornato a parlare in questi circoli commerciali. È pure evidente che questo progetto tendente a valorizzare il porto di Sussak, se realizzato, verrebbe a costituire una seria minaccia alla vitalità del porto di Trieste.

Negli ambienti commerciali si attraversa un momento di ansiosa incertezza in attesa dell'esito dei negoziati economici fra la Germania e la Jugoslavia. che avranno inizio ai primi di maggio. Da un lato si teme infatti una violenta pressione dei prodotti industriali tedeschi a danno delle industrie locali, dali' altra si spera di poter ottenere da parte della Germania una maggiore importazione di prodotti sloveni, fra i quali il legname, ed un allineamento delle tariffe doganali già in vigore con la ex-Austria troppo favorevoli alla industria della fu Confederazione.

Questa speranza è tanto maggiore in quanto questi ambienti, in seguito agli scarsi risultati delle recenti riunioni a Belgrado del Comitato economico misto italo-jugoslavo, sono divenuti alquanto sfiduciati circa la possibilità di un prossimo maggiore incremento del volume degli scambi commerciali col nostro Paese3

24 3 Il documento ha il visto di Mussolini.

24 2 Non pubblicati.

25

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

LETTERA PERSONALE SEGRETA. Berlino, 28 aprile 19381

Restituisco qui uniti -in risposta alle tue n. 3793, 3843 e 38492 -gli appunti relativi alla situazione in Alto Adige (24, 25 e 26 aprile).

Essi confermano quelle cause, oggetto dell'attuale stato di nervosità, accennate nella mia precedente3

Nell'appunto relativo al 26 aprile, pag. 3, si fa accenno alla circostanza che nella zona adiacente al confine si vorrebbe far assumere la cittadinanza del Reich a cittadini italiani colà residenti. Conoscendo quei «cittadini italiani» che sono i primi depositari dei germi dell'irredentismo alto-atesino, non ti nego che non mi dispiacerebbe affatto una naturalizzazione tedesca dei medesimi. Finirebbe così uno stato di equivoco di persone che trovano molto comodo avere in tasca due passaporti. Aggiungo, in proposito, che il fatto, che oggi si verifica, per il quale alcuni alto-atesini residenti in Germania si inserivano alle Organizzazioni hitleriane, fanno gli accesi par;germanisti, ecc. e poi una volta all'anno si presentano ai nostri Consolati per farsi rinnovare il passaporto italiano, dovrebbe veramente cessare. Sarebbe veramente preferibile che i nostri Consoli negassero una tale rinnovazione in modo che a questi signori venisse per sempre tolta la cittadinanza italiana. Con opportuna inscrizione nelle rubriche di frontiera si impedirebbe per sempre il loro ritorno in Alto Adige, così come del resto già avviene per taluni dei più noti agitatori, quali il Conte Bossi Fedrigotti, ed altri, finalmente divenuti tedeschi. Ed ai quali oggi, data la loro qualità di stranieri, siamo in pieno diritto di impedire l'accesso in Italia.

Sull'argomento dell'Alto Adige ho avuto ieri una lunga conversazione con il Ministro Frank. Questi, come conosci, è un po' semplicista e facilone in taluni suoi ragionamenti, ma è un Ministro del Reich ed un membro della Vecchia Guardia di Hitler. Egli inoltre proprio circa l'Alto Adige, fu l'avvocato difensore di Hitler in tutti quei processi avvenuti in Baviera nei vecchi tempi allorché l'attuale Cancelliere del Reich veniva appunto accusato di «tradire» i fratelli tedeschi del Siid Tirol.

Frank inoltre ebbe ad interessarsi molto della questione allorché vi fu l 'incontro a Monaco, nel 1928, Tolomei-Hitler4

25 'Rispettivamente del 25, 26 e 27 aprile, non pubblicate.

25 ' Vedi D. Il. Neli' <<estratto di notizie>> del 26 aprile inviato a Magistrati con la lettera 3849, si segnalava che, nonostante le misure pre~e dal governo per reprimere le manovre antitaliane, il fermento in Alto Adige continuava perché si diceva che fosse <<nelle intenzioni dei caporioni pangermanisti provocare gravi disordini con lo scopo di far conoscere al mondo che in Alto Adige esiste un movimento irredentista, così come in Cecoslovacchia ed altrove>>.

25 'Riferimento all'incontro avvenuto segretamente nell'agosto 1928, durante il quale Hitler aveva confermato il suo disinteresse per l'Alto Adige ed espresso il desiderio che Germania e Italia agissero in stretta intesa ma non aveva nascosto di considerare l' Anscluss come inevitabile.

Ho esposto quindi al Ministro, più o meno, le argomentazioni che avevo fatto presenti a Goring, insistendo sull'assoluta opportunità che, in ogni circostanza ed in qualsiasi momento, il Governo del Reich non si stanchi di far chiaramente comprendere come per il Germanesimo politico e ideologico, non esista una questione dell'Alto Adige. Frank è stato del tutto consenziente e mi ha esposto alcune idee che mi sembra interessante riferire.

«Per comprendere il nervosismo tirolese di questo periodo, nervosismo che ha avuto, come è noto, le sue ripercussioni in Alto Adige, occorre rifarsi alla mentalità ed alla storia recente di quel Paese.

Il Tirolo, lingua di terra stretta tra la frontiera bavarese e la frontiera italiana e abitata da nuclei tedeschi particolarmente tradizionalistici e di mentalità chiusa e ristretta, ha avuto negli ultimi anni un solo problema capace di appassionarlo: l'Alto Adige. Tutte le varie manifestazioni dei differenti Andreas HoferBund, delle Associazioni locali, ecc., hanno avuto un solo polo di attrazione: l'oltre Brennero.

Ora bisognerà -ha aggiunto Frank -che questi Tirolesi cambino di mentalità e comprendano di essere divenuti membri e cittadini di un grandissimo Paese, a immenso respiro, che va dal Baltico e dal Mare del Nord alle Alpi. Bisognerà portare gli scarponi e le barbe dei Tirolesi per le vie di Amburgo, per i viali di Berlino, sul Reno. Questo sarà il compito delle Autorità nazionalsocialiste della zona, del Kraft dure h Freud e, ecc. Poco a poco essi entreranno nella vita del grande Reich tedesco ed abbandoneranno quei "paraocchi" che per anni e anni li hanno obbligati a guardare solamente l'Alto Adige. Così, mentre da una parte, per le dichiarazioni di Hitler e del Governo tedesco, essi si persuaderanno dell'inesistenza di quel problema che ha affaticato per 20 anni le loro piccole menti, dall'altra essi, nel contatto con la grande Germania troveranno ben altre questioni per le quali vivere e per le quali appassionarsi.

A questo proposito -ha continuato sempre il Ministro -vi sarà forse apparsa un po' strana la circostanza che il Cancelliere Hitler, in questo primo periodo della sistemazione dell'ex territorio austriaco, non abbia fatto appello agli elementi nazionalsocialisti austriaci. Questi, lo sappiamo, sono rimasti alquanto male e sono venuti a piangere a Berlino chiedendo le ragioni della loro esclusione.

Il Cancelliere ha voluto invece, molto opportunamente, "rompere" nettamente con la piccola mentalità dei piccoli Paesi austriaci. Se l'ingresso dell' Austria nella vita del grande Reich fosse avvenuto sotto la guida e sotto la direzione di piccoli gerarchi locali impregnati di meschini problemi, tutto sarebbe stato compromesso. Ciò spiega la decisione di Hitler di nominare praticamente dittatore dell'ex Austria, per un anno, il Gauleiter Biirckel, elemento estraneo ad ogni vecchia e piccola questione locale e che inspira la sua azione unicamente alla fedeltà ed all'ammirazione per il Cancelliere ed alla onestà personale.

Ritornando all'Alto Adige -ha concluso Frank -vi posso anch'io assicurare che la parola del Cancelliere Hitler è assolutamente sacra. La sua grati

tudine per il Duce, a seguito di quanto è avvenuto l'Il marzo, è immensa. Egli attende solamente di «poterla praticamente dimostrare». Tanto ho voluto riferirti. Speriamo bene!

25 1 Manca l'indicazione della data di arrivo.

26

IL MINISTRO A LISBONA, MAMELI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 2423/74 R. Lisbona, 29 aprile 1938, ore 21,44 (per. ore 23,55).

Mi riferisco al telegramma Stefani Speciale n. 85 in data di ieri 1

Per quanto proposito Salazar circa riconoscimento del governo di Franco fosse già conosciuto in ambienti responsabili (telegramma per corriere di V.E.

n. 5254 in data 13 corrente2) e fosse generalmente atteso da un momento ali' altro, l'annunzio è stato accolto con generale soddisfazione da quella larga parte dell'opinione pubblica che l'avrebbe voluto assai prima di oggi.

Data annunzio era stata ad ogni modo strettamente riservata affinchéPresidente del Consiglio potesse compiere gesto in particolare atmosfera creata da celebrazione attuale 3

Sono state notate frasi di Salazar che precedono immediato annunzio e che riaffermano indipendenza dei due Paesi senza dubbio in relazione note velleità di alcuni ambienti spagnoli -che recentemente hanno molto ferito sensibilità Portogallo -circa Impero iberico con assorbimento Portogallo4 È stato anche

notato nelle elaborate frasi dell'annunzio evidente desiderio giustificare ritardo e momento in cui decisione viene presa.

Viene rilevato infine che governo Franco ha vinto suo punto anche in quanto, non avendo mai dal canto suo nominato un inviato speciale in Portogallo, invierà ora con tutta probabilità un ambasciatore a Lisbona come voleva.

Annunzio non dà il riconoscimento come già avvenuto, ma lo prevede «tra breve»'.

Trasmetto per aereo testo discorso.

26 ' Non pubblicato.

26 'L'annuncio era dato dal Salazar nel suo discorso del 28 aprile all'Assemblea Nazionale. Per i termini usati dal presidente del Consiglio portoghese, si veda DP, vol. V, D. 1609.

26 2 Ritrasmetteva il T. 2084/65 R. dell'Il aprile da Salamanca che dava notizia del!' imminente riconoscimento de jure del governo Nazionale spagnolo da parte del Portogallo. «Analoga comunicazione -precisava l'ambasciatore Viola -è stata fatta al Capo governo spagnolo dal Foreign Office in quanto decisione Portogallo è stata presa in seguito benestare governo inglese che ne era stato richiesto dal governo Portogallo in base alla ben nota situazione fra i due Paesi>>.

26 4 In proposito si veda serie ottava, vol. VIII, D. 433.

26 5 Il riconoscimento aveva luogo l'Il maggio. Si veda DP, vol. V, D. 1629, allegati I e II.

27

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. URGENTE 2450/342 R. e 2453/342 bis R. Londra, 30 aprile 1938, ore 19,30 (per. ore 0,30 del l o maggio).

Ieri nel pomeriggio, appena terminate conversazioni con Daladier e Bonnet1 , Halifax ha chiesto di vedermi.

Halifax ha cominciato dichiarandomi che nel nuovo clima dell'amicizia italoinglese egli riteneva suo dovere mettermi dettagliatamente al corrente di quanto era avvenuto ieri e oggi nel corso degli scambi d'idee coi ministri francesi.

«Stasera, ha soggiunto Halifax, daremo alla stampa ampio comunicato ufficiale2 sulle conversazioni anglo-francesi; ma poiché sfortunatamente non posso escludere qualche eventuale presentazione o interpretazione inesatta o tendenziosa da parte della stampa, desidero che il conte Ciano abbia fin da ora versione precisa di quanto è accaduto».

Halifax ha proseguito: «All'inizio della nostra riunione con i ministri francesi, Daladier ha detto che egli si rallegrava dell'avvenuta firma degli accordi italo-inglesi in cui vedeva sostanziale contributo alla pacificazione europea.

Chamberlain gli ha risposto che anche egli si rallegrava moltissimo e considerava nuova amicizia italo-inglese come elemento essenziale per una migliore intesa in Europa. A sua volta Chamberlain si congratulava col governo francese per avere iniziato a Roma trattative in vista di una chiarificazione e di un miglioramento dei rapporti italo-francesP. Anche in questa decisione del governo francese il governo britannico scorgeva importante contributo alla pace europea. Daladier ha espresso fiducia che le conversazioni italo-francesi avrebbero condotto presto ad un accordo.

Chamberlain ha risposto che governo britannico ne sarebbe stato molto lieto e che esso -ove se ne fosse dimostrata opportunità -avrebbe ben volentieri prestato la sua collaborazione fra i due Stati tanto al governo italiano quanto al' governo francese per facilitare pronto raggiungimento accordo».

Halifax mi ha poi detto che -entro i limiti in cui poteva farlo senza venire meno ai suoi impegni di amicizia e di discrezione verso il governo italiano aveva messo al corrente ministri francesi dell'andamento delle conversazioni che avevano preceduto accordi di Roma e della portata degli accordi stessi.

D. 29. 27 2 Testo in DDF, vol. IX, D. 258, allegato V. 27 ' Vedi serie ottava, vol. VIII, D. 499.

Oltre argomenti delle conversazioni anglo-francesi, vi era stato l'ordine del giorno della prossima sessione del Consiglio della S.d.N. e cioè, in particolare, la questione del riconoscimento della conquista italiana dell'Etiopia. Halifax mi ha detto che egli e Chamberlain erano stati lieti di constatare che i ministri francesi erano completamente d'accordo sulla procedura suggerita dal governo inglese e già comunicata a V.E. nei giorni scorsi da Perth.

Governo inglese e governo francese si sono pertanto messi d'accordo di fare ogni possibile sforzo per assicurare unanimità di voti su un testo di risoluzione da concordarsi: i due soli punti interrogativi erano costituiti dali' atteggiamento della Russia e della Cina. Daladier e Bonnet ritenevano probabile che tanto Russia quanto Cina alla fine non avrebbero fatto insormontabili difficoltà e si sarebbero limitate al massimo ad una astensione dal voto.

Governo inglese era tuttavia meno ottimista, sopratutto nei riguardi della Cina. «Ove dunque l 'unanimità dei voti si dimostrasse impossibile -ha soggiunto Halifax -siamo d'accordo con i francesi per proporre che ogni singolo Stato membro dichiari propria posizione e riassuma così la propria libertà. Comunque noi intendiamo mantenere promessa da noi fatta al governo italiano.

Sulla questione spagnola, a seguito di un'ampia discussione, governo francese ha esposto il proprio atteggiamento nei riguardi delle varie difficoltà che intralciano i lavori del Comitato di non intervento.

Circa data per stabilimento controllo, governo francese ha dato assicurazione al governo britannico che ove ritardo nell'inizio evacuazione volontari fosse ragionevole e giustificato, esso non (dico non) provvederebbe riapertura frontiera appena scaduto termine prefisso.

Governo francese ha inoltre attirato attenzione governo inglese su importanza che esso attribuisce nello schema di ritiro dei volontari al mantenimento delle categorie, nonché ali'opportunità di adottare misure per il ritiro contemporaneo del materiale bellico. Su questi due punti -ha soggiunto Halifax governo francese si è dichiarato però animato da spirito conciliativo e desideroso di facilitare un rapido accordo. Io (Halifax) per parte mia, ho assicurato i ministri francesi che il governo italiano non è meno sincero e desideroso di appianare le difficoltà del Comitato e di facilitare questo accordo. Ho messo inoltre in evidenza l'influenza benefica che non mancherà di aver su tutto il problema spagnolo un miglioramento dei rapporti itala-francesi».

Halifax mi ha poi parlato delle conversazioni fra i due Stati Maggiori inglese e francese, sottolineando che queste conversazioni non costituiscono -Halifax ha detto -nulla di nuovo: previste e rese di pubblica ragione fin dal marzo 1936, esse si erano infatti svolte da allora in modo regolare e continuativo. Halifax ha insistito particolarmente perché io comunicassi a V.E. la sua assicurazione che questi scambi d'idee e di informazioni tra i due Stati Maggiori inglese e francese non implicano nessun nuovo impegno militare da parte dell'Inghilterra.

Halifax mi ha poi parlato della Cecoslovacchia dicendomi che questa era stata oggetto di un lungo scambio di vedute fra il governo francese ed il governo britannico, entrambi desiderosi di addivenire ad una soluzione pacifica del problema delle minoranze tedesche. La possibilità di raggiungere un accordo dipendeva non solo da BeneS, ma anche da Henlein ed in una certa misura dall'atteggiamento del governo tedesco.

Chamberlain ed Halifax avevano esaminato con i loro colleghi francesi possibili passi da svolgere in comune, sia a Praga, sia a Berlino per una calma considerazione del problema. Halifax ha concluso testualmente: «Abbiamo trovato nei francesi un sincero desiderio di fare tutto ciò che essi potranno per facilitare una sistemazione pacifica della questione cecoslovacca, ma allo stesso tempo i francesi ci hanno lasciato alcuni dubbi che un eventuale tentativo di risolvere questo problema con i sistemi della forza li costringerebbe a far onore agli impegni presi dalla Francia verso la Cecoslovacchia.

Come Chamberlain ha già detto alla Camera dei Comuni\ ciò non potrebbe mancare di creare una situazione pericolosa in Europa, almeno secondo quanto pensa l'Inghilterra. Noi abbiamo messo bene in chiaro ai francesi che non potevamo dire loro più di quanto Primo Ministro aveva già detto alla Camera dei Comuni 24 marzo u.s., ma che eravamo interamente con loro nel tentativo di assicurare una pacifica soluzione del problema».

Dopo di me, Halifax si è intrattenuto brevemente con l'incaricato d'affari di Germania.

27 1 Riferimento alle conversazioni franco-britanniche del 28-29 aprile a Londra (verbali francesi in DDF, vol.IX, D. 258, allegati; verbali britannici in BD, vol. l, D. 164). Per le informazioni date su di esse al governo italiano si veda anche il colloquio Bonnet-Prunas di cui al

28

IL MINISTRO A PRAGA, DE FACENDIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 2452/47 R. Praga, 30 aprile 1938, ore 21,10 (per. ore 23,30).

Mio telegramma n. 451

Discussione risoluzione Londra2 sono messe in eccezionale rilievo da questa stampa, molto valorizzate da circoli politici per dare opinione pubblica sensazione migliorata situazione Cecoslovacchia.

Krofta (che non ha ricevuto ancora esatto, completo resoconto conversazioni anglo-francesi) mi ha detto essere soddisfatto risultati annunziati, anche se nulla di sostanzialmente nuovo raggiunto.

Inghilterra, pur non assumendo impegni definitivi per Cecoslovacchia, avrebbe -secondo Krofta -confermato, in forma anche più decisa, suo interessamento problema cecoslovacco, intensificando allo stesso tempo solidarietà militare con Francia; ciò che costituirebbe importante manifestazione della volontà di impedire che sia turbata la pace dell'Europa Centrale.

28 1 Vedi D. 16. 28 2 Riferimento alle conversazioni franco-britanniche di Londra del 28-29 aprile. Vedi

D. 27. nota l.

Krofta mi ha accennato proponimento Parigi e Londra ottenere in tale compito cooperazione Italia. Francia e Inghilterra non pensano proporre mediazione controversia ceco-germanica ma esercitare influenza per amichevole componimento.

Ministro degli Affari Esteri, pur nulla escludendo di ciò che rende situazione locale incerta e difficile, si è mostrato meno preoccupato del solito.

27 4 Vedi D. 37. nota 3.

29

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. URGENTE 2451/86 R. Parigi, 30 aprile 1938, ore 22,05 (per. ore 23,45).

Ministro degli Affari Esteri, rientrato ieri sera da Londra, ha chiesto stamane di vedermi.

Bonnet mi ha detto che teneva in particolare modo a fare immediatamente sapere al governo fascista che nel corso delle conversazioni franco-britanniche' erano stati discussi e concretati accordi di carattere militare fra i due Paesi.

Tali accordi concernevano esclusivamente difesa frontiera dell'Est della Francia in caso di eventuale aggressione e non riguardavano naturalmente in alcun modo e sotto alcuna forma Paese amico come l 'Italia, con cui governo francese intendeva sviluppare rapporti maggiore cordialità.

Bonnet mi ha quindi dichiarato di approfittare con grande piacere occasione per confermarmi personalmente vivo desiderio suo e del governo francese di giungere ad una sollecita e integrale chiarificazione con l 'Italia fascista; ha aggiunto che da parte francese si è preso atto a Londra con viva soddisfazione dei brillanti risultati raggiunti con l'accordo italo-inglese, e da parte britannica, del corso soddisfacente delle iniziate conversazioni italo-francesi.

Bonnet ha espresso a questo proposito la sua soddisfazione per accoglienza fatta da V.E. a Bionde! ed ha aggiunto non aver dubbio che le questioni in discussione fra i due Paesi troveranno rapida e soddisfacente soluzione.

Ministro ha concluso accennando alla situazione spagnola che -ha detto si avvia ormai alla soluzione e al suo proposito di rapidamente restaurare i normali rapporti diplomatici fra i due Paesi.

Dichiarazioni Bonnet sono state pronunciate in tono e forma di particolare cordialità.

29 ' Riferimento alle conversazioni del 28-29 aprile a Londra (vedi D. 27, nota 1).

30

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, MAGISTRATI

T. PER CORRIERE 426 R. Roma, 30 aprile 1938.

Vostro telegramma n. 051 1

Alla prima occasione, e al fine di evitare equivoci anche in una questione di secondaria importanza, potrà essere bene chiarire verbalmente con codesto governo la questione dell'adesione a Montreux.

Quando il barone von Neurath nel maggio 1937, a Roma, ebbe a suggerire che possibilmente il governo italiano e quello tedesco armonizzassero la loro azione quanto all'adesione alla Convenzione degli Stretti, io non mancai di esprimere la mia simpatia per tale suggerimento, pur mettendo al corrente Neurath dello stato delle cose2 , che nei nostri riguardi è il seguente:

Nel giugno 1936, quando si riunì la Conferenza di Montreux, l 'Italia fece chiaramente intendere che non vi partecipava per una ragione ben precisa e cioè per la situazione che esisteva in quel momento nel Mediterraneo. Ne venne di conseguenza che nell'incontro di Milano con Aras3 , io potei tenere distinte le due questioni del riconoscimento dell'Impero e dell'adesione a Montreux; non rifiutai, invece, data la posizione originariamente assunta, di accedere alla sua richiesta che, dopo un congruo tempo dal riconoscimento, l'Italia desse l'adesione alla Convenzione.

La richiesta di von Neurath e la mia volontà hanno trovato così in questo precedente una loro limitazione. L'incontro di Milano è del gennaio4 1937. L'incontro con von Neurath è del maggio 1937.

Nel periodo intercorso da allora i due ambasciatori italiani e tedesco ad Ankara sono stati in rapporto tra di loro.

Riconosciuto l 'Impero da parte della Turchia il 4 aprile, l'ambasciatore Galli indicò di sua iniziativa ad Aras, in un primo tempo, il 19 aprile come la data in cui l'adesione italiana avrebbe potuto aver luogo5• Per marcare una maggiore distanza fra i due atti, telegrafai all'ambasciatore Galli d'informare che la data sarebbe stata invece il 2 maggio6 Codesto governo fu messo al corrente7

30 ' Vedi D. 6.

30 ' L'ambasciatore Galli aveva dato notizia di questa sua iniziativa con T. 1930/65 R. del l o aprile.

Le osservazioni d'indole tecnica fatteci di recente pervenire dalla Germania furono subito comunicate al nostro ministero della Marina che, in proposito, intrattenne l'addetto navale tedesco.

Non venendo risposta, furono sollecitati -per renderei conto della portata di tali osservazioni -dei chiarimenti che però non sono mai pervenuti.

Fin qui, quanto ai rapporti avuti colla Germania.

Esiste però un altro e più vasto elemento della questione, indipendente esso pure dalla buona volontà italiana e tedesca, ed è che la posizione italiana e quella tedesca nei rispetti della Convezione sono diverse.

La Conferenza di Montreux fu indetta fra le Potenze firmatarie della vecchia Convenzione di Losanna. Tra queste è l'Italia. Non la Germania. La Convenzione prevede così l'adesione dell'Italia (art. 27), non l'adesione della Germania.

Sarebbe stato per noi evidentemente difficile (ed è questo che desidero che risulti) regolarsi diversamente da quello che abbiamo fatto, dati i precedenti e dati gli elementi della questione. La posizione della Germania nei riguardi di Montreux preesisteva all'adesione italiana. D'altronde, trattasi di un fatto formale inteso a regolarizzare una situazione di fatto: esso si compie ad un anno di distanza dalla mia conversazione con Neurath; per la riserva fatta ci pone sullo stesso piede del Giappone.

30 2 Si veda in proposito serie ottava. vol. VI, p. 692, nota 4.

30 3 Si veda ibid., D. 124.

30 4 Sic. L'incontro ebbe luogo il 2 febbraio.

30 6 Vedi serie ottava, vol. VIII, D. 458.

30 7 Ciano ne aveva dato incarico al ministro Magistrati con T. per corriere 345 R. dell' 11 aprile, aggiungendo che si riservava di prendere poi contatto con von Ribbentrop dopo aver esaminato le osservazioni tecniche fatte pervenire dalla Marina tedesca.

31

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE RISERVATO 2446/055 R. Berlino, 30 aprile 1938 (per. stesso giorno).

Come ho ieri telegrafato', nelle ore del pomeriggio si diffusero a Berlino, negli ambienti diplomatici e giornalistici stranieri, le voci più pessimistiche ed assurde circa un precipitarsi degli avvenimenti tra la Germania e la Cecoslovacchia. Ho anche accennato come tra quelle insistenti voci una pretendesse la rinuncia da parte del generale Keitel, capo dell'Ufficio Centrale delle Forze Armate, di accompagnare il Fiihrer nel suo viaggio in Italia. Voce rivelatasi assolutamente infondata.

In serata, ebbi occasione di vedere tanto il ministro von Ribbentrop quanto il barone von Weizsacker: ambedue si dichiaravano assolutamente tranquilli circa la situazione che non presentava alcuna novità sensazionale e ponevano in rilievo come l'imminente viaggio del Fiihrer, che si reca in Italia accompagnato praticamente da tutti i principali elementi del governo del Reich, non potrà non servire ad una qualche distensione, alleggerendo un'atmosfera rivelatasi in questi ultimi giorni un po' carica.

Gli ambasciatori di Francia e di Inghilterra, che vidi anche in serata, pur essendo alquanto pessimisti sulla situazione generale, non possedevano alcun elemento tale da giustificare quelle voci pessimistiche alle quali ho sopra accennato.

Naturalmente tutta l'attenzione è rivolta alle conversazioni di Londra\ delle quali si attende in giornata di conoscere i risultati nei confronti della situazione cecoslovacca.

Il nostro R. Addetto Militare ha avuto sull'argomento alcune conversazioni con colleghi stranieri e con elementi di questo ministero della Guerra. Egli mi riferisce che in quegli ambienti si ritiene che praticamente la Francia non riterrebbe di poter direttamente intervenire in favore della Cecoslovacchia perché giudica che le fortificazioni tedesche costituiscano già un ostacolo troppo duro. D'altra parte, si riterrebbe che l'aviazione francese, da sola, non sia in condizioni di misurarsi con vantaggio con quella tedesca. L'appoggio dell'Inghilterra viene ritenuto problematico e in ogni caso non immediato.

In quegli ambienti si riferisce anche che quegli scambi di idee tra Germania e Ungheria, ai quali ho altra volta accennato 3 , tendono ad intensificarsi, dato anche il nervosismo degli ambienti militari ungheresi i quali desidererebbero avere precise assicurazioni tedesche nei riguardi di una eventuale spartizione della Cecoslovacchia. L'Ungheria vorrebbe intervenire contemporaneamente alla Germania, mentre sembra che da parte tedesca sia stato fatto presente all'Ungheria l'opportunità di non agitarsi troppo, per evitare grosse complicazioni, lasciando che l'azione eventuale sia compiuta in un primo tempo dalla sola Germania.

L'Ungheria peraltro diffida della Germania, temendo che questa faccia la parte del leone, lasciando ai magiari poche briciole.

Il generale Marras, nel riferirmi quanto sopra, conclude che l'addetto militare ungherese qui residente4 svolge un'attiva opera per raccogliere ogni possibile indizio nei riguardi di un'eventuale azione tedesca, appunto per evitare un ritardo nell'intervento ungherese.

31 3 In proposito si vedano anche i DD. l e 18. 31 4 Kàlmàn Hardy.

31 1 Con T. 2422/164 R. del 29 aprile, Magistrati aveva comunicato che a Berlino si erano diffuse delle voci allarmanti circa la situazione in Cecoslovacchia, dove si diceva che un gruppo di militari collegati alla Germania avesse tentato un colpo di Stato.

31 2 Vedi D. 27, nota l.

32

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 2473/070 R. Budapest, 30 aprile 1938 (per. il 2 maggio).

Il presente telegramma fa seguito a quello avente il numero di protocollo precedente'.

Circa la questione cecoslovacca, Kànya, a differenza dei timori che mi esprimeva un mese fa (mio telegramma per corriere n. 033 del 26 marzo u.s. 2 ) mi è sembrato molto più fiducioso: o che volesse darmi volutamente quest'impressione

o che realmente si sentisse ben sicuro dell'appoggio tedesco; ciò che però conferma le impressioni già riferite (mio telegramma per corriere n. 0603 ) che si ritraggono parlando della questione al ministero degli Affari Esteri, che cioè vi sia qualche cosa di più fra la Germania e l'Ungheria che i semplici normali rapporti di amicizia che sono sempre esistiti e che dal comune interesse sia già sorta una comune e più stretta azione.

Egli mi ha detto che non sembrava che i tedeschi volessero precipitare la cosa, ma che non si poteva escludere se per avventura nascesse qualche incidente a danno di un tedesco della Cecoslovacchia, che Hitler usasse anche la maniera forte: vi ha accennato come se ciò non lo preoccupasse.

Quanto all'eventuale atteggiamento degli Stati vicini, gli risultava che se vi poteva essere qualche dubbio sull'atteggiamento della Romania, il governo romeno aveva tuttavia dichiarato che si sarebbe conformato all'atteggiamento della Jugoslavia: mentre era certo che questa non avrebbe fatto mai nulla contro la Germania.

Mi ha detto che esistevano contatti con gli slovacchi e mi ha aggiunto anzi che questi contatti avevano condotto a buoni risultati. Gli era stato riferito, ma ciò non gli risultava, che Hlinka sarebbe venuto a Budapest in occasione del Congresso Eucaristico (mio rapporto n. 2120/675 del 28 corrente4).

Parlandomi più tardi del prossimo incontro fra il Duce e Hitler, mi ha semplicemente soggiunto che evidentemente si sarebbe parlato anche della Cecoslovacchia.

32 ' Con T. per corriere 2469/067 R., 24711068 R. e 2472/069 R., tutti del 30 aprile, il ministro Vinci aveva riferito su altri punti del colloquio avuto lo stesso giorno con Kànya. Il ministro degli Esteri ungherese aveva espresso la sua soddisfazione in termini molto calorosi per l'accordo itala-britannico e si era poi soffermato sui problemi delle minoranze, dichiarandosi disposto a proseguire i contatti con Bucarest e con Belgrado ma non con Praga, dato che quest'ultima aveva promesso di fare, entro giugno delle concessioni a tutte le minoranze presenti in Cecoslovacchia. Al di là del fondamento che poteva avere questa giustificazione -osservava il ministro Vinci -la realtà era che il governo ungherese non poteva negoziare un accordo con Praga, data l'eccitazione della sua opinione pubblica.

32 ·'Vedi D. l.

Mentre si nota, sopratutto in funzione della questione, una sempre crescente influenza della Germania, devo rilevare che dopo la grande soddisfazione dimostratami in seguito alle dichiarazioni dell'E.V. ed altre analoghe conversazioni successive con vari uomini politici, nel governo appare la tendenza a parlare meno dell'Italia in relazione alla soluzione del problema cecoslovacco: certamente perché si considera l'atteggiamento dell'Italia come assolutamente accertato e pacifico in relazione alla costante linea politica italiana in materia di revisionismo, alle varie dichiarazioni a questo riguardo ed alle recenti riservate dichiarazioni di V.E. a Villani5 circa l'assistenza in caso che la Jugoslavia attaccasse; ma anche forse considerando principale e preponderante l'apporto diretto e positivo della Germania.

Comunque, ove si delineasse ora da parte germanica una soluzione favorevole alle aspirazioni ungheresi, perché l'opinione pubblica ungherese, che non può essere al corrente delle suesposte recenti assicurazioni, non sia tratta a dare il merito predominante alla Germania, sensazione che certamente la Germania stessa si adopererà di ottenere, non mancherà modo all'E. V. di fare apparire, in linea generale e concreta che, dati i nostri più stretti legami con la Germania, tutti i problemi, quello della Cecoslovacchia compreso, rientrano in egual misura nella competenza dei due governi facenti parte dell'Asse; e che quindi è necessario in egual misura l'apporto di ambedue, in qualunque modo esso si manifesti. E per qualunque altra ipotesi sulle intenzioni del governo di Berlino circa le rivendicazioni ungheresi dipenderà principalmente dal nostro atteggiamento nella questione, anche nei confronti del Reich, quello che potranno poi essere i nostri rapporti con l'Ungheria e la nostra posizione in questo settore del Bacino danubiano.

32 2 Vedi serie ottava, vol. VIII, D. 403.

32 4 Vedi D. 23.

33

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. RISERVATO URGENTE 2909/856. Berlino, 30 aprile 1938 (per. il 2 maggio).

Mio telegramma per corriere n. 055 di oggi' e mio telegramma n. 166 di oggi2

33 ' Vedi D. 31.

A seguito delle mie precedenti comunicaziom mvio qui unito all'E.V. per opportuna conoscenza, un appunto ora rimessomi dal nostro R. Addetto Militare, Generale Marras, a seguito di una conversazione da lui avuta col Generale von Tippelskirch, capo dell'Ufficio Eserciti Esteri presso lo Stato Maggiore dell'Esercito tedesco.

Particolarmente interessanti e degni di rilievo appaiono le considerazioni fatte dal Generale von Tippelskirch nei riguardi delle conversazioni franco-inglesi di Londra3•

Effettivamente, e ne ho avuto conferma anche in una conversazione che ho avuto con il Capo di Gabinetto del Maresciallo Goring, Generale Bodenschatz, gli ambienti militari tedeschi, dai più moderati a quelli di avanguardia, sembrano orientati verso l'assoluta necessità di una soluzione favorevole alla Germania, della questione cecoslovacca.

ALLEGATO

L'ADDETTO MILITARE A BERLINO, MARRAS, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, MAGISTRATI

PROMEMORIA 743. Berlino, 30 aprile 1938.

Da conversazione avuta col generale v. Tippelskirch, capo dell'Ufficio eserciti esteri presso lo Stato maggiore dell'Esercito, ritengo di poter riassumere come segue il pensiero di questi ambienti militari circa la Cecoslovacchia.

l) Si considera che le conversazioni franco-inglesi di Londra abbiano per la Francia in gran parte uno scopo di prestigio. Si tratta di rialzare di fronte ali'opinione pubblica interna e internazionale la situazione morale della Francia mettendo in grande evidenza un aumentato appoggio inglese.

Qui non si pensa che la Francia possa, anche dopo questi accordi, ritenersi in condizione di intervenire con le armi in caso di invasione della Cecoslovacchia.

2) Si ha l'opinione che la Francia, d'accordo con la Cecoslovacchia, abbia voluto presentare e fare appoggiare dali 'Inghilterra un programma cecoslovacco di concessioni alle minoranze e strappare così ali 'Inghilterra stessa la promessa di intervento nel caso che, non soddisfatta di tali concessioni, la Germania intervenisse. Si pensa peraltro che l'Inghilterra, come in passato, eviterà ogni preciso impegno. Il problema dell'intervento inglese potrebbe presentarsi se, intervenuta la Francia, questa fosse ricacciata nel suo territorio.

3) Un intervento della Germania in Cecoslovacchia difficilmente provocherà una guerra europea, data I'attuale situazione generale e il rapporto delle forze opposte. (È questa la stessa frase dettami dal generale von Tippelskirch alla vigilia dell'occupazione dell'Austria). Ma è assurdo pensare che un intervento possa manifestarsi mentre il Flihrer è a Roma.

4) La Francia si trova in difficile situazione operativa, in quanto, a meno di una violazione della neutralità belga e svizzera, sarebbe costretta a svolgere un'azione frontale su uno scacchiere limitato e già organizzato a difesa.

5) Risulta che la Cecoslovacchia è in stato di semimobilitazione. Tutte le organizzazioni difensive sono state occupate con truppe di nazionalità ceca, ma per ciò fare sono stati turbati i legami organici di molte unità. Difficilmente la Cecoslovacchia potrebbe oggi mobilitare le 36 divisioni previste.

6) La politica del Ftihrer mira a raggiungere gli obiettivi naturali della Germania senza guerra, col semplice peso di una forza militare adeguata alla sua entità demografica ed economica. Tale politica ha dato finora risultati ottimi.

32 5 Vedi serie ottava, vol. VIII, D. 445.

33 2 T. 2491/166 R. del 30 aprile. Comunicava che a Berlino nessuno sembrava dare credito alle voci, diffusesi il giorno precedente, circa una crisi in Cecoslovacchia.

33 1 Vedi D. 27. nota l.

34

IL CONSOLE GENERALE A INNSBRUCK, ROMANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 2973/228. Innsbruck, 30 aprile 19381

Come ho già avuto l'onore di riferire, la voce della cessione dell'Alto Adige continua a circolare con sempre maggiore intensità, man mano che si approssima la data del viaggio del Ftihrer in Italia. Si dice che il bel gesto avverrà il 9 maggio, annuale della fondazione dell'Impero; che il dono, oltre a costituire un sicuro apporto alla pace, eliminerà l'unico eventuale motivo di attrito fra l'Italia e la Germania e sarà un modo grazioso per compensare quest'ultima dell'aiuto di quattro miliardi di lire in materiali ed armi che avrebbe dato in occasione del conflitto etiopico. Alcuni cercano di temperare l'assurdità di questa notizia aggiungendo che un bel gesto da parte del Duce vi sarà certamente: se proprio non sarà rappresentato dalla cessione del «Sudtirolo», vi sarà almeno per la Germania una regione del territorio abissino.

L'ambiente, nel quale da venti anni il sentimento irredentistico e il conseguente odio verso il nostro Paese sono stati continuamente, metodicamente e sapientemente coltivati, si presta in modo particolare a conferire un certo credito a voci di questo genere, che servono, senza compromettere, a tenere sveglia l'attenzione verso i «fratelli del Sud» 2

Successivamente, i Carabinieri segnalavano che a lnnsbruck giungevano numerose le petizioni degli altoatesini che invocavano un intervento del governo del Reich perché fosse posto termine alle persecuzioni di cui erano fatti oggetto da parte delle Autorità italiane, mentre le voci di vessazioni italiane contro i sudtirolesi, che circolavano in Austria, si stavano diffondendo in tutta la Germania (<<estratto di notizie>> sull'Alto Adige del4 maggio, inviato al consigliere Magistrati con lettera De Peppo 4116 dello stesso giorno).

Va rilevato che fin dal primo momento dell' Anschluss voci del genere hanno fatto il giro di tutta l'Austria e spesso per iniziativa di ambienti e di persone che volevano creare imbarazzi alle Autorità naziste. Non è da escludere che si tratti tuttora di manovre di male intenzionati volte sempre allo stesso fine, malgrado vi sia qualcuno che vorrebbe attribuirne la responsabilità a cittadini del Reich.

34 1 Manca l'indicazione della data di arrivo.

34 2 Nell'<<estratto di notizie>> sull'Alto Adige del 28 aprile, inviato all'ambasciata a Berlino con lettera Ciano n. 4029 del 30 aprile, i Carabinieri erano tornati a segnalare l'agitazione esistente in Alto Adige, alimentata dall'eccezionale circolazione di turisti provenienti dalla Germania, tra i quali si sospettava vi fossero degli agitatori, inviati per tenere viva la speranza in una prossima annessione.

35

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALLE LEGAZIONI A BAGDAD, IL CAIRO, GEDDA, KABUL E TEHERAN, AI CONSOLATI GENERALI AD ALGERI, BEIRUT, GERUSALEMME, RABAT, TANGERI E TUNISI, AI CONSOLATI AD ALEPPO, CASABLANCA E DAMASCO, E AL DOTTOR PASSERA A SANAA

T. 419/c.R. Roma, ] 0 maggio 1938, ore 23,45.

(Solo per Sanaa) Miei telegrammi n. 891 e n. 3862•

(Solo per Gedda) Miei telegrammi n. 393 e n. 386.

(Solo per Bagdad-Cairo-Teheran) Miei telegrammi n. 3744 e n. 386.

(Per tutti gli altri) Miei telegrammi numeri 3755 e 386.

(Per tutti) Per l'eventualità che, rendendosi pubbliche dal governo inglese le «assicurazioni verbali» per la Palestina si diffondesse negli ambienti musulmani l'impressione che l 'Italia si è disinteressata della sorte degli arabi della Palestina e per controbattere l'eventuale propaganda o azione nociva ai nostri interessi, Vostra Signoria è autorizzata, non appena le anzidette «assicurazioni verbali» saranno state rese pubbliche, a svolgere una opportuna azione di chiarimento in codesti ambienti musulmani di stampa, ecc. V.S. potrà dire che interpreta che con l'aver fornito al governo britannico assicurazione che non intendiamo creare difficoltà od imbarazzi ali 'Inghilterra nella amministrazione della Palestina, l 'Italia ha inteso di lasciare impregiudicata la sua libertà di apprezzamento per quanto riguarda la sorte futura di quei territori di mandato. V.S. inter

35 2 Vedi ibid., D. 518. 35 3 Vedi ibid., D. 503. 35 4 Vedi ibid., D. 510. 35 ' Vedi ibid., D. 512.

preta le «assicurazioni» nel senso che esse non implicano di per sè alcuna accettazione da parte del R. Governo di piani già presentati (rapporto Peel) o da presentare, tanto più che come appare dalle stesse vicende parlamentari inglesi della questione palestinese, è chiaro che il governo britannico non ha ancora determinato la sua futura politica in Palestina. Tale circostanza è d'altronde risultata chiaramente nel corso dei negoziati tra noi e il governo inglese.

Superfluo che attiri attenzione Vostra Signoria su importanza questione e su importanza che Regio Governo annette a che il suo atteggiamento non venga falsamente interpretato.

35 1 Vedi serie ottava, vol. VIII, D. 503, nota l.

36

IL MINISTRO A PRAGA, DE FACENDIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 2546/055 R. Praga, l o maggio 1938 (per. il 5).

Nella valutazione dell'attuale situazione internazionale della Cecoslovacchia un elemento negativo è stato generalmente considerato il patto di assistenza ceco-russo. Si è ripetutamente detto dentro e fuori, che la Cecoslovacchia ne aveva tratto più che altro l'avverso apprezzamento ed anche l'ostilità dei Paesi anticomunisti, rimanendo allo scoperto quando si è trattato di realizzare l'attesa assistenza di Mosca rivelatasi inerte nelle più recenti circostanze. Si è perciò asserito, generalmente, che sulla Russia non c'è da contare. I dirigenti di Praga, però, non hanno per questo, né invalidato i loro legami con i so vieti e nemmeno perduta tutta la speranza di ottenere un aiuto dali 'U.R.S.S. in caso di conflitto con la Germania. La speranza si limita, a quanto pare, ad un apporto numericamente consistente nella difesa aerea. Ad ogni modo, è ovvio interesse dei cechi far mostra delle loro amicizie e dei loro appoggi e vi è fors'anche un certo interesse di Mosca a far sentire che la sua amicizia non è inefficiente come si crede.

La prima notizia relativa all'arrivo in Cecoslovacchia di 50 o 60 aeroplani sovietici è oramai confermata da diverse fonti. Secondo quanto ha riferito il R. Addetto Militare a Varsavia, detti apparecchi avrebbero sorvolato il territorio polacco e pare anche quello romeno ad una quota di 3.000 metri. La squadriglia dei caccia polacchi levatasi in volo non sarebbe riuscita ad intervenire tempestivamente e ciò con un certo disappunto dei locali ambientali aeronautici.

Da parte· cecoslovacca una larga rappresentanza si è recata a Mosca con a capo il deputato David, Presidente della Commissione parlamentare per la difesa nazionale, per assistere alla celebrazione del l o maggio.

Si cerca di non fare troppo rumore attorno ali' alleanza con i so vieti ma non si pensa per ora di abbandonare l'aiuto che se ne spera, quale che possa esserne l'entità e l'efficacia.

37

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 2496/348 R. Londra, 2 maggio 1938, ore 2,23 (per. ore 4,40).

Ieri questo incaricato d'affari Germania Kordt Woermann, prima di partire1 per Berlino per assumere carica Sottosegretario di Stato per gli Affari Esteri, è venuto a vedermi e mi ha messo al corrente di quanto Halifax gli aveva comunicato venerdì sulle conversazioni anglo-francesi2

Halifax ha menzionato a Kordt solo due argomenti:

0 ) Accordi Stato Maggiore fra Francia e Inghilterra; 2°) Questione Cecoslovacchia.

Sugli accordi Stato Maggiore Halifax ha detto a Kordt che, in vista di possibili distorsioni e false interpretazione stampa, desiderava assicurare governo tedesco che il governo britannico non aveva preso nessun nuovo impegno, né assunto nuovi obblighi sulla Cecoslovacchia. Halifax ha detto a Kordt che il governo britannico non era andato oltre le dichiarazioni fatte da Chamberlain alla Camera dei Comuni il 24 marzo scorso3 , ma che d'altra parte -preoccupato delle gravi ripercussioni europee che potrebbero determinare in quel settore soluzioni con la forza-il governo britannico si era messo d'accordo col governo francese per svolgere ogni possibile attività allo scopo di facilitare soluzione pacifica problema delle minoranze tedesche.

Halifax ha poi brevemente parlato dello stato presente delle relazioni anglotedesche, affermando che vi è attualmente fra i due Paesi una «grande e spiacevole incomprensione» e concludendo che questo stato di cose non potrà essere superato senza un contemporaneo riavvicinamento di Berlino a Parigi e a Londra.

Kordt ha risposto che a sua volta il governo tedesco non vedeva, né aveva mai visto, possibilità per l'Inghilterra di accordarsi con la Germania senza prima accordarsi con l 'Italia.

Halifax ha risposto che egli sapeva perfettamente tutto ciò, e che infatti governo britannico, anche in vista di questo più vasto scopo, aveva concluso il suo recente accordo con l'Italia.

Halifax ha poi continuato insistendo sul carattere -a suo dire -«maneggevole e conciliante» di Daladier e sull'opportunità che il governo tedesco approfitti di queste circostanze per cercare di mettersi d'accordo con l'attuale governo francese.

Io a mia volta ho naturalmente messo al corrente questo incaricato d'affari di Germania delle comunicazioni fattemi da Halifax.

37 'Sic. L'originale da Londra dice: «questo nuovo incaricato d'affari di Germania, Kordt, il quale ha sostituito Woermann partito>>.

37 2 Del 28-29 aprile a Londra. Vedi D. 27, nota l.

37 3 Il 24 marzo Chamberlain aveva dichiarato ai Comuni che il governo britannico non poteva impegnarsi ad intervenire automaticamente a fianco della Francia se quest'ultima fosse andata in aiuto della Cecoslovacchia. Ma aveva poi aggiunto: <<In questioni di pace e di guerra; non si tratta soltanot di obblighi giuridici e se dovesse scoppiare una guerra sarebbe difficile !imitarla soltano a coloro che hanno assunto tali obblighi ... Questo è vero specialmente per due Paesi come la Gran Bretagna e la Francia, legati da una lunga amicizia, con interessi strettamente intrecciati, devoti agli stessi ideali di libertà democratica e decisi a difenderli>>. Il testo del discorso è in Relazioni Internazionali, pp. 273-276.

38

IL MINISTRO A TIRANA, JACOMONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 2487/78 R. Tirana, 2 maggio 1938, ore 13,30 (per. ore 18,45).

Onoromi informare V.E. che è stata qui molto notata l'assenza di questo ministro Germania, sia all'arrivo che alla partenza di V.E., mentre erano presenti rappresentanti jugoslavo, belga, turco e inglese.

Ho riferito a V.E. che ho intrattenuto già von Pannwitz sulla necessità che l'azione della legazione di Germania sia intonata a quella che è la nostra posizione qui.

Ho pure fatto presente a V.E. che azione legazione di Germania trova in Albania terreno favorevole specie negli ambienti che erano contro regime memori dei benefici ricevuti dall'Austria.

Permettomi prospettare a V.E. opportunità che si&no fatte pervenire a questa legazione di Germania istruzioni nel senso di astenersi dall'attivare nostalgie contrastanti con la nostra posizione qui 1

39

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE RISERVATO 2511/056 R. Berlino, 2 maggio 1938 (per. il 4).

Il nervosismo che ha qui regnato, negli scorsi giorni 1 , in tal uni ambienti, dovuto ad una pretesa, immediata azione tedesca intesa a risolvere senza indugio il problema della minoranza tedesca in Cecoslovacchia, sembra vada calman

38 ' Nel Diario di Ciano vi è, sotto la data del 19 maggio, questa annotazione: <<In seguito ad una informazione da Tirana relativa all'attività esagerata del Ministro di Germania, Mussolini mi dice di far sapere a Ribbentrop che noi consideriamo la questione albanese come "questione di famiglia". La formula da loro impiegata per l'Austria e i Sudeti. Quindi hands off. Afferma che è pronto ad andare subito in Albania anche a costo di dar fuoco alle polveri europee. Sta già facendo apprestare i mezzi militari>>. Ciano pose <<nettamente>> la questione albanese come <<questione di famiglia>> in un colloquio con l'ambasciatore von Mackensen del 23 maggio (Diario, alla data corrispondente; nel resoconto dell'ambasciatore tedesco-in DDT, vol. I, D. 770-non vi è nessun accenno all'Albania).

39' Vedi D. 31, nota l.

dosi. A ciò concorre potentemente l 'imminente partenza per l'Italia del Fiihrer e dei suoi principali collaboratori.

Lo stesso discorso del capo dei tedeschi dei Sudeti, Henlein, ieri pronunciatd, non contiene elementi nuovi e, per dir così, pericolosi. Egli mantiene le sue note richieste ma le fa accompagnare con argomentazioni sulla parità dei diritti atte a mantenere vive le eventuali trattative sull'argomento anziché a rompere senz'altro i ponti.

Ciò non vuoi dire naturalmente che in Germania non si segua con la massima attenzione quanto avviene oltre la frontiera. Così gli incidenti ieri occorsi in taluni paesi cecoslovacchi dei Sudeti ed il ferimento, da parte di agenti della polizia, di alcuni esponenti dell'elemento tedesco locale, vengono posti in rilievo dalla stampa di stamane.

Ricevo da più parti conferma che il gruppo di dirigenti tedeschi che appare maggiormente propenso per una soluzione radicale ed eventualmente violenta del problema è quello che fa capo al Maresciallo Goring. Ho precedentemente riferito alcuni accenni fattimi in proposito dal capo di Gabinetto del Maresciallo, generale Bodenschatz3 Aggiungo ora che, secondo quanto mi viene detto da

fonte che dovrei ritenere sicura, la situazione cecoslovacca ha fatto oggetto di interessanti battute nel corso di una conversazione avvenuta tre giorni or sono in questa legazione di Svezia, in occasione di una colazione offerta da S.M. il Re Gustavo, di passaggio per Berlino diretto a Stoccolma, al Maresciallo Goring. Questi si sarebbe espresso con il Sovrano in termini molto chiari dicendo che oramai di cechi dovevano adattarsi a divenire un piccolo Stato slavo mentre tutto il resto della Cecoslovacchia doveva senz' altro essere assegnato agli Stati confinanti a norma di diritti delle nazionalità.

40

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 2510/057 R. Berlino, 2 maggio 1938 (per. il 3 ).

Le conversazioni anglo-francesi di Londra1 sono state naturalmente seguite qui con la maggiore attenzione, per quanto la stampa, nel complesso, attratta

39' Per il discorso pronunciato da Henlein a Gablanz il l o maggio si veda il riassunto pubblicato dal Volkischer Beobachter e riprodotto in Relazioni Internazionali, p. 424.

39' Magistrati aveva riferito con T. 24421168 R. del 30 aprile che il generale Bodenschatz lo aveva informato di una sollevazione avvenuta in un reggimento cecoslovacco composto da elementi ungheresi. Dal colloquio, Magistrati aveva tratto l'impressione -qui confermata che il gruppo facente capo a Goring fosse <<particolarmente propenso ad una soluzione totalitaria e radicale del problema cecoslovacco>>.

40 ' Vedi D. 27, nota l.

dalle celebrazioni della festa nazionale del l o maggio e dai preparativi per la imminente partenza del Cancelliere Hitler per l'Italia, non vi abbia dato, penso volutamente, che un relativo risalto.

Nel complesso si è cercato di mettere in rilievo lo sforzo francese per ottenere, per ragioni di prestigio, una netta assicurazione britannica, sia nel campo degli accordi militari, sia in quello, particolarmente delicato, relativo al problema cecoslovacco, ed in pari tempo la resistenza britannica ad accettare in pieno le tesi francesi. Naturalmente si afferma che, in linea generale, la Germania non può vedere con diffidenza la collaborazione anglo-francese se Parigi e Londra si dimostreranno volonterose di collaborare all'opera di pacificazione generale. Viceversa una tale intesa potrebbe riuscire pericolosa se dovesse tendere a ristabilire situazioni che trascurano i giustificati interessi altrui. In altre parole, quella collaborazione non deve estrinsecarsi in alleanze dirette contro terzi ma esplicarsi secondo l'esempio fornito dall'asse Roma-Berlino in un onesto sforzo per eliminare i contrasti ed impedire i conflitti.

Questa la tesi della stampa tedesca in questi giorni, tesi nel complesso ispirata a concetti conciliativi. Gli ambienti responsabili invece non possono non mostrarsi preoccupati dei rinnovati accordi di carattere militare discussi a Londra, accordi che fanno intravedere sempre più la possibilità, fin dal tempo di pace, di un 'unità di comando delle Forze Armate di Francia e di Inghilterra.

Tuttociò porta inevitabilmente verso un sempre maggiore avvicinamento all'Italia, anche in questo campo. E di un tale stato psicologico si farà certamente principale interprete lo stesso Cancelliere Hitler, nel corso della sua prossima visita a Roma.

41

L'AMBASCIATORE A BRUXELLES, PREZIOSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 2600/032 R. Bruxelles, 2 maggio 1938 (per. il 9).

Il senso di sgomento, qui diffusosi subito dopo l'Anschluss, appare alquanto attenuato. Permane invece la preoccupazione che le garanzie ottenute dal governo belga, da parte della Francia e dell'Inghilterra, possano restare inefficaci a causa della sempre più temuta rapidità con cui potrebbe verificarsi un attacco del Reich.

Di fronte a tale eventuale pericolo, si vanno facendo ugualmente strada, tanto la teoria che intravede la più sicura garanzia in un regime di perfetta neutralità, ritenuta atta a scongiurare ogni ritorsione o pretesto di interventi, quanto la teoria opposta, che considera la formazione di un adeguato blocco di forze alleate come l'unico mezzo per efficacemente sventare ogni minaccia esterna.

Conseguentemente, mentre da una parte, e specie pel fatto dell'azione dei fiamminghi e di propagandisti tedeschi, va prendendo maggiore consistenza ed un più gran seguito il principio di un perfetta politica d'indipendenza, dali' altra, invece, specie per il fatto degli elementi francofili valloni, va intensificandosi la propaganda giusta la quale, malgrado ogni speciosa discriminazione, la sola e vera garanzia risiederebbe in una palese stretta intesa, con relativi accordi militari, con la Francia e l 'Inghilterra. Quest'ultima propaganda, per ragioni del tutto ideologiche, viene poi ad essere indirettamente sostenuta dai socialisti, che non esitano, pur di colpire gli elementi di destra fiamminghi, a prospettare addirittura il pericolo di un assorbimento del Belgio da parte del Reich. È di qualche giorno fa, infatti, la seguente pubblica dichiarazione del Vandervelde: «Se le forze fasciste, fascistizzanti e reazionarie trionfassero nel Belgio, farebbero di questo Paese una seconda Austria e ciò in attesa che Hitler, a seguito delle garanzie da lui date, faccia col piccolo Belgio la più grande Germania».

Senonché, fra le due anzidette propagande, la prima, cioè quella tedescofiamminga, intesa a dare al Belgio uno statuto di neutralità, permane nettamente predominante. Basta accennare:

0 ) che la propaganda tedesca, oltre a svilupparsi sul terreno puramente politico, mercè ormai un evidente fiancheggiamento della maggioranza della stampa fiamminga e specie dell'organo dell'ex-ministro Sap, va sempre più manifestandosi anche sul terreno pratico in modo particolarmente ingegnoso. Ad esempio, mi risulta che sedicenti rappresentanti di commercio tedeschi, sotto il pretesto dell'offerta dei loro prodotti, battono le Fiandre onde entrare in rapporto con tutti quegli elementi ritenuti politicamente meglio disposti e ciò meno allo scopo di concludere affari che a quello di persuaderli a recarsi in Germania a visitare le industrie da essi rappresentate, e quindi le realizzazioni del nazionalsocialismo, e sempre con offerta di gratuita ospitalità. Assai di frequente il successo coronerebbe la loro tenacia;

2°) che la propaganda tedesca va efficacemente penetrando negli stessi ambienti elevati di questa capitale, sfruttando soprattutto gli esponenti dell'alta finanza trovantisi in rapporti con società aventi sede nel Reich. lo stesso ho dovuto rilevare una rapida trasformazione sopravvenuta in un'alta personalità politica, interessata in aziende zuccheriere tedesche;

3°) che appare ormai sempre più evidente la cura delle Autorità militari tedesche di allacciare rapporti con l'ufficialità e lo Stato Maggiore belga. Ho già riferito, negli ultimi mesi, l'avvenuta nomina di un addetto militare con sede a Bruxelles nonché le visite di ufficiali superiori dell'aviazione tedesca e dello stesso Sottosegretario di Stato dell'Aeronautica. Aggiungo adesso il largo intervento di ufficiali tedeschi in ogni manifestazione sportiva locale e le rilevanti partecipazioni del Reich nelle frequenti esposizioni aeronautiche, automobilistiche, industriali belghe. Di riscontro segnalo la crescente cura di questo Stato Maggiore nell'ostentare un'eguale preparazione difensiva su tutte le frontiere: d'onde manovre militari, con le truppe e coi semplici quadri, nella direzione della frontiera francese. Le intenzioni di eliminare a questo modo ogni dubbio o sospetto tedesco è evidente.

Per connessione d'argomento, segnalo infine esser sintomatico che un esponente del nazionalismo fiammingo abbia potuto pronunziarsi alla Camera, subito dopo l'Anschluss, nettamente a favore della retrocessione alla Germania di Eupen e Malmedy, senza provocare particolari reazioni da parte dell'Assemblea e del suo presidente.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 2 maggio 1938.

VIAGGIO IN ALBANIA

Le impressioni direttamente riportate, recandomi sul posto a v1s1tare i maggiori centri di interessi italiani, e le informazioni raccolte dalle migliori fonti circa le possibilità di sfruttamento e di potenziamento delle risorse albanesi, confermano che un avvenire di intensa e proficua operosità può aprirsi in Albania al nostro lavoro.

Il Paese è ricco, effettivamente ricco, anche se molte delle sue ricchezze sembrano in un primo tempo difficili a raggiungersi, per difficoltà di natura diversa, ma nessuna di eccezionale gravità, e non certo tali da poter arrestare il nostro slancio e la nostra volontà.

Agricoltura -Le condizioni attuali dell'agricoltura sono molto modeste. La terra è assai spesso incolta, anche nelle zone pianeggianti e collinose dell'Albania centrale ed orientale. Le fasce costiere, già intensamente abitate nella antichità, sono oggi in gran parte trasformate in acquitrini dai fiumi del tutto privi di regolamentazione. Si calcola che soltanto tra Scutari e Valona vi siano oltre

1.700 chilometri quadrati facilmente ricuperabili arginando con lavori molto semplici alcuni corsi d'acqua. La piana di Durazzo potrebbe, secondo i calcoli dei nostri esperti, essere bonificata e messa in cultura con una spesa di l.700 lire per ettaro. La Musacchia è giudicata una vallata di illimitate possibilità agricole, capace di dare lavoro e vita a molte decine di migliaia di nostre famiglie. L'Albania è spopolata. Ha una superficie di quasi 30.000 chilometri quadrati, come il Belgio, e gli abitanti raggiungono, forse, il milione. A bonifica compiuta, vi è largamente posto per almeno altri due.

Ho visitato la zona di concessione dell'E.I.A.A.2 : 5.000 ettari. Il Comm. Romano, dirigente dell'Azienda, mi ha detto che l'opera di bonifica si è potuta compiere con relativa facilità ed a buon mercato. La terra è fertilissima: del

42 2 Ente Italiano Aziende Agricole.

tipo, ma ancora più ferace, della terra pugliese. Nella nostra piccola zona coltivata a grano, si calcola che quest'anno si raccoglieranno oltre 10 mila quintali.

Una razionale bonifica della fascia costiera permetterebbe la produzione di circa 5 milioni di quintali annui di grano. Questa cifra mi è stata confermata dallo stesso Re Zog, sulla base di calcoli compiuti da esperti austriaci.

I nostri agricoltori e le loro famiglie vivono benissimo nella concessione dell'E.I.A.A. Li ho visti: sono floridi di aspetto. Ho parlato loro: sono contenti del trattamento che ricevono e della vita che conducono. Lo scorso anno la natalità ha raggiunto nella Concessione dell'E.I.A.A. l'inverosimile indice del 17 per cento. I rapporti con i braccianti albanesi sono cordiali e questi ultimi mi hanno dichiarato di essere più che soddisfatti di lavorare al servizio degli italiani: la paga è relativamente buona (circa l O lire al giorno per 9-1 O ore di lavoro), e i capi sono cordiali ed umani. Le domande di lavoro presso le nostre imprese sono infatti ogni giorno più numerose.

La pastorizia ha grandi possibilità e persino oggi, nello stato di semi-abbandono in cui si trovano i nove decimi del Paese, rappresenta una notevole ricchezza. Con un semplice lavoro di selezione si potrebbe avere in breve tempo un largo prodotto di lana di ottima qualità.

Il legname rappresenta una delle maggiori risorse, ma anch'essa non è sfruttata. I boschi della Mirdizia, del Tomorr e degli altri gruppi montani più orientali sono di ricchezza pari in quantità e qualità a quella dei migliori boschi jugoslavi. Nella zona collinosa e costiera prevalgono i latifogli: quercia, cerro, olmo, frassino. Nelle montagne del nord e del nord-est prevalgono invece il faggio, il pino, l'abete, il larice, la quercia e, in grande quantità nell'Albania settentrionale, il noce. Fino ad ora lo sfruttamento del legname è stato compiuto in maniera irrisoria in confronto alla ricchezza dei boschi. Adesso il problema è oggetto di studio da parte nostra ed alcuni diritti ci sono già stati dati in concessione.

La pesca è abbondantissima, sia sulla costa marittima che nei fiumi e nei laghi. Abbiamo recentemente ottenuto il monopolio di sfruttamento. L'organizzazione è in via di sviluppo, ma, secondo quanto riferisce il Ministro, non procede col ritmo che sarebbe desiderabile né gli uomini prescelti danno un affidamento sicuro. Mi riservo di seguire dajvicino tale questione, ed eventualmente di tornarci sopra, data la notevole importanza che essa potrà rappresentare\ per l'autarchia alimentare del Paese.

Un'esplorazione sistematica delle ricchezze minerarie, non è ancora stata compiuta, sì che taluni prodotti, certamente sfruttati in epoca antica -a cominciare dali' argento di cui alcune miniere furono aperte sino al 1600 -non sono stati rintracciati affatto, oppure soltanto in forma indiziaria. La concessione ottenuta nel mio ultimo colloquio con Re Zog, permetterà ali'A.M.M.U di compiere quanto prima un'attenta ricognizione in tutta l'Albania. Finora, oltre quanto è noto circa i giacimenti petroli

ferì, gli asfalti, i bitumi, il rame, le cromiti, risulta l'esistenza di grandi banchi di ligniti di ottima qualità e situati in regioni assai facili allo sfruttamento in considerazione della viabilità del paese.

Nel 1914 fu fatta una carta mineraria dell'Albania dell'ingegnere austriaco Novak, ed è in base a tale carta che ancora oggi le ricerche si compiono. Ma lo stesso Re la giudica incompleta ed affrettatamente redatta. Indicazioni più utili si potranno avere dai Gesuiti di Scutari che, in gran segreto, hanno raccolto durante molti decenni campioni e notizie sulle ricchezze minerarie dell'Albania, e che adesso, dopo molte reticenze e resistenze, si sono decisi a mettere a disposizione della Legazione italiana.

L'opera di ricognizione che l'A.M. M.l. si appresta a compiere richiederà lo stanziamento di un contributo, dell'ordine di qualche centinaio di migliaia di lire: senza indulgere in eccessivi ottimismi, le esperienze recenti lasciano ritenere che saranno somme molto utilmente impiegate.

***

La celebrazione delle nozze di Re Zog ha dato alla piccola vita campagnola di Tirana una eccezionale animazione.

Da tutte le regioni albanesi, sono scesi nella capitale gli uomini più eminenti per censo e per posizione. Le forze armate skipetare hanno messo il quartiere generale tra il Viale Zog ed il Viale Mussolini. Molte Rappresentanze Diplomatiche che di solito risiedono a Roma o in altre capitali balcaniche si sono ricordate di essere anche accreditate in Albania ed hanno affollato le locande e le camere di affitto, mentre la futura regina ha chiamato al seguito un codazzo di amici e di parenti magiari, che non nascondevano la duplice fierezza di dare la Sovrana all'Albania e di portare quella che a loro sembrava una nota di civiltà raffinata nelle cerimonie della più primitiva Corte balcanica.

La folla, ben diretta dai poliziotti di Musa Jukka, il Ministro dell'Interno, devotissimo a Zog fin dal suo primo ingresso nella vita politica, si è assiepata lungo i marciapiedi per ore e ore, ma non ha mai lasciato prorompere alcun entusiasmo. Rimaneva spettatrice indifferente e direi disinteressata di una vicenda intima, che non gradiva, tra personaggi poco amati. In realtà, da quanto mi è stato dato di osservare e da quanto mi hanno riferito osservatori italiani e nostri amici albanesi, fra la Corte e il popolo si è determinata una frattura, che il tempo approfondisce e non sana.

Il popolo, le cui condizioni di miserabilità sono tali da richiamare al pensiero quelle dei villaggi cinesi sperduti lungo lo Yang-tsè, male sopporta l'esistenza e lo sviluppo e l'ostentazione di una Corte, che è da operetta per il tipo e le abitudini dei suoi componenti, ma che grava in modo insopportabile sulle finanze pubbliche. I 120 miserabili milioni che costituiscono nel suo complesso il bilancio statale subiscono falcidie troppo profonde per l'acquisto dei brillanti, degli abiti, delle macchine sgargianti che le sorelle del Re ostentano con sempre maggiore indiscrezione. Se a ciò si aggiunge il disagio creato dall'imposizione di un protocollo rigido e presuntuoso, come forse esisteva nelle piccole Corti tedesche ma che ormai sarebbe inutile ricercare nelle abitudini di qualsiasi Casa regnante, sarà facile rendersi conto della impopolarità della Dinastia. Il Re, un tempo, era odiato per ragioni politiche, ma rispettato anche dagli avversari: oggi, l'antipatia che i suoi famigliari hanno saputo suscitare si rivolge anche contro di lui accusato di nepotismo e di profittismo. Anche il matrimonio non è piaciuto. Le voci di spese sproporzionate fatte da Zog per regali alla fidanzata; la notizia, confermata da fonte sicura dell'acquisto di una tenuta in Cecoslovacchia che appartenne agli Apponyi, gesto che Geraldina avrà potuto apprezzare per l'aspetto sentimentale, ma che il popolo ha freddamente considerato un investimento di valuta all'estero; l'arrivo dei parenti della sposa con evidenti intenzioni di sfruttare la situazione fino all 'ultima possibilità, e molte altre vicende, magari secondarie, ma che non possono sfuggire alla pubblica attenzione in una minuscola capitale di trentamila abitanti, hanno accentuato l'insofferenza popolare nei riguardi della Casa Reale e del regime di cui essa è ad un tempo l'espressione e la difesa.

***

Tutto ciò non avrebbe grande interesse se non venisse, a scadenza pm o meno breve, a minacciare le nostre posizioni e ad intralciare la nostra penetrazione in Albania.

Mentre il Re è, o almeno si dimostra, nostro amico, la Corte, nel migliore dei casi, appare indifferente e qualche elemento, come ad esempio una specie di Principotto educato in una scuola militare francese, ci è nettamente ostile. Vale la pena di sottolineare subito che il popolo della capitale, dei porti o comunque a contatto con noi, è invece, in ogni classe e senza reticenze, filo-italiano. Anche nell'Esercito, salvo qualche eccezione, le simpatie sono per I 'Italia.

Quale sarà l'atteggiamento della Regina? Quale la sua influenza sul Re? Coloro che più da vicino conqscono Zog sono proclivi a ritenere che la giovane consorte eserciterà un notevo!'e ascendente su di lui. Poco mald, fino a quando essa dovesse agire di sua volontà: i suoi precedenti ed il suo aspetto non sembrano far sorgere preoccupazioni in linea politica. Ma più allarmante è invece il gruppetto di parenti e di amici che finora si è limitato a seguirla e che in futuro difficilmente sfuggirà alla tentazione di sfruttarne la posizione, procurandosi concessioni, vantaggi ed affari che intralceranno la nostra strada. Non posso dire che i magiari del seguito si siano mostrati specialmente amici nostri. Non è mancato neppure il caso di una cugina della Regina che ha apertamente detto al Rappresentante dell'A.M.M.I. che sarà bene. per l'avvenire. che l'Italia abbandoni sogni di conquista o idee di protettorato e di egemonia sull'Albania: vi sarà chi saprebbe impedirlo: meglio gli ebrei. che gli italiani. Frase che per essere stata pronunciata da una ragazza di famiglia principesca magiara. Festetics. prova quanto definitivi siano i sentimenti di tale ambiente a nostro riguardo.

Ma il pericolo non è solo e del tutto qui, per quanto sia già fastidioso che in questo angolo dei Balcani, finora riservato esclusivamente o quasi al nostro interessamento, vengano a mettere gli occhi tanti estranei. Non conviene dimenticare che i magi ari sono stati molto spesso l'avanguardia del Germanesimo e che il Reich non mostra affatto di disinteressarsi dell'Albania. Il Ministro tedesco svolge un'attività per ora non proficua, ma non per questo meno instancabile. Il Fiihrer ha offerto al Re Zog il più bel regalo di nozze. E nemmeno bisogna dimenticare quella che fu, prima della guerra, la posizione dell'Austria nel mondo albanese. Molte tracce sono rimaste nelle tendenze, nei gusti, nelle abitudini della classi dirigenti di Tirana. Lo stesso Re parla il tedesco correntemente, anzi è la sola lingua straniera che egli parla. Veste a Vienna, ha i suoi medici a Vienna, la sua casa è arredata con mobili austriaci, la sua mensa coperta da stoviglie vi ennesi. L' Anschluss non è valso ad accrescere le simpatie per la Germania. Al contrario. Ma forse si tratta di una reazione temporanea, poi il Reich, rafforzato dall'eredità austriaca, potrebbe riprendere la sua offensiva per guadagnare in Albania quelle posizioni economiche e politiche cui apertamente tende.

Fino a quando il Re continuerà a mantenere nei nostri riguardi l'atteggiamento che oggi tiene e ci inviterà, come ha fatto anche nell'ultimo colloquio avuto con me, a considerare il problema albanese come una questione interna italiana? Un giornale francese, il Paris Soir, rispondeva alcuni giorni or sono a questo quesito dicendo che è evidente l'intenzione di Zog di sfruttare sino al limite l'aiuto italiano, ma di tenersi pronto a scivolare dalla incomoda posizione di protetto non appena troverà l'appoggio sufficiente in un altro Stato. È da escludere, per molte ragioni, che questo possa essere la Jugoslavia, mentre invece l'atteggiamento dei tedeschi, ed alcune non indispensabili dichiarazioni fatte recentemente alla stampa dallo stesso Zog, lasciano ritenere che a Berlino si pensi di riprendere in nome proprio il ruolo in altri tempi giocato da Vienna, e che chi comanda ora a Tirana non sia dogmaticamente ostile a questo programma. È evidente che il determinarsi di un'influenza tedesca in Albania avrebbe ripercussioni molto profonde nei Balcani; mentre invece un'affermazione italiana, possibilmente di carattere definitivo e totalitario, varrebbe a controbilanciare nei confronti del mondo balcanico l'innegabile aumento di peso acquistato colà dal Rei c h in seguito alla realizzazione de Il' Anschluss.

***

Il nostro prestigio e i nostri interessi, presenti e futuri, non possono tollerare invadenze di estranei, né sarebbe prudente attendere che la minaccia che ora appena si delinea venisse nettamente a sagomarsi.

L'Albania, che ci appartenne ogni qual volta nella storia cercammo e trovammo nei Balcani la naturale via della nostra espansione, che anche in tempi recenti mentre è stata riconosciuta dagli stranieri al nostro diritto fu abbandonata dalla viltà dei governanti, è stata in sedici anni di politica mussoliniana nuovamente congiunta all'Italia da legami di grande entità. Questa opera. della cui singolare importanza bisogna sbarcare in terra albanese per rendersi conto appieno. dovrà trovare al momento opportuno il suo compimento attraverso l'annessione dell'Albania all'Italia. Molte ragioni e di ogni ordine determinano la necessità di un tale avvenimento del quale gli stessi albanesi cominciano ad ammettere l'eventualità e forse la fatalità. Alcuni di essi, e non i peggiori, lo desiderano. Il popolo albanese, nel regime imperiale turco, fu, almeno nelle epoche più recenti, il·meno ribelle tra tutti quelli soggetti al dominio della mezzaluna. Nell'esercito e nelle amministrazioni del sultano i più intraprendenti figli dell'Albania trovarono quelle possibilità di carriera e di avvenire che oggi la piccola Patria indipendente non può riservare loro. Lasciar sperare un ritorno a possibilità analoghe nell'ambito dell'impero di Roma sarebbe molto lusinghiero -e mi è stato apertamente detto -per la parte migliore della gioventù albanese. Gli altri non contano. O contano molto meno.

***

Per tracciare la futura linea d'azione in Albania, sembra che convenga tener presenti tre possibilità: quella di un allacciamento sempre più stretto del Paese attraverso vincoli economici che finiscono per giocare anche nel settore politico; quella di una spartizione, d'accordo con la Jugoslavia e forse anche con la Grecia; quella dell'annessione attraverso una unione personale.

La prima alternativa rappresenta, più o meno intensificata, la politica seguita fino ad oggi. Ottima, ma non definitiva, e soggetta all'eventualità di quelle interferenze cui ho prima accennato. Comunque politica che dobbiamo rafforzare fino al momento della soluzione totalitaria del problema, poiché è certo che quanto maggiore sarà il complesso delle nostre iniziative e quanto più numerosa sarà la massa degli albanesi cointeressati, tanto più facilmente riuscirà il nostro colpo di mano.

La seconda possibilità, quella della spartizione, appare, da un punto di vista diplomatico, la più facile delle soluzioni radicali del problema albanese. La Jugoslavia potrebbe accontentarsi di una rettifica di confini a Nord che le desse il controllo di tutto il lago di Scutari nonché di una dichiarazione di rinuncia ai diritti sul Kossovo; la Grecia di un arrotondamento della frontiera verso Santi Quaranta, di fronte a Corfù. Nei confronti dell'uno e dell'altro Paese un impegno di smilitarizzazione del!' Albania.

Sul posto, mi è stato detto che questa soluzione presenterebbe lo svantaggio di determinare una reazione da parte di alcuni elementi albanesi desiderosi, più che dell'indipendenza, dell'integrità nazionale. Non sono riuscito a rendermi conto con precisione quale portata potrebbe avere questa reazione: ma certamente non tale da renderei difficile l'occupazione, se la Jugoslavia è d'accordo. L'esistenza di nove campi di aviazione sparsi in tutta l'Albania permette di portare fulmineamente reparti forniti d'armi automatiche, di cui gli albanesi sono privi o quasi, nei punti più remoti e vitali del Paese. Se qualche nucleo di resistenza dovesse formarsi, sarebbe facile raggiungerlo e disperderlo.

Né credo che qualche colpo di mitragliatrice sperduto nelle gole della Mirdizia o del Mathi varrebbe a commuovere un mondo che non è stato scosso neppure dall'esplosione dei siluri tra Malta e Tunisi. L'intesa, o meglio la complicità della Jugoslavia, è condizione necessaria e sufficiente.

Rimane la terza possibilità: quella dell'unione personale. A tal fine bisognerebbe sfruttare come elemento fondamentale il dissenso fra Corte e popolo, fomentarlo con mezzi adatti e accentuare -cosa non difficile-i contrasti che già appaiono nella stessa famiglia Reale. Al momento opportuno far scoppiare la crisi, con movimenti di piazza. Dal Partito italofilo, che già esiste e che nel frattempo dovrebbe essere convenientemente potenziato, far avanzare ed accogliere una richiesta di intervento per ristabilire l'ordine. Quindi in d urli ad offrirei formalmente la Corona d'Albania, accettarla e convalidare l'accaduto attraverso un plebiscito o qualche cosa di simile. Una procedura sul tipo di quella dell' Anschluss.

Anche in questo caso è necessario, se non il concorso, almeno la non opposizione jugoslava. A tal fine, converrebbe nel frattempo stringere sempre più i legami politici e militari con Belgrado, affinché, al momento della crisi albanese, quei governanti, pur di mantenere l'amicizia italiana, fossero costretti a far buon viso ad un gioco non tanto gradito. La pressione tedesca sulle Caravanche e l'agitazione delle minoranze germaniche, che sembrano inquietare sempre più il popolo jugoslavo, possono favorire una nostra azione.

Naturalmente. anche in un tal caso. bisognerebbe riconoscere i diritti della Jugoslavia sul Kossovo. assicurare la cessazione di ogni attività irredentistica tra le minoranze residenti nel territorio soggetto a Belgrado e procedere alla smilitarizzazione delle frontiere nord-orientali albanesi.

***

Quando, e se lo crederà; il Duce ordinerà la via da seguire. Ma fin d'ora mi permetterei sottoporre alcune proposte che dovrebbero valere a facilitare la nostra azione futura di qualunque natura essa sia per essere.

Primo: far uscire l'Albania dalla Società delle N azioni. Ciò può essere richiesto in seguito all'abbandono di Ginevra da parte nostra ed in base agli Accordi esistenti tra i due Stati4 che prevedono una politica estera coordinata. Il non appartenere più l'Albania alla Società delle Nazioni impedirebbe a quest'ultima di ingerirsi nella questione quando la crisi dovesse determinarsi.

Secondo: non far niente per potenziare l'esercito albanese. Secondo quanto unanimemente· mi hanno riferito i nostri ufficiali della Missione comandata dal Colonnello Bombagli, l'efficienza attuale delle forze di Zog è nulla. Adesso sono state avanzate alcune proposte dirette a dinamizzare l'esercito, sia pure rendendolo numericamente più piccolo. Si vorrebbero creare dei nuovi centri di istruzione forniti di qualche arma automatica. Non sarei favorevole all'accoglimento di queste proposte. Ciò allarmerebbe gli jugoslavi e potrebbe anche rafforzare gli eventuali nuclei di resistenza ad una nostra azione. Converrebbe invece accrescere discretamente il numero degli ufficiali italiani in servizio presso l'esercito albanese con la missione specifica di crearvi cellule annessioniste.

Terzo: costituire dei nuovi nuclei di interessi italiani sul tipo di quelli esistenti a Devoli per i petroli e nella piana di Durazzo per la concessione dell'E.I.A.A ..

42 ' Riferimento ai trattati tra Italia e Albania del 27 novemre 1926 (testo in Trattati e convenzioni, vol. XXXVI, pp. 616-617) e del 27 novembre 1927 (testo ibid., pp. 463-468).

Una notevole attività si sta già svolgendo in campo minerario, per la pesca, per il legname, ecc. Bisognerebbe estendere questa opera, specialmente nei riguardi della bonifica. Non desteremmo sospetti, perché lo stesso Re ha più volte sollecitato un nostro intervento in tale settore, faremmo opera utile e vantaggiosa anche per l' avvenire, aumenteremmo il numero dei residenti italiani e quello degli albanesi ai nostri stipendi. Qualche lavoro pubblico a largo impiego di mano d'opera potrebbe anche venire iniziato a tal fine. Se il Duce approva tali proposte, mi riserverei quanto prima di presentare un programma preciso.

Quarto: svolgere azione diretta ad aumentare il numero. già notevole. di albanesi che vedrebbero con simpatia l'unione all'Italia. Nelle classi più elevate ciò dovrebbe essere fatto dai nostri agenti con accorta opera personale di cointeressamento, di promesse e di corruzione. Nel popolo, attraverso una immissione più

o meno larvata dell'Albania nell'organizzazione assistenziale italiana. Funziona già il Dopolavoro, diretto da un ottimo funzionario del Partito, e in breve tempo ha dato risultati superiori alle previsioni. Dovremmo adesso costituire sezioni di assistenza invernale, maternità ed infanzia, centri medici, ecc. Anche l'organizzazione sportiva potrebbe essere assunta da noi. Mentre giorni or sono si svolgeva una partita di calcio tra la squadra di Tirana e quella di Bari nel rudimentale stadio della capitale albanese e la popolazione accorsa in massa partecipava con l'entusiasmo dei novizi, mi domandavo se non sarebbe possibile fare entrare la discreta squadra tiranese in un qualsiasi girone del campionato di calcio italiano. Difficoltà tecniche non dovrebbero esistere, mentre si avrebbe il vantaggio di cominciare, sia pure in una manifestazione di carattere secondario, a fare apparire l'Albania quale facente parte del sistema nazionale.

Altri provvedimenti potranno di volta in volta manifestarsi convenienti e venire opportunamente adottati.

***

A conclusione di queste notizie ed osservazioni, aggiungerò ancora un elemento che non dobbiamo nascondere.

L'Albania, che vide nella pianura di Cruia decidersi tra Cesare e Pompeo i destini dell'Impero di Roma5 , rammenta che in tempi recenti delle truppe italiane ripiegarono incalzate dalle lacere bande dei malissori, e la ritirata fu tanto frettolosa da sembrare una fuga 6 Nonostante tutto quanto è accaduto dopo, questa

visione è rimasta nella mente di troppi albanesi ed è un ricordo che contro di noi pesa ancora. Penserà il Duce a cancellarlo, così come ne ha cancellati altri, e più gravi, della stessa natura7

42 ' Allusione alla guerra del 48 a.C.

42 1 Ed. in L'Europa verso la catastrofe, pp. 305-316.

42 3 Azienda Minerali Metalli Italiana.

42 6 Riferimento all'insurrezione di Valona e al ritiro delle forze italiane nell'estate 1920.

42 7 Il documento ha il visto di Mussolini. Per le reazioni di Mussolini si veda il Diario di Ciano alle date del 30 aprile e 10 maggio.

43

L'INCARICATO D'AFFARI DI FRANCIA A ROMA, BLONDEL, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

Roma, 2 maggio 1938.

Le Gouvernement ltalien et le Gouvernement de la République Française, soucieux d'établir sur une base solide et durable les relations entre leurs deux Pays et désireux de coopérer efficacement au maintien de la paix générale et de la sécurité, ont décidé d'établir un accord à cet effe t. Ils o n t, e n conséquence désigné respectivement comme leurs Ministres Plénipotentiaires: S.E. le Comte Galeazzo Ciano di Cortellazzo, Ministre des Affaires Etrangères d'ltalie ed M. Jules-François Blondel, Ministre Plénipotentiaire, Chargé d'Affaires de France,

lesquels sont convenus de ce qui suit:

Article l

Les deux Gouvernements sont résolus, dans l'intérèt de leurs relations mutuelles et des relations existant entre toutes les Puissances méditerranéennes, à ne porter aucune atteinte au statu quo territorial dans le bassin de la Méditerranée.

Article 2

(Omissis)

Article 3

Les deux Gouvernements s'engagent à s' abstenir de toute propagande radiophonique susceptible de porter atteinte à leurs intérèts réciproques ou de

Il promemoria del 2 maggio qui pubblicato fu inviato da Bionde! a Ciano a titolo personale. La lettera a cui era allegato non è stata ritrovata.

leur créer des difficultés dans l'administration de leurs colonies, possessions, pays ou territoires sous mandats notamment en ce qui concerne les populations islamiques qui relèvent de leur autorité.

Article 4

Le Gouvernement Italien se propose d'adhérer au Traité naval signé à Londres le 25 Mars 1936, suivant la procédure fixée par l'articie 31 dudit Traité.

Article 5

Le Gouvernement Français donne son adhésion à la déclaration en date du 16 Avril 1938 par laquelle l'Italie et le Royaume-Uni réaffirment leur intention de se conformer aux clauses de la Convention signée à Istambul le 29 Octobre 1888 au sujet du libre passage par le Canal de Suez.

Article 6

(Omissis)

Article 7

Les deux Gouvernements s'engagent à négocier, dès qu'ils auront rétabli entre eux des relations diplomatiques normales, la Convention concernant les situations et les droits des Italiens et sujets coloniaux italiens en Tunisie et des Tunisiens en Italie sur les bases qui ont été fixées par le Protocole spécial en date du 7 Janvier 1935.

Article 8

Les deux Gouvernements désireux d'assurer de bonnes et confiantes relations entre !es populations et !es administrations respectives de l'Afrique Orientale Italienne et de la Cote Française des Somalis s'engagent à coopérer e n tout temps et par tous les moyens en leur pouvoir au maintien des relations de bon voisinage dans ces régions. Ils s'engagent en outre, dans le mème esprit d'amicale collaboration, à négocier aussitot que des relations diplomatiques normales auront été rétablies entre eux:

A)-une convention d'établissement concernant le statut des Français en Afrique Orientale Italienne et des Italiens en Somalie Française;

B)-un accord sur le statut du Chemin de Fer de Djibouti à Addis Abeba;

C) -une convention de délimitation de la frontière entre l'A.O.I. et la Cote Française des Somalis.

Article 9

Le Gouvernement Français procédera, dès l'entrée en vigueur des conventions et de l'accord visés aux arti cles 7 et 8 ci -dessus, aux transferts de territoires prévus aux ti tre II et III du Traité du 7 Janvier 1935.

Article 10

Le Gouvernement Français considère un règlement de la question espagnole comme une condition préalable de la mise en vigueur de la présente convention: la date de cette mise en vigueur sera fixée d'un commun accord par les deux Gouvernements. Le Gouvernement Français se propose, d'autre part, d'agir dans le méme sens que le Gouvernement britannique en vue de faire éclaircir par le prochain Conseil de la S.d.N. la situation des Etats membres au regard de la reconnaissance de la souveraineté italienne sur l 'Ethiopie.

Article 11

Le présent accord restera e n vigueur sans limite de temps. Toutefois, si l 'un des deux Gouvernements à quelque moment que ce fllt, estimai t qu 'un changement des circostances rendìt nécessaire sa révision, les deux Gouvernements se consulteraient dans le but de procéder à ladite révision.

Fait à Rome, en double exemplaire le .... 1938, en langue italienne et en langue française, chacune desquelles faisant également foi.

43 1 Il 30 aprile, Ciano e l 'incaricato d 'affari francese, Bionde!, avevano avuto un quarto colloquio nel quadro del negoziato per un accordo parallelo ai Patti di Pasqua (per i precedenti di questa trattativa si veda serie ottava, vol. VIII, DD. 499 e 528). Di tale colloquio non si è trovata documentazione ma su di esso si veda il circostanziato resoconto di Bionde! in DDF, vol. IX, D. 260, dal quale risulta che vennero esaminati, uno ad uno, i 12 punti del programma presentato il 22 aprile dal governo francese e che si manifestò un forte dissenso circa il punto 2, per il rifiuto di Ciano di inserire nell'accordo con la Francia le assicurazioni relative alla Spagna contenute nei Patti di Pasqua, e un disaccordo ancora più forte circa il punto 8 (Arabia e Mar Rosso), sul quale Ciano dichiarò che Mussolini era fermamente deciso a respingere la richiesta francese di partecipare all'intesa itala-britannica.

44

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 1894/728. Mosca, 2 maggio 1938 (per. il 10).

Parlando recentemente con questo ambasciatore d'Inghilterra, Litvinov ha mostrato di considerare con marcato ottimismo -dal punto di vista sovietico la situazione militare in Estremo Oriente. La forte resistenza opposta all'avanzata giapponese nei diversi settori del fronte ed i successi ottenuti specialmente nello Shantung vengono qui giudicati come prova della coesione morale e materiale oramai raggiunta dall'esercito di Chiang Kai-shek, che ha risposto alle speranze dei nazionalisti cinesi.

È evidente che a Mosca si spera nel rafforzamento della resistenza cinese ed in un progressivo logorio delle forze militari giapponesi. Pel momento non credo però vi sia alcun mutamento nelle direttive della politica sovietica, che a mio avviso continua ad essere aliena dall'impegnarsi direttamente nel conflitto.

45

IL MINISTRO A HSING-KING, CORTESE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 2509/73 R. Mukden, 3 maggio 1938, ore 3,17 (per. ore 21,40).

Da contatti frequenti e accenni raccolti qua e là ultimi tempi ho avuto impressione che militari non intendono lasciare passare occasione paralisi russa senza risolvere problema Siberia orientale.

Sembra che si nutrano speranze di risolvere o almeno di giungere ad un certo assestamento della situazione cinese prima del prossimo autunno per avere mani sufficientemente libere, così da poter vibrare colpo inizio inverno o magari prima.

Intanto, nelle ultime settimane sono stati sbarcati effettivi che informazioni attendibili fanno ascendere oltre due divisioni e che sono stati avviati Mukden e di là gran parte nello Jehol per la nuova linea ferroviaria strategica inaugurata principio aprile.

46

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI,

AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 2506/320 R. Tokio, 3 maggio 1938, ore 15,45 (per. ore 20).

Mio nuovo collega tedesco 1 mi ha detto che anche con lui Hirota ha manifestato qualche preoccupazione circa nostri recenti accordi con l'Inghilterra ed anche da lui ha avuto ampie assicurazioni.

Mio collega ne deduce conferma della fondamentale importanza che ha per la politica giapponese amicizia italo-tedesca.

È notevole come ambasciatore di Germania parli adesso con assai meno simpatia e ottimismo dell'Inghilterra che non fino a qualche tempo fa quando era ancora addetto militare e non erano avvenuti, né l'Anschluss, né gli accordi nostri con l'Inghilterra.

In una conversazione con me anteriore a quella da lui avuta con Hirota mi palesò anch'egli un poco le stesse preoccupazioni di questo ministero degli Affari Esteri, ma dopo mie spiegazioni mi è sembrato rassicurato e gli argomenti che mi ha confidato aver esposto al ministro degli Affari Esteri per dissiparne dubbi mi sono apparsi fondati e soddisfacenti2

46 ' Eugen Ott.

46 2 Il giorno successivo, l'ambasciatore Auriti telegrafava che anche il fratello dell'Imperatore, principe Chichibu, gli aveva chiesto quali conseguenze potevano avere sulla politica

47

L'INCARICATO D'AFFARI DI FRANCIA A ROMA, BLONDEL, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

LETTERA. Roma, 3 maggio 1938.

Camme je l'ai fait hier 1 , je me permets de vous adresser aujourd'hui encore, à titre personnel, un avant-projet que j'ai établi en ce qui concerne les assurances réciproques relatives à la Syrie et l'éventualité de la trasformation ou cessation du mandat. J'ai, d'ailleurs, suivi de très près, camme vous le verrez, le texte italo-britannique, d'une part, et, d'autre part, la note très confidentielle de Lord Perth et l'agrément verbal que vous lui avez donné.

Quant à la préoccupation dont vous m'avez fait part visant !es «moyens légaux» de la cessation éventuelle du mandat, je crois devoir résumer ci-dessous le point de vue français sur l'aspect juridique de cette question et j'envisage, in fine, l'addition d'une formule qui pourrait, me semble-t-il, donner satisfaction à ladite préoccupation.

Le mandat comporte en lui-mème un caractère transitoire et précaire puisqu'ayant été conçu camme une tutelle il implique par conséquent le principe de caducité. L'obligation essentielle de la puissance mandataire est d'amener progressivement à l'émancipation des pays qui lui sont confiés. Il appartient à l'Etat mandataire de définir le moment ou le dégré de maturité requis des populations administrées sous le régime du mandat est atteint et où, par suite, l'incapacité desdites populations doit cesser. La puissance mandataire est seule juge, sous sa propre responsabilité, de cette question de fai t. Telle a été d'ailleurs la position adoptée, par exemple, par la Grande-Bretagne, en ce qui concerne l'Irak. D'autre part, il semble que le Gouvernement ltalien, en adhérant au Pacte ainsi qu'à la résolution du Conseil de la S.D.N. en date du 22 Juillet 1922, ait acquiescé par cela mème à cette conception età ce système qui impliquent dans l'avenir l'indépendance de la Syrie et du Liban. Ainsi, le jour ou la France estimera pouvoir accomplir l'engagement fondamenta! assumé par elle, l'exécution d'un te! dessein ne devrait pas ètre contestée a Rome, l'accession de la Syrie et du Liban à la pleine souveraineté ne constituant en aucune façon un fait susceptible d'altérer le statu qua dans le bassin de la Méditerranée. Au surplus, le Conseil de la S.D.N. est compétent pour examiner si les Traités qui définiront contractuellement le statut politique ultérieur

estera dell'Italia gli accordi itala-britannici del 16 aprile (T. 2515/321 R. del4 maggio). Preoccupazione per il miglioramento dei rapporti tra Roma e Londra erano manifestate qualche giorno più tardi anche dali'ambasciatore Hotta in un colloquio con Ciano, il quale assicurava che gli accordi con Londra non avevano affievolito i sentimenti dell'Italia verso il Giappone e che le relazioni itala-britanniche avevano, sia pure di riflesso, risentito le conseguenze delle difficoltà con Parigi. Sul colloquio non è stata trovata documentazione: si veda il Diario di Ciano alla data del 18 maggio.

47 ' Vedi D. 43.

de la Syrie et du Liban seront en accord avec les clauses du Pacte aussi bi e n qu'avec les dispositions memes de la charte du mandat. Le Conseil devra notamment examiner si les Traités don t il s'agit ne se révèlent pas susceptibles de conférer à la France des bénéfices ou des avantages incompatibles avec les textes en vigueur et si, d'autre part, les droits des tiers ne se trouvent pas méconnus.

Enfin et en tout état de cause, pour que les actes ainsi envisagés puissent recevoir leur plein effet, l'approbation du Conseil de la Ligue demeurera absolument nécessaire.

A ti tre tout à fai t personnel et sous réserve d'en référer à mon Gouvernement, je me permets de vous suggérer l'introduction dans le texte ci-joint d'une addition à concerter et qui mentionnerait le Pacte de la S.D.N. et la charte constitutionnelle du mandat.

La question de la Syrie a été discutée entre le Ministre Italien des Affaires Etrangères et le Chargé d'Affaires de France a Rome au cours de leurs récentes conversations.

Il en résulte que le Ministre des Affaires Etrangères d '!tali e a assuré verbalement le Chargé d' Affaires de France que le Gouvernement Italien s'abstiendra de créer des difficultés ou des embarras au Gouvernement de la République dans l'administration de la S yrie.

Le Chargé d' Affaires de France a assuré verbalement le Ministre Italien d es Affaires Etrangères que le Gouvernement de la République, pour sa p art, a l'intention de maintenir et de respecter les intérets légitimes italiens dans ce pays.

Le Ministre Italien des Affaires Etrangères et le Chargé d'Affaires de France sont en outre convenus que de telles assurances peuvent etre rendues publiques.

D'autre part le Gouvernement français et le Gouvernement Italien considèrent que la Déclaration relative au statu quo mediterranéen mentionnée dans l'artide l du présent accord ne saurait ètre mise en cause par le fait de la cessation ou de la transformation du mandat syrien.

48

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

LETTERA PERSONALE RISERVATA. Berlino, 3 maggio 1938'.

Sempre sull'Alto Adige. Ho inteso oggi un'interessante radiotrasmissione da Mosca in lingua tedesca, avente per oggetto «Sudeti e Alto Adige».

La tesi di propaganda sovietica era la seguente: «Mentre i tedeschi dei Sudeti praticamente godono di ogni libertà, i tedeschi dell'Alto Adige sono oppressi e malmenati. Come mai il signor Hitler li abbandona e mette invece il campo a rumore per i sudeti? La situazione è tale che stamane, nel suo passaggio per l'Alto Adige, il tedesco Hitler non ha potuto mettere il naso fuori dal finestrino per non essere vituperato dai cosiddetti suoi fratelli di sangue».

Come vedi, circa l'Alto Adige si delinea, anche se nelle quinte, una qualche campagna antinazionalsocialista e antifascista. Tanto ho voluto segnalarti perché l'odierna radiotrasmissione moscovita mi è sembrata veramente sintomatica e degna di rilievo.

48 1 Manca l'indicazione della data di arrivo.

49

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, GALLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 2643/031 R. Ankara, 4 maggio 1938 (per. il 10).

Ho visto Aras reduce dalla Grecia. Il suo giudizio sull'incontro di Londra' si riassume nei punti seguenti:

a) L'incontro è stato voluto da Londra ed i risultati soddisfano più il governo inglese che quello di Francia che non avrebbe potuto ottenere alcun impegno preciso nei riguardi della Cecoslovacchia.

b) Il solo risultato concreto comune ai due Paesi è una collaborazione militare che va molto al di là di una intesa e che è il massimo raggiungibile in tempo di pace.

c) Con questa cooperazione militare, che suona garanzia militare inglese contro una aggressione germanica (però poco probabile nelle condizioni presenti), l 'Inghilterra raggiunge i suoi fini e cioè:

0 ) Precisare le sue obbligazioni, cioè !imitarle.

2°) Impedire alla Francia colpi di testa pericolosi, sia nei riguardi della Germania che dell'Italia. Aras mi ha ricordato i vari momenti preoccupanti dell'ultimo anno quando egli mi aveva a più riprese segnalato l'atmosfera di guerra sentita a Parigi (e da me telegrafati a V.E. 2), fino all'ultimo, allorché il governo di Blum stava per intervenire con due divisioni in Catalogna e cioè scatenare forse la nuova guerra europea.

3°) Ma anche impedire alla Francia il rinnovarsi di un flirt con l'Italia, tipo Lavai.

4°) Ottenere la intera cooperazione navale francese in Mediterraneo per avere la libertà completa della sua flotta in Atlantico ed Estremo Oriente. In ciò si ripeterebbe la divisione di compiti che fu già attuata inizialmente con la prima Intesa Cordiale.

d) Il raggiungi mento di queste finalità, congiunto ali'enorme programma militare in attuazione e dimostrato dal formidabile bilancio della Guerra inglese ha scopi unicamente pacifici e conservatori, e mira ad assicurare ali 'Inghilterra con la lunga pace anche la supremazia mondiale.

e) Chamberlain cercherà ora di intendersi con Berlino. Ma secondo quanto dice ad Aras il suo ambasciatore colà\ egli ritiene che Hitler non abbia troppa fretta di arrivare ad una intesa con l'Inghilterra (ciò che è stato a me accennato anche da questo ambasciatore di Germania).

f) Comunque Aras è ottimista e ritiene che ad una intesa si verrà anche fra Germania ed Inghilterra, sicché senza aversi un Patto a Quattro (da lui ritenuto impossibile nelle condizioni politiche presenti) si arriverà ad una intesa fra le quattro grandi Potenze che assicurerà due o tre anni di pace ali 'Europa. Per un maggior periodo di tranquillità occorrerà attendere lo sviluppo degli avvenimenti e l'arrivo al potere in Inghilterra degli uomini che a suo tempo dovranno sostituire Chamberlain.

49 1 Riferimento ai colloqui franco-britannici del 28-29 aprile (vedi D. 27, nota l). 49 2 Vedi serie ottava, vol. VI, D. 365.

50

IL SOTTOSEGRETARIO ALLA GUERRA, PARIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

LETTERA PERSONALE SEGRETA 210 V.C.S. Roma, 4 maggio 1938.

Oggi, in un colloquio confidenziale tra il capo del S.l.M. e il capo del servizio informazioni delle forze armate tedesche, ammiraglio Canaris, questi ha accennato a intese intercorse con Franco al fine di garantire alla Germania la riorganizzazione a guerra finita della Marina spagnola1 Sarebbe stato, tra l'altro, stabi

lito l 'invio in Spagna di tre ammiragli o capitani di vascello tedeschi quali insegnanti ali' accademia navale. A richiesta, l'ammiraglio Canaris ha dichiarato che la Germania «si disinteressa dell'esercito e dell'aeronautica», per la cui organizzazione sarebbe invece

49 'Hamdi Arpag. 50 1 Si veda. per i precedenti della questione, serie ottava, vol. VIII, DD. 521 e 532.

per noi conveniente assicurare una nostra azione di preminenza con trattative da intavolarsi al più presto.

Per l'Esercito ho già dato al Generale Berti le direttive del caso.

Resta a provvedere -se credi -per l'aeronautica e la marina2 •

51

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 2540/87 R. Varsavia, 5 maggio 1938, ore 15,31 (per. ore 20,45).

In via strettamente confidenziale Beck, che la volta precedente era stato molto riservato, mi ha ora espresso chiaramente il suo pensiero sulla posizione che il governo polacco va assumendo nei confronti della attuale situazione in Cecoslovacchia.

Le dichiarazioni fattemi da Beck possono riassumersi come segue:

0 ) politica di Praga di sopraffazione delle minoranze seguita per un ventennio sconta ora i suoi errori; i sostegni su cui appoggiava tale politica, e cioè Società delle Nazioni, Piccola Intesa e patto ceco-sovietico, sono in via di sgretolamento;

2°) attraverso Francia (forse con l'adesione anche inglese) si è domandato al governo polacco di «garantire» la Cecoslovacchia. Beck mi ha dichiarato che senza alcun rifiuto netto, «la Polonia non intendeva garantire l'indipendenza di nessuno, non volendosi prestare a tirar le castagne dal fuoco per conto di altri». Gli risultava d'altra parte quasi certo che l'azione svolta a Londra dai ministri francesi per far impegnare l 'Inghilterra in favore della Cecoslovacchia aveva avuto esito negativo;

3°) il governo cecoslovacco farà delle proposte a Varsavia in favore delle minoranze polacche e di ciò è stato incaricato questo ministro di Cecoslovacchia1 la cui azione è fiancheggiata dall'ambasciatore di Francia'. Beck mi ha dichiarato di essere pessimista circa l'esito di tali proposte, aggiungendo che qualunque proposta arriva ora in ritardo;

4°) il governo polacco non permetterà mai che alle minoranze polacche sia fatta una situazione che non sia identica a quella che potrà essere creata ai tedeschi dei Sudeti;

51 ' Juraj Slavik. 51 2 Léon Noel.

5°) in caso di dissoluzione della Cecoslovacchia, il governo polacco non ammetterà mai che sia fatto ostacolo al naturale ritorno del distretto di Teschen alla Polonia. Circa la Slovacchia, Beck ha accennato, con un certo riserbo, alla tendenza di essa ali'autonomia. Delle aspirazioni ungheresi mi ha detto di non conoscere ancora con esattezza la misura.

6°) Beck ha concluso che nelle attuali circostanze il massimo che si possa ottenere dalla Polonia è che essa si astenga dal far alcunché che possa precipitare la situazione della Cecoslovacchia.

50 2 Si veda, per il seguito, il D. 82.

52

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 2557/354 R. Londra, 5 maggio 1938, ore 21,27 (per. ore 0,30 del 6).

Con riferimento al mio telegramma n. 347', Cadogan mi fornisce seguenti informazioni sulle ultime fasi della questione delle minoranze tedesche nei Sudeti.

0 ) Da vari mesi governo britannico segue questione da vicino ed è venuto regolarmente informato dal governo cecoslovacco.

2°) È in tale spirito che questo ministro cecoslovacco, Masaryk, di ritorno da Praga ha rimesso al Foreign Office in via confidenziale, alla vigilia della visita ministro francese, il memorandum contenente testo nuovo statuto sulle minoranze che, governo cecoslovacco si propone prossimamente adottare. Stesso testo era del resto già trasmesso al Foreign Office tramite legazione d'Inghilterra a Praga.

3°) Nuovo statuto non risponde domande poste da Henlein e difficilmente quindi potrà costituire base accordo fra minoranze tedesche e governo Praga. Esso è tuttavia, secondo Cadogan, dimostrazione buon volere da parte governo cecoslovacco e costituisce, nelle speranze governo britannico, primo passo verso una possibile futura conciliazione.

4°) Masaryk ha visto Halifax al Foreign Office lunedì 2 maggio ed hanno entrambi discusso situazione alla luce del nuovo progetto di statuto della minoranze tedesche e delle conclusioni raggiunte nelle conversazioni anglo-francesi

52 ' T. 2493/347 R. del 2 maggio. Riferiva di avere appreso che il governo britannico, dopo avere esaminato il memorandum sulle minoranze presentato dal governo cecoslovacco (vedi D. 16, nota 2), aveva espresso il desiderio che possibilmente venissero offerte ai tedeschi condizioni più favorevoli, in modo da facilitare una soluzione pacifica del problema.

di venerdì scorso2Masaryk non era in grado di portare nuovi elementi e non ha

rimesso Sottosegretario di Stato, come qualche organo di stampa gli ha attribuito, nessun nuovo documento al Foreign Office.

5°) Nessun passo, né a Praga, né tanto meno a Berlino, è stato fatto successivamente dal governo inglese in conseguenza intese raggiunte con il governo francese. È probabile tuttavia che un primo passo verrà fatto prossimamente a Praga e -se parrà utile ed opportuno Sottosegretario di Stato -un passo verrà fatto in seguito anche a Berlino.

6°) Governo inglese riconosce non avere competenza per entrare in merito alla concreta questione minoranze tedesche. Suo unico interesse è che questione suscettibile provocare gravi complicazioni europee venga comunque pacificamente risolta. Questa -secondo Cadogan -è unica ma sufficiente giustificazione interessamento di questo governo.

53

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, PIGNATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PER CORRIERE 2541/57 R. Roma, 5 maggio 1938 (per. stesso giorno).

Ieri, nella sua allocuzione agli sposi, il Papa, dopo avere incitato i suoi ascoltatori alla vita cristiana e alla preghiera, «poiché tristi cose avvengono, molto tristi cose e da lontano e da vicino», ha proseguito così: «E tra queste tristi cose, questa: che non si trova troppo fuor di posto e fuor di tempo l'inalberare, a Roma, il giorno della Santa Croce, l'insegna di un'altra croce che non è la Croce di Cristo. È dire tutto per far comprendere fino a qual punto sia necessario pregare, pregare, pregare, ecc. ecc.».

Mi astengo, per ora, dal muovere lagnanza in Segreteria di Stato, perché non so se l'E.V. preferisca lasciare correre.

Evidentemente il Papa ha sentito il bisogno di sfogarsi e, dato il suo temperamento, si può anche ammettere che l'abbia fatto in forma blanda. Ma si fermerà qui, se da parte nostra si tace? Ne dubito.

Potrei, se l'E.V. me lo consente, dichiarare al Cardinale Segretario di Stato che l'allusione del Pontefice non aveva trovato indifferente il governo fascista, il quale, rispettoso della Chiesa Cattolica e del suo Capo, non poteva lasciare passare senza rilevarle e deplorarle interferenze su questioni squisitamente politiche. Il popolo italiano non potrà mai ammettere che la politica estera del Paese sia, comunque, vincolata.

Per l'esperienza che ho ormai acquistata dell'ambiente vaticano, considero Lile giovi fare, di quando in quando, la voce grossa. Se il Pontefice ce l'ha con i tedeschi se la prenda con loro e ci lasci in pace.

Ripeto c hp non muoverò passo senza istruzioni'.

52 2 Vedi D. 27, nota l

54

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 2613/093 R. Londra, 5 maggio 1938 (per. il 9).

Dal signor Bret, direttore della sede di Londra dell'Agenzia Ha vas, mi sono pervenute le seguenti informazioni fiduciarie sulle conversazioni avvenute la scorsa settimana a Downing Street tra Chamberlain-Halifax e Daladier-Bonnet' che, ad ogni buon fine e per quello che possono valere, trasmetto a V.E.

Il signor Bret assicura aver potuto leggere presso questa ambasciata di Francia, il resoconto stenografico delle conversazioni di giovedì e venerdì della settimana scorsa. Quanto egli riferisce coincide con le informazioni fornitemi venerdì scorso da Halifax'. Vi sono tuttavia alcuni punti che nella versione di Bret vengono messi in particolare rilievo:

0 ) Dal resoconto stenografico appare che i due protagonisti dell'incontro di Downing Street sono stati i due Primi Ministri, Chamberlain e Daladier. Sono essi che hanno parlato quasi tutto il tempo, Halifax e Bonnet limitandosi a intervenire nella conversazione solo per chiarire certe questioni di dettaglio.

2°) I due Primi Ministri si sono trovati in pieno accordo, nella elaborazione delle intese di Stati Maggiori, per escludere dal quadro strategico attuale la possibilità di una guerra contro l 'Italia. Gli accordi degli Stati Maggiori sono dunque fondati sul! 'unico presupposto di ostilità contro la Germania.

3°) Questi accordi di Stati Maggiori sono più ampi di quanto gli stessi francesi non sperassero in un primo momento. Chamberlain ha cominciato col far presente a Daladier che la difesa aerea dell'Inghilterra si basa sulle possibilità di utilizzare una rete appropriata di aerodromi francesi. Daladier ha risposto che era d'accordo su questo punto ma che le intese di Stati Maggiori dovevano avere carattere più ampio, riguardare cioè anche le forze terrestri e navali; e dovevano inoltre essere a vantaggio tanto de !l 'Inghilterra quanto della Francia. Chamberlain ha taciuto; ma nella riunione del giorno seguente (venerdì), ha detto

54 1 Vedi D. 27, nota l. 54 2 Vedi D. 27.

a Daladier che aveva ripensato alle sue osservazioni, e che era giunto alla conclusione di dargli ragione. Conseguentemente Chamberlain si dichiarava favorevole ad estendere quanto possibile il terreno degli accordi fra i due Stati Maggiori.

4°) Sulla Cecoslovacchia, è vero che Chamberlain non è andato oltre le sue dichiarazioni del 24 marzo alla Camera dei ComunP; ma ha ripetuto e confermato queste dichiarazioni, e le ha inoltre chiarite e precisate; il fatto poi che queste dichiarazioni siano state comunicate al governo tedesco costituisce, secondo i francesi, un passo innanzi di una certa importanza.

Chamberlain e Daladier si sono messi d'accordo per un passo da farsi a Praga, e per un passo da farsi a Berlino.

Il passo a Praga sarà nel senso d'incoraggiare il governo cecoslovacco a fare alle minoranze tedesche tutte quelle concessioni che siano compatibili con l'indipendenza nazionale.

Il passo a Berlino avrà per scopo d'informare il governo del Reich della natura del passo fatto a Praga, e dei concetti, a cui si ispira la politica dell'Inghilterra e della Francia nei riguardi del problema cecoslovacco.

Secondo Bret, il passo a Berlino sarebbe fatto in questi giorni, e cioè prima del ritorno di Hitler e di Ribbentrop. Si approfitterebbe, anzi, dell'assenza del ministro degli Esteri del Reich per fare il passo presso Goring e ricordargli che egli -nel momento dell'occupazione tedesca dell'Austria -ha dato assicurazioni circa l'integrità della Cecoslovacchia4 • È su questo presupposto, fondato sulle parole stesse di Goring, che il governo britannico penserebbe di impostare la sua azione a Berlino, facendo presente al governo del Reich che entro i limiti predetti esso intende spingere il governo di Praga a fare alle minoranze tedesche tutte quelle concessioni che il governo del Reich ritiene necessarie per una soluzione pacifica del problema. Il governo britannico chiederebbe anzi al governo tedesco quali sono i suoi desiderata a questo riguardo, allo scopo di indirizzare in tal senso la sua azione diplomatica a Praga.

53 1 Si veda, per il seguito il D. 61.

55

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 2614/094 R. Londra, 5 maggio 1938 (per. il 9).

Trascrivo qui di seguito, nel suo testo inglese originale, una lettera direttami dal Primo Ministro Neville Chamberlain, in risposta ad una mia breve lettera

54' Vedi D. 37, nota 3. 54 4 Vedi serie ottava, vol. VIII, DD. 305 e 320.

di ringraziamento per il riferimento cortese fatto da Chamberlain nei miei riguardi durante le sue dichiarazioni ai Comuni avantieri:

«My dear Ambassador,

Thank you so much far your very kind letter ofyesterday. I was very glad t o pay my little tribute to the help which you have given in bringing about the happy conclusion ofour coversations with your Government. Your aid has been more extensive and more important t ha t is generally known, but you and I ha ve worked in good faith and w e ha ve our reward in the satisfaction which w e c an now both feel in the result.

I hope that in Rome they will not pay too much attention to the vituperations and bad manners displayed by the Opposition. After ali I carne in far the biggest share of their vilification myself, but I do not think that their views are in the least typical of genera! feeling throughout the country, far I have many evidences that there is wide and deep-seated approva! of the Agreement.

With kind regards.

Yours sincerely.

N. Chamberlain».

La lettera del Primo Ministro contiene nella seconda parte un'aperta e vivace deplorazione al contegno antifascista dell'opposizione liberale e laburista durante la seduta di avantieri ai Comuni e non può non essere da noi apprezzata.

Per la verità, nella seduta di avantieri, mentre Chamberlain pronunciava il suo discorso1 con cui egli presentava ai Comuni per l'approvazione l'Accordo di Roma, i gruppi antifascisti, battuti e impotenti, si sono lasciati andare a interruzioni e invettive violente e volgari non solo contro Chamberlain ma anche contro l'Italia fascista. Tali invettive hanno sempre provocato una reazione e protesta vivace da parte della maggioranza. Lo stesso Primo Ministro ha dovuto più volte interrompere il suo discorso e sedersi per attendere che la calma tornasse nell'aula. Finito il suo discorso, Chamberlain è uscito ed è rimasto fuori dali' aula per tutto il tempo in cui hanno parlato i leaders dell'opposizione e ciò per sottolineare la sua deplorazione e anche il suo personale disprezzo per il contegno degli antifascisti. Non sembra esservi, infatti, precedente nella recente storia parlamentare britannica che un Primo Ministro abbia ostentamente abbandonato l'aula mentre i leaders dell'opposizione discutevano le sue dichiarazioni e la sua politica.

Se tale è stato il contegno dei deputati antifascisti ai Comuni, va sottolineato il fatto che mai, in una seduta ai Comuni, e cioè in quello che è stato sinora il covo antifascista per eccellenza, un Primo Ministro britannico ha pronunciato fra gli applausi della maggioranza, delle parole di così calda e leale e incondizionata ammirazione verso l'Italia fascista e il suo Capo.

Chamberlain è il primo uomo di Stato britannico che sia finalmente uscito dai soliti luoghi comuni della «tradizionale» amicizia itala-britannica per rivolgersi apertamente e guardando in faccia la canea dell'opposizione antifascista, alla <<nuova Italia» di Mussolini e del fascismo.

55 1 Testo in Relazioni Internazionali, pp. 362-364.

56

PROGETTO DI TRATTATO DI AMICIZIA TRA ITALIA E GERMANIN

[5 maggio 1938].

Preamble. Sa Majesté le Roi d'ltalie, Empereur d'Ethiopie et le Fiihrer et Chancelier du Reich

e n tenant compte des rapports d'étroite amitié et de confiante collaborati an existant entre les deux Pays

et désirant réaffirmer solennellement les bases sur lesquelles ces rapports sont établis à fin de consolider et d'assurer le développement de leur amitié et de leur collaboration dans leur intérét de la paix générale

ont décidé de conclure un Accord et dans ce but ont désigné camme leurs Plenipotentiaires respectifs

56 ' Questo documento è stato pubblicato in D.C. WATT, An earlier Mode! for the Pact of Steel in lnternational Affairs, aprile 1957.

Dal 3 al 9 maggio, Hitler fu in visita in Italia accompagnato da von Ribbentrop, Hess, Goebbels, Himmler e da alcuni alti funzionari della Wilhelmstrasse, fra i quali il consigliere giuridico Friedrich Gauss. Contrariamente a quanto era avvenuto durante il viaggio di Mussolini in Germania del settembre 1937, in questa occasione ebbero luogo diverse conversazioni con un contenuto politico rilevante, fra le quali -probabilmente la più importante -quella tra Mussolini e Hitler il 4 maggio a Palazzo Venezia. Su di esse, gli archivi italiani non offrono indicazioni perché, come si è indicato nella Avvertenza, il pacco delle carte di Gabinetto contenente la documentazione sul viaggio di Hitler è stato reso illeggibile dali'umidità. Quanto alla documentazione tedesca, essa dà alcune utili indicazioni riassuntive sulla posizione delle due parti di fronte a vari problemi, ma non fornisce particolari circa l'andamento delle conversazioni.

Gli elementi di cui siamo in possesso sono, nel complesso, i seguenti:

l) Da parte tedesca fu presentato un progetto di trattato di amicizia-da rendersi pubblico -con allegato un protocollo segreto contenente un impegno di alleanza nel caso di aggressione non provocata da parte della Francia e/o della Gran Bretagna (testo in WATT, art. cit). Nel Diario di Ciano vi è a questo proposito la seguente annotazione sotto la data del 5 maggio: <<Ribbentrop ci ha offerto un patto di assistenza militare, pubblico o segreto, a nostra scelta. Io ho senz'altro espresso al Duce parere contrario, così come ho fatto ritardare la conclusione di un patto di consultazione e di assistenza politica. Il Duce intende farlo. E lo faremo perché ha mille ed una ragione di non fidarsi delle democrazie occidentali. Ma io ho pensato che era bene di ritardarlo, per non creare delle difficoltà a Chamberlain, alla vigilia della riunione del Consiglio. Vi dovrà varare il riconoscimento dell'Impero. La firma di un patto, che avrebbe potuto essere suscettibile di varie interpretazioni, compresa quella del!'alleanza segreta, avrebbe reso più difficile il suo compito e data un'arma alle opposizioni a Ginevra>>.

Da parte italiana, si rispose presentando il progetto di trattato qui pubblicato, che fu subito abbandonato perché considerato inadeguato dallo stesso Mussolini (vedi DDT, vol. I,

D. 759).

I tedeschi presentarono quindi un progetto di patto di amicizia che ricalcava con alcune modifiche il loro primo progetto ma senza il protocollo segreto (testo in WATT, art. cit.). Von Ribbentrop non fece pressioni per la sua accettazione (DDT, vol. I, D. 759). La visita ebbe così termine senza la conclusione di un accordo scritto.

2) Furono discussi i possibili sviluppi della questione dei sudeti. Dalle dichiarazioni di Mussolini e di Ciano, i tedeschi trassero la conclusione che, nel caso di un conflitto, l'Italia

(Omissis)

Article l. Les Hautes Parties Contractantes reconnaissent dans l'existence et le respect de leurs frontières communes une condition particulièrement favorable au developpement de leurs relations et réaffirment Ieur volonté de ne pas avoir recours, dans leurs relations réciproques, à la guerre comme instrument de leur politique nationale et de régler par des moyens pacifiques tous les différences et conflicts qui pourraient surgir entre Elles.

Article 2. Les Hautes Parties Contractantes s'engagent à ne pas tolérer sur les territoires respectifs ou aider en aucune manière toute activité qui serait dirigée con tre l'intégrité territoriale ou l'ordre établi de l'autre Parti e contraetante ou de nature telle à préjuger les relations amicales existant entre les deux Pays.

Article 3. Les Hautes Parties Contractantes sont d'accord de resserrer et développer leurs échanges commerciaux actuels ainsi que de rechercher Ies conditions d'une collaboration èconomique plus large. A cette fin des Accords particuliers seront conclus au plus t6t.

Article 4. Les Hautes Parties Contractantes conviennent que rien dans le présent Accord sera considéré comme contraire aux engagements internationaux des deux Pays.

Article 5. Le présent Accord aura une durée de l O ans. S'il ne sera pas dénoncé un an avant son échéance, il sera considéré comme renouvelé pour dix ans. Article 6. Le présent Accord sera ratifié. Il entrera en vigueur le jour de l'échange d es instruments de ratification. Cet échange aura lieu. En foi de quoi Fait à ....

sarebbe rimasta «con le armi al piede>>, non avrebbe ostacolato l'azione della Germania ma non le avrebbe dato un appoggio attivo. L'atteggiamento degli italiani era dovuto ~ sempre secondo i tedeschi ~ alla conclusione che un conflitto armato tra Germania e Cecoslovacchia fosse improbabile e che comunque Francia e Gran Bretagna non sarebbero state pronte ad intervenire in aiuto della Cecoslovacchia (DDT, vol. I, D. 762). Atteggiamento che, secondo quanto annotava Ciano nel suo Diario sotto la data del 6 maggio, derivava da quanto lo stesso von Ribbentrop aveva detto: «[Von Ribbentrop] dichiara che la questione cecoslovacca non è attuale e che una cantonalizzazione potrebbe forse ritardare la soluzione di alcuni anni. Aggiunge però che qualora la partita dovesse essere liquidata con le armi, ciò avverrebbe nel giro di pochi giorni, e prima che chiunque potesse reagire>>.

3) Circa l'Alto Adige, Mussolini dichiarò che tale questione era da considerarsi come definitivamente chiusa ma che egli era pronto ad assicurare <<un'autonomia culturale comprese scuole e stampa>>. A questo proposito, Ciano ricordò quanto il governo italiano aveva fatto nei riguardi della minoranza italiana in Jugoslavia, i cui esponenti erano stati chiamati a Roma per chiarire che una modifica del confine italo-jugoslavo era fuori discussione (vedi D. 153 e DDT, vol. I, D. 768). I tedeschi si impegnarono a non consentire qualsiasi forma di propaganda che mirasse a mettere in discussione l'inviolabilità della frontiera del Brennero (ih id.,

D. 761).

57

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, SUVICH, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 2570/107 R. Washington, 6 maggio 1938, ore l (per. ore 21,55 ).

Pressione per abolizione embargo seguito movimento favore Spagna rossa di cui al mio telegramma n. 1041 si è in questi ultimi giorni intensificata. A pressioni cui è sottoposto Congresso si aggiungono anche quella delle Chiese protestanti che reagirono contro la netta posizione a favore Franco presa da clero cattolico.

Sebbene tutte forze favorevoli causa Franco siano state messe in moto, non è da escludere che il governo possa approfittare occasione per dare colpo grazia legge neutralità, cui inefficacia si è dimostrata in occasione conflitto Estremo Oriente. Ad ogni modo, Segretario di Stato ieri conferenza stampa riaffermato, sia pure molto cautamente, linea finora seguita.

Si ritiene, comunque, che anche se si dovesse arrivare abolizione embargo nei riguardi conflitto spagnolo, ciò avrebbe più che altro valore gesto data enorme difficoltà far pervenire armi esercito rosso. D'altra parte, è chiaro che quando fosse abolito embargo sarebbe lecita vendita armi anche al governo di Franco.

Il governo, che è tenuto da sinistra sotto accusa per atteggiamento favorevole preso da Presidente in questione patto anglo-italiano2 pare sia effettivamente preoccupato da campagna sinistre e ha assunto linea di concretezza a conto della quale vanno ascritte recenti dichiarazioni fatte da Sumner Welles e quelle di ieri mini

4) Circa i rapporti con la Gran Bretagna, fu dichiarato da parte tedesca che si considerava positivamente l'intesa raggiunta dall'Italia con i Patti di Pasqua. Di conseguenza il governo italiano avrebbe visto con favore un'intesa tra Germania e Gran Bretagna (ibid.).

5) La situazione nell'Europa sud-orientale <<non fu discussa nei dettagli>> e non vi fu nessuna delimitazione di sfere di influenza in quella zona (ibid.).

6) Circa la Polonia, von Ribbentrop dichiarò che il corridoio polacco era «accettato per un tempo illimitato dalla Germania che anzi desidera[ val vedere accresciuta la potenza della Polonia per rafforzare la barriera antibolscevica>>. (CIANO, Diario, sotto la data del 6 maggio).

7) Quanto al problema coloniale, il ministro degli Esteri tedesco affermò che quel problema sarebbe sorto «a suo tempo, cioè tra alcuni anni. Per ora la Germania non intende[va] accelerarlo» (ibid. ).

8) Da parte tedesca fu sollecitata (colloquio von Weizsacker-Buti) un'azione comune diretta a fronteggiare le misure prese contro le comunità straniere da alcuni governi dell'America Latina e segnatamente dal governo brasiliano. La proposta fu lasciata cadere: Buti fece osservare che in Brasile la comunità italiana non era particolarmente colpita perché le organizzazioni italiane contrariamente a quelle tedesche avevano carattere apolitico (DDT, vol. V, DD. 602 e 608).

9) Da parte italiana fu subito considerata di fondamentale importanza la dichiarazione che Hitler inserì nel brindisi pronunciato al termine del pranzo offerto in suo onore a Palazzo Venezia il 7 maggio: <<È mia incrollabile volontà ed è anche mio testamento politico al popolo tedesco che consideri intangibile per sempre la frontiera delle Alpi eretta tra noi dalla natura» (il testo del brindisi è in Relazioni Internazionali, p. 375 dove è anche riportato il brindisi, pronunciato nella stessa circostanza da Mussolini).

stro della guerra3 che insiste su violazioni trattati ricordando fra l'altro anche dichiarazioni Ginevra condannanti azione Etiopia. È superfluo aggiungere che tutto ciò è in funzione di politica interna e s'innesta nella già iniziata campagna elettorale.

57 1 Vedi D. 8, nota 4.

57 2 Vedi D. 8.

58

L'AMBASCIATORE IN CINA, CORA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 2577/204 R. Shanghai, 6 maggio 1938, ore 12 (per. ore 3 del 7).

Mio telegramma n. 196'.

Ambasciatore d'Inghilterra qui ritornato oggi da Hankow mi ha confermato sua favorevole impressione circa accoglienza ricevuta e constatazioni fatte. Generalissimo Chiang Kai-shek è in ottima salute, ostenta calma e decisione, ed intorno a lui si sembra essere giunti a reale unione nazionale. Ciò gli avrebbero dichiarato gli stessi capi comunisti, aggiungendo che quando ritornerà la pace il partito comunista non combatterà più contro il governo centrale.

Il morale è ora assai elevato ed il successo riportato contro i giapponesi ha elettrizzato tutto l'elemento militare; successo che se fosse stato convenientemente sfruttato dai cinesi avrebbe potuto essere tramutato (a detta dei consiglieri tedeschi) in una seria disfatta giapponese. I consiglieri tedeschi sono ora assai ascoltati e svolgono funzioni di Stato Maggiore, mentre i russi si occupano de Il'aviazione: fra russi e tedeschi vi sarebbero i migliori rapporti.

Mio collega ha effettuato viaggio senza incidenti ed ha potuto constatare nei due viaggi che ferrovia Canton-Hankow dopo nove mesi di bombardamenti aerei funziona quasi normalmente e non reca tracce di importanti distruzioni. Cinesi continuano a ricevere da quella via importanti quantitativi materiale da guerra.

57 ' Riferimento al discorso pronunciato il 5 maggio da Harry Woodring alla riunione annuale della Camera di Commercio americana. Woodring aveva ammonito i Paesi dittatoriali che, se le pressioni sulle Democrazie fossero divenute troppo forti, si sarebbe potuta avere un' <<ondata di indignazione>> e allora sarebbe stato difficile conservare la pace. Un riassunto del discorso è in Relazioni Internazionali, p. 412.

58 ' T. 23491196 R. del 25 aprile. Riferiva che l'ambasciatore britannico era partito per Hankow, da dove si riteneva potesse tornare latore di proposte da parte del governo cinese. Ora, però, gli ambienti giapponesi di Shanghai si dimostravano assolutamente intransigenti e disposti anche ad una lunga guerra di conquista.

Egli mi ha detto di non vedere per il momento alcuna possibilità di svolgere opera pacificatrice ed ha l 'impressione che il Giappone sia impegnato in una impresa al di sopra delle sue forze.

Comunicato Roma e Tokio.

59

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 2602/0 l 02 R. Parigi, 7 maggio 1938 (per. il 9).

Al Quai d'Orsay mi è stato confermato che governo britannico farà oggi un passo amichevole a Berlino inteso favorire soluzione pacifica problema minoranze tedesche. Contemporaneamente governi britannico e francese faranno a Praga un analogo passo parallelo. Tale procedura era stata, com'è noto, concordata a Londra nel recente convegno franco-britannico'.

Posizione francese nei confronti della Cecoslovacchia resta immutata: favorevole cioè ad una soluzione del problema delle minoranze tedesche entro i limiti della sovranità cecoslovacca; decisamente ostile ad un'eventuale azione di forza da parte della Germania, azione che costringerebbe la Francia a mantenere fede ai suoi impegni di assistenza militare. Tale atteggiamento sarebbe stato confermato a Londra in termini espliciti e precisi da Daladier, senza peraltro ottenere che il governo britannico, pienamente favorevole ad ogni tentativo di soluzione pacifica, si allontani tuttavia in alcun modo dalla posizione già definita da Chamberlain ai Comuni sin dal 24 marzo scorso2

I passi franco-britannici a Berlino e a Praga previsti nel convegno di Londra e che avrebbero dovuto essere effettuati soltanto dopo il ritorno di Hitler in Germania, sarebbero stati affrettati di qualche giorno a richiesta francese.

Prevale qui in definitiva l'impressione, o la speranza, che Hitler non abbia ricevuto a Roma, nei confronti della Cecoslovacchia, incoraggiamenti di sorta e che atteggiamento del governo fascista può in sostanza essere definito in termini presso a poco analoghi a quelli adottati in proposito dalla Gran Bretagna.

Preoccupazioni governo e opinione pubblica francese nei riguardi problema cecoslovacco sono andate in questi ultimi giorni progressivamente aumentando.

59' Vedi D. 37, nota 3.

59 1 Vedi DD. 27 e 29.

60

L'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA, PERTH, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

PROMEMORIA' Roma, 7 maggio 1938.

When the Secretary of State gave Count Grandi an account of the AngloFrench conversations2 he informed the Ambassador that his Majesty's Government had given much thought to the question of Czechoslovakia and had decided to lend ali the help they could in the interests of an orderly solution of the problem.

The Secretary of State has no doubt that the Czechoslovak Government are anxious to make a reasonable contibution and he greatly hopes that the German Government will be prepared to do the same. The Secretary of State recognises the special interest which the German Government must feel in the lot of men of their own race living across the frontier; but at the same time the Czechoslovak problem has wider implications, and it is impossible for Great Britain to be disinterested in any issue upon which the future of European peace may depend.

Having these considerations in view, His Majesty's Minister and the French Minister at Prague are this afternoon approaching the Czechoslovak Government about the Sudeten German question1 His Majesty's Minister will point

out that in the view of His Majesty's Government the Czechoslovak Government must make a supreme effort to reach a settlement with the representatives of the Sudeten German Party in the interests of European peace. The position and concern of His Majesty's Government as regards Czechoslovakia were set out by the Prime Minster in his speech in the House of Commons

o n March 24th4 ( extract-herewith'). The Minister wili state that in the vie w of His Majesty's Government negotiations should be pursued at the earliest possible moment and a delay till after the Communal Elections, i.e. until June, would appear to them to be dangerous. Negotiations should cover the whole field of the problem and have as their object a comprehensive settlement. If the Czechoslovak Government will keep His Majesty's Government informed of developments His Majesty's Government will be ready at any appropriate moment and in any appropriate manner to use their influence to assist in secur

60 ' Questo documento fu consegnato da Lord Perth a Ciano la sera del 7 maggio, nel corso di un colloquio sul quale non è stata trovata documentazione da parte italiana. In proposito si veda il resoconto dell'ambasciatore britannico (in BD, vol. I, D. 189) dal quale risulta che Ciano dichiarò di non essere molto turbato dalla questione cecoslovacca.

60 ' Vedi D. 27.

60 ' Vedi D. 66.

60 ' Non pubblicato.

ing a settlement. The Minister will finally state that His Majesty's Government intend to make plain to the German Government their keen interest in this question and their desire to help to promote a peaceful and equitable settlement of it. Further, His Majesty's Ambassador in Berlin will, pending the return of the German Secretary of State from Foreign Affairs, see the politica! Director this morning6 He will inform him that in the recent Anglo-French

conversations it was agreed that as regards Czechoslovakia both His Majesty's Government and the French Government should use their influence at Prague to promote a peaceful and equitable solution of the Sudeten German question. The Ambassador will state that His Majesty's Government are now urging the Czechoslovak Government to seek without delay a solution of this problem on comprehensive lines by direct negotiations with the Sudeten Germans. They wish to inform the German Government of their action and to express the hope that the German Government will be ready to use their influence to promote a settlement. The Ambassador will add that he has instructions to speak to the Minister for Foreign Affairs and to pursue the matter in greater detail as soon as Herr von Ribbentrop returns to Berlin, but that His Majesty's Government think it desirable that the German Government should be made aware in generai terms withouy further delay of the action which His Majesty's Government are taking 7

60 4 Vedi D. 37, nota 3.

61

IL CAPO DI GABINETTO, DE PEPPO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 7 maggio 1938.

S.E. Pignatti ha telefonato per avvertire che le Autorità del Vaticano sono sempre più montate contro il Fiihrer tanto che si parla persino di rottura dei rapporti diplomatici.

Pignatti avverte inoltre che non è escluso che nelle prossime manifestazioni oratorie del Vaticano se la prendano anche con noi e suggerisce di fare d'urgenza un passo nel senso consigliato nel suo telegramma di ieri'.

60 "Per il colloquio Henderson-Woermann si veda BD, vol. I, D. 187 e DDT, vol. II, D.

150. 60 7 Sul documento vi è il timbro: <<visto dal Duce». 61 ' Riferimento al D. 53, che è del 5 maggio. L'appunto del ministro De Peppo ha il

visto di Mussolini. In calce vi è l'annotazione autografa: <<Telefonato a Pignatti di non far nulla. 7-5-XVI, ore 17,45».

62

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPPORTO RISERVATO 3068. Berlino, 7 maggio 1938 (per. il 9).

Come non era difficile prevedere, la partenza del Cancelliere Hitler per l'Italia ha utilmente servito ad alleggerire, almeno per il momento, la situazione relativa ai rapporti tra la Germania e la Cecoslovacchia. E così, come ho avuto occasione di precedentemente accennare, il nervosismo di questi ambienti diplomatici e giornalistici si è andato poco a poco calmando.

Naturalmente l'attesa nei riguardi del ritorno del Fiihrer non è piccola perché tutti facilmente prevedono come la questione stessa possa essere stata oggetto di conversazioni a Roma, conversazioni che potrebbero condurre ad una qualche maggiore precisazione circa la linea di condotta che il Governo del Reich vorrà adottare, nel prossimo periodo, in questo delicatissimo campo.

La visita del Fiihrer ha, d'altra parte, servito potentemente a distrarre l' attenzione di tutto il Popolo tedesco il quale, interamente preso dalle descrizioni delle grandi accoglienze riservate al Cancelliere dal Popolo italiano, ha un po' perso di vista il problema dei tedeschi dei Sudeti. Appaiono, è vero, ancora oggi, nei giornali, alcune notizie circa incidenti locali e circa dichiarazioni dei Capi del movimento di Henlein, ma in forma sporadica e piuttosto limitata.

Circa il problema, ho avuto ieri una conversazione con questo Ministro di Ungheria, Signor Sztojay. Essa mi ha dato l'impressione, precedentemente più volte riferita a sua volta dal R. Ministro in Budapest, che effettivamente tra Germania e Ungheria non esista ancora una qualche precisa intesa, atta a svolgere un'azione comune ai danni della Cecoslovacchia1 • E ciò con vivo dispiacere degli Ungheresi i quali, in certo modo, vorrebbero vedersi messi dai Tedeschi maggiormente al corrente sulla situazione e vorrebbero soprattutto essere oggetto di maggiore interessamento da parte di Berlino.

Effettivamente non può non provocare in tutti una certa sorpresa la circostanza che i Tedeschi, mentre avrebbero avuto forte vantaggio a fare del problema cecoslovacco un problema di minoranze non già a carattere tedesco ma a carattere internazionale facendo ad esso attivamente partecipare Polonia ed Ungheria, non sembrano, almeno fino ad oggi, essersi decisamente messi sulla strada di stringere con quei Paesi preventivi e necessari accordi.

Con ogni probabilità esistono ancora varie tendenze tedesche circa la scelta dei mezzi migliori per realizzare il programma tracciato dal Fiihrer nel suo

62 ' Per le notizie inviate dal ministro Vinci circa l'esistenza o meno di accordi tra Germania e Ungheria per un'azione comune nei riguardi della Cecoslovacchia si vedano di DD. l, 18 e 32.

noto discorso del 20 febbraio, relativo ai Tedeschi viventi oltre le frontiere del Reich. Da una parte la soluzione violenta e totalitaria, patrocinata un po', come ho precedentemente riferito, dal gruppo che fa capo al Maresciallo Goring 2

Dall'altra quella desiderata dalla Wilhelmstrasse, inspirata a maggiore prudenza e che vorrebbe nell'evoluzione delle cose, dovuta allo stato di timore del Governo di Praga, trovare la via migliore per la realizzazione del comandamento di Hitler.

Il Ministro Sztojay, mentre si mostra particolarmente soddisfatto della circostanza che tutte le minoranze della Cecoslovacchia, tedesche, ungheresi e polacche, sembrano avviarsi verso un processo di unificazione di intenti e di azione, non appare, anch'egli, altrettanto sicuro circa il metodo che i Tedeschi vorranno adottare. Egli ha paragonato la Cecoslovacchia ad un arancio (paragone che comincia qui ad aver successo): toltane la buccia, ossia le minoranze residenti nelle zone periferiche del Paese, gli spicchi si aprirebbero e automaticamente cadrebbero nella direzione dei Paesi limitrofi. In altre parole anch'egli sembra propendere verso una soluzione totalitaria del problema cecoslovacco.

Ho altra volta accennato in proposito alla circostanza che, dal punto di vista pratico e, per essere più esatti, dal punto di vista geografico, gli stessi Tedeschi non sembrano avere le idee estremamente chiare. Allorché cioè si chiede loro, con una carta geografica alla mano, dove vorrebbero vedere le frontiere del Reich, si ricevono le risposte più differenti. Alcuni parlano perfino di Praga «città tedesca», mentre altri limitano le ambizioni alla zona di frontiera, difficilissima questa però a definirsi, dato che i Tedeschi dei Sudeti spingono le loro ramificazioni in forma molto irregolare in direzione della zona centrale della Cecoslovacchia.

La formula più semplice è naturalmente quella del Fiihrer: i Tedeschi al Grande Reich. Ma se questa formula è apparsa di facile applicazione nel problema dell'Austria, Paese totalitariamente tedesco e dato che le frontiere austriache erano nettamente segnate da Svizzera, Italia, Jugoslavia, Ungheria e Cecoslovacchia, non altrettanto si può dire per la Cecoslovacchia dove bisognerebbe immaginare una strana linea di frontiera che combaciasse con i limiti di residenza dei gruppi tedeschi.

La teoria pura e semplice della razza, cara al Cancelliere Hitler, appare geograficamente nei Paesi misti dell'Europa Centrale e Danubiana di difficilissima applicazione, non tenendo essa conto di tanti altri elementi geo-politici ed economici che hanno creato in quei Paesi tanti contatti e tanti incroci.

Ciò, ripeto, finisce in certo modo per rendere ancora oggi perplessi taluni tedeschi circa i limiti delle loro aspirazioni.

62 2 Vedi D. 39.

63

IL CONSOLE A RIO DE JANEIRO, GALLINA, AL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI TRANSOCEANICI, GRAZZI

LETTERA. Rio de Janeiro, 7 maggio 1938'.

Ritengo di farLe cosa gradita inviandoLe per aereo gli ultimi decreti-legge brasiliani che modificano profondamente la situazione degli italiani in Brasile e sono il colpo più grave che sia stato inferto finora alla italianità in questo Paese.

Tutte le disposizioni e decreti-legge in parola non sono naturalmente diretti contro di noi in particolare ma contro tutti gli stranieri: colpiscono, insieme con i tedeschi, noi in modo speciale per il numero dei connazionali qui residenti e per la mole degli interessi materiali e morali inerenti.

Il primo decreto-legge è il n. 383 in data 18 aprile ultimo scorso pubblicato nel Diario Official ed entrato in vigore il 19 dello stesso mese.

Tale decreto scioglie tutti i partiti politici stranieri -e quindi i nostri Fasci -e vieta in~ieme che partiti politici di altri Paesi abbiano in Brasile delegati, incaricati, rappresentanti od agenti di qualsiasi genere.

Il decreto-legge pone insieme notevoli limitazioni alle attività delle nostre organizzazioni. Vieta ai Brasiliani -ed esplicitamente menziona nel divieto i figli di S[ranieri nati in questo Paese -di partecipare alle organizzazioni straniere. Secondo le statistiche ufficiali brasiliane si trovano in questo Paese circa

1.800.000 abitanti di origine italiana.

Secondo calcoli approssimati nostri la percentuale degli abitanti di origine italiana che partecipano alle attività italiane e si mantengono italiani di sentimenti è compresa tra il 15% ed il 20%, cioè complessivamente intorno a 300.000 connazionali, dei quali ormai oltre la metà sono nati in questo Paese.

Il decreto-legge in parola strappa alle nostre organizzazioni tutto l'elemento giovane e le condanna quindi irrimediabilmente a spegnersi fra pochi anni: ogni sussidio dali 'Estero è proibito, anche di privati.

Scuole, Dopolavoro, Società di Beneficenza, Case d'Italia vedono ridotti immediatamente a metà i loro quadri e si sentono demoralizzati essendo segnata ormai la loro sorte.

Il Dopolavoro di Rio, ad esempio, che in due anni aveva portato da 300 a

1.600 i soci, e le Sezioni da 4 a 20 e tutte fiorenti -tra sportive, culturali e sociali -vede ridotti a meno della metà i suoi soci.

Le Scuole nostre regolari che hanno 1.400 iscritti -dato lo spirito e le direttive ultra-nazionaliste del momento -sono prese di mira ed attaccate ora quanto le tedesche.

63 ' Manca l'indicazione della data di arrivo.

La propaganda della stampa, della radio, del cinema, rivela una tendenza che si avvicina alla xenofobia.

Alcuni osservatori vedono prospettarsi il problema delle minoranze etniche in Brasile per quelle razze -i tedeschi tra i primi -che non intendono lasciarsi di colpo completamente assorbire.

Le dimissioni dalle organizzazioni non brasiliane fioccano non soltanto da parte di quelli che essendo figli di stranieri si considerano (come le Scuole e la propaganda ufficiale inculcano e come la legislazione tende sempre più chiaramente a stabilire) esclusivamente brasiliani, ma anche da quelli che temono di essere malvisti qualora continuino a partecipare alla vita ed alle attività straniere.

È avvenuto insieme che persino dalla Associazione Brasiliana degli Amici d'Italia costituita solamente di cittadini brasiliani sono state presentate delle dimissioni per timore che l 'interesse per la causa di un altro Paese potesse essere segnalata come prova di un minore sentimento di brasilianità.

Altri membri della Società Amici d'Italia e della Giunta Pro-Italia, costituita durante la guerra Itala-Etiopica, hanno inviato circolari per richiamare la attenzione della Associazione e per pregare il Presidente di questa di fare passi presso S. Eccellenza l'Ambasciatore, segnalando insussistenti attentati alla brasilianità negli ordinamenti ed insegnamenti delle Scuole Itala-Brasiliane.

Lo strappare i figli nati in Brasile dai genitori di nazionalità straniere i quali possono trovarsi qui anche solo provvisoriamente ed il senso di sospetto e di diffidenza creato dalle leggi e dai commenti della stampa nei riguardi degli stranieri hanno diffuso a loro volta un senso di disagio, se non di smarrimento, in seno alle nostre collettività: e molti degli stessi dirigenti delle nostre organizzazioni -anche senza cadere dentro la legge -hanno presentato le dimissioni.

Naturalmente, nella speranza che nella applicazione della legge possano essere fatte in pratica delle concessioni ho cercato e cerco di mantenere le posizioni e di rinfrancare i timidi.

Non è uscito finora alcun regolamento per la applicazione del decreto-legge, regolamento che le Autorità dicono tuttavia non essere a rigore necessario, anche se in qualche punto -ad esempio nella definizione di «Società straniera» -la legislazione brasiliana non sembri molto chiara.

Nei circoli di questa Capitale si afferma che il decreto-legge è stato motivato soprattutto dalle attività naziste e dalle scuole tedesche: esso ha colpito tuttavia in misura uguale le attività e gli interessi italiani.

Esso costituisce insieme, da informazioni che si hanno dagli altri Paese latini dell'America del Sud, un esempio pericoloso.

Si vuole anche negli ambienti di questa Capitale che il decreto-legge sia stato ispirato dagli Stati Uniti che desiderano diminuire ulteriormente a proprio vantaggio la influenza tedesca ed italiana in Brasile.

La Germania anche nel campo commerciale negli ultimi anni è diventata una forte concorrente degli Stati Uniti in questo Paese.

Il decreto-legge è stato accolto con viva simpatia senza proteste delle collettività straniere, ad eccezione -secondo le notizie trasmesse dai giornali -di alcuni casj di collettività tedesche degli Stati del Sud.

L'Ambasciatore tedesco in questa Capitale -sempre secondo i giornali -ha avuto colloqui coi Ministri della Giustizia e degli Esteri e con Sua Eccellenza il Presidente della Repubblica.

Gli stranieri europei di Paesi minori o che sono qui in numero limitato stanno a vedere quello che fanno i due Paesi maggiormente interessati: Italia e Germania.

Sua Eccellenza il nostro Ambasciatore era atteso di ritorno in questi giorni da una visita a San Paolo iniziata il giorno 19 aprile u.s., lo stesso giorno in cui il decreto entrava in vigore, e che si è estesa poi ali'interno dello Stato di San Paolo ed allo Stato di Paranà.

Da informazioni avute anche le sfere ufficiali della Capitale stanno osservando, alla loro volta, la nostra reazione e fanno seguire uno dopo l'altro i decreti che toccano gli interessi degli stranieri.

È stato preannunziato già dalla stampa un decreto concernente le scuole medie che farebbe obbligo a tutti gli Istituti di insegnamento anche privato di nominare un preside brasiliano e di non insegnare alcuna lingua straniera ali 'infuori di quelle previste dell'ordinamento ufficiale delle scuole medie brasiliane.

Il secondo decreto-legge, di cui allego il testo, è il n. 389 del 25 aprile, pubblicato nel Diario Official dello stesso giorno, sulla cittadinanza brasiliana ed è informato allo stesso spirito ultra-nazionalista del precedente.

Il terzo è il decreto-legge n. 394 del 28 di aprile u.s. pubblicato nel Diario Official del 30 aprile u.s. e regola la estradizione.

Il quarto decreto-legge, importante tanto quanto il primo, è il n. 406 del 4 corrente mese, pubblicato nel Diario Official del 6 corrente e regola la immigrazione in Brasile.

La finalità informatrice di questo decreto-legge è quella di garantire un sano apporto di popolazione straniera al Paese, soprattutto per garantire lo sviluppo agricolo, colla preoccupazione perciò di impedire la concentrazione degli stranieri e la formazione di nuclei o zone di preponderanza straniera che rendano difficile la immediata loro assimilazione.

A tale scopo il decreto-legge dispone tassativamente che le scuole siano affidate ad insegnanti «brasiliani-nati» e che fino a 14 anni di età nelle scuole stesse non si possano insegnare altre lingue che il portoghese.

L'insieme dei quattro preaccennati decreti-legge ed in particolare il primo e l'ultimo vengono a creare una situazione nuova per gli interessi materiali e morali italiani in Brasile e per la eventuale corrente emigratoria italiana verso questo Paese.

Bisogna ormai affrontare il problema fondamentale: quello della cittadinanza.

Il Brasile, come tutti i Paesi di immigrazione, conferisce la propria cittadinanza a tutti i figli di stranieri nati in Brasile: anche se i figli stessi, per gli ordinamenti giuridici del Paese di origine dei genitori, godano già della cittadinanza di questi ultimi.

Ma ora legislazione e pratica amministrativa impongono a chi può avere la

. doppia cittadinanza gli stessi obblighi di chi ha solamente la cittadinanza brasiliana; ossia, in definitiva, viene imposta la accettazione esclusivamente della cittadinanza brasiliana.

Così il patrimonio più sacro di uno Stato, il cittadino, viene con atto unilaterale (paragonabile se si vuole ad un atto di vera pirateria) fatto proprio da un altro Stato.

L'Italia, in particolare, perde in Brasile -fermandoci a considerare soltanto quelli che partecipano alle attività italiane e non sono già assimilati dal Brasile -alcune centinaia di migliaia di connazionali.

Diminuisce insieme il nostro prestigio e ne soffrono naturalmente tutti gli interessi materiali e morali inerenti ai cittadini perduti.

Per questa ragione è stato accolto qui con freddezza-come irrisorio compenso -il riconoscimento dell'Impero Italiano da parte del Brasile, venuto (di proposito, a quanto si dice) alcuni giorni dopo il primo dei decreti-legge precitati.

Occorre affrontare immediatamente il problema fondamentale della cittadinanza degli italiani emigrati o residenti in Brasile prima che altri Paesi dell'America Latina abbiano a seguire l'esempio di questo Paese: perché qualora si formasse un blocco dei Paesi latini del Sud America -che gli Stati Uniti certamente appoggerebbero -il problema sarebbe di assai più difficile se non di impossibile soluzione.

Occorrerà, in primo luogo, dichiarare «inalienabile» la cittadinanza italiana: e poi si dovrà discutere.

64

IL MINISTRO A BUCAREST, SOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPPORTO 1666/566. Bucarest, 8 maggio 1938 (per. il 30).

Ho seguito da vicino a Sinaia, dove ero stato invitato dal governo romeno, i lavori del Consiglio della Piccola Intesa1

Subito dopo la prima riunione del giorno 4, il signor Comnen mi aveva detto che il problema dei rapporti con l'Ungheria aveva formato oggetto di attento studio. Egli si proponeva quella sera stessa, in occasione del pranzo in onore dei rappresentanti del Consiglio, di fare importanti dichiarazioni, di cui, mi ha detto, io sarei stato particolarmente soddisfatto. «le fairai à l'Hongrie une véritable invitation à la danse».

Effettivamente le parole pronunciate nel brindisi del signor Comnen all'indirizzo dell'Ungheria furono particolarmente calorose, cosicché eravamo in parecchi a trarre i migliori auspici. Ma come Vostra Eccellenza vedrà non si trattava che di bella e buona ipocrisia.

Infatti, dopo il pranzo, il Presidente del Consiglio jugoslavo, signor Stojadinovié, mi confidò che durante la seduta pomeridiana si era pronunciata una vivacissima disparità di vedute. Da una parte il signor Krofta si era reso conto che l'ultima proposta del governo ungherese tendeva a smistare la Cecoslovac

chia e ad isolarla dalla trattativa, che secondo la proposta ungherese doveva continuare soltanto con la Jugoslavia e con la Romania. D'altra parte, quest'ultima non intendeva, in fatto di minoranze, mettere nero su bianco: non voleva cioè assumere impegni di carattere minoritario nei confronti dell'Ungheria e non ammetteva che nel protocollo finale figurasse la parola «minoranze». Si era cioè in alto mare, ed egli -Stojadinovié -doveva quindi esprimermi il più assoluto pessimismo.

Avendo io osservato che quanto egli mi confidava contrastava, sia con le assicurazioni datemi nelle prime ore del pomeriggio dal signor Comnen, sia con «l 'invitation à la d anse» che il signor Comnen, a nome dei tre Paesi, aveva avanzato nel brindisi di pocanzi, il signor Stojadinovié mi diede questa precisa ed edificante risposta: «Ho l'impressione che i miei colleghi abbiano desiderato, formulando tale invito all'Ungheria, precostituirsi un alibi, e far ricadere sull'Ungheria la responsabilità e il biasimo per il fallimento dei negoziati».

Com'è noto, l'atteggiamento della Jugoslavia nei confronti del problema del riavvicinamento con l'Ungheria, è stato finora relativamente passivo. La Jugoslavia non ha voluto cioè prendere iniziative, per non essere accusata di assestare alla Piccola Intesa un terzo colpo, dopo l'accordo con la B ulgaria2 e dopo l 'intesa con l 'Italia3 La Jugoslavia si è quindi sempre limitata a far compren

dere che l 'iniziativa doveva venire dagli altri due, e che da sua parte era pronta a dare completa adesione a tutto quanto fosse dagli altri proposto o accettato.

Benché tale atteggiamento jugoslavo mi fosse presente ho creduto tuttavia mio dovere richiamare l'attenzione del signor Stojadinovié sulle conseguenze che il dichiarato insuccesso dei negoziati avrebbe potuto avere. Pur trovandosi di fronte a due gravi difficoltà, una di carattere formale e procedurale (per quanto non mi sfuggisse il suo contenuto sostanziale) concernente la Cecoslovacchia, ed un'altra di natura prettamente sostanziale, concernehte la Romania, esse non mi sem~?ravano insuperabili. l

La Cecoslovacchia -a mio avviso -doveva rendersi conto che preparandosi a regolare, di sua iniziativa, e quindi in via autonoma, il trattamento di tutte le sue minoranze, anzi delle nazionalità (secondo l 'ultima formula di Benes) non poteva condurre e sviluppare un negoziato con Budapest concernente il trattamento delle minoranze ungheresi, negoziato che -in questo momento non solo non aveva ragione di essere, ma poteva anzi imbarazzare lo stesso governo cecoslovacco che avrebbe avuto l'aria di negoziare con l 'Ungheria su provvedimenti di carattere interno. Né per la Romania, invece, né per la Jugoslavia si poneva il problema della promulgazione di uno statuto delle minoranze. Era quindi opportuno, anzi essenziale, che continuassero contatti tra Belgrado e Bucarest da una parte e Budapest dall'altra per accertare quali concessioni la Romania e la Jugoslavia fossero disposte a fare, ne li'intento di migliorare il trattamento delle rispet

tive minoranze magiare. Ciò tanto più che la parte generale, politica, della convenzione aveva già formato oggetto di negoziato a quattro. Non sapevo quindi vedere perché la parte specifica, concernente le minoranze, non potesse essere negoziata solo a tre (Budapest, Belgrado e Bucarest) in attesa della promulgazione, da parte della Cecoslovacchia, dello statuto delle minoranze. Sembravami anzi opportuno che Jugoslavia e Romania statuissero intanto con l'Ungheria, nero su bianco, quanto erano disposte a fare, nell'intesa che gli eventuali accordi non fossero firmati a titolo definitivo ma solo parafati. Più tardi si sarebbe studiato se e come tali accordi potessero essere armonizzati nei confronti della Cecoslovacchia. Ciò per la parte formale.

Circa la parte sostanziale sembrava a me che la Romania dovesse decidersi a mettersi finalmente sulla buona strada, e che una parola di Stojadinovié dovesse e potesse, in questo delicato e pericoloso momento, essere utilmente spesa.

All'ultima parte della mia esposizione aveva assistito il ministro di Germania, che si era nel frattempo avvicinato a noi.

Il signor Stojadinovié dopo attenta riflessione, mi rispose che la mia proposta sembrava «molto sana» e che effettivamente essa poteva formare una base d'intesa. Mi prometteva quindi che nella seduta dell'indomani, 5 maggio, avrebbe illustrato al Consiglio della Piccola Intesa la procedura da me suggerita, e che si augurava di farla approvare.

Sebbene il signor Stojadinovié avesse parlato con il suo abituale tono calmo e sicuro, ed avesse dimostrato un sincero desiderio di far uscire la conferenza dal punto morto in cui si era arenata, l'ottimismo che tale colloquio poteva ispirare fu di brevissima durat3, perché fui abbordato poco dopo dal signor Comnen il quale in un lungo sproloquio mi spiegò per lungo e per largo come la Romania non potesse in nessun caso ammettere «un droit de regard» da parte dell'Ungheria nelle sue faccende interne.

Né il Re, né alcun governo romeno avrebbero potuto rimanere al loro posto se tale «droit de regard» fosse stato ammesso: la Romania era attualmente in preda ad una vera psicosi nazionalista che non consentiva pericolose esperienze del genere.

Feci anzitutto rilevare al signor Comnen che di tale psicosi erano in gran parte responsabili i vari governi, da alcuni anni succedutisi, il suo non escluso, che avevano tollerato le istigazioni della stampa romena contro l'Ungheria. In quanto poi al «droit de regard» gli facevo osservare che la Romania era già obbligata dai trattati di pace ad ammetterlo. E ciò non solo nei confronti delle grandi Potenze che avevano il diritto, anzi l'obbligo di sorvegliare il trattamento delle minoranze, a qualunque razza esse appartenessero, ma anche nei confronti dell'Ungheria. Il trattato del Trianon sanciva infatti l'obbligo della Romania «nei confronti dell'Ungheria» (come era esplicitamente precisato nel Trattato) di concludere con le principali Potenze alleate ed associate una convenzione concernente il trattamento delle minoranze. L'Ungheria non poteva quindi rimanere indifferente al modo come i patti minoritari, previsti dal Trattato del Trianon, fossero applicati: e perciò in caso di carenza delle Potenze, e tanto più in caso di denuncia unilaterale da parte della Romania dei suoi obblighi minoritari, l'Ungheria aveva il diritto di reclamare e pretendere, direttamente verso la Romania, il rispetto degli obblighi assunti, obblighi ai quali erano state implicitamente condizionate le concessioni territoriali a questo Paese.

Tale discorso non poteva, naturalmente, andare molto a genio al signor Comnen. Dalla sua ostinazione e protervia ebbi tuttavia a concludere che il saggio tentativo del signor Stojadinovié sarebbe l'indomani fallito.

Nel frattempo il ministro d'Ungheria, Bardossy, al quale, a sua richiesta, avevo assicurato un lungo colloquio con Stojadinovié e che si era inoltre intrattenuto con il ministro degli Esteri cecoslovacco, era venuto a confidarmi il suo scoraggiamento.

Lo misi a giorno delle confidenze e delle promesse di Stojadinovié ma dovetti anche esporgli il magro risultato del mio colloquio col ministro Comnen, con il quale, del resto, anche egli si era intrattenuto riportandone la stessa sfavorevolissima impressione.

L'indomani il signor Bardossy, consultatosi con il nostro collega di Germania e convinto che oramai non ci fosse più nulla da fare, abbandonò senz'altro Sinaia. Anche il signor Fabricius, ministro di Germania, lo seguì.

Avevo anch'io deciso di partire nelle prime ore del pomeriggio. Ma subito dopo colazione fui convocato d'urgenza dal signor Stojadinovié il quale mi annunziò che aveva fatta sua e sottoposta al Consiglio della Piccola Intesa la formula da me suggeritagli la sera precedente, era riuscito, dopo vivacissime discussione, a farla approvare. Teneva a ringraziarmi per averlo confortato ad agire.

Mi confidò poi che aveva trovato non poca opposizione da parte della Cecoslovacchia che non intendeva farsi tagliare fuori: ma egli aveva sostenuto che Praga non poteva pretendere di condurre un negoziato di carattere minoritario con Budapest proprio ora che il governo cecoslovacco stava preparando lo statuto delle nazionalità. In quanto alle resistenze del signor Comnen, Stojadinovié aveva replicato che il pane si chiama pane e che il vino si chiama vino e che quindi un negoziato di carattere minoritario non poteva condursi senza dare ai problemi minoritari il loro stesso nome, e senza farne oggetto di pattuizioni.

Portai a conoscenza del signor Stojadinovié che il mio collega Bardossy, sfiduciato sull'esito dei contatti, aveva lasciato poco prima Si naia rientrando a Bucarest. Il Presidente mi fece premura di far subito giungere al signor Bardossy, magari per telefono, la notizia della nuova ed improvvisa piega delle cose e ciò per evitare che nel frattempo Bardossy desse al suo governo la notizia del fallimento dei negoziati.

Feci presente a Stojadinovié che, secondo risultavami, la stampa internazionale rappresentata a Sinaia, ivi compresa quella italiana, aveva già sentore dell'insuccesso dei negoziati con l'Ungheria. Stojadinovié mi pregò di dare ordini ai corrispondenti italiani di risollevare il tono della nostra stampa.

Subito dopo volle vedere il corrispondente della Stefani a cui fece le note ottimistiche dichiarazioni.

Nel corso della giornata mandò ancora da me il suo Capo di Gabinetto per assicurarsi che avevo informato Bardossy, e nello stesso pomeriggio volle ancora rivedermi per riassumere le fasi un po' agitate della questione e per intrattenermi di altri argomenti sui quali riferisco a parte.

In conclusione si è certamente evitata a Sinaia la rottura del negoziato e si è conseguito il momentaneo smistamento della Cecoslovacchia: marciando così nel senso delle nuove direttive impartitemi dall'E.V. con il suo telegramma del febbraio scorso•; (analoghe istruzioni sono giunte al signor Bardossy soltanto due settimane or sono).

Devo peraltro aggiungere che se l'ostacolo formale e procedurale (resistenza della Cecoslovacchia a farsi smistare) può considerarsi superato, non è altrettanto certo che la Romania saprà superare la meschina questione minoritaria ed aprirsi così la strada ad un riavvicinamento con l'Ungheria che, nel piano della politica generale, potrebbe essere decisivo per le sue proprie sorti.

Nulla trascurerò naturalmente per influire sull'opinione pubblica romena, per indurla a mostrarsi meno intransigente sulla questione minoritaria che qui è stata ingigantita oltre ogni ragionevole misura.

Questo ministro d'Ungheria è rimasto molto soddisfatto delle ultime notizie da me dategli per incarico di Stojadinovié. Egli considera che si è conseguito un successo, sia pure soltanto di procedura e momentaneo. Ritiene però che la rottura del negoziato avrebbe non poco imbarazzato il suo governo che si sarebbe trovato spinto fin d'ora in una determinata strada, mentre esso ha tutto l'interesse a !asciarsene aperte davanti a sé più di una. Egli è stato dal suo governo chiamato a conferire, e partirà per Budapest fra pochi giorni, proponendosi di essere qui di ritorno entro il 22 maggio. Il signor Comnen ha infatti dichiarato che desidera riprendere il negoziato con l'Ungheria per quell'epoca, cioè all'atto stesso del suo ritorno da Ginevra.

La notizia della rottura del negoziato, a codesto Ministero pervenuta da più parti, si riferisce appunto alle poche ore intercorse tra la sera del 4 maggio e il pomeriggio del 5.

La sera del 5 maggio venne diramato il comunicato finale dei lavori della Conferenza\ il cui paragrafo principale è costituito dalla constatazione che i negoziati della Piccola Intesa con l'Ungheria continuavano.

64 1 Del 4-5 maggio.

64 2 Trattato di amicizia tra Bulgaria e Jugoslavia del 24 gennaio 1937 (testo in MARTENS, vol. XXXIII, p. 647).

64 3 Riferimento al trattato di amicizia tra Italia e Jugoslavia del 25 marzo 1937 (vedi serie ottava, vol. VI, D. 340).

65

IL CONSOLE GENERALE A GINEVRA, BOVA SCOPPA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER TELEFONO 2624/90 R. Ginevra, 9 maggio 1938, ore 22,15.

Visconte Mamolas, delegato governo Burgos, venuto a vedermi oggi mi ha detto che atteggiamento governo francese di fronte questione spagnola,

64 5 Testo in Relazioni Internazionali, p. 380.

malgrado cambiamento Gabinetto, è rimasto immutato. Egli aveva saputo proprio oggi da ottima fonte che Daladier si è impegnato con i socialisti di lasciare aperta frontiera catalana fino al 15 maggio. Tale impegno costituirebbe il prezzo pagato da Daladier per ottenere un atteggiamento non ostile delle sinistre.

64 4 Vedi serie ottava, vol. VIII, D. 112.

66

IL MINISTRO A PRAGA, DE FACENDIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 2675/057 R. Praga, 9 maggio 1938

(per. il 12).

Mio telegramma n. 51 del 7 corrente'.

Riassumo quanto Krofta mi ha comunicato circa il passo fatto il 7 corrente da questi ministri d'Inghilterra e di Francia in merito alla controversia cecotedesca2.

Il ministro d'Inghilterra, rilevandole da documento scritto in sue mani, gli faceva le seguenti dichiarazioni verbali:

0 ) Lo stato di contrasto esistente e di eccitazione sempre crescente fra governo e minoranza tedesca costituisce un pericolo per la pace di cui il governo britannico non può non preoccuparsi, donde l'opportunità di richiamarvi la più seria attenzione del governo di Praga.

2°) La Cecoslovacchia deve riflettere seriamente alla sua posizione e alla sua difficile situazione militare. Se ha ragione di contare su aiuti della Francia e della Russia (Krofta ha voluto farmi credere anche ad accenni più vaghi di eventuali aiuti inglesi) deve pur riflettere che tali aiuti richiederebbero ben più tempo ad arrivare di quello che la Germania impiegherebbe per occupare il territorio cecoslovacco. Una volta l'occupazione effettuatasi, le difficoltà per mettervi termine sarebbero ben gravi.

3°) Il governo britannico rimane fedele alle note dichiarazioni di Chamberlain' e però non ritiene di poter fare alcuna dichiarazione categorica contro la Germania, dichiarazione che risulterebbe un bluff (sic) ove non si volesse provocare un conflitto che l 'Inghilterra vuole precisamente evitare.

66 ' T. 2590/51 R. del 7 maggio. Riferiva che il ministro di Gran Bretagna ed il ministro di Francia avevano effettuato -separatamente -un passo analogo presso Krofta <<per consigliare governo cecoslovacco ricercare soluzione conciliante problema tedesco mediante ogni concessione compatibile con indipendenza e integrità territoriale dello Stato>>.

66 ' Vedi D. 37, nota 3.

4°) Tutto ciò premesso, il governo britannico ritiene indispensabile che sia ricercato e raggiunto un regolamento amichevole della controversia cecotedesca. La Cecoslovacchia dice di volervi provvedere mediante uno statuto delle minoranze. Il governo britannico non è al caso di giudicare se detto statuto possa bastare all'intento. Se ciò non è, bisogna andare oltre e concedere tutto quanto è possibile e compatibile col principio dell'integrità dello Stato cecoslovacco.

Krofta trovava che constatazioni premesse dal ministro d'Inghilterra erano improntate ad esagerato pessimismo probabilmente per dare maggiore efficacia al passo. Egli aveva preliminarmente risposto che il governo cecoslovacco si rendeva perfettamente conto dalla serietà della situazione e dei pericoli che essa poteva comportare, che da parte sua intendeva apportare tutta la sua buona volontà per farvi fronte, che ad ogni modo ai suggerimenti di Londra sarebbe stata data più concreta risposta dopo esame e decisione da parte del governo.

Il ministro di Francia, ricevuto subito dopo dal ministro degli Esteri, era già prima a conoscenza delle comunicazioni che avrebbe fatte il collega inglese. Egli dava al suo passo tono più pacato e contenuto più sommario dichiarando che il governo di Parigi era d'accordo con quello di Londra negli apprezzamenti sulla situazione e che pur non intendendo esercitare imposizione alcuna su Praga riteneva anch'esso dover il governo cecoslovacco fare tutte le concessioni possibili e fino ai limiti estremi compatibili con l'integrità e l'indipendenza della Cecoslovacchia.

Krofta avrebbe dato al ministro di Francia risposta preliminare analoga a quella data al ministro britannico. Entrambi i rappresentanti ripeteranno il passo presso il Presidente della Repubblica o presso il Presidente del Consiglio.

66 2 Si veda in proposito BD, vol. I, D. 192 e DDF, vol. IX, DD. 295 e 296.

67

IL MINISTRO A BELGRADO, INDELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPPORTO SEGRETO 2674/734. Belgrado, 9 maggio 1938 (per. il 15 ).

Stojadinovié, che ho visto stamani, al suo ritorno da Sinaia1 , mi ha fatto cenno delle sue preoccupazioni per i possibili sviluppi della situazione cecoslovacca, specialmente per quanto concerne l'azione ungherese che è venuta ad aggiungersi alle incognite di quella tedesca. Ora, se egli è riuscito, a Sinaia, a mettere in chiaro che -checché accada -gli obblighi jugoslavi e rumeni non

67 ' Alla riunione del Consiglio Permanente della Piccola Intesa del 4-5 maggio.

debbono andare oltre alla lettera delle stipulazioni intervenute fra i membri della Piccola Intesa, non è meno vero che le stipulazioni stesse concernono appunto il caso di un attacco da parte dell'Ungheria.

Ciò stante, Stajadinovié mi ha pregato di comunicare, in via strettamente confidenziale, il suo vivo desiderio di incontrarsi prossimamente con V.E. per parlare dell'argomento. Egli vorrebbe dar seguito al progetto di un incontro, del tutto privato, da effettuarsi a Venezia nel prossimo mese di giugno. Spera che l 'E. V., considerata la situazione, voglia, in tale occasione, suggerire la via da seguire, in qualsiasi circostanza, per la grave questione.

Il Presidente mi ha detto che desidera adottare una linea di condotta «identica» alla nostra. Mi ha espresso il convincimento che uno stretto contatto ed una unicità di azione Roma-Belgrado sia la sola forza capace di determinare utilmente gli sviluppi della situazione che potrebbe presentarsi.

Sarò grato ali 'E.V. se vorrà farmi avere, in proposito, un cenno di risposta per Stojadinovié o, comunque, un cenno che mi serva di norma di linguaggio. Dico questo in relazione a ciò che rilevo da un telegramma di Vinci del 30 aprile scorso n. 0702 nel quale si parla di dichiarazioni riservate fatte dali 'E.V. al barone Villani nei riguardi jugoslavi3

68

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, GALLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 2656/82 R. Ankara, 10 maggio 1938, ore 16,02 (per. ore 21,30).

Ieri giornali Istanbul Tam e Sabah hanno «attaccato» (come risulta da telegrammi Stefani Speciale) in termini accesi notizia che fra l'Italia e Germania si sarebbe trattata questione ripartizione zone di influenza economica Europa Sud-Orientale. Stessa notizia, già data dalla Allgemeine Zeitung 24 aprile è stava ripetuta dalla Havas del 7.

Aras mi ha intrattenuto su detta pubblicazione Allgemeine Zeitung per esprimere suo sentimento su inopportunità tali propositi che avrebbero suscitato reazione. Giudichi V.E. se possa ritenersi per caso utile messa a punto della questione, eventualmente d'accordo con Berlino 1

67 ' Vedi D. 32. Per le dichiarazioni a cui si fa qui riferimento, si veda serie ottava, vol. VIII, D. 445. 67 1 Sul documento vi è -con riferimento alla richiesta di un incontro da parte di Stojadinovié -questa annotazione: «Sì, metà giugno, Venezia. S.E. il M.>>. 68 ' Si veda per il seguito il D. 80.

69

IL MINISTRO A BELGRADO, INDELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 2712/032 R. Belgrado, l O maggio 1938 (per. il 13 ).

Stojadinovié mi ha assicurato di aver tenuto dettagliatamente al corrente il ministro Sola della sua azione alla riunione di Sinaia della Piccola Intesa1VE.

ne sarà, quindi, a quest'ora, informata. Il Presidente si è mostrato particolarmente soddisfatto del risultato ottenuto, in conformità dei desideri dell'E.V. comunicatigli da Sola, per la questione ungherese. Mi ha detto di aver trovato, all'inizio, un ambiente poco favorevole e lo stesso Bardossy sfiduciato. È riuscito a far accettare il suo punto di vista: trattative immediate fra Belgrado e Bucarest con Budapest, conclusione formale dell'accordo a tre quando Praga, in seguito all'annunciato statuto delle minoranze, sarà in grado di firmare.

Ma intanto almeno con Belgrado -per Bucarest la questione sarà, forse, più ardua -un'intesa non appare difficile e potrà essere parafata sollecitamente a dar vita subito al nuovo stato di cose.

Stojadinovié, dopo di aver così approfittato delle speciali circostanze cecoslovacche per girare abilmente l'ostacolo degli impegni assunti nell'aprile dello scorso anno, conta iniziare subito le trattative. Nei riguardi degli obblighi della Piccola Intesa verso Praga. Stojadinovié si sarebbe limitato a far chiaramente comprendere che non intende andare oltre i precisi limiti degli obblighi scritti, tanto più che egli non vede affatto chiaro negli sviluppi prossimi della situazione cecoslovacca per quanto riguarda la questione dei Sudeti, aggravata dali' agitazione ungherese. Continua d'altra parte ad avere molti dubbi sulla solidità della situazione interna romena e sopra la possibilità di più netti orientamenti della politica estera di Bucarest. Egli ritiene che la Romania conti essenzialmente sull'influenza di Parigi per arginare il pericolo russo alla frontiera.

Per quanto concerne il Danubio, Stojadinovié mi ha detto che, di fronte alla complessità del problema, ha creduto meglio di farne aggiornare l'esame.

Mi ha accennato che i romeni avrebbero in animo di prospettare un nuovo sistema di controllo fluviale, che tenesse conto della loro antica aspirazione di veder soppresso quello esercitato alle bocche del fiume dalla Commissione Europea. Nei riguardi della Commissione Internazionale, nella situazione nella quale questa è venuta a trovarsi dopo la scomparsa dell'Austria, il Presidente desidera procedere in assoluta intesa con noi, e, pertanto, non sembra abbia alcuna intenzione di compromettere la situazione che la Jugoslavia occupa nella Commissione stessa fino a tanto che potrà contare sulla presenza dell'Italia. E ciò anche in considerazione degli interessi marittimi del Paese, Stojadinovié non

69 ' Vedi D. 64.

è ancora deciso se accettare o meno l'offerta di insediare a Belgrado la Commissione Internazionale, che deve abbandonare Vienna.

Mi ha detto di aver già fatto chiedere consiglio, per tramite di Sola, all'E.V.. Mi è parso, peraltro, che egli sia propenso per l'accettazione, che, allo stato attuale delle cose, sembrerebbe anche a me la soluzione preferibile.

Il Presidente mi ha, infine, detto che, per quanto concerne la questione dell'Impero e quella del riconoscimento del governo di Franco, non ha avuto che a far accettare a Sinaia le deliberazioni già prese dall'Intesa Balcanica. Circa le discussioni ginevrine in corso, il rappresentante della Piccola Intesa ha avuto istruzioni di appoggiare in pieno l'azione inglese, tenendo conto che i tre Stati hanno già proceduto al riconoscimento dell'Impero. Quanto al governo nazionale spagnolo, in seguito alle intese col suo rappresentante a Bucarest, De Pratt, è stato deciso che i tre Stati procederanno al riconoscimento pieno ed ali' accreditamento normale di rappresentanti diplomatici non appena o Madrid o Barcellona saranno in mano dei nazionali.

70

L'INCARICATO D'AFFARI DI FRANCIA A ROMA, BLONDEL, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNT01• Roma, 10 maggio 1938.

Article 2

Le Gouvernement français prend acte avec satisfaction des déclarations de désintéressement territorial, politique et économique concernant l'Espagne, ses possessions ou zones d'influence, contenues dans la lettre adressée à Lord Perth par le Comte Ciano le 16 Avril sous le n. 35152.

Sempre secondo quanto riferiva Bionde!, nel corso del colloquio Ciano fece anche rilevare che i commenti critici dedicati da parte della stampa francese alla visita di Hitler in Italia avevano un'int1uenza <<incresciosa>> sul negoziato in atto (DDF, vol. IX, D. 323).

Per la posizione intransigente assunta da Mussolini dopo questo colloquio, si veda l'annotazione contenuta nel Diario di Ciano alla data del 12 maggio.

Il 13 maggio, Ciano informò l'ambasciatore britannico, lord Perth, perché a sua volta lo rendesse ben chiaro a Bionde!. che Mussolini aveva deciso di non dare assicurazioni di sorta circa la Spagna e che non intendeva associare la Francia, in qualsiasi forma, agli accordi italobritannici sull'Arabia e il Mar Rosso (CIANO, Diario, alla data corrispondente; DDF, vol. IX,

D. 332). 70 2 Vedi serie ottava, vol. VIII, p. 575.

Article 6

En ce qui concerne les stipulations de l 'accord italo-britannique du 16 Avril relatives au Moyen Orient (annexe 3), le Gouvernment italien déclare n'avoir pas d'objection à l' adhésion de la France aux cinq premiers arti cles de l adite annexe.

70 1 Questo appunto fu consegnato da Bionde! a Ciano nel corso di un colloquio avvenuto l'Il maggio. Di tale colloquio non si è trovata documentazione nell'archivio italiano ma su di esso si veda il resoconto di Bionde! in DDF, vol. IX, D. 315, dal quale risulta il contrasto, manifestatosi in forma ancor più accentuata che in precedenza, circa la Spagna e il Mar Rosso (in proposito si veda anche il Diario di Ciano alla data corrispondente).

71

IL MINISTRO A SOFIA, TALAMO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPPORTO 2326/ ... Sofia, 10 maggio 1938 (per. il 20).

Con mio rapporto 22261795 del l O u.s.' ho segnalato a V. E. le prime reazioni della stampa e dell'opinione in Bulgaria dopo l'incontro del Duce e del Ftihrer: esse possono ridursi a due principali, impressione della potenza italiana considerata di per sé come in funzione dell'asse Roma-Berlino e impressione della solidità del sistema dell'Asse, se pure sembri diffusa la sensazione che il sistema stesso abbia in certo modo toccato i propri limiti di estensione, nel senso che nessun ulteriore ampliamento di esso, né per quanto riguardi eventuali accordi militari, né per quanto riguardi impegni attivi circa il problema cecoslovacco, sarebbe stato stabilito, a quanto si afferma, nella circostanza.

Senonché, è precisamente dal complesso di queste reazioni che prende le mosse uno stato d'animo, che comincia a delinearsi in modo che appare opportuno di avvertirlo: vale a dire che è proprio dalla constatazione della potenza e della solidità del sistema, e delle posizioni prevalenti che esso è destinato ad assumere nei confronti dell'Europa Sudorientale, che nasce e comincia a farsi strada una certa preoccupazione, la quale più particolarmente si indirizza alla Germania, tenendo conto non solo dell'annessione austriaca, considerata solo possibile ai tedeschi nel quadro del sistema, ma anche delle possibilità future implicite nell'attitudine germanica nel problema cecoslovacco e nella spinta tedesca verso questi paesi, che se non è forse solo economica, è comunque potentemente promossa dalle condizioni economiche, le quali fanno di queste, delle economie per gran parte complementari a quella germanica.

Sembra peraltro possa pensarsi che questi Paesi, quali vinti e quali vincitori, che dopo la guerra si erano puntellati o come la Bulgaria, passivamente accomodati all'esistenza di sistemi regionali autonomi, se pure più nella forma che nella sostanza, e garanti di una pace più o meno profittevole agli uni o agli altri, oggi di fronte al periclitare di questi sistemi e al sorgere di una nuova e certo più immediata e potente pressione, siano meglio disposti a riesaminare le loro rispettive posizioni, e a considerare la possibilità di una più intima e generale collaborazione che consenta loro, con la soluzione per quanto possibile auto

71 ' Non pubblicato.

noma dei propri problemi, la ricostruzione di un proprio sistema regionale il più che si possa indipendente da volontà esterne.

Indizio, per ciò che concerne la Bulgaria, indubbiamente interessante della reazione ad una più pronunciata pressione germanica è stato il rifiuto opposto, e anche più la reazione dell'opinione informata, ai progetti tedeschi di coordinare in un sistema sostanzialmente quasi monopolistico il proprio commercio estero in questo Stato: ne ho riferito a V.E. coi miei 1800/583 del 14 aprile u.s. 2 , 2055/703 del 28 aprile u.s.\ e 2135/755 del 4 maggio u.s. 4

Altra manifestazione di cui crederei convenga di tener conto è la tesi, che non è particolarmente sorta, per ciò che sembra, in Bulgaria ma che è stata alquanto ampiamente diffusa qui, e ripresa da questa stampa, in seguito alla propagazione di notizie circa una asserita, testé avvenuta determinazione di sfere di influenza, rispettivamente italiane e tedesche nell'Europa Sudorientale: quella cioè della riaffermazione dell'indipendenza e dell'autonomia degli Stati Balcanici, e dell'utilità confortata da calcoli numerici ed alquanto astratti di potenza, di un loro più intimo collegamento per una unità comune di indirizzo e di condotta, che sembra somigliare molto da vicino ai già noti propositi di unione balcanica.

D'altra parte, ho pure riferito a V. E. con mio telegramma 54 del 9 u.s. 5 come, a giudizio dello stesso Presidente del Consiglio Kiosseivanov, l 'Intesa Balcanica sia in realtà cosa morta per il fatto stesso che uno dei contraenti, anz·i forse il principale, la Jugoslavia, si è sottratto mediante il proprio accordo diretto del gennaio 1937" con la Bulgaria agli obblighi di assistenza del Patto.

Il giudizio mi pare obiettivamente esatto: tuttavia un punto che mi sembra meriti particolare attenzione, e che potrebbe forse andare opportunamente esaminato in rapporto ai surriferiti nuovi accenni di collaborazione interbalcanica, è quello relativo alle reazioni greche e turche di fronte alla nuova situazione del medesimo Patto. La prima di tali reazioni, per ciò che a suo tempo fu più o meno fondatamente affermato, sarebbe stata un rafforzamento dei reciproci impegni mili

71 ' Non rintracciato.

71 'T. 2629/54 R. che è del IO maggio. Riferiva quanto il presidente del Consiglio Kiosseivanov gli aveva detto dopo un breve colloquio avuto alla stazione di Sofia con Bayar e con Riistii Aras diretti a Belgrado. Secondo Kiosseivanov, Io scopo del viaggio dei ministri turchi era di saggiare l'atteggiamento della Jugoslavia dopo che gli impegni militari dell'Intesa Balcanica erano stati contraddetti dai successivi impegni contenuti nell'accordo bulgaro-jugoslavo. Kiosseivanov aveva aggiunto che i ministri turchi sarebbero andati incontro ad una delusione se avessero sperato di indebolire i rapporti tra Bulgaria e Jugoslavia che erano tanto solidi da far ritenere probabile l'uscita della Jugoslavia dall'Intesa Balcanica. Del resto, aveva concluso, dopo l'accordo bulgaro-jugoslavo l'Intesa Balcanica era in piena crisi e si stava trasformando in un accordo greco-turco rinsaldato da precisi impegni militari.

71 ' Vedi D. 64, nota 2.

tari, mediante le precisazioni tecniche di cui al presunto accordo militare turcogreco del 20 ottobre ultimo, standone al testo comunicato confidenzialmente sotto riserva dal Presidente del Consiglio Kiosseivanov a questa R. Legazione che lo trasmetteva all'E.V. con suo rapporto 28 dicembre ultimo n. 676311594'. La seconda reazione, a mio subordinato avviso, si manifesta più certamente nell' accordo addizionale testé firmato ad Atene il 28 febbraio del corrente annd.

E qui occorre rifarsi un momento indietro. Il Patto dell'Intesa Balcanica del 9 febbraio 19349 nella sua immediata sostanziale portata antibu1gara, riproduceva allargandolo e potenziando lo con l'adesione di altre due Potenze eredi di territori ex-bulgari, Jugoslavia e Romania, il precedente accordo greco-turco del 14 settembre 1933 10 Il successivo accordo più ampio assorbiva o non assorbiva

gli impegni similari di quello antecedente, più ristretto, di due dei contraenti del nuovo Patto? E, in caso affermativo, di fronte all'inficiamento di quest'ultimo, ogni giorno più evidente dopo l'accordo bulgaro-jugoslavo del 24 gennaio 1937, non occorreva una messa a punto che ristabilisse esattamente in ogni evenienza gli impegni reciproci della Turchia e della Grecia anche indipendentemente dalle sorti de li'Intesa Balcanica? Di qui l 'utilità deli'accordo addizionale del febbraio il quale, succedendo ai precedenti accordi particolari e generali, rinnoverebbe comunque, bilateralmente, i reciproci impegni turchi e greci.

Non dubito che in Turchia e in Grecia la considerazione dell'utilità dell'accordo addizionale in argomento sia stata a suo tempo affrettata, come è stato affermato, dal momento particolare delle relazioni itala-britanniche in funzione del Mediterraneo orientale ed è certo che di quella preoccupazione sussistono tracce indubbie nella redazione d eli'accordo: mi pare tuttavia che tale preoccupazione non sarebbe esclusiva, e che questo presenti di per sé una utilità, se non una necessità per i contraenti anche indipendentemente da quel particolare momento. Crederei, peraltro, che voglia pur dire qualche cosa il fatto che, nonostante la fine dell'anzidetta tensione nel Mediterraneo orientale l'accordo stesso sia stato mantenuto e stipulato, fra l'altro, circostanza interessante, senza alcun riferimento all'Intesa Balcanica nel suo preambolo, il quale invece espressamente si richiama ai precedenti accordi bilaterali turco-greci, quello del 14 settembre 1933 e fin quello di arbitrato e conciliazione del 30 ottobre 1930 11 • D'altra parte, se il citato accordo militare greco-turco del 20 ottobre 1937 è autentico, sarebbe altresì non privo di significato il fatto che, passato frattanto nelle more della stipulazione dell'accordo addizionale, esso non terrebbe conto di quelle preoccupazioni se non in rapporto principale ali 'obiettivo antibulgaro, in vista del quale soltanto sarebbero stati tassativamente stabiliti concreti dislocamenti di truppe in Tracia.

71 x Vedi D. 22, nota l. Il Trattato era stato siglato il 28 febbraio 1938 e sottoscritto il 27 aprile succesivo.

71 '"Vedi D. 22, nota IO.

71 "Vedi D. 22, nota 9.

Se V.E. mi concede la fondatezza di tali considerazioni, potrebbe tornare

interessante l'esaminare alla luce di esse l'accordo addizionale di cui si tratta.

La prima cosa che viene sotto la vista è la seguente: in caso di attacco contro

il territorio di uno dei due contraenti, con l'espressa riserva che deve trattarsi di

un'aggressione non provocata, non è più l'automatico obbligo di assistenza mutua

che gioca, come nel Patto de li'Intesa Balcanica e come n eli'accordo greco-turco

del 1933, bensì, ed anzi in contraddizione con quegli impegni, soltanto l'obbligo

di neutralità benevola e di volonterosa consultazione in vista del raggiungimento

di soluzioni conformi al «superiore interesse» degli stessi due contraenti.

La nuova situazione creata dall'accordo in argomento potrebbe a prima vista

sorprendere. Anche dato per autentico l'accordo militare del 20 ottobre scorso,

col quale Grecia e Turchia avrebbero rinsaldato anche tecnicamente i reciproci

impegni antibulgari, cosa sarebbe poi accaduto fino al febbraio ultimo quando

esse si inducevano invece ad attenuare i loro impegni fino ad una semplice neutra

lità benevola?

Viene fatto di pensare che il fatto nuovo sarebbe stato appunto costituito,

da una parte dal progressivo affermarsi sempre più saldo dell'accordo bulgaro

jugoslavo del 24 gennaio 1937, che paralizzando l 'Intesa Balcanica imponeva a

Grecia e Turchia una maggior prudenza rispetto ad impegni militari che aves

sero potuto giocare fuori di essa, dall'altra il consolidamento dell'asse Roma

Berlino, che operante nei confronti de !l'Europa Sudorientale col nuovo elemento

prodotto dali' annessione austriaca e con i conseguenti timori di cui ho fatto cenno

sopra, avrebbe potuto far considerare agli Stati Balcanici l'utilità di nuovi contatti

in vista di concordi atteggiamenti, da cui nasceva l'opportunità di attenuare quanto

di più pregiudizievole vi potesse essere nelle posizioni reciproche e soprattutto

in quelle come le posizioni greche e turche verso la Bulgaria, che potessero impli

care, in rapporto all'accordo bulgaro-jugoslavo del24 gennaio 1937, dei contrasti

con la Jugoslavia e il totale sfaldamento dei rapporti interbalcanici. Il che poi,

data la mentalità e i sistemi balcanici, fin troppo noti, potrebbe non affatto esclu

dere la coesistenza di contemporanei accordi militari segreti fra le due Parti, con

tanta certezza affermati da Kiosseivanov.

Da questo indirizzo, alla possibilità di rimettere sul tappeto nuovi piani di

unione balcanica non vi sarebbe più che un passo, se pure un passo lungo su un

terreno non affatto privo di ostacoli. Pure allusioni, argomenti, allarmi, tutti

convergenti verso quel punto non mancano nella stampa e nella opinione di questi

Paesi, e forse potrebbe non essere escluso che qualche cosa di più concreto possa

esser detto a Belgrado dai ministri turchi, tanto più che, a giudicare dalla stampa,

sembrerebbe essere proprio Ankara il centro donde si diffondono più vivace. mente le tesi a cui ho accennato.

Circa l'unione balcanica devo dire che Kiosseivanov mi ha più d'una volta

recisamente dichiarato che in Bulgaria non se ne poteva neppure parlare e che

essa significava implicitamente rinunciare ad ogni possibile futura rivendica

zione nazionale bulgara. Pure è permesso qualche dubbio non solo suli'avve

nire di tali possibilità e sull'energia che sappia poi impiegare la Bulgaria a farle

valere, mentre non manca chi crede che quanto meno alcune di tali rivendicazioni, come appresso preciserò a V.E., potrebbero con più successo essere fatte valere in un clima di accordi. D'altra parte è possibile che questo Paese rimanga isolato su tutti i fronti meno che verso la Jugoslavia? Mentre questa, poi, a sua volta si viene per ciò stesso a trovare sempre più in grado di premere efficacemente sulla Bulgaria in un senso o nell'altro, e questo senso, come ho già riferito all'E.V. sembra essere per ora soprattutto quello conciliativo. D'altra parte, quali che siano le affermazioni di Kiosseivanov, non è men certo che un qualche riavvicinamento fra la Bulgaria e i suoi vicini greci, turchi, e fin romeni, come ho scritto a V.E., vi è pur stato, e non so se nelle circostanze attuali dell'Europa Balcanica, questo possa essere messo unicamente sul conto dell'opportunità di dissipare maggiori allarmi e cattive volontà.

La stampa poi, e occorre non dimenticare che qui esiste il controllo preventivo, indica anche un punto su cui un più vasto accordo potrebbe essere raggiunto: quello delle minoranze. In questo senso, oltre alle segnalazioni già effettuate con il mio ràpporto n. 21761763 del 7 maggio u.s. 12 , si esprimeva in un recente editoriale dell' Utro il professar Ghenoff, rettore di questa Università ed autorevole scrittore di politica estera, ricordando come nella questione delle minoranze si osservi un cambiamento di fronte da parte degli Stati della Piccola Intesa e dell'Intesa Balcanica da quando gli argomenti di cui essi si servivano per difendere la loro politica antiminoritaria vengono ora sfruttati dalla Germania e rivolti contro i piccoli Stati. Occorre infine tenere presente che il gesto testé compiuto dalla Bulgaria nei confronti della scuole minoritarie turche investe appunto, in un senso di distensione, il problema delle minoranze.

Ho segnalato con ciò a V.E. delle premesse che crederei probabili, ma alle cui conseguenze permangono, ripeto, ostacoli e anche ostacoli gravissimi. Riterrei tuttavia che converrebbe di seguire gli sviluppi della situazione, tenendo conto degli indizi a cui ho accennato.

D'altra' parte, questo Paese, preoccupato dalla pressione germanica, passibile di assorbimento se non territoriale almeno politico jugoslavo, ostacolato nelle sue possibilità e nelle sue aspirazioni dai suoi vicini greci e turchi, per non parlare dei romeni, dovrà ben risolversi a scegliere la sua strada.

È di fronte a queste condizioni di perplessità che sarebbe da esaminare ove potrebbe inserirsi una nostra maggiore attività politica.

D'altra parte, crederei che ogni nostra maggiore attività politica in Bulgaria non potrebbe non tener conto di due principalissimi elementi, in ciò che essi possano avere di più esclusivo, vale a dire l'attività della Jugoslavia e quella della Germania in questo Paese: la prima, come ho già scritto a V.E., politicamente più assorbente per la comunanza con esso di razza, lingua, religione, costumi e per il fatto che dopo l'accordo del 1937 rappresenta la sola porta aperta per la Bulgaria, finora circondata su ogni altra frontiera da ostilità; la seconda,

71 '' Non rintracciato.

a parte il suo peso di maggior Potenza europea, economicamente più premente, per il fatto di presentare la massima possibilità di sbocchi alla produzione bulgara, e di esserne in effetti il massimo mercato.

In realtà, finora almeno, entrambe le attività sembrano procedere alquanto concordi, tant'è che fino a questo momento, come già segnalai a VE., la Jugoslavia, anche in vista dei propri interessi intermediari e di transito, si è dimostrata proclive a promuovere e facilitare i rapporti bulgaro-tedeschi nel campo economico.

È presumibile, peraltro, che nell'ipotesi di un eventuale affermarsi di più concreti piani di unione balcanica, che solo la collaborazione jugoslava renderebbe possibili, tale concordia non solo verrebbe ad affievolirsi ma non potrebbe anzi non risentire della funzione sostanziale che verrebbe ad assumere l'unione stessa, che per non essere necessariamente antigermanica, non sarebbe meno quella di uno schieramento di più compatta resistenza nei confronti della pressione germanica nell'Europa Sudorientale.

E a questo punto, subordinatamente al superiore avviso di VE., crederei che le nostre posizioni sotto il loro duplice aspetto ad esse derivante dagli accordi itala-jugoslavi e da quelli itala-tedeschi meriterebbero un particolare esame.

Se invece ogni eventualità di unione balcanica debba essere considerata senz'altro scartata, si potrebbe credere che, a meno di diversi particolari atteggiamenti della Jugoslavia anche all'infuori di quella eventualità, la pressione germanica in questo Paese possa andar pronunciandosi fino ad un limite in cui potrebbero risentirne i nostri interessi diretti.

Peraltro l 'uno e gli altri casi ipotizzati condurrebbero, per quanto concerne la nostra condotta, ad indirizzi di ordine generale che non sta a me di interpretare.

71 2 Non rintracciato.

71 4 Trasmetteva un rapporto dell'addetto commerciale a Sofia sulla penetrazione economica tedesca in Bulgaria. II ministro Talamo attirava l'attenzione sul fatto che un ulteriore infeudamento economico della Bulgaria alla Germania non avrebbe mancato di avere ripercussioni nel campo politico e destare allarme anche in relazione alle posizioni dell'Italia.

71 7 Vedi serie ottava, vol. VII, D. 751.

71 9 Testo in MARTENS, vol. XXIX, pp. 3-4.

72

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

LETTERA PERSONALE SEGRETA 3145. Berlino, IO maggio 1938'.

Con riferimento alle tue n. 4195 del 6 u.s. e 4291 del 7. u.s.2 , restituisco qui uniti gli estratti relativi all'Alto Adige del 5 e 6 maggio e del 7 maggio. Penso che con le chiare e, tra parentesi, molto belle parole pronunciate dal Cancelliere Hitler a Palazzo Venezia\ l'inesistenza di un problema i tal o

tedesco dell'Alto Adige abbia avuto il dovuto risalto anche agli occhi degli alto-atesini. Ti sarò a tale proposito molto grato se mi farai conoscere quanto sia stato eventualmente detto costà dal Ftihrer o da altri sulla questione stessa.

Quanto agli appunti che restituisco, noto che ora gli alloglotti sembrano particolarmente preoccupati, dopo le loro agitazioni degli scorsi giorni, delle reazioni italiane e delle misure di polizia. Penso quindi che la situazione, specie se non vi saranno da parte nostra azioni locali eccessivamente dure, vada calmandosi.

Naturalmente resta la grave constatazione, che si rileva dalle varie notizie fornite dall'Arma e dalla Polizia, contenute negli appunti che mi hai inviato in questi giorni, relativa al fatto che gli alloglotti, dopo 20 anni di vita nei confini italiani, si mantengono estranei ed indifferenti, ed in talune circostanze ostili, alla vita collettiva del nostro Paese4

72 1 Manca l'indicazione della data di arrivo.

72 2 Non pubblicate. Trasmettevano, senza commenti, gli «estratti di notizie>> sull'Alto Adige qui in riferimento.

72 3 Vedi D. 56, nota l, sub. 91.

73

L'AMBASCIATORE IN CINA, CORA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 2672/210 R. Shanghai, 11 maggio 1938, ore 8 (per. ore 4,25 del 12).

Ambasciatore di Germania Tokio in viaggio Berlino si è fermato qui per un giorno.

Non mi è stato possibile vederlo essendo stato impegnato tutto il giorno per le celebrazioni Impero. Console Generale di Germania' che mi aveva invitato ricevimento intimo nippo-germanico per incontrare il generale Ott mi ha detto confidenzialmente, in risposta alla mia domanda, che l'ambasciatore non sembrava

73 ' Herman Kriebel.

avere tutte le idee del generale a suo tempo da me comunicate (mio telegramma

n. 438 del 28 ottobre 1937').

Comunque Giappone ha preparato uno sforzo maggiore in Cina e le operazioni in corso dovrebbero finalmente marcare inizio decisa ripresa. Non sembra che le ripetute dichiarazioni giapponesi di non voler trattare con Chiang Kaishek incontrino approvazione germanica.

Ciò nonostante si ritiene che, effettuandosi ulteriori solleciti cambiamenti ministeriali sarebbe possibile intraprendere negoziati pace, note dichiarazioni impegnando solo principe Konoye. È evidente preoccupazione germanica per sviluppo assunto dal conflitto cino-giapponese e per supposte deficienze esercito nipponico. Ambasciatore Otto si incontrerà Hong-Kong con suo collega di Hankow.

Comunicato a Roma c Tokio'.

72 4 Nel!'«estratto di notizie» sul!' Alto Adige del 7 maggio qui in riferimento si segnalava da parte della polizia che la situazione era <<tutt'ora pervasa da illusorie aspirazioni irredentistiche palesatesi dopo il plebiscito del 10 aprile e più precisamente dopo qualche giorno dal ritorno in provincia di Bolzano degli ottomila germanici ivi residenti, reduci dalle elezioni plebiscitarie, i quali con evidente interessata malafede hanno riportato e ingigantito qualche vociferazione e qualche irrequietezza raccolta ad Innsbruck e nella vallata dell'Inn circa un'imminente volontà di cessione dell'Alto Adige alla Germania da parte dell'Italia>>. Questo stato d'animo -proseguiva la segnalazione -si manifestava quotidianamente con l'accensione di fuochi sui picchi delle montagne, con l'esposizione di bandiere germaniche, con il saluto nazista al passaggio di auto germaniche che ostentavano sul cofano la bandiera del Terzo Reich e con il dimostrare una totale ignoranza della lingua italiana. «Le Autorità di Polizia dell'Alto Adige -si concludeva -considerano che il fermento delle popolazioni allogene, pur non assumendo al presente proporzione di allarme, vada tuttavia considerato attentamente e valutato di notevole gravità>>.

74

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI

T. SEGRETO 446/169 R. Roma, Il maggio 1938, ore 23.

Telegramma di V. E. n. 225'.

Questo addetto militare giapponese, colonnello Arisue, ha comunicato oralmente a questo ministero di avere avuto incarico da codesto Stato Maggiore di accertare se e quali condizioni per un armistizio sarebbero state proposte a noi da parte cinese. Gli sono state comunicate verbalmente per sommi capi offerte cinesi di cui mio telegramma n. 107', spiegandogli motivi per i quali non avevamo creduto di farci tramite delle offerte stesse presso codesto governo'. Arisue ha

73 'Con riferimento a quanto qui comunicato, l'ambasciatore Cora telegrafava successivamente (T. 2726/s.N. R. del 13 maggio) che il suo collega di Germania, Trautmann, era partito da Hankow per incontrare l'ambasciatore Ott e indurlo ad assumere un atteggiamento favorevole alla Cina. Trautmann, inoltre, sembrava essere <<quasi riuscito» a convincere Berlino del buon fondamento della causa cinese.

74 ' Vedi serie ottava, vol. VIII, D. 400.

74 'Vedi ihid., DD. 400 e 408.

vivamente ringraziato per la comunicazione e l'atteggiamento da noi tenuto ed ha promesso che ci farà conoscere quanto eventualmente gli venisse comunicato in proposito dal suo Stato Maggiore.

Nel corso della conversazione, Arisue, che è solito esprimersi con molta franchezza in perfetto italiano, non ha fatto mistero della sua inquietudine per il prolungarsi delle operazioni in Cina, soprattutto in considerazione del gravissimo onere finanziario che esse impongono al Giappone. Se il pensiero di Arisue è conforme a quello di codeste Autorità militari, si dovrebbe concludere che esiste ora costà disposizione a entrare in trattative per una sospensione ostilità.

Quanto precede per opportuna informazione di V.E. e per eventuali sondaggi specialmente in codesti ambienti militari. Il presente telegramma non, ripeto non, è stato per ora comunicato a Shanghai4

73 2 Con T. 7461 /43R R. del 2g ottobre 1937, l"ambasciatore Cora aveva riferito circa ripetuti colloqui avuti con l'addetto militare germanico a Tokio, generale Ott. Quest'ultimo aveva espresso l'opinione, dopo aver visitato il fronte dei combattimenti, che la campagna costasse al Giappone uno sforzo molto superiore al suo effettivo potenziale bellico c che fosse interesse delle Potenze dell'Asse una rapida soluzione del conflitto, così che il Giappone conservasse la sua efficienza bellica e tornasse a rappresentare un efficace contrappeso ad Oriente nell'eventualità di una guerra contro l'U.R.S.S. L'ambasciatore Cora riteneva che il pessimismo del generale Ott fosse «preconcetto>> e i suoi giudizi militari «spicci e alquanto scolastici>>.

74 2 Vedi ibid., D. 393. In realtà, le offerte cinesi cui si fa qui riferimento erano contenute nel T. 17391150 R. del 23 marzo da Shanghai, pubblicato ibid. come D. 385, di cui l'ambasciata a Tokio era stata informata direttamente da Shanghai.

75

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, PIGNATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 2661/62 R. Roma, 11 maggio I938 (per. stesso giorno).

Il Cardinale Segretario di Stato mi ha invitato a recarmi da lui. Egli era stato chiamato stamane a Castelgandolfo, in udienza straordinaria. Il Papa gli aveva segnalato un articolo pubblicato nel n. 128 del l! Popolo d'Italia di domenica 8 corrente'. Il Pontefice considerava ingiuriosa per la Sua Persona, la chiusa dell'articolo. Il cardinale Pacelli era stato incaricato di farmi sapere d'urgenza che se non si fosse provveduto subito il Papa avrebbe pensato Lui a mettere le cose a posto.

Sono abbonato a Il Popolo d'Italia, ma il numero dell'8 corrente non mi è pervenuto.

La prima parte de li'articolo è storica. Si parla di Filippo Il e Caterina dei Medici. Ma è evidente che l'articolo è stato scritto per l 'ultimo periodo che ha voluto essere una replica al recente discorso del Pontefice con l'accenno alla croce uncinata (mio telegramma per corriere n. 57 del 5 c.m. 2).

75 ' L'articolo, dal titolo "La religione e la croce", dopo una disquisizione di carattere storico, così terminava: «oggi è pericoloso assai parlare della croce di Cristo e agitarla come se fosse un'arma, e ritrovarsi poi nella minacciosa e sogghignante compagnia di usurai massoni e bolscevichi, senza più nemmeno' la frusta che li cacci dal tempio di Dio, ma solo, disperatamente solo, a pregare, pregare, pregare».

75 ' Vedi D. 53.

Ho risposto al cardinale Pacelli che avrei riferito all'E.V. la sua comunicazione3.

74 4 Per la risposta da Tokio si veda il D. 91.

76

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. RISERVATO 2037/797. Mosca, li maggio 1938 (per. il 16).

Telegramma per corriere n. 6199/c. P.R. del 2 corrente 1

L'opinione espressa da Krofta al R. Ministro a Praga circa l'attitudine inglese di fronte alla controversia ceco-germanica mi risulta condivisa anche da Mosca.

Parlando con questo ministro d'Ungheria, che me lo ha ripetuto, il signor Litvinov si è dichiarato convinto che. nel caso di una aggressione tedesca contro la Cecoslovacchia -la quale farebbe entrare in azione l'accordo franco-cecoslovacco-l'Inghilterra sarebbe inevitabilmente condotta ad intervenire a fianco della Francia, e ciò come effetto di quella stretta solidarietà militare raggiunta fra Londra e Parigi in seguito alla visita dei ministri francesi alla capitale inglese 2

77

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 2695/358 R. Londra, 12 maggio 1938, ore 13,47 (per. ore 18,15).

Chamberlain, che ho visto ieri sera, non (dico non) mi ha nascosto la sua viva irritazione per i tentativi fatti nell'intento di intorbidare acque e cercare pretesti per ritardare definizione questione riconoscimento dell'Etiopia.

Chamberlain ha continuato dicendomi che questo è grottesco e ridicolo, ma che egli personalmente taglierà corto a tutto ciò. Mi risulta infatti (per il tramite

75 ' In proposito vi è un appunto del capo deli'Ufficio Santa Sede, Bellardi Ricci, che dice: «Informato Pignatti che si lascia alla Santa Sede di regolarsi come crede. Pignatti lascerà quindi cadere la comunicazione del Cardinale Pacelli. Prevede che il Pontefice "darà sfogo al proprio dolore" nei prossimi giorni>>.

76 ' Il documento ha il visto di Mussolini.

nota persona amica') che Chamberlain ha chiamato al telefono Halifax e gli ha dato istruzioni precise in questo senso, cioè di tirare diritto.

Chamberlain ha fatto inoltre chiamare al Foreign Office questo ambasciatore di Francia2 e gli ha fatto comunicare, pregandolo di riferire ciò a Parigi, che egli non (dico non) intende prestarsi al giuoco ginevrino e che, sulla base della recente intesa con Daladier a Londra, egli conta sulla promessa ottenuta dal governo francese di appoggiare incondizionatamente a Ginevra azione ministro Affari Esteri britannico3

76 1 Non rintracciato. Ritrasmetteva forse il D. 28.

78

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, SUVICH, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 2697/110 R. Washington, 12 maggio 1938, ore 15,30 (per. ore 6 del 13 ).

In questi ultimi giorni si è intensificata la campagna promossa dalla sinistre (mia comunicazione 104 del 3 corrente'). È stata sparsa la voce con tanta insistenza che Segretario di Stato avrebbe dimissionato perché disapprovava dichiarazioni Presidente a favore del patto italo-inglese2 che il Segretario di Stato ha pubblicato una dichiarazione scritta per smentire tale voce. Detta campagna ha preso di mira anche l'atteggiamento Francia e Inghilterra a Ginevra con attacchi particolarmente diretti alla politica Chamberlain. Oggi, Segretario di Stato, di fronte richiesta giornalista su atteggiamento americano in relazione avvenimenti Ginevra, ha riaffermato assoluta immutabilità politica americana richiamandosi alle dichiarazioni del luglio scorso3 in cui, con frasi del resto molto vaghe, ripudiava impiego della forza nelle relazioni tra popoli. Ha poi anche affermato che dichiarazioni precedenti relative accordo anglo-italiano non sono intese alterare tali principi. Al Dipartimento di Stato si tende dare dichiarazione interpretazione molto generica nel senso che governo degli Stati Uniti non può compromettersi nella situazione che potrà derivare da sviluppo azione militare Giappone in Cina.

77 ' André Charles Corbin.

77 1 L'avvocato Adrian Dingli.

77 3 Lo stesso 12 maggio, si chiudeva al Consiglio della Società delle Nazioni la discussione sul problema etiopico che era stato iscritto all'ordine del giorno in seguito alla nota inviata dal governo britannico al Segretario Generale della Società delle Nazioni il 9 aprile precedente. Il presidente di turno, Munters, dichiarava a conclusione che sarebbe spettato a ciascuno Stato membro di prendere le decisioni che più riteneva opportune circa la situazione risultante dalla conquista italiana dell'Etiopia.

78 1 Vedi D. 8, nota 4.

78 2 Vedi D. 8, nota l.

78 3 Vedi FRUS, 1937, vol. I, pp. 699-700.

79

IL CONSOLE GENERALE A GINEVRA, BOVA SCOPPA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER TELEFONO 2676/115 R. Ginevra, 12 maggio 1938, ore 21,15.

Mi permetto sottoporre a V.E. alcune considerazioni sui discorsi pronunziati oggi davanti al Consiglio della Società delle Nazioni sulla questione etiopica.

La frase capitale del discorso di Halifax' è quella in cui egli ha detto: «Il governo di S.M. stima che nella situazione presente i membri della Società possono senza mancare di lealtà prendere quelle misure e in quel momento che loro sembrerà opportuno». Tutto il resto del discorso è elegante e ben congegnata accademia. Halifax ha reso omaggio ai laburisti più che al patto quando ha affermato che «il governo inglese è lontano dal suggerire al Consiglio o a qualsiasi membro della Società di cancellare la condanna che la S.d.N. nel suo insieme aveva giudicato di dover pronunciare» ed ha messo troppo in risalto che le misure che il governo di S.M. prenderà dipenderanno dai progressi che saranno realizzati in un'altra questione importante e difficile, ciò che ha permesso a Tafari di ribattere a mezzo Taizez che «il sacrificio dell'Etiopia è subordinato al regolamento soddisfacente per l'Inghilterra e per la Francia della questione spagnola». Ciò ha permesso anche a numerosi delegati oggi di dirmi che chi usciva battuta moralmente dalla seduta odierna del Consiglio era l'Inghilterra che aveva lasciato venire a Ginevra Tafari per un gesto di suprema cortesia ma che si era risolto in un 'umiliazione ancora maggiore per l'ex monarca; l'Inghilterra che aveva subìto per bocca di un negro un processo moralmente ancora più grave di quello rivolto all'Italia.

II discorso di Bonnet è stato assai buono. Premessa la fedeltà alla Lega l'essenza del discorso è contenuta nella frase realisti ca: «<l governo francese crede prima di tutto che bisogna obbedire alla volontà di pace ed esprime il desiderio che sia riconosciuto come le circostanze attuali permettano a ciascuno Stato membro di apprezzare da solo le proprie decisioni».

Il discorso di Litvinov è stato nel complesso moderato, rivolto soprattutto all'Estremo Oriente e diretto a stabilire che «la S.d.N. non deve cambiare atteggiamento, sia di fronte ad annessioni dirette di territori, sia di fronte ai casi in cui tali annessioni sono camuffate dalla creazione di governi nazionali fantocci, sedicenti indipendenti, e che non servono che da paravento all'aggressore».

Bonnet in conversazioni private nel fare l'elogio della moderazione di Litvinov ha specificato che in gran parte ciò si doveva ai negoziati economici in corso tra Mosca e Roma che hanno consigliato al rappresentante sovietico molta prudenza.

Discorsi degli altri delegati non meritano speciale rilievo.

79 ' Il testo del discorso è in Relazioni Internazionali; p. 380.

La giornata viene definita in complesso come una grande vittoria del realismo politico. Anche gli avversari riconoscono che solo la tenacia ed il senso storico del governo italiano hanno finito col prevalere ed imporsi'.

Bonnet ed Halifax hanno discusso stasera sul problema spagnolo. Halifax ha sostenuto che tutta la questione deve ritornare alla sua sede naturale che è Londra. Anche negli ambienti della delegazione francese si affermava stasera che «la questione è finita per Ginevra» mentre, naturalmente, Del Vayo preannunzia una sua violenta replica per domani con relativa richiesta di convocazione del!' Assemblea, minaccia che oramai non turba più nessuno tanto è lo scetticismo che ha invaso l'ambiente dopo il clamoroso fallimento odierno.

Per la questione cinese il Consiglio arriverà ad una risoluzione di condanna generica e di condanna specifica dei bombardamenti aerei, risoluzione che lascerà naturalmente il tempo che trova.

La questione della neutralità svizzera si sviluppa lentamente in conversazioni tra Motta e Sandler. Pare che il Consiglio sarà disposto ad accettare sede in Svizzera a condizione che Motta dia garanzia precisa circa il libero funzionamento della Lega anche in caso di guerra.

80

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATA AD ANKARA E ALLE LEGAZIONI AD ATENE, BELGRADO, BUCAREST, BUDAPEST E SOFIA

T. PER CORRIERE 453/C. R. Roma, 12 maggio 1938, ore 24.

(Per tutti) Notizie stampa estera divisione zone influenza Germania Italia', insussistenti.

Di possibilità di divisioni, non si è nemmeno parlato. Interesse italiano a tutto quello che riguarda Stati danubiani e balcanici resta quello che è sempre stato, cioè immediato e diretto, senza sottintesi o riserve.

Telegrafato Budapest, Belgrado, Sofia, Bucarest, Atene, Ankara. (Per Budapest e Belgrado) Alla prima occasione informate a mio nome di quanto precede Kànya e Stojadinoviél.

79 'Vedi D. 77, nota 3.

80 ' Vedi D. 68.

80 ' Il passo prescrittogli fu compiuto dal ministro Vinci presso Imredy il 16 maggio (vedi D. 107, nota 1). Da Belgrado, il ministro Indelli telegrafava che le voci circa la divisione in sfere d'influenza non avevano trovato spazio nella stampa jugoslava ma che comunque Stojadinovié era stato <<particolarmente grato>> per la smentita che gli era stata fatta pervenire

(T. per corriere 2844/033 R. del 16 maggio).

81

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, GALLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPPORTO 851/457. Ankara, 12 maggio 1938 (per. il 17).

Con la nostra adesione alla Convenzione di Montreux 1 scompare l 'ultimo diaframma politico che si opponeva, almeno formalmente, al pieno ed incondizionato sviluppo dei rapporti amichevoli fra l 'Italia e la Turchia. Insieme al valore di questo nostro atto nel settore del Mediterraneo Orientale, nel quadro della nostra collaborazione internazionale a quegli accordi che hanno tale significato, ed alla vigilia della visita di Hitler, è soprattutto la portata nelle relazioni italo-turche che è stata qui sentita da ogni strato della opinione pubblica e dalla stampa.

«Si consolidano nuovamente le relazioni sincere e non offuscate da nessuna ombra fra i due Paesi ... Noi crediamo al ministro degli Esteri del Regno d'Italia e Imperatore di Etiopia quando dichiara che si è inspirato ai sentimenti di cordiale amicizia esistenti fra l'Italia e la Turchia ... l'Italia è stata la prima grande Potenza che ha dimostrato simpatia per la nazione turca ... la nazione turca non dimenticherà mai gli aiuti morali e materiali datile in quei giorni oscuri ... Otto anni fa l'Italia ha favorito l'accordo turco-greco che è una delle basi più solide della pace nel Vicino Oriente ... La politica realista di Mussolini porta l'Italia di successo in successo, il che è motivo di soddisfazione per noi turchi ... l'Italia è il perno intorno a cui si muovono il piano anglo-francese ed il piano tedesco ... ».

Tali frasi che ho estratte dalle moltissime analoghe di questa stampa non si udivano da un pezzo, forse non erano più apparse da dopo il 1934, anno che marcò il punto cruciale di sospetti turchi verso supposte mire del nostro Paese su!l'Anatolia. Meritavano quindi che fossero rilevate per l'E.V. a concreta riprova del grande mutamento avvenuto, mutamento che occorre non sia effimero e transitorio, ma concreto e duraturo.

Tali espressioni giungono in un momento in cui la considerazione per il nuovo prestigio e la nuova forza, che finisce con l 'imporsi anche qui, sono cresciuti fino ad un grado che ormai traspare in ogni manifestazione, anche se qualche nostalgico rancore e qualche meschina gelosia appannano ancora secondarie espressioni e manifestazioni isolate, che Parigi e Mosca cercano alimentare con ogni possibile mezzo, anche tendenzioso ed insidioso.

Vogliate permettermi, Eccellenza, e specialmente Voi che conoscete ogni mio più segreto pensiero su questo problema turco, di accennare di sfuggita alla situazione da me qui trovata nel principio del '35 quando presi a dirigere questa

missione e le fasi attraversate in questi tre anni e mezzo, e le difficoltà ed i tranelli incontrati assai spesso, e la azione ostinata e paziente che ho svolta con i pochi mezzi che qui si possono avere presso il governo turco, specialmente presso lsmet fin che fu alla Presidenza del Consiglio, poi presso Aras.

Ma la mia attività non ha potuto avere e non ha avuto che finalità negative. Solo ad un certo momento Vi prospettai, circa un anno fa', la possibilità di agire in superficie, senza per altro illudere di poter penetrare in profondità.

Da oggi in poi si presenta la possibilità di agire positivamente, ed in profondità, con la speranza di qualche risultato. E se vorrete, Eccellenza, darmi le Vostre desiderate direttive e le Vostre istruzioni per quel risultato e quegli scopi che Vi sembreranno più utili ai fini della nostra politica generale, mi adopererò ostinatamente per raggiungerli.

Dal canto mio debbo far presente a V.E. che oramai, nelle condizioni presenti e se non intervengano di qui all'autunno fatti nuovi, è difficile non effettuare per quell'epoca la promessa visita ad Ankara. Già Aras me ne ha fatta discreta allusione dicedendomi che al suo ritorno da Belgrado mi avrebbe lungamente parlato per formulare un programma fino ali'ottobre. Il quale non può non essere se non la ripresa di quello non effettuato lo scorso anno: visita della squadra turca in un porto italiano, visita all'Italia di un gruppo di giornalisti turchi, Vostra visita ad Ankara. Per la quale visita, solo al momento in cui sarà definitivamente assicurata ed imminente si potrà vedere quale effettivo e concreto scopo darvi, affinché essa non rappresenti per Voi una pura esteriorità di convenienza, ed una perdita di tempo. È da sperare anzi, da credere, che di qui ad allora una ragione concreta di somma utilità per il nostro Paese, sia di natura politica che di altra specie, possa maturare e darvi giustificato contenuto.

Intanto mi permetto subito raccomandarVi, Eccellenza, quanto scriverò in dettaglio circa la richiesta turca di forniture industriali di grande mole che si intende fare presso di noi. Si tratta di navi, di aeroplani, di armamenti vari. A [impedire dil prendere in seria considerazione queste richieste, ostava finora la mancanza da parte mia di una ben definita situazione politica italo-turca della quale avvalermi per premere costà nei limiti del possibile, la situazione del clearing italo-turco che da due o tre mesi si presenta invece estremamente vantaggiosa nei nostri riguardi dando la prova che se vi sia la nostra volontà tale situazione potrà continuare, la dimostrazione chiara che senza nuocere ai normali scambi commerciali fra l'Italia e la Turchia vi è maniera di pagare nostre importanti forniture con prodotti turchi che dobbiamo acquistare altrove con divise il qual equivale poi pagarci in divise le nostre forniture industriali. Questi tre argomenti svilupperò con ogni ampiezza e, permettetemi, con ogni energia per persuadere gli organi competenti di costà. Ma a nulla varranno le mie argomentazioni se non crederete di darvi il Vostro convinto appoggio.

L'altro campo nel quale qualche incremento e progressione è possibile è quello culturale. Anche qui vi sono nostri progetti in sofferenza da tre anni. Intendo riprenderli in pieno e spingerli con ogni mia energia. Per altro il compito è più delicato poiché facile è urtare suscettibilità e falso amor proprio di questo giovane regime kemalista. (Il maldestro professor Jacopi ne è la più palese dimostrazione). Dovrò pertanto procedere con molte accorte cautele. Comunque è un campo nel quale vi è oggi messe da raccogliere. È superfluo ripetere che non mi faccio illusione di alcun risultato se Vostra Eccellenza non creda darmi approvazione ed appoggio. E segnalando Vi le mie particolari proposte lo chiederò di volta in volta.

Tali progetti generali che ora Vi ho espresso, si riannodano, Eccellenza, al superiore concetto di agire con tutte le mie possibilità per far prendere qui in ogni campo all'Impero Fascista tutto quel Dominio e quella Maestà che gli hanno conquistato il Duce e che Voi realizzate con la Vostra fatica quotidiana.

81 1 Avvenuta il 2 maggio. Testo in Trattati e Convenzioni. vol. L, pp. 528-529.

81 2 Vedi serie ottava, vol. VI, D. 308.

82

IL SOTTOSEGRETARIO ALLA GUERRA, PARIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

LETTERA PERSONALE SEGRETA 223 V.C.S. Roma, 12 maggio 1938 (per. il 13 ).

Faccio seguito alle lettere 174 del 21 aprile' e 210 del 5 maggio2 relative all'attività germanica per accaparrarsi la riorganizzazione delle forze armate in !spagna e mi richiamo anche alla Tua 18620 del 23 aprile' sullo stesso argomento.

Ti segnalo in proposito il telegramma 9754 -6 maggio -del gen. Frusci4 secondo il quale una missione di ufficiali spagnoli con a capo il generale Orgaz parte, dietro invito tedesco, per la Germania per studiarvi l'organizzazione delle scuole.

Ciò in contrasto con le dichiarazioni esplicite del capo servizio informazioni tedesco, ammiraglio Canaris', che la Germania, limitandosi alla riorganizzazione della marina spagnola, «Si disinteressa dell'esercito e dell' aeronautica»6 .

82 ' Vedi serie ottava, vol. VIII, D. 521.

82 ' Vedi serie ottava, vol. VIII, D. 532.

82 ' Vedi D. 50.

82 ' Sul documento vi è il timbro <<Visto da S.E. il Ministro>> e la seguente annotazione: «<l generale Berti si occupi della cosa e cerchi di ottenere che una missione spagnola venga a visitare le nostre scuole>>. Si veda per il seguito il D. 275.

82 2 Vedi D. 50, che è del 4 maggio.

82 4 Non pubblicato. Il suo contenuto è qui indicato.

83

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

LETTERA PERSONALE RISERVATA 3211. Berlino, 12 maggio 1938'.

In risposta alla tua n. 4299 del 10 u.s. 2 restituisco qui unito l'appunto relativo alla situazione in Alto Adige per i giorni 8, 9 e 10 u.s.'

Vedo che a mano a mano si va facendo strada tra gli alloglotti la persuasione che il preteso problema dell'Alto Adige sia liquidato. E quindi delusione.

Interessanti quelle dichiarazioni, riferite nell'appunto stesso, di qualche allogeno che le popolazioni germaniche alto-atesine sono state «tradite» e «vendute»!

Questo nuovo stato d'animo dovrebbe in fondo essere favorevole ad un maggiore avvicinamento a noi della popolazione alto-atesina4

Le delusioni degli alloglotti evidentemente continueranno. Nelle notizie, ad esempio, riferite da fonte fiduciaria e contenute neli'appunto qui allegato, si accenna alla circostanza che dai Tedeschi dell'Alto Adige viene considerato come un loro martire il noto prof. Reut Nicolussi. Ora, come ti ho precedentemente comunicato, proprio il Reut Nicolussi ha visto la Gestapo perquisire, negli scorsi giorni, la sua casa di Innsbruck.

Egli, sempre secondo quanto comunica il nostro R. Console Generale di

83 ' Manca l'indicazione della data di arrivo. 83 'Trasmetteva, senza commenti, gli «estratti di notizie>> sull'Alto Adige qui in riferimento. 83 Nell' <<estratto di notizie>> sull'Alto Adige del IO maggio, era segnalata la profonda

.l

delusione provocata dalla sconfessione ufficiale dell'irredentismo altoatesino fatta da Hitler con il brindisi di Palazzo Venezia. Non pochi altoatesini si sentivano <<traditi>> e <<Venduti>>: ma altri erano decisi a proseguire nelle manifestazioni di attaccamento al Reich <<per richiamare l'attenzione di Berlino e dare alla diplomazia germanica la possibilità di intraprendere dei passi a Roma>>.

83 'Nel successivo <<estratto di notizie>> sull'Alto Adige dell'Il maggio-inviato al consigliere Magistrati con lettera Ciano 4344 del 12 maggio -veniva confermato che il brindisi di Palazzo Venezia aveva provocato un'impressione penosa negli altoatesini tanto da indurre la maggioranza di essi a disinteressarsi del passaggio di Hitler per la Valle dell'Isarco nel suo viaggio di ritorno in Germania. Tuttavia-si concludeva-non era da prevedere un mutamento sostanziale nell'atteggiamento degli altoatesini verso l'Italia <<almeno fino a quando le parole non siano comprovate dai fatti e non cessi oltr'alpe l'azione di subdola e continua propaganda che mantiene in loro la speranza di un ritorno alla madrepatria>>.

L'atteggiamento di freddezza degli altoatesini al passaggio di Hitler era stato determinato -secondo una relazione dei Carabinieri -anche dalla posizione assunta dal clero. Né l' arcivescovo di Bressanone, né l'arcivescovo di Trento -che di recente aveva anche pubblicato una pastorale per mettere in guardia i fedeli contro il paganesimo ed il razzismo -avevano accettato di intervenire alle manifestazioni di ossequio al passaggio del treno di Hitler e nessun prete era stato visto lungo il percorso. Assai diverse erano a questo proposito, le conclusioni delle Autorità di polizia che segnalavano nell'alto clero della regione un atteggiamento marcatamente antitaliano, forse dovuto al desiderio di non alienarsi le simpatie dei diocesani (<<estratto di notizie» sull'Alto Adige del 13-16 maggio, inviato al consigliere Magistrati con lettera Ciano 4504 del 16 maggio).

Innsbruck, dovrà lasciare la sua cattedra di Diritto internazionale presso quella Università. Staremo a vedere.

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IL CONSOLE GENERALE A GINEVRA, BOVA SCOPPA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER TELEFONO 2701/116 R. Ginevra, 13 maggio 1938, ore 13.

Ministro Esteri romeno Comnen che ho incontrato ad un pranzo mi ha chiesto ieri sera se potevo dirgli qualche cosa circa i risultati d eli'incontro di Roma tra il Duce e il Flihrer. Ho risposto che i risultati erano stati consacrati nei discorsi dei due uomini di Stato a Palazzo Venezia e che si era fatta opera utile ai fini della pace. Comnen che non è stato molto soddisfatto di questa risposta, mi ha allora ricordato che, avendo avuto l'onore di essere stato ricevuto nel 1931 dal Duce, egli gli aveva predetto nel corso di un colloquio di cui avrebbe conservato «memoria per tutta la vita», primo che la Germania si sarebbe svincolata dagli obblighi del Trattato di Versailles, secondo che sarebbe divenuta una Nazione militarmente potentissima, terzo che la S.d.N. sarebbe stata impotente a impedire la rinascita tedesca. Tutte codeste previsioni fatte due anni prima dell'avvento di Hitler si erano matematicamente avverate il che provava la potenza del genio profetico del Duce. Ora gli sembrava che lo stesso uomo avrebbe potuto da solo assicurare la pace al mondo. Quanto era accaduto a Ginevra ieri 1 provava che anche quando egli era assente era la sua azione che finiva fatalmente per imporsi. Egli traeva da questo passo favorevolissimi auspici per l'avvenire. E augurava : l 0 ) che il Duce riuscisse ad operare il miracolo di un'intesa tr:a Francia e Germania. Per questo gli sembrava che sarebbe stato utile «far calare di un tono le pretese di Henlein» e agire nello stesso tempo a Praga col consiglio di largheggiare in concessioni nel quadro della sovranità cecoslovacca; 2°) che il Duce facesse sentire a Budapest la sua alta parola ai fini di moderare l 'intransigenza ungherese sul problema minoritario che rischiava di far naufragare tutti i suoi sforzi in vista di un'intesa diretta a salvaguardare la pace nell'Europa Centrale.

Egli era andato molto lontano sulla via delle concessioni: accettava parità militare, patto di non aggressione, offriva larghezza di apprezzamento dei singoli casi in via amministrativa, ma l'Ungheria esigeva un diritto di controllo che egli non poteva ammettere, che nessun governo avrebbe potuto ammettere. Re Carol

84 ' Vedi D. 77, nota 3 e D. 79.

voleva personalmente l'intesa con Budapest. Gli ungheresi non si rendevano conto che questo era il momento favorevole per concludere un accordo perché egli non aveva un Parlamento, per ora, a cui dover rendere conto delle concessioni fatte. Aveva creato un Alto Commissario per le minoranze con larghi mezzi e larga autonomia. Ma neppure questo era servito. Gli ungheresi erano fermi sulle loro posizioni. Con Stojadinovié si era trovato perfettamente d'accordo per stabilire i limiti delle loro concessioni.

Pensava però che allo stato delle cose solo un consiglio di Roma -che avrebbe avuto grande portata politica -avrebbe potuto facilitare un'intesa.

Mi sono limitato ad ascoltare. Comnen mi ha infine detto che tanto Halifax che Bonnet erano stati ieri molto soddisfatti della liquidazione del problema etiopico2•

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 2766/0101 R. Londra, 13 maggio 1938 (per. il 16 ).

Le reazioni di questa opinione pubblica, i contatti avuti in questi ultimi giorni con uomini politici inglesi, le opinioni raccolte tra i più autorevoli osservatori di politica estera di questa capitale mi permettono di fare sin d'ora un primo bilancio delle impressioni provocate in Inghilterra dalla visita del Flihrer in Italia. Impressioni che, se la mancanza di qualsiasi diretto elemento di informazione circa le conversazioni politiche che hanno avuto luogo tra i due Capi di governo costringe tuttora i commentatori ad affidarsi alle proprie capacità di induzione su tutta una serie di problemi particolari, possono riassumersi tuttavia in alcuni capisaldi chiaramente individuabili e che sono indubbiamente entrati in profondità.

0 ) Una illimitata ammirazione, senza ombre e senza riserve, per l'organizzazione e lo splendore delle accoglienze al Fiihrer. Esse hanno strappato un generale coro di autentica attonita meraviglia che ha fatto subito paragonare le celebrazioni fasciste ai più magnifici fasti imperiali dell'antica Roma. Le accoglienze odiernecito una per tutte una corrispondenza del Times -«superano financo quelle accordate all'antica Roma nei suoi periodi di maggiore splendore». Questi apprezzamenti si ritrovano in tutti i giornali, financo in quelli acidi dell'opposizione antifascista, durante tutta la settimana della permanenza del Fiihrer in Italia.

Non meno esplicita e sincera, tanto sincera da avere a volte quasi il tono di sorpresa, l'ammirazione per la perfetta organizzazione, l'ordine, la precisione

sino nei dettagli più minuti, con cui le celebrazioni fasciste, alle quali hanno preso parte milioni di persone, si sono svolte ora per ora. La parola «organizzazione» ha un valore quasi magico agli occhi di questo popolo, che non ha altro mezzo di supplire alla sua mancanza di immaginazione. Anche sotto questo aspetto le accoglienze imperiali di Roma, Napoli e Firenze al Capo del Reich hanno avuto un profondo effetto su tutti indistintamente gli strati del pubblico britannico.

2°) Una non meno schietta illimitata ammirazione per il formidabile spiegamento di forza militare dell'Italia fascista. Per evidenti ragioni quello che ha qui più fatto impressione è stato lo spettacolo di formidabile efficienza tecnica e guerriera dimostrato dalle 200 unità che hanno preso parte alla rivista navale di Napoli. Il più eloquente commento alla rivista di Napoli è stato forse quello del Daily Telegraph che, per temperare un po' l'entusiastica descrizione del suo corrispondente, si è ritenuto nella necessità di pubblicare, a magra consolazione dei suoi lettori, una nota del suo redattore navale nella quale si richiamano le riviste navali britanniche del 1897 e del 1914 per rivendicare alla marina britannica il primato del tonnellaggio, sia pure soltanto «globale», radunato in uno stesso specchio d'acqua.

3°) La constatazione della profonda impressione provocata sul Fiihrer e sul suo seguito (si è sottolineata la presenza al seguito del Fiihrer dei più competenti esponenti delle Forze Armate tedesche) dalla imponente manifestazione e dimostrazione della forza militare e spirituale de li 'Italia. La conclusione unanime alla quale gli osservatori inglesi sono giunti è che dalla visita di Hitler l'Italia fascista ne è sortita con incommensurabilmente aumentato prestigio. Le tendenziose insinuazioni sovente apparse nei tempi passati, e non tanto lontani, sull'esistenza di un certo squilibrio nel funzionamento dell'Asse, ad esempio sulla esistenza di atteggiamenti di una certa superiorità da parte del polo di Berlino, sono di un colpo scomparse per dar luogo al più enfatico riconoscimento della parte decisiva e prevalente che spetta all'Italia.

4°) La constatazione del nuovo consolidamento dell'asse Roma-Berlino. Lungi dal rivelare quelle incrinature o fratture che alla vigilia e durante la visita di Hitler, la stampa antifascista delle sinistre francesi ha continuato a pronosticare con solito livore e perfidia, la visita del Fiihrer ha pienamente riconfermato nel pubblico inglese la vitalità vieppiù rigogliosa e crescente della intima collaborazione fra le due grandi Potenze fasciste. Con la solenne e categorica riaffermazione da parte di Hitler della inviolabilità della frontiera alpina d eli'Italia', sono state spazzate via di un colpo quelle ultime riserve che, in alcuni circoli, si era cercato individuare o architettare nelle parole del Fiihrer al Duce al momento deli'Anschluss, e dalle quali si era tentato trarre motivo per le solite grottesche e romanzesche speculazioni sul futuro funzionamento d eli' Asse.

Sia detto subito del resto che contatti da me avuti in questi giorni con uomini politici britannici confermano che di questo consolidamento l'opinione

pubblica ed i circoli responsabili inglesi hanno preso atto obiettivamente e senza sospetto.

La visita di Hitler era stata definita da un autorevole osservatore inglese come «il primo collaudo dell'accordo italo-britannico». Il collaudo è stato duplice e posso constatare subito che il nuovo spirito di comprensione consacrato negli Accordi di Roma ha costantemente permeato l 'atteggiamento di Londra nei confronti della nuova solenne dimostrazione di amicizia italo-tedesca. Le parole del Duce al banchetto del 7 maggio2 sono state accolte nei circoli governativi con sincera e profonda soddisfazione e come riprova della funzione pacifica e costruttiva che l'asse Roma-Berlino, con la sua tangente Roma-Londra, è in grado di assolvere nella rinnovata atmosfera di fiducia tra le due grandi Potenze mediterranee. Se sarebbe ozioso ignorare le tacite speranze di alcuni settori dello stesso partito conservatore -i soliti Churchill e gli altri irriconciliabili nemici delle Germania nazista, -che la visita di Hitler dovesse rivelare un raffreddamento nelle relazioni italo-tedesche, gli elementi responsabili del Paese non hanno avuto dubbi nel considerare che la riconfermata saldezza del!' Asse può offrire, attraverso Roma, l'indispensabile e prezioso strumento equilibratore in tutti indistintamente i problemi presenti e futuri della politica europea e mondiale.

84 2 Per il seguito si veda il D. 93.

85 1 Vedi D. 56, nota l, su b. 9.

86

IL MINISTRO A PRAGA, DE FACENDIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 2813/060 R. Praga, 13 maggio 1938 (per. il 19).

Avevo chiesto a questa legazione d'Ungheria se e quanto vi fosse di esatto nelle informazioni che mi erano pervenute circa formali proposte che da parte del governo di Budapest sarebbero state confidenzialmente avanzate ai dirigenti slovacchi in relazione all'eventualità di un ritorno della Slovacchia all'Ungheria.

Questo incaricato d'affari d'Ungheria1 mi ha fatto ora sapere che, avendo interpellato al riguardo il suo governo, poteva confermarmi essere state effettivamente fatte a Hlinka proposte nel senso che, in caso di riannessione alla Slovacchia sarebbe concesso un reale regime di autonomia. Il contenuto di tale regime dipenderebbe soprattutto dal modo come la riannessione si effettuerebbe e cioè si farebbe luogo ad una più larga autonomia se il ritorno avvenisse spon

86 ' Jànos Vornle.

taneamente o comunque pacificamente, si procederebbe in senso più restrittivo se vi fosse resistenza o conflitto.

85 2 Nel suo brindisi di saluto al Cancelliere tedesco, Mussolini aveva espresso la convinzione che, una volta riconosciuto lealmente un equilibrio corrispondente alle forze politiche che ne erano alla base, l 'Europa avrebbe trovato «quella tranquillità e quella pace che sono indispensabili a preservare le basi stesse della civiltà europea>> (per il testo del discorso si veda Relazioni Internazionali, p. 375).

87

IL SOTTOSEGRETARIO ALLA GUERRA, PARIANI, ALLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

FOGLIO 30273'. Roma, 13 maggio 1938.

Ho rappresentato al Duce2 la situazione di inferiorità della nostra rete stradale e ferroviaria alla frontiera settentrionale, confrontata, ai fini strategici, con quella corrispondente in territorio germanico.

Il Duce ha ordinato che si provveda, nel più breve tempo possibile, a migliorare tale situazione e che, a tale fine, nel prossimo Consiglio dei ministri sia considerata l'assegnazione ai competenti ministeri dei Lavori Pubblici e delle Comunicazioni dei fondi necessari per l'effettuazione dei lavori essenziali e indilazionabili, qui di seguito riepilogati:

A) LA VOR1 STRADALI

l.) soppressione delle strozzature ancora esistenti (ad es. Calliano-AlaRovereto) sulla rotabile di sinistra Adige: spesa, circa 7 milioni;

2.) costruzione del tronco Bolzano-Cardano su riva sinistra Isarco: spesa, circa l O milioni;

3.) costruzione traversa esterna di Merano: spesa, circa 6 milioni;

4.) allacciamento dei vari tronchi stradali esistenti sulla riva destra dell'Adige da Verona a Bolzano: spesa circa 55 milioni;

5.) costruzione allacciamento Tuenno-Dermulo-S. Seno-Cavareno: spesa circa 7 milioni;

6.) costruzione allacciamento Nalò-Silandro ad est del Cevedale (Rabbi

V. Martello): spesa, circa 50 milioni;

7.) miglioramento e completamento della Mantova-Molveno-Merano (tronco Torbole-Tuenno e Lana-Foresto): spesa, circa 50 milioni;

8.) miglioramento alla Tione-Malé-Gles: spesa circa 12 milioni.

Totale della spesa approssimativa prevista per lavori stradali: 197 milioni.

87 ' Il documento era inviato anche al ministro delle Finanze e, per conoscenza, al ministro dei Lavori Pubblici e al ministro delle Comunicazioni. Il documento è tratto dall'archivio dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell;Esercito.

87 ' Si veda sulla questione il D. 15.

B) LAVORI FERROVIARI

l.) raddoppio del tronco Gemona-Tarvisio: spesa circa 250 milioni;

2.) accrescimento della potenzialità del tronco Montebelluna-Calalzo: spesa circa 80 milioni;

3.) costruzione di una linea di allacciamento fra Cadore e Pusteria (Calalzo-Auronzo-Dobbiaco): spesa circa 270 milioni.

Totale della spesa approssimativa prevista per i lavori ferroviari: 600 milioni.

88

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, SUVICH, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 5262/901. Washington, I 3 maggio 1938 (per. il 23 ).

Negli ultimi tempi ha cominciato a farsi sentire anche sulla politica estera di questo Paese l'influenza delle prossime elezioni (rinnovazione della Camera, di un terzo del Senato e di molte amministrazioni statali). Ciò porta ad una acutizzazione delle polemiche in cui non si risparmia nessuno e in cui, con la sfrenata licenza e con l'incomprensione proprie di questo Paese, si mescolano con la massima disinvoltura elementi di politica estera con elementi di politica interna. Direi che il punto centrale degli attacchi è costituito dalle dittature perché nell' attaccare le dittature sono tutti d'accordo: quelli che sono accusati di perseguire delle tendenze dittatoriali per propria difesa; quelli che accusano gli altri di tendenze dittatoriali per rendere più gravi e consistenti le accuse; e negli attacchi alla dittatura, anche per fini di politica interna, si trascende ad attacchi contro gli Stati accusati di dittatura, Italia, Germania, Giappone e Spagna di Franco, mentre il Brasile in seguito agli ultimi avvenimenti si è salvato'.

Quello che si dice delle dittature va detto anche del fascismo. In questo periodo pre-elettorale va anche rilevato che il fascismo è molto più combattuto del comunismo; anzi si dice apertamente (anche da quelli che ideologicamente preferiscono il fascismo al comunismo) che il fascismo rappresenta un pericolo per l'America mentre questo non è il caso per il comunismo. Il che -a parte la qualifica di «pericolo» -è probabilmente anche vero. La democrazia classica integrale tipo americano comincia a sentirsi un po' isolata dopo il nuovo atteggiamento dell'Inghilterra e della Francia nei loro rapporti con le Potenze cosid

dette dittatoriali e teme, e non a torto, che questo isolamento esterno possa avere delle ripercussioni anche nella situazione interna.

Per quanto ha riguardo più propriamente alla politica estera, la fase attuale delle polemiche è caratterizzata da un assalto iniziato dalle sinistre, a cui si sono associati poi gruppi di varie tendenze, contro la politica dello State Department accusato di filofascismo. Si accusa lo State Department di aver indotto il Presidente a mutare la politica della quarantena proclamata a Chicago2 ; lo si accusa di favorire la causa di Franco, di aver indotto il Presidente alla dichiarazione a favore del patto anglo-italiano'.

E dirò subito che in quest'ultima accusa non si fa tanto carico al Presidente di aver favorito l'Italia quanto di aver favorito la politica di Chamberlain che qui è descritto come un traditore della democrazia. Sebbene in questi attacchi violenti dell'opposizione sia evidente la preoccupazione e il dispetto, tuttavia essi interpretano ancora la grande maggioranza dell'opinione pubblica di questo Paese.

Il fatto è che lo State Department ha dovuto correre ai ripari. È venuto prima il signor Sumner Welles, Sottosegretario per gli Esteri, a rispondere al signor Scott che aveva chiesto fossero designati gli Stati aggressori. Nella sua risposta il Sottosegretario di Stato ha ricordato i passi diplomatici fatti dagli Stati Un i ti in previsione dell'invasione italiana dell'Etiopia e dopo l'aggressione giapponese della Cina.

In seguito, l'opposizione ha cercato di mettere in contrasto la tendenza del Segretario di Stato Cordell Hull, notoriamente più portato ali' applicazione dei rigidi principi democratici anche nella politica estera, con la tendenza più realistica rappresentata dal Presidente Roosevelt sotto l 'ispirazione del Sottosegretario Sumner Welles ed in genere dello staff dello State Department. Effettivamente c'è stata l'impressione di qualche sfasamento fra i vari elementi che determinato la politica estera di questo Paese. Tuttavia con le dichiarazioni di questi giorni del Segretario di Stato4 si è ristabilita o almeno si è riaffermata esteriormente l 'unità di fronte tra Presidente, Segretario di Stato e State Department. Si è cioè dichiarato che le dichiarazioni del Presidente sul trattato angloitaliano erano fatte di pieno accordo col Segretario di Stato ma nello stesso tempo (con riferimento ali'atteggiamento delle altre democrazie a Ginevra) si è dichiarato che la politica americana rimaneva assolutamente immutata nei suoi principi, principi che erano stati riassunti nelle dichiarazioni del Segretario Hull del 16 luglio 1937'. Si avvertiva anche che la dichiarazione del Presidente relativa al trattato anglo-italiano non toccava, né alterava tali principi. Sebbene i principi proclamati con la dichiarazione del 16 luglio 1937 contenessero in forma piuttosto blanda la riaffermazione della dottrina di Stimson

88 ' Vedi D. 8, nota 2. 88 ' Vedi D. 8. 88 4 Vedi D. 78. 88 5 Vedi D. 78, nota 3.

(non riconoscimento delle conquiste fatte con la forza), tuttavia l'interpretazione generale data alla dichiarazione del Segretario di Stato Hull -e non mi pare che ci sia possibilità d'interpretazione diversa -è quella che di fronte al compromesso delle democrazie l'America riafferma l 'intransigenza del proprio punto di vista.

Ciò che praticamente corrisponde al non riconoscimento, né del Manciukuò, né dell'Etiopia (mentre, com'è noto, per l'Austria vi è stato un riconoscimento dello stato di fatto e non pare che per ora questo governo voglia andare oltre).

Su queste decisioni dello State Department oltre la pressione delle sinistre e dell'opposizione in genere hanno agito due altri elementi: in primo luogo il fatto che l'America è troppo interessata nella questione cinese per andare a compromettere oggi quello che potrà essere un suo atteggiamento di domani nella questione del non riconoscimento delle conquiste fatte con la forza.

In secondo luogo, tanto il Presidente che lo State Department, che qui sono accusati apertamente di filo-anglicismo, sono rimasti molto seccati dallo sfruttamento che si è fatto in Inghilterra delle dichiarazioni di Roosevelt a favore del Patto anglo-italiano, sfruttamento che ha aumentato le difficoltà di questo governo.

Perciò le dichiarazioni di ieri del Segretario di Stato vogliono essere anche una prova dell'indipendenza del governo americano di fronte ai mutamenti di indirizzo di quello inglese.

È la prima volta dall'inizio della guerra etiopica e di quella giapponese che con una dichiarazione precisa si rompe quella che era stata l'azione parallela delle due grandi Potenze anglo-sassoni.

Per il momento quindi l 'atteggiamento degli Stati Uniti d'America nei riguardi del riconoscimento dell'Etiopia rimane negativo con la conseguenza tra l'altro che il nostro trattato di commercio non potrà arrivare a una definizione. Ripeto però che tale decisione ha valore più che altro contingente per il particolare momento in cui è venuta sia nei riguardi internazionali che interni.

88 1 Riferimento ai provvedimenti presi dal Presidente Vargas nei riguardi delle organizzazioni politiche straniere (vedi D. 63) e alla repressione dell'insurrezione integralista del 10 maggio.

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IL SOTTOSEGRETARIO ALLA GUERRA, PARIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

LETTERA PERSONALE SEGRETA 228 V.C.S. Roma, 13 maggio 1938.

A scopo informativo Ti comunico quanto mi viene segnalato dal capo servizio C.S. in Spagna.

«Da vario tempo, le autorità spagnole hanno potuto constatare come gli elementi tedeschi residenti nella Spagna Nazionale dimostrino un certo interesse a penetrare nell'ambiente marocchino, allo scopo di accattivarsi simpatie e svolgere efficace propaganda a favore della Germania. A parere degli stessi enti ufficiali spagnoli, tale azione non è dovuta all'iniziativa singola, ma risponde a precise direttive emanate dagli organi centrali germanici»1

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L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

LETTERA PERSONALE RISERVATA 3240. Berlino, 13 maggio 19381

Stamane von Ribbentrop mi ha pregato di recarmi a vederlo.

Mi ha detto innanzi tutto che era suo vivissimo desiderio esprimere nuovamente tutto il suo entusiasmo e la sua gratitudine per quanto aveva visto in Italia. «Nessun Capo di Stato -ha aggiunto -è stato mai ricevuto così nella Storia. E non credo che ciò possa ripetersi in avvenire». Il Cancelliere ha riportato, di questi suoi contatti con l'Italia, una profonda impressione. La gioventù italiana del Fascismo sembra averlo particolarmente colpito.

E qui von Ribbentrop mi ha ripetuto la frase che il Cancelliere ha detto in proposito al Duce «Questa gioventù è la sorpresa del mondo». Essa, composta di elementi che fisicamente appaiono veramente «romani», è la grande base dell'Italia nuova.

Passando poi ai contatti personali da lui avuti in Italia, mi ha detto di essere stato particolarmente felice di aver avuto occasione di avere con te continuati rapporti che dimostrano come si sia creata tra Voi una vera amicizia inspirata a sentimenti di cordiale simpatia.

E mi ha accennato anche ali' eventualità che i Vostri contatti personali divengano sempre più frequenti.

Mi ha poi parlato brevemente dei vari argomenti toccati nelle conversazioni romane e mi ha detto di attendere con interesse il discorso che verrà pronunciato domani, a Genova2 , dal Duce nel quale vi sarà la conferma che non esiste alcun problema territoriale tra Germania e Italia così chiaramente separate dalla più precisa frontiera geografica dell'Europa. E qui ha accennato alla liquidazione del cosiddetto problema alto-atesino, confermandomi che a Roma, in materia, sono stati chiaramente posti i punti sugli i.

Sempre su questo argomento, e riprendendo in fondo una vecchia idea di Goring, mi ha detto che a Roma si è anche parlato dell'opportunità che ad un

seguire>>.

gruppo di elementi alto-atesini, maggiormente influenti, sia fatto chiaramente comprendere da Berlino che «la questione non esiste più». Naturalmente il gruppo alloglotto, dell'Alto Adige, al quale sarà permesso, da parte italiana, di conservare le sue tradizioni e la sua cultura, troverà appunto la sua possibilità di vivere in sempre migliori condizioni, proprio nel quadro dell'amicizia italo-tedesca. Da quanto mi è dato capire su von Ribbentrop ha fatto impressione l'argomentazione relativa a quanto è avvenuto circa i gruppi di origine slava residenti in Italia ed i gruppi italiani in Dalmazia.

Circa la Spagna, come ti ho informato con altra mia3 , mi ha confermato che i Volontari tedeschi resteranno colà fino alla decisione della guerra. Circa la Cecoslovacchia, mi ha detto di aver avuto a Roma conferma del «disinteressamento» italiano4

89 1 Al documento è allegato un foglio con la seguente annotazione: «D'ordine del Duce,

90 1 Manca l'indicazione della data di arrivo.

90 2 Vedi D. 99, nota l.

91

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. RISERVATISSIMO 2737/333 R. Tokio, 14 maggio 1938, ore 15 (per. ore 15,15 ).

Telegramma di V.E. n. 1691 Telegramma da Shanghai 213 del 12 maggio2

Come V.E. avrà rilevato dai telegrammi Stefani di questi ultimi giorni, Hirota ha pubblicamente ripetuto che Giappone non prevede offerte di mediazione da terze Potenze in quanto queste le sanno non gradite qui. Miei nuovi accertamenti confermano Giappone non intende mutare questo proposito. Esso ha ripreso ora guerra con energia per dare colpo grazia Chiang Kai-shek ed è deciso, se necessario, ad allargare campo di battaglia, come è dimostrato anche dalla recente conquista di Amoy e da non abbandonati progetti su Canton3 Circoli finanziari

sono divisi nei riguardi ostilità ma comunque devono sottostare volontà militari.

Persistenza tedesca nella velleità accomodamento generale mediazione, come pure nel prestare consiglio nonché mezzi militari alla Cina, accresce qui ogni giorno più malcontento verso Germania e giova per contrapposto all'Italia.

Il presente telegramma non è stato comunicato Shanghai.

91 ' Vedi D. 74.

90 3 Non rintracciata.

90 4 Vedi D. 56, nota l. Il documento ha il visto di Mussolini.

91 2 Vedi D. 196, nota l.

91 3 Anche l'ambasciatore Cora confermava da Shanghai che, a quanto gli risultava, i giapponesi erano decisi a realizzare un esteso programma di conquiste in Cina «senza preoccupazioni interne od estere» (T. 2796/216 R. del 16 maggio).

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 2750/368 R. Londra, 14 maggio 1938, ore 20,45 (per. ore 1,45 del 15).

Visita Henlein a Londra (ove egli è giunto avantieri sera) e suoi contatti con uomini politici britannici e anche con Vansittart', hanno suscitato in questi circoli politici le voci più diverse e i più animati commenti e già hanno fornito alla stampa l'occasione per titoli sensazionali.

Mentre elementi più fanatici e ostili al movimento di Henlein vanno dichiarando che egli è venuto a Londra a portare quasi sotto forma di ultimatum le sue note rivendicazioni, nei settori più moderati e autorevoli si va facendo strada opinione che Henlein sia venuto a sondare pensiero ambienti politici inglesi e che sua visita debba essere interpretata come sintomo di tendenze conciliative di cui qualcuno vorrebbe rintracciare l'origine nei risultati recente viaggio di Hitler a Roma.

D'altra parte, il fatto che Henlein abbia avuto contatto con l'opposizione (ha fatto colazione con Churchill in compagnia del Capo dell'opposizione liberale, Sinclair, e ad una riunione pomeridiana organizzata dal laburista nazionale Nicolson era presente insieme agli altri cinque deputati del gruppo di Churchill il laburista Fletcher), viene interpretato come l'annunzio del suo desiderio di tentare di convertire questi ambienti di sinistra ad un più equo e realistico apprezzamento della situazione delle minoranze tedesche in Cecoslovacchia.

Questo ambasciatore di Germania mi ha detto di aver appreso venuta di Henlein soltanto dai giornali. Del resto, nelle sue precedenti visite a Londra, Henlein si è sempre astenuto dali' aver qualsiasi contatto coli'ambasciata di Germania, la quale, a sua volta, ha sempre evitato per ovvie ragioni di entrare in rapporti con lui, venendo poi messa al corrente dei risultati delle sue visite dall' Auswartiges Amt.

Cadogan mi ha detto stamane che visita di Henlein ha carattere puramente privato. Foreign Office è portato ad interpretare visita in una luce non sfavorevole, mettendola anche in rapporto con passo diplomatico britannico dei giorni scorsi a Praga2 ed a Berlino3 ; passo che -a detta del Foreign Office -avrebbe avuto nelle due capitali un'accoglienza nel complesso buona.

92 'Per i colloqui avuti da Henlein durante il suo soggiorno a Londra dal 12 al 14 maggio, ai quali si fa qui riferimento, si veda BD, vol. I, appendice II. 92 2 Riferimento al passo compiuto il 7 maggio a Praga dai governi francese e britannico (vedi D. 66). 92 1 Lo stesso 7 maggio, l'ambasciatore Henderson aveva informato la Wilhelmstrasse del passo compiuto a Praga (vedi BD, vol. l, D. 187).

Dalle informazioni raccolte stamane risulta tuttavia che accoglienza fatta in questi ambienti ad Henlein, se pure cortese nella forma, è stata piuttosto fredda4

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IL CONSOLE GENERALE A GINEVRA, BOVA SCOPPA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 2772/127 R. Ginevra, 14 maggio 1938 (per. il 16).

Seguito mio telegramma n. 116'.

Comnen ha mandato da me il ministro Crutzescu, delegato permanente romeno a Ginevra, per dirmi che egli aveva lungamente ripensato alla conversazione che aveva avuto con me la sera prima e di cui al mio telegramma sopracitato. Egli si era convinto che forse, se io avessi potuto di viva voce spiegare a V. E. il punto di vista romeno sul problema minoritario e l 'urgenza d'una azione mediatrice del governo fascista, V.E. avrebbe potuto ottenere l'alta approvazione del Duce ad intervenire fra Bucarest e Budapest.

Ho risposto che avevo già sinteticamente messo al corrente V.E. del desiderio del signor Comnen ma che non avrei mancato di far rilevare la speciale urgenza che il suo ministro attribuiva alla cosa.

Crutzescu mi ha allora precisato che Comnen riteneva il momento particolarmente adatto ad una azione di mediazione e che solo il Duce e V.E. avrebbero potuto farla e che ciò avrebbe avuto come conseguenza per la Romania un'adesione stretta e decisa alla politica di Roma. Bisogna pensare-egli mi ha detto -che tra 25 anni i romeni saranno 30 milioni, mentre se continua così la Francia non ne avrà di più, che la Romania ha grano e petrolio e materie prime in abbondanza e che essa presenta anche da questo punto di vista un interesse speciale per l'Italia. Perché non tentare adesso un'azione che ci sottrarrebbe a qualsiasi altra influenza per metterei decisamente nell'orbita della politica italiana?

Mi è sembrato da queste parole di capire:

l) che l'attuale governo romeno si preoccupa vivamente dell'eventualità di dover subire l 'influenza tedesca e teme che nei colloqui di Roma si sia arrivati a una divisione di sfere d'influenza che abbia riservato alla Germania uno speciale posto in Romania;

93 ' Vedi D. 84.

2) che Comnen vorrebbe ottenere un successo in politica estera e accelera i tempi anche per ragioni inerenti alla situazione interna del Paese e del suo Gabinetto.

Mi sono limitato ad ascoltare promettendo che avrei riferito2

92 4 Sul viaggio a Londra di Henlein si veda anche il D. l 04.

94

IL MINISTRO A PRAGA, DE FACENDIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 2812/061 R. Praga, 14 maggio 1938 (per. il 19).

Mio telegramma per corriere n. 057 del 9 corrente'.

In risposta al passo anglo-francese inteso a consigliare al governo cecoslovacco una pacifica soluzione della questione ceco-tedesca, questo ministro degli Affari Esteri-premettendo i ringraziamenti del suo governo per l'interessamento dimostrato dall'Inghilterra e dalla Francia -ha oggi dichiarato verbalmente ai ministri inglese e francese quanto segue2 :

0 ) L'interesse manifestato dai governi di Londra e di Parigi al regolamento delle condizioni delle nazionalità in questo Paese è comune con l'interesse che la Cecoslovacchia annette al consolidamento dei rapporti internazionali in Europa Centrale.

2°) I suggerimenti di Londra e di Parigi sono stati accolti con spirito di comprensione e saranno oggetto di studio durante la preparazione dello statuto delle minoranze.

3°) II governo cecoslovacco è inspirato al fermo desiderio di soddisfare tutti i «desiderata giustificati» compatibilmente con I 'integrità territoriale e l 'indipendenza dello Stato.

4°) La Cecoslovacchia condivide l'opinione che non vi è alcun interesse ad aggiornare la soluzione della questione, per la cui definizione i lavori sono considerevolmente avanzati.

5°) II governo cecoslovacco, nella ferma fiducia di giungere ad un'intesa, si riserva di tenere informati i governi inglese e francese sugli ulteriori sviluppi della questione.

93 ' Si veda, per il seguito della questione il D. l 03. 94 ' Vedi D. 66. 94 2 Si veda in proposito anche BD, vol. I, D. 217 e DDF, vol. IX, D. 345.

95

IL MINISTRO A PRAGA, DE FACENDIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 2811/062 R. Praga, 14 maggio 1938 (per. il 19).

Questo nunzio apostolico1 mi ha confidenzialmente informato che, in conversazione avuta recentemente, Krofta lo avrebbe pregato di esercitare la sua influenza su monsignor Hlinka perché desista dal dar mano ad Henlein nell'attività contro lo Stato. Monsignor Ritter mi ha fatto noto che la richiesta di Krofta coincideva del resto con le istruzioni del Vaticano, il quale mal vede che, sia pure a fini nazionalistici, i cattolici slovacchi facciano causa comune col partito dei tedeschi dei Sudeti, la cui ormai dichiarata ideologia nazista è in contrasto con la Chiesa di Roma. Il nunzio, che non ama molto ingerirsi nelle questioni interne del Paese, elabora in questi giorni, fra delicate difficoltà di forma, un riservato messaggio per monsignor Hlinka.

96

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 14 maggio 1938.

Il Ministro di Cecoslovacchia ha chiesto di vedermi d'urgenza e mi ha subito posto la domanda se durante la visita del Fiihrer a Roma si era parlato della Cecoslovacchia e della questione dei Sudeti e se era vero quanto pubblicavano vari giornali stranieri che, essendo stata fatta in questa occasione una divisione fra Germania e Italia di zone di influenza, si fosse anche abbandonata, come molti ritenevano, la Cecoslovacchia all'arbitrio della Germania.

Gli ho risposto che non ero in grado di potergli dare una risposta precisa dato che non avevo assistito alle conversazioni che avevano avuto luogo tra il Fiihrer e il Duce e tra il Conte Ciano e Von Ribbentrop.

Gli ho detto non risultarmi menomamente che si fosse proceduto a Roma a quella spartizione di zone di influenza di cui egli mi aveva parlato. Informazioni in merito egli avrebbe potuto chiederle piuttosto al Conte Ciano, al quale io non avrei mancato di riferire.

Chvalkovsky ha allora dato sfogo ai suoi sentimenti dicendomi che da quando egli è qui non ha cessato di lavorare un momento per l'amicizia del suo Paese verso l'Italia. Che riconosce di avere il suo Paese commesso degli errori, ma che egli si rifiuta e il popolo ceco con lui, di pensare che l 'Italia possa disinteressarsi completamente della sorte della Cecoslovacchia. Quello che il suo Paese desidera oggi è di coordinare la sua politica estera a quella dell'Asse Roma-Berlino e ciò non perché egli pensi che si possa tentare di creare difficoltà a causa della Cecoslovacchia fra la Germania e l'Italia, ma perché questo nuovo orientamento è una necessità per il suo Paese e gli pare sia anche un interesse italiano.

In Cecoslovacchia si guarda al pericolo della Germania con occhi molti sereni e con una ben determinata volontà. Si è pronti ad anda.re incontro a certi desiderata affacciati dalle minoranze tedesche, tanto è vero che è in preparazione un nuovo statuto delle minoranze e che si darà soddisfazione a Henlein, anche facendo le elezioni che egli ha domandato, così come già si è data la soddisfazione dell'amnistia da lui richiesta. Vi è un punto però, ha dichiarato con forza Chvalkovsky, che la Cecoslovacchia non può accettare per non suicidarsi, quello della concessione dell'autonomia alle minoranze tedesche. Piuttosto che suicidarsi, egli ha dichiarato, la Cecoslovacchia preferirà lasciarsi assassinare esercitando il suo diritto di legittima difesa.

Egli è tornato a ripetermi che la volontà di Praga è di coordinare la sua politica a quella del!' Asse Roma-Berlino pur lasciando a Roma la scelta del momento e del modo di procedere a tale coordinamento.

Gli ho risposto che non avrei mancato di riferire a Vostra Eccellenza le sue dichiarazioni'.

95 1 Monsignor Saverio Ritter.

97

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPPORTO RISERVATO 3284/970. Berlino, 14 maggio 1938 (per. il 16).

Dopo la conversazione della scorsa settimana tra questo Ambasciatore di Gran Bretagna, Sir Nevile Henderson, ed il Direttore Generale degli Affari

96 ' Il documento ha il visto di Mussolini. Nel Diario di Ciano vi è, sotto la data del 16 maggio, questa annotazione: <<Al ministro di Cecoslovacchia ho detto che noi auguriamo una soluzione pacifica del problema ceco ma che la questione non ci interessa direttamente e che pertanto non potevamo che mantenere un atteggiamento neutro. Non ci siamo mossi per l'Austria, pensate se ci muoveremo per Praga...>>.

Politici della Wilhelmstrasse, Sottosegretario di Stato Woermann (miei telegrammi nn. 178 e 179 del 7 maggio 1), ne ha avuto luogo in questi giorni una seconda, sempre nei riguardi della questione cecoslovacca, tra lo stesso Ambasciatore ed il Ministro degli Affari Esteri von Ribbentrop, ritornato dal viaggio italiano.

Di questa seconda conversazione2 , a differenza di quanto è avvenuto per la prima, la stampa tedesca non ha dato alcuna notizia.

Sir Nevile Henderson ha innanzi tutto ripetuto a von Ribbentrop che l'Inghilterra, avendo compiuto un passo in forma alquanto vivace, a mezzo del suo Rappresentante diplomatico, Ministro Newton, presso il Governo di Praga, sperava che il Governo del Reich dal canto suo non avrebbe mancato di compiere opportuna opera di persuasione presso Henlein ed i dirigenti del movimento tedesco dei Sudeti perché la calma ritornasse e perché le eventuali trattative con il governo cecoslovacco si svolgessero in una migliore atmosfera.

In altre parole, l'Inghilterra credeva di aver compiuto il suo dovere nei confronti del mantenimento della pace in Europa facendo comprendere a Praga l'opportunità che il problema dei Tedeschi dei Sudeti venisse effettivamente affrontato e risolto mediante utili riforme dello statuto personale e collettivo dei Tedeschi stessi.

L'Ambasciatore, in seguito, ha dichiarato al ministro von Ribbentrop che l'Inghilterra avrebbe visto con viva soddisfazione la possibilità di una collaborazione tedesca allo scopo di facilitare la soluzione pacifica del problema. Essa cioè sperava di vedere il governo del Reich precisare meglio le sue idee sulla questione anche mediante eventuali ulteriori utili prese di contatto tra Londra e Berlino.

Von Ribbentrop ha risposto all'Ambasciatore come anche la Germania non avrebbe naturalmente mancato di adoperarsi per il raggiungimento di una soluzione pacifica. Il Governo del Reich considerava il problema di Tedeschi dei Sudeti come un problema interno della Cecoslovacchia e non intendeva quindi entrare direttamente nella questione. Esso però non poteva non seguire con viva attenzione le sorti, oggi molto tristi, dei milioni di uomini di razza tedesca compresi nei confini della Cecoslovacchia. Qualora, quindi, il Governo di Praga avesse voluto continuare come per il passato la sua nota politica di temporeggiamenti e avesse rivelato quindi nuovamente la sua volontà di condurre a bella posta le cose con la sua abituale «pigrizia», esso «si sarebbe assunto una ben grave responsabilità».

Questa, in linea generale, la conversazione Henderson-von Ribbentrop.

A queste notizie mi sembra utile aggiungere che il Segretario di Stato von Weizsiicker mi ha stamane accennato ad una nuova circostanza da lui definita «preoccupante».

Secondo le notizie in possesso della Wilhelmstrasse e, a quanto egli mi ha detto, anche per la testimonianza di un documento caduto sotto gli occhi dei Tedeschi, si farebbe ora strada tra taluni elementi responsabili del mondo militare e diplomatico cecoslovacco, la persuasione che oramai sarebbe meglio spingere le cose ali' estremo per provocare un conflitto. In altre parole, in Cecoslovacchia, data la situazione, non si vedrebbe di malocchio la creazione di un qualche casus foederis, capace di richiamare la Francia agli obblighi del suo Trattato con Praga, e, con la Francia, anche altri Paesi. Un conflitto cioè sulla questione cecoslovacca, anche se pericolosissimo per Praga, potrebbe essere la spinta per la auspicata reazione dei Paesi cosiddetti democratici ai danni della Germania. Questo stato d'animo-concludeva von Weizsacker -appare evidentemente degno della maggiore attenzione.

Quanto ali'atteggiamento della Polonia, al Ministero della Guerra del Reich sono pervenute altre informazioni circa le misure militari che il Governo di Varsavia andrebbe prendendo sulla frontiera cecoslovacca. È interessante notare come queste notizie, anziché riempire di soddisfazione i Tedeschi, sembrano qui destare qualche preoccupazione, sempre in quegli ambienti militari, perché alla Polonia si attribuisce l 'intenzione, in caso di una crisi in Cecoslovacchia, di mettere senz' altro le mani su zone che Berlino riterrebbe di propria pertinenza. Von Weizsacker però, da me in proposito interpellato, mi ha detto non risultargli alcuna novità di questi giorni circa l'atteggiamento polacco.

Quanto a Budapest, non si ritiene qui che il cambiamento del Capo del Ministero' possa importare notevoli variazioni nel campo della politica estera.

Indubbiamente Daranyi aveva qui non poche simpatie ed il suo successore, che sembra essere destinato a svolgere una politica, particolarmente nel campo economico, di maggiore concentrazione nazionale, non è qui ancora sufficientemente conosciuto.

Ad ogni modo, si conferma che il Reggente Horthy è stato ufficialmente invitato dal Cancelliere Hitler a recarsi in Germania, per assistere al varo di una delle nuove grandi unità navali del Reich e per visitare la Capitale. Tale visita, secondo quanto mi ha detto riservatamente von Weizsacker, potrebbe aver luogo nel prossimo agosto.

97 'Vedi D. 101, nota l.

97 1 T. 2586/178 R. e T. 2587/179 R. del 7 maggio con i quali Magistrati aveva riferito che l'ambasciatore di Gran Bretagna aveva informato Woermann del passo franco-britannico a Praga di cui al D. 66.

97 2 Su questo colloquio, avvenuto 1'11 maggio, si veda BD, vol. I, DD. 206 e 208 e DDT, vol. II, D. 154.

98

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, SUVICH, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 2729/111 R. Washington, 15 maggio 1938, ore 5,20 (per. ore 6 del 14 ). Mio telegramma n. 1071•

Viene pubblicata risposta del Segretario di Stato a nota proposta per abolizione embargo Spagna e nella quale si dichiara che dal punto di vista dei migliori interessi americani nelle attuali circostanze non sembrerebbe giustificata l' approvazione di una misura del genere. La risposta aggiunge che ove si dovesse giungere ad una revisione di tutta la politica della neutralità sarebbe più utile rivedere tutta la legislazione in materia nel suo complesso.

Rimane questione generale della revisione del Neutrality Act su cui ho già riferito con rapporto 22 marzo n. 37652 , sulla quale peraltro, specie dopo polemiche accanite degli ultimi giorni, si impegnerebbe certamente una grande battaglia politica e parlamentare che mi consta preoccupa Presidente e pertanto Amministrazione cerca ritardare per rinviare, se possibile, discussione a dopo elezione del novembre prossimo.

Realizzazione programma presidenziale è ora facilitata da desiderio stessi parlamentari di chiudere presto lavori e recarsi in provincia per campagna elettorale che li interessa più direttamente.

Trasmetto per corriere testo risposta Segretario di Stato'.

99

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 2762/98 R. Parigi, 15 maggio 1938, ore 13,59 (per. ore 16).

Discorso Genova1 ha suscitato impressione profonda.

Tutta la stampa francese lo riproduce e commenta diffusamente. Reazione fondamentale mi pare per ora la seguente: definitivo naufragio delle speranze

98 ' Vedi serie ottava, vol. VIII. D. 383. 98 ' Non pubblicata. 99 1 Del 14 maggio. Nel suo discorso, Mussolini aveva ribadito che «tuttociò che di diplo

matico e di politico passava sotto il nome globale di Stresa era morto e sepolto>> e si era poi

francesi su presumibile possibilità trattare con Italia fascista sulla base dell'immaginario raffreddamento asse Roma-Berlino.

Discorso ha gravemente preoccupato opinione pubblica.

So che il Quai d'Orsay ha dato alla stampa all'estero ... 2 sedative. Ambienti responsabili marcano desiderio procedere su strada chiarificazione.

98 1 Vedi D. 57.

100

IL MINISTRO A PRAGA, DE FACENDIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 2810/063 R. Praga, 15 maggio 1938 (per. il 19).

La situazione generale rimane pressoché invariata: tensione, diffidenza, incertezza -tono alquanto meno minaccioso da parte tedesca, atteggiamento di una certa maggiore sicurezza da parte ceca.

Questo ministro di Germania', tenace assertore della possibilità di un accordo ceco-tedesco, traeva da un ultimo colloquio col Presidente del Consiglio ragione di rallegrarsi di quanto Hodza gli aveva dichiarato e cioè:

2°) che il governo sarebbe andato fino ali' estremo limite possibile delle concessioni;

3°) che uscendo da tutte le esitazioni, col giugno si faranno le elezioni in tutti i 10.000 comuni ove si è verificata scadenza del mandato amministrativo.

Sembra che il governo abbia portato a termine il cosiddetto Statuto delle minoranze basato in massima sui seguenti principi:

0 ) assoluto divieto di nazionalizzazione forzata;

soffermato sull'amicizia e sulla collaborazione con la Germania, ricordando a questo proposito che le parole pronunciate da Hitler nel brindisi di Palazzo Venezia del 7 maggio non costituivano una semplice dichiarazione diplomatica ma <<qualche cosa di solenne e di definitivo nella storia>>. Circa le conversazioni in corso con la Francia, Mussolini aveva detto: «Non so se arriveranno a una conclusione anche perché in un fatto estremamente attuale, cioè la guerra di Spagna, noi siamo ai lati opposti della barricata. Essi desiderano la vittoria di Barcellona; noi, viceversa, desideriamo e vogliamo la vittoria di Franco>>. Il testo del discorso è in MussoLINI, Opera Omnia, vol. XXIX, pp. 99-102.

100 ' Ernst Eisenlhor.

2°) proporzionalità d'impiego nei servizi dell'amministrazione statale, parastatale e locale e proporzionalità nella destinazione del bilancio dello Stato;

3°) larga autonomia culturale e linguistica;

4°) ampliamento delle autonomie amministrative locali.

Sarebbero imminenti diretti contatti fra Hodza e Henlein per addivenire al dibattito fra domande .dei tedeschi e offerte dei cechi concretate nel predetto Statuto da sottoporsi poi al Parlamento.

Si spera intanto in questi circoli dirigenti che il viaggio di Henlein a Londra3 possa servire a moderare le pretese dei tedeschi come il passo inglese a Praga è servito a spingere i cechi a più ampie concessioni.

Questo in breve è quanto si svolge sulla scena ma nulla di nuovo si conosce circa quanto -ed è quello che più conta -si svolge dietro le quinte internazionali.

Mentre Londra si affatica a diradare le nubi, Berlino che pensa? Vorrà segnare il passo in attesa di una più propizia situazione politica e militare che aumenti le possibilità di successi e diminuisca i rischi o vorrà affrettare i tempi ed evitare possibili maggiori difficoltà? Fra l'alterna vicenda delle due ipotesi, nelle quali, come è facile pensare, Henlein è l'automa da indirizzare nell'uno o nell'altro verso, vi può essere sempre una terza evenienza e cioè l 'imprevisto: la provocazione grave, l 'inatteso momento opportuno, la cosiddetta forza degli eventi.

Un rinvio comunque può esserci; certo è però che la Germania più grande e ormai effettiva vincitrice della guerra sospesa il '18, dopo aver cancellato ad una ad una tutte o quasi le ipoteche di Versailles non può, continuando nel suo cammino ascensionale, lasciar sussistere quest'altro passivo rappresentato dalla Cecoslovacchia, creata artificiosamente a integrare il sistema politico, strategico, economico che avrebbe dovuto perpetuare la sua disfatta.

Vi fosse o non vi fosse la questione dei sudeti, una Cecoslovacchia inventata a funzionare da sentinella avanzata del!' antigermanesimo nel cuore della Germania non potrebbe essere tollerata dal più grande Reich. Filosovietica o no -non è poi precisamente e solamente questo che importa -la Cecoslovacchia non può permanere qual è ai confini di 75 milioni di tedeschi che la considerano messa lì a sbarrare il loro cammino. Sarà prima sarà poi, la Germania vorrà farla finita con questo vespaio che da vent'anni è il covo di tutti gli intrighi e di tutte le insidie a suo danno e vorrà ridurre i cechi alle loro naturali proporzioni.

I quali cechi, se oggi con la zampa al collo parlano di accordo, sprizzano pur sempre veleno contro i tedeschi, si dichiarano loro indomati e indomabili nemici di un millennio e si dicono pronti a sacrificarsi fino all'ultimo quali avanguardie della crociata antitedesca da cui ritengono la Francia non possa disertare per la sua stessa esistenza, l 'Inghilterra non possa estraniarsi secondo i prin

100 'Vedi DD. 92 e 104.

cipi della sua tradizionale politica continentale, la Russia non possa astenersi senza rinnegare del tutto una sua qualsiasi funzione europea. Sono state sottolineate e divulgate le declamazioni di Kalinin pell0 maggio:« l'U.R.S.S. ha sempre applicato in tutte le loro conseguenze i trattati conclusi con altri Stati. Essa lo farà sempre e, se l'occasione si presenterà e sarà necessario, corrisponderà a tutti gli impegni assunti nei confronti della Cecoslovacchia e della Francia e fino all'ultimo iota».

Dopo di che i cechi, ritenendosi fuor del pelago, alzano la voce ed affermano -Lidove Listy -in materia di concessioni ai tedeschi che «l'integrità, la costituzione democratica, la politica estera e le alleanze della Cecoslovacchia non sono da mettersi in discussione. Se si tratta per la nostra minoranza tedesca dei suoi diritti e delle sue libertà essa otterrà soddisfazione. Ma se le sue rivendicazioni sono uno strumento della politica di potenza di uno Stato estero e sono perciò dirette non solamente contro la Repubblica cecoslovacca ma anche contro i suoi alleati, esse non saranno soddisfatte giacche ciò sarebbe contrario non solo agli interessi vitali della Repubblica ma anche alla volontà dei nostri alleati».

Il dibattito fra Praga e Berlino non è una questione locale ma è ancora uno scontro fra due sistemi europei, quello del '18 e quello del '38.

l 0 ) che il passo anglo-francese2 gli era servito ottimamente per spezzare in seno alla coalizione governativa la decisa opposizione della sinistra a fare concessioni ai tedeschi;

99 2 Nota dell'Ufficio Cifra: «Manca>>.

100 2 Vedi D. 66.

101

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 2782/71 R. Budapest, 17 maggio 1938, ore 5, 30 (per. ore 11,30).

Dal modo in cui la crisi è sorta e si è svolta1 , dalle dichiarazioni di Imredy2 , dalle tendenze del carattere di alcuni dei suoi componenti e dello stesso presidente, dal favore con cui il nuovo governo è stato accolto dagli ambienti conservatori, cattolici, legittimisti, ebrei, antinazisti, si può dedurre che, pur restando immutate le linee della politica estera nel campo delle amicizie esistenti, come risulta dalle dichiarazioni ufficiali, il tenore di esse è sensi

101 'Il 14 maggio, Imredy, nel presentare il governo al Parlamento, aveva avuto espressioni particolarmente calorose nei riguardi d eli 'Italia e di Mussolini, mentre -come sottolineava il ministro Vinci -meno significativi e meno applauditi erano stati i passi del discorso dedicati alla Germania (T. 2754/68 R. del 14 maggio). La parte del discorso di Imredy relativa alla politica estera è in Relazioni Internazionali, p. 396.

bilmente cambiato, per lo meno nel senso di una decisione di opporsi a interferenze tedesche nella politica interna del Paese e di fare una politica nazionale ungherese. Quanto ali'opinione pubblica, si nota un generale senso di sollievo; si parla di più d eli'amicizia italiana, si accenna a maggiori possibilità di accordi con i vicini, si fa rilevare la considerazione di cui Imredy gode anche negli ambienti finanziari inglesi, deducendone anche la possibilità di avere vantaggi finanziari dall'Inghilterra di cui si vuole affermare l'accresciuto interessamento alla politica danubiana. L'ala destra filonazista del partito di governo malgrado la presenza di eminenti rappresentanti nel Gabinetto, mostra di voler attenderlo alla prova dei fatti in quanto all'attuazione del programma di riforme sociali. Comunque nei riguardi della Germania è sintomatica, alla vigilia del Congresso Eucaristico, la formazione di un governo più spiccatamente nazionale cristiano. Tutti affermano che Imredy ha particolari doti di energia e decisione ma occorrerà vedere gli sviluppi della situazione nei riguardi della politica estera ed interna, dato che sono aumentate le difficoltà di perseguire il noto programma finanziario ed economico e soprattutto di conciliazione, in così delicato momento, delle tendenze tanto diverse che esistono nel Gabinetto.

101 1 Il 13 maggio, il ministero Daranyi aveva dato le dimissioni, sostituito da un Gabinetto presieduto da Imrédy. nel quale Kànya conservava il portafoglio degli Esteri. Daranyi aveva convocato il ministro Vinci per assicurarlo <<nel modo più formale>> che la politica estera del nuovo governo non avrebbe subito mutamenti di sorta (T. 2720/64 R. del 13 maggio).

102

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL MINISTRO A BELGRADO, INDELLI

T. PER CORRIERE 462 R. Roma, 17 maggio 1938.

Vostro rapporto n. 734 del 9 maggio 1

Dite a Stojadinovié che lo vedrò con molto piacere. Incontro con carattere del tutto privato a Venezia potrebbe aver luogo a metà giugno, nei giorni 15 e

16

Parleremo delle questioni che interessano a Stojadinovié e, in genere, di tutto quanto riguarda le relazioni tra Italia e Jugoslavia a cui Duce ha avuto, tra l'altro, ad accennare amichevolmente nel suo ultimo discorso2

Dichiarazioni a cui si riferisce telegramma di Vinci del 30 aprile u.s. 3 non introducono nessun nuovo elemento degno di rilevo.

102 ' Vedi D. 67.

102 2 Del 14 maggio a Genova (vedi D. 99, nota 1), in cui Mussolini aveva ricordato l'accordo con la Jugoslavia, aggiungendo che <<da allora la pace regna sovrana sulle sponde dell'Adriatico>>.

102 3 Vedi D. 32. Per le dichiarazioni cui si fa qui riferimento si veda serie ottava, vol. VIII, D. 445.

103

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALLE LEGAZIONI A BELGRADO, BUCAREST, BUDAPEST E SOFIA, E AL CONSOLE GENERALE A GINEVRA, BOVA SCOPPA

T. PER CORRIERE 463/c. R. Roma, 17, maggio 1938.

(Per tutti meno Ginevra) Bova Scoppa riferisce quanto segue:

(riprodurre telegrammi 116 e 127 da Ginevra del 13 e del 14 corrente').

Ho risposto a Bova Scoppa e ho comunicato a Sola quanto segue:

(per Ginevra) Vostri telegrammi 116 e 127.

(Per tutti)

l) Nessuna divisione di zone, né nei Balcani né altrove. La questione non si è neanche presentata. Voce messa in giro sta smentendosi da sé. Annettiamo, come sempre, maggiore importanza allo sviluppo dei nostri rapporti colla Romania.

2) Continuiamo a ritenere che miglioramento rapporti tra Romania e Ungheria (che sinceramente desideriamo) risponderebbe a interesse dei due Paesi oltre che a quello generale. Rapporti diretti tra i due governi appaiono ali 'uopo i migliori. Non riteniamo che un nostro intervento gioverebbe, né intendiamo intervenire.

Telegrafato Ginevra, Bucarest'.

104

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 2833/0103 R. Londra, 17 maggio 1938 (per. il 20).

Col mio telegramma n. 368' ho riferito a V.E. le prime informazioni ed impressioni da me raccolte in relazione alla visita di Henlein a Londra.

Ritengo opportuno, dopo la partenza di Henlein, riepilogare quelli che sono gli aspetti più interessanti dei contatti da lui avuti con gli ambienti politici britannici.

103 2 Si veda, per la risposta da Bucarest, il D. 168. 104 1 Vedi D. 92.

È questa la prima volta che la questione cecoslovacca viene portata alla ribalta per quanto riguarda il grosso pubblico inglese. Il quale è stato trascinato ad appassionarsi per la causa dell'Etiopia, o per quella della Spagna, e qualche volta tanto in un senso quanto nell'altro, ma ha considerato sempre finora i problemi dell'Europa Orientale come lontani, e comunque privi di diretto interesse. Gli avvenimenti d'Austria, nel marzo scorso, hanno colto di sorpresa il pubblico inglese; ma il turbamento provocato allora si è dimostrato in fondo superficiale e di breve durata. L'unica idea o preoccupazione che è emersa con carattere preciso e duraturo dall'improvvisa scomparsa dell'Austria si riferisce alla temuta possibilità di complicazioni europee per un ulteriore eventuale atto di forza della Germania nell'Europa Centro-Orientale; complicazioni a cui l'Inghilterra, per i suoi stretti legami con la Francia, teme di non poter riuscire a mantenersi estranea.

Sotto questo atteggiamento di scarso interesse, si possono anche individuare elementi di carattere ideologico e sentimentale, che hanno finora privato la questione cecoslovacca di quel valore «pubblicistico» che viceversa hanno assunto nel frattempo altre questioni.

Se-adottando un criterio approssimativo-si divide l'opinione pubblica inglese in due grandi settori, di destra e di sinistra, si può facilmente scoprire che tanto nel primo quanto nel secondo settore la questione cecoslovacca determina due correnti di idee e di passioni che si elidono a vicenda e, in definitiva, lasciano il terreno neutro. Negli ambienti di destra infatti, più sensibili all'interesse nazionale e imperiale, se è acuta la coscienza del «pericolo tedesco» e della difficoltà per l'Inghilterra di rimanere estranea in un conflitto in cui la Francia venga ad essere coinvolta, è altrettanto chiara la consapevolezza del fatto che se -cosa che appare ormai inevitabile -la Germania dovrà espandersi nuovamente, l'Europa Centrale ed Orientale rappresenta la direzione in cui tale espansione potrebbe svilupparsi con minore pregiudizio per gli interessi britannici.

Gli ambienti che si possono definire di sinistra, e nei quali trovano maggiore presa le considerazioni e le passioni ideologiche, sono da un lato portati a simpatizzare per la cosidetta democrazia cecoslovacca contro la Germania nazista ma anche, al tempo stesso, a simpatizzare per le minoranze tedesche contro il predominio esclusivo della maggioranza ceca.

Henlein, giunto a Londra, ha giuocato abilmente in mezzo a questi vari elementi. Ha fatto molto bene la parte di rappresentante degli oppressi che chiedono giustizia. Ha rilevato che l'oppressione ceca aveva indotto gli uomini del suo partito ad orientarsi verso le tendenze estreme e che egli era costretto perciò ad accompagnare il movimento di cui desiderava -neli'interesse stesso della pace -rimanere il capo e moderatore. Bisognava dunque dare al movimento stesso qualche sostanziale soddisfazione se si voleva evitare un'esplosione pericolosa.

Henlein non ha temuto di parlare con estrema e rude franchezza ma al tempo stesso ha ascoltato con la maggiore attenzione e deferenza i suoi vari interlocutori, promettendo di riferire al suo partito, di tener presenti i consigli che gli venivano dati, di fare il possibile per evitare sviluppi pericolosi per la pace europea.

Sono corse molte voci contraddittorie sull'origine dell'iniziativa presa da Henlein: perfino quella che il primo suggerimento sia partito da Vansittart, che aveva già avuto occasione di incontrare Henlein in precedenti sue visite a Londra. Comunque, e nonostante le ripetute affermazioni che la missione di Henlein ha avuto carattere privato, non vi è dubbio che essa è stata considerata con marcato favore, tanto al Foreign Office quanto a questa ambasciata di Germania. Tutti qui cominciano a credere che la visita è stata fatta dopo consultazioni di Henlein a Berlino, anzi, incoraggiata se non provocata da Berlino. È probabile, d'altra parte, che la visita stessa sia stata per lo meno favorita da elementi responsabili appartenenti al governo e all'amministrazione britannica.

L'atteggiamento della stampa (che ha dato rilievo sensazionale ali'avvenimento) risulta comunque ispirato dal governo, desideroso di interessare l'opinione pubblica inglese al problema cecoslovacco. Se questo destarsi da una precedente apatia ha provocato alcuni moti un po' incomposti nei quali sono emerse le contradittorie reazioni che esistevano già latenti nell'opinione pubblica britannica, di queste stesse contraddizioni intende avvalersi il governo britannico nel suo gioco tanto con Praga quanto con Berlino. La freddezza di certi commenti di stampa di sabato scorso 14 maggio nei riguardi delle rivendicazioni estreme di Henlein, esonera il governo britannico dalla necessità di agire troppo allo scoperto nei suoi tentativi di raccomandare ai tedeschi la calma e la moderazione. D'altra parte, l'interessamento generale deli'opinione pubblica britannica alla soluzione del problema delle minoranze tedesche di Cecoslovacchia viene a sottolineare efficacemente le raccomandazioni ufficiali fatte nei giorni scorsi da Londra a Praga. In tal modo qui si cerca di preparare il terreno più favorevole ad una sperata soluzione di conciliazione.

Il Foreign Office va ripetendo che esso non ha alcun interesse in una forma di soluzione piuttosto che in un'altra, purché la soluzione sia pacifica. E poiché -per legge fisica -una pressione anche se esercitata ugualmente su due parti, produce i suoi maggiori effetti sulla parte che è più debole, così non vi è dubbio che l'atteggiamento attuale di questo governo e di questa opinione pubblica nei riguardi del problema cecoslovacco agisce, in definitiva, in senso favorevole alle tesi e agli interessi della Germania.

L'opportunità per il governo di destare nel grosso pubblico l'interesse per la questione cecoslovacca, presenta anche altri aspetti degni di nota. Il governo vuole avere dietro di sé l'appoggio e la giustificazione della sua politica da parte della pubblica opinione, sia allo scopo di preparare quest'ultima ai futuri sviluppi ineluttabili della situazione nell'Europa Centro-Orientale, sia -come extrema ratio ed arma di riserva-per l'eventualità, anche molto improbabile, di un conflitto. Ed infine, poiché qualunque soluzione della questione cecoslovacca non può farsi se non a detrimento della Russia sovietica, è appunto facendo leva sulla Cecoslovacchia che l'Inghilterra pensa indirettamente di rallentare in qualche modo i rapporti franco-russi e di rendere possibile un qualche accordo delle grandi Potenze europee -Russia esclusa -che è lo scopo finale a cui tende l'attuale politica di Chamberlain.

103 1 Vedi DD. 84 e 93.

105

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. RISERVATO 2100/826. Mosca, 17 maggio 1938 (per. il 23).

Alcuni giorni or sono questo corrispondente francese dell'Agenzia Havas è venuto all'ambasciata e mi ha fatto vedere un telegramma ricevuto dalla sua direzione, col quale gli veniva chiesto di riferire quanto risultava a Mosca circa le voci raccolte a Ginevra a proposito di trattative commerciali in corso fra l 'Italia ed il governo sovietico.

Gli dissi che nulla mi constava al riguardo, ma che tali voci erano forse state originate dal fatto che erano pendenti fra i due governi delle vertenze di indole commerciale sorte dopo la mancata esecuzione da parte sovietica del contratto di fornitura di nafta alla R. Marina.

Rilevo ora dal Temps del 14 maggio, giunto ieri sera a Mosca, che nella cronaca dell'U.R.S.S. si fa menzione di tali vertenze sotto il titolo Détente dans les relations italo-sovietiques.

Ho motivo di supporre che l 'interpretazione ottimistica indicata da questo titolo sia stata suggerita al corrispondente dell'Havas dallo stesso Narkomindiel, ciò che sembra indicare una certa tendenza da parte sovietica a mantenere aperta la porta per un eventuale miglioramento delle relazioni fra Italia ed U.R.S.S. Ho ugualmente motivo di pensare che tale tendenza venga incoraggiata da questa ambasciata di Francia1

Non ho bisogno di dire che su tale tema mantengo la più stretta riserva, !imitandomi ad osservare ai colleghi che mi interpellano al riguardo come i recenti discorsi di Litvinov a Ginevra non abbiano rilevato alcun mutamento della politica sovietica nel senso di una migliore comprensione dei reali bisogni della collaborazione europea.

l 05 ' Rosso aveva già telegrafato qualche giorno prima che l'ambasciatore Coulondre gli aveva detto, a titolo strettamente personale, che nel corso dei suoi colloqui con Litvinov quest'ultimo gli aveva lasciato capire di essere desideroso di vedere definita al più presto la questione etiopica (T. 2556/56 R. del 5 maggio).

106

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. URGENTE 2802/374 R. Londra, 18 maggio 1938, ore 14,10 (per. ore 19, 10).

Comunicato ufficiale rimpasto Gabinetto annunciato ieri (vedere mio telegramma n. 372 di ieri') ha tagliato corto voci divenute piuttosto insistenti durante gli ultimi giorni circa dimissioni lord Halifax, e possibile ritorno in ballo Eden in seno Gabinetto come ministro per l'India.

Non vi è dubbio che Gabinetto, e particolarmente Primo Ministro Chamberlain, hanno attraversato in questi giorni, e attraversano tuttora, delle difficoltà. Un certo sbandamento e incertezza sono percettibili nelle file del partito conservatore. I fatti che hanno contribuito a questo stato d'animo sono:

0 ) I successi laburisti nelle recenti elezioni parziali.

2°) Gli attacchi e le critiche pressoché unanimi mossi al governo per insufficienza riarmo nel campo aereo.

3°) Le inevitabili critiche di malcontenti nel pubblico britannico per azione governo inglese durante la recente sessione Consiglio Ginevra2 , azione che è stata interpretata come un'aperta confessione sconfitta e perdita di prestigio della politica britannica.

Tutto ciò ha contribuito a ridestare, sopratutto nel solito gruppo dei conservatori di sinistra capeggiati da Churchill, le non mai dimesse speranze in una possibile crisi ministeriale e possibile ritorno di Eden in seno Gabinetto, per ora come ministro de li'India.

Chamberlain ha reagito, come sempre, con coraggio e tempestività. Egli si è assunto personalmente tutta la responsabilità dell'azione svolta a Ginevra da Halifax; ha resistito alle pressioni dei conservatori di sinistra che domandavano il ritorno di Eden (il quale, d'altra parte, ha dichiarato che non avrebbe comunque accettato eventuale offerta di rientrare in un Gabinetto presieduto da Chamberlain) e ha proceduto a sostituire ex-ministro dell'Aria lord Swinton, la cui posizione era divenuta insostenibile (mio telegramma n. 0100 del 13 corrente').

Si è inoltre sbarazzato del l 'ex-ministro delle Colonie Ormsby Gore, notoriamente seguace della politica di Eden, immettendo nel Gabinetto nuovi elementi sulla cui fedeltà egli può più sicuramente contare.

Vi è una certa attesa per dibattito alla Camera dei Lords su politica estera e ancora più per dibattito ai Comuni su politica generale e particolarmente su

106 ' T. 2785/372 R. del 17 maggio, non pubblicato. 106 'Vedi D. 77, nota 3. 106 ' Non pubblicato.

politica riarmamento aereo, durante la quale Chamberlain risponderà personalmente alla mozione di censura proposta dall'opposizione liberale-laburista, e favorita sottomano dal solito Churchill e dai Conservatori di sinistra4

107

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI

T. PER CORRIERE 469 R. Roma, 18 maggio 1938.

Vostro telegramma n. 70 1

Ringraziate Imredy sue comunicazioni e assicuratelo miei migliori sentimenti e simpatia.

Duce ha risposto suo telegramma2 confermandogli linea ormai tradizionale politica italiana verso Ungheria. Per parte mia sarò ben lieto favorire in ogni possibile modo sviluppo rapporti con codesto Paese3

106' Per le reazioni provocate a Roma da questo telegramma, si veda il Diario di Ciano alla data del 20 maggio e il D. 117.

107 ' Con T. 2779/70 R. del 17 maggio, il ministro Vinci aveva riferito di avere comunicato a Imredy il contenuto del D. 80. lmredy aveva risposto che contava di rinsaldare sempre più l'amicizia con l'Italia.

107 ' In un telegramma a Mussolini del 16 maggio (T. 2778 R. da Budapest), Imredy aveva espresso il suo desiderio di coltivare e se possibile di approfondire i legami con l'Italia e Mussolini aveva risposto (T. 464 R. del 18 maggio) che il governo italiano sarebbe stato lieto di sviluppare in oghi campo i rapporti tra i due Paesi.

Sulla questione vi è un'altra annotazione nel Diario di Ciano alla data del 20 maggio: «Il Duce fissa alcuni punti della nostra politica nei confronti di Budapest: disinteresse nel caso di un'azione magiara contro Cecoslovacchia, d'intesa con Berlino; aiuto nel caso (assurdo ed escluso) di un'aggressione non provocata da parte della Jugoslavia. In compenso Budapest deve uscire da Ginevra>>.

Ciano ebbe, poi, il 23 maggio, un altro colloquio con Villani, così registrato nel suo Diario: <<Colloquio con Villani. Gli espongo nuovamente il nostro punto di vista circa il patto propostoci e in base alle istruzioni del Duce: gli dico che ne parleremo quando Kànya verrà in Italia. Faccio cenno alla loro uscita da Ginevra ma vedo che Villani arrossisce e comincia a tirar fuori la posizione delle minoranze>>.

107 3 Nel Diario di Ciano vi è la seguente annotazione alla data del 16 maggio: «Villani mi ha portato un patto segreto di consultazione, nonché una clausola di aiuto militare in caso di aggressione non provocata da parte jugoslava. Sono un po' scettico sulla opportunità di questi documenti che sono segreti per modo di dire e diventano pubblici quando debbono creare dei fastidi. Ne parlerò al Duce in questo senso>>. Di questo colloquio non è stato trovato il verbale negli archivi italiani, né è stato trovato il progetto di patto. Nel resoconto del colloquio redatto dal ministro Villani (in DU, vol. II, D. 202) non vi è accenno al progetto di accordo: Ciano, secondo quanto riferiva il diplomatico ungherese, si limitò ad esprimere la sua convinzione che l'Ungheria non doveva temere un attacco da parte della Jugoslavia, dichiarò di non considerare imminente un'azione contro la Cecoslovacchia e chiese poi di essere informato circa qualsiasi accordo fosse stato concluso tra Germania e Ungheria.

108

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 2832/0104 R. e 2834/0105 R. Londra, 18 maggio 1938

(per il 20).

Halifax mi ha pregato ieri di passare da lui e mi ha detto quanto segue:

«Una decina di giorni fa il governo britannico è stato informato dell'arrivo a Palma di sei nuovi aeroplani spediti dall'Italia, i quali sono stati scaricati pubblicamente sotto gli occhi, si può dire, degli equipaggi delle navi britanniche colà ancorate».

Ho creduto opportuno subito a questo punto di interrompere Halifax dicendogli che, pur non volendo discutere con lui circa la fonte delle informazioni, la notizia non mi sembrava verosimile. «Ho ricevuto istruzioni -ha continuato -di richiamare la più seria attenzione del governo britannico sull'afflusso, diventato effettivamente scandaloso, di armi e materiale da guerra ai Rossi di Barcellona attraverso la frontiera francese da parte della Francia». Ho proseguito facendo con Halifax il passo di cui al telegramma n. 424 per corriere di V. E. 1 Ho creduto da ultimo di aggiungere che evidentemente non si può pretendere che da parte italiana si possa a lungo rimanere indifferenti a questa attitudine di aperto intervento da parte francese.

Halifax ha ripreso dicendo che in un primo tempo il governo britannico aveva pensato di richiamare ufficialmente l'attenzione del governo italiano sull'arrivo dei sei aereoplani a Palma ma poi aveva deciso di non farlo, in quanto che il governo italiano avrebbe assai presumibilmente e comprensibilmente replicato con dichiarazioni analoghe a quelle da me testé fattegli. Halifax ha continuato confermando che le informazioni in possesso del governo italiano circa afflusso di armi attraverso i Pirenei dal territorio francese corrispondevano effettivamente a verità e ciò risultava anche al governo britannico. Era comprensibile pertanto che da parte italiana si cercasse di neutralizzare l'azione e l'iniziativa francese

Neanche di questo colloquio è stata trovata documentazione. Secondo il resoconto del ministro Villani (in DU, vol. II. D. 2 I 8), Ciano dichiarò che Mussolini escludeva un intervento della Jugoslavia nel caso in cui la Cecoslovacchia fosse stata attaccata congiuntamente dalla Germania e dall'Ungheria. Quest'ultima, aveva aggiunto Ciano, poteva sempre contare sull'aiuto dell'Italia nel caso, ritenuto impossibile, che fosse stata attaccata dalla Jugoslavia. Ciano aveva infine dichiarato che Mussolini non intendeva abbandonare <<né l'Europa Centrale, né l'Europa dell'Est>> che rappresentavano <<un interesse principale per l'Italia>>.

108 ' T. 4241146 R. del 30 aprile con cui Ciano segnalava che già da alcuni mesi partivano dal porto polacco di Gdynia delle importanti forniture di armi di fabbricazione polacca e cecoslovacca dirette ai porti atlantici della Francia da dove venivano poi trasferite in Spagna. Mentre all'ambasciatore a Varsavia erano inviate istruzioni di far presente amichevolmente la questione al governo polacco perché potesse prendere gli opportuni provvedimenti, Grandi era incaricato di segnalare il fatto agli uffici del Comitato di non intervento ed eventualmente allo stesso Iord Plymouth, omettendo però ogni riferimento alla fornitura di armi polacche.

e ciò senza venire meno allo spirito degli impegni presi recentemente dall'Italia di fronte al governo britannico e cioè di non inviare ulteriore materiale da guerra in Spagna. «Senonché, come era prevedibile, l'opposizione laburista e antifascista ai Comuni si è impadronita della notizia dell'arrivo a Palma degli aereoplani italiani e si prepara a fare il solito chiasso in Parlamento contro Chamberlain. In previsione di un dibattito ai Comuni, noi abbiamo fatto una démarche a Parigi e richiamato per il tramite di questo ambasciatore di Francia la più seria attenzione del governo francese su questo effettivo afflusso di armi in !spagna da parte francese. Il governo britannico non potrà naturalmente negare l'esistenza delle informazioni pervenutegli circa l'arrivo di aereoplani italiani a Palma ma allo stesso tempo comunicherà in Parlamento di avere fatto passi presso il governo francese perché cessi l 'afflusso di armi attraverso la frontiera dei Pirenei. Io mi permetto comunque di fare confidenzialmente presente che, ove il governo italiano si sentisse nuovamente costretto a neutralizzare l'azione francese, ciò fosse fatto con la necessaria cautela in modo che le Autorità britanniche o chiunque altro non ne venisse a diretta conoscenza».

Halifax è quindi passato ad altro argomento e mi ha detto che egli temeva che la situazione in Spagna potesse di nuovo determinare qualche turbamento nel campo internazionale. Egli era riuscito a Ginevra a bloccare i ripetuti tentativi del Del Vayo in questo senso2 ma «è certo -Halifax ha continuato -che, nonostante la schiacciante superiorità di Franco, la fine della guerra non appare così imminente come io sinceramente ho sperato. Io mi domando se, appunto in considerazione della posizione di indiscutibile superiorità da parte nazionalista, non sia venuto il momento di riflettere su li'opportunità di un armistizio, e ciò anche in considerazione del sincero desiderio da parte del governo britannico di perfezionare al più presto possibile ed in modo definitivo gli Accordi di Roma. Prima tuttavia di considerare ulteriormente questa idea come una cosa fattibile, io desidero consultarmi col Conte Ciano e sentire il suo parere e le sue reazioni ad una eventuale proposta del genere». Egli mi pregava quindi di sottoporre quanto egli mi aveva detto a V.E.

Mi sono naturalmente limitato a rispondere a Halifax che avrei fatto quanto egli mi domandava e che il governo fascista non ha minore desiderio di vedere perfezionati al più presto possibile ed in un modo definitivo gli Accordi di Roma.

Ho aggiunto tuttavia, a titolo personale, che un armistizio è cosa che riguarda esclusivamente le due parti in conflitto e che, a parte ogni altra considerazione sulle difficoltà evidenti che ostacolano la pratica attuazione di un consimile progetto, non mi sembra, da quanto pubblicamente risulta, che le due parti in conflitto siano in alcun modo disposte a considerare tale progetto come attua-

bile in questo momento, per cui, ho concluso, non ritengo che valga la pena di esporsi ad un rifiuto e al fallimento sicuro di una iniziativa del genere, tanto più che essa giuocherebbe a esclusivo vantaggio dei Rossi limitando ai Nazionalisti quella completa, rapida ed assoluta vittoria militare che sola può assicurare la effettiva soluzione del problema spagnolo.

Ho aggiunto da ultimo che vi è da domandarsi se il rinnovato e scandaloso intervento francese a favore di Barcellona, dato che nessuno e neppure i francesi possono immaginare di modificare con esso le sorti già decise della guerra spagnola, non nasconda invece uno scopo ben diverso e ben determinato: il tentativo cioè di ritardare in qualche modo la soluzione definitiva del conflitto spagnolo e conseguentemente di ritardare e ostacolare il perfezionamento e la messa in esecuzione degli Accordi di Roma. L'esperienza di quella che è stata nel passato l'attidudine francese legittima pienamente, ho dichiarato a Halifax, questo mio sospetto, e il governo britannico, che possiede un'innegabile influenza su Parigi, farà bene, ho detto, a richiamare, con cruda nettezza, il governo francese alle sue gravi responsabilità.

l08 2 Il 13 maggio, il ministro degli Esteri del governo di Barcellona, Del Vayo, aveva presentato al Consiglio della Società delle Nazioni un progetto di risoluzione allo scopo di far dichiarare terminata la politica del non intervento in Spagna ed aveva accusato la Francia e la Gran Bretagna di essere le responsabili della situazione. Lord Halifax aveva replicato con molta vivacità ribadendo la decisione del suo governo di proseguire nel non intervento. Solo il rappresentante sovietico e lo stesso Del Vayo avevano votato a favore della risoluzione.

109

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI'

APPUNTO. Roma, 18 maggio 1938.

Ho ricevuto l'Ambasciatore di Inghilterra, il quale mi ha detto che aveva avuto istruzioni dal suo Governo di parlare in seguito al discorso pronunciato dal Duce a Genova2

Doveva premettere che la stessa comunicazione era da considerarsi come una prova della singolare importanza che il Governo britannico attribuisce ali'accordo raggiunto con l'Italia: è appunto in base a questa importanza che il Governo di Londra si preoccupa delle ripercussioni che il discorso ha avuto non soltanto in Inghilterra e in Francia, ma in tutta l'Europa.

Per la prima volta Mussolini parlava dopo la firma degli accordi itala-britannici. In Inghilterra gli accordi erano stati illustrati ed esaltati da Chamberlain\ mentre Halifax aveva fatto del pari a Ginevra4 Immediatamente era stata presa da parte

britannica l'iniziativa per rimuovere gli ostacoli che si opponevano al riconoscimento dell'Impero, con pieno appoggio della delegazione francese. Il Governo britannico si sentiva adesso in dovere di far conoscere che le espressioni usate dal Duce

109 2 Vedi D. 99, nota l. 109 3 Nella seduta del 2 maggio ai Comuni. Vedi D. 55. 109 4 Vedi D. 79.

non erano quelle che a Londra si attendevano. A titolo personale Lord Perth aggiungeva che si sarebbe augurato che il Duce si fosse espresso pubblicamente come si era espresso lui: che l'accordo aveva una grande importanza nelle relazioni fra i due Paesi e costituiva un elemento fondamentale della pacificazione europea.

Non bisogna dimenticare che Chamberlain ha incontrato delle gravissime difficoltà parlamentari per raggiungere l'accordo con l'Italia e che anche oggi le opposizioni non hanno smobilitato. L'argomento principale di cui Chamberlain si è valso per sostenere la sua politica è stato quello che l 'aècordo doveva effettivamente contribuire a rendere migliore la situazione europea.

Un'altra speranza che ha animato il Governo britannico è stata quella che l'accordo fra l 'Italia e l 'Inghilterra accentuasse la détente fra Roma e Parigi. Il discorso di Genova ha prodotto un 'impressione profonda sul Governo francese e Chamberlain non si nasconde che questa détente diviene, adesso, più difficile. In questo modo egli teme che il Governo che riporterà il maggiore successo sarà quello sovietico, dato che Mosca si è adoperata sia a Ginevra che altrove per far sorgere ogni ostacolo che potesse impedire il riavvicinamento fra l'Italia e la Francia.

Sia Chamberlain che Halifax hanno invitato l'Ambasciatore Perth a farci conoscere che loro sono vivamente desiderosi di vedere superate le difficoltà sorte nei negoziati itala-francesi e che la loro attività è e sarà sempre diretta ad impedire in Europa la formazione di blocchi avversi su base ideologica.

Ho risposto a Lord Perth che per quanto concerneva la Gran Bretagna ero sorpreso delle comunicazioni che egli mi faceva. Le dichiarazioni del Capo del Governo erano state cordiali nei riguardi del suo Paese e contenevano un alto apprezzamento dell'accordo itala-britannico. Non vedevo alcuna divergenza fra le frasi pronunciate a Genova dal Duce pubblicamente e quelle dette a Lord Perth in occasione del colloquio del 14 aprile5 Ho spiegato inoltre la questione degli

applausi intempestivi delle bambine ed il malinteso cui aveva potuto prestarsi l'ilarità di una parte del pubblico.

Per quanto concerne la Francia ho invece comunicato a Perth che il Duce era fermissimo sulla posizione assunta e che è la seguente: l 0 ) la parola Spagna non dovrà, per nessuna ragione e in alcun modo, entrare in un eventuale accordo fra l'Italia e la Francia; 2°) non intende trasformare in accordo a tre quello che è stato l'accordo bilaterale per il Mar Rosso e l'Arabia.

Soffermandomi particolarmente sul primo punto, ho ribadito a Perth tutte le ragioni che hanno indotto il Duce ad assumere un tale atteggiamento, che deve essere considerato definitivo. Il Governo britannico se vorrà realmente dare un contributo al progresso dei negoziati itala-francesi, dovrà far intendere a Parigi che sulla questione Spagna il Duce non intende per niente modificare la posizione assunta fin dall'inizio delle conversazioni.

Perth, che personalmente ha mostrato una chiara comprensione del punto di vista italiano, si è riservato di riferire al suo Governo6

109 6 Il documento ha il visto di Mussolini.

l 09 1 Ed. in L'Europa verso la catastrofe, pp. 318-321.

109 5 Su tale colloquio si veda serie ottava, vol. VIII, D. 451, nota 2.

110

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, ATTOLICO, E A VARSAVIA, ARONE

T. 467/171 R. (Berlino) e 467/50 R. (Varsavia). Roma, 19 maggio 1938, ore 1,30.

Resto del Carlino odierno in corrispondenza da Berlino riporta che da qualche giorno politica antigermanica delle Autorità polacche in Alta Slesia e Poznania susciterebbe viva apprensione ambienti giornalistici tedeschi, i quali ritengono trattarsi azione preordinata, contraria allo spirito e alla lettera dell'Accordo fra Polonia e Germania'.

Prego telegrafarmi quanto costà risulti al riguardo2

111

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER TELEFONO 2820/380 R. Londra, 19 maggio 1938, ore 20,30.

Plymouth ha chiesto oggi di vedermi. Mi ha detto che durante le scorse settimane il governo britannico aveva ripetutamente, nei suoi contatti col governo francese, cercato di riso! vere le difficoltà che tengono tuttora sospesi i lavori del Comitato di non Intervento: difficoltà che provengono in buona parte appunto dalla Francia. Durante l 'ultimo colloquio che Plymouth aveva avuto con Corbin, tornato da Parigi, era riuscito a fare qualche passo avanti sulla via di una effettiva soluzione. Egli, Plymouth, aveva conseguentemente potuto preparare un appunto (che trasmetto a V.E. in allegato al mio telespresso n. 265811161' e di cui invio un riassunto col mio telegramma n. 38 F) nel quale sono contenute alcune proposte formulate dal governo britannico e già in principio approvate dal governo francese. Queste proposte si riferiscono l 0 ) al controllo terrestre;

!IO 1 Riferimento alla Dichiarazione tedesco-polacca sulle minoranze del 5 novembre 1937 (testo in DDT, serie D, vol. V, D. 18).

!IO 2 Da Berlino, l'ambasciatore Atto! i co rispondeva che da molti mesi ·la stampa tedesca andava riportando notizie circa un'azione antitedesca da parte delle Autorità polacche e che ciò continuava <<in forma del tutto normale», senza indicare una situazione nuova (T. 2824/215

R. del 19 maggio). Per la risposta da Varsavia si veda il D. 112. III 1 Non pubblicato. Ili 'Vedi D. 115.

2°) al controllo marittimo; 3°) alla evacuazione dei volontari in relazione alla questione delle categorie.

Riguardo al primo punto (controllo terrestre), ha continuato Plymouth, la proposta ora avanzata non differisce sostanzialmente da quella già formulata dal governo britannico il 31 marzo u.s. 3 ed allora accettata dal governo italiano4

Riguardo al secondo punto, il governo britannico suggerisce di includere nella risoluzione che il Comitato dovrà approvare, un paragrafo di carattere piuttosto vago che lascia all'Ufficio centrale del non intervento il compito di escogitare ed applicare discrezionalmente le misure più appropriate per poter individuare e segnalare l'arrivo nei porti spagnoli di navi che abbiano imbarcato osservatori. Plymouth mi ha detto che, nel suo pensiero, questo paragrafo ha valore più apparente che reale, in quanto dà sopra tutto l 'impressione di un ulteriore rafforzamento del controllo marittimo.

Riguardo al terzo punto, il governo britannico tenta di formulare un compromesso fra la tesi francese (che insiste per il mantenimento delle categorie quali erano del resto state stabilite nel piano originario di evacuazione) e le difficoltà di carattere tecnico e pratico che avevano susseguentemente imposto ad Hemming di suggerire l'abolizione. L'attuale formula riduce infatti le categorie a quattro e, conferendo una certa elasticità al funzionamento dello schema di ritiro, rimedia in parte ad inconvenienti già segnalati da Hemming.

Plymouth ha concluso dicendomi che egli si proponeva di convocare il Comitato dei Nove giovedì mattina 26 maggio per discutere quelle proposte. Egli si augurava vivamente che il governo italiano avrebbe voluto darvi la sua adesione, facilitando così la liquidazione di queste ultime difficoltà.

112

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 2836/92 R. Varsavia, 19 maggio 1938, ore 21,10 (per. ore 6 del 20).

Mi riferisco al telegramma di V.E. n. 501 Ho già segnalato all'E.V. come,

• sino dai primi giorni della Dichiarazione polacco-tedesca del 5 novembre 19372 , attitudine delle Autorità locali non sia stata sempre in armonia con spirito della

Ili 3 Vedi serie ottava. vol. VIII, DD. 426 e 427. 111 ' Vedi ibid., D. 486. 112 ' Vedi D. 110. 112 2 Vedi D. 110, nota l.

dichiarazione stessa (mio telegramma per corriere n. 76 del 17 dicembre scorso').

In realtà, non ho mai mancato di attirare l'attenzione di Beck su tale situazione. A parte ciò, posso assicurare V.E. che niente di speciale è avvenuto in questi ultimi tempi che possa giustificare nervosismo segnalato dal corrispondente del Resto del Carlino. Esiste, se mai, in seguito agli ultimi avvenimenti, uno stato d'animo di maggiore diffidenza dei funzionari polacchi verso gli elementi tedeschi che però non si traduce in atti concreti. Anche una conversazione che ho avuto in proposito stamane con von Moltke mi conferma l'esattezza di quanto precede.

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L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, PIGNATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PER CORRIERE 2822/64 R. Roma, 19 maggio 1938 (per. stesso giorno).

Lunedì mattina, 16 corrente, ho avuto la visita del cardinale Pizzardo. Egli aveva chiesto di vedermi, fin dal sabato precedente. Ritenni opportuno rinviarlo al lunedì perché, immaginando ch'egli mi avrebbe intrattenuto sulla situazione determinatasi nelle relazioni fra l 'Italia e la Santa Sede per i noti avvenimenti e più specialmente sull'articolo dell'o n. Farinacci pubblicato da Regime Fascista il 12 corrente su li'incompatibilità, per gli iscritti al Partito, di appartenere all'Azione Cattolica, volevo dare al porporato l'impressione che l'ambasciata non era per nulla preoccupata delle conseguenze che potevano scaturire dal discorso del Papa sulla Croce Uncinata'.

Senza troppo dilungarmi dirò che il cardinale Pizzardo, temendo le reazioni del Pontefice, avrebbe desiderato che facessi un passo in Segreteria di Stato per diminuire la portata dell'articolo del Popolo d'Italia dell'8 corrente, intitolato La reliquia e la Croce 2 o quanto meno indurmi a farlo fare da uno dei funzionari della R. Ambasciata.

Ho rifiutato, spiegando che non mi sarei recato alla Segreteria di Stato, né avrei mandato un funzionario dipendente, perché non avevo niente da dire. Ho soggiunto che, con tutto il rispetto per il Santo Padre, non riuscivo a spiegarmi

113 ' Vedi D. 53.

il Suo discorso, ingiusto e inopportuno. La Santa Sede aveva un Nunzio a Berlino e un ambasciatore del Reich a Roma, teneva dunque regolari relazioni diplomatiche con il governo del Reich. Se la Santa Sede avesse spinto le cose all'estremo avrebbe avuto campo di constatare, immediatamente, che il popolo italiano avrebbe dato un giudizio rettamente logico della situazione e non in favore della politica della Chiesa. Il governo e il Regime Fascista avevano dato prove innumerevoli e indubbie di rispetto per la Chiesa Cattolica e il suo Capo. Il mondo cattolico e il popolo italiano lo sapevano benissimo senza che fosse necessario di darne loro la dimostrazione. La Santa Sede doveva evitare scrupolosamente di dare l'impressione di mettersi attraverso la politica estera italiana. Il grido: «Il Papa è nemico dell'Italia», non era dimenticato dalle vecchie generazioni e un movimento anticlericale poteva risorgere se la Santa Sede ne avesse imprudentemente fornita l'occasione.

Il cardinale mi ha lasciato, dicendo che, sebbene fosse stato dal Papa il giorno avanti, avrebbe sollecitata un 'udienza straordinaria.

Ieri mattina, mercoledì 18, il porporato è ritornato da me, dopo avere visto il Pontefice. Egli era rassicurato. Aveva parlato al Papa a cuore aperto e aveva trovato comprensione e arrendevolezza. Ho domandato al Porporato se il Santo Padre avrebbe parlato nuovamente in pubblico, replicando all'articolo de Il Popolo d'Italia, come ne aveva manifestato l'intenzione. Mi ha risposto di non essere in grado di darmi una risposta precisa, ma di avere l'impressione che il Papa non ritornerebbe più sulla questione. Il cardinale mi ha dichiarato che il Pontefice a un certo punto gli aveva detto: «Che cosa potrei fare io se mi mancasse l'appoggio dell'Italia?». Quanto all'Azione Cattolica, il Santo Padre aveva confermato l'ordine di non dare luogo a osservazioni o a reclami, precisando il suo pensiero con le seguenti parole: «l'Azione Cattolica in sagrestia». Il cardinale Pizzardo ha soggiunto ch'egli è disposto a fare tutto quello che gli si domanderà e mi ha pregato di segnalargli tutti i fatti, anche di minima importanza, che, comunque, ci dispiacciano.

Ieri stesso, mercoledì 18, poco prima di ricevere la visita del cardinale Pizzardo, sono stato invitato a recarmi dal Cardinale Segretario di Stato. Per la stessa ragione che mi ha indotto a procrastinare la visita del cardinale Pizzardo, ho rinviato a stamane la mia visita al cardinale Pacelli.

Il porporato mi ha dichiarato, a nome del Pontefice, che il noto di lui discorso aveva voluto essere un'espressione del suo grande dolore e nulla più. Il Papa mi faceva dire che il fatto stesso ch'egli aveva parlato in quel modo, era la prova che desiderava avere buoni rapporti con il R. Governo. Se così non fosse stato, egli avrebbe lasciato correre. Per quanto la giustificazione mi sia apparsa subito assai stiracchiata, ho lasciato correre anch'io, perché manifestava il desiderio di uscire da una situazione penosa. Ho domandato al Cardinale Segretario di Stato se il Papa ritornerebbe, in pubblico, sull'argomento. Mi ha risposto di avere l'impressione che il Pontefice tacerà ma di non potermelo garantire. Né d'altra parte egli credeva di sollevare la questione, perché se il Santo Padre potesse credere che si voleva esercitare una pressione su di lui c'era da temere di ottenere l'effetto opposto a quello ricercato.

Il cardinale Pacelli mi ha informato poi, che il Papa aveva espresso il desiderio di vedermi.

Ho detto al Porporato eh'ero sempre pronto di ree armi dal Papa, tuttavia mi sembrava che sarebbe stato bene di evitare di fornire al Santo Padre l'occasione a un probabile nuovo sfogo. Il cardinale ha convenuto nella mia osservazione. Siamo rimasti d'accordo che, a meno che il Papa non ritorni sull'argomento, insistendo per vedermi, la mia visita a Castelgandolfo sarà rinviata a più tardi.

Il Cardinale Segretario di Stato mi ha comunicato, infine, che il Papa aveva espresso l'intenzione di mandare il padre Tacchi Venturi dal Duce.

112 1 T. per corriere 8542/076 R. del 17 dicembre 1937. L'ambasciatore Arone aveva riferito che il suo collega tedesco, von Moltke, da lui interrogato, gli aveva detto che l'applicazione da parte polacca dell'accordo sulle minoranze lasciava alquanto a desiderare, pur dovendosi notare che era ancora troppo presto per formulare dei giudizi in proposito.

113 2 Vedi D. 75, nota l.

114

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 2853/065 R. Berlino, 19 maggio 1938 (per. il 21).

Questa legazione di Ungheria mi conferma che da alcuni giorni il governo del Reich ha decretato misure restrittive per le partenze di sudditi tedeschi dal territorio germanico per l 'Ungheria.

Tali misure, che dureranno fino al 29 maggio, consistono nella necessità di una concessione di uno speciale permesso che viene normalmente negato.

Evidentemente il governo del Reich ha deciso di non permettere la presenza di gruppi di cattolici tedeschi al prossimo Congresso Eucaristico di Budapest, al quale, secondo le previsioni, avrebbero dovuto partecipare varie migliaia di fedeli provenienti particolarmente dal territorio austriaco, nonché alcuni alti prelati di Vienna'.

115

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER TELEFONO 2829/381 R. Londra, 20 maggio 1938, ore O, 15.

Riassumo proposte contenute nell'appunto consegnatomi oggi da Plymouth e che dovranno essere discusse alla prossima riunione del Comitato dei Nove giovedì venturo 26 maggio.

114 ' Per le reazioni provocate in Ungheria dal provvedimento del governo tedesco si veda il D. 120.

Primo: Ristabilimento controllo terrestre.

a) Controllo terrestre verrà ristabilito giorno in cui Commissioni si dichiareranno in grado di iniziare computo volontari (anziché giorno partenza Commissioni per la Spagna come nella proposta originaria inglese, vedi mio telegramma

n. 287 1).

b) Controllo verrà ritirato se al termine di 30 giorni evacuazione volontari non avrà avuto effettivo inizio. Governo francese è disposto tuttavia concedere ulteriore periodo di dieci giorni se risulta che il ritardo è dovuto ad inevitabili difficoltà tecniche.

Secondo: Rafforzamento controllo marittimo.

Si suggerisce l'inclusione nella risoluzione generale che dovrà essere approvata dal Comitato plenario di un paragrafo del seguente tenore: «Il Comitato riconosce l'importanza di assicurare che nessuna nave appartenente a Paesi partecipanti accordo non intervento e che non ha imbarcato ufficiali osservatori, possa entrare in un porto spagnolo senza che essa venga immediatamente scoperta. Il Board avrà pertanto obbligo prendere tutte le misure che riterrà utili per assicurare questo obiettivo anche mediante invio di ufficiali osservatori a qualche porto particolare dove si consideri che loro presenza possa essere momentaneamente necessaria.

Il Comitato inoltre concorda che non appena possibile, dopo lo spirare del periodo di 30 giorni dalla data ristabilimento controllo, il Board sottoporrà al Comitato internazionale un dettagliato rapporto sul funzionamento dello schema osservazione marittima così come ora rafforzato».

Terzo: Evacuazione volontari.

Si suggerisce seguente sistema come mezzo pratico per assicurare applicazione principio del ritiro proporzionale per categorie dei volontari stranieri in Spagna:

a) Le Commissioni dovranno riferire circa il numero di volontari stranieri in servizio rispettivamente nella Marina, n eli 'Esercito, n eli' Aviazione, e in uffici civili.

b) Spetterà alla Commissione generale (costituita dalla unione colleggiale delle due Commissioni) il determinare proporzione nella quale deve essere eseguito ritiro volontari da ciascuna parte, nonché numero minimo volontari stranieri in servizio in ciascuna delle quattro categorie sopra descritte che dovranno essere consegnati da ciascuna delle due parti in Spagna allo scadere dei successivi stadi dell'evacuazione.

c) Non appena Comitato internazionale avrà approvato rapporto della Commissione generale ne verrà data notifica alle due parti in Spagna.

115 ' Vedi serie ottava, vol. VIII, D. 426. In realtà, il testo della proposta avanzata da lord Plymouth era stato trasmesso a Roma da Grandi con il suo T. 288 (ibid., D. 427).

d) Ciascuna commissione dovrà riferire al Board, ai termine di ciascuno stadio dell'evacuazione, se i predetti quantitativi minimi di volontari stranieri appartenenti a ciascuna categoria siano stati effettivamente consegnati alle zone di evacuazione.

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 2830/382 R. Londra, 20 maggio 1938, ore 1,40 (per. ore 6,30).

Mio telegramma n. 380'.

Ho approfittato dell'occasione del mio colloquio con Piymouth per ripetere con lui passo fatto avantieri con Halifax (mio teieposta n. l 04 2 ). Conformemente alle istruzioni di V.E. di cui ai telegrammi per corriere n. 424 3 e 425 4 , ho attirato la più seria attenzione di Plymouth sulle recenti gravissime infrazioni de li' accordo di non intervento da parte francese, russa e cecoslovacca, le quali erano andate intensificandosi proprio nel giorno in cui l 'Italia aveva concluso il suo accordo con l 'Inghilterra.

La Francia, ho soggiunto, ispirata dalla Russia sovietica, sembra stia facendo uno sforzo criminoso non tanto per salvare la causa ormai persa di Barcellona quanto per tentare di creare nuove difficoltà tra l 'Italia e l 'Inghilterra e di ritardare entrata in vigore d eli' accordo italo-inglese.

È chiaro, ho concluso, che l'Italia non può rimanere indifferente di fronte a simile manovra e che gli impegni presi, se debbono essere rispettati debbono esserlo ugualmente da parte di tutti. Attendeva pertanto che il governo britannico senza indugio svolgesse un'azione energica a Parigi e a Praga.

Plymouth mi ha detto che egli non ignorava quanto io gli avevo segnalato riguardo crescenti arrivi di contrabbando di guerra francese, russo e cecoslovacco nella Spagna Rossa. Governo inglese aveva del resto ripetutamente attirato su ciò più seria attenzione del governo francese, ma purtroppo con ben scarsi risultati. La cosa più pratica da fare era, ad avviso di Plymouth, di addivenire al più presto alia decisione di ristabilire il controllo sulla frontiera francese ed era appunto in vista di questo scopo che egli si proponeva si convocare Comitato per giovedì venturo.

Ho risposto a Plymouth che non si trattava soltanto di ristabilimento del controllo,

116 ' Vedi D. 108.

116 ) Vedi D. 108, nota l.

116 ' T. per corriere 425 R. del 30 aprile. Comunicava che, secondo notizie confermate anche dal consolato di Turchia a Barcellona, la Francia stava inviando in Catalogna un'ingente quantità di materiale bellico tra cui 150 aeroplani.

ma dell'osservanza da parte governo francese degli impegni assunti solennemente coll'accordo di non intervento. Anche nella migliore delle ipotesi, per ragioni tecniche, ristabilimento controllo sulla frontiera Pirenei avrebbe tardato ancora per molte settimane, e durante questo periodo, se non si fosse svolta una qualche immediata ed energica azione per impedire il continuo afflusso di armi e di volontari diretti Barcellona, poteva aggravarsi situazione e crearsi una atmosfera poco favorevole alla calma attuazione dello stesso piano di ritiro volontari. Plymouth mi ha risposto che trovava giuste le mie considerazioni e che egli ne avrebbe subito parlato con Halifax per esaminare insieme l'azione che il governo britannico avrebbe svolto a riguardo5

116 1 Vedi D. 111.

117

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI

T. PERSONALE 471/106 R.' Roma, 20 maggio 1938, ore 17,50.

Ti pregherei inviare un rapporto telegrafico sulla effettiva situazione attuale di Chamberlain2 indicando anche quanto tu ritieni possa da parte nostra venir utilmente fatto per fortificare la di lui posizione3

118

IL MINISTRO A PRAGA, DE FACENDIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PERSONALE 284 7/52 R. Praga, 20 maggio 1938, ore 21,40 (per. ore 22,25).

Oggi sono state diffuse in ambienti anche ufficiali notizie circa movimento truppe tedesche frontiera Cecoslovacchia e richiamo cinque classi ungheresi.

116 ' Da un appunto redatto il 24 maggio dal segretario del!' ambasciata Fracassi per l' ambasciatore Grandi, risulta che Chamberlain fece sapere, tramite Joseph Bali, di essere perfettamente al corrente del traffico di materiale bellico attraverso la frontiera franco-spagnola e che, mentre il governo britannico esercitava ogni possibile pressione su quello francese per giungere ad un sollecito accordo in sede di Comitato di non intervento, il Primo Ministro non intendeva che l'accordo itala-britannico potesse essere comunque pregiudicato (il documento è tratto dalle Carte Grandi).

117 ' Minuta autografa di Ciano.

117' Si veda per la risposta il D. 127.

Berlino richiestone ha smentito. Attendesi risposta Budapest analogamente interpellata1.

117 2 Per le origini di questo telegramma si veda il D. 106.

119

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO

T. PER CORRIERE URGENTE 476 R. Roma, 20 maggio 1938.

Trasmetto qui acclusi i telegrammi di Grandi n. 380 e 381 1, in data odierna, relativi ad una sua conversazione con lord Plymouth e alle proposte contenute in un appunto che lo stesso lord Plymouth ha rimesso al R. Ambasciatore a Londra.

In linea di massima ritengo le proposte inglesi accettabili.

Per quanto concerne il ristabilimento del controllo terrestre, la nuova formula non differisce in sostanza dalla proposta precedente2 , già accettata dai governi italiano e tedesco. Per quel che riguarda il rafforzamento del controllo marittimo, il paragrafo da inserirsi nella riduzione generale lascia in realtà pressocché inalterata la situazione attualmente esistente.

La proposta, infine, di introdurre il criterio delle categorie per assicurare l'applicazione del ritiro proporzionale dei volontari, così come essa è stata formulata dagli inglesi, è evidentemente un tentativo di compromesso fra la tesi sostenuta dalla Francia e quella che, per ragioni tecniche, Hemming aveva a suo tempo avanzato.

Dal canto nostro avremmo preferito l'abolizione delle categorie e in tal senso, infatti, il governo italiano, d'accordo con quello tedesco, si è nel passato espresso in seno al Comitato di non intervento. Se tuttavia tale questione dovesse servire di pretesto ai francesi per opporsi al ripristino del controllo terrestre alla frontiera dei Pirenei, è evidente il nostro interesse a non ostacolare un accordo al riguardo. Su tale punto, tuttavia, sono d'avviso che convenga dare ai rappresentanti italiano e tedesco nel Comitato la facoltà di agire d'accordo secondo quanto le circostanze e l'andamento della discussione potranno suggerire.

Prima di dare a Grandi istruzioni in tal senso gradirò conoscere telegraficamente l'avviso di codesto governo1•

119 ' Si veda per il seguito il D. 128.

118 1 Con T. 2868/54 R. del 21 maggio, il ministro De Facendis comunicava che da Budapest era stato smentito il richiamo alle armi dei riservisti.

119 1 Vedi DD. III e 115.

119 2 Vedi serie ottava. volume VIII, DD. 426 e 427.

120

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 2878/085 R. Budapest, 20 maggio 1938 (per. il 21).

Mio rapporto n. 2345/761 del 10 corrente'.

Questo incaricato d'affari di Germania si è recato al ministero degli Affari Esteri per comunicare che il governo del Reich esigerà uno speciale permesso per i sudditi tedeschi che volessero recarsi in Ungheria tra il 20 e il 29 maggio (nel periodo cioè del Congresso Eucaristico). Tale misura è stata vivamente commentata in Ungheria e ha fatto sgradevole impressione anche nei circoli vicini al governo, data soprattutto l 'importanza che l 'Ungheria dà al Congresso anche come affermazione internazionale.

Segnalo a questo riguardo il seguente commento del nazionalista cattolico Nemzeti Ujsàg di oggi: «L'opinione pubblica ungherese prende atto con vivo stupore di questa disposizione. Le relazioni, che da 900 anni ininterrottamente il Paese di Santo Stefano mantiene con la Chiesa durante i quali hanno insieme combattuto per l'umanità, sono tanto forti che simili attacchi contro il cattolicesimo toccherebbero penosamente il popolo ungherese anche se gli ungheresi non vi fossero interessati dal punto di vista nazionale.

Ma poiché si tratta di un avvenimento che si prepara in Ungheria, al successo del quale il popolo ungherese ha legato ormai il proprio onore, consideriamo questo provvedimento un'offesa arrecata anche a noi e non siamo capaci di ammettere che potremo un giorno dimenticarlo. Gli attacchi antiungheresi di elementi irresponsabili del Reich di tanto in tanto guastano sufficientemente la comprensione e i legami d'amicizia tradizionali, consacrati dal sangue, tra Ungheria e Germania. Ma che cosa dobbiamo dire allorché il regime nazionalsocialista ufficialmente, con disposizione del governo, ordina un provvedimento che evidentemente è una presa di posizione contro gli interessi dell'Ungheria e nel medesimo tempo una grave offesa per l'anima cristiana ungherese? Il cattolicesimo ungherese e tutta l'opinione pubblica ungherese pensano con amarezza e con tristezza a questo violento intervento di fronte al quale pongono il proprio atteggiamento al giudizio della coscienza del mondo e dell'opinione pubblica della umanità cristiana.

120 ' Chiedeva istruzioni circa l'atteggiamento da tenere ali 'arrivo del cardinale Paceili quale Legato pontificio al Congresso Eucaristico Internazionale che doveva aprirsi a Budapest il 22 maggio. Il Congresso avrebbe conservato carattere strettamente religioso ma ~ osservava il ministro Vinci ~ l'incertezza nasceva dall'assenza dei tedeschi e per la posizione della Germania nei riguardi del Vaticano.

Non si è trovata documentazione sulle istruzioni inviate al ministro Vinci ma da una successiva comunicazione dello stesso Vinci (telespresso 2665/859 del 24 maggio) risulta che egli si recò a ricevere il cardinale Pacelli alla stazione e che fu poi ricevuto in udienza particolare del cardinale.

Il nazionalsocialismo sottolinea molto spesso il suo cnstlanesimo positivo, ora noi ungheresi e tutto il mondo abbiamo occasione di vedere la positiva contrarietà a Cristo di questo regime».

Da una settimana il ministro di Germania Erdmannsdorff ha lasciato Budapest per un breve congedo sulla costa dalmata: non tornerà qui che verso il 25

o 26.

121

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 2907/0107 R. Parigi, 20 maggio 1938

(per. il 23).

Le informazioni di cui ai telegrammi per corriere deli'E.V. n. 5928' e 65202 , rispettivamente in data del 28 aprile e dell' 11 maggio, sono probabilmente esatte e comunque verosimili. Nei recenti colloqui di Londra DaladierBonnet, Chamberlain-Halifax', sono stati, fra l'altro, come è noto, concretati, in via di massima, accordi di carattere militare. Si è insistentemente parlato, subito dopo tali colloqui, della probabile istituzione in tempo di guerra di un comando navale unico da affidarsi ad un ammiraglio britannico. Il telegramma

n. 5928 sembra riferirsi ali'attuazione pratica di tale progetto. N o n mi risulta chi effettivamente sia l'ammiraglio inglese che sarebbe stato interpellato in proposito. Ma se egli fosse ammiraglio di particolare competenza e autorità, sembrerebbe verosimile che Londra ne abbia sollecitato l'avviso. La designazione di Brest, come sede del futuro comando unico in tempo di guerra, sembrerebbe la più logica e giustificata, dato che gli accordi contemplano il caso di aggressione tedesca contro la Francia. Potrebbe tuttavia anche logicamente prevalere la scelta di Tolone, sia in ragione della maggiore sicurezza che questa base navale presenterebbe nei confronti dell'altra, sia in considerazione di eventuale allargamento delle operazioni belliche nel Mediterraneo. Anche i previsti concentramenti a Hong Kong e a Singapore sembrerebbero far parte dei piani esecutivi, per quel che riguarda l'Estremo Oriente degli stessi accordi citati, sia per il caso di complicazioni conseguenti e connesse

121 ' Comunicava che, secondo notizie di fonte confidenziale, Londra e Parigi stavano per prendere una decisione circa l'istallazione a Brest e a Tolone del comando unico navale franco-britannico.

121 ' Comunicava che, secondo una fonte confidenziale, Francia e Gran Bretagna si erano accordate per concentrare a Hong Kong le loro forze navali e aeree in Estremo Oriente: un eventuale concentramento a Singapore poteva essere deciso di comune accordo.

121 'Vedi DD. 27 e 29.

ali 'attuale conflitto cino-giapponese, sia per il caso che un eventuale conflitto in Europa potesse determinare la necessità di operazioni belliche anche in quella zona. Ho dato comunque istruzioni a questo addetto navale di voler possibilmente controllare le notizie di cui trattasi, né mancherò di seguire lo sviluppo della questione, a suo tempo riferendo4

122

IL MINISTRO A TIRANA, JACOMONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 2919/042 R. Tirana, 20 maggio 1938 (per. il 23).

Questo mm1stro degli Esteri mi ha oggi detto di aver ricevuto dal ministro di Turchia1 la conferma di un accordo turco-jugoslavo per il trasferimento in Anatolia delle popolazioni turche dalla Jugoslavia2 ; sebbene il ministro di Turchia abbia nello stesso tempo confermato che sarebbero stati rispettati gli impegni presi di non facilitare l'emigrazione di popolazioni albanesi del Kossovo sul territorio turco, tuttavia questo governo teme che un esodo di tali popolazioni possa verificarsi ugualmente per il loro desiderio di sottrarsi alle difficili condizioni di vita alle quali sono sottoposte da parte del governo jugoslavo.

Di fronte a questa situazione, il governo albanese, basandosi sull'autorizzazione avuta da V.E., si proporrebbe di ricercare un miglioramento della situazione degli albanesi nel Kossovo raccogliendo ora le offerte fatte qualche tempo addietro dal signor Stojadinovié per un patto di amicizia e di non aggressione. La premessa di questo patto dovrebbe essere appunto di eliminare il pericolo di trasferimento in Turchia degli albanesi del Kossovo, possibilmente a mezzo di

122 'Aali Ttirkgeldi.

R. dell'8 febbraio ad Ankara, Belgrado e Tirana).

Successivamente, !"ambasciatore Galli aveva riferito (con telespresso 412/207 dell'8 marzo) che il governo jugoslavo aveva accettato in linea di principio il trasferimento in Turchia dei turchi del Kossovo e che in aprile si sarebbe riunita una commissione mista per stabilire i dettagli tecnici de li"emigrazione.

un accordo particolare che garantisca le loro condizioni di vita in Jugoslavia oppure -nel caso che ciò non fosse possibile -pattuendo le norme per un lento assorbimento in territorio albanese.

Il signor Libohova nel comunicarmi questo progetto -e pur affermando che V.E. ne era già al corrente -mi ha pregato di sottoporlo nuovamente all'assenso di V.E. anche in vista di eventuali modalità o clausole che V.E. piacesse di indicare.

Queste le comunicazioni del signor Libohova, alle quali vedrei difficile dare una risposta negativa dati gli incoraggiamenti da lui avuti in passato a migliorare le relazioni dell'Albania con la Jugoslavia.

Non escludo tuttavia che il desiderio di riprendere in questo momento le trattative con la Jugoslavia, all'infuori della reale preoccupazione per le minoranze albanesi, sia anche da attribuirsi ad una qualche irrequietezza che si manifesta in alcuni ambienti locali e che è fomentata dalle legazioni straniere per reazione all'intensificarsi della nostra azione in Albania.

Significativo è stato al riguardo il cenno fattomi dal signor Libohova circa le visite al ministero degli Esteri di alcuni rappresentanti stranieri in relazione all'articolo della Gazzetta del Popolo «Panorama Albanese» in data 30 aprile scorso sulle relazioni fra Italia e Albania'.

Ho promesso al signor Libohova di comunicargli al più presto il pensiero di V.E. al riguardo4

122 ' L'articolo, di evidente ispirazione ufficiale e firmato da Giovanni Ansaldo, aveva ricordato, in termini duramente espliciti, che l'Albania era legata all'Italia dal trattato del 27 novembre 1926, nel quale veniva riconosciuto che <<qualsiasi perturbazione diretta contro lo stato politico-giuridico e territoriale del!' Albania è contrario ali'interesse politico>> dei due contraenti, e dal trattato di alleanza del 22 dicembre 1927. Questi vincoli politici, ed i vincoli economici derivanti dai prestiti e dagli investimenti italiani, si basavano sul!' <<assoluta volontà di salvaguardare l'Albania da ogni spartizione territoriale da parte degli Stati confinanti e da ogni penetrazione economica da parte di Potenze non mediterranee>> e conferivano all'Italia <<una posizione tutt'affatto speciale che i manuali di diritto internazionale non definiscono con un nome proprio ma di cui nella realtà dei rapporti politici, tutti devono tener conto>>. Nell'articolo si affermava poi di ritenere infondata la voce secondo cui la nuova Regina d'Albania avrebbe potuto aprire la strada all'influenza straniera <<attraverso i suoi amici dell'alta classe ungherese e americana>> ma che se essi avessero tentato di «trasformarsi in sensali di concessioni e forniture straniere>> avrebbero trovato nella stessa Corte chi li avrebbe messi al giusto posto.

042. Mi riservo di conferire personalmente con V.S. Non vedo intanto urgenza questione e cerchi quindi di far rinviare ogni decisione in proposito. Mi richiamo precedenti e anche assicurazione costì ricevuta circa rispetto impegni presi non facilitare emigrazione>>. Il 14 luglio, l'ambasciatore Galli comunicava che ad Ankara era stata annunciata la conclusione di un accordo per il trasferimento dei turchi del Kossovo che, secondo quanto dichiarato dai negoziatori jugoslavi, avrebbe riguardato 25.000 persone e avrebbe avuto inizio alla fine dell'anno (telespresso 1189/638 del 14 luglio).

121 4 Lo stesso 20 maggio. Magistrati telegrafava che anche la Marina tedesca aveva avuto notizia di un accordo segreto franco-britannico per la collaborazione navale in Estremo Oriente (T. per corriere 6823/071 P.R.).

122 2 Il governo albanese aveva già segnalato a Roma le voci di un accordo tra Ankara e Belgrado per il trasferimento in Turchia di 200.000 turchi del Kossovo ed aveva fatto presente che in realtà ciò nascondeva un trasferimento di popolazione albanese. dato che in quella regione vi erano solo albanesi. Nel dare notizia di tale passo, Ciano aveva aggiunto di essere <<molto scettico sull'origine, sul fondamento e sugli scopi di tale comunicazione>> (T. per corriere 130/c.

122 4 Ciano rispondeva (con T. per corriere 487 R. del 23 maggio): «Vostro telegramma

123

IL CONSOLE GENERALE AD AMBURGO, SILENZI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. SEGRETO 2562/226. Amburgo, 20 maggio 1938 (per. il 2 giugno).

In una conversazione avuta recentemente con questo console generale di Cina1 , ho potuto ottenere le seguenti informazioni.

Una grande quantità di materiale bellico viene spedito dalla Germania in Cina. Il materiale consiste principalmente di munizioni, fucili, mitragliatrici e cannoni. Non vengono spediti aeroplani.

Le spedizioni vengono effettuate da Amburgo, e in parte anche da Brema. Per questo motivo verrà fra breve istituito in quest'ultima città da un consolato cinese.

In un primo tempo i piroscafi sbarcavano questo materiale in Indocina. Attualmente viene quasi interamente sbarcato a Hong Kong. Il console generale di Cina mi ha inoltre assicurato che le relazioni del suo Paese con la Germania sono ora molto più amichevoli. Ho cercato di controllare la fondatezza di tali informazioni ed ho potuto appurare quanto segue:

Alla pari di quanto avvenne durante il conflitto italo-etiopico, così anche ora durante il presente conflitto cino-nipponico, Amburgo dimostra una crescente attività nella fornitura di materiale bellico per l'Estremo Oriente. È un fatto accertato che da Amburgo partono ingenti quantità di materiale bellico destinato alla Cina (governo di Hankow).

Le ditte che si dedicano al commercio con detto materiale sarebbero quattro e precisamente: l) Magnus Moritz jr., Hamburg, Duesternbrook, 2) Benny Spiro, Amburgo 3) Deutsche Waffen u. Munitionsfabriken, Luebeck-Schlutup 4) Mauser Werke Waldeck, Hamburg-Harburg.

Le prime due -che già si fecero notare per la fornitura di materiale bellico ali' ex impero abissino -forniscono, in specie, fucili, munizioni e mitragliatrici leggere di origine non tedesca (cecoslovacca e anche svizzera).

La Deutsche Waffen-u. Munitionsfabriken di Lubecca-Schlutup si dedica alla fornitura di fucili e mitragliatrici di origine in parte propria e in parte proveniente dalle grandi officine belliche del Reich. Detta ditta avrebbe fornito alla Cina anche delle maschere antigas, fabbricate nelle Draeger-Werke di Lubecca.

La ditta Mauser Werke Waldek di Hambur-Harburg effettua spedizioni di ingenti quantità di fucili e munizioni.

123 ' K.N. Chang.

A quanto è stato possibile conoscere, sarebbero state spedite da Amburgo anche batterie di artiglieria campale leggera: non mi è stato però possibile conoscere, né il fornitore, né il mediatore di tale materiale in Amburgo.

Tutto il materiale in parola è stato e viene tuttora spedito a Hong Kong a mezzo dei piroscafi delle linee di navigazione H ansa, Rickmers e H.A.P.A. G.

124

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 2861/219 R. Berlino, 21 maggio 1938, ore 13,22 (per. ore 15,30).

Questione cecoslovacca registra oggi un peggioramento.

Iersera, il rappresentante di Inghilterra chiese alla Wilhelmstrasse' cosa vi fosse di vero circa misure militari tedesche annunziate da stampa estera. Venne risposto che vi sono stati effettivamente spostamenti di truppe ma dovuti unicamente ad esercitazioni estive di addestramento.

Stamane, come ho comunicato telefonicamente\ tutta la stampa ha iniziato vivacissima campagna, denunziando sistema di terrore adottato da Autorità e polizia cecoslovacca contro i tedeschi sudeti.

Apprendo che effettivamente vi sono stati in territorio cecoslovacco incidenti non lievi con alcuni morti e feriti.

125

IL CONSOLE A BRATISLAVA, LO FARO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 2865/9 R. Bratislava, 21 maggio 1938, ore 13,40 (per. ore 16,15).

Stanotte iniziatosi vasto movimento truppe specie reparti celeri verso frontiera ungherese e germanica. Sarebbe pure in corso parziale mobilitazione numero imprecisato classi. Pare anche in centri interni Slovacchia vengano radunati reparti.

Non è ancora chiaro se movimento truppe sia in relazione situazione interna

o quella estera del resto qui strettamente connesse.

124 'Vedi D. 133.

Grande agitazione fra popolazione. Banche assediate richieste ritiro depositi.

124 2 Come risulta da un appunto di Gabinetto, dell'aggravarsi della crisi Magistrati aveva già dato notizia per telefono alle Il del mattino. Il documento ha il visto di Mussolini.

126

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. URGENTE 2864/221 R. Berlino, 21 maggio 1938, ore 14,16 (per. ore 16,15).

Seguito telegramma n. 2191

Risulta che effettivamente hanno luogo movimenti di truppe tedesche nella zona di frontiera. Anche Pittalis da Monaco m'informa esservi colà qualche movimento.

Questa legazione di Cecoslovacchia, che si mostra piuttosto calma, crede che si tratti sopratutto di misure intimidatorie in occasione imminenti elezioni comunali.

Incidenti che hanno provocato uccisione di due tedeschi dei Sudeti ad Eger sono destinati provocare qui viva impressione.· Segretario di Stato Affari Esteri m 'informa che Cecoslovacchia ha richiamato una classe sotto le armi 2•

127

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PERSONALE 2887/392 R. Londra, 21 maggio 1938, ore 19,57 (per. ore 1,35 del 22).

Rispondo tuo telegramma n. l06 di ieri sera 1

Ho già nel mio telegramma n. 374 del 182 , dopo il mio colloquio il martedì ultimo scorso con Halifax\ illustrato la situazione di Chamberlain. Halifax mi

127 ' Per il quale si veda il D. 108.

diede visione, per mia confidenziale informazione, del testo delle istruzioni inviate il giorno prima a Perth. Esse ti sono ormai note4 e riproducono lo stato d'animo di Chamberlain e del governo britannico in questo momento.

Tale stato d'animo, descritto nel dispaccio di Halifax a Perth, mi è stato inoltre confermato direttamente da molti membri del Gabinetto e amici di Chamberlain coi quali ho parlato in questi giorni e le cui perplessità ingiustificate io ho cercato di dissipare.

Chamberlain sta effettivamente traversando difficoltà. Non credo tuttavia, a meno che fatti imprevisti d'ordine interno e internazionale intervengano a peggiorare la situazione, che i nemici di Chamberlain riusciranno, come desiderano, a provocare una crisi.

Chamberlain ha coraggiosamente «imposto» al partito conservatore, al Parlamento e ad una buona parte d eli' opinione pubblica britannica recalcitrante, la sua politica di riavvicinamento coll'Italia e col fascismo, distruggendo quella che era la base della campagna anti-fascista dell'opposizione, cioè nota formula di Eden che «non si può e non si deve aver fiducia nei dittatori».

L'opposizione liberale e laburista ha, dopo il ritorno di Ha! i fax da Ginevra e particolarmente durante quest'ultima settimana, sferrato attacco violento e astioso contro la politica estera di Chamberlain, accusandolo, secondo il solito, di aver sacrificato nei confronti del dittatore italiano il prestigio britannico senza averne ottenuto in compenso quella pacificazione generale che Chamberlain si era, secondo loro, troppo presto affrettato a registrare quale effetto degli accordi di Roma. Attacchi laburisti non sarebbero tuttavia da prendere in considerazione se essi non trovassero riscontro in Parlamento in alcuni membri del partito conservatore. Il gruppo dei liberali di sinistra, in aperta collusione con gli esponenti del Fronte Popolare francese si agita attivamente fino ad essere l'effettiv o e pericoloso centro di azione an ti governativa. Essi si stringono attorno ad Eden che continua a presentarsi contro il governo come il loro capo di domani e che ha profittato di questo momento di grave acutizzazione della situazione spagnola per fare un ostentato rientro ai Comuni.

Va registrato a questo proposito che i sostenitori ed amici più vicini al governo Chamberlain continuano a cercare di persuadere quest'ultimo ad offrire a Eden un posto nel Gabinetto, mentre d'altra parte cercano persuadere Eden ad accettare un ministero, in quanto essi ritengono che I'entrata di Eden in questo momento gioverebbe alla stabilità della compagine ministeriale.

Come ho già telegrafato, Chamberlain si batte coraggiosamente e con lui si battono coraggiosamente i ministri a lui più fedeli. Halifax, Simon e Butler hanno fatto in questi giorni delle coraggiose dichiarazioni in Parlamento, dimostrando la effettiva lealtà dell'Italia e del governo fascista agli impegni presi, e chiaramente indicando la Francia e la Russia come i responsabili delle nuove difficoltà.

Tu mi domandi che potrebbe essere fatto per rafforzare posizione di Chamberlain. Tu ricordi quello che Chamberlain disse nella seduta del 2 maggio sul

127 "Vedi D. 109.

Duce e sull'Italia fascista5 • Se il Duce ritenesse, in occasione di un suo prossimo discorso, fare dei riferimenti amichevoli e cordiali a Chamberlain e alla politica di collaborazione itala-inglese da Chamberlain preparata, sono certo che ciò varrebbe enormemente a rincarare personalmente Chamberlain, ad aiutarlo a vincere la sua battaglia e a disperdere interamente quello stato d'animo che la speculazione e malafede degli avversari di Chamberlain hanno cercato artificiosamente di creare durante questa settimana6

126 1 Vedi D. 124.

126 2 Con T. 2866/222 R. dello stesso giorno, Magistrati aggiungeva che il ministero della Guerra germanico aveva appreso che le truppe cecoslovacche avevano preso posizione nelle fortificazioni alla frontiera con la Germania.

127 1 Vedi D. 117.

127 2 Vedi D. 106.

128

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 2888/393 R. Londra, 21 maggio 1938, ore 19,57 (per. ore 2,10 del 22).

Dirksen, che ho visto ieri, mi ha messo al corrente del suo colloquio con Plymouth, il quale gli aveva comunicato ed illustrato nuove proposte del governo inglese per risolvere le numerose difficoltà relative al controllo terrestre, controllo marittimo ed ali'evacuazione dei volontari (miei telegrammi 380 e 381'). Dirksen ha soggiunto che egli era dubbioso deli' accoglienza che il governo tedesco avrebbe riservato a tale proposta.

Ho risposto a Dirksen che, pur apprezzando le sue considerazioni, mi domandavo se sarebbe convenuto a noi di sollevare categoricamente queste obiezioni alla prossima riunione del Comitato, permettendo con ciò ai francesi ed ai russi di attribuire a noi la responsabilità del fallimento dei lavori proprio su due questioni (ristabilimento controllo terrestre e pretesa di rafforzare il controllo navale), nelle quali essi hanno «la coda di paglia». Per quanto in particolare concerneva la formula britannica relativa al rafforzamento del controllo marittimo, sarebbe stato sempre possibile per Franco di respingere eventuali misure che fossero adottate dagli uffici centrali di controllo.

Successivamente al mio colloquio con Dirksen, ho incontrato Plymouth il quale mi ha detto che aveva parlato poco prima con l'ambasciatore di

127 'A conclusione del discorso con cui aveva illustrato la mozione per l'approvazione degli accordi italo-britannici, Chamberlain aveva parlato di un'Italia che «sotto lo stimolo della personalità del signor Mussolini sta mostrando un nuovo vigore>> e in cui <<Vi sono innegabilmente nuove visioni e nuove capacità realizzatrici nei provvedimenti con cui si migliorano le condizioni delle popolazioni>>. Sulla seduta del 2 maggio ai Comuni si veda il D. 55.

127 ' Il 31 maggio, Ciano telegrafava a Grandi che, accogliendo il suo suggerimento, avrebbe inserito nel discorso con cui il 2 giugno avrebbe aperto all'l.S.P.l. di Milano il Convegno per gli studi di politica internazionale alcune frasi che sarebbero suonate gradite a Londra (T.500/119 R. del 31 maggio). Si veda in proposito il D. 183.

128 'Vedi DD. III e 115.

Germania. Egli (Plymouth) desiderava a questo riguardo esternarmi la sua preoccupazione per l 'inatteso atteggiamento del rappresentante tedesco il quale, sollevando una serie di obiezioni nei confronti delle nuove proposte britanniche, aveva provocato improvvisamente un elemento di impreveduta difficoltà nei lavori del Comitato.

«<l governo britannico -ha continuato Plymouth -è oggi sopratutto desideroso di accelerare quella liquidazione della questione spagnola che permetterà la piena entrata in vigore dell'accordo i tal o-britannico. Un intralcio proprio in questo momento nei lavori del Comitato ritarderebbe, oltretutto, un ristabilimento del controllo ai Pirenei e potrebbe essere un nuovo motivo di difficoltà che il governo britannico vuole ad ogni costo evitare».

Plymouth ha concluso raccomandandomi vivamente di segnalare a VS. queste sue preoccupazioni, esprimendo nella peggiore ipotesi che il governo italiano voglia anche esaminare la possibilità di interporre i propri buoni uffici a Berlino affinché, alla prossima riunione del Comitato giovedì prossimo, l'atteggiamento del rappresentante tedesco non abbia ad ostacolare il raggiungi mento di un 'intesa sulla base delle proposte britanniche.

Mi sono limitato ad assicurare Plymouth che avrei riferito a V.E. il nostro colloquio2

129

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 2871/105 R. Parigi, 21 maggio 1938, ore 20,50 (per. ore 21).

Nervosismo per situazione Cecoslovacchia è qui generale e crescente.

In ambienti responsabili continua ad assicurarsi che in caso di azione di forza da parte tedesca la Francia manterrebbe i suoi impegni di assistenza militare.

Attolico rispose con T. 2929/231 R. del 23 maggio che il governo tedesco era pienamente d'accordo.

128 2 Questo telegramma fu ritrasmesso all'ambasciatore Attolico con T. 4821186 R. del 24 maggio con la seguente aggiunta: <<Comunico quanto precede all'E.V. di seguito al mio telegramma per corriere n. 476 R. del 20 maggio (vedi D. 119). Nel modo che vi apparirà più rispondente allo scopo mettete in evidenza opportunità che atteggiamento tedesco non si presti al giuoco franco-russo e che di conseguenza l'ambasciatore di Germania a Londra riceva istruzioni di facilitare il raggiungimento di un accordo, agendo parallelamente a Grandi>>.

130

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A RIO DE JANEIRO, LOJACONO

T. 472/96 R. Roma, 21 maggio 19381.

Suo 802• Pur insistendo presso codesta Autorità sulle assicurazioni formali datele da ministro Affari EsterP in merito alla non applicazione nei nostri riguardi delle note misure contro le associazioni e istituzioni straniere\ V.E. vorrà attenersi alle seguenti direttive di massima:

0 ) Ove necessario e ad evitare inconvenienti autorizzala giungere anche all'annunzio ufficiale scioglimento Fasci in Brasile. Occorrerà in tal caso provvedere perché attività Fasci stessi ivi compreso G.I.L.E. possano essere convenientemente assunte da Dopolavoro e Opere assistenziali. Elementi fascisti fedeli saranno presi in carico direttamente da Segreteria Generale secondo norme che andranno concretate in seguito.

2°) Circa scuole, mentre pregola farmi pervenire massima urgenza rapporto dettagliato e proposte concrete, lascio per ora prudente criterio V.E. decisione nei singoli casi tenendo presente che in linea di massima è preferibile procedere a chiusura piuttosto che accettare nazionalizzazione nostre attività. Va però ricordato che mentre si può addivenire ad eventuali rinunce negli altri Stati, occorre cercare mantenere nostre posizioni in ogni maniera possibile nello Stato di San Paolo.

131

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI

T. 477/109 R. Roma, 21 maggio 1938, ore 23.

Telegrammi di V.S. n. 0104 e n. 0105'.

V.E. può confermare ad Halifax, in risposta al messaggio che vi ha incaricato di trasmettermi, che governo fascista non ha minore desiderio del governo

D. 63. 131 1 Vedi D. 108.

britannico di veder perfezionati al più presto possibile ed in modo definitivo gli Accordi di Roma. Quanto ad un armistizio e a parte ogni altra considerazione, come V.E. ha già osservato, la questione riguarda le due parti in conflitto. Niente fa ritenere che le parti medesime siano disposte a considerare un progetto del genere come attuabile in questo momento. Anzi, abbiamo ragione di pensare che una simile proposta non incontrerebbe alcun favore. Non potremmo quindi, né prendere, né appoggiare iniziative del genere.

130 1 Manca l'indicazione dell'ora di partenza.

130 2 T. 2795/80 R. del 17 maggio. Chiedeva istruzioni per il caso che le Autorità brasiliane avessero proibito l'attività dei fasci locali.

130 3 Vedi serie ottava, vol. VIII, D. 483.

130 4 Per i decreti legge del governo brasiliano ai quali si fa qui riferimento si veda il

132

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 2906/0108 R. Parigi, 21 maggio 1938 (per. il 23).

Viaggio ministro guardasigilli Pau! Reynaud a Londra' è qualificato dal Quai d'Orsay come viaggio privato e senza carattere politico e suoi incontri con Halifax, Mac Donald, Vansittart come pure visite cortesia. Mi si assicura tuttavia da molte parti che Reynaud (noto ed acceso sostenitore trattato francosovietico) possa aver approfittato occasione per prospettare, probabilmente di sua iniziativa, difficoltà in cui troverebbesi Francia tagliare senz'altro e prima decisioni Comitato non intervento, ogni appoggio Rossi spagnoli-secondo sarebbe stato richiesto da parte britannica sia per ragioni di ordine interno, sia per non rischiare alienarsi definitivamente e in piena crisi cecoslovacca amicizia sovietica. Notizia, che non ho modo controllare, non mi sembra tuttavia, date circostanze, verosimile, quantunque stampa abbia accennato con insistenza in questi ultimi giorni ad un presunto passo che sarebbe stato compiuto ier l'altro da questo ambasciatore sovietico per prospettare Quai d'Orsay eventualità che completo abbandono Rossi spagnoli da parte francese possa fortemente reagire su rapporti franco-russi. Sembra invece molto più probabile che durante visita Reynaud siano state esaminate circostanze che hanno condotto sospensione conversazioni itala-francesi e conseguenti progetti per il ristabilimento controllo sulla frontiera spagnola. Reynaud si è fatto altresì indubbiamente interprete presso governo britannico delle crescenti preoccupazioni francesi per situazione cecoslovacca, che sono oggi vivissime2

132 ' Del 20-22 maggio.

132 2 Sul viaggio di Reynaud a Londra riferiva anche l'ambasciatore Grandi che, sulla base di notizie ritenute attendibili, era portato ad attribuire a quel viaggio carattere privato. Risultava tuttavia all'ambasciatore che nei colloqui avuti, a sua richiesta, con Halifax e con Vansittart era stata fatta presente a Reynaud «l'assoluta urgenza di migliorare i rapporti con l'Italia e di adottare nei riguardi della Spagna una politica più conforme agli impegni del non intervento ed alle promesse date da Daladier e Bonnet a Chamberlain e Halifax in occasione del loro recente viaggio a Londra>> (T. 2934/400 R. del 24 maggio).

133

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE RISERVATO 2914/074 R. Berlino, 21 maggio 1938 (per. il 23 ).

Mio telegramma n. 219'.

Ieri sera, come ho accennato nel mio telegramma, questo ambasciatore di Inghilterra, sir Nevile Henderson, si è recato alla Wilhelmstrasse per chiedere cosa vi fosse di vero circa le varie informazioni pubblicate in questi giorni nella stampa estera nei riguardi di pretesi spostamenti di truppe germaniche nella zona della frontiera cecoslovacca.

Sir Nevile Henderson aveva chiesto di vedere il signor von Ribbentrop. Ma gli venne risposto che il ministro era «in congedo». Cosa un po' strana data anche la circostanza che lo stesso von Ribbentrop aveva fatto colazione con S.E. Giannini e con me poche ore prima.

L'ambasciatore, ad ogni modo, venne ricevuto dal Segretario di Stato von Weizsacker2 , il quale gli rispose che se qualche movimento era stato effettuato esso era dovuto a manovre estive di carattere locale e non si riferiva ad alcuna misura preventiva nei riguardi della Cecoslovacchia. Sir Nevile non insistette oltre.

134

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI'

APPUNTO. Roma, 21 maggio 1938.

Lord Perth mi ha lasciato il qui unito appunto nel quale è riassunta l'attività svolta dal Governo Britannico in relazione alla crisi cecoslovacca.

Lord Perth parlando a titolo personale mi ha detto che considera la situazione estremamente grave, anzi come la più grave che si sia presentata dalla fine della guerra europea in poi.

133 'Vedi DDT, vol. II, D. 171 e, con maggiori dettagli, BD, vol. I, D. 240. 134 1 Ed. in L'Europa verso la catastrofe, pp. 321-322.

Egli ritiene che la Francia, qualora la Germania dovesse continuare ad inviare truppe alla frontiera ceca, mobiliterebbe o comunque inizierebbe concentramenti di truppe sulla frontiera tedesca.

A sua richiesta, gli ho detto che notizie pervenuteci dagli uffici consolari e diplomatici confermavano quanto è pubblicato sui giornali circa gli incidenti occorsi e le misure prese, ma che non avevamo nessun elemento per ora che ci inducesse a drammatizzare la situazione. Gli ho anche ripetuto che l 'Italia mantiene nello sviluppo odierno della situazione il suo noto atteggiamento di neutralità.

Aggiungo infine che Lord Perth non ha detto una sola parola che si possa riferire ai rapporti ed ai negoziati tra l'Italia e la Francia. Naturalmente, ho fatto del pari2

ALLEGATO

L'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA, PERTH, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO RISERVATO.

On the 7th May Lord Perth informed Count Ciano' of certain steps which His Majesty's Government and the French Government were taking in Prague and which His Majesty's Government were taking alone in Berlin about the Czechoslovak problem. Lord Perth has now been instructed to inform Count Ciano confidentially of the following recent developments.

His Majesty's Minister at Prague has now spoken not only to che Czechoslovak Minister for Foreign Affairs and the President of the Council but also to the President4

The French Minister has made representations to the Minister for Foreign Affairs and the President of the Council and is intending to repeat them to the President5•

The view of the German Government as expounded to His Majesty's Ambassador at Berlin is that this is an internai question for Czechoslovakia and that the responsibility as to the lines of a satisfactory settlement rests entirely with Herr Henlein. The advice wich His Majesty's Government have been giving to the Czechoslovak Government is precisely to the effect that the Czechoslovak Government should enter into direct negotiations with the Henlein Party with the least possible delay. Monsieur Benes has assured His Majesty's Minister that the Czechoslovak Government are convinced of the necessity for coming to early agreement and earnestly desire to settle the question as quickly as possible. His Majesty's Government understand that there will be early contact between the two parties.

Su questo colloquio si veda anche il resoconto d eli 'ambasciatore Perth (in BD, vol. I, D. 265), dove sono riportate con maggiore ampiezza le dichiarazioni di Ciano. 134 1 Vedi D. 60. 134' Si veda BD, vol. I, D. 223. 134 ' Si veda DDF, vol. IX, DD. 296 e 343.

His Majesty's Government hope and believe that on his side Herr Henlein will respond and enter into these negotiations in a reasonable spirit.

133 1 Vedi D. 124.

134 2 Il documento ha il visto di Mussolini.

135

IL MINISTRO A SOFIA, TALAMO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 2894/64 R. e 2895/65 R. Sofia, 22 maggio 1938, ore ll,40 (per. ore 17,15).

Sono stato ieri sera dal Re alla Villa reale di Vrania ed ho avuto lungo colloquio con lui.

Gli ho detto come da qualche giorno fossi poco soddisfatto del tono della stampa bulgara e che d'altra parte non potevo non rilevare come da varia stampa si tentasse di convogliare l'opinione pubblica bulgara verso la nota già segnalata idea di un'unione balcanica, sicché supponevo in proposito qualche cosa potesse essere stato detto anche da ministri turchi'.

Egli non ha affermato, né negato ed è passato subito a parlare degli accenni sempre più pronunciati da parte jugoslava nel senso della preparazione di un futuro assorbimento della Bulgaria. Mi ha detto che sintantoché starà Stojadinovié al potere egli è convinto leale sua politica verso Bulgaria come anche verso Italia, ma occorre fare i conti anche senza Stojadinovié, contro il quale vi sarebbero parecchie opposizioni sopratutto da parte Lega militare, inconciliabile contro l'Italia e Bulgaria, composta di buon numero di cospiratori di professione e spalleggiata da Grande Oriente di Belgrado e Filippopoli. Di tutto ciò ha indizi anche recentissimi e non sarebbe improbabile che i mezzi finanziari siano forniti da parte Jugoslavia a questi ambienti militari implicati complotto del 19342

In caso di mutamento ministero e indirizzo in Jugoslavia, non sarebbe Principe Paolo, a suo avviso «troppo occidentalizzato» che potrebbe dominare situazione. Egli, quindi, in tale eventualità vuole mettere Bulgaria al coperto «rischio Anschluss» jugoslavo donde necessità buoni rapporti con i vicini.

Ho replicato che capivo benissimo necessità buoni rapporti, capivo meno accessione a sistemi che implicassero rinunzia Bulgaria al rispetto proprie ideologie e aspirazioni nazionali.

135 Si riferisce alla visita del presidente del Consiglio, Bayar, e di Ri.isti.i Aras che, di ritorno da Belgrado, si erano fermati a Sofia ed il 13 maggio erano stati ricevuti da Re Boris. Sul contenuto di questi colloqui, Kiosseivanov non aveva dato particolari al ministro Talamo; aveva però ribadito, a proposito di eventuali accordi interbalcanici, che la Bulgaria non intendeva mettere in discussione l'intesa con Belgrado <<in favore di qualsiasi altra formula che anche attenuata tendesse sostituire fallimentare Intesa Balcanica, implicando rinunzia Bulgaria sue restanti rivendicazioni» (T. 2759/58 R. del 14 maggio).

Ha interrotto dicendo che comunque non si sarebbe mai trattato di ciò e che per la verità nulla di concreto era stato recentemente affacciato neppure dai ministri turchi e qui mi ha fatto l'elogio di Bayar dicendo che marca una corrente assai meno filobolscevica dei suoi predecessori.

Ho ripreso concludendo che, anche in vista dei pericoli futuri da lui intraveduti, piuttosto che prevedere unicamente un gioco di bilancia con le Potenze del Patto Balcanico, ciò che avrebbe potuto produrre pericoli non meno gravi per la sostanziale indipendenza della Bulgaria, mi domandavo perché non si considerasse una ripresa un poco più intensa di rapporti con l'Italia che nello stato attuale mi parevano alquanto allentati.

Mi ha risposto che egli in realtà prevedeva il predetto gioco di bilanciere, almeno fintanto che la crisi spagnola e quella cecoslovacca non occuperebbero la massima attenzione delle Potenze dell'Asse, ma che una maggiore ripresa di rapporti con l'Italia si potrebbe considerare fin da ora e che penserebbe al più presto di porla su basi concrete3

135 2 Riferimento al colpo di Stato militare del maggio 1934 che aveva portato alla formazione del governo di Kimon Georgiev.

136

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINP

APPUNTO. Roma, 22 maggio 1938.

Lord Perth ha chiesto di vedermi d'urgenza e l 'ho ricevuto alle ore 19.

Mi ha dato lettura della comunicazione che il Governo inglese ha fatto a Ribbentrop per il tramite dell'Ambasciatore a Berlino. Non mi ha lasciato copia del documento' che posso così riassumere:

In considerazione della situazione tesa di questi ultimi giorni, il Governo britannico ritiene che sarebbe opportuno far dare una notizia dal Partito di Henlein nel senso che al più presto verranno iniziate conversazioni tra lui ed il Governo di Praga per la soluzione dei problemi dei Sudeti. Lord Halifax apprezza vivamente le assicurazioni date dal Governo tedesco che non sono in corso movimenti di truppe verso la frontiera ceca, ma deve fare rilevare che voci in tal senso continuano a circolare con insistenza preoccupante. D'altro canto il Governo tedesco non ha nascosto il suo intendimento di intervenire con le armi qualora nei Sudeti dovessero verificarsi incidenti con ulteriore spargimento di sangue. Il Governo di Londra si sente in dovere di richiamare ad un preciso senso di responsabilità il Governo germanico.

!35 3 Il ministro Talamo telegrafava il giorno successivo di avere ripreso con Kiosseivanov gli argomenti toccati nel colloquio con Re Boris. Il presidente del Consiglio gli aveva espresso, nei confronti della Jugoslavia, le stesse preoccupazioni manifestate dal Sovrano (T. per corriere 2999/012 del 23 maggio).

!36 ' Ed. in L'Europa verso la catastrofe, pp. 322-324.

136' Per il quale si veda BD, vol. I, D. 250.

Halifax ha fatto svolgere presso il Governo di Praga un'attiva azione diretta a normalizzare la situazione ed è stato lieto di riscontrare che il Governo ceco ha dato prova di buona volontà e si dispone a fare del suo meglio nel senso desiderato. Si formula l'augurio che di altrettanta buona volontà venga data prova a Berlino.

Qualora, nonostante tutto ciò, un conflitto dovesse scoppiare, è ormai sicuro che la Francia interverrà sulla base dei suoi accordi colla Cecoslovacchia. Conferma di ciò è stata data anche recentemente dai Ministri francesi in occasione della loro visita a Londra. Qualora una simile eventualità dovesse verificarsi: «Il Governo inglese non può garantire che anche l 'Inghilterra non sia dalle circostanze coinvolta nel conflitto».

Lord Perth ha aggiunto che il colloquio che ieri ha avuto luogo a Berlino tra von Ribbentrop e l'Ambasciatore Henderson3 non è stato tale da dissipare le gravi preoccupazioni nutrite dai dirigenti britannici. Al contrario, l'Ambasciatore inglese è rimasto impressionato dallo stato di sovreccitazione in cui ha trovato il Ministro germanico.

Ho ringraziato Lord Perth della comunicazione fattaci e gli ho detto che per parte nostra continuavamo ad osservare la situazione con la più grande calma e che fino ad ora nessuna nuova notizia ci era pervenuta in senso allarmante4

137

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, GALLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 887/477. Ankara, 22 maggio 1938 (per. il 31).

Miei telegrammi odierni n. 89, 90 1

Coi telegrammi suindicati e con i precedenti2 ho data a V.E. sommaria telegrafica notizia della fase acutissima nella quale è entrata la questione del Sangiaccato.

136' Su di esso si veda il D. 145, dove è riportato quanto detto da von Ribbentrop all'ambasciatore Attolico circa l'andamento di quel colloquio.

136 ' Il documento ha il visto di Mussolini.

Per l'andamento di questo colloquio si veda anche il resoconto dell'ambasciatore Perth (in BD, vol. I, D. 282), dove sono riportate con maggiore ampiezza le dichiarazioni -tendenzialmente ottimistiche -di Ciano.

Il giorno successivo, Magistrati informava von Weizs1icker del passo compiuto dall'ambasciatore britannico ed in particolare della dichiarazione di lord Perth che la Gran Bretagna poteva essere obbligata dallo svolgersi degli avvenimenti ad associarsi ad un'azione della Francia in difesa della Cecoslovacchia (promemoria von Weizsacker del 23 maggio in DDT, vol. II,

D. 195).

La necessità della conciSIOne telegrafica e la complessità della situazione mi consigliano di riassumere nel presente rapporto i precedenti che conducono alla situazione presente, e di meglio spiegare la odierna attitudine e le ragioni delle espressioni turche.

Il motivo concreto che giustificava le pretese turche, affermatesi già con l'armistizio e riconfermate poi via via fino a quando il problema della indipendenza politica dell'Hatay fu posto chiaramente da Atattirk, è la necessità di una sicura frontiera militare che difenda effettivamente la Cilicia ed assicuri la piena libertà del Golfo di Alessandretta col possesso delle due coste, tenendosi presente che la baia di Ymurtalik viene ad ottenere la massima efficienza, come anche il porto di Mersina (che gli inglesi hanno ora ottenuto di attrezzare) acquista un grado di maggiore sicurezza.

La Turchia, non potendo pretendere al possesso diretto di tale territorio, si è prevalsa di una situazione etnica per domandare l'autonomia politico-amministrativa a favore delle popolazioni turche che dimorano nel Sangiaccato, raggiungere così indirettamente, attraverso uno stato cuscinetto, le finalità suindicate.

Senonché, la realtà etnica non assicura, salvo che ad Antiochia (ventimila turchi su trentaseimila abitanti), la maggioranza ai turchi nel Sangiaccato. Tutto lo sforzo turco era diretto quindi ad ottenere in ogni possibile modo tale maggioranza, anzi ad aumentarla. E la Francia aveva finito a Ginevra con l'accettare tutte le domande turche che ricercavano ogni mezzo ed ogni espediente per il raggiungimento della finalità minima: ottenere cioè ventidue deputati turchi sui quaranta che il Sangiaccato deve mandare al Parlamento fissato dalle deliberazioni di Ginevra.

Richiamo il mio rapporto l o febbraio u.s., n. 108'. Lo diressi a VE. subito dopo intervenuto l'accordo di Ginevra. La stampa turca mostrandosi nel complesso soddisfatta continuava a mettere in evidenza la malafede e gli intrighi francesi e concludeva con qualche riserva. Il ministro degli Affari Esteri ad interim mi diceva che tante volte i turchi avevano firmato accordi con i francesi, ma che dopo quindici giorni le parole da essi sottoscritte e che avevano un significato ne avevano preso un altro. Ricordavo in quel rapporto che le dichiarazioni di Atatiirk al Kamutay il l o novembre" e la nota diretta alla Francia nel dicembre 19375 dicevano inequivocabilmente che o le elezioni avrebbero detto

maggio, nel quale peraltro esprimeva l'opinione che l'allarme fosse stato provocato da Ankara per esercitare una pressione sulla Francia, e con T. 2852/88 R. del 20 maggio. In quest'ultima comunicazione, l'ambasciatore aveva ribadito di considerare improbabile che il governo turco potesse andare al di là delle proteste verbali, tanto più che la Gran Bretagna consigliava prudenza ed era in grado di esercitare un'azione efficace avvalendosi della recente concessione del prestito alla Turchia.

137 ' Telespresso 199/108 del l o febbraio. Il suo contenuto è qui indicato.

quello che la Turchia voleva e sarebbero state ritenute valide, o avrebbero dato risultato differente e non sarebbero state riconosciute. Pertanto la Turchia avrebbe predisposto ogni argomento per dimostrare la illegalità delle elezioni.

Scrivevo infatti il 29 marzo (n. 2726): «È certo che la Turchia farà ogni sforzo per creare una situazione tale che le permetta di giustificare quella qualsiasi attitudine che essa crederà di prendere se il risultato delle elezioni non sarà conforme alle sue finalità».

La commissione ginevrina incaricata di sorvegliare le elezioni è arrivata ai primi di maggio e le operazioni per la iscrizione nelle liste sono cominciate. È oltremodo certo che le Autorità locali francesi abbiano fatto il possibile per influire sulle inscrizioni in senso opposto alle finalità turche. Ma è anche certo che man mano che le inscrizioni alle varie comunità procedevano, veniva anche in chiaro la debolezza etnica turca. Di qui i rinnovati clamori, gli alti lamenti, le volgari accuse alla malafede francese, fino al violento scoppio odierno, interrotto soltanto dalla breve parentesi determinata dalla visita del Còmmissario francese nel Sangiaccato signor Garreau (mio rapporto n. 453 del 10 corrente'), e dalle temporanee speranze suscitate.

Fino a due-tre giorni fa le notizie pervenute ad Ankara, (con la riserva di risultati definitivi che poco dopo avrebbero potuto spostare le decisioni) davano che le inscrizioni nelle varie comunità previste dagli accordi di Ginevra portavano a favore dei turchi soltanto il quarantasette percento per Alessandretta e Kirikkhan.

Come possono pretendere i turchi del Sangiaccato di governare le altre minoranze, se fuori di Antiochia essi siano in effettiva minoranza e se la maggioranza di Antiochia, come oggi si teme ad Ankara, abbia a risultare inferiore ai calcoli?

Quindi grave responsabilità della Francia, quindi attacchi di violenza parossistica e di una volgarità e platealità che non si saprebbe immaginare maggiore, come V.E. rileverà dali' apposito riassunto e dai documenti che lo accompagneranno. E con le ingiurie propositi verbali fierissimi e minacce. Ho subito telegrafato all'E. V. che non ritenevo si sarebbe usciti dalle violenze verbali, per ora manovra intimidatrice e non più.

Non che non si esamini seriamente anche la possibilità di maggiori decisioni, fino anche al conflitto militare. Ma prima di affrontarlo vi si penserà due volte, e perché la superiorità locale dei turchi di fronte alle forze terrestri franco

siriane non risolve tutto il problema militare, (e la Marina francese?) poi per le pressioni che possono esercitare su Ankara e che probabilmente già esercitano, l'Inghilterra con la sospensione del credito testé accordato, ed i soviet che sono alle frontiere orientali, e perché infine si teme che l'uscire dalle violenze verbali e dalle proteste diplomatiche per agire con le proprie forze per il raggiungimento dei propri scopi, possa determinare sviluppi internazionali più ampi dei quali i turchi non vogliono portare responsabilità e che in ogni caso spaventano per le ripercussioni ulteriori che potrebbero derivarne sulla stessa Turchia.

Il casuale colloquio di ieri sera, del quale ho telegrafato poc 'anzi a V.E.8 è stato per me sommamente interessante. Ho passato due ore col Presidente del Consiglio, col ministro degli Esteri e quello della Giustizia ed i loro seguiti e posso sintetizzare le mie impressioni nei punti che qui ora indico:

a) decisione immodificabile di ottenere l 'indipendenza del Sangiaccato ma senza effettiva premura;

b) questa indipendenza potrebbe davvero essere il primo passo verso l'annessione e forse ulteriori progressi in Siria a seconda dello svolgersi della situazione internazionale;

c) si esperiranno tutti i mezzi possibili per raggiungere tale scopo attraverso le discussioni con la Francia;

d) e ciò malgrado il dispregio ed il disdegno per la doppiezza e malafede della Francia giudicata, se non in definitiva decadenza, per lo meno in eclissi di durata non prevedibile;

e) ma considerazione attenta e riguardo della attitudine e dei consigli inglesi e sovietici;

f) gratitudine per il nostro atteggiamento simpatico alla loro causa, ma ritenuto non sufficiente a farla trionfare;

g) improvvisa accesa speranza di complicazioni franco-italiane, e francocecoslovacche, che, facendo passare per la Francia in seconda linea la questione del Sangiaccato, ne faciliterebbero la soluzione;

h) attesa fino al l O giugno, data alla quale tutte le inscrizioni nelle liste della comunità saranno compiute e sarà veduto chiaramente quale la definitiva posizione dei turchi nel Sangiaccato;

i) se a quel momento la Turchia giudicherà essere stata «giuocata» dalla Francia, riprenderà la sua libertà di azione (così Aras) cioè non riconoscerà il mandato francese sulla Siria, né la divisione fra Siria e Libano e ne sosterrà la piena assoluta indipendenza. Ed attenderà gli eventi.

Ciò naturalmente è subordinato a tre circostanze:

l) Possibile colpo di testa di Atatiirk. Questi è entrato in una fase migliore della sua salute. Partito per Mersina dopo che da Parigi erano state diffuse voci allarmanti sulle sue condizioni (e V.E. può ben credere quanto ciò abbia irritato

!37 x Vedi nota l di questo documento.

tutti i turchi, e come contribuito allo scoppio dell'odierna irritazione) ha deciso restarvi fino alla risposta francese alla ultima nota turca (è l'ultimatum cui ha alluso Daladier nelle sue dichiarazioni?). Prenderà egli iniziative ali 'infuori del governo come già fece nel 193 7 e fu fermato da Eskinscehir? (di dove poi si iniziò la attuale disgrazia di Ismet Inonu).

2) Intransigenza del governo francese od aumentato sforzo delle Autorità mandatarie locali per forzare il risultato delle elezioni a vantaggio delle comunità non turche.

3) Effettivo oscurarsi dell'orizzonte internazionale che qui è seguito con ogni attenzione e considerato estremamente serio, per quanto la riflessione porti a concludere che la Germania non ha tanto oggi interesse ad annettere i sudeti, e perciò a dislocare la Cecoslovacchia (l'annessione austriaca non ancora digerita), quanto a far raggiungere ai sudeti il massimo di autonomia possibile (e perciò anche ad ungheresi e romeni) ed influire attraverso tale popolazione germanica sulla politica estera cecoslovacca.

137 1 T. 2902/89 R. e T. 2901/90 R. del 22 maggio con cui l'ambasciatore Galli riferiva su una lunga conversazione avuta il giorno precedente con Celai Bayar e con Aras. Gli aspetti salienti di tale conversazione sono riportati in questo te1espresso.

137 2 Sulla recente tensione in atto nei rapporti franco-turchi a causa della questione del Sangiaccato di Alessandretta, l'ambasciatore Galli aveva riferito con T. 2801185 R. del 18

137 4 Nel suo discorso, Kemal Atatiirk aveva ribadito che l'applicazione in buona fede del nuovo regime di Alessandretta da parte della Francia costituiva un fattore determinante per lo sviluppo dei rapporti franco-turchi.

137 5 Si riferisce alla nota di protesta inviata il 2 dicembre dal governo turco al governo francese in cui veniva contestato il regolamento per le elezioni nel Sangiaccato di Alessandretta. La posizione critica del governo di Ankara era stata ribadita in una seconda nota inviata il 24 dicembre.

137 6 T. 541/272 del 29 marzo. Alla frase qui riportata, l'ambasciatore Galli aveva aggiunto che la posizione del governo di Ankara poteva essere cos~ riassunta: <<o le elezioni daranno il risultato da me voluto e le accetterò, o non lo saranno e non le riconoscerò valide>> e che .la continua denuncia da parte turca di irregolarità e di soprusi tendeva a preparare il terreno per un'eventuale contestazione dei risultati delle elezioni.

137 7 Telespresso 846/453 del 10 maggio. Riferiva che nonostante le assicurazioni date dal commissario Garreau circa la piena regolarità delle prossime elezioni ad Alessandretta, la stampa turca continuava i suoi attacchi alle Autorità francesi nel Sangiaccato.

138

L'AMBASCIATORE IN CINA, CORA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 2933/220 R. Shanghai, 23 maggio l 938, ore l 3 (per. ore 2,10 del 24).

Ambasciatore di Germania mi ha comunicato ufficialmente che governo germanico ha ordinato richiamo consiglieri militari tedeschi in Cina. Governo cinese stato informato iersera d'urgenza.

139

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 2921/228 R. e 2920/229 R. Berlino, 23 maggio 1938, ore 14,04 (per. ore 16,55).

Situazione Cecoslovacchia ha segnato ieri qui sensibile peggioramento. Nei circoli dell'ambasciata d'Inghilterra sembra regni non solo pessimismo ma addirittura panico.

Fu fatta una riunione di molti britannici qui residenti, ai quali venne esposta situazione qui risultante da noto avvertimento dato sabato dall'ambasciatore d'Inghilterra a Ribbentrop 1 circa l 'impossibilità per l 'Inghilterra di rimanere estranea ad eventuale conflitto che coinvolgesse Francia.

Si dice che nell'occasione venne anche consigliato, specie alle persone famiglia, di prepararsi a partire. Infatti alcuni membri stessi dell'ambasciata d'Inghilterra non esitavano a fare sapere che avevano già i bagagli pronti.

In quanto all'ambasciatore di Francia, egli annunciava la guerra esattamente per il 15 giugno.

Rimpatri cittadini cecoslovacchi si sono accentuati.

Invece stamane situazione appare alquanto più calma. La stampa serba tono più moderato e pone sopratutto in rilievo risultati prime elezioni comunali favorevoli al partito di Henlein. Discorso Benes di sabato2 nel quale si precisa volontà di resistenza Cecoslovacchia non è riportato, né commentato.

Segretario di Stato agli Esteri, col quale ho già comunicato in assenza di Ribbentrop recatosi ieri insieme con Keitel a conferire con Hitler, ammette che nella situazione vi sia un «leggero sollievo».

140

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. 2922/230 R. Berlino, 23 maggio 1938, ore 17,37 (per. ore 19,20).

Von Ribbentrop, appena tornato da Monaco, mi ha comunicato per informazione riservata personale Duce e V.E. che Germania, mentre segue avvenimenti cecoslovacchi con la maggiore serietà, non (dico non) intende minimamente, a meno che Cecoslovacchia non ve la costringa con un contegno «pazzesco», arrivare a misure belliche. Ministro Affari Esteri ha aggiunto che voci allarmistiche tuttavia circolanti in materia traggono origine da contegno fermo e talvolta duro che governo germanico ha dovuto assumere nei riguardi Inghilterra e Francia. Riservomi particolari 1

Fiihrer si è limitato ordinare che al funerale delle due vittime di Eger intervenga addetto militare tedesco a Praga con corona portante il suo nome.

139 1 Vedi D. 145.

139 2 Nel discorso pronunciato a Tabor il 21 maggio, il Presidente Benes aveva riaffermato la ferma volontà di <<difendere il Paese e la sua indipendenza fino alle ultime conseguenze>> ma aveva anche ribadito che era intenzione dello Stato risolvere con grande rapidità i problemi delle minoranze in modo da assicurare a tutti i gruppi etnici parità di diritti e la garanzia di poter conservare la propria nazionalità. Il testo del discorso è in Relazioni Internazionali, pp. 426-428.

140 1 Vedi D. 145.

141

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. URGENTE 2925/232 R. Berlino, 23 maggio 1938, ore 19,59 (per. ore 21,45).

Addetto militare, generale Marras, ieri ed oggi ha avuto occasione percorrere zona frontiera Slesia Cecoslovacchia ed assicura non ha rilevato nessun (dico nessun) indizio mobilitazione tedesca.

142

L'AMBASCIATORE A RIO DE JANEIRO, LOJACONO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 2942/86 R. Rio de Janeiro, 23 maggio 1938, ore 20,08 (per. ore 6,30 del 24).

In occasione ricevimento che avrà luogo 24 corrente in onore del ministro degli Affari Esteri cileno questo ambasciatore Germania mi ha fatto conoscere di avere annunziato al ministro degli Affari Esteri brasiliano impossibilità assistere invito mentre cittadini tedeschi sono oggetto persecuzione e carcere per ragioni politiche.

Questo ministro degli Affari Esteri mi ha risposto che in tal caso ambasciatore del Brasile a Berlino avrebbe ricevuto istruzioni non accettare inviti governo tedesco e si è sentito rispondere che tali istruzioni erano superflue giacché, né governo, né partito nazista avrebbero più invitato ambasciatore del Brasile. Mio collega tedesco mi ha fatto chiedere dal suo consigliere se io intendevo rifiutare suddetto invito. Ho risposto che comprendevo reazione germanica ma che situazione mia e delle istituzioni fasciste e degli italiani in Brasile non era ancora oggetto atteggiamenti definitivi e sgradevoli e che mi sarei ritenuto colpevole dinanzi ai miei connazionali se avessi procurato loro penosa ripercussione per voler reagire preventivamente contro misure che ancora non erano applicate; misure che io dovevo evitare in tutti i modi di provocare finché situazione rimanesse in questi termini 1

142 ' Ciano rispondeva, con T. 74821103 P.R. del 27 maggio <<Approvo atteggiamento di Vostra Eccellenza».

143

IL MINISTRO A PRAGA, DE FACENDIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. URGENTE 2928/60 R. Praga, 23 maggio 1938, ore 21,30 (per. ore 0,30 del 24).

Iersera ministro d'Inghilterra e ministro di Francia hanno fatto nuovo passo presso Presidente del Consiglio1 per richiamare attenzione governo cecoslovacco sui pericoli che potevano derivare dali' attuale tesa situazione; sulla opportunità di revocare misure militari adottate e sulla necessità predisporre ogni possibile concessione ai tedeschi sudeti per amichevole componimento controversia.

144

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL MINISTRO A TIRANA, JACOMONI

T. PER CORRIERE RISERVATO 486 R. Roma, 23 maggio 1938.

Da fonte fiduciaria è stato riferito a questo Ministero quanto segue: «Si vuole che in Albania sia in atto un forte attrito fra la Chiesa e la Corona. Il Sovrano sarebbe indignatissimo che per ordine del Vaticano nessun elemento del Clero cattolico ha preso parte alla cerimonia dello sposalizio.

L'attrito si sarebbe maggiormente acuito per un fatto che sarebbe occorso pochi giorni addietro. La Sovrana, come si sa cattolica e devota, si sarebbe presentata in una chiesa cattolica ed avrebbe chiesto al parroco di essere confessata e quindi comunicata. Il parroco si sarebbe rifiutato adducendo che, non essendo essa sposata cattolicamente, lui parroco non poteva assolutamente somministrarle i Sacramenti che richiedeva. La Sovrana avrebbe insistito ma il parroco non avrebbe punto receduto e per di più avrebbe dichiarato di non poter in alcun modo disubbidire ad ordini superiori ricevuti.

La Sovrana si sarebbe fortemente indignata, avrebbe riferito al suo consorte, Re Zog, ogni cosa e questi avrebbe chiesto l'immediata destituzione del parroco. Sembra che la Curia, pur disposta a sacrificare il parroco, non sarebbe disposta a retrocedere dalla deliberazione adottata.

143 'Vedi BD, vol. I, D. 276 e DDF. vol. IX, D. 414.

Le cose si sarebbero fortemente inasprite e sembra che non sia escluso il caso che l'attrito possa estendersi e raggiungere le relazioni fra Vaticano e Albania».

Pregate riferire in merito 1

145

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE SEGRETO 2958/075 R. Berlino, 23 maggio 1938 (per. il 25 ).

Confermo mio telegramma filo pomeridiano n. 2301 col quale trasmettevo le assicurazioni datemi oggi alle 14 da Ribbentrop che il Reich tedesco non intende per suo conto dare agli incidenti cecoslovacchi, per quanto gravissimi, alcun seguito che non sia di natura diplomatico-politica. Ho avuto, ha detto von Ribbentrop, ieri a Monaco con il Fiihrer una conversazione di tre ore e mezza. Della questione cecoslovacca abbiamo parlato solo nei primi trenta minuti. Quando -ha proseguito Ribbentrop -sarà venuto il momento di fare la storia di questa crisi, il mondo intero dovrà riconoscere che tutti i torti stanno dalla parte della Cecoslovacchia, la quale, non solo ha perduto la testa e creato incidenti sanguinosi che in altre condizioni avrebbero benissimo potuto portare a complicazioni belliche, ma ha anche inventato «di sana pianta» delle notizie di reazioni e mobilitazioni tedesche e ciò solo per servirsene di pretesto all'attuazione di misure eccezionali ed intimidatorie da parte propria. Ribbentrop mi ha formalmente assicurato su questo punto che, ad esempio, le notizie date circa spostamenti di truppe tedesche nelle vicinanze più o meno immediate della frontiera cecoslovacca non hanno nessuno, dico nessuno, fondamento; (questo mi è confermato dal R. Addetto Militare2 ). Tuttociò, ha ripetuto, sarà a suo tempo conosciuto e tutto il mondo non potrà a meno di rendersene conto. Dico «a suo tempo» -ha aggiunto Ribbentrop -perché ora il governo tedesco non intende assolutamente procedere a smentite e rettifiche che potrebbero essere interpretate come un segno di debolezza da parte sua.

A questo riguardo, anzi Ribbentrop mi ha affermato -e ciò per informazione riservata del Duce e di V.E. -che il contenuto dei suoi colloqui con sir Nevile Henderson, ambasciatore di Gran Bretagna a Berlino, è completamente diverso da quello riferito dai giornali. Con Henderson, Ribbentrop ebbe una prima conversazione circa una diecina di giorni fa', e questa molto amichevole, nella quale furono da entrambe le parti esposte con grande franchezza e serenità le situazioni e le preoccupazioni dei due governi; conversazioni che peraltro dovevano avere un carattere assolutamente confidenziale. Contrariamente a quegli usi diplomatici a cui proprio l 'Inghilterra è particolarmente ligia, una parte di questa conversazione arrivò ai giornali ed in forma non solo inesatta ma tale da far apparire il governo tedesco in una posizione di relativa debolezza. È così accaduto che, essendo il signor Henderson ritornato alla carica sabato scorso\ il signor Ribbentrop ha usato con lui un linguaggio tutto diverso e quindi non solo fermo, ma talora duro.

Ribbentrop ha tenuto a leggermi egli stesso la parte più essenziale di questa conversazione e delle risposte date ali' ambasciatore, che riferisco nell'ordine:

0 ) Se raccomandazioni alla moderazione dovevano essere fatte, esse avrebbero dovuto essere indirizzate a Praga e non a Berlino. Era addirittura «grottesco» che il governo inglese, in presenza dei cadaveri di Eger', facesse delle rimostranze a Berlino.

2°) Il rifiuto di Henlein di iniziare delle trattative col governo di Praga prima di avere ottenuto un minimo di garanzie era più che giustificato di fronte ai fatti doiorosamente occorsi, i quali non davano neanche la sicurezza che Henlein e i suoi rappresentanti potessero liberamente muoversi e prendere parte alle negoziazioni senza pericolo di vita.

3°) Il governo tedesco era dolente di dover constatare che l'unico risultato degli interventi di Londra a Praga era costituito dagli eccessi testé commessi

o tollerati dal governo cecoslovacco.

4°) Per quanto riguarda i movimenti di truppe tedesche ai confini cecoslovacchi od altrove, il governo del Reich si trovava ora, dati i precedenti, nella necessità di dover pregare il rappresentante del governo britannico di astenersi dal chiederne ulteriori notizie.

Uguale linguaggio Ribbentrop aveva ritenuto di dover adottare nei rispetti del rappresentante francese.

Anche della sua conversazione di sabato, peraltro, la stampa anglo-francese aveva finito col dare, sulla falsariga di quelle già date anteriormente, le stesse versioni inesatte di prima. Di questo, Ribbentrop ha l 'intenzione di dolersi diret

145 'Vedi D. 126.

tamente con Halifax in risposta ad un messaggio da questi inviatogli", sempre a mezzo di Henderson, sabato sera in cui Halifax rivolgeva a Ribbentrop un caldo appello personale.

Ciò premesso, e sempre sotto la riserva che il governo cecoslovacco non adotti una linea di condotta così folle da far uscire la Germania dal suo riserbo, il governo del Reich, mentre segue gli sviluppi della situazione colla maggiore serietà (e tenendosi-aggiungo io-naturalmente pronto a qualunque evenienza), si asterrà nel modo più assoluto dall'arrivare a misure di carattere bellico.

Quanto sopra non ha però impedito alla Borsa di oggi di segnare qui a Berlino una netta tendenza alla depressione, la quale viene peraltro spiegata coll'acceleramento del ritmo delle liquidazioni di «non ariani» che, paventando tempi peggiori, cercano-dovendo liquidare comunque-di realizzare al meglio, subito.

144 1 Il ministro Jacomoni rispondeva con telespresso 1560/565 del 2 giugno confermando l'esistenza di una certa tensione tra la Corte albanese e la Chiesa cattolica originata dal rifiuto di regolarizzare il matrimonio della contessa Apponyi con Re Zog se il Re non si fosse impegnato per iscritto ad educare i figli nella religione cattolica. La situazione era stata poi aggravata dall'assenza dei vescovi cattolici alla cerimonia del matrimonio.

145 1 Vedi D. 140.

145 2 Vedi D. 141.

145 3 L' 11 maggio. Vedi D. 97.

145 4 21 maggio. Per l'andamento di quel colloquio si veda BD, vol. I DD. 250 (dove sono riportate le istruzioni di Halifax) e 254 e DDT, vol. II, D. 186.

146

IL MINISTRO A PRAGA, DE FACENDIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 2975/065 R. Praga, 23 maggio 1938 (per. il 26).

Riferimento: mio telegramma n. 581

La versione datami al ministero degli Affari Esteri degli avvenimenti di questi giorni è la seguente:

Venerdì 20 corrente concordanti informazioni da diverse fonti segnalavano insoliti movimenti di truppe germaniche verso le frontiere cecoslovacche. In risposta, le Autorità di Praga decidevano parziale mobilitazione con richiamo di cinque classi. In seguito formali assicurazioni date da Berlino, dapprima circa assoluta inesistenza movimenti di truppe e poi trattarsi normali spostamenti [niente] affatto diretti contro Cecoslovacchia, richiamo alle armi era limitato ad una sola classe destinata più che altro mantenimento ordine e necessità far sentire autorità dello Stato a tedeschi e a cechi.

Questo ministro d'Inghilterra, che non nasconde suo appoggio aJle ragioni dei cechi, mi dava stamane una analoga versione dei fatti, affermando che governo cecoslovacco non aveva fatto altro che rispondere a movimenti germanici destinati esercitare pressione su Praga in presenza elezioni amministra

145 ' Vedi BD, vol. I, D. 273 e DDT, vol. Il, D. 189. Maggiori dettagli circa il contenuto del messaggio di Halifax erano comunicati dal ministro a Praga, De Facendis, sulla base di quanto gli era confidato dal suo collega di Germania (vedi D. 146).

tive e annunciate trattative tra governo e tedeschi dei sudeti. Mi ha poi confermato contenuto passo inglese a Berlino (mio telegramma n. 592) e suo nuovo passo di iersera presso Hodza3 in senso moderatore senza ben inteso ripetere a Praga quanto era stato detto a Berlino che «in caso conflitto europeo Inghilterra non potrebbe rimanere in disparte» e ciò per non dare ai cechi motivo a maggiori resistenze nelle concessioni a farsi ai tedeschi. Newton ha concluso dicendo aver fiducia in un pacifico componimento vertenza ceco-tedesca, componimento indispensabile se si vuole evitare che «la Cecoslovacchia diventi la Serbia del ' 14».

Collega di Germania, Eisenlohr, mi ha smentito categoricamente che vi fosse alcun movimento di truppe germaniche e che suo governo intendesse esercitare pretese pressioni su Cecoslovacchia. Esaminando attentamente insieme gli avvenimenti in tutti i diversi elementi e dettagli, egli si è convinto con me aver voluto Benes, d'accordo con i militari e all'infuori di Hodza, sorpreso ed in procinto di dimettersi nella giornata di sabato 21, far mostra della preparazione militare della Cecoslovacchia, lasciare intravedere quello che potrebbe costare ali'Europa un attacco al suo Paese, e allo stesso tempo risollevare il basso morale dei cechi, rinsaldare la sua scossa posizione, trattare con più autorità e indipendenza l'accordo con i tedeschi. Insomma con una specie di esperimento pratico il signor Benes, che da due mesi è rimasto curvo sotto il contraccolpo dell'Anschluss e il maggior peso della più grande Germania, ha voluto reagire e mettere alla prova le sue frasi fatte e cioè che la Cecoslovacchia non è l'Austria, che attaccare la Cecoslovacchia significherebbe conflagrazione, che la conflagrazione non la vuole nessuno e che perciò il suo ottimismo è perfettamente fondato.

Giuoco pericoloso -ci diceva il collega germanico -che potrebbe un giorno far pagare a caro prezzo esperimenti del genere. Il giuoco pertanto sembra per questa volta e pel momento riuscito in quanto l'abile manovri ere che è notoriamente il signor Benes, simulando pericoli, è riuscito, oltre al resto, ad impressionare gli amici di fuori e a provarne in certo senso la reazione pel caso di effettivo bisogno.

Ad ogni modo l'atmosfera generale tende piuttosto alla calma e si attendono con una certa fiducia le trattative fra governo e tedeschi.

146 'Vedi D. 143.

146 1 T. 2897/58 R. del 22 maggio. Riferiva che, secondo le impressioni dei circoli diplomatici di Praga, le misure militari prese nei giorni precedenti dal governo cecoslovacco ed il suo fermo atteggiamento erano dovuti «a nuove formali assicurazioni date da Parigi in caso di intervento della Germania e da Bucarest in caso di intervento dell'Ungheria>>.

146 2 T. 2976/59 R. del 23 maggio. Riferiva quanto dettogli dal suo collega di Germania circa il contenuto del messaggio personale inviato il giorno precedente da Halifax a von Ribbentrop (vedi D. 145, nota 6). Il ministro Eisenlohr aveva precisato che nel suo messaggio Halifax, dopo aver sottolineato la necessità di evitare qualsiasi mossa che potesse provocare complicazioni ed aver assicurato che sarebbero stati effettuati i passi opportuni a Praga per richiamare il governo cecoslovacco alla moderazione, aveva dichiarato che non ci si doveva illudere che la Gran Bretagna sarebbe sicuramente rimasta in disparte di fronte ad un conflitto europeo.

147

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO

TELESPR. 217801/249. Roma, 23 maggio 1938.

Risulta da fonte confidenziale, sicura, che in questi ultimi tempi il rappresentante della Germania a Tirana ha intensificato i suoi contatti cogli elementi albanesi di cultura tedesca e che li ha confidenzialmente «avvertiti di tenersi pronti perché la Germania di oggi intende riprendere le tradizioni di simpatia secolare che Vienna ha sempre tenuto verso il popolo albanese». In una parola, dopo l'annessione dell'Austria alla Germania, «la Germania intenderebbe svolgere un'azione politica attivissima in Albania a detrimento della politica di altri Stati, e quindi, e per forza di cose, dell'Italia».

Queste informazioni confermano altre nello stesso senso che anche in passato e a più riprese si sono avute al riguardo a proposito dell'attività del ministro tedesco a Tirana.

Prego V.E. intrattenere Ribbentrop personalmente a mio nome.

Simili attività e simili propositi non vanno affatto. Dite a Ribbentrop che noi consideriamo l'Albania un affare di famiglia, così come la Germania ha considerato un affare di famiglia l'Austria e considera la Cecoslovacchia. Ci attendiamo che la Germania si regoli come noi ci siamo e ci stiamo regolando verso di essa.

Riferite1

148

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 4667/2694. Parigi, 23 maggio 1938 (per. il 24).

Ministro Esteri Bonnet ha chiesto ieri sera di vedermi d'urgenza al suo domicilio privato. Preferiva convocarmi a casa piuttosto che al Quai d'Orsay, sia per potermi fare un'esposizione più pacata e tranquilla alla fine di una domenica particolarmente laboriosa, sia per meglio sfuggire alle indiscrezioni dei giornali e dei giornalisti che -ha aggiunto -maltrattano tutto quello che toccano.

147 ' Per la risposta da Berlino si veda il D. 186.

Bonnet ha iniziato col farmi un quadro riassuntivo dell'attività sua e del suo governo nei nostri confronti, a partire dali'avvento al potere del Gabinetto Daladier. Riproduco fedelmente il suo discorso nelle sue linee essenziali:

Il suo primo pensiero, nel prendere possesso del Quai d'Orsay, è stato quello di mettersi immediatamente al lavoro per riportare le relazioni italo-francesi su quel piano di confidente amicizia da cui non avrebbero dovuto mai allontanarsi. Questo suo proposito è il frutto di una convinzione profonda e meditata. Egli desidera porlo in esecuzione con ogni lealtà e buon volere. Fu per questo lietissimo dell'accoglienza fatta dali 'E.V. alle prime aperture di Bionde! e deli'atmosfera di reciproca cordialità che tale accoglienza ha creato attorno alle conversazioni tra i due Paesi.

Come fu d'altra parte estremamente lieto, e, insieme, lusingato della segnalazione amichevole fattagli da un uomo politico svizzero circa frasi e considerazioni cortesi che il Duce avrebbe fatto sulla sua persona, al momento in cui Bonnet assumeva il portafoglio degli Esteri. Non sa se tali segnalazioni siano esatte. Quel che sa -e non ha alcuna esitazione a dirmelo -è che egli nutre per il Duce e per la sua opera gigantesca un'ammirazione profonda.

Bonnet è quindi passato a spiegare ed illustrare l'azione da lui svolta a Ginevra'.

«Ho preso personalmente parte al recente Consiglio ginevrino -mi ha detto -soltanto per sostenere tutte le tesi, la cui approvazione avrebbe potuto facilitare le nostre conversazioni e i nostri accordi. Altrimenti non mi sarei mosso e ci avrei mandato un funzionario. Conosco Ginevra da un pezzo e non la amo. Halifax, nuovo all'ambiente societario e un po' sperduto in questo suo primo contatto, mi ha pregato di sostenerlo e di appoggiarlo. La mia azione di sostegno e di affiancamento ali' azione britannica è stata leale e completa. Ho iniziato con un elogio aperto d eli' accordo itala-britannico, fondamentale elemento di pacificazione, ciò che tanto io quanto Daladier avevamo del resto già fatto a Londra qualche giorno prima2 Ho, per la questione etiopica, svolto uno sforzo perso

nale e diretto. Ho visto uno per uno tutti i delegati; ho redatto il progetto di risoluzione; mi lusingo di essere riuscito, nonostante la presenza di Tafari e la campagna ostile dei giornali di sinistra a far convergere sulla risoluzione la quasi unanimità del Consiglio.

Per quel che riguarda la questione spagnola, voglio dirle che ho visto, a Ginevra, una sola ed unica volta del Vayo e questa sola volta per fargli sapere in termini duri ed espliciti che aveva mancato fede ai suoi precisi impegni, i quali erano di fare un discorso e non di presentare risoluzioni di alcun genere3• Gli ho aggiunto che, comunque, l'improvvisa e non prevista presentazione di una risoluzione, oltre che un atto scorretto, costituiva una mossa tattica errata e destinata a fallire. La Francia gli avrebbe senza riserve votato contro. La risoluzione aveva infatti, come sapevo, ottenuto due soli voti favorevoli e del Vayo,

148 ' Vedi D. 77 nota 3 e D. 79. 148 2 Nelle conversazioni franco-britanniche del 28-29 aprile. Vedi D. 27. 148 ' In proposito si veda il D. 108, nota 2.

di passaggio a Parigi, dopo Ginevra, era venuto ancora una volta a scusarsi al Quai d'Orsay per quella sua deplorevole manovra».

Egli, Bonnet, era dunque convinto che la sua azione ginevrina avrebbe facilitato le conversazioni con Roma. Tale sua azione gli aveva del resto suscitato contro una rassegna ostile di tutti gli ambienti di sinistra. L'Humanité è giunta sino a reclamare le sue dimissioni da ministro degli Esteri, ciò che lo lasciava comunque perfettamente indifferente, in vista dello scopo ben altrimenti alto e ben altrimenti importante che egli si propone di raggiungere. Sicché, in questa atmosfera che egli osava sperare di chiarificazione e di distensione, le parole pronunciate dal Duce a Genova4 lo avevano profondamente colpito, ed avevano suscitato nel suo animo, come in quello di Halifax, un senso di malessere e di disagio. La sua posizione personale e quella del suo governo ne avevano subìto un contraccolpo non lieve. Gli avversari ne avevano immediatamente approfittato per sostenere che tutta la sua azione era stata deleteria nei confronti dei sacri principi ginevrini e insieme inutile nei nostri confronti. Cioè doppiamente dannosa e doppiamente pregiudizievole. Di tale campagna ostile egli, ad ogni modo, non si preoccupa. Desidera insistere e persistere sulla sua strada. Di ritorno da Ginevra la sua prima cura è stata quella di dare alla stampa istruzioni di mantenere il maggior sangue freddo e la calma. Nulla è rotto e nulla dev'essere rotto.

«Noi abbiamo in Francia-ha continuato Bonnet -un regime politico che non discuto. È quello che è. Sta di fatto che non posso procedere come vorrei. Ho necessità di agire con prudenza e bisogno di appoggio. Ciò nonostante il governo Daladier ha immesso con qualche coraggio nella politica estera francese idee nuove e adottato iniziative concrete. L'allineamento con la Gran Bretagna è oggi, per esempio, completo e il sostegno che diamo al governo Chamberlain integrale. In fatto di politica italiana tale nostro sostegno è stato ed è sostegno a fondo. Se nelle proposte presentate da Blondel c'è qualche cosa che ha suscitato irritazione o diffidenza, me lo si faccia sapere. Sono pronto a discutere e a modificare. Restano le parole del Duce sulla Spagna. Voglio dir subito -ha continuato Bonnet -che il nostro più vivo desiderio è che la guerra finisca. Ci sono state fatte accuse generiche e specifiche di favorire il contrabbando delle armi su larga scala alla frontiera dei Pirenei. Ora io ho personalmente convocato al Quai d'Orsay il direttore generale delle Dogane. Gli ho chiesto esplicitamente di farmi sapere quali sono i dati effettivi, circa il traffico di materiale bellico sui Pirenei. Mi ha risposto che, nel periodo dal 15 aprile al 15 maggio, tale traffico, per i tre passaggi di frontiera, è in netta diminuzione. Per uno di essi la diminuzione rappresenta 1'80 percento del traffico precedente, per gli altri il 60 percento. Sta dunque il fatto che l'asserzione secondo la quale, durante il governo Daladier, il contrabbando di armi è duplicato o triplicato, è inesatta. È vero invece che tale traffico è in nettissima decre

scenza. Anche gli agenti verificatori che ho mandato di mia iniziativa sul posto, mi danno notizie e mi forniscono dati analoghi. A puro titolo di cronaca aggiungerò che fra le armi penetrate in Catalogna in questi ultimi tempi, per il valico di Cerbère, molte erano di origine tedesca. Ciò che del resto non ha alcun significato speciale, viste le normali, molteplici origini in ogni contrabbando. Comunque la Francia ha otto giorni or sono accettato senza riserve la formula elaborata dal governo britannico per il Comitato di non intervento5 Avendo

dato la sua adesione alle disposizioni relative al ritiro dei volontari, controllo delle frontiere terrestri, controllo navale previste in quella formula, essa de sidera che siano discusse in seno al Comitato, al più presto possibile. Il suo governo è animato dal proposito onesto e leale di mantenere di fronte alla Spagna la più stretta e la più rigorosa neutralità; di lasciare la Spagna agli spagnoli. È inesatto affermare che la Francia desideri oggi la vittoria dei Rossi. La Francia ha bisogno di ordine per suo conto e non può conseguentemente non desiderare che un regime d'ordine anche altrove, e, a maggior ragione, alle sue frontiere spagnole. Ma fino a quando Franco abbia la possibilità anche teorica di ottenere rifornimenti, il suo governo continuerà ad incontrare grosse difficoltà pratiche a precludere completamente ogni e qualunque analoga possibilità ali'altra parte. Tali difficoltà scompariranno il giorno, che si augura vicinissimo, in cui interverrà in proposito una decisione internazionale, sulla quale egli intende appoggiarsi fermissimamente. La frontiera dei Pirenei diventerà allora veramente ermetica e impermeabile». Su questo desiderio onesto di mantenere la più stretta neutralità, egli, Bonnet, crede sia possibile intendersi. Gli si dice da molte parti (e ciò gli è stato anche confermato dal suo console a San Sebastiano che ha rapporti col generale Franco) che la fine di ogni appoggio per le due parti, rappresenterebbe in sostanza un grosso vantaggio per i Nazionali, che hanno infatti maggiori risorse, miniere, fabbriche d'armi, ecc. Se ciò è vero, tanto meglio. Il definitivo naufragio dei Negrin e dei del Vayo non è circostanza destinata ad addolorarlo. È perfettamente falsa l'affermazione -diffusa da certa stampa -che il governo di Barcellona abbia ricevuto da quello francese promesse e assicurazioni di qualunque genere. Come è falso affermare che lo Stato Maggiore francese si occupi da vicino o da lontano di operazioni belliche in Spagna. La Francia vuole, anche in questo campo, allinearsi con l 'Inghilterra. Egli, Bonnet, ha fatto il possibile per tagliar corto immediatamente alla grossa campagna in corso contro Chamberlain su una parte della stampa francese. Ha fatto di tutto, e nella piena misura consentitagli dalle leggi sulla stampa, per smorzare il tono e la forma delle polemiche giornalistiche nei nostri riguardi, secondo il desiderio che era stato a suo tempo espresso da V.E. Crede di esserci in tutto o in parte riuscito. II governo britannico sa comunque perfettamente che il suo desiderio di intesa è sincero ed onesto. Come sa perfettamente che l'atmosfera francese nei confronti del governo Chamber

lain è oggi ben diversa da quel che fosse or sono poche settimane.

148 'Si vedano in proposito i DD. 111 e 115.

In considerazione di tutto quanto era venuto a mano a mano esponendomi: della sua leale azione a Ginevra; dei suoi propositi di rigorosa neutralità in Spagna; della sua sincera e mediata volontà di accordo con noi, egli, Bonnet, resta profondamente convinto della necessità di giungere a una normalizzazione fra i nostri due Paesi e sarebbe estremamente lieto ed estremamente riconoscente se la sua azione e le sue difficoltà potessero essere adeguatamente apprezzate da parte nostra e se alle conversazioni di Roma potesse essere dato di conseguenza un ritmo e un corso più spediti e più celeri. Oggi come ieri egli desidera fare ogni sforzo per giungere con l'Italia fascista ad un rapido accordo di massima che consenta l'immediata ripresa delle relazioni più confidenti e cordiali.

* * *

L'esposizione di Bonnet è durata per quasi un'ora. Ha parlato con tono convinto. Ho avuto l'impressione di trovarmi di fronte a un uomo non di grandissima energia, ma leale. Le sue parole hanno avuto un calore diverso da quelle, reticenti e imbarazzate, di un Delbos, o fiorite e false, di un Boncour. Debbo aggiungere che egli mi ha pregato di passare a casa sua e non al Quai d'Orsay e che vi sono stato chiamato non per il tramite di un funzionario degli Esteri, come sempre avviene, ma di un comune amico personale. Mi pare, questa, una circostanza significativa. Ho cioè la sensazione eh'egli abbia voluto disimpegnarsi dell'azione sobillatrice e deformatrice del Quai d'Orsay: tagliarlo fuori; sfuggirne al controllo; dare al suo discorso la forma di una iniziativa personale. Debbo anche aggiungere che le nette e precise parole pronunciate dal Duce a Genova mi pare abbiano prodotto su questo governo questo risultato fondamentale: rimpostazione del problema dei rapporti italo-francesi nei suoi termini esatti e inequivocabili. Concepito in generale sin qui piuttosto come un mezzo per agevolare un presunto allentamento dei vincoli Roma-Berlino, il problema dei nostri rapporti con la Francia comincia oggi ad essere invece considerato qui come un obiettivo da raggiungere in quanto tale, con tutte le esigenze che esso necessariamente comporta. Cioè, fra l'altro, accettazione dell'intesa itala-tedesca da una parte, più precisa e realistica valutazione della nostra azione in Spagna e delle sue inevitabili conseguenze dall'altra. Ho interrotto a parecchie riprese l'esposizione di Bonnet per dirgli che le nostre informazioni sul contrabbando di armi sui Pirenei sono precise e documentate; che da mesi non una cartuccia è avviata dall'Italia verso la Spagna Nazionale; che il Duce ha interpretato come sempre nel modo più fedele, e, come sempre, nel modo più alto, la fermissima volontà di 44 milioni di italiani per la vittoria di Franco, cioè dell'ordine, contro il disordine e contro l'anarchia. Mi ha risposto che l'asse Roma-Berlino è certamente ormai un dato di fatto positivo, da cui non è possibile prescindere e ch'egli stesso ha avuto a parecchie riprese occasione di insistere coi giornalisti sull'inutilità di speculare su sedicenti possibilità di allentamento e di raffreddamento fra Italia e Germania. Non ha dato d'altra parte alcun segno di speciale reazione di fronte alla riaffermazione della nostra decisa volontà di vittoria in Spagna.

Ho assicurato Bonnet che non avrei mancato di comunicare con la maggiore fedeltà ali 'E.V. il suo discorso, di cui apprezzavo personalmente le intenzioni".

148 4 Vedi D. 99, nota l.

149

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 2938/404 R. Londra, 24 maggio 1938, ore 2 (per. ore 7,15).

Miei telegrammi n. 395' e n. 4052.

Nella giornata di avantieri, sabato, notizie provenienti Praga e Berlino hanno improvvisamente determinato un senso di acuto allarme e quasi l'attesa di sviluppi suscettibili di mettere a repentaglio pace europea.

Segnalazioni da Praga circa rifiuto tedeschi sudeti iniziare trattative con governo cecoslovacco e circa crescenti disordini nel Paese aggravati da incidenti di frontiera e dal richiamo alle armi di riservisti trovavano riscontro nelle segnalazioni da Berlino che sottolineano campagna di stampa cecoslovacca e informazioni di tono ironico sul contenuto delle conversazioni con Ribbentrop dell'ambasciatore britannico', il quale sembra che sabato scorso abbia effettivamente perduto testa inviando Foreign Office una serie di comunicazioni che davano per sicuro lo scoppio di un conflitto imminente. Ambienti francesi di Londra diffondevano a loro volta voci dimostratesi in seguito inesatte -di un energico passo francese a Berlino in corrispondenza analogo passo diplomatico britannico. Questa atmosfera di allarme ha raggiunto suo vertice sabato sera alla notizia improvviso ritorno Halifax dalla campagna e dalla convocazione Consiglio Gabinetto convocato d'urgenza.

Questa la situazione di sabato sera.

Da ieri mattina, domenica,4 lo stato di allarme è andato gradatamente e progressivamente calmandosi, sopratutto a seguito notizie rassicuranti da Praga sul tranquillo svolgimento elezioni.

Chamberlain, dopo seduta Gabinetto, comunicava che egli avrebbe fatto oggi

149 ' Vedi D. 145.

ai Comuni dichiarazioni sulla situazione e che Halifax avrebbe fatto pure analoghe dichiarazioni alla Camera dei Lords.

Stamane la situazione viene qui considerata con tono generale di maggiore e più riflessiva pacatezza. Nel complesso si marca la soddisfazione per le notizie rassicuranti ricevute da Berlino, Parigi e Praga.

In previsione della seduta parlamentare di oggi, Chamberlain ed Halifax hanno stamane ricevuto a Downing Street rappresentanti di tutte le frazioni dell'opposizione per metterle al corrente della situazione.

Va rilevato che il panico delle ultime 48 ore ha avuto sue ripercussioni anche sulla City. Questa ambasciata, infatti, registra stamani, come effetto della situazione di sabato, fughe di capitali verso America e accaparramento di oro.

In realtà, allarmismo nella capitale britannica è stato dovuto in buona parte all'azione di sobillamento francese e alle ripercussioni dell'allarmismo suscitato a Parigi. Di questo, il governo francese ha tentato valersi per provocare reazioni del governo Chamberlain e costringerlo in extremis a prendere nettamente partito. A queste influenze si sono aggiunte quelle, sia pure in buona fede, dell'ambasciatore d'Inghilterra a Berlino che ha incautamente esagerato pericolo imminente della situazione.

Chamberlain ha mantenuto mente fredda e atteggiamento fermo ed equilibrato. Nonostante vociferazione stampa francese che afferma totale comunità vedute con Inghilterra, governo britannico non ha risparmiato nemmeno a Parigi ammonimento e consigli di moderazione.

Oggi, infatti, tema prevalente nella stampa e nei commenti di questi circoli politici è che Inghilterra non può nel suo interesse lasciarsi trascinare prendere parte in causa nella vertenza tedesco-cecoslovacca ma solo intervenire come mediatrice in una controversia nella quale Germania ha anche ragioni dalla sua parte. Questa linea di condotta è pienamente approvata dagli ambienti destra quanto da quelli di sinistra (degno di rilievo oggi nella stampa liberale e laburista è la mancanza di qualunque accenno che possa irritare la Germania) e raggruppa intorno a Chamberlain anche quegli elementi che, per ragioni di politica interna gli sono notoriamente avversi.

148 6 Il documento ha il visto di Mussolini. Per l'accoglienza riservata da Mussolini a questa comunicazione di Prunas, si veda il Diario di Ciano alla data del 24 maggio.

149 1 T. 2869/395 R. del 23 maggio. Riferiva che la stampa serale britannica dava «sensazionale rilievo>> alla vicenda cecoslovacca e riportava un comunicato del Foreign Office in cui veniva osservato che la richiesta dei tedeschi sudeti di avere delle garanzie prima di avviare le trattative con il governo di Praga non era accettabile perché proprio la definizione delle garanzie doveva costituire una parte importante del negoziato.

149 2 T. 2931/405 R. del 24 maggio. Riferiva le dichiarazioni fatte quel giorno ai Comuni da Chamberlain circa i recenti avvenimenti concernenti la Cecoslovacchia. Il testo del discorso è in Relazioni Internazionali, p. 428.

149 4 22 maggio.

150

IL MINISTRO AD ATENE, BOSCARELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 2951/45 R. Atene, 24 maggio 1938, ore 20 (per. ore 23,55).

Apprendo che nelle ultime riunioni del Consiglio Intesa Balcanica ad Ankara 1 è stata anche discussa questione riarmo Bulgaria, ed essendo stata riconosciuta

ormai esistenza fatto compiuto ed impossibilità ostacolarlo, sarebbero state avanzate proposte riconoscimento ufficiale dell'annullamento delle clausole militari del Trattato di Neuilly con la speranza anche di attirare in tal modo Bulgaria neli'ambito Intesa Balcanica. In tale proposta si sono trovati d'accordo tutti i membri del Consiglio, eccetto ministro degli Affari Esteri romeno che aveva subordinato risposta ad approvazione suo governo.

Pare ora che, essendosi Romania associata ali'avviso comune, presidente del Consiglio e ministro degli Affari Esteri turco avrebbero toccato l'argomento in conversazioni con Re Boris e Kiosseivanov durante loro recente passaggio da Sofia2

Da parte Bulgaria, il proposito degli alleati balcanici sarebbe stato naturalmente accolto con soddisfazione e in risposta sarebbe stato manifestato genericamente maggior interesse per continuazione relazioni amichevoli con Stati balcanici e per collaborazione con essi.

In seguito a tali approcci, mi consta che il ministro degli Affari Esteri turco ha fatto pregare il signor Metaxas, nella sua qualità di presidente Consiglio Intesa Balcanica, di indirizzare una lettera al presidente del Consiglio Bulgaria nella quale, dopo aver fornito assicurazioni circa desiderio degli Stati membri dell'Intesa Balcanica di continuare ad intrattenere con la Bulgaria relazioni amichevoli e di buon vicinato, si partecipa il consenso degli Stati stessi ali' abrogazione delle clausole Trattato di Neuilly concernenti disarmo e demilitarizzazione.

Non credo che Grecia e Turchia si facciano eccessiva illusione sulla possibilità che la Bulgaria rinneghi sue aspirazioni aderendo all'Intesa Balcanica, ma esse pensano certo che questo passo debba facilitare conclusione accordi bilaterali di non aggressione della Bulgaria con la Romania e la Grecia che sono stati finora ritardati in attesa della soluzione delle questioni pendenti.

150 1 Il 26-27 febbraio precedenti.

151

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 2971/094 R. Budapest, 24 maggio 1938 (per. il 26).

Telegramma n. 7086/c. P.R. del 20 maggio'.

Mentre ho ragione di ritenere che non esistono accordi precisi d'ordine militare fra Germania e Ungheria, smentiti da ambo le parti, al ministero degli Affari Esteri (come già riferivo col mio telegramma n. 060 per corriere del 25 aprile2)

!50 2 Vedi D. 135. nota l. !51 ' Ritrasmetteva il D. 86. 151 'Vedi D. l.

si lascia supporre che esistano già precise intese fra Ungheria e Germania oltre che fra Ungheria e Polonia per il caso di uno smembramento della Cecoslovacchia. Il capo di Gabinetto di questo ministero degli Affari Esteri, in una conversazione di ordine strettamente confidenziale, mi ha fatto comprendere che sarebbe inteso che l'Ungheria riceverebbe gli antichi confini e cioè, oltre ai territori abitati da ungheresi, anche la fascia subcarpatica fino cioè ai confini dei Carpazi, salvo qualche piccola rettifica di frontiera in favore della Polonia. Quanto agli slovacchi, i contatti con essi dovevano far ritenere che se ora vi fosse una votazione, il risultato sarebbe completamente favorevole all'Ungheria. (Sarebbero giunti qui rappresentanti del clero slovacco in occasione del Congresso Eucaristico e mi riservo riferire). Quanto a Presburgo, il governo ungherese aveva posto nettamente la questione a Hitler domandandogli spiegazioni su alcune voci corse relative a presunte aspirazioni germaniche su quella città: Hitler aveva smentito nel modo più preciso queste voci aggiungendo che vi potevano anche essere degli irresponsabili che nutrivano delle aspirazioni di pura fantasia e che potevano avere parlato di Presburgo come di una necessità per i Paesi austriaci, ma che era un fatto che su Presburgo la Germania non aveva assolutamente alcuna aspirazione.

152

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 3493/1031. Berlino, 24 maggio 1938 (per. il 26).

È venuto questa mane a trovarmi il Consigliere di questa Ambasciata d'America. Egli teneva molto a conoscere quale fosse l'opinione dell'Ambasciata d'Italia sulla crisi cecoslovacca e l'apprezzamento ch'essa faceva della situazione.

Il signor Gilbert, che è personalmente un convinto «non intervenzionista», mi ha aggiunto che la sua principale preoccupazione era costituita dal fatto che, allo stato delle cose, cioè dato lo stato degli animi negli Stati Uniti e la profonda e quasi preconcetta avversione regnante in questo momento in America contro tutto quanto è fatto o detto da tedeschi, egli era sicuro che, nel caso di una conflagrazione europea, il governo degli Stati Uniti avrebbe quasi certamente preso posizione esso stesso, non solo, ma lo avrebbe fatto subito e senza esitazione. Egli aggiungeva che, per incarico del proprio ambasciatore, aveva creduto opportuno di far chiaramente, per quanto ufficiosamente, comprendere questo pericolo anche alla Wilhelmstrasse. Il Gilbert è persona di larghe vedute e non affetto da preconcetti antinazisti ed antidittatoriali; appunto per questo le sue parole mi sono sembrate degne di considerazione.

Per parte mia ho rassicurato il Gilbert dicendogli non vedere ragioni per così nero pessimismo.

Effettivamente, come V.E. avrà visto da sintomi diversi ma tutti concordanti, la tensione ceco-tedesca è molto diminuita sì da escludere -pel momento -la possibilità di serie complicazioni.

Che anzi, a mio rimesso avviso, questa possibilità non è mai veramente esistita. La Germania aveva già realizzato, come conseguenza dell'Anschluss, che il sentimento dell'Europa intera era contro di lei e che quindi una sua azione aggressiva contro la Cecoslovacchia l'avrebbe esposta al pericolo di una guerra. Tanto, a mio giudizio, deve essere bastato, anche prima e anche indipendentemente dalle tanto esaltate azioni della diplomazia franco-britannica, a dissuadere la Germania da ogni nuova avventura, il programma tedesco essendo stato finora, ed a mio giudizio rimanendo ancora per qualche anno, quello di fare e tentare esclusivamente tutto ciò che possa essere fatto e tentato senza rischio di guerra.

Escluso, tuttavia, che la situazione attuale sia, rebus sic stantibus, gravida di immediate minacce alla pace europea, bisogna pure riconoscere che la questione dei sudeti, rimane, ed è obiettivamente, di difficile soluzione.

D'altra parte, le prove di solidarietà ricevute dalla Cecoslovacchia nell'ora del pericolo potrebbero incoraggiarla a non fare, in materia di autonomia ai sudeti, tutte quelle, e così radicali, concessioni che la situazione richiede.

Credo che questo pericolo non sia sfuggito a chi, come l 'Inghilterra, cerca di esercitare in questa materia una azione mediatrice; che anzi, lo stesso Consigliere americano mi diceva questa mattina che, appunto in vista di questo, una volta eliminato il pericolo immediato di complicazioni belliche, il signor Chamberlain farebbe, nei riguardi della Cecoslovacchia, un piccolo passo indietro e ciò appunto per non incoraggiarla ad irragionevoli resistenze.

Se così sia per essere, io non so. Mi permetto tuttavia di ritenere che, se un'azione simile non verrà a suo tempo dall'Inghilterra o da altri esercitata sul governo di Praga, le complicazioni che oggi sembrano evitate potranno ricomparire domani.

153

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. SEGRETO 3495/1033. Berlino, 24 maggio 1938 (per. il 26).

Nel colloquio avuto con lui ieri', Ribbentrop ha di sua iniziativa sollevato con me la questione delle minoranze di origine tedesca n eli'Alto Adige.

153 'Vedi DD. 140 e 145.

Egli ha voluto premettere il riassunto di alcune conversazioni avute in proposito, a bordo della Cavour, sia col Duce, sia con l'E.V. Nella prima, il Capo del governo si sarebbe espresso nel senso che egli non considerava la presenza di

200.000 individui di origine tedesca nell'Alto Adige come una «questione» e tanto meno come un problema, pur sapendo di non potere, ed in ogni modo non proponendosi, di italianizzarli colla forza. Egli avrebbe aggiunto anche che, in determinate circostanze, non avrebbe esitato ad usare a queste popolazioni un trattamento molto liberale. consentendo loro concessioni culturali. scuole. l'uso della loro lingua. ecc. 2

Nella seconda conversazione -sempre secondo Ribbentrop -V.E. avrebbe fatto presente al collega tedesco il sistema col quale una analoga situazione era stata felicemente risolta, quella cioè delle minoranze italiane in Jugoslavia, e ciò attraverso l'azione persuasiva esercitata dal governo italiano sopra queste minoranze, chiamandone i capi a Roma e spiegando loro la nuova situazione venutasi a creare e le esigenze del nuovo equilibrio politico stabilito, esigenze che avevano consigliato perfino l'istituzione a Roma di un ufficio di collegamento fra i due governi per facilitare l'esecuzione degli accordi di massima e l'adozione di eventuali misure locali che la necessità della reciproca convivenza rendesse opportune.

Il signor von Ribbentrop mi ha aggiunto che egli ha lungamente meditato le comunicazioni fattegli sia dal Duce sia da V.E. e che, dopo averne discusso qui con gli elementi più interessati alla questione, era venuto nella determinazione di agire secondo il precedente i tal o-jugoslavo fattogli presente dall'E. V. Ribbentrop mi ha quindi annunciato essere giunto alla determinazione di inviare in Italia, sempre che il governo italiano non solo lo consenta ma sia disposto a facilitarne l'opera, due o tre fra i migliori e più ragionevoli elementi tedeschi finora impegnati nel lavoro di propaganda ali' estero. il cui compito sarebbe quello di visitare minutamente l'Alto Adige e, località per località, determinare gli elementi allogeni più influenti, sia nell'un senso, sia nell'altro, e cioè sia in senso moderato come in quello estremista. Ribbentrop ha osservato l'Alto Adige non essere una regione in cui ci sia una minoranza tedesca veramente «organizzata» ed avente quindi i propri capi riconosciuti ed influenti sull'insieme di essa; essere quindi necessario, nel caso in cui si voglia venire a contatto colla minoranza stessa, fare un lavoro preliminare di cernita per determinare paese per paese le persone aventi peso nella propria comunità. Una volta identificati, e ciò col cordiale aiuto del governo italiano, questi elementi, essi potrebbero essere opportunamente chiamati. sia a Berlino. sia a Berchtesgaden per una azione persuasiva simile a quella che a suo tempo V.E. disse a Ribbentrop essere stata da noi usata nei riguardi delle minoranze italiane in Dalmazia.

Dello svolgimento della pratica di cui sopra è già stato incaricato l'ambasciatore von Mackensen. Comunque, il signor von Ribbentrop ha desiderato mettermene al corrente, sia a titolo di informazione personale, sia anche perché, potendo, io agevolassi lo svolgimento del suo progetto, la cui origine ed i cui

obiettivi vanno -concluse Ribbentrop -naturalmente ed esclusivamente ricercati nel preciso desiderio del governo del Reich di eliminare ogni causa, anche di piccolo attrito, fra i due Paesi amici.

Per parte mia, ho assicurato Ribbentrop che avrei opportunamente prevenuto V.E. delle comunicazioni che Mackensen si preparava a fare in argomento, le quali, date le precedenti conversazioni in materia da lui riferitemi, sarebbero state certamente oggetto del più attento esame da parte di V.E. Non esitavo tuttavia a dirgli che -come mia impressione personale -in tutta questa questione io vedevo due punti deboli:

l) che, mentre non avevo ragione di dubitare minimamente della serietà degli intendimenti degli elementi responsabili del governo tedesco, dubitavo francamente della serietà di elementi minori che, credendo di ubbidire ad un dovere patriottico e quindi immanente, continuerebbero ad agire sconsideratamente e di propria iniziativa nel futuro così come avevano già agito nel passato, e ciò senza la possibilità di identificarne sempre l'azione ed i trami ti;

2) che, mentre la questione dell'Alto Adige era stata chiarita dal Flihrer in modo definitivo ed inequivocabile, un'ombra di equivoco avrebbe sempre potuto nascere agli occhi degli elementi irresponsabili ed ignoranti da talune sopravvivenze che, pur avendo un carattere puramente esteriore, potevano essere prese a base di rivendicazioni almeno sentimentali se non politiche. Intendevo alludere, spiegai, alla presenza a Monaco di una lapide commemorante l'Alto Adige come una delle province tuttora ingiustamente strappate dalla madrepatria. Espressi il parere, senza per questo fare una qualunque domanda in proposito, che il coronamento d eli'intesa definitiva già intervenuta fra i due grandi Capi in materia non avrebbe potuto, a lungo andare, non comprendere anche quest'ultimo gesto di amicizia e di comprensione.

Il signor Ribbentrop finse lì per lì di ignorare la esistenza della lapide di Monaco, comunque dichiarando che «in questo momento» non gli sembrava una questione di cui fosse opportuno parlare, ma quanto al primo punto assicurò che egli era assolutamente disposto a perseguire inesorabilmente tutti gli elementi tedeschi piccoli o grandi, irresponsabili o no, che tentassero di turbare, a causa dell'Alto Adige, le relazioni fra i due Paesi, e che la cooperazione che egli intendeva di istituire come conclusione del progetto da lui indicatomi nella sua conversazione avrebbe dovuto proporsi appunto l'obbiettivo di snidare tutti gli elementi alto atesini di perturbamento e di disordine. Questo, egli disse, potrebbe anche richiedere eventuali rimaneggiamenti ed adattamenti locali, tuttavia pienamente giustificabili alla luce, sia dello spirito di reciproca comprensione che anima attualmente i due governi, sia degli obbiettivi da raggiungere, tutti tendenti all'eliminazione di ogni causa di risentimento da parte italiana3

153 ' Il documento ha il visto di Mussolini. Per il seguito della questione si veda il D.

153 2 A margine di questa parte del documento Mussolini ha scritto: <<mente>>.

175
154

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. RISERVATO 2254/899. Mosca, 24 maggio 1938 (per. il 30).

Mio rapporto n. 2121/833 del 18 maggio u.s.' Le indagini da me fatte in questo ambiente diplomatico per controllare le notizie riferite col telegramma n. 59 del 17 corrente2 hanno dato risultati incerti e contraddittori. Secondo uno dei miei colleghi (più precisamente l'ambasciatore di Polonia'), le pressioni sovietiche a Parigi per ottenere la conclusione di un accordo militare sono molto verosimili, ma è ben poco probabile che esse abbiano successo, e ciò principalmente· per l'opposizione dello Stato Maggiore francese a patti che leghino la sorte del proprio esercito a quelle dell'esercito dell'U.R.S.S. Secondo altri colleghi, Litvinov durante il suo recente soggiorno a Ginevra avrebbe insistito presso il ministro Bonnet non tanto per un patto militare quanto per stabilire stretti contatti ed attivi scambi di vedute fra i due Stati Maggiori. Per quanto riguarda l'eventuale aiuto dell'U.R.S.S. alla Cecoslovacchia nell'eventualità di un conflitto armato di quest'ultima con la Germania, il mio collega polacco ritiene che Mosca sia interessata in questo momento ad accre:: ditare la voce del proprio intervento, ma che in realtà non sia in grado e non abbia intenzione di mettere in atto tale minaccia. Altri pensano invece che si tenga effettivamente pronta ad intervenire e che per questo contempli già la necessità di forzare il passaggio attraverso il territorio romeno. Per conto mio. ritengo che il governo dell'U.R.S.S. continui a vedere con somma preoccupazione l'eventualità di venir coinvolto in una guerra europea e che faccia quindi tutto il possibile per allontanare tale pericolo. In ogni caso non posso concepire un suo intervento se non nel caso di un contemporaneo intervento francese4

154 ' Con telespresso 2121/833 del 18 maggio, l'ambasciatore Rosso aveva riferito con maggiori particolari circa la notizia (già da lui comunicata con T. 2781/59 R. del 17 maggio) di pressioni esercitate da Litvinov sul governo francese per realizzare una convenzione militare a complemento deli'alleanza esistente tra i due Paesi e circa le «formali assicurazioni>> di aiuto date a Praga dal governo sovietico per il caso di un'aggressione germanica alla Cecoslovacchia.

154 ' Walclaw Grzybowski.

154 ' Il documento ha il visto di Mussolini.

154 2 Vedi nota precedente.

155

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. SEGRETO 2666/860. Budapest, 24 maggio 1938'.

VALUTAZIONE DELLO STATO MAGGIORE UNGHERESE NEI RIGUARDI DI UN EVEN

TUALE CONFLITTO CON LA CECOSLOVACCHIA.

Onoromi trasmettere, qui unito, copia del rapporto n. 545 diretto da questo

R. Addetto Militare al R. Ministero della Guerra (Comando del Corpo di S.M.) riferente si ali' argomento in oggetto.

ALLEGATO

L'ADDETTO MILITARE A BUDAPEST, MATTIOLI, AL SERVIZIO INFORMAZIONI MILITARE

RAPPORTO SEGRETO. Budapest, 24 maggio 1938.

l) Nei numerosi contatti che ho avuto in questi giorni con elementi di questo Stato Maggiore, ho riportato l'impressione che si voglia evitare qualsiasi atto che possa apparire come provocazione o possa comunque motivare, direttamente o indirettamente, contromisure da parte cecoslovacca. Forse la ragione di ciò sta nel fatto che l'Ungheria non vede la situazione molto chiara.

Il primo dubbio è motivato dali'atteggiamento della Jugoslavia. Il Col. Andorka -capo di questo Servizio Informazioni -mi ha detto che tale atteggiamento è tanto più importante in quanto influisce su quello della Romania. Se Belgrado non interviene in un conflitto ceco-magiaro, si ammette per sicuro che neanche la Romania agirà, tenuti pure presenti i suoi legami con la Polonia.

Pertanto, il contegno della Jugoslavia sarebbe determinante, in quanto da esso potrebbero derivare, almeno per quanto riguarda il settore danubiano, due tipi di conflitto: Ungheria contro la sola Cecoslovacchia, Ungheria contro l'intera Piccola Intesa.

Il Col. Andorka ha notato a tale riguardo: «È per questo che i nostri Ministri a Roma ed a Berlino battono continuamente alla porta del Conte Ciano e di von Ribbentrop, per sapere cosa fa Belgrado>>.

Comunque, quanto l'Andorka che il Col. Magyarossy, Capo del! 'Ufficio Operazioni, mi hanno fatto chiaramente capire che la seconda delle accennate ipotesi-azione del! 'Ungheria contro tutta la Piccola Intesa -porrebbe l'esercito magiaro in situazione quanto mai difficile ed è quindi quasi da escludere che esso possa impegnarsi

155 ' Manca l'indicazione della data di arrivo.

in tali condizioni. Comunque, entrambi sono stati solleciti nell'aggiungere che si tratta di loro impressioni personali e che non conoscono ancora le idee del Governo.

Il) Il Col. Magyarossy mi ha confermato ancora una volta che non esiste alcun patto operativo con la Germania e che i rapporti dell'Ungheria con quest'ultima sono del tutto analoghi a quelli tra Ungheria e Italia, e cioè prevalentemente di collaborazione nel campo tecnico e del materiale. Ha precisato, anzi, che, da parte tedesca, non funziona neanche un'apposita commissione di collaborazione ed è lo Stato Maggiore germanico che decide, di volta in volta, con quale particolare organo i rappresentanti della Honvéd debbono trattare le varie questioni.

Il Magyarossy ha notato, inoltre, che, in generale, non si sa neanche che cosa farà la Germania ed ha espresso il parere che forse quest'ultima manifesterà le sue intenzioni piuttosto all'Italia-del cui potente appoggio essa non può fare a meno-che non all'Ungheria.

III) Pertanto, la situazione politico-militare del momento non appare chiara allo Stato Maggiore ungherese, il quale è evidentemente preoccupato dal pensiero che un eventuale conflitto armato con la Cecoslovacchia possa dilagare e assumere proporzioni pericolose per l 'Ungheria. E in vista di tale evenutalità, si cerca, anzi, di sapere che cosa farà l'Italia; il Magyarossy non ha mancato di fare al riguardo chiare allusioni.

Ma è in primo tempo sul contegno della Jugoslavia che, come ho detto, si polarizza l'attenzione di questo Stato Maggiore tanto che -come mi ha fatto capire chiaramente il Col. Magyarossy -se si dovesse verificare il caso di un attacco brusco della Germania alla Cecoslovacchia, l'Ungheria non si impegnerebbe subito ma cercherebbe, nel minor tempo possibile, di chiarire prima l'atteggiamento del vicino meridionale e poi eventualmente muovere. Il Magyarossy ha anzi notato che, a quanto gli risulta, tale punto di vista risponderebbe a certi suggerimenti del Governo italiano.

Peraltro, nell'ipotesi che l'Ungheria ritardi, sia pure di qualche giorno, rispetto alla Germania, è da tenere, a mio parere, presente:

a) che l'esercito ungherese perderebbe il vantaggio della sua più celere mobilitazione e radunata rispetto a quello ceco -vantaggio sul quale è basata buona parte del suo piano di operazioni iniziale -dando modo ai cechi di prepararsi alla difesa;

b) che tale ritardo potrebbe dar modo all'esercito tedesco di dilagare verso la Slovacchia, compromettendo, o quanto meno ipotecando, parte delle aspirazioni ungheresi. La «corsa ai Carpazi», caratteristica che dovrebbe idealmente avere l'operazione ungherese, potrebbe essere per lo meno rallentata dalla chiusura di numerosi e imprevisti passaggi a livello.

IV) È possibile, infine, che questo Stato Maggiore sia molto guardingo e circospetto anche per effetto degli importanti cambiamenti avvenuti negli alti ranghi dell'Esercito. In particolare, nessuno conosce ancora quali siano le idee personali del Gen. Keresztes-Fischer, nuovo Capo di Stato Maggiore e sopratutto se esse collimino con quelle del Gen. Ràtz, che conta come fautore dell'azione rapida ed energica. Quale influenza potrà avere del resto il Ràtz -sia pure con la sua alta autorità di mente operativa di prim'ordine -nelle decisioni dello Stato Maggiore, dal momento che, assunta la carica di Ministro, egli deve ora occuparsi prevalentemente di questioni politiche, amministrative e organizzative?

Questi cambiamenti non possono, a mio avviso, in questo momento incoraggiare le decisioni forti. Lo stesso Col. Andorka mi ha in questi giorni confessato «di non aver più Capi», evidentemente per il fatto che il Gen. Keresztes-Fischer, non soltanto non è stato ancora ufficialmente nominato Capo dello Stato Maggiore ma non si è neanche insediato nella nuova carica.

156

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPPORTO SEGRETO 2668/862. Budapest, 24 maggio 1938 (per. il 4 giugno).

Sotto il vincolo del più assoluto segreto, un funzionario del ministero ungherese degli Affari Esteri, mi confidò la sera stessa del 21 (e dal tenore della conversazione dovrei arguire che si trattava di intercettazioni telegrafiche) che alle ore 18 l'uno e alle ore 19 l'altro, i governi di Belgrado e di Bucarest avevano dato formale assicurazione al governo cecoslovacco che essi avrebbero fatto fede al Patto della Piccola· Intesa e o ve le truppe ungheresi si fossero mosse contro la Cecoslovacchia, sia jugoslavi che romeni avrebbero mosso immediatamente contro l'Ungheria. Non mi è stato assolutamente fatto parola di ciò da parte ufficiale: il direttore degli Affari Politici (prima tuttavia di queste presunte comunicazioni) si espresse solo con estrema riserva e con una certa preoccupazione per l'atteggiamento dei vicini. È sintomatico a questo proposito quanto il capo dell'Ufficio Informazioni ha dichiarato al R. Addetto Militare (mio rapporto n. 2666/860 in data odierna1). Data la natura e l'origine della comunicazione, sarei grato ali 'E. V. se volesse farne l 'uso più riservato2 •

157

IL MINISTRO A SOFIA, TALAMO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

Sofia, 24 maggio 1938.

Le tendenze pessimistiche notate n eli'orientamento di questa stampa e delle quali ho già fatto cenno, si sono venute ultimamente accentuando, sì che da qualche giorno molti quotidiani, e non solo quelli infeudati alle agenzie straniere nemiche dell'Italia e della nostra rivoluzione, seguono un'intonazione assai poco favorevole nei nostri riguardi.

Tutta la situazione europea viene riprodotta quasi unicamente sulla scorta della stampa estera più allarmistica in senso antitaliano e antitedesco. L'inconciliabilità italo-francese e l'affermata comune incertezza dell'effettività dell'ac

156 ' Il documento ha il visto di Mussolini.

cordo itala-britannico da una parte, la spinta e l'aggressività, anzi più, gli imminenti pericoli d'aggressione tedesca, dall'altra, costituiscono la trama di questo lavorio di stampa, che stando alle indicazioni delle corrispondenze si diramerebbe piuttosto da Parigi che da Londra.

Corrispondentemente, continuano a risuonare, sia attraverso corrispondenze estere, sia attraverso editoriali e articoli bulgari, le già segnalate tesi di unione generale balcanica come sistema regionale atto ad opporsi alla pressione germanica nell'Europa Sudorientale, e di sistemazione interbalcanica delle minoranze, come mezzo atto a liquidare le situazioni che principalmente si opporrebbero alla realizzazione di tale unione.

Questo movimento di opinione, di cui ho già riferito a V.E.2 , sembra esser rafforzato da alcune circostanze che qui hanno prodotto una certa impressione e che è utile di avvertire.

Anzitutto le circostanze che si riferiscono ai possibili atteggiamenti jugoslavi di fronte alla evenutalità di una unione balcanica. Sintomi che qui parrebbero significativi, nonostante le dichiarazioni fattemi, sia da questo ministro di Jugoslavia3 che da Kiosseivanov, sono:

l) Un articolo dell'organo Jugoslavo Slovenetz, a cui qui si attribuisce carattere ufficioso, e che è stato riprodotto dalla stampa del 18 u.s., nel quale si afferma che l'eventualità di una unione balcanica sarebbe stata considerata durante i recenti colloqui turco-jugoslavi di Belgrado e si conclude che per realizzare tale unione «la lacuna bulgara deve essere colmata». Sembra però che il finale dell'articolo stesso, nel quale si diceva che da segni indubbi si poteva desumere che la Bulgaria era ormai sulla strada dell'Intesa Balcanica, sia stato soppresso dalla censura.

2) In secondo luogo, le dichiarazioni fatte dal ministro della Guerra jugoslavo, Marié, ad Ankara, con le quali riconferma la collaborazione militare della Jugoslavia ai fini del Patto balcanico.

Per altra parte non han mancato di produrre impressione le dichiarazioni fatte in Inghilterra alla Camera Alta da lord Strabolgi con le quali questi si afferma certo che la Bulgaria non mancherà di porsi a fianco della «causa delle democrazie» in ogni eventuale conflitto, ciò che poi d'altronde rivelerebbe da che parte è promosso il movimento di opinione di cui si tratta, come del resto mi accennava anche questo ministro di Jugoslavia, e io ne ho riferito a V.E.

Una riprova non dubbia della fonte che alimenta tanta falsità e tanto palese desiderio di nuocere al prestigio delle Potenze dell'Asse si ha pure nel tono dei commenti al recente inasprimento della questione cecoslovacca, nei quali si parla della «missione nazionale ed europea della Cecoslovacchia» della «energica attitudine dell'Inghilterra che ha salvato la pace» e si conclude che «Hitler non oserà per ora varcare il confine della Cecoslovacchia perché incontrerà una seria reazione», osservando che la Polonia avrebbe compiuto un passo presso il governo

157 'Vedi D. 71. 157 ' Momcilo Yuricié.

germanico significando che, qualora le Potenze occidentali intervenissero a favore di Praga, la Polonia si unirebbe militarmente ad essa. Tale intonazione allarmistica della stampa contrasta perfino con l'opinione del Sovrano, il quale nel colloquio concessomi a Vrania\ si era mostrato assai meno preoccupato della situazione. Contemporaneamente, l'intesa anglo-italiana viene considerata come neutralizzata dalla «possente volontà francese» della quale si esalta, come fa specialmente il Nova Kambana, la preparazione estrema e l'altra maturità politica e civile per la salvaguardia della pace, non senza l'accenno, attribuito credo apocrifamente ad un ex diplomatico francese in una intervista concessa ad un supposto corrispondente dell' Utro da Nizza, di una nascente amicizia francobulgara che in caso di guerra determinerebbe la Bulgaria alla neutralità. Poiché l'Utro era uno dei quotidiani meglio intonati nei nostri confronti, è evidente che la supposta corrispondenza è stata opportunamente ispirata da chi di ragione per predisporre benevolmente l'opinione di questo Paese verso la politica francese.

Il fatto, pertanto, che anche la stampa finora giustamente orientata nei nostri confronti accolga con compiacenza e metta in buona vista un complesso di indicazioni ostili all'Italia e alla Germania non par meno significativo, specie ove si consideri che in questo Paese, come è noto a V.E., esiste il controllo preventivo della stampa, ciò che mi ha indotto a rappresentare la cosa in termini assai energici a questo Presidente del Consiglio.

Sarò grato a V.E., qualora crederà di far eseguire in proposito i ricontrolli del caso, di volermi tenere a suo tempo informato, per mia opportuna norma, di quanto abbia potuto risultare specie nelle capitali dei Paesi dell'Intesa Balcanica, da cui le notizie riguardanti un eventuale atteggiamento di dette Potenze verso la Bulgaria sono state particolarmente attinte o riprodotte.

156 1 Vedi D. 155.

157 1 L'originale di questo documento non è stato rintracciato. Si riproduce qui il testo ritrasmesso dal Ministero a varie ambasciate e legazioni con il telespresso 219884/c deli'8 giugno.

158

L'AMBASCIATORE IN CINA, CORA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 2977/224 R. Shanghai, 25 maggio 1938, ore 7 (per. ore 22).

Secondo quanto mi riferisce Alessandrini, caduta Suchow ha provocato forte depressione negli ambienti dirigenti Hankow contemporaneamente colpiti dal ritiro consiglieri militari tedeschi.

Si teme che giapponesi riescano sfruttare subito successi minacciando zona Hankow, come anche vi è preoccupazione per le conseguenze politiche nei riguardi governi istituiti dai giapponesi; data situazione interna Seciuan e per altre considerazioni opportunità sembra che sede Governo sia senz'altro trasferita da Hankow

157 'Vedi D. 135.

a Yiinnan-fu. Ministro Tani mi ha confermato decisione spingere a fondo operazioni militari contro Hankow, pur ritenendo che occupazione non è possibile prima di settembre dovendo procedere rastrellando province occupate.

Ultima vittoria sarebbe stata ottenuta con perdite straordinariamente lievi, mentre è stato catturato immenso bottino di guerra.

Mio collega mi ha espresso sua soddisfazione per tardiva decisione germanica mettendola in contrasto nostra attitudine e mi ha confermato ancora una volta sua nota dichiarazione circa collaborazione itala-giapponese Nord Cina.

Comunicato anche a Tokio.

159

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 2955/243 R. Berlino, 25 maggio 1938, ore 14,18 (per. ore 16).

Situazione cecoslovacco-tedesca si mantiene immutata e relativamente tranquilla, eccezione fatta vivace reazione antinglese della stampa tedesca, nella quale è peraltro da vedere l'eco delle comunicazioni Ribbentrop di lunedì scorso (mio telegramma posta n. 075 del 23 corrente1 ).

Il continuare a dipingere la Germania come costretta a indietreggiare di fronte coalizione anglo-francese, produce qui un effetto negativo, irrita il governo e l'opinione pubblica tedesca, incoraggiando invece ad irragionevole resistenza la Cecoslovacchia.

Ho ragione di ritenere che questo sia stato ieri fatto presente a Henderson.

160

IL MINISTRO A PRAGA, DE FACENDIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 2968/62 R. Praga, 25 maggio 1938, ore 20,35 (per. ore 0,20 del 26).

Mi risulta che il primo allarme circa i pretesi movimenti di truppe germaniche alla frontiera cecoslovacca fu dato dali' addetto militare inglese a Berlino in base a segnalazione agente Intelligence Service. Fu in seguito conseguente

trasmissione da Londra a Praga di tale notizia, che Autorità cecoslovacche, già rimaste esitanti di fronte frammentarie notizie screditate di propria fonte, si credettero autorizzate a prendere misure militari ritenendosi coperte anche consapevolezza inglese. In consiglio di governo sera 20 corrente presieduto da Benes Stato Maggiore chiese mobilitazione cinque classi. Governo espresse avviso sfavorevole, proponendo richiamo una classe solamente per esercitazione, con provvedimento ministro della Guerra. Benes non volendo contrariare militari, cui avrebbe potuto essere da un momento all'altro affidato controllo situazione, accettò e firmò mobilitazione parziale due classi.

Di qui nota tensione culminata nei ripetuti incontri Ribbentrop -Henderson -Poncet, cui contenuto e spunti drammatici saranno certamente già a conoscenza di Vostra Eccellenza.

Questo ministro di Germania, che ho informato di quanto innanzi come ogni altra mia risultanza, mi diceva Francia, Inghilterra hanno trovato occasione per togliersi maschera. Eisenlohr non si dissimula che cechi attingeranno coraggio da riuscito per quanto pericoloso esperimento; considera tuttavia situazione con calma e suscettibile sviluppo conciliante. Da parte mia, salvo circostanze imprevedibili, ritengo partita ceco-germanica rimessa'.

159 1 Vedi D. 145.

161

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 2965/407 R., 2966/408 R. e 2963/409 R. Londra, 25 maggio 1938, ore 22,20 (per. ore 3,50 del 26).

Ho avuto ieri sera con Halifax, che è stato a pranzo all'ambasciata, una abbastanza lunga conversazione non priva di un certo interesse.

Ho illustrato ad Halifax le ovvie ragioni per cui il governo italiano ritiene che l'idea di un armistizio in Spagna debba scartarsi senz'altro. Ho poi informato H ali fax de li'accettazione da parte italiana del tentativo di compromesso britannico (nota formula'), non senza aggiungere che la nostra accettazione è naturalmente subordinata all'integrale accettazione della medesima formula da parte francese2 Ho anche fatto intendere ampiamente ad Halifax che

avevamo avuto ragione di credere che il governo tedesco avrebbe impartito

160 ' Circa la versione degli avvenimenti del 20-23 maggio data in questo documento, si vedano le osservazioni del!' ambasciata a Berlino nel D. 178.

161 'Vedi DD. 111 e 115.

161 ' Sulle istruzioni inviate a questo proposito ali' ambasciatore Grandi e che lo stesso Grandi aveva sollecitato (T. 2927/403 R. del 24 maggio) non è stata trovata documentazione. È da presumere che le istruzioni siano state date per telefono.

analoghe istruzioni a Dirksen prima di giovedì. Ho concluso dicendo ad Halifax che il governo fascista aveva inteso con ciò di dare un 'ulteriore, ma tuttavia ultima, prova di buona volontà e di desiderio di conciliazione, ma che evidentemente doveva essere posto un termine alla scandalosa condotta francese nei riguardi di Barcellona e che l'Italia intendeva fin d'ora fissare le precise responsabilità di Parigi di fronte a tutte le possibili conseguenze dell'azione francese.

Halifax mi ha risposto che si rende conto perfettamente delle ragioni per cui il governo italiano considera da scartarsi l'idea di un armistizio. Anche le Autorità rosse di Barcellona, fatte interpellare dal governo inglese, avevano del resto dichiarato essere contrarie ad un 'idea del genere. Il governo britannico, per i motivi avanzati, potrà ciononostante indursi ad inviare un appello in tal senso per conto proprio e direttamente alle due parti, anche se esso ritenga che tale appello non sia suscettibile di essere accolto in questo momento. Halifax mi ha incaricato di esprimerti il suo grande apprezzamento per il favorevole accoglimento dell'ultima proposta di compromesso di Plymouth, il che rende possibile la ripresa dei lavori del Comitato e l'invio, sia a Salamanca, sia a Barcellona, della finale risposta al quesito formulato dalle due parti sull'applicazione della proposta britannica del luglio 1937'. «Resta a vedere -Halifax ha continuato -quello che farà il rappresentante francese nella seduta di giovedì. Il governo di Parigi non ci ha fatto conoscere ancora la sua risposta. Da una settimana a questa parte il Primo Ministro ed io stiamo svolgendo le più energiche pressioni a Parigi perché il governo francese si decida una buona volta a rispettare non solo gli impegni del «non intervento», ma anche i precisi impegni presi con noi in questo campo. Chamberlain ed io non (dico non) intendiamo assolutamente che la politica di stretta intesa con l'Italia, consacrata negli Accordi di Roma, sia posta in pericolo per l'assurdità e la pericolosa azione di certe tendenze della politica francese. Abbiamo parlato nettamente e chiaramente ai francesi ed abbiamo ragione di credere che Daladier e Bonnet si siano resi conto che intendiamo fare sul serio».

Halifax è passato quindi a parlare della crisi di sabato e domenica scorsi, dicendosi soddisfatto del rasserenamento atmosferico che si è verificato nella giornata lunedì, e per le notizie in complesso incoraggianti che continuano a giungere, sia da Praga che Berlino, le quali fanno sperare che una soluzione pacifica sarà trovata al problema cruciale dei rapporti ceco-tedeschi.

Ho domandato ad Halifax se non gli fosse sembrato sproporzionato, eccessivo ed in definitiva pericoloso l'allarmismo determinatosi a Londra nella giornata di sabato, quale riflesso delle notizie non esatte giunte dalle varie capitali europee, molte delle quali si rivelavano a prima vista esclusivamente ispi

161 'Testo in BD, serie seconda, vol. XIX, D. 38. Si veda in proposito serie ottava, vol. VII, D. 69.

rate al tentativo sobillare gli animi e di trascinare l'Inghilterra a dichiarazioni gravi, evidentemente contrarie alla politica di Chamberlain ed agli stessi interessi inglesi.

Halifax mi ha risposto che effettivamente l'allarme è stato eccessivo e sproporzionato agli avvenimenti ma che tutto alla fine si è risolto in bene perché ancora una volta, malgrado tentativo di sobillazione in senso contrario, politica di moderazione e di conciliazione di Chamberlain si è imposta ed ha avuto immediata rispondenza ed appoggio in tutti gli strati del popolo inglese. «Anche l'atteggiamento che l'Italia ha adottato in questa circostanza -Halifax ha soggiunto -è stata grandemente apprezzato ed il popolo inglese ha potuto rendersi conto ancora una volta del valore determinante e decisivo che l'accordo italo-inglese rappresenta nei momenti decisivi per la pace europea».

Le mie impressioni sulle conversazioni avute iersera con Halifax sono, per quanto riguarda rapporti italo-inglesi, buone.

Ho trovato Halifax «rimontato», assai più sicuro di sé e senza più tracce di quelle ombre e preoccupazioni circa il futuro dei rapporti italo-inglesi, dalle quali egli sembrava essere dominato durante il nostro ultimo incontro di martedì scorso4

Non vi è dubbio che l'inverosimile febbre terzana che ha scosso improvvisamente l 'Inghilterra nel pomeriggio di sabato, per il timore di essere trascinata a fianco della Francia in un conflitto che sabato sera sembrava molto da temere come imminente e inevitabile, ha avuto, come in genere hanno le febbri quando sono passate, dei risultati benefici. Poste di fronte allo spettro di un conflitto europeo imminente, tutte le ranocchie che da due settimane gracidavano a più non posso contro l 'Italia, contro Chamberlain, contro il riconoscimento dell'Impero, contro il tradimento della Spagna, della Lega delle Nazioni, ecc., hanno taciuto d'incanto. L'eco dei due colpi di fucile alla frontiera cecoslovacca è stato sufficiente per fare ammutolire di colpo tutta questa pazzia criminosa degli antifascisti britannici, i quali hanno effettivamente sperato per un momento di avere la testa di Chamberlain.

Chamberlain ha mostrato ancora una volta le sue qualità. Egli ha esagerato volutamente di fronte alla propria opinione pubblica, i risultati benefici dell'azione britannica di mediazione tra Praga e Berlino e ciò allo scopo di fissare ancora più chiaramente, davanti alla propria opinione pubblica, che l 'Inghilterra non (dico non) ha un interesse diretto per favorire una anziché un'altra soluzione del problema cecoslovacco, verso il quale Chamberlain ha accentuato il carattere di neutralità della politica britannica.

Chamberlain ha con ciò interpretato l'effettivo sentimento del popolo inglese, il quale ha seguito Chamberlain e lo ha appoggiato senza riserve. Il che ha rafforzato notevolmente la sua posizione e di conseguenza indebolito la campagna scandalistica che i suoi avversari stavano montando contro la sua politica.

161 'Vedi D. 108.

162

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, GALLI, AD MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPPORTO 931/505. Ankara, 25 maggio 1938 (per. il 31).

Ho avuto ieri l'altro un lungo colloquio con Hussein Raghib Baydur, ambasciatore di Turchia in Roma, venuto qui per conferire. Mi ha detto che gli scopi del suo viaggio erano due:

a) rendersi esatto conto dello stato dei rapporti commerciali in vista del rinnovo del trattato di commercio che scade il 30 giugno' (di ciò già sto trattando);

b) saggiare il terreno per comprendere se sarebbe stato possibile un ulteriore rafforzamento e progresso dei rapporti politici italo-turchi, ora che la nostra adesione a Montreux ha tolto di mezzo ogni ultimo ostacolo al loro sviluppo.

Sapeva già che Atattirk (col quale peraltro non aveva potuto ancora parlare, ma che vedrebbe certamente non appena questi tornasse dalla Cilicia) vi era favorevole, ed anche Aras gli aveva espresso ogni pieno consenso. Era adesso necessario conoscere se voi, Eccellenza, eravate del medesimo avviso, poiché in tal caso si sarebbe permesso di suggerirmi di intrattenere Aras, !asciandogli indicare in quale forma e verso quali direttive far fare un nuovo passo alle relazioni politiche fra Italia e Turchia.

Gli ho risposto che, personalmente, mi pareva che voi non avreste potuto in massima, nulla obiettare. Le parole di amicizia con le quali voi avete accompagnato la adesione italiana alla Convenzione di Montreux ne erano sintomo non equivoco. Beninteso era necessario conoscere quale potesse essere il preciso pensiero di Aras, !asciandolo convenientemente maturare per poter esaminare sotto ogni più diverso aspetto le proposte che mi potrebbero essere fatte.

Ma Hussein Raghib non è andato più in là della generica apertura fattami (per certo d'accordo con Aras), solo accennando assai vagamente ad un completamento dei rapporti turco-greci.

Non credo di avere del tutto errato in questa interpretazione poiché avendogli subito osservato che già si era parlato in passato fra Chiikrii Kaja e me, fra Aras e me di un legame a tre italo-turco-greco per il Mediterraneo Orientale (1935) poi di un Patto del Mediterraneo Orientale (1936) che arrivava a comprendere anche la Jugoslavia [sic]. La situazione mi sembrava però adesso totalmente cambiata e non vedevo bene come e perché si ritornerebbe su tali progetti. Egli mi ha ancora prontamente ripetuto che non si trattava di arrivare immediatamente ad una conclusione, che questa si sarebbe potuta raggiungere lentamente per l'au

162 ' Accordi commerciali tra Italia e Turchia del 29 dicembre 1936 (testo in Trattati e convenzioni, vol. L, pp. 466-492).

tunno venturo, che lasciassi ad Aras di studiare con la fertilità di ingegno che lo distingue, quali migliori proposte farci. Importante era per adesso, conoscere se

o no voi eravate disposto ad iniziare un negoziato per un rafforzamento dei legami itala-turchi.

Questo è dunque il quesito che mi permetto oggi parvi, Eccellenza, con la preghiera di volermi far conoscere il vostro pensiero con le vostre direttive ed istruzioni.

Voi ricordate, Eccellenza, che proprio pochi giorni fa vi segnalai che era venuto il momento di agire in profondità nei rapporti italo-turchi2 Non parmi

inutile adesso un brevissimo sintetico sguardo sulla posiziòne della Turchia nel presente momento, anche se si tratti di ripetere cose che vi ho esposto di recente e che perciò vi sono per certo ben presenti.

La politica kemalista ha finalità statica. Salvata miracolosamente l'Anatolia dalla spartizione fra alleati della Grande Guerra, e galvanizzata da Mustafà Kemal la resistenza turca, deposto il Sultano, caduto il Califfato, proclamata con l'indipendenza la Repubblica, la politica di Mustafà Kemal, il Gazi, col gruppo di generali che lo hanno accompagnato al potere, è stata ed è quella di conservare ad oltranza quanto resta di Turchia in terra d'Europa, di difendere le coste mediterranee, di porsi al riparo da qualsiasi velleità alle frontiere orientali, di assicurare una migliore linea di frontiera alla Cilicia.

Tornare all'antico possesso ottomano è ormai tramontato per sempre, e le glorie musulmane che si identificavano con Costantinopoli e Turchia fanno parte della preistoria.

A questa situazione statica e difensiva che la Turchia di oggi vuole mantenere, (ed in primo luogo il possesso degli Stretti che le conferisce forza di ricatto, utile per il suo giuoco di equilibrio fra le forze europee, e titolo per esservi annoverata) non si attacca che una vaga tendenza ad allargare, in avvenire e se le circostanze internazionali lo consentano senza rischio, la linea di frontiera dal Giaur Dagh che oggi si vuole raggiungere indirettamente con la indipendenza dell 'Hatay fino a comprendervi Aleppo, perciò tutto il nord della Siria. Ma è programma vago e generico, più platonica aspirazione che vero e proprio programma di espansione, e giustificato da un criterio di maggior sicurezza delle province sud-orientali, e dagli stretti legami economici fra Aleppo e Cilicia.

La Turchia si è difesa dal suo più potente vicino terrestre l'U.R.S.S., con un patto di amicizia' che è quasi di alleanza se non nel significato letterale delle parole sottoscritte, certo nella attuazione pratica dei rapporti reciproci, anche se non esistano gli accordi e patti segreti di cui si sussurra. I rapporti turco-sovietici hanno subìto e subiscono ancora da oltre un anno e mezzo un grave appan

162 ' Si veda in questo senso il D. 81, al quale con tutta probabilità fa riferimento l'ambasciatore Galli.

162) Riferimento al Patto di neutralità e di amicizia tra Turchia e U.R.S.S. del 17 dicembre 1925 (testo in MARTENS, vol. XVIII, pp. 658-659), prorogato per dieci anni con Protocollo del 7 novembre 1935 (testo ih id., vol. XXXVII, pp. 28-29).

namento. Ma l 'U.R.S.S. non cessa di essere il più potente e minaccioso vicino, in grado quindi di esercitare (a meno che non impegnata a fondo e minacciosamente in altri conflitti) una vera pressione militare che può costringere la Turchia a seguirne le direttive politiche.

Le altre minacce alla Turchia vengono potenzialmente dali' Italia e dalla Bulgaria. La storia è recente, e troppe volte ho avuto occasione di riferirvi in proposito, Eccellenza, perché sia necessario dimostrare perché permangano (in grado diverso a seconda del variare delle circostanze) tali timori. Da quelli italiani la Turchia si è difesa col Patto di amicizia4 , poi quando il conflitto orientale ha fatto intravedere ad Ankara il pericolo di un eccessivo rafforzamento del! 'Italia in Mediterraneo, con gli accordi di garanzia e di assistenza promossi dali 'Inghilterra durante il conflitto con l'Abissinia5•

E voi ricordate per certo, Eccellenza, che tutti i miei rapporti che hanno trattato su questo argomento hanno fino a pochi mesi fa costantemente affermato questi punti conclusivi:

a) allo stato attuale della situazione, se un conflitto scoppia fra Italia ed Inghilterra la Turchia potrà essere alla fine contro di noi, non mai con noi;

b) essa seguita però il suo giuoco equivoco, cioè mantiene formalmente il trattato di amicizia con l 'Italia, anzi cerca darvi il maggior apparente contenuto verbale possibile, ed in pari tempo senza dare alcun affidamento concreto all'Inghilterra le fa balenare speranza di concederle nel giorno del conflitto almeno l'uso delle sue basi strategiche contro l 'Italia;

c) il contributo inglese alla valorizzazione industriale e portuale turca, sulla base di un programma il cui periodo di compimento coincide con quello del massimo riarmo britannico (1940-1941 ), contributo che si traduce poi in una vera e propria perdita di vari milioni di sterline annui a favore della Turchia, paga quindi anticipatamente una vaga promessa che non si sa se sarà tenuta.

Contro la Bulgaria la Turchia si è difesa dapprima con la intesa con la Grecia6 , e quando il patto a tre patrocinato dalla politica di Milano non aveva potuto attuarsi, con l'Intesa Balcanica che ebbe, fino all'anno scorso, anche aspetto di di fesa dali' Italia.

Gli è perché l'efficienza della difesa dalla Bulgaria e dall'Italia a mezzo dell'Intesa Balcanica è venuta a mancare per il nuovo deciso orientamento dato alla politica jugoslava da Stojadinovié che si è arrivati al nuovo patto turco

162 " Vedi D. 22, nota lO.

greco testé firmato ad Atene7 Convengo pienamente con S.E. Boscarelli 8 che

tale patto, nato verosimilmente per ispirazione inglese, ha poi perso parte del suo significato per il sopraggiunto chiarimento dei rapporti itala-britannici, ma a parte che per una eventuale involuzione dei rapporti fra Roma e Londra esso può subito riprendere tutti gli scopi propostisi in origine, non è men vero che esso indica la costante permanenza in Turchia della preoccupazione bulgara ed italiana. Quest'ultima peraltro con una sensibile modificazione. Ad aspirazioni territoriali italiane sull'Anatolia non si crede, cioè, più molto ma si paventa sempre un aumento di forza italiana in questo mare, quindi la rottura dell' attuale equilibrio che assicura la Turchia della sua posizione presente, specie sugli Stretti.

In questo nuovo aspetto generale delle necessità difensive turche si è sviluppato e rafforzato l'asse Roma-Berlino, fino al grado presente. Ad esso aderisce in fatto e chiaramente la Jugoslavia, il cui atteggiamento politico, come mi sembra ormai ovvio senza bisogno di ripetere passate mie dimostrazioni, ha una influenza diretta e determinante su quello turco. La Turchia quindi sente anche essa quale formidabile e decisivo influsso produce in Europa il vincolo itala-germanico, e come intorno ad esso debbansi polarizzare le piccole Potenze che stanno al suo Oriente.

Ma nel sentire tale peso poderoso su tutta la politica europea, insieme alla piena valutazione della forza germanica della quale i turchi sono stati sempre decisi ammiratori e che oggi più che mai esercita tanta influenza su ogni aspetto de Il' attività turca, si è formata contemporaneamente la convinta persuasione della potenza raggiunta dali 'Italia e della sua immensa efficienza militare e marittima, e se ne deduce che soltanto tale potenzialità bellica e tale decisiva forza politica può essere efficace e pronto freno a maggiori velleità espansionistiche germaniche verso il Mediterraneo, ed anche verso l 'Europa Danubiana.

È questo un pensiero della attuale politica turca: l'esistenza e la solidità dell'asse Roma-Berlino è la maggiore e più certa garanzia che la Germania non tenterà uno sforzo verso il Mediterraneo. E di ciò è anzitutto garanzia la potenzialità militare navale ad aerea italiana. L'asse Roma-Berlino è quindi altrettanto e forse più indispensabile alla tranquillità mediterranea che l'accordo itala-inglese.

Il che conduce fatalmente a diminuire la relativa importanza, per la Turchia, dei suoi rapporti con l'Inghilterra, poiché se è vero che l'Italia trattiene la Germania dal discendere verso il Mediterraneo, questa la tratterrà (come tradizionale tutrice della integrità della Turchia) da velleità antianatoliche.

Perciò da oggi in poi credo di dovere e poter cambiare quella affermazione che ripetevo dallo scoppio del conflitto in Africa Orientale e cioè che in estrema ipotesi la Turchia sarebbe stata con l 'Inghilterra, contro di noi. Ritengo invece che dal momento in cui si è formato l'asse Roma-Berlino, l 'Inghilterra possa contare ogni giorno meno di avere la Turchia con sé.

162 ' Vedi D. 22.

La Francia è per il momento fuori di giuoco. Voi sapete, Eccellenza, quale giudizio facciano i turchi della potenza francese e come del resto esso corrisponda ad una realtà i cui primi vaghi sintomi furono per certo palesi già una ventina di anni addietro: diminuzione progressiva della sua potenza, affievolimento della sua importanza politica, quindi del suo peso nel giuoco delle forze europee, sua conseguente necessità di accordarsi ad altra grande Potenza per meglio garantire la sua difesa. Di contro al quale progressivo oscuramento sta il corrispondente accrescimento italiano. Non sono che pochi giorni che vi ho riferito9 la frase di Aras: «l'Italia ha preso in Europa il posto che fino a pochi anni fa vi aveva la Francia».

Tale rapido quadro permette di fissare, in via di ipotesi quali obiettivi e quali ulteriori sicurezze ed assicurazioni la Turchia voglia eventualmente raggiungere stringendo legami con noi. I quali, indicati nel loro grado di importanza crescente, possono, a mio giudizio essere i seguenti:

a) completare il quadro egeo dei patti turco-greci per impegnare l'Italia ad opporsi alla espansione bulgaro-jugoslava. Chiara è la sensazione che l 'Italia non sia più ostile alla politica, spinta sopratutto da Belgrado, per ogni più completo accordo con Sofia. L'accordo di tutti gli slavi balcanici rappresenta un potenziale mortale pericolo per la Turchia europea. Una Italia che coroni con la sua adesione i patti turco-greci è per questo solo fatto, impegnata ad opporsi ad un possibile sviluppo dei rapporti slavo-balcanici;

b) allentare i suoi legami con l 'Inghilterra, cioè porsi dal lato italiano (in caso di conflitto itala-inglese e mantenendosi l'asse Roma-Berlino) per evitare di doversi trovare con l'Inghilterra e contro la Germania;

c) legare all'Italia con la Turchia anche le altre Potenze dell'Intesa Balcanica per rafforzare l'ostacolo che l'Italia ha interesse di elevare al massimo grado contro la discesa germanica al Mediterraneo ed il predominio o la prepotenza germanica in Europa Danubiana se l'asse Roma-Berlino venga per motivi oggi imprevedibili a rompersi.

* * *

Ho cercato nel modo migliore e più rapido esporre con gli elementi essenziali della situazione, i probabili scopi che la Turchia può proporsi raggiungere per fornirvi, Eccellenza, i maggiori elementi possibili per le istruzioni che vi compiacerete di darmi.

A mio avviso le ipotesi b) e c) qui sopra avanzate, sembrano corrispondere anche al nostro interesse.

Ma debbo anche accennare a due eventualità diametralmente opposte fra le quali soltanto voi con tutti gli elementi di previsione che possedete e con i mezzi di giudizio e valutazione potete decidere.

È ovvio che nel Mediterraneo orientale dobbiamo perseguire due fondamentali finalità: l) rafforzare le basi strategiche che vi possediamo, possibilmente accrescerle; 2) assicurarci la libertà di transito per gli Stretti, e cio tanto

più nella ipotesi che un eventuale conflitto ci chiuda col transito di Gibilterra anche quello di Suez.

È chiaro che queste finalità si raggiungono contro la Turchia, e dovendo averla nemica possiamo essere sicuri che la vittoria ci darà quanto ci è necessario. Ma una Turchia amica e neutralizzata da influenza politica inglese ci garantisce la parte negativa, cioè non diminuzione di potenzialità delle nostre posizioni strategiche, poi il passaggio attraverso gli Stretti per i rifornimenti in Mar Nero almeno coi rumeni e bulgari. E questa seconda eventualità potrebbe essere assicurata da un preciso patto di neutralità italo-turco sul tipo di quello firmato testé dalla Turchia con la Grecia.

Resto in attesa delle istruzioni che Eccellenza vorrete darmi 10

162 4 Riferimento al Trattato di neutralità e regolamento giudiziario fra Italia e Turchia del 30 maggio 1928 (testo in Trattati e convenzioni, vol. XXXVIII, pp. 111-118), prorogato di 3 anni con protocollo del 25 maggio 1932 (ibid., vol. XLIV, p. 335-336) ed ulteriormente prorogato al 29 aprile 1942 con scambio di note in data 31 maggio 1934 (ihid.,vol. XLVIII, pp. 150-151).

162 5 Riferimento agli accordi del dicembre 1935-gennaio 1936 intercorsi tra Gran Bretagna, Francia, Grecia, Jugoslavia e Turchia per garantirsi assistenza reciproca nel caso di un conflitto derivante dali' applicazione deli' art. 16 del Covenant nei confronti del! 'Italia.

162 7 Vedi D. 22, nota l.

162 9 Vedi D. 4.

163

IL MINISTRO A PRAGA, DE FACENDIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 3084/067 R. Praga, 26 maggio 1938 (per. il ] 0 giugno).

Il R. Console in Bratislava in data 25 corrente mi comunica quanto segue: «Esterhazy mi ha informato a titolo cònfidenzialissimo e personale di una sua conversazione con Henlein dopo il recente incontro di questi con Fiihrer a Berchtesgaden. Gli ho chiesto se Henlein gli avesse parlato delle intenzioni di Hitler. Mi ha detto istruzioni Hitler ad Henlein sono:

a) tenere in pugno Sudetendeutsche e fare ogni sforzo per mantenimento disciplina;

b) nei contatti col governo di Praga insistere sulle condizioni preliminari e, realizzate queste, sull'integrale programma di Carlsbad;

c) evitare ad ogni costo incidenti gravi.

La Germania non può impegnarsi a fondo in condizioni che potrebbero provocare una guerra europea: la Reiéhswehr ha bisogno ancora di dieci settimane per turare ultimi buchi della linea Siegfried che fronteggia quella Maginot. Così cadranno residue velleità della Francia. Nessun altro Paese muoverà un dito per difendere con le armi la Cecoslovacchia. Fine estate o principio autunno questa dovrà capitolare su tutta la linea.

Hitler avrebbe pure detto ad Henlein che egli ha esposto tale programma al Duce che lo ha approvato».

162 '0 Sulla prima pagina del documento vi è la seguente annotazione del capo di Gabinetto. De Peppo: «<l Capo non ha fatto conoscere il suo pensiero. S.E. il Ministro in massima contrario. La cosa avrebbe significato anti-jugoslavo>>.

164

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 2986/413 R. Londra, 27 maggio 1938, ore 0,52 (per. ore 3,40).

Leggo stamane nei resoconti della stampa tedesca di ieri notizia che l'ambasciatore d'Inghilterra a Berlino, Henderson, avrebbe nella giornata di sabato, non appena cioè conosciuto incidente frontiera Cecoslovacchia, consigliato d'urgenza membri colonia inglese residenti a Berlino di far partire immediatamente dalla Germania le loro donne e bambini. Di più, lo stesso ambasciatore d'Inghilterra avrebbe egli stesso preso le misure e fatto preparativi per la partenza della stessa ambasciata d'Inghilterra dalla capitale tedesca.

Giornali tedeschi attaccano governo inglese e soprattutto ambasciatore Henderson per inverosimili misure di quest'ultimo come un indiretto, brutale e inammissibile avvertimento al governo tedesco circa quello che sarebbe stato l'atteggiamento della Gran Bretagna nel caso di un conflitto cecoslovaccotedesco.

I giornali francesi, per quanto io abbia potuto seguirli, hanno naturalmente trovato conveniente di dare medesima interpretazione. Tali interpretazioni non corrispondono tuttavia a verità. La verità è che ambasciatore Henderson ha letteralmente perduto la testa e inviato al Foreign Office i dispacci più allarmistici sulla situazione, prendendo di propria iniziativa misure di cui egli stesso non ha valutato la gravità. Questo mi è stato confermato confidenzialmente da un membro del Gabinetto (i dispacci degli ambasciatori vengono trasmessi in visione a tutti i membri del Gabinetto). È certo che il ridicolo contegno ambasciatore d'Inghilterra a Berlino è in questi giorni la favola di tutte le conversazioni a Londra ed è oggetto delle critiche più ironiche e severe 1

165

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 3003/420 R. Londra, 27 maggio 1938, ore 21,33 (per. ore 4,30 del 28).

Iersera ho riveduto Halifax del quale ero ospite a pranzo a casa sua. Halifax mi ha confermato soddisfazione sua e di Chamberlain per i risultati

164 ' Si vedano in proposito le osservazioni dell'ambasciatore Attolico nel D. 178.

della seduta di oggi del Comitato di non intervento', rilevando che accettazione della Francia all'ultimo momento è stata dovuta in gran parte all'attitudine conciliativa dell'Italia, Germania e Portogallo. La Russia è rimasta, così, isolata ed il suo tentativo ostruzionistico, ha detto Halifax, è completamente fallito.

Halifax mi ha quindi domandato se potevo dargli qualche sicura notizia sul corso delle operazioni militari in Spagna e quali erano le previsioni da parte nostra sul tempo occorrente a Franco per una vittoria completa.

Ho risposto naturalmente che mi mancavano dati per esprimere dei giudizi

o fare previsioni ma che l'esperienza della guerra spagnola ha dimostrato che Franco è un grande generale, il quale sa scegliere il momento opportuno per il colpo decisivo.

Halifax è quindi passato a parlare della situazione tedesco-cecoslovacca, che egli giudica alquanto migliore, ma piena tuttavia di incognite e suscettibile di riacutizzarsi da un momento all'altro.

Halifax ha continuato dicendo che egli era rimasto sgradevolmente sorpreso degli immeritati attacchi antibritannici della stampa nazista ma che si rende conto dell'effetto della reazione che aveva potuto suscitare in Germania (amor proprio toccato) attitudine inglese e l 'interpretazione assolutamente arbitraria congetture francesi. «Ho subito -Halifax mi ha detto richiamato più seria attenzione Parigi sui pericoli di questa attitudine della stampa francese e necessità di rappresentare la situazione .... 2 ••• Allo stesso tempo, ho esercitato tutta la possibile influenza sulla nostra stampa invitaTIdola a non (dico non) raccogliere gli attacchi della stampa tedesca, evitando così inasprire la situazione».

Halifax mi ha detto infine che egli stava personalmente considerando se non fosse utile ad un determinato momento che l 'Inghilterra e l 'Italia si mettessero d'accordo per svolgere opera di mediazione e ricercare, col consenso preventivo di Berlino e di Praga, una soluzione soddisfacente problema cecoslovacco.

Ho evitato naturalmente di rispondere Halifax su questo punto, che trasmetto a V.E. per debita informazione.

165 ' La seduta aveva avuto luogo, in realtà, il giorno precedente, 26 maggio. Il Sottocomitato di non intervento era giunto, sulla base del memorandum britannico del 19 maggio (per il quale si veda il D. 115) ad un accordo di massima-da sottoporre al Comitato di non intervento in seduta plenaria-basato su tre punti principali: l) invio di una commissione in ciascuna delle due parti spagnole per procedere al computo dei volontari stranieri; 2) ristabilimento del controllo alle frontiere terrestri (con la riserva da parte della Francia di abolire il controllo sui Pirenei se entro 30 giorni dali 'inizio dei lavori delle commissioni non fosse avvenuto nessun sostanziale ritiro di volontari); 3) rafforzamento del controllo marittimo. L'accordo era stato raggiunto nonostante l'opposizione del rappresentante sovietico.

165 2 Nota dell'Ufficio Cifra: «manca>>. L'originale da Londra dice: «sulla necessità che la situazione sia obiettivamente rappresentata>>.

166

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL MINISTRO A BERNA, TAMARO

T. PER CORRIERE 491 R. Roma, 27 maggio 1938.

Telegramma per corriere di V.S. n. 044 del 19 corrente1

In relazione a quanto riferito dalla S.V. col telegramma per corriere segnato in riferimento si ha il pregio di comunicare che già altre volte il R. Ministero dell'Africa Italiana, interessato ad esprimere il proprio parere in merito ad analoghe richieste di trasferimento in A.O.I. da parte di nuclei di ebrei, ha fatto conoscere di non ritenere opportuno che sia favorita l'immigrazione nell'Impero di tali nuclei ebraici il cui sviluppo nei nostri territori sarebbe di per se stesso contrario ai nostri interessi, mentre, d'altra parte, tali nuclei, che cercherebbero in ogni modo di riunirsi e di ampliarsi, potrebbero, con molta probabilità, essere influenzati da correnti politiche a noi ostili.

Nel caso pertanto di ulteriori richieste da parte del signore Steiner, V. S. vorrà limitarsi a comunicargli verbalmente che non si intende di accogliere la domanda del Gildemeester, e tronchi ogni rapporto col suddetto individuo.

167

IL MINISTRO A LISBONA, MAMELI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 2992/047 R. Lisbona, 27 maggio 1938 (per. il 30).

La situazione internazionale ed alcuni avvenimenti di politica interna hanno determinato in questo Paese alcune reazioni ed una situazione di cui ritengo interessante fare il punto anche per quegli ulteriori sviluppi che potranno determinare.

In questa rapida rassegna mi riferisco, per i particolari dei singoli argomenti, ai rapporti con cui ho avuto successivamente l'onore di riferire. Innanzitutto l'Inghilterra, la «Grande Alleata», attraversa in Portogallo un altro periodo di innegabili difficoltà. L'attività del nuovo ambasciatore 1 , l'in-

I66 1 T. 2917/044 R. del 19 maggio. Il ministro Tamaro aveva riferito che un emissario del Comitato Gildemeester per il soccorso agli ebrei emigrati gli aveva chiesto se il governo italiano fosse stato disposto ad accogliere la richiesta di 600 ebrei viennesi desiderosi di trasferirsi come coloni n eli'Africa Orientale Italiana.

successo a tutt'oggi della missione militare, che non è arrivata sinora a concludere nulla di effettivo o di importante e che, viceversa, si è trovata compromessa in relazione al complotto militare recentemente scoperto e prevenuto da questo governo2 , sono i fattori reali ed attuali di questa situazione che è di disagio nonché di scarsissima comprensione da parte britannica e di diffidenza da parte portoghese.

È in atto in questi giorni a Londra come a Lisbona una ripresa di manifestazioni amichevoli !uso-britanniche. Esse sono evidentemente volute, ed in una certa misura imposte, dagli inglesi ed in qualche modo in ragione inversa alla realtà della situazione che tutte e due le parti hanno, anche se in diversa misura, interesse a coprire. Il governo portoghese non ha mai reso di pubblica ragione, ad esempio, il complotto militare, né tanto meno la parte che la missione militare britannica vi aveva preso. Ma ciò non è oggi un mistero per nessuno in Portogallo e la reazione è profonda ed evidente, malgrado tutte le dimostrazioni ufficiali. È anche conosciuto che giorni fa l'ambasciatore d'Inghilterra ebbe un colloquio con Salazar per protestare contro le accuse mosse a lui personalmente (contatti con monarchici militanti) e contro la missione (complotto militare). Salazar gli avrebbe risposto mostrandogli i dati precisi di tali accuse. Di questo colloquio ho avuto conferma da varie fonti, tra cui la più notevole è questo ministro di Germania3 È noto che i tedeschi hanno in

Portogallo un servizio di informazioni particolarmente efficiente. L'interesse di questo ambasciatore d'Inghilterra per i monarchici è cosa che a prima vista può stupire, poiché l 'Inghilterra, come è ben noto, non è stata tenera verso la causa monarchica portoghese, né negli ultimi anni della monarchia, né dopo. In parte si può spiegare come azione personale di Sir Walford Selby, il quale (me lo ha detto egli stesso) era a Vienna in eccellenti relazioni con il pretendente Don Duarte, che vedeva spesso. Ma in grandissima parte può essere oggi destinata a creare difficoltà e a dare un pratico monito al regime dello «Stato nuovo» che non è così ossequente ai desideri inglesi come la «Grande Alleata» vorrebbe.

Nelle relazioni tra i due Paesi alleati credo che oggi sia interessante registrare tre fattori. La situazione di pedissequo asservimento alla politica britannica ha subito dopo decenni un mutamento con il sorgere del conflitto in Spagna. Il Portogallo ha salvat_9 come poteva le sue relazioni con l'Alleata ma è stato inflessibile nella sua aperta linea in favore di Franco. Da allora le relazioni hanno

167' Il ministro Mameli aveva riferito in proposito dapprima con T. per corriere espresso aereo 2524/73 R. del29 aprile e poi con i telespressi 816/411 dell'8 maggio e 837/427 dellO maggio. L'aspetto politicamente più significativo-aveva sottolineato Mameli-era dato dalla sicura connessione emersa tra il complotto dei militari portoghesi e la missione britannica allora in Portogallo per negoziare un accordo tecnico militare tra i due Paesi, che si riteneva avesse incoraggiato il complotto con l'intento di favorire un governo più favorevole agli interessi della Gran Bretagna.

167 'Oswald von Hoyningen-Huene.

subito alti e bassi ma il risultato politico più importante è certamente che Salazar ha condizionato per la prima volta l'alleanza, ponendola su una base di esatta parità.

Secondo fattore è che la ipersensibilità portoghese relativamente alle colonie è rimasta delusa dalle assicurazioni che l'Inghilterra ha dato circa l'obbligo di proteggerle in base all'alleanza. Il Portogallo ritiene che le assicurazioni non sono state, né abbastanza categoriche, né complete. C'è da domandarsi quale genere di assicurazione potrebbe bastargli. La risposta è probabilmente: nessuna. Sa che da solo non può proteggere, né difendere le sue colonie. Non può attualmente contare che sull'Inghilterra ed è ben lontano dal fidarsi completamente della «Grande Alleata». Sarebbe difficile dargli torto. Vi sono in proposito precedenti storici noti quanto istruttivi.

Terzo fattore è che l 'Inghilterra non ha nessuna tenerezza per il regime Salazar e, nonostante le ripetute dimostrazioni amichevoli, con i fatti ampiamente lo dimostra in ogni pratica occasione.

Non può essere evidentemente di suo gusto un regime che promuove con ogni mezzo il risveglio del sentimento nazionale, che cerca una politica adatta ai propri interessi ed al proprio prestigio, che pone l'alleanza su piede di parità, che si proclama autoritario, che applica deliberatamente non pochi principi fascisti, anche se con esitazioni, ritardi, temperamenti, discussioni propri della razza e del carattere di Salazar. I tempi in cui nel disordine del Paese ogni desiderio inglese era comando sono lontani. È comprensibile che l 'Inghilterra desideri vederli tornare e che la parte sana del Paese voglia seguire la via opposta. Ciò determina la fasi alterne che si vanno svolgendo e che sono degne di evidente interesse.

La aperta e sincera adesione alla causa del Governo Nazionale spagnolo non è mutata. È anzi di questi giorni il riconoscimento de jure. Ma il ritardo e la forma stessa con cui è stato fatto (annuncio da parte di Salazar non del fatto compiuto ma di una decisione a breve scadenza); l'avere il governo portoghese insistito ed ottenuto che vi fosse anche dopo il riconoscimento transitoria parità di rappresentanze diplomatiche (Nicolas Franco accreditato come inviato speciale) prima d eli'elevazione ad ambasciata, non hanno accontentato gli spagnoli. Da parte dei portoghesi vi è stato un certo risentimento ali'epoca del riconoscimento parziale e dell'accordo per lo scambio degli inviati speciali, perché essi ritennero che non fossero giuste le obiezioni ed il malcontento degli spagnoli dopo che l'accordo era stato liberamente negoziato con Franco. Del pari non apprezzarono il ritardo della nomina e poi n eli 'invio di Nicolas Franco. Infine, permane e si accentua la preoccupazione della futura situazione del Portogallo di fronte ad una Spagna vittoriosa e forte. Tali preoccupazioni trovano oggi una localizzazione tangibile e sdegnosa ripulsa, di cui vi sono ampi echi anche nella stampa, di quelle tendenze di vari ambienti spagnoli per le quali è stato creato un vocabolo nuovo quanto generale e prudente: «l' iberismo».

Tutto ciò non è facilitato dal senso di incertezza e di disagio che il prolungarsi della lotta in Spagna crea in questo Paese. Va per contro notato un maggiore interesse degli ambienti militari. È stato intensificato il numero degli osservatori; sono meglio seguiti ed appoggiati i volontari portoghesi.

La posizione della Germania4 segna un netto e sensibilissimo regresso, nonostante la sua situazione privilegiata per l'influenza economica e finanziaria (è al secondo posto nel volume dei traffici, in alcune voci già batte l'Inghilterra sino a pochi anni fa incontrastata), nonostante la sua poderosa organizzazione commerciale, culturale, giornalistica, propagandistica. Vi è attualmente una ostilità percettibilissima in quasi ogni ceto della popolazione, che sbocca in attacchi aperti, ripetuti e spesso aspri della stampa, anche in quegli organi generalmente noti come favorevoli al socialnazionalismo. Ciò è senza dubbio in parte dovuto a non pochi grossolani errori locali dei tedeschi ma ha anche ragioni più generali e profonde. Lo stesso ministro di Germania, nel parlarmi con risentimento e preoccupazione di tale situazione, mi ha esposto quelle che giudica siano, e che effettivamente sono, le cause. Innanzitutto, la reazione del Paese, cattolico, alla situazione tra la Chiesa ed il Reich. Secondo: l'Anschluss. Il piccolo e debole Portogallo, che nella sua ipersensibilità già si preoccupa delle velleità «iberiche» spagnole, ne è rimasto semplicemente terrorizzato. Terza causa, che il ministro di Germania ha pure ammessa, è la questione delle colonie. Nonostante ogni assicurazione e dichiarazione, i portoghesi continuano a diffidare apertamente della Germania. In tale materia, come già accennato, la loro diffidenza associa Germania ed Inghilterra alleata. Il fondo del loro pensiero è sempre che la Storia può ripetersi, e che arrivati al punto cruciale, «la Grande Alleata», pur con molto rimpianto e con tempestivo rimaneggiamento della opinione pubblica, finirà col cedere non le colonie che detiene ma quelle portoghesi.

In questa situazione, per contrasto, si avvantaggia la pos1z10ne della Francia, in completa decadenza dopo lo scoppio delle ostilità in Spagna. Così, la recente visita della flotta francese, per quanto incidenti non siano mancati e per quanto sia stata ben !ungi dal segnare il successo di altre visite del genere, particolarmente la nostra, si è svolta in un ambiente di cordialità assai più marcata di quanto non sarebbe stato presumibile. La Francia, nonostante la sua posizione indebolita negli ultimi anni, conserva tuttora in questo Paese

solidi legami tradizionali, che hanno ramificazioni profonde in tutti i numerosi elementi demo-massonici, liberali e comunque di sinistra, che il regime salazariano è ben l ungi dall'aver eliminato. Particolarmente negli alti gradi e nelle file dell'Esercito, della Marina e dell'Aviazione. Solidissimi sono tuttora i legami culturali, poderosa la sua organizzazione in questo campo. Basterà ricordare che l'Istituto di Cultura francese dispone in questo Paese di ben

700.000 franchi annui. Nessuno degli altri Stati si avvicina, neppure lontanamente, a tale cifra. Non vi è dubbio che la Francia cercherà di sfruttare al massimo la favorevole occasione che si presenta, e vi sono già indicazioni che ha cominciato a farlo.

La situazione, che ho cercato di descrivere, dovuta ai riflessi della situazione generale internazionale, come ad alcuni aspetti particolari della situazione interna, ed alle ripercussioni reciproche, getta questo Paese in uno stato diffuso e palese di maggiore incertezza, e di non minore disagio. Idee e principi, come avvenimenti, nel moderatissimo controllo, che qualche volta arriva all'assenteismo, del regime salazariano, sono riposti in discussione. È palese che tutti gli elementi dubbi ne profittano.

Ed è evidente, ed è mio stretto dovere riferire, che di tale situazione ma particolarmente della posizione tedesca, noi sentiamo l'immediato contraccolpo. Nulla è cambiato nelle nostre ottime relazioni ufficiali, come larghissima e profonda si mantiene la simpatia e l'ammirazione, in molti campi si può dire la solidarietà, di tutta la parte sana dell'opinione pubblica verso l 'Italia fascista. Ma gli antifascisti, che non sono così pochi in questo Paese, ne profittano per riaccendere una lotta subdola e tenace. Mentre alcuni ambienti che già differenziavano, ammettendo principi e dottrina fascista e respingendo il socialnazionalismo, accentuano la differenziazione, in molti campi invece si generalizza, nel vecchio tentativo, ponendo sotto il nome di fascismo qualunque cosa da combattere. Vi è sopratutto una tendenza a proclamare la differenza dei sistemi portoghesi, agitando una pseudo lotta ideologica. Il Portogallo non è totalitario, il Portogallo ammette la libertà individuale, non è aggressivo, respinge la violenza, ha un sistema corporativo suo proprio e migliore. Tutto ciò vorrebbe essere in confronto ed a detrimento del fascismo. I valentuomini che tentano questa strada (non sono molti) arrivano in verità a cose comiche. Non possono schierare il Portogallo tra le piccole, né tampoco tra le grandi democrazie. Salazar, per quanto incerto in molte cose, non lo permetterebbe. E allora proclamano a denti stretti che il Portogallo è uno Stato autoritario. Con dei «ma» e dei «Se». Autoritario con riserve. Infine, quando non sanno più cosa dire gettano un grido che nessuno loro chiede e che ha tutti i sintomi della paura. «Il Portogallo non è fascista».

Per quanto siano sintomi di una situazione contingente e di ambienti limitati, è evidente che vanno seguiti con il massimo interesse. È appena necessario eh'io assicuri Vostra Eccellenza che questa R. Legazione reagisce a tali sintomi con ogni mezzo a sua disposizione, particolarmente di stampa e di propaganda.

167 1 Sir Walford Selby.

167 4 Sulle attività della Germania in Portogallo, il ministro Mameli aveva inviato notizie con il telespresso 545/286 del 26 marzo, giudicato <<assai interessante>> da Ciano che aveva chiesto ulteriori dettagli (telespresso 214027 del 20 aprile). Nella sua risposta (telespresso 952/478 del 30 maggio), il ministro Mameli si esprimeva-con maggiori dettagli-nel senso qui indicato e così concludeva: <<Circa l'azione della Germania in Portogallo si può infine osservare che essa è particolarmente ed efficacemente curata, non solo perché rappresenta un eccellente sbocco per i prodotti tedeschi e perché rappresenta un passaggio obbligato per le linee transatlantiche ma anche perché da un punto di vista generale politico-militare-commerciale la Germania considera il Portogallo fattore essenziale della sua penetrazione nella Penisola Iberica>> (il documento ha il visto di Mussolini che ha sottolineato la frase qui riportata).

168

IL MINISTRO A BUCAREST, SOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 3010/015 R. Bucarest, 27 maggio 1938 (per. il 28).

Ministro degli Esteri romeno essendo partito da Ginevra il 14 corrente, ho provveduto oggi a fargli la comunicazione contenuta nel telegramma di V.E. del 17 maggio c.a. n. 463' diretto a Bova Scoppa ed a me. Signor Comnen è rimasto molto favorevolmente impressionato per la decisa affermazione che l 'Italia non ammette divisione di zone d'influenza nei Balcani e che noi annettiamo, come· sempre, la maggiore importanza allo sviluppo dei nostri rapporti con la Romania.

Molta disillusione ha invece provocato la risposta negativa di V.E. alla richiesta che Comnen aveva fatto trasmettere per mezzo di Bova Scoppa e che,

V.E. -lo ha perfettamente rilevato, non concerneva un'opera di mediazione tra Ungheria e Romania (opera di mediazione che con estrema pazienza sviluppiamo da oltre un anno) bensì un vero e proprio intervento, anzi pressione, a Budapest per indurre il governo ungherese a dimostrare maggiore transigenza nelle trattative con la Romania. È questa una fisima del governo romeno, fisima diffusa in tutti gli ambienti e che risale al Sovrano, cioè che se noi «forzassimo» Budapest ad intendersi con la Romania l'accordo fra i due Paesi si farebbe su due piedi. V.E. ricorderà che analoga domanda Comnen aveva già fatto pervenire a V.E. -attraverso l'incaricato d'affari Roma, come ebbi a informare col mio telegramma n. 101 del 15 aprile u.s. 2

Nella conversazione avuta oggi con Comnen e valendomi della decisa risposta di V.E. gli ho ancora una volta ripetuto che la chiave di un possibile accordo con Budapest sta proprio nelle mani della Romania, la quale non se ne vuol rendere conto e tenta speculare un impossibile intervento altrui.

Ho sottolineato lo spirito di comprensione di cui ha dato prova Stojadinovié a Sinaia, mentre tanto Krofta che lui avevano dato prova solo di incomprensione e intransigenza3 Comnen piuttosto sconcertato dalle mie parole mi ha detto che

se potesse darmi lettura (cosa che farà un giorno!) del processo verbale firmato all'ultimo momento a Sinaia dai tre ministri degli Esteri, constateremmo con sorpresa che l'intransigenza romena è completamente condivisa e sottoscritta anche da Stojadinovié.

Non ho voluto polemizzare con il signor Comnen e non gli ho quindi detto che Stojadinovié pur avendo pochissima stima della politica della Cecoslovacchia

168 'Vedi D. 103.

e della Romania, e pur nutrendo la più assoluta disistima dell'intelligenza degli uomini che la guidano, si rassegna tuttavia, per un residuo spirito di collaborazione, a sottoscrivere tutte le dichiarazioni di intransigenza che vengono regolarmente consegnate nei consueti processi verbali che la Segreteria della Piccola Intesa prepara ad ogni riunione del Consiglio. Ma ciò non impedisce alla Jugoslavia di continuare a sviluppare una politica maschia decisa, realistica e indipendente.

La negativa di V.E. a intervenire a Budapest avrà comunque una salutare influenza. Non sono stato mai molto ottimista, pur avendo lavorato e lavorando con il massimo impegno, circa la effettiva riuscita dell'accordo fra Ungheria e Piccola Intesa. Molti treni la Romania ha perduti, e forse perderà anche l'ultimo. Comunque le conversazioni fra Romania e Ungheria sulla questione minoritaria sono state ieri qui riprese e continueranno nei prossimi giorni. Il signor Krofta proclama che la Cecoslovacchia sarà mantenuta al corrente (cosa a cui nessuno aveva sognato di opporsi) e che quindi l'Ungheria non è riuscita, con la sua nota proposta, a dislocare la Piccola Intesa. Sta di fatto però che le conversazioni minoritarie si svilupperanno per ora solo fra Romania e Ungheria e fra questa e la Jugoslavia. Quando tali conversazioni arriveranno a conclusione, se vi arriveranno mai, si esaminerà il problema se le eventuali intese raggiunte debbano oppur no entrare a far parte di un accordo a quattro fra Ungheria e Piccola Intesa.

Dal telegramma diretto da V.E. alla R. Legazione a Budapest il 15 marzo u.s.' rilevo che sulla definitiva procedura il R. Governo non ha, in sostanza, intransigenti pregiudiziali. Sta a vedere se ne avrà l'Ungheria. Il mio avviso è che se per arrivare ad un riavvicinamento tra Romania e Ungheria bisognerà passare attraverso una prima fase comprendente un accordo a quattro, sarà bene che l'Ungheria non si trinceri dietro un «non possumus».

Ma forse tutto questo discorso è prematuro, sia perché non sappiamo se le conversazioni sulla spinosa questione minoritaria arriveranno a buon porto, sia perché non sappiamo se la Cecoslovacchia fra qualche mese rappresenterà ancora qualcosa nella Piccola Intesa e che cosa rappresenterà.

168 2 Si tratta in realtà del T. per corriere 2202/0 l O R. del 15 aprile con cui il ministro Sola riferiva di avere appreso da Comnen che all'incaricato d'affari di Romania a Roma erano state inviate istruzioni di sollecitare un intervento del! 'Italia per indurre il governo ungherese ad essere più disponibile nelle trattative sul problema delle minoranze.

168 1 Si vedano in proposito i DD. 64 e 69.

169

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPPORTO 1423/597. Varsavia, 27 maggio 1938 (per. il 31 ).

Come è noto, in questi ultimi giorni hanno circolato ali' estero, alimentate da informazioni contraddittorie di cui alcune tendenziose, delle speculazioni poli

168 ' Vedi serie ottava, vol. VIII, D. 253, nota 2.

ti che sull'atteggiamento della Polonia nella delicata situazione internazionale derivata dagli avvenimenti in Cecoslovacchia (mio telegramma n. 97 in data 27 corrente'). Alla stregua però degli elementi più attendibili è possibile ricondurre nei suoi limiti l'azione effettivamente spiegata dal governo polacco, la quale dimostra che rimane immutata la sua politica tendente a conseguire col minimo dei sacrifici quei vantaggi che è fermamente deciso a non lasciarsi sfuggire, profittando delle evenienze che sotto la spinta degli avvenimenti risulteranno da una nuova situazione delle minoranze o più ancora da un nuovo statuto territoriale della Cecoslovacchia.

Ispirandosi a queste direttive, il governo polacco, mentre ha tenuto un'attitudine di riserbo e di relativa moderazione per non assumere la responsabilità di iniziative che potessero precipitare la situazione, di cui lascia volentieri ad altri il rischio ed il peso, non ha voluto tenere una attitudine del tutto inattiva che si sarebbe potuta prestare a essere interpretata come un segno di disinteressamento. Di qui il passo del Ministro di Polonia a Praga2 per chiedere al governo cecoslovacco, il giorno stesso del richiamo delle due classi di riserva cecoslovacche, spiegazioni circa i pretesi movimenti di truppe alla frontiera con la Polonia.

La risposta del governo cecoslovacco, che si affrettò a dare assicurazioni secondo le quali le misure militari non avevano altro scopo che il mantenimento dell'ordine nell'interno del Paese, pervenne a Varsavia la sera del giorno successivo. Ma già nel pomeriggio dello stesso giorno, 22 corrente, questi ambasciatori di Francia e di Inghilterra si erano recati separatamente del ministro Beck1• Questo passo franco-inglese, di cui ha dato notizia la stampa internazionale, ha avuto certamente lo scopo di tentare ancora una volta di impegnare in qualche modo la Polonia, se non ad una politica attiva in favore della Cecoslovacchia almeno ad un'attitudine di moderazione.

È da escludere che tale passo abbia avuto un risultato positivo, il ministro Beck essendosi probabilmente limitato a promettere che il governo polacco avrebbe evitato di compiere atti suscettibili di aggravare le difficoltà della situazione cecoslovacca.

Secondo alcuni giornali esteri, poi, il ministro Beck avrebbe avuto un colloquio con questo ambasciatore di Germania, al quale -sempre secondo gli stessi giornali -avrebbe dichiarato che in caso di conflitto generale, in cui partecipasse la Francia, la Polonia non potrebbe restare neutrale. Tale grossolana inven

169 ' T. 3005/97 R. del 27 maggio. Riferiva che nonostante le molte notizie contraddittorie in proposito, la posizione del governo polacco restava quella già segnalata con il D. 51: Varsavia si rifiutava, malgrado le pressioni franco-britanniche di assumere impegni in favore della Cecoslovacchia ed intendeva <<riservarsi la sua libertà d'azione onde potere al momento opportuno realizzare le sue rivendicazioni>>, ma intendeva lasciare alla Germania <<ogni iniziativa diretta o indiretta>>.

169 'Vedi BD, vol. I, D. 278 e DDF, vol. IX, D. 423.

zione è stata però ufficialmente smentita. Essa ha anzi dato modo all' I.K.C. di fissare con una nota di intonazione ufficiosa la posizione della Polonia nei riguardi della Francia alleata. Tale nota dice testualmente:

«Nei circoli bene informati della capitale si smentisce categoricamente la notizia pubblicata dalla stampa inglese re lati va all'atteggiamento della Polonia. Si afferma che la Polonia, fedele all'alleanza con la Francia, è sempre disposta a rispettare gli impegni derivanti da tale alleanza e ad aiutare la Francia nel caso in cui questa fosse aggredita. Tuttavia gli stessi circoli di Varsavia ritengono che la Polonia non possa lasciarsi trascinare in un conflitto al quale partecipi la Francia in seguito ai suoi impegni con altri Stati la cui politica suscita in Polonia molte riserve».

169 2 Kazimierz Papée.

170

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. RISERVATO 3016/367 R. Tokio, 28 maggio 1938, ore 17 (per. ore 3 del 29).

Riconoscimento tedesco Manciuria 1 perché tardivo e collegato con emancipazione commerciale non ha qui di molto migliorato posizione Germania. Lo stesso può ripetersi per richiamo missione militare della Cina2 , tardivo anche esso ed attribuito dai militari giapponesi alla convinzione di Berlino di non esservi più speranza di una vittoria di Chiang Kai-shek.

Reputazione per scienza strategica tedesca non se ne accresce qui, tanto più in quanto le previsioni dei militari tedeschi, così in Cina come in Giappone, erano decisamente favorevoli alle truppe di Chiang Kai-shek e non ignorasi qui che esse sono state tutte smentite dai fatti. Giornale Asahi che è il più diffuso paragona diversità politica italiana e tedesca verso Giappone c so che ambasciata di Germania si è spesso trovata in imbarazzo per paragoni simili fattile apertamente dalle Autorità militari, da Autorità civili giapponesi ed anche da privati.

Provvedimento pare sia stato preso a causa delle insistenze del precedente ambasciatore di Germania che avrebbe fatto notare il grave inconveniente in cui si sarebbe trovato qui il suo successore ove si fosse tardato ancora.

170 ' Avvenuto il 12 maggio. 170 2 Vedi D. 138.

171

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL MINISTRO A TIRANA, JACOMONI

LETTERA PERSONALE SEGRETA 4820. Roma, 28 maggio 1938.

Da fonte che mi riservo di comunicarti 1 viene riferito quanto segue: «Corre qui insistente la voce che noi occuperemo presto l'Albania. Alcuni albanesi attendono con impazienza il nostro arrivo; altri cercano disperatamente l'aiuto di Londra, Parigi e Berlino, per opporsi al nostro intervento».

Ti prego di accertare quanto vi sia di vero in tutto ciò e nel caso, di provvedere subito a smentire recisamente, sia presso il Sovrano, sia presso codesti circoli politici la voce surriferita, assicurandomi in proposito2

172

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. RISERVATO 3597/1064. Berlino, 28 maggio 1938 (per. il 30).

Ho visto in questi giorni anche il mio collega di Francia. Anche egli mi ha rifatto la storia degli ultimi avvenimenti 1

A mia domanda come mai si fosse fatto tanto chiasso senza alcuna base (lo stesso François-Poncet ha infatti ammesso che anche gli addetti militari francesi hanno riferito nello stesso senso degli addetti italiani, non aver cioè rilevato alcun sintomo di mobilitazione da parte tedesca) il mio collega ha risposto che gli elementi di incertezza della situazione erano costituiti dal fatto:

l) che in molti circoli tedeschi non si era convinti che la Francia verrebbe effettivamente in aiuto della Cecoslovacchia se questa fosse aggredita;

2) che dopo il discorso di Genova' (?!) il Fiihrer si sarebbe sentito come incoraggiato ad osare (in Francia si riteneva che ad un colpo tedesco sulla Cecoslovacchia avrebbe fatto riscontro un colpo italiano sulla Tunisia) (! !);

3) che, avendo Ribbentrop proprio qualche giorno prima altamente e

solennemente dichiarato che la Germania sarebbe insorta come un sol uomo nel caso che del sangue tedesco fosse versato oltre frontiera, appena avuta notizia del doloroso incidente di Eger e dell'uccisione di due cittadini sudeti3 , si è avuta la certezza che esso avrebbe costituito il principio della fine.

La combinazione ha poi voluto che la conversazione, alquanto animata, ed anzi aspra, fra Ribbentrop e l'ambasciatore inglese e di cui ho riferito nel mio teleaereo n. 075 del 23 corrente4 , abbia avuto luogo proprio sabato, vale a dire nel momento più acuto della crisi. Anche Londra fu quindi confermata nei suoi timori e si lasciò andare ai noti passi più o meno intimidatori nei riguardi della Germania.

Con tuttociò, osservava sorridendo François-Poncet, io non sono arrivato ad ordinare i vagoni-letto per il personale della mia ambasciata ...

François-Poncet ha ammesso anche egli che, in questo momento, il maggior pericolo risiede nella possibile irragionevolezza di Praga, che tuttavia la Francia e l 'Inghilterra cercano con ogni mezzo di ridurre a più miti consigli.

Nella conversazione con François-Poncet si è naturalmente parlato anche della questione di Spagna e dell'azione scandalosamente partigiana esercitata in questi ultimi tempi dalla Francia a favore dei Rossi. Il mio collega ha osservato che quell'azione non costituiva una «politica di governo» ma soltanto il prezzo che il governo di Daladier e di Bonnet aveva dovuto pagare ai comunisti per poter votare a Ginevra: a) per la liquidazione della questione abissina; b) contro del Vayo e che, dopo questo, il governo francese si sarebbe certamente rimesso in linea, ritornando alla politica di non intervento.

François-Poncet era stato effettivamente «interpellato» per Roma e, per parte sua, aveva accettato.

171 1 Si trattava di una lettera personale inviata il 24 maggio a Ciano dall'addetto militare a Tirana, colonnello Gabrielli. Sulla lettera Ciano aveva segnato con ripetute sottolineature l'accenno al fatto che per far fronte alla minaccia italiana alcuni albanesi ricercavano anche l'aiuto di Berlino.

171 2 Per la risposta da Tirana si veda il D. 204.

172 1 Riferimento alla crisi del 20-23 maggio. Vedi DD. 124, 133, 139, 145, 146 e 178.

172 2 Vedi D. 99, nota l.

173

IL MINISTRO A PRAGA, DE FACENDIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 3081/072 R. Praga, 30 maggio 1938 (per. il 2 giugno).

Ho visto Krofta solamente oggi essendomi tenuto negli scorsi giorni formalmente lontano dai casi cecoslovacchi. Dopo un riassunto retrospettivo degli avvenimenti analogo a quanto ho già riferito a Vostra Eccellenza1 , Krofta mi ha detto che:

172' Vedi D. 126. 172 4 Vedi D. 145. 173 ' Vedi D. 146.

0 ) I ministri cecoslovacchi a Parigi e a Londra sono venuti a Praga per far presente il punto di vista, rispettivamente, del governo francese e del governo inglese. Dopo l'azione svolta nelle recenti preoccupanti giornate con intento di dissuadere la Germania da atti di forza contro la Cecoslovacchia, la Francia, a mezzo del signor Osusky, ha richiamato tutta l'attenzione del governo di Praga affinché l'appoggio francese non debba indurre i cechi a dannosa intransigenza nella soluzione del problema ceco-tedesco, soluzione che s'impone ad evitare conflitti che la Francia non può desiderare. Il governo di Parigi non mette in discussione i suoi impegni verso la Cecoslovacchia ma fa considerare a Praga che la gravità di una guerra, con le sue enormi difficoltà di ogni genere e specialmente strategiche, detta alla Francia la più grande prudenza e circospezione.

Krofta avrebbe dato istruzioni ad Osusky di far sapere a Parigi che il governo cecoslovacco si rende perfettamente conto di tale situazione e riafferma, con unanimità di vedute di tutti i partiti, le sue disposizioni concilianti per un pacifico accordo con i tedeschi.

Altrettanto fermo, ma diverso, è stato il linguaggio di Londra, dato che l'Inghilterra non ha diretti impegni verso la Cecoslovacchia. Il governo inglese ha insistito vivamente per un accordo con i tedeschi ma anche per una soluzione globale del problema cecoslovacco in modo che esso non debba rimanere una continua minaccia per la pace generale. A questo scopo, Halifax avrebbe intrattenuto Masaryk sulla possibilità di fare della Cecoslovacchia uno Stato neutrale come la Svizzera e come il Belgio. Dalle obiezioni di Krofta ho creduto di comprendere che Praga non è propensa ad una soluzione del genere pel timore che abbandonando l'attuale sistema di alleanze rimanga da sola in balìa della Germania.

Assicurazioni della maggiore buona volontà sarebbero state date anche a Londra per un accordo con i sudeti.

2°) Circa le misure militari adottate e tuttora in vigore, Krofta mi ha dichiarato che non si pensa di revocarle prima delle quattro settimane previste. «Il governo -ha testualmente soggiunto -non vuoi perdere l'aumentata autorità dello Stato che ne è derivata. Allo spirare dei 28 giorni si deciderà sul da fare a seconda della situazione e delle disposizioni di Henlein a mettersi d'accordo, ad ogni modo anche in caso di ritiro delle truppe le fortificazioni rimarranno guarnite». Krofta non ha dissimulato la sua soddisfazione personale per l'ottimo funzionamento di cui avrebbe dato prova l'organismo militare e per l'ordine che regna nel Paese come la giornata elettorale di ieri avrebbe anche dimostrato.

3°) Per quanto riguarda la venuta a Praga del signor Strang, capo dell'Ufficio Europa Centrale del Foreign Office, mi ha assicurato non avere detto funzionario preso contatto alcuno con le Autorità locali, aver assunto dirette e dettagliate informazioni circa la situazione presso questa legazione inglese ed essere ripartito per Berlino senza procedere ad ulteriori inchieste.

4°) Avendo chiesto se era vero che l'Inghilterra aveva proposto di inviare osservatori in Cecoslovacchia, Krofta mi ha detto che Londra, sempre vivamente interessata a cercar modo di eliminare ogni possibilità di complicazioni, aveva chiesto se il governo di Praga non ritenesse utile l'invio di una commissione internazionale incaricata di dirimere gli incidenti di frontiera lamentati in questi giorni e di prevenire il verificarsi di altri. Sarebbe stato risposto a Londra che per quanto riguarda gli incidenti con la Germania essi erano di tale limitata entità da prestarsi a pronta soluzione per l'ordinaria via diplomatica; per quanto riguarda gli incidenti interni le Autorità cecoslovacche avrebbero saputo provvedere a risolverli ed evitarli con ogni buona volontà. Che tuttavia ove in seguito dovessero presentarsi insormontabili difficoltà per giungere ad un accordo con i tedeschi dei Sudeti, potrebbe allora riuscire utile l 'invio sul posto di una commissione neutrale.

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IL MINISTRO A PRAGA, DE FACENDIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 3085/070 R. Praga, 30 maggio 1938 (per. il 2 giugno).

Il dibattito ceco-tedesco rimane aperto ed in sospeso. Fra la rampogna di Berlino e la baldanza di Praga, non si vede ancora chiaro anche se tutti si vantano di aver salvata la pace.

In questa più acuta fase dell'antagonismo fra Praga e Berlino, ho accentuato il nostro «disinteresse» alle sorti della Cecoslovacchia, tenendomi in stretto amichevole contatto con la legazione e gli ambienti germanici. Ma nel riferire le mie impressioni a Vostra Eccellenza con l 'imparziale onestà che è di dovere, dirò che, se con eccezionale ardimento fu condotta la realizzazione dell' Anschluss, con non pari perizia è stata condotta questa fase di inasprìmento dei rapporti ceco-tedeschi. Dali' 11 marzo, la Cecoslovacchia è stata messa, si può dire, allo sbaraglio, con un quasi tumulto di voci, di dichiarazioni, di richieste, di piani, di preparativi, di combinazioni e di minacce d'ogni genere. La Cecoslovacchia è stata spacciata a data più o meno determinata, mentre negli Stati vicini l'impaziente fermento cresceva di giorno in giorno con atteggiamenti, dimostrazioni, allocuzioni che non lasciavano più dubbio circa i concordi intendimenti a riguardo di questo Paese. L'avere, sùbito dopo il colpo dell'Austria che aveva fortemente impressionato grandi e piccoli, portato il movimento contro la Cecoslovacchia ad un tale elevato diapason e chiedersi ad ogni momento se la Francia marciava o no e cioè senza essere sicuri di poter andare fino in fondo, ritengo sia stato un errore che ha dato possibilità ai cechi di mettere in moto tutta la internazionale antigermanica, da quella francese di versagliese memoria a quella inglese preoccupatamente pacifista, a quella ebraica, a quella bolscevica, a quella cattolico-vaticana che non rimprovera al ceco monsignor Sramek di far causa comune con i comunisti a danno dei tedeschi ma richiama lo slovacco monsignor Hlinka dalla sua collaborazione con Henlein.

Fossero o no mulini a vento le ammassate truppe germaniche intraviste da Praga e da Londra, la donchisciottesca bravata ceca inscenava una provocante montatura con cui il signor Benes otteneva la sospirata definizione dell' atteggiamento britannico, chiave di volta di tutta la situazione.

È ormai da tempo -e ne ho assai volte riferito -che, se non l'opinione pubblica, certo le sfere ufficiali inglesi rivolgono la maggiore attenzione al problema cecoslovacco quale possibile causa di complicazioni internazionali. Tale apprensione, acuitasi sempre più negli ultimi mesi, ha portato Londra a ravvisare nella Cecoslovacchia-come ebbe a dirmi questo ministro d'Inghilterra-un'altra possibile Serbia del '14. Il parallelo deve aver fatto pensare al grande fallo a suo tempo ed universalmente imputato alla Gran Bretagna di non aver nel luglio '14 parlato in tempo a Berlino e di non aver con ciò evitato sicuramente la guerra. Fors'anche perciò Londra, prendendo lezione dal passato, ha agito ampiamente e quasi farraginosamente provocando il giusto risentimento del Reich.

Questo ministro di Germania mi diceva che dopo tutto vi era da essere soddisfatti se un conflitto di imprevedibili proporzioni era stato comunque evitato appianando la strada ad un accordo pacifico; sta però di fatto che i cechi hanno ripreso troppo coraggio ed avranno bisogno di essere mansuefatti specialmente ora che han visti gli amici rispondere all'appello. Berlino, accusato il colpo, attenderà più opportuna occasione a ben rendere, e da ciò, in complesso, l'asse Roma-Berlino non potrà che trarre ancora più salda compagine, più netta mostrandosi alla Germania la proficua necessità dell'amicizia italiana'.

174 'Tra il 26 ed il 31 maggio, Ciano ebbe tre importanti colloqui con l'ambasciatore di Germania, von Mackensen. Nel corso di tali colloqui -di cui non si è trovata documentazione negli archivi italiani-Ciano espresse, per la prima volta, la piena solidarietà dell'Italia nella questione dei sudeti ma, nello stesso tempo, chiese di essere informato circa le reali intenzioni di Berlino nei riguardi della Cecoslovacchia.

Sul primo di questi colloqui -avvenuto il 26 maggio -vi è la seguente annotazione nel Diario di Ciano: «La stampa franco-britannica ed alcuni elementi tedeschi meno fidati hanno sollevato dubbi sul reale atteggiamento italiano nel problema cecoslovacco. Il che mi ha indotto a chiamare l'Ambasciatore Mackensen ed a ripetergli che il nostro punto di vista non è diverso da quello esposto al Ftihrer e a von Ribbentrop. Disinteresse per i destini di Praga; solidarietà completa con la Germania. Ho anche offerto, se a Berlino ciò piace, di confermare questa nostra linea di condotta con una nota dell'Informazione Diplomatica. Per quanto non vi siano fatti nuovi, il Duce è stato oggi più pessimista e prevede il conflitto. Ha dichiarato che entrerà subito in lotta a fianco dei tedeschi». Sul colloquio si veda anche il resoconto dell'ambasciatore von Mackensen in DDT, vol. II, D. 211.

Un secondo colloquio ebbe luogo il 28 maggio. Su di esso vi è questa annotazione nel Diario di Ciano: «Colloquio con von Mackensen. I tedeschi saranno lieti se noi fisseremo la

175

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO

TELESPR. 218763/268. Roma, 30 maggio 1938.

In relazione alla comunicazione fatta a V.E. da Ribbentrop e di cui al vostro rapporto n. 3495/1033 del 24 corrente1 osservo che, per quanto riguarda le minoranze italiane in Jugoslavia non si è svolta nessuna procedura analoga a quella indicata. Le cose hanno proceduto molto più semplicemente. Si è parlato a tal uni esponenti delle minoranze stesse; ma sopratutto l'atteggiamento del governo italiano è stato tale da far facilmente comprendere alle minoranze medesime quello che si attendeva da loro.

Un'inchiesta del genere di quella proposta e l'invio di emissari tedeschi in Alto Adige non sembrano del caso. V.E. potrà quindi ringraziare Ribbentrop, declinando l'offerta.

Del resto, la situazione in Alto Adige si viene migliorando e noi stessi prendiamo e prenderemo le misure che ali 'uopo appaiono e appariranno più adatte perché anche questa parte del Regno e la popolazione che l'abita rappresentino ormai sempre più un elemento di coesione nei rapporti tra Italia e Germania.

In questo senso mi esprimerò con von Mackensen2

nostra linea di condotta in una Informazione Diplomatica. Però, per farlo dobbiamo conoscere con precisione quali sono i loro reali intendimenti. A Roma, hanno lasciato capire che una cantonalizzazione della Cecoslovacchia potrebbe per il momento bastare. Ma sono ancora di questo avviso? O non vogliono, piuttosto, una dislocazione del Paese? Comunque noi dobbiamo saperlo. Ci devono far conoscere i pensieri intimi. L'ambasciatore pensa che l'accettazione delle richieste di Henlein potrebbe soddisfare Berlino. Ma non è sicuro e prima di dare una risposta impegnativa, preferisce mettersi al sicuro con una telefonata a Ribbentrop». Su questo colloquio si veda anche il resoconto deli'ambasciatore von Mackensen in DDT, vol. II, D. 220, che aggiunge alcuni particolari.

Un terzo colloquio ci fu il 31 maggio ed è così registrato nel Diario di Ciano: «Von Mackensen conferma le intenzioni pacifiche della Germania in Cecoslovacchia e declina l'offerta di una Informazione Diplomatica. La stampa ha già lavorato bene. A mia volta declino la proposta di Ribbentrop di mandare una commissione in Alto Adige per togliere le ultime speranze agli allogeni. Ci penseremo noi>>. Su questo colloquio si vedano il resoconto di von Mackensen in DDT, vol. II, D. 229 per la parte concernente la Cecoslovacchia e vol. I, D. 775 per la parte concernente l'Alto Adige e soprattutto le istruzioni inviate all'ambasciatore tedesco (ibid., D. 223), dalle quali risulta con maggiore chiarezza la volontà della Wilhelmstrasse di non fare, per il momento, dichiarazioni precise circa la politica della Germania e i suoi obiettivi nella questione cecoslovacca.

175 1 Vedi D. 153.

175 2 Il relativo colloquio ebbe luogo il 31 maggio (vedi D. 174, nota 1).

176

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D PERSONALE 3052/375 R. Tokio, 31 maggio 1938, ore 8,45 (per. ore 15,35).

Mio telegramma 2761 •

Schema noto progetto si comporrebbe di due accordi. L'uno concernente reciproco impegno neutralità benevola da stipularsi fra i due governi. L'altro avrebbe forma di due intese, l'una fra gli Stati maggiori dei due Eserciti e l'altra fra quelli delle due Marine.

Queste intese tecniche sarebbero discusse a Roma dai militari facenti parte della missione di cui al mio telegramma 3742 • Data base su cui si trova schema questo Stato Maggiore ha desiderato che R. Ambasciata non ne avesse ancora comunicazione tuttavia appunto perché schema è ancora in esame sarebbe possibile fare dare suggerimento circa eventuali nostri desideri.

Ricordo essere desiderio di questi militari che anche verso codesta ambasciata del Giappone, compresi addetti tecnici, sia mantenuto assoluto segreto3•

177

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 3050/377 R. Tokio, 31 maggio 1938, ore 6,15 (per. ore 12,20).

Secondo confidenze di questi militari, Germania ritirerebbe solamente un quinto dei suoi ufficiali a servizio Chiang Kai-shek. Comunicato Roma e Shanghai.

176 ' Vedi serie ottava. vol. VIII, D. 482.

176 2 T. 3047/374 R. del 31 maggio. Auri ti comunicava che, come risposta alla visita effettuata allora in Giappone da una missione del Partito Nazionale Fascista, si stava progettando, da parte giapponese, l'invio in Italia di una missione di amicizia di cui avrebbero fatto parte anche alti ufficiali dell'esercito e della marina da guerra. Ciano rispondeva con T. 501/192 R. del 31 maggio che la visita della missione giapponese sarebbe stata <<particolarmente gradita>>.

176 1 Si veda per il seguito il D. 20 l.

178

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 3650/1070. Berlino, 31 maggio 1938 (per. il 2 giugno).

Secondo le notizie correnti a Praga (vedasi telegramma R. Legazione in data 25 corrente') «il primo allarme circa i pretesi movimenti di truppe germaniche alla frontiera cecoslovacca fu dato dali'addetto militare inglese a Berlino, ecc.». L'asserzione non è esatta. Fra l'altro, l'addetto militare inglese, nel momento, non si trovava neanche a Berlino.

È vero tuttavia che, nella primissima fase della crisi, l'ambasciata inglese qui aveva -come ha riportato pure il R. Ambasciatore a Londra2 -«perduto la testa». Rimane però il fatto che, anche quando l'Ambasciata inglese si è ripresa, Londra ha continuato come se nulla fosse. L'ordine di richiamo degli ufficiali inglese in riserva (mio teleaereo n. 0753 ), e ciò mentre a Parigi si mantenevano una riserva ed una calma molto significative, è naturalmente partito dal governo centrale a Londra. E la notizia del richiamo mi è venuta da fonte di cui posso garantire l'autenticità.

L'essere andati così lontano senza seria ragione ha posto così l'ambasciata di S.M. Britannica a Berlino, come lo stesso governo inglese, in una situazione di evidente disagio, da cui sembra che l'Inghilterra voglia uscire costringendo ora la Cecoslovacchia a concessioni «sostanziali». È questo, in fondo, il succo che si può trarre da quel tanto che si sa della cosidetta missione Strang4 L'am

basciatore Henderson cominciava così ad attribuire ali 'Inghilterra tutto il merito delle concessioni già fatte dalla Cecoslovacchia in materia di allontanamento di truppe dalla frontiera e di parziale rinvio di qualche categoria di specialisti già richiamati.

E che l 'Inghilterra debba sperare in successi del genere è ragionevole pensare. Essa non ha affatto abbandonato l'idea di riprendere, quanto che sia, le sue conversazioni con la Germania.

178 ' Il capo del Dipartimento centrale del Foreign Office, William Strang, si era recato tra il 26 e il 29 maggio a Praga e poi a Berlino per esaminare con i funzionari delle due rappresentanze britanniche alcuni aspetti del problema cecoslovacco. Si veda sul contenuto della missione Strang BD, vol. I, DD. 349 e 350.

178 1 Vedi D. 160.

178 2 Vedi D. 164.

178 3 Vedi D. 145.

179

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 2296/910. Mosca, 31 maggio 1938 (per. il 6 giugno).

Le ire della stampa sovietica si sono scatenate in questi giorni contro il Comitato di non intervento; accusato di aver inscenato una «ignominiosa farsa» per favorire la politica aggressiva di Roma e Berlino.

Col telegramma Stefani n. 55 del 30 corrente ho già segnalato gli articoli pubblicati rispettivamente da Pravda ed lzvestja. Stamane il Journal de Moscou ritorna sull'argomento con un editoriale che tratta congiuntamente dei problemi spagnolo e cecoslovacco, insistendo sulla solita tesi che il pericolo di guerra europea non solo non viene allontanato ma risulta aggravato dalle concessioni fatte ai Paesi aggressori.

L'organo del Commissariato per gli Affari Esteri attacca anche la Polonia. accusata di pescare nel torbido perché il signor Beck si è rifiutato di dare alla Francia le assicurazioni richiestegli in base al trattato di alleanza franco-polacco, dichiarando invece di voler conservare di fronte alla crisi cecoslovacca la propria libertà d'azione.

A questo proposito mi risulta, da confidenze fattemi dal collega di Polonia, che effettivamente Parigi avrebbe chiesto a Varsavia di impegnarsi ad intervenire contro la Germania nell'eventualità di un attacco tedesco contro la Cecoslovacchia. e che Varsavia si sarebbe rifiutata. Ciò spiegherebbe la velata minaccia del Journal de Moscou quando dice: «Beck si sbaglia però se crede di assicurarsi la desiderata libertà d'azione facendosi complice d eli'aggressore tedesco. Egli farebbe meglio ad abbandonare tale sogno. Si troveranno bene dei mezzi per limitare e controllare questa libertà d'azione.».

L'editoriale continua dichiarando assurde le speranze inglesi di indebolire con una politica di concessioni all'Italia l'asse Roma-Berlino, come pure quelle di ottenere che l'Italia non incoraggi l'aggressione tedesca contro la Cecoslovacchia.

Parlando poi delle «scandalose» decisioni recenti del Comitato di non inter: vento, e dopo aver manifestato stupore per l'approvazione ad esse data dal delegato francese, l'organo del Narkomindiel dichiara che «l'Unione Sovietica non saprebbe sotto nessuna condizione associarsi a simili misure. Il governo sovietico non può assumersi la responsabilità di progetti del genere. Esso non parteciperà ad organizzazioni aventi simili scopi».

È interessante rilevare che l'editoriale parla di rifiuto di associarsi, di non partecipazione, ecc. ma non dice il governo sovietico si opporrà alla esecuzione delle decisioni del Comitato londinese. Il che mi fa supporre che Mosca si renda conto della impossibilità di rompere l'accordo intervenuto fra le altre quattro grandi Potenze e che in definitiva. nelle questioni dei volontari e della chiusura della frontiera franco-spagnola. si limiterà a protestare contro l'asserita ingiustizia commessa a danno del governo rosso di Barcellona. senza andare più oltre.

Trasmetto ad ogni buon fine il testo d eli'editoriale in parola 1

180

IL MINISTRO A SOFIA, TALAMO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 2558/948. Sofia, 31 maggio 19381

Telespresso di V.E. del 18 corrente n. 4217180/c.2

Ho letto con interesse quanto sul patto addizionale greco-turco3 ha riferito la R. Ambasciata in Ankara, e Vostra Eccellenza si è compiaciuta di comunicarmi con suo telespresso sopra indicato.

Concordo perfettamente col giudizio ivi espresso che Grecia e Turchia rappresentano un gruppo a parte in seno ali 'Intesa Balcanica, quali che siano per essere i destini di quest'ultima, anzi prego l 'Eccellenza Vostra voler tener presente quanto al riguardo mi permettevo di sottoporre all'Eccellenza Vostra con mio telegramma 54 del 9 maggio4

La stessa spiegazione riferita dalla R. Ambasciata in Ankara circa la portata del patto addizionale come complemento dell'intesa cordiale greco-turca5 che ha preceduto l'Intesa Balcanica, dimostra quanto il patto si distacchi dall'Intesa ed implichi un giudizio di caducità di quest'ultima. la quale, non essendo in sostanza se non l'estensione regionale del preesistente accordo bilaterale greco-turco, comportava la necessità di una nuova determinazione dei rapporti

180 ' Vedi D. 22, nota l.

180 ' Riferimento al trattato del 14 settembre 1933. Vedi D. 22, nota 10.

241 intercedenti fra Grecia e Turchia, al momento in cui essa diveniva praticamente inoperante in conseguenza dell'accordo bulgaro-jugoslavo dello scorso anno6

Che la determinazione dei rapporti greco-turchi, costituita dal patto addizionale sia effettivamente nuova, nonostante il richiamo ai reciproci impegni preesistenti all'Intesa Balcanica, lo dimostra, poi, la sostituzione della clausola della neutralità benevola e della amichevole consultazione a quella dell' automatico obbligo di assistenza di cui a quei preesistenti accordi.

Io non so se il patto addizionale sia doppiato, come è stato replicatamente affermato, da un accordo militare segreto greco-turco, ciò che peraltro non è impossibile, tanto più che l'applicabilità di tale accordo potrebbe rappresentare appunto l'esito dell'amichevole consultazione prevista dal patto addizjonale: pure, rispetto a questo mi sembrano perfettamente coerenti le dichiarazioni ufficiali riferite dalla R. Ambasciata in Ankara, che esso «ne se tourne contre qui que se soit», giacché, attenuando indubbiamente in modo assai considerevole la formulazione dei precedenti impegni, il patto consente anzi quella politica di riavvicinamento greco-turco alla Bulgaria, che, prepari essa

o meno più ampie intese interbalcaniche, è allo stato delle cose già in atto.

È possibilissimo che il patto addizionale sia stato ad un determinato momento anche previsto in funzione antitaliana, direi anzi che è logico di pensarlo: crederei tuttavia che le troppo insistenti affermazioni che quel protocollo non abbia avuto altra portata (e non si capirebbe allora perché sia stato tuttavia firmato con non poca solennità, cessate quelle ragioni che lo avrebbero promosso), vadano prese con molta cautela, giacché in funzione di una politica di riavvicinamento greco e turco alla Bulgaria, a maggior ragione se in previsione di più vaste intese interbalcaniche, è troppo evidente l'interesse di addormentare ogni residua diffidenza bulgara.

E ciò potrebbe apparire tanto più credibile, che proprio in questi giorni la tesi della portata anti-italiana del patto addizionale è stata ripresa in una corrispondenza riprodotta dal quotidiano bulgaro Zora del 29 corrente, ed intitolata «Contro chi è diretto il patto greco-turco», sulla fede più che dubbia del Manchester Guardian, laddove sono note quelle correnti britanniche che, in funzione antigermanica, preconizzano delle ampie intese interbalcaniche, per cui occorre vincere la diffidenza e le rivalità esistenti tra gli Stati che vi dovrebbero essere interessati e in primo luogo, sia per la sua posizione centrale, sia per la particolare situazione creata dall'accordo bulgaro-jugoslavo, la Bulgaria'.

180 7 Il documento ha il visto di Mussolini.

179 1 Non pubblicato. Il documento ha il visto di Musso1ini.

180 1 Manca l'indicazione della data di arrivo.

180 2 Ritrasmetteva il telespresso 786/411 del 3 maggio da Ankara. L'ambasciatore Galli vi aveva riferito sulle entusiastiche accoglienze ricevute dal presidente del Consiglio turco, Bayar, e dal ministro degli Esteri, Riistti Aras, durante la visita in Grecia per la firma, il 27 aprile, del trattato greco-turco siglato il 28 febbraio precedente. Era ormai evidente -concludeva l'ambasciatore Galli-che greci e turchi costituivano «Un gruppo a parte» in seno all'Intesa Balcanica.

180 4 Vedi D. 71, nota 5.

180 6 Vedi D. 64, nota 2.

181

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER TELEFONO 3063/428 R. Londra, 1° giugno 1938, ore 17,45.

Mio telegramma n. 4271•

Prima della seduta di ieri del Comitato dei Nove, Plymouth "mi ha pregato di passare da lui per uno scambio di idee sulla situazione dei lavori del Comitato ed in particolare sui due punti seguenti che debbono venire in discussione nei prossimi giorni: l 0 ) finanziamento del piano di ritiro dei volontari; 2°) atteggiamento negativo del rappresentante sovietico.

Plymouth mi ha detto che governo britannico, allo scopo di contribuire per la sua parte ad una netta soluzione delle difficoltà che ancora ostacolano progresso lavori del Comitato si preparava a sottoporre le seguenti proposte:

a) Governi italiano, britannico, tedesco, francese e sovietico dovrebbero dichiararsi d'accordo per ripartire fra di essi spese derivanti dali'applicazione piano definitivo; ogni governo contribuendo per un quinto della somma totale.

b) Nel caso probabile rifiuto governo sovietico gli altri quattro governi dovrebbero dichiararsi d'accordo per assumere ognuno di essi un quarto (anziché un quinto) della spesa totale.

Plymouth mi ha detto che egli considerava opportuno giungere presto ad una decisione su questo punto allo scopo sgombrare terreno da una difficoltà che impediva al Comitato di procedere oltre nei suoi lavori.

Plymouth mi ha chiesto infine se ritenevo che tale sua proposta, fatta a nome del governo britannico, poteva riuscire accettabile al governo italiano.

Gli ho risposto che non avrei mancato di sottoporre proposta all'esame del mio governo. Gli ho ricordato intanto che governo fascista aveva recentemente accettato versare suo contributo per spese per schema di controllo anche nella assenza di un versamento del contributo sovietico.

Plymouth ha passato quindi a parlarmi del generale atteggiamento del governo sovietico nei confronti del Comitato.

Mi ha detto che in vista della lentezza con cui in questo momento sembravano svolgersi operazioni militari di Franco, governo britannico, ansioso di addivenire al più presto alla realizzazione delle condizioni cui è sottoposta entrata in vigore dell'accordo di Roma, pensava fare del suo meglio per affrettare applicazione piano britannico del 14 luglio2 • Per questo motivo governo britannico

1 ]0

181 T. 3066 /427 R. del giugno. Riferiva su l'andamento della seduta tenuta il 31 maggio dal Comitato dei Nove in cui erano stati discussi gli aspetti finanziari connessi al progetto per il ritiro dei volontari stranieri dalla Spagna.

era disposto a passare oltre alle difficoltà create dall'ostruzionismo sovietico e ad accordarsi coi governi italiano, tedesco e francese per una pronta applicazione del piano stesso. Anche su questa questione Plymouth desiderava conoscere le mie impressioni.

Gli ho risposto che ci trovavamo di fronte ad una situazione analoga a quella creatasi nell'ottobre-novembre scorso quando delegato sovietico si era rifiutato accettare piano britannico, e Comitato, dietro proposta dei Governi italiano, tedesco e portoghese, aveva deciso, con risoluzione approvata dal Comitato plenario, di esaminare garanzie da adottarsi contro Russia per impedire a quest'ultima di nuocere nel caso essa persistesse nel rifiuto uniformarsi clausole piano stesso.

Plymouth ha risposto che effettivamente la situazione si presentava in modo analogo a quella del novembre scorso e che pertanto non vi era dubbio che il Comitato dovesse attentamente esaminare nelle prossime sedute questione necessarie misure da prendersi per assicurare integrale applicazione piano britannico 14 luglio anche in mancanza cooperazione russa e contro possibili azioni sabotatrici governo U.R.S.S.

Sarò grato se VE. vorrà darmi istruzione circa nostra attitudine da adottarsi nelle prossime riunioni in relazione anche agli sviluppi che la discussione sugli addetti finanziari dello schema per il ritiro volontari ha avuto nella seduta di ieri, da me segnalata con fonogramma n. 427'.

181 2 Vedi D. 161, nota 3.

182

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, GALLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPPORTO 963/522. Ankara, 1° giugno 1938'.

Il rapporto n. 919/500 in data di ieri2 che Vi dirigo a proposito del credito aperto dall'Inghilterra alla Turchia mi suggerisce di riprendere direttamente con

182 ' La copia di questo documento è tratta dali' archivio del!' ambasciata e non ha quindi l'indicazione della data di arrivo.

Voi, Eccellenza, l'argomento della mia ultima lettera personale che m1 sono permesso indirizzarvi il 25 corrente3

Il credito inglese alla Turchia (circa un miliardo e mezzo di nostre lire), sia impiegato in dettaglio come riferisco, oppure in altro modo, ha chiare finalità militari-politiche. Lo si vide fino dalla prima parte accordata lo scorso anno per Karabuk, ma salta agli occhi con la recente definizione di Londra.

Sono sedici milioni di sterline che l'Inghilterra pone a disposizione della Turchia per aumentarne le capacità produttive nella metallurgia, per potenziare due suoi porti (uno in Mar Nero, ma uno nel Mediterraneo Orientale e quest'ultimo si riconnette alla maggiore valorizzazione del golfo di Alessandretta quando ambe le coste saranno in mano turca), per fornirle nuovi potenti mezzi di difesa costiera, e nuovi sottomarini e cacciatorpediniere.

Tutto sempre da finire per il 1940, anno fatidico che l 'Inghilterra prega i suoi possibili avversari di attendere, per essere meglio pronta a schiacciarli.

I prodromi di questa formidabile apertura di credito risalgono al periodo di tensione acuta itala-inglese, hanno quindi origini e finalità e scopi che, almeno per quanto riguarda la Turchia, sono in parte mutati.

Se, infatti, cambiata forse non è una delle posizioni fondamentali e cioè essere anzitutto l'Inghilterra ad avere il massimo bisogno dei turchi, sempre più modificata è invece la reciproca: la Turchia ha sempre meno bisogno degli inglesi per la sua difesa da possibili ambizioni italiane. Egli è che a queste potenziali ambizioni territoriali si crede di meno in meno da poi dell'ultima crisi mediterranea e dall'acquisto territoriale italiano in A.O.

Ecco perché penso che le aperture fatte da Aras attraverso il suo ambasciatore costà4 abbiano qualche spinta anche nella conclusione del credito con l'Inghilterra.

Questa ha firmato l'accordo, contro la speranza di una prevalenza politica da tradursi poi a suo momento in apporto strategico. Ma la Turchia non ha alcun interesse a lasciar fortificare in noi il sospetto che si possa giungere a tali antitaliane estreme eventualità.

E ciò perché nel frattempo si è consolidato l'asse Roma-Berlino5 e la forza militare e marittima ed aerea dell'Italia appare sempre più anche a questi turchi in tutta la sua formidabile potenza. Potenza che condusse questo Stato Maggiore, Voi ricorderete, Eccellenza, quello che mi disse Aras qualche mese fa, a concludere che in caso di conflitto itala-britannico nel Mediterraneo Orientale non vi sarebbe posto per le navi britanniche, la forza navale italiana dominandovi incontrastata6 Tale conclu

sione nel frattempo non ha potuto che rafforzarsi, anche soltanto a leggere il ritmo settimanale dei vari di nostro naviglio sottomarino e leggero ed a scorrere i resoconti della rivista navale di Napoli. E perciò la Turchia, la quale in caso di conflitto generale meditò e medita sempre di sottrarsi mantenendosi neutrale, ottenuto che l'Inghilterra sciolga i cordoni della borsa vuole fare un passo più in là con noi, in primo

luogo per garantirsi meglio la sua neutralità, suo obiettivo primo, poi, in ipotesi più avanzata, per tenere attitudine più favorevole all'asse Roma-Berlino che ad altri possibili aggruppamenti. Con l'esistenza dell'Asse la Turchia ha molte probabilità di non essere coinvolta in un ipotetico conflitto generale, ma, se occorra, di trovarsi con l'aggruppamento che può oggi stimare il più forte. E può pensare di difendersi meglio da ogni pericolo accostandosi ali 'Italia, vicina temi bile, che non legandosi vieppiù ali 'Inghilterra lontana e tagliata dal Mediterraneo Orientale.

È consueto giuoco dei turchi, è abituale ricerca di controassicurazioni. Ma (a meno che Voi, Eccellenza, non crediate che per questa ipotetica estrema ipotesi ci convenga la Turchia nemica) oggi come oggi ciò pare corrispondere anche al nostro interesse che è quello di sottrarre ali' Inghilterra quella base strategica che essa cerca sul territorio anatolico e sulle sue coste, rafforzando così negativamente le nostre basi egee e garantirci che gli Stretti non potranno essere chiusi contro noi.

Al quale primo obiettivo sembrami sempre più possa corrispondere un patto di neutralità conforme l'ultimo greco-turco, sempre che beninteso, tale sia per essere la via nella quale Aras vorrebbe incamminarsi o dove, Voi consenziente, dovremo condurlo.

Quanto alla possibilità di garantirci la costante apertura degli Stretti è argomento sul quale mi riservo riferire in altra successiva occasione7

181 3 Il 2 giugno, il Comitato dei Nove approvò il ristabilimento del controllo terrestre secondo la formula concordata dal Sottocomitato di non intervento nella seduta del 26 maggio (vedi D. 165, nota l) e stabilì che il computo dei volontari stranieri da rimpatriare fosse fatto sulla base di quattro categorie (marina, aviazione, esercito e civili). Il rappresentante sovietico dichiarò che l'approvazione del suo governo a questi due punti restava subordinata alla tassativa condizione che il controllo marittimo fosse rafforzato con l'invio di osservatori neutrali in tutti porti spagnoli.

182 2 Riferiva sulla soddisfazione degli ambienti politici e dell'opinione pubblica turca per il credito che il 27 maggio era stato concesso dal governo britannico alla Turchia. Il documento fu inviato in visione a Mussolini.

182 3 Vedi D. 162.

182 4 Vedi ibid.

182 5 Nota del documento: «< malumori turchi contro la Germania non debbono essere sopravalutati, a meno che la politica tedesca non insista in qualche malaccorta pesantezza>>. 182 'In questo senso le dichiarazioni di Rlistil Aras all'ambasciatore Galli nel colloquio del 14 gennaio. Vedi serie ottava, vol. VIII, D. 63.

183

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER TELEFONO 3090/433 R. Londra, 2 giugno 1938, ore 19,30.

Testo Tuo discorso Milano' giunto in tempo per ultime edizioni giornali pomeriggio che lo pubblicano in prima pagina al posto d'onore con grossi titoli, sottotitoli e passaggi in grassetto dando eccezionale rilievo parte concernente rapporti itala-britannici. Richiamo Tua attenzione sul mio fonogramma n. 1532 che parte contemporaneamente al presente e col quale trasmetto titoli e notizie circa presentazione discorso.

183 ' Si riferisce al discorso pronunciato il 2 giugno da Ciano ali' apertura del Convegno per gli studi di politica internazionale dell'I.S.P.I. di Milano. Ciano aveva sottolineato la volontà dell'Italia fascista di attuare una stretta collaborazione con la Germania e aveva affermato che ora la comune frontiera costituiva per i due popoli <<Un nuovo motivo di comprensione, di solidarietà e di reciproco rispetto>>. Ciano, però, aveva anche ribadito l'interesse dell'Italia per la zona danubiana e balcanica, verso la quale -aveva detto -l'Italia era <<attratta non da situazioni contingenti ma dali' immutabile fattore della sua posizione geografica>> e, venendo incontro ai suggerimenti di Grandi (vedi D. 127, nota 6), aveva poi reso omaggio al modo coraggioso con cui Chamberlain aveva presentato ai Comuni gli accordi del 16 aprile, accordi che avevano <<sgombrato il terreno dai detriti del passato e posto i rapporti tra i due Imperi sopra una base di chiarezza e di lealtà>>. Il testo del discorso è in Relazioni Internazionali, p.439.

Ho fatto pervenire subito a Chamberlain ed a Halifax testo originale Tuo discorso che ho altresì comunicato ai direttori maggiori giornali londinesi. Posso dirti fin da ora, da dirette segnalazioni telefoniche avute da redazioni di giornali e dallo stesso Foreign Office che impressione è eccellente.

182 7 Il documento fu inviato in visione a Mussolini.

183 1 Non pubblicato.

184

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 3123/0 l 0 l R. Budapest, 2 giugno 1938 (per. il 3).

Mio telegramma per corriere n. 099 in data odierna'.

Nell'imminenza delle trattative commerciali itala-ungheresi, mi permetto attirare la particolare attenzione dell'E.V. sulla portata politica che il loro andamento potrà avere sui rapporti itala-ungheresi.

Dalle conversazioni avute con i vari membri del governo, a cominciare dal Presidente del Consiglio, che è per la sua origine particolarmente attento ai problemi economici, risulta la speciale importanza che il governo ungherese dà alle prossime conversazioni romane.

Anche nel giugno scorso, gli effetti delle deliberazioni di Ortisd furono, come noto, di natura prettamente politica; ora la situazione commerciale e finanziaria ungherese si è resa assai più difficile dopo l'Anschluss ed il problema economico sta in primo piano, tenuta presente la pressione germanica e la minore disponibilità ungherese di divise per il fatto della scomparsa dell'Austria.

Mi riferisco alle mie precedenti comunicazioni sull'argomento e segnatamente al mio telegramma con corriere n. 046 del 5 aprile3

Mi permetto anche attirare l'attenzione sul mio telegramma per corriere

n. 042 del 31 marzo u.s. 4

184' Vedi serie ottava, vol. VIII, D. 429.

In esso notavo che, come aveva rilevato il R. Incaricato d'Affari nel suo telegramma n. 29 del 13 marzo5 , Kànya sottolineò sopratutto l'ultima frase della comunicazione fattagli dietro istruzione dell'E.V. (telegramma di V.E. n. 32 del 13 marzo6) «che la nuova situazione in Austria non può in ogni caso che aumentare la cordialità e la portata dei rapporti itala-ungheresi sia nel campo politico che in quello economico»: mi risulta che Kànya ha parlato in questo senso a diversi miei colleghi».

Anche in una mia precedente conversazione con Imrédy (mio telegramma per corriere n. 043 del 2 aprile u.s. 7 ) egli mostrò fin da allora che gli ungheresi si attendono da noi in questo campo una effettiva conferma delle assicurazioni ripetutamente date di un incremento dei nostri rapporti.

184 1 T. per corriere 3124/099 R. del 2 giugno. Riferiva che il presidente Imredy, nell'esprimergli la speranza che le prossime conversazioni commerciali itala-ungheresi portassero rapidamente ad un esito positivo, gli aveva domandato quale fosse lo stato dei rapporti commerciali itala-britannici aggiungendo che <<aveva in animo di proporre qualche cosa come un sistema triangolare>>. Il ministro Vinci, nel riportare la frase del presidente ungherese richiamava l'attenzione su quanto aveva riferito con il D. 193.

184 2 Riferimento agli accordi economici itala-ungheresi del 2 agosto 1937.

184 3 T. per corriere 4530/046 P.R. del 5 aprile. Riferiva che gli ambienti finanziari ungheresi facevano grande assegnamento sull'Italia per risolvere alcuni problemi economici. In particolare, dopo che con l' Anschluss era da ritenere che il traffico austriaco diretto a Trieste avrebbe preso altre direzioni, appariva interesse dell'Italia come dell'Ungheria che fosse agevolato il passaggio delle merci ungheresi attraverso Fiume e Trieste, ad evitare che la maggior parte del commercio ungherese prendesse la via della Germania.

185

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 3 704/ l 084. Berlino, 2 giugno 1938 (per. il 4).

Telegramma di V.E. n. 7547 per corriere del 28 maggio u.s. 1

Poiché ho dovuto intrattenere il Signor von Weizsacker di altre pratiche, ho creduto opportuno accennargli di sfuggita anche alla questione di cui al telegramma del R. Ambasciatore a Rio de Janeiro in data 23 corrente2Credo di aver

fatto bene, giacché l'impressione che Weizsacker aveva della questione prospettata dal telegramma in parola, era quella di una tal quale esitazione da parte nostra a mostrare alla Germania la solidarietà che essa si sarebbe naturalmente attesa in una questione che pure presenta un indubbio e comune interesse per entrambi i Paesi.

Gli ho dimostrato che questo non era proprio il caso, facendogli anzi constatare, ciò che egli non ha esitato a riconoscere, come la circostanza che all'Italia non siano ancora state di fatto applicate le stesse misure che alla Germania, costituisca un elemento che a lungo andare può risolversi in favore della stessa Germania.

A parte questo, dati i miei rapporti personali con lui invocando la mia conoscenza della psicologia brasiliana, ho anche espresso chiaramente a Weizsacker

184' Vedi ibid., D. 311.

184 ''Vedi ibid., D. 306.

185 ' Ritrasmetteva il D. 142.

185 ' Sic. Si legga: <<23 maggio>>.

il dubbio che il mezzo migliore per protestare contro le misure più o meno illegittime adottate dal governo brasiliano sia proprio quello prescelto dal signor Ritter. Non ho esitato a dirgli che a mio parere non era quello il modo di «prendere i brasiliani» e che forse sarebbe stato meglio riflettere ulteriormente sulla cosa.

In ogni modo, a mia richiesta se l'ambasciatore brasiliano qui avesse continuato a ricevere gli inviti ufficiali del governo tedesco alla stessa stregua degli altri colleghi, il Segretario di Stato Weizsiicker, dopo aver espressamente interpellato in mia presenza l'Ufficio Cerimoniale, ha risposto affermativamente, dimostrando con ciò di non aver voluto inasprire con dei trattamenti di rappresaglia da questa parte la tensione personale già creata a Rio.

184 7 T. per corriere 4303/043 P.R. del 2 aprile. Imredy aveva sottolineato che solo un forte appoggio dell'Italia in campo economico avrebbe potuto sottrarre l'Ungheria alla pressione che il Reich, grazie al suo predominio economico-commerciale, stava esercitando su di essa.

186

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. RISERVATO 3712/1089. Berlino, 2 giugno 1938 (per. il 4).

Telespresso di V.E. n. 217801/249 del 23 maggio u.s.'

Non ho mancato, giusta le istruzioni ricevute dalla E.V., di richiamare l'at: tenzione del signor von Ribbentrop sugli atteggiamenti nei nostri riguardi del ministro tedesco in Albania.

Il signor von Ribbentrop ha da principio cercato di giustificare il suo ministro attribuendo alle espressioni da lui pronunciate («La Germania di oggi intende riprendere le tradizioni secolari di simpatia che Vienna ha sempre avuto per il popolo albanese»), il solo intendimento di sottolineare che, anche dopo l'assorbimento dell'Austria da parte tedesca, la situazione e gli interessi d eli'Albania non ne sarebbero risultati compromessi, la Germania avendo, al contrario, il desiderio di mantenere con l'Albania relazioni altrettanto buone di quelle già intrattenute dali' Austria.

Quanto alla seconda parte della segnalazione del R. Ministro a Tirana che «la Germania intenderebbe sviluppare in Albania un'attività politica attivissima a detrimento della politica degli altri Stati e perciò dell'Italia», il ministro Ribbentrop ha osservato trattarsi forse di una «interpretazione» del nostro rappresentante, comunque non appoggiata a fatti concreti e concretamente riprensibili.

Ho replicato non sembrarmi essere questo il caso, invocando a sostegno circostanze di fatto (lettera personale di V.E. al conte Magistrati del 2 maggio u.s.

n. 271632 ) atte a dimostrare come i sentimenti del diplomatico in questione non potessero ritenersi immuni da pregiudizi nei nostri riguardi.

186 ' Vedi D. 147. 186 2 Non rintracciata.

Di fronte a queste mie ulteriori osservazioni il signor von Ribbentrop ha mostrato un maggiore interesse e una assai più marcata ricettività, assicurando che non avrebbe mancato di indagare e provvedere.

Da parte mia ho fatto ancora osservare a von Ribbentrop che se questo accadeva in Albania «dove ogni pietra era pagata dall'Italia», c'era da domandarsi cosa avrebbe potuto succedere altrove. E, traendo occasione da quanto il R. Ministro a Sofia ha riferito a V.E. in data del 17 maggio u.s. (n. 2356/8563 ) ho richiamato l'attenzione di von Ribbentrop sulla opportunità che, in ogni luogo, il contegno dei rappresentanti tedeschi sia tale da apparire pienamente rispondente alla «politica dell'Asse». Ribbentrop si è mostrato in proposito pienamente consenziente4

Posso assicurare l'E.V. di avere, questa marre, ad ogni buon fine, ripreso l'argomento anche con il Segretario di Stato von Weizsacker, il quale, mentre da una parte ha mostrato di apprezzare le osservazioni mie ha anche fatto comprendere che nel caso speciale dell'Albania. la personalità del ministro di Germania era talmente nulla (prima di essere inviato in Albania egli si era occupato, e sembra neanche con soddisfazione, solo dell'arredamento delle rappresentanze tedesche all'estero) da poter escludere a priori che un qualunque suo atteggiamento potesse assurgere al valore di manifestazione politica.

Comunque, sarà proyveduto5

187

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, SUVICH, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 5791/1016. Washington, 2 giugno 1938 (per. il 15).

In questi ultimi tempi l'atmosfera politica è stagnante e sia il Presidente che gli ambienti politici sembrano avere per il momento rinunciato ad ogni iniziativa. Dopo il fallito tentativo di levare l'embargo per la Spagna Rossa 1 non ci sono stati altri movimenti degni di rilievo.

186 'Il ministro Talamo aveva riferito di aver riscontrato nei funzionari della legazione di Germania una tendenza marcata ad evitare scambi di vedute su problemi politici e specialmente su quelli relativi all'area balcanica.

186 ' Il documento ha il visto di Mussolini.

187 ' Il 13 maggio, la Commissione Esteri del Senato aveva deliberato di aggiornare la proposta del senatore Nye di abrogare la legge dell'8 gennaio 1937 che estendeva le disposizioni del Neutrality Act al caso della guerra civile.

Il discorso di questi giorni del Segretario di Stato2 va notato per la affermazione piuttosto decisa di voler contribuire a ristabilire la legge internazionale e partecipare a iniziative per la limitazione di armamenti e per un regolamento economico, ma non esce dai limiti delle affermazioni di principio usuali nelle dichiarazioni politiche americane.

Il Sottosegretario di Stato, Sumner Welles, come ho informato con telegramma n. 124 del 24 maggio' ha richiamato ad un maggior senso di responsabilità quanti criticano con leggerezza governi e regimi stranieri dimostrando il pericolo che ciò implica per la neutralità americana.

La stampa ha generalmente interpretato le parole di Sumner Welles come dirette al Segretario degli Interni, Ickes, e a quello della Guerra, Woodring4

Le dichiarazioni del Segretario di Stato sono state variamente commentate: da una parte lo si è approvato per la saggezza del monito, d'altra parte lo si è criticato come un attentato alla libertà di pensiero e di critica, garantita dalla Costituzione. Il fatto è però che successivamente a tale intervento governativo non si sono avuti altri discorsi, almeno da parte di personalità che abbiano una responsabilità politica, del genere di quelli deplorati. Tuttavia, coli'accentuarsi della lotta elettorale che prenderà maggior intensità dopo la chiusura del Congresso prevista per la metà di giugno, non sarà da meravigliarsi se ci sarà qualche altra escandescenza. Sulla reazione provocata dalle parole dedicate ali' America nel discorso di Genova del Duce ho già riferito'.

Aggiungo che anche gli articoli di Gayda nel Giornale d'Italia" hanno avuto larga diffusione e se non hanno incontrato approvazione non hanno neanche suscitato i soliti malevoli commenti.

La stampa e l'opinione pubblica seguono con gran interesse la questione cecoslovacca, ma si astengono dal prendere posizione. Direi anzi che c'è un'ostentata ricerca di oggettività nell'esposizione e nel commento degli avveni

187 ' Riferimento alle dichiarazioni del 28 maggio di Hull alla stampa. Hull aveva affermato che il governo americano seguiva attentamente gli sviluppi della situazione nell"Europa Centrale e che gli Stati Uniti non potevano chiudere gli occhi di fronte al fatto che lo scoppio di ostilità in una qualsiasi parte della Terra avrebbe introdotto un elemento di perturbazione generale di cui nessuno poteva poi prevedere le conseguenze.

187 ' T. 2969/124 R. del 25 maggio, non pubblicato.

187 " Vedi D. 57, nota 3.

187 ' L'ambasciatore Suvich aveva telegrafato (T. 2803/114 R. del 18 maggio) che il discorso pronunciato da Mussolini a Genova il 14 maggio non aveva avuto un'accoglienza favorevole negli Stati Uniti «per la sua intonazione generale, specie riguardo ali' Asse e alla Francia» ma che era stato <<opportunissimo l'attacco contro i discorsi provocatori tenuti in America>>. Peraltro, nel discorso di Mussolini (vedi D. 99, nota l) non vi era nessun accenno ali' America.

menti. Anche le dichiarazioni del Segretario di Stato Hull che hanno riaffermato la validità del Patto Kellogg-Briand, il cui monito è manifestamente indirizzato alla Germania, sono state riportate come dirette contro i due Stati in contesa. Viceversa le critiche per l'azione germanica in Austria sono sempre vivaci ed i resoconti delle persecuzioni hanno raggiunto delle tinte drammatiche come nell'articolo del New York Ti m es da Parigi in data 22 maggio.

Gran riserva è anche seguita dalla stampa nel conflitto dell'Estremo Oriente. Sebbene sia evidente il compiacimento per la prolungata resistenza cinese e si continui ad accennare, sia pure in tono minore, alle possibilità di un esaurimento giapponese prima che l'impresa sia compiuta, c'è tuttavia una evidente ricerca di evitare quanto possa ferire la suscettibilità giapponese.

Tra i fatti di politica interna va notato un acuirsi della lotta contro il nazismo tedesco-americano che viene più o meno apertamente implicato anche nel processo di spionaggio in corso contro cittadini tedeschi e tedesco-americani. Ancora la scorsa settimana si sono arrestati altri tre membri dell'equipaggio del Brennan. È anche indubbiamente diretta sopratutto al nazismo americano la recente legge della Camera che autorizza la nomina di una Commissione d'Inchiesta sulle Un-American Activities svolte da gruppi politici in questo Paese.

Seppure questa iniziativa che ha degli addentellati con l'attuale situazione pre-elettorale sia stata presentata con maggior carattere di serietà di quelle precedenti, non ritengo sia da attenderci dei risultati sensazionali.

Alle attività italiane non si è fatto neanche accenno nella discussione che ha preceduto la votazione della legge in cui invece si è parlato ampiamente di nazismo e di comunismo.

Va accennato ancora al recente annuncio che le prossime manovre si terranno nell'Atlantico dove sarà concentrata la flotta che, come è noto da anni, nella sua quasi totalità è riunita nel Pacifico.

Tale dichiarazione ha destato dappertutto una certa sorpresa perché è in aperto contrasto con la politica seguita fino qui dali' America nel Pacifico che tentava di dare l'impressione di una grande preparazione e di una costante vigilanza in quell'Oceano. Da qualche parte si vuoi dare all'annuncio l'interpretazione di un monito alle Potenze dittatoriali europee per le loro eventuali mire sugli Stati dell'America del Sud. Presentata in questa forma l 'interpretazione è certamente assurda, però è molto probabile che una delle ragioni della deliberazione in questione sia da ricercarsi nel desiderio di dimostrare al Brasile ed alle altre Nazioni dell'America del Sud la potenza della marina americana e dar loro un'impressione di sicurezza quando si mettono sotto le ali protettrici della gran sorella de Il' emisfero settentrionale. Un'altra ragione delle manovre ne Il' Atlantico può essere ricercata in motivi di carattere eminentemente tecnico come quello di provare il grado di efficienza del Canale del Panama per uno spostamento in massa della flotta. Infine, si può anche pensare che non sia alieno dal provvedimento preso, la considerazione di dissociare la politica americana da quella inglese la quale ultima, almeno per quanto si vede da qui, pare tener d'occhio con sempre maggior intensità i propri interessi in Estremo Oriente. Si potrebbe poi anche pensare che quando fra un anno la situazione nel Pacifico fosse ancora acuta una sospensione delle manovre potrebbe costituire una forte pressione sul Giappone. Ma forse gli americani non arrivano a questo punto di machiavellismo.

In conclusione, per il momento non si vede nessun avvenimento che possa smuovere le acque della morta gora in cui si è impantanata la politica americana7

186 4 Secondo un promemoria redatto da von Ribbentrop, nel corso di questo colloquio -che ebbe luogo il 31 maggio -l'ambasciatore Attolico domandò anche quali sviluppi vi fossero stati dopo lo scambio di progetti avvenuto durante il viaggio di Hitler in Italia. Von Ribbentrop replicò che, anche senza accordo scritto, la solidarietà tra le Potenze dell'Asse era completa e che un accordo poteva essere utile solo se avesse significato <<Un rafforzamento dell'Asse verso l'esterno»: il progetto consegnato a suo tempo da Ciano non aveva questo requisito e lui, von Ribbentrop, aveva chiarito quale fosse la sua concezione in proposito. Dopo di allora, precisò, non vi era stato nessuno sviluppo concreto (promemoria von Ribbentrop del 31 maggio in DDT, voi I, D. 774).

187 6 Nei giorni della visita di Hitler in Italia, Virginio Gayda aveva pubblicato su Il Giornale d'Italia una serie di articoli in cui aveva esaltato i progressi realizzati dal fascismo nel rafforzamento militare del!' Italia ed accusato gli Stati democratici di assumere talvolta atteggiamenti bellicosi che potevano costituire un pericolo per la pace. In particolare, in un articolo pubblicato il 7 maggio con il titolo «Incredibili dichiarazioni contro l'Italia, la Germania e il Giappone>> Gayda aveva accusato Woodring di legittimare la politica dei blocchi, di sostenere la teoria della guerra preventiva contro i regimi autoritari e di collocarsi così fra gli iniziatori di una politica che non poteva continuare a lungo senza provocare «le più fatali reazioni>>.

188

IL CONSOLE GENERALE A VIENNA, ROCHIRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 4008/593. Vienna, 2 giugno 1938 (per. il 4).

Il Volkischer Beobachter del 29 corrente ha pubblicato un articolo intitolato «L'ombra di Richelieu». L'articolista (M.J. Reinartz) dopo aver ricordato la politica di predominio continentale realizzata dal grande Cardinale, cita una recente pubblicazione del deputato francese Pezet, vice-presidente della Commissione di politica estera della Camera francese, che dipinge le condizioni dell'Austria dopo l'Anschluss a foschi colori. definendola una <<nuova Polonia», oppressa sotto il giogo germanico. Il Reinartz polemizza vivacemente col Pezet, combattendo le sue asserzioni, ed affermando la perfetta unione dei popoli fratelli alfine riuniti nella Grande Germania.

Il Pezet è noto come profondo conoscitore delle cose austriache, ed il suo scritto ha fondamento su alcuni dati di fatto da lui osservati da vicino a Vienna e che sono inoppugnabili.

Del resto, lo straniero che viene a Vienna è subito colpito dall'atmosfera alquanto pesante che vi regna, e che ha attenuato la gaiezza proverbiale di un tempo. Se egli si spinge a fare delle indagini, non tarda ad ascoltare numerose voci di malcontento. La penosa situazione degli ebrei che vivono ritirati nelle loro case col timore continuo di essere arrestati e la narrazione dei non pochi suicidi commessi dai più disgraziati di essi; lo stato di incertezza in cui si trovano numerosi impiegati statali che sono stati fedeli al vecchio regime, il ristagno degli affari risultante dali 'isolamento in cui si trova la quarta parte della popolazione (gli ebrei assoluti insieme agli ebrei misti si calcola ammontino a Vienna a quasi mezzo milione); la repentina scomparsa del mondo aristocratico ed elegante, messo al bando per ragioni politiche, ecc. non possono non impressionare il visitatore. Inoltre la mancanza del Corpo diplomatico, di un governo politico centrale, di agenzie giornalistiche, e corrispondenti stranieri, il graduale smantellamento dell'attrezzatura di capitale, rattristano il quadro della città. La differenza notevolissima di temperamento e di consuetudini tra austriaci e germa

nici fanno nascere urti e frizioni alquanto gravi: i viennesi si risentono per l'aria di superiorità con la quale li trattano i loro fratelli nordici, che hanno una punta di disprezzo per il loro «meridionalismo» e la loro vita comoda (Gemiitlichkeit), e mancanza di esattezza e precisione (Schlamperei). Il Maresciallo Goring ha detto apertamente in un suo discorso a Linz: «La Gemiitlichkeit dopo il lavoro è cosa giusta e piacevole, ma durante il lavoro, è pigrizia». Il vedersi sostituiti da germanici in molti posti di comando crea inoltre un grande malcontento anche negli ambienti nazionalsocialisti austriaci.

Eppure tutte queste ragioni. effettive e reali. di malcontento non bastano per dedurne l'esistenza di un dissidio duraturo ed insanabile tra l'Austria ed il vecchio Reich. Bisogna analizzarle più profondamente, ed allora si trarranno, a mio avviso, conseguenze assolutamente diverse.

La questione degli ebrei è grave, ed accorreranno degli anni per risolverla solo parzialmente; ma sarà risolta con la durezza sistematica propria dei tedeschi; si deploreranno, come già si deplorano, casi singoli dolorosissimi, delle vere tragedie famigliari e collettive che commuoveranno l'opinione pubblica mondiale ma che lasceranno imperturbati i tedeschi, i quali sono convinti di avere ragione.

Su tale questione ho avuto già occasione di riferire più volte ed ho accennato al largo seguito che l'antisemitismo ha qui in molti ambienti.

Quando gran parte degli ebrei volente o nolente, sarà emigrata e coloro che resteranno si saranno adattati alla loro condizione di ospiti indesiderabili senza diritto di cittadinanza, e gli ariani li avranno sostituiti nelle loro attività professionali ed economiche, e lo Stato si sarà impadronito ·dei loro averi, ne risulterà un assestamento proficuo per lo Stato ed i cittadini, e la prima ragione dell'attuale malcontento e d eli'attuale depressione verrà meno.

Analogamente, cogli anni, si verrà sviluppando sempre più l'importante funzione di Vienna. quale centro di espansione verso il Sud-Est europeo sia dal punto di vista economico. sia dal punto di vista culturale; e d'altra parte il collegamento col grande Reich, i grandi lavori pubblici, lo sfruttamento del sottosuolo, le opere militari, ecc. non mancheranno di dare a Vienna un nuovo impulso e nuove correnti di vita che la compenseranno. almeno in parte. della perdita della funzione di capitale. Napoli e Torino, all'epoca della formazione del Regno d'Italia subirono gli stessi inconvenienti, presto sanati dalla nuova linfa vitale che percorse l'intera penisola.

E similmente fenomeni di incomprensione, attriti· e dissidii si verificarono tra napoletani e piemontesi; ma poi la fusione spirituale ha fatto tacere le voci regionalistiche. Così bisogna ritenere che col tempo austriaci e germanici si fonderanno spiritualmente con grande rapidità, anche per il fatto che la gioventù ancor prima dell' Anschluss era in massima parte orientata verso il nazismo.

È quindi assolutamente fuori luogo il paragone del Pezet tra l'Austria e la Polonia. Ed in ciò è probabile che effettivamente l' «ombra di Richelieu» e la preoccupazione derivante da una troppo grande Germania abbiano dettato le osservazioni del parlamentare francese.

Del resto, un francese che ben conosce l'Austria, conversando con me sull' argomento, mi disse a tal proposito: «Noi non ci facciamo illusioni sull'incorporazione dell'Austria nel Reich. Ma la Germania è troppo grande. Settantacinque milioni di tedeschi (per ora) nel centro dell'Europa costituiscono uno Stato troppo forte. Per questo noi francesi facciamo sempre presenti le differenze di carattere religioso e storico esistenti tra i vari territori dell'attuale Germania, che potranno in avvenire giustificare un'eventuale divisione» 1

187 7 Il documento fu inviato in visione a Mussolini.

189

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 3136/084 R. Berlino, 3 giugno 1938 (per. il 6).

Nella stampa internazionale sono apparsi ieri degli accenni a possibili iniziative inglesi per armistizio e tregue in !spagna.

Riferendosi ai medesimi, questo ambasciatore di Spagna si è oggi recato ali' Auswartiges Amt per dichiarare che, al caso, il governo del generale Franco si opporrebbe decisamente ad ogni tentativo del genere.

Da questo Stato Maggiore l'iniziativa inglese viene considerata come un nuovo indice del desiderio britannico di risolvere al più presto la questione spagnola, avendo come primo obiettivo il ritiro dei volontari, sul cui successo si è peraltro molto scettici. Aggiungo ad ogni buon fine che finora qui la possibilità di un ritiro di volontari tedeschi non è stata presa in considerazione 1

190

IL MINISTRO A PRAGA, DE FACENDIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 3175/074 R. Praga, 3 giugno 1938 (per. il 9).

Le recenti ferme dichiarazioni del ministro degli Affari Esteri ungherese 1 hanno destato qui, com'era da prevedersi, viva e penosa impressione. Dopo l'An

schluss e le apprensioni che sembrava ne fossero derivate anche in Ungheria, Praga si era illusa che Budapest, paventando la pressione della più grande Germania, attenuasse la sua attività revisionistica e si orientasse più favorevolmente verso la Piccola Intesa, Cecoslovacchia compresa. Tali speranze erano state in un certo senso avvalorate dal contegno riservato tenuto dall'Ungheria al momento della crisi ceco-germanica del 20-21 maggio u.s., contegno apprezzato da questi dirigenti e dichiaratomi «molto corretto» da questo ministro degli Esteri.

Le chiare parole di Kànya hanno fatto cadere ogni illusione riaffermando decisamente la collaborazione ungherese all'asse Roma-Berlino e mettendo ancora più in chiaro l'avversione di Budapest verso Praga.

Si è voluto dissimulare l'amarezza che una tale netta presa di posizione ha prodotto fra i cechi e mi risulta che Benes personalmente ha fatto dare istruzioni alla stampa di astenersi da sgraditi commenti. Non sarebbe nemmeno da escludere che tuttora increduli circa la patente realtà delle cose questi governanti tentassero approcci calmanti verso Budapest2

188 1 Il documento ha il visto di Mussolini.

189 1 Il 6 giugno, Ciano rispondeva (con T. 518/214 R.): «Ho già detto a von Plessen che qualora l'Inghilterra avanzasse proposta di armistizio noi saremmo nettamente contrari>>. La minuta del telegramma è autografa.

190 1 Nel suo discorso alla Camera del l o giugno, De Kànya aveva particolarmente sottolineato il mutamento avvenuto nell'equilibrio dell'Europa in seguito ai successi delle Potenze dell'Asse e si era poi soffermato sul contrasto in atto con Praga per la questione della minoranza ungherese. Il testo del discorso è in Relazioni Internazionali, pp. 442-444.

191

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI 1

APPUNTO. Roma, 3 giugno 1938.

Ho ricevuto Lord Perth il quale mi ha ringraziato per le parole pronunciate a Milano2 nei confronti del Governo britannico e del suo Paese. Ho risposto che le dichiarazioni erano state da me fatte per ordine del Duce, il quale intendeva ancora una volta sottolineare l 'importanza che attribuisce agli Accordi del 16 aprile.

Lord Perth mi ha parlato quindi dei bombardamenti eseguiti dagli aerei di Franco sulle città e sui villaggi e, ricordando quanto fu fatto da noi per interrompere i bombardamenti su Barcellona, ha pregato di usare la nostra influenza per indurre Franco a sospendere tale genere di attività bellica, che gli suscita ostilità in Gran Bretagna.

Ho risposto a Lord Perth che noi non avevamo notizie dirette di tali bombardamenti ma comunque mi pareva difficile poter muovere un appunto a Franco, il quale si trova a dover fronteggiare la situazione creata dalla Francia con l'invio di continui rinforzi in uomini e materiali ai rossi. Ancora una volta la responsabilità di qualsiasi eventuale eccesso da parte dei nazionali ricade sul Governo francese che determina un giusto risentimento nel Governo nazionalista.

191 ' Ed. in L'Europa verso la catastrofe, pp. 325-328. 191 2 Vedi D. 183, nota l.

Ho assicurato Lord Perth che comunque avrei preso informazioni ed avrei riferito al Duce quanto egli aveva detto.

Poiché Lord Perth non aveva altre comunicazioni da farmi ho preso a parlare della questione relativa all'entrata in vigore degli Accordi itala-britannici. Ho premesso che parlavo per incarico ufficiale del Duce e lo pregavo di voler richiamare la particolare attenzione del suo Governo su quanto stavo per comunicargli.

A giudizio del Duce è ormai giunto il momento di mettere in vigore gli Accordi del 16 aprile. L'Italia per parte sua ha già dato leale e completa esecuzione agli impegni presi. Ha ritirato numerosissime forze dalla Libia, come risultava da uno specchietto che ho mostrato all'Ambasciatore britannico. Ha sospeso ogni attività di propaganda anti-britannica. Ha dato la sua ferma adesione al Piano britannico per il ritiro dei volontari della Spagna: ormai è questione di tempo per arrivare alla definitiva evacuazione, tempo però che non può venire da noi abbreviato. Quanto era in nostro potere è stato fatto.

L'altra condizione che determinava un rinvio della messa in vigore dei Patti era quella dello svincolamento da Ginevra. Ormai ciò è avvenuto da parecchie settimane. L'Inghilterra è libera di agire. Ogni giorno riceviamo copiosi riconoscimenti dell'Impero. È evidente che ogni ritardo da parte britannica viene a togliere valore alla cosa. Da parte di qualcuno si comincia ad avanzare l'ipotesi che una condizione non dichiarata, ma esistente, per l'entrata in vigore dei Patti sarebbe quella del raggiungimento di u.n accordo similare con la Francia. Personalmente non credevo ad una tale possibilità, anche perché ricordavo che precisamente Lord Perth, durante i lunghi negoziati, ha sempre tenuto a mantenere dissociate le due questioni e che anche recentemente egli mi aveva dato conferma di un tale punto di vista. Ma una tale ipotesi non poteva comunque mancare di produrre una profonda impressione nell'opinione pubblica.

Tenevo a dichiarare comunque che le conversazioni con la Francia dovevano essere considerate interrotte per un lungo periodo di tempo. In primo luogo per le ragioni già esposte a Lord Perth nei precedenti colloqui, relative alle richieste francesi in merito al Mar Rosso e alla Spagna, e poi per la costante malafede della stampa francese, e non soltanto della stampa, tendente a far credere che qualsiasi accordo tra Roma e Parigi aveva un significato anti-germanico e che l'Asse ne sarebbe stato minato.

Il Duce non intende riprendere le conversazioni con i francesi fino a quando siano adottati tali scorretti modi di agire.

Lord Perth, che ha seguito con vivo interesse le dichiarazioni da me fatte, ha risposto che non era in grado di farmi conoscere le intenzioni del suo Governo circa il momento della messa in vigore degli Accordi del 16 aprile, ma che teneva a darmi atto che l'Italia aveva completamente assolte le condizioni e mantenuti gli impegni risultanti dagli Accordi stessi.

A titolo personale ha aggiunto anche che concordava nel giudicare falsa la linea di condotta adottata dai francesi sia nel modo di condurre i negoziati che da parte della stampa. Sempre a titolo personale ha detto che anche Chamberlain è desideroso di mettere in vigore gli Accordi, ma che naturalmente, per quanto concerne la Spagna, deve trovare un punto fermo per dichiarare il problema avviato a soluzione definitiva. Forse questo punto fermo potrebbe essere rappresentato dalla partenza per la Spagna della Commissione nominata dal Comitato di non Intervento. Comunque Lord Perth rappresenterà e sosterrà presso il suo Governo il punto di vista del Duce e si riserva di farci conoscere al più presto le intenzioni del Signor Chamberlain'.

190 2 Questo documento fu inviato in visione a Mussolini il 9 giugno.

192

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 2904/1274. Londra, 3 giugno 1938 (per. il 6).

In relazione al mio fonogramma stampa n. 154, segnalo all'E.V. l'articolo editoriale con il quale stamane il Times commenta le proposte formulate dal Decano della Cattedrale di San Paolo in una lettera1 relativa alla questione delle minoranze tedesche in Cecoslovacchia apparsa ieri nello stesso giornale.

Nell'articolo, che mi risulta essere di diretta ispirazione di Downing Street, si rileva come buona parte del popolo britannico condivida l'opinione espressa dal Decano che «dovrebbe esser permesso ai Tedeschi di Cecoslovacchia di decidere, con un plebiscito o con un'altra procedura, circa il proprio futuro, anche se ciò dovesse significare il loro incorporamento nel Reich».

Dopo aver fatto presente che nella sistemazione europea del dopoguerra, la possibilità del!' autodtcisione era stata negata alle minoranze tedesche del!' Austria e della Boemia, l'articolo afferma che «malgrado sia impossibile applicare rigidamente ad ogni caso il principio dell'autodecisione, vi sarebbero certo per i tedeschi sudeti buone ragioni per chiedere una rettifica delle ingiustizie commesse con il Trattato di Versailles».

191 ' Il documento ha il visto di Mussolini.

Chiarimenti circa l'atteggiamento italiano di fronte alla questione dei bombardamenti erano chiesti, qualche giorno più tardi, da von Ribbentrop all'ambasciatore Attolico, il quale, nel riferirne, osservava che il ministro degli Esteri tedesco era <<sembrato un po' preoccupato della montatura della pubblica opinione internazionale>> (T. per corriere 3189/087 R. dell' 8 giugno) e successivamente dall'ambasciatore von Mackensen a Ciano, il quale rispondeva ripetendo quanto da lui detto a Lord Perth (T. per corriere 529 R. del IO giugno alle ambasciate a Berlino e a Londra). Secondo quanto riferiva l'ambasciatore tedesco, Ciano aggiunse che da parte italiana <<non era stato fatto niente e non si intendeva fare niente>> (vedi DDT, vol. III,

D. 599).

192 ' Nella sua lettera, il decano della cattedrale di San Paolo, W.R. Matthews, aveva chiesto su quale principio si basava la politica del governo britannico nei riguardi del problema dei sudeti, i quali manifestavano, in netta maggioranza, la volontà di unirsi alla Germania. In questo caso -aveva osservato il decano -non si poteva nemmeno invocare la necessità di evitare un indebolimento della Cecoslovacchia per non turbare l'equilibrio delle Potenze poiché la presenza al suo interno di una minoranza ostile rendeva più debole lo Stato cecoslovacco.

«Nel caso in cui i tedeschi sudeti desiderassero esser trasferiti -continua l'articolo-un simile metodo costituirebbe un ottimo esempio di revisione pacifica. Nel passato gli statu qua sono sempre stati mantenuti con una rigidità tale che solo con la violenza sarebbe stato possibile effettuare revisione».

Dopo aver enumerato le varie difficoltà che il governo ceco opporrebbe a un plebiscito, l'articolo rileva, che, se esso acconsentisse ad aderirvi, non solo per le minoranze ceche, ma anche per quelle ungheresi e polacche, «i capi della Cecoslovacchia sarebbero alla fine i veri vincitori, perché avrebbero un popolo omogeneo e contento, più numeroso di quello olandese e belga e due volte più grande del popolo svizzero o danese».

L'articolo così conclude:

«È stata un'ingiustizia includere queste minoranze nella repubblica cecoslovacca. A tale ingiustizia si deve rimediare. Gli Stati vicini dovranno in tal modo occuparsi loro stessi dei nuclei etnici per i quali essi hanno interessi di razza e perderanno così ogni diritto ad interferire negli affari della Cecoslovacchia. N eli' attuale stato di tensione ciò potrà costituire un rimedio drastico, ma che può esser necessario».

Trasmetto qui unito i ritagli relativi alla lettera del Decano di San Paolo e ali' editoriale di cui trattasi.

193

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPPORTO 2865/940. Budapest, 3 giugno 1938 (per. il 5).

Ho già avuto occasione di far rilevare all'E.V. il maggior interessamento di alcuni ambienti politici inglesi ai problemi danubiani in questi ultimi tempi. Segnatamente col mio telespresso n. 2089/661 del 25 aprile u.s. 1 ho riferito alla

E.V. sulla visita a Budapest di un gruppo di deputati inglesi.

Nelle sfere ufficiali (ho riferito una mia conversazione con Kànya sull'argomento con telegramma per corriere n. 068 del 30 aprile corrente2) non si è attribuito a tale manifestazione un'importanza ed un interesse specifico al di là di un evidente aumentato interesse britannico in questo settore; interessamento britannico che sempre del resto si era svolto, come ho più volte segnalato, nei riguardi dei circoli di sinistra, liberali, ebrei, massoni, cattolici e legittimisti, ma che aveva trovato un maggior incentivo nella situazione formatasi dopo l'annessione dell'Austria alla Germania ed in certi nuovi particolari aspetti della poli

193 2 Vedi D. 32, nota l.

tica interna e segnatamente nella legge sugli ebrei e sulla stampa e nei timori di un'avanzata dei partiti estremisti di destra a tinta rivoluzionaria.

In tali limiti era più o meno circoscritto l'interessamento britannico nell'opinione di questi ambienti politici ed anche in quella della maggior parte dei miei colleghi fra i quali questo ministro di Germania col quale ho avuto occasione di parlare sull'argomento.

È apparsa poi la notizia sui giornali che l'attuale Presidente della Banca Nazionale di Credito ed ex ministro delle Finanze Fabinyi avrebbe dovuto recarsi a tale scopo a Londra e da una stessa conversazione da me avuta con lui, egli senza smentirne il fondamento, mi ha detto trattarsi semplicemente di un ballon d'essai ed in ogni modo di questione non attuale. Anche Kànya parlandomi incidentalmente della cosa si è espresso in termini generici (mio telegramma per corriere n. 068 del 30 aprile corrente).

Tuttavia, in quei giorni, oltre alle voci di possibili acquisti da parte inglese delle più serie industrie locali, di presunte assicurazioni date dal ministro d'Inghilterra, Knox, ali' allora Presidente del Consiglio Daranyi che l'Inghilterra sarebbe stata disposta ad assorbire i prodotti agricoli destinati ali'Austria prima dell'annessione, è stato dato rilievo dalla stampa ad una notizia dello Star secondo la quale la Francia avrebbe presentato a Londra un progetto di aiuti finanziari ed economici agli Stati danubiani ad un articolo del Times secondo il quale l 'Inghilterra farà tutto il possibile per aiutare l 'Ungheria ed analoghi articoli del New Chronicle e del Manchester Guardian.

Dopo l'avvento al potere di Imredy, tali voci si sono fatte ancora più insistenti se anche non più precise.

Negli ambienti ufficiali mi è stata ripetutamente smentita l'esistenza di trattative finanziarie con l'Inghilterra: per la convenzione di Ottawa3 il governo britannico non avrebbe potuto acquistare grano ungherese, che d'altra parte l'Inghilterra avrebbe voluto solo pagare al prezzo mondiale; né l'Inghilterra mostra la volontà di immischiarsi nella Europa Centrale; le voci erano dovute esclusivamente alle speculazioni delle classi bancarie ebraiche ed alloro sforzo (già da me segnalato) di sottrarsi così agli obblighi del piano quinquennale.

Anche il ministro di Germania non dà importanza alle voci stesse, che tuttavia perdurano e si parla sempre più della necessità per l 'Ungheria di contenere la predominanza germanica e di procurarsi divise pregiate; si dice che sarebbero allo studio progetti secondo i quali l'Ungheria potrebbe ottenere facilitazioni dali 'Inghilterra anche per il tramite ed in collaborazione con l 'Italia.

Ho creduto informare l 'E.V. di quanto sopra, in via preliminare, riservandomi di riferirne ulteriormente a V.E. qualora qualcosa di concreto potesse scaturire nel suesposto ordine di considerazioni.

193 'Riferimento agli accordi sottoscritti in occasione della Conferenza economica imperiale di Ottawa del luglio-ottobre 1932.

193 1 Non pubblicato.

194

IL MINISTRO A LISBONA, MAMELI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. RISERVATO 997/508. Lisbona, 3 giugno 1938'.

A seguito delle precedenti comunicazioni in argomento, ho l'onore di inviare a V.E. l'unito notiziario segreto n. 2492 , in data l o corrente, con cui questo R. Addetto Navale riferisce circa l'andamento dei lavori della Missione Militare britannica in Portogallo.

La partenza dell'Ammiraglio Wodehouse è confermata. La sua assenza, secondo quanto ha detto la stessa signora Wodehouse rimasta a Lisbona, dovrebbe essere di breve durata, tra un piroscafo e l'altro, e cioè circa due settimane.

Secondo informazioni che provengono da un ufficiale di Stato Maggiore portoghese, l'ostacolo principale ai lavori della missione britannica e della corrispandente commissione portoghese consiste nella divergenza dei punti di vista sugli scopi politico-militari da raggiungere. Gli inglesi si preoccupano sopratutto delle basi navali, i portoghesi tendono a dare la precedenza ali'organizzazione della difesa della frontiera terrestre. Che questo dissidio sia effettivamente scoppiato o meno durante le trattative è certo tuttavia che il concetto risponde esattamente alle preoccupazioni attuali portoghesi. È interessante registrare la forma in cui -sempre secondo il predetto ufficiale -lo stesso concetto sarebbe stato manifestato. I portoghesi sostengono che la recentissima esperienza li costringe a prevedere e a prepararsi per essere in grado di respingere qualsiasi ondata rivoluzionaria che tenti, come all'inizio del conflitto spagnolo i Rossi hanno tentato, di varcare le loro frontiere. Ciò è senza dubbio vero. Il conflitto spagnolo ha aperto gli occhi ai portoghesi in questa e in molte altre cose. Ma non è tutta la verità. I portoghesi sanno che in nessun caso l 'Inghilterra potrà trascurare la difesa delle loro coste perché ciò corrisponde, oggi più che mai, ad un suo vitale interesse. Dove l'interesse inglese potrà coincidere o meno è sulle frontiere terrestri. Ed i portoghesi le vogliono assicurate non soltanto contro lo straripare di una rivoluzione spagnola ma «in qualsiasi caso», ivi e specialmente compreso quello, per ipotesi, dell'accentuarsi di quei fenomeni cui hanno dato il nome generale e pudico di «iberismo» ed il cui ripetersi in certi ambienti spagnoli essi seguono ed ai quali reagiscono con la ipersensibilità più volte segnalata.

In altre parole, gli stessi concetti potrebbero essere ripetuti con l'osservazione di fatto ben nota, e cioè che il Portogallo si è preoccupato e spaventato al principio del conflitto spagnolo di essere sommerso dali' ondata rossa. Oggi

194' Manca l'indicazione della data di arrivo. 194 ' Non pubblicato.

si preoccupa, e certamente non meno, di quella che sarà domani la sua posizione di fronte ad una Spagna vittoriosa, organizzata e forte.

Quanto all'articolo del Sunday Times (telespresso di V.E. numero 217723/c in data 23 maggio u.s.1) segnalato e commentato a suo tempo anche da questo R. Addetto Navale (notiziario n. 185 trasmesso con telespresso di questa R. Legazione n. 832/422 in data 10 maggio4 ), esso contiene un evidente e probabilmente non fortuito errore, in quanto la Missione militare britannica non è a tutt'oggi rientrata in patria ed era allora lontana, come lo è ancora oggi, dall'aver raggiunto alcun risultato soddisfacente. Le cifre delle costruzioni navali sono esatte e corrispondono al modesto programma recentemente annunciato da questo governo e pure a suo tempo segnalato dal R. Addetto Navale.

Lo stesso ufficiale ritiene che ai cantieri inglesi è probabile che·sia affidata almeno la parte cacciatorpediniere. Duplice scopo deli' articolo è evidentemente quello di continuare la campagna per ottenere ali 'Inghilterra il massimo possibile nell'esecuzione di tale programma e di creare già in qualche modo almeno un'apparenza di successo alla Missione, se questo dovesse continuare a mancare sino ali 'ultimo in materia di ben maggiore portata.

195

IL MINISTRO A SOFIA, TALAMO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 2642/992. Sofia, 3 giugno 1938 (per. l'11 ).

Mio telespresso 2558/948 del 31 maggio u.s.'

Le dichiarazioni di politica estera di Aras davanti alla Assemblea Nazionale turca, tali come sono state conosciute qui attraverso le corrispondenze telegrafiche del 2 corrente, sembrano consacrare lo svuotamento del Patto de li'Intesa Balcanica, definita dal ministero degli Esteri turco come un istrumento di «contatto permanente» destinato ad attivare i rapporti «economici, culturali ed altri» fra gli Stati firmatari, ai quali tale contatto serve utilmente di indicazione e di guida. Definizione questa che rifiuterebbe il valore politico e militare con cui il Patto era stato concepito in sostanziale funzione di accerchiamento della Bulgaria e di reciproca garanzia dei firmatari delle conquiste territoriali conseguite con la guerra mondiale.

194 ' Non rintracciato. 194 4 Non rintracciato. 195 'Vedi D. 180.

In contrasto con tale valutazione rinunciataria di quelle finalità del Patto, vengono invece riportati i precedenti accordi greco-turchi. quello di neutralità. arbitrato e conciliazione del 19302 e quello di garanzia reciproca delle frontiere comuni del 1933', concludendosi ali' amicizia indissolubile non più dei firmatari del Patto, ma degli «alleati balcanici» sottoscrittori di quegli accordi.

È in questo quadro che Riistii Aras appare qui aver presentato ali' Assemblea il nuovo protocollo addizionale turco-ellenico del corrente anno4 , il quale interverrebbe ora ad integrare, indipendentemente dal Patto dell'Intesa Balcanica, i summenzionati accordi bilaterali, richiamati per ben tre volte, nel preambolo, nell'art. 4 e nella chiusa del protocollo medesimo, come tuttora operanti in pieno.

Sembra peraltro che possa nascer dubbio se in caso di minaccia bulgara contro la «frontiera comune» turco-ellenica, e cioè la Tracia, il richiamato accordo di garanzia del 1933 giochi comunque automaticamente, o se l'applicazione di esso vada preceduta dalle consultazioni «allo scopo di trovare una soluzione conforme agli interessi superiori» dei due contraenti, Grecia e Turchia, di cui ali' art. 2 del nuovo protocollo addizionale, il quale pertanto rappresenterebbe, almeno formalmente una certa attenuazione dei precedenti impegni.

Come che sia quel che parrebbe più certo, specie dopo le dichiarazioni in argomento di Riistii Aras, si è che alla stipulazione del protocollo addizionale avrebbero presieduto due principalissime considerazioni:

l) Constatazione dello svalutamento degli impegni attivi del Patto della Intesa Balcanica;

2) Necessità di ristabilire e di precisare i reciproci impegni greco-turchi. sopravviventi al naufragio dell'Intesa Balcanica, se anche con quelle attenuazioni che permettano ai due contraenti, concordemente o ciascuno per proprio conto, di perseguire una politica pacifica nella regione balcanica, e cioè sostanzialmente una politica di riavvicinamento alla Bulgaria.

E qui giova notare come probabilmente non a caso Riistii Aras abbia voluto ricordare il Trattato di amicizia con la Bulgaria del 1925', primo in ordine di data fra gli accordi bilaterali balcanici, e che è tuttora in vigore.

Quanto ali' affermazione di Riistii Aras che il protocollo addizionale «non comporta fuori del suo testo nessun annesso segreto o pubblico» e che per conseguenza non è diretto «né da !ungi, né da presso» contro alcun altro Stato in particolare, la cosa appare qui tanto più credibile che la esistenza più volte affermata di un accordo militare segreto greco-turco6 , anche per la data della

195 ' Vedi D. 22, nota 9.

195 ' Vedi D. 22, nota IO.

sua presunta stipulazione, che sarebbe quella dell'ottobre scorso cwe precedente alla firma del protocollo addizionale, non potrebbe essere che dipendente dall'anteriore accordo di garanzia mutua del 1933, e concepita in applicazione di quest'ultimo.

Si ha perciò qui in altri termini l 'impressione di una serie di accordi a catena che dalla neutralità e consultazione, attraverso la eventuale messa in opera, in conformità degli «interessi superiori» dei due contraenti (protocollo addizionale art. l e 2), della garanzia mutua delle frontiere comuni (accordo greco-turco del 1933) possa giungere fino ali' applicazione esecutiva di precisi impegni militari (accordo militare segreto, ottobre 1937?), sostituendo così, sotto un aspetto che possa frattanto non pregiudicare una politica di riavvicinamento alla Bulgaria, al fallito istrumento di accerchiamento di quest'ultima costituito dal Patto dell'Intesa Balcanica, un nuovo istrumento antibulgaro a protezione delle conquiste traciche della Grecia e della Turchia.

Ho avuto occasione di ricontrollare le presenti considerazioni, che ho qui raccolto, in una mia conversazione con Kiosseivanov, che si è mostrato concorde con le medesime7

195 4 Vedi D. 22, nota l.

195 5 Trattato di amicizia tra Bulgaria e Turchia del 18 ottobre 1925 (testo in MARTENS, vol. XX, pp. 345-349).

195 6 Si veda in proposito serie ottava, vol. VII, D. 751.

196

L'AMBASCIATORE IN CINA, CORA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 3133/237 R. Shanghai, 4 giugno 1938, ore 10 (per. ore 6 del 5).

Questo addetto commerciale germanico di ritorno da un viaggio al Nord e al Sud mi ha detto che nelle regioni settentrionali regna il caos, sia politicamente che economicamente. Situazione dei giapponesi fuori delle linee di comunicazione è assai difficile ed anche convogli ferroviari sono spesso attaccati.

Ad Hong Kong egli è stato presente ai colloqui tra l'ambasciatore Trautmann ed il suo collega di Tokio in viaggio per Berlino (mio telegramma n. 213 1); pur mantenendosi riservato, sembra, da quanto mi ha fatto intendere, che il mio collega germanico sia tuttora ottimista sulle possibilità resistenza cinesi e che tenti con ogni mezzo non far cessare del tutto aiuti germanici. A tal riguardo aggiungo (con riferimento anche al telegramma 377 di Tokio2) che da Hankow mi informano che Consiglieri militari tedeschi sono ancora tutti al loro posto e che si delinea tra loro resistenza passiva.

196 'Vedi D. 177.

D'altra parte governo cinese intenderebbe valersi dichiarazione luglio scorso governo germanico secondo cui contratti militari sarebbero valevoli anche in tempo di guerra e in questa circostanza era dichiarato inoltre embargo su formali crediti commerciali germanici.

Infine come VE. avrà rilevato tono intervista Hung segnalata con telegramma Stefani speciale, 28. Comunicato Roma e Tokio.

195 7 Il documento ha il visto di Mussolini.

196 1 Si tratta, forse, del T. 2726 R. del 13 maggio di cui alla nota 3 del D. 73, giunto al ministero senza il numero del protocollo di partenza.

197

IL MINISTRO A PRAGA, DE FACENDIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 3174/075 R. Praga, 4 giugno 1938 (per. il 9 ).

In relazione a rinnovate voci di una soluzione di forza a breve scadenza del problema cecoslovacco da parte della Germania -una tale ipotesi trova largo credito anche in circoli polacchi e in altri ungheresi -ritengo opportuno segnalare una ultima conversazione avuta con questo ministro di Germania in argomento.

Premesso:

a) che il Fiihrer intende evitare un conflitto europeo a causa della Cecoslovacchia;

b) che la Linea Siegfried per tener decisamente fronte alla Linea Magi n o t ha bisogno di ancora un anno di lavoro;

c) che Berlino vuole evitare urti gravi con Londra, desiderando giungere appena possibile ad un accordo simile a quello intervenuto fra l'Italia e l'Inghilterra;

d) che Bonnet a mezzo dell'ambasciatore di Germania a Parigi' ha ringraziato «calorosamente» il Governo germanico per il paziente contegno di prudenza serbato nella recente crisi ceco-germanica, facendo allo stesso tempo intravedere che la Francia, per via di accordi, sarebbe disposta ad andare assai oltre in una soluzione del problema cecoslovacco con soddisfazione della Germania.

197 ' Sul colloquio Bonnet-Welczeck del 25 maggio, si veda DDF, vol. IX, D. 468 e DDT, vol. II, D. 210.

Eisenlohr mi ha fatto comprendere che Berlino sarebbe piuttosto disposta a segnare, per ora, il passo nella contestazione con Praga. Si lascerebbe cioè abbozzare, se possibile, un accordo dei tedeschi dei Sudeti col governo centrale; tale accordo, per se stesso presumibilmente incompleto, troverebbe poi ogni sorta di difficoltà nella sua pratica applicazione. Ciò, mentre da una parte dovrebbe dimostrare a Parigi e a Londra la necessità di un differente apprezzamento della questione cecoslovacca, metterebbe d'altra parte la Germania in condizione di giungere alla realizzazione delle sue finalità senza gravi conflitti o quanto meno con un conflitto localizzato.

Non posso dire quanto nelle previsioni del collega di Germania vi sia, dirò, di burocratico e quanto di rispondente alle reali intenzioni del Fiihrer; mi è parso tuttavia che egli effettivamente lavori nel senso accennatomi, anzi con una certa tendenza a tener a bada quelle che potrebbero sembrare impazienti attese da parte di ambienti ungheresi.

198

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 3798/1]16. Berlino, 4 giugno 1938 (per. il 6).

Nel corso di un colloquio tra questo R. Addetto Militare e il capo dell 'Ufficio Eserciti Esteri del ministero della Guerra tedesco, si è parlato degli ultimi avvenimenti relativi alla questione cecoslovacca. Riassumo alcune tra le dichiarazioni più interessanti del generale von Tippelskirch:

l) L'atteggiamento inglese durante la recente crisi ha causato senza dubbio una sorpresa. Esso peraltro non deve interpretarsi come un appoggio incondizionato alla Cecoslovacchia. A determinare l'intervento inglese può avere contribuito la necessità da parte del!' Inghilterra di opporsi, per ragioni di principio, a una nuova soluzione di problemi politici con la forza. In altre parole, l'Inghilterra ha voluto mettere un fermo dopo la conquista dell' Abissinia, l'occupazione del Reno e l'Anschluss.

2) Nel complesso si ha l'opinione che l'Inghilterra voglia evitare una guerra europea e che perciò non si opporrebbe a una soluzione politica o militare del problema cecoslovacco, la quale non implichi un conflitto europeo. Ha richiamato l'attenzione degli ambienti militari sulla proposta di un plebiscito della quale ha parlato il Times. Un plebiscito potrebbe aprire la via a una soluzione conveniente. Nuclei etnici isolati potrebbero venire scambiati, come venne fatto in passato tra Grecia e Turchia.

3) La tensione attuale potrebbe prolungarsi parecchio con evidente pericolo. Tutto dipende dal contegno di Praga.

4) Anche la Germania è del parere che la questione cecoslovacca deve essere risolta senza una guerra europea. Il problema può essere risolto politicamente e la Germania è molto grata all'appoggio dato dal Duce col discorso di Genova1 e da S.E. Ciano con le recenti dichiarazioni2

5) L'atteggiamento della Polonia non è ben chiaro, ma è da ritenere che in nessun caso essa consentirà a far passare le truppe sovietiche attraverso il suo territorio. È significativo che l'addetto militare polacco a Praga. evidentemente per istruzioni avute dal suo Stato Maggiore. si tenga in stretto contatto con gli addetti militari tedesco. italiano e ungherese.

Il succo di quanto ha detto il Tippelskirch è, insomma, mi riferisce il generale Marras, che la situazione permane tesa, e che è stata rinviata al primo momento favorevole la soluzione definitiva. soluzione essenzialmente subordinata all'atteggiamento inglese. In un primo tempo si riterrebbe sufficiente un'equa sistemazione dei sudeti. Ma la suddetta definitiva soluzione non può essere rappresentata che dall'annessione della zona tedesca, salvo a vedere se il restante troncone ceco presenti sufficiente vitalità3 .

199

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 2407/960. Mosca, 4 giugno 1938 (per. il 13).

Unicamente per debito di informazione e senza attribuire alla cosa valore diverso dalle consuete «chiacchiere» professionali, debbo segnalare che da qualche tempo si parla in questi ambienti diplomatici della imminenza di un miglioramento nei rapporti itala-sovietici.

Subito dopo la pubblicazione sui giornali francesi (Temps) della notizia di negoziati commerciali fra Italia ed U.R.S.S., alcuni colleghi vennero a chiedermi informazioni, mostrando di credere che le trattative commerciali potessero preludere ad un riavvicinamento politico. Malgrado io avessi dato allora alla notizia

198 'Vedi D. 183, nota l. 198 3 Il documento ha il visto di Mussolini.

giornalistica un'interpretazione che ne limitava la portata a quella di un semplice regolamento di vertenze pendenti (come ho riferito col mio rapporto n. 2100/826 del 18 maggio u.s. 1), le stesse voci hanno continuato a circolare con una certa insistenza, ed ancora recentemente il ministro di uno Stato scandinavo affermava a persona che me lo ha riportato, che queste voci gli erano state confermate da seria fonte sovietica.

Non sono riuscito a rendermi conto se si sia trattato in questo ultimo caso di una inesatta valutazione da parte del diplomatico scandinavo di quanto può essergli stato detto da qualche funzionario del Narkomindiel, oppure se sia il Narkomindiel stesso che voglia diffondere l 'impressione di un miglioramento possibile fra Italia e U.R.S.S.

Nella seconda ipotesi il fatto avrebbe un certo valore sintomatico che giustificherebbe la mia presente segnalazione.

198 1 Vedi D. 99, nota l.

200

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 5087/2940. Parigi, 4 giugno 1938 (per. il 6).

Il ministro Bonnet ha fatto ieri dinnanzi alla Commissione per gli affari esteri della Camera alcune dichiarazioni sulla situazione internazionale.

A proposito delle relazioni italo-francesi, il ministro ha sottolineato l'importanza dell'accordo raggiunto fra Roma e Londra ed ha riassunto le circostanze che hanno condotto all'apertura delle conversazioni italo-francesi, sopratutto intese a raggiungere un accordo sul problema mediterraneo. Bonnet ha descritto il successivo sviluppo delle conversazioni sino al 17 maggio1 , data dell'ultimo

Secondo quanto risulta da un'annotazione del Diario di Ciano, proprio il 17 maggio Mussolini, <<ancora molto montato contro la Francia>> aveva dato ordine di «ritirare ogni comunicazione a Bionde! sino alla fine della settimana>> e il giorno successivo Ciano aveva ripetuto a lord Perth che l'atteggiamento del Duce circa i due punti di contrasto emersi nelle trattative con la Francia (Spagna e Mar Rosso) era da considerarsi definitivo. Il 3 giugno, Ciano dichiarava poi all'incaricato d'affari tedesco. von Plessen, che non si poteva pensare ad una ripresa delle conversazioni con la Francia perché non c'erano le basi per un'intesa e che comunque la trattativa poteva essere avviata nuovamente solo dopo che la guerra spagnola fosse terminata: più che di una interruzione -aveva concluso Ciano -si doveva parlare di rottura del negoziato (il resoconto del colloquio redatto da von Plessen è in DDT, serie D, vol.

I. D. 777; del colloquio non c'è documentazione nell'archivio italiano).

colloquio fra V.E. e Blondel, ed ha espresso la viva speranza sua e del governo di cui fa parte per una ripresa del negoziato e per il suo successo.

In risposta ad un'interrogazione di Flandin, il ministro ha precisato che il governo sovietico avrebbe espresso, al momento dell'apertura delle conversazioni fra Roma e Parigi, la sua soddisfazione e dato assicurazione che un riavvicinamento itala-francese non poteva che incontrare la sua piena approvazione.

Bonnet ha quindi descritto le varie fasi del non intervento in Spagna; ha espresso la speranza che le decisioni recentemente adottate dal Comitato di Londra possano rapidamente essere poste in esecuzione; ha insistito sulla necessità di mantenere immutati i principi e le direttive della politica di non intervento.

I deputati comunisti che fanno parte della Commissione hanno tentato di fare approvare una mozione contraria al ristabilimento del controllo internazionale sulle frontiere spagnole e favorevole al libero transito del materiale bellico in favore della Spagna Rossa. La mozione era concepita in questi termini:

«La Commissione degli Affari Esteri, informata delle ultime deliberazioni del Comitato di Londra, invita il governo a opporsi al ristabilimento del controllo internazionale, necessariamente unilaterale e per {;Onseguenza intollerabile, alla frontiera dei Pirenei e sottolinea che tale controllo assumerebbe un carattere di iniquità particolarmente scandaloso, al momento in cui Italia e Germania intensificano il loro intervento massiccio in favore del loro vassallo Franco. La Commissione invita inoltre il governo francese a rispondere favorevolmente alla domanda formulata nell'aprile scorso dal presidente Negrin2 , il quale ha solennemente rivendicato per il suo governo, il pieno riconoscimento del suo diritto a procurarsi il materiale bellico necessario a respingere l' invasione straniera dal territorio nazionale spagnolo».

La mozione è stata approvata dai soli 4 deputati comunisti presenti, e. conseguentemente. respinta a gran maggioranza.

Era in queste ultime settimane corsa voce che il precedente Gabinetto BlumBoncour avesse nei pochi giorni della sua effimera esistenza emanato un decreto, confidenziale e non pubblicato sul Journal Officiel, a termini del quale si consentiva il traffico d'armi attraverso le frontiere spagnole. Interrogato in proposito dai deputati Flandin e Sérot, il ministro Bonn et ha smentito l'esistenza di un tale decreto, ed ha riconfermato che il decreto dell'agosto 1936 che interdisce il traffico d'armi per la Spagna non ha mai cessato di essere in vigore.

Sia Flandin. sia De Kérillis hanno diffusamente insistito sulla necessità di stabilire rapporti col generale Franco, di porsi cioè risolutamente sulla strada già battuta da tempo dalla Gran Bretagna e, recentemente, persino dalla Cecoslovacchia.

200 ' Riferimento alla nota che il governo di Barcellona aveva presentato il 5 aprile a Londra e a Parigi per chiedere la revoca del non intervento nei suoi riguardi in quanto governo legittimo della Spagna.

Bonnet ha quindi reso conto dei risultati raggiunti nei colloqui DaladierChamberlain a Londra3 Tali conversazioni hanno avuto per oggetto da una parte

• il rafforzamento dell'intesa franco-britannica, dall'altra la determinazione di una comune linea di azione nei confronti dei problemi all'ordine del giorno del Consiglio ginevrino allora imminente. Le condizioni tecniche della collaborazione franco-britannica in caso di guerra sono state -ha aggiunto il ministro -determinate in tutti i campi e saranno approfondite e precisate attraverso contatti fra i due Stati Maggiori.

Bonnet ha quindi diffusamente descritto i recenti avvenimenti in Cecoslovacchia e la conseguente tensione fra Praga e Berlino. Il ministro ha constatato che una certa distensione era intervenuta in questi ultimi giorni ed ha espresso la sua speranza per il successo delle conversazioni attualmente in corso.

Com'è noto le sedute della Commissione degli Affari Esteri sono segrete. Uno scarno comunicato ufficiale, diramato alla stampa alla fine delle sedute, si limita a riassumere sommariamente i principali argomenti discussi. Il presidente della Commissione. Mistler, mi assicura che l'esposizione fatta dal ministro Bonnet è stata particolarmente energica per quel che riguarda la necessità di mantenere e rafforzare la politica di non intervento e particolarmente calda nel riaffermare il suo proposito di giungere ad una normalizzazione dei rapporti italofrancesi4.

199 1 Si veda in proposito il D. 105.

200 1 Di tale colloquio non si è trovata traccia nell'archivio italiano, né vi sono indicazioni nella documentazione francese pubblicata. È quindi possibile che qui sia stato scritto per errore <<17 maggio» anziché «<l maggio>>, giorno in cui vi era stato l'ultimo colloquio CianoBionde!.

201

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI

T. S.N.D. 519/197 R. Roma, 6 giugno 1938, ore 22,30.

Telegramma di V.E. n. 375 1

Come già fu comunicato a V.E. col mio telegramma n. 187 del 3 ottobre

u.s.2 a seguito delle conversazioni da me avute con questo ambasciatore del Giappone, siamo sempre nell'ordine di idee di discutere con codesto governo accordo sulle basi seguenti: l) reciproco impegno di neutralità benevola in tutti i casi; 2) reciproco impegno di consultazione in alcuni casi specifici da stabilirsi; 3) intese tecniche fra gli Stati Maggiori terrestre, navale ed aereo dei due Paesi. Riterrei preferibile che eventuali negoziati si svolgessero a Roma, tuttavia prego

V.E. mantenere contatti, assicurando che su di essi verrà mantenuto il segreto

200 ' Vedi DD. 27 e 29. 200 4 Il documento ha il visto di Mussolini. 201 ' Vedi D. 176. 20 l 2 Vedi serie ottava, vol. VII, D. 389.

con questa ambasciata del Giappone, quantunque, come è noto a V.E., prime aperture in senso analogo mi vennero fatte da codesto governo fino dall'agosto 1937 per il tramite ambasciatore Hotta3

202

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, PIGNATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 3150/70 R. Roma, 6 giugno 1938 (per. il 7).

Mio telegramma per corriere n. 67 del 4 corrente1

Sono ritornato, di proposito, con il cardinale Segretario di Stato sull'azione della Santa Sede riguardo ai bombardamenti delle città aperte. Ho osservato che, per quanto gli interventi della Sede Apostolica presso il governo del generale Franco si svolgano indipendentemente dai passi analoghi francesi e britannici, non si può a meno di notare che, di fatto, gl'inviti al rappresentante pontificio di agire sul governo di Salamanca, fanno seguito immediato ai passi che i rappresentanti diplomatici francese e britannico svolgono in Segreteria di Stato. Così è accaduto la primavera scorsa e così si è ripetuto giorni sono.

Il cardinale Pacelli mi ha ascoltato e non ha potuto darmi torto.

203

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 2406/959. Mosca, 6 giugno 1938 (per. il 13).

Ho avuto già più di una occasione di segnalare la cura costante che mette questo governo nel cercare di rendere più stretti e più amichevoli i suoi rapporti

Lo stesso 6 giugno, Ciano si accordò con il sottosegretario Cavagnari per inviare a Tokio l'ammiraglio De Courten, così da avere sul posto la persona adatta in vista dell'accordo militare con il Giappone (CIANO, Diario, alla data corrispondente).

col governo di Washington e di guadagnarsi le simpatie della opinione pubblica degli Stati Uniti.

Questa azione di «corteggiamento», condotta in verità in modo sottile ed intelligente, si è rivelata ancora una volta nei commenti della stampa sovietica sul discorso pronunciato recentemente dal signor Hull a Nashville 1 davanti all' Associazione degli avvocati del Tennessee, quando il Segretario di Stato americano ha ripetuto per l'ennesima volta i suoi patetici appelli alla concordia mondiale e le sue affermazioni di fedeltà al Patto Briand Kellogg ed alla dottrina liberale nel campo tanto della politica quanto della economia internazionale.

I giornali di Mosca, nel plaudire a tale discorso, non hanno mancato di mettere in evidenza i danni inferti al prestigio ed agli interessi americani dali' aggressione giapponese in Cina, e di ricordare l'esperienza della guerra mondiale, la quale avrebbe dimostrato come gli Stati Uniti non possano illudersi di rimanere estranei ad un conflitto europeo, quale potrebbe sorgere dalla crisi cecoslovacca. Non hanno neppure mancato di alludere alla «rete di intrighi che gli Stati aggressori stanno tessendo in tutti i Paesi dove gli S. U. hanno interessi considerevoli, e specialmente nell'America Latina». Ciò premesso, essi si sono felicitati dei progressi che stanno marcando le correnti d'oltre Oceano favorevoli alla creazione di un «unico fronte democratico» ed hanno augurato che Roosevelt ed Hull finiscano per trionfare sulle tendenze reazionarie degli isolazionisti, i quali avrebbero ancora dei fautori perfino in seno al Dipartimento di Stato. (Suppongo si sia voluto con ciò fare allusione al Sottosegretario di Stato Sumner Welles).

L'articolo pubblicato ieri dalla Pravda su questo argomento conclude con frasi intese a lusingare l'amor proprio di Washington, in quanto esaltano «l'enorme apporto che darebbero gli Stati Uniti al fronte della pace il giorno in cui essi entrassero attivamente nella lotta contro l'aggressione, a difesa della sicurezza dei popoli».

Contemporaneamente a quest'azione di allettamento, che cerca di sfruttare l'idealismo ingenuo della massa americana, il governo sovietico sta in questi giorni colmando di cortesie l'ambasciatore Davies. il quale è in procinto di lasciare Mosca per raggiungere il suo nuovo posto a Bruxelles.

Ieri il mio collega americano è stato ricevuto in visita di congedo prima dal Presidente del Presidium del Consiglio Supremo de li'U.R.S.S., Kalinin, e poi dal Presidente del Consiglio dei Commissari del Popolo, Molotov. Al secondo colloquio ha assistito -circostanza del tutto eccezionale non verificatasi mai in analoghi casi precedenti -anche Stalin, ed i giornali odierni danno al fatto grande rilievo, pubblicando in grassetto la notizia di queste visite. A sua volta il Commissario del Popolo per gli Affari Esteri, uscendo esso pure dalla consuetudine protocollare, offrirà al signor Davies, il 9 corrente, un pranzo d'addio che sarà seguito da un grande ricevimento diplomatico.

Tutto ciò mostra ancora una volta, come ho già notato sopra, l'attiv o interessamento che in questo momento si sta esplicando a Mosca per guadagnarsi le simpatie e possibilmente la cooperazione degli Stati UnitP.

201 3 Si veda ibid., D. 154 (il colloquio tra Ciano e l'ambasciatore Hotta ebbe luogo il 31 luglio).

202 1 T. 3119/67 R. del 4 giugno. Riferiva su un colloquio avuto con monsignor Tardini, il quale aveva dichiarato che la Santa Sede non si sarebbe associata alla Gran Bretagna e alla Francia in un passo collettivo contro i bombardamenti delle città spagnole ma che il rappresentante della Santa Sede, monsignor Antoniutti, era stato incaricato di richiamare l'attenzione di Franco sul dovere di umanizzare la guerra.

203 1 Il 3 giugno.

204

IL MINISTRO A TIRANA, JACOMONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPPORTO SEGRETO 1609/585. Tirana, 6 giugno 19381•

Lettera segreta di Vostra Eccellenza numero 4820 del 28 maggio c.a. 2

Già durante il mio ultimo soggiorno a Roma feci presente a Vostra Eccellenza che in alcuni ambienti politici albanesi si manifestavano preoccupazioni circa le mire dell'Italia in Albania e che nell'atmosfera generale vi era qualcosa di leggermente mutato nei nostri riguardi.

Io ho visto soprattutto in ciò la reazione di alcuni ambienti a noi meno favorevoli, lavorati dalle legazioni estere, alle calorose accoglienze tributate a Vostra Eccellenza.

Questo ministro di Jugoslavia si era fra l'altro recato da Libohova per domandargli conferma della notizia da lui avuta che l'Italia aveva chiesto l'unione doganale con l'Albania.

Al mio ritorno trovai ancora, negli stessi ambienti, qualche inquietudine destata questa volta da alcuni articoli della nostra stampa. Ho provveduto ad illustrare questi articoli nel quadro d'insieme delle pubblicazioni fatte dai nostri giornali in occasione delle nozze reali; ho intrattenuto su di essi oltre Libohova ed il generale Sereggi anche personalmente Re Zog, ed ho avuto la sensazione che l'inquietudine si fosse placata.

Una nuova ondata di timori è tuttavia sopravvenuta con la diffusione della nota allegata4 diretta dai fuorusciti del gruppo di Parigi, notoriamente finanziato dalla Jugoslavia, alla Società delle Nazioni contro la nostra azione in Albania e contro Re Zog. Anche di questa nuova agitazione ho intrattenuto il ministro

Qualche giorno più tardi l'ambasciatore Rosso segnalava, nel quadro dell'«azione di corteggiamento>> che il Cremlino stava effettuando nei confronti della Casa Bianca, le ulteriori manifestazioni di cordialità a cui aveva dato luogo il ricevimento in onore dell'ambasciatore Davies, il quale, da parte sua, nel brindisi di risposta era giunto a parlare di <<analogia di ideali fra le due nazioni nel loro amore della pace e della libertà>> (telespresso 2446/978 del 9 giugno. Il documento ha il visto di Mussolini).

204 ' Non pubblicata.

Libohova ed il generale Sereggi. Ho ritenuto tuttavia più conveniente dare alla mia azione un carattere di calma chiarificazione perché una forte reazione avrebbe probabilmente acuito i sospetti. La più conveniente risposta da parte nostra alle voci in circolazione credo sia stata il disinteresse dimostrato alla soluzione della crisi ministeriale e il ritmo di lavoro della legazione mantenuto immutato nei riguardi delle singole questioni di ogni giorno.

Ove Vostra Eccellenza non mi faccia pervenire ordini in contrario io mi recherò a Roma giovedì 9 corrente e sarò a disposizione di Vostra Eccellenza per gli ulteriori chiarimenti che Vostra Eccellenza potesse desiderare.

203 2 Il documento ha il visto di Mussolini.

204 1 Manca l'indicazione della data di arrivo.

204 2 Vedi D. 171.

205

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 3157/102 R. Varsavia, 7 giugno 1938, ore 15,27 (per. ore 20).

Mio telegramma n. lO11

Ho chiesto a questo ambasciatore di Romania quanto ci fosse di vero circa le notizie che qui circolavano di una azione recentemente svolta dal governo francese a Bucarest per impegnarlo a lasciare passare eventualmente nel proprio territorio truppe sovietiche dirette in Cecoslovacchia.

Franassovici mi ha risposto che poteva escludermi che, fino alla sua partenza da Bucarest (avvenuta una decina di giorni fa), alcun passo del genere fosse stato fatto. Ignorava se ciò fosse avvenuto in seguito. Comunque poteva affermare che la Romania non avrebbe mai consentito a lasciare passare truppe straniere sul proprio territorio.

Ho risposto a Franossovici che quanto egli mi diceva mi sembrava saggio; non capivo, però, perché Romania non avesse ancora preso posizione rispetto ali'art. 16 del Covenant al pari di quanto ha fatto la Polonia alleata. Ciò certamente avrebbe contribuito a chiarire la situazione e ad evitare pericolose illusioni.

205 'T. 31531101 R. del 7 giugno. Riferiva che, secondo quanto gli aveva dichiarato il suo collega di Germania, von Moltke, tornato allora da Berlino, negli ambienti tedeschi cresceva il malumore nei riguardi della Francia che, da un lato incoraggiava alla resistenza la Cecoslovacchia e dall'altro intensificava la sua azione in diverse capitali per rafforzare la posizione della Cecoslovacchia di fronte alla Germania. Di recente -aveva detto von Moltke -il governo francese aveva anche tentato di indurre la Romania a lasciar passare sul suo territorio le Forze Armate sovietiche nel caso in cui la Cecoslovacchia fosse stata attaccata dalla Germania.

206

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AICONSOLIGENERALIAINNSBRUCK,ROMANO, E A VIENNA, ROCHIRA

T. PER CORRIERE SEGRETO 524 R. 1 Roma, 8 giugno 1938.

Da fonte fiduciaria viene segnalato che a Cherberg, a pochi chilometri dal confine italiano si comincia fabbricare una caserma per reparti militari e finanzieri, a Gries e a St. Iodok lo stesso. Dal Burgenland (Austria orientale) hanno portato 120 lavoratori per i primi lavori di scavo. A Gries verrà istallato un grande distributore di benzina per militari (truppe meccaniche). Si dice a Gries, che molte altre costruzioni militari saranno fatte nelle vicinanze. Dappertutto strade, per turisti, per non dire militari, verso il confine.

Prego riferire con ogni possibile urgenza quanto a V.S. potrà risultare al riguardo, facendo oggetto di particolare segnalazione tutte le notizie relative a nuove opere militari, depositi di carburanti, strade «turistiche» in prossimità della nostra frontiera 2

207

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. RISERVATO 2445/977. Mosca, 8 giugno 1938 (per. il 13).

Ho chiesto in tono scherzoso a questo mio collega di Francia quanto ci fosse di vero nella notizia che mi era stato detto esser stata pubblicata da un giornale di Zurigo e secondo la quale Litvinov avrebbe fatto a lui, Coulondre, delle vive raccomandazioni perché il governo francese procedesse speditamente verso l'accordo con l'Italia, consigliando fra l'altro l'immediato invio di un'ambasciatore a Roma. (Ho rilevato nella Stampa di Torino del 4 giugno una corrispondenza Stefani da Parigi nella quale si parla pure de li'interessamento di Litvinov per un riavvicinamento i tal o-francese).

Coulondre mi ha risposto che, nella forma da me riferitagli, la notizia era naturalmente inesatta. Essa conteneva però un fondo di vero, perché effettivamente qualche tempo fa Litvinov gli aveva detto che il governo dell'U.R.S.S. avrebbe visto con molto favore un accordo fra Parigi e Roma.

206 ' Il documento era inviato anche, per conoscenza, all'ambasciatore a Berlino, Atto-lico.

Ho chiesto allora al mio collega, che ha fatto recentemente un viaggio a Parigi per conferire col ministro Bonnet, quali fossero oggi le reali intenzioni sovietiche nei riguardi del problema spagnolo, che rimane indubbiamente il punto cruciale della situazione europea.

Coulondre ha incominciato col dirmi che il suo governo desidera passionatamente una rapida liquidazione del problema, che riconosce essere il principale ostacolo ad un chiarimento dell'atmosfera politica internazionale e specialmente alla normalizzazione dei suoi rapporti col governo italiano. Ha aggiunto confidenzialmente che a Parigi si è convinti che Franco finirà per trionfare ma che, per evidenti ragioni di politica interna, il Gabinetto Daladier non può seguire altra politica ali' infuori di quella di un effettivo non intervento, per lasciare che la questione del futuro regime spagnolo venga regolata direttamente fra le due parti contendenti.

Ciò premesso, Coulondre mi ha detto che al suo ritorno a Mosca aveva visto subito Litvinov e, conformemente alle istruzioni ricevute a Parigi, gli aveva parlato molto fermamente per fargli comprendere che la questione spagnola interessava i governi francese ed inglese molto più direttamente che non quello sovietico e che quest'ultimo doveva quindi astenersi dal porre intralci ai lavori del Comitato di non intervento di Londra. Litvinov aveva finito per rendersene persuaso, tanto che si era affrettato ad inviare istruzioni al proprio rappresentante a Londra nel senso di desistere dalla opposizione fatta nella prima seduta del Sottocomitato per quel che riguardava le modalità del ritiro dei volontari e della chiusura del confine franco-spagnolo. Rimaneva ora il punto del controllo marittimo sul quale Litvinov insisteva per ragioni di principio ed al tempo stesso di prestigio.

Coulondre ha concluso augurandosi che anche su questo punto potesse raggiungersi una soluzione conciliativa e che si riuscisse fra le Grandi Potenze a mettere in atto quella politica di effettivo non intervento che -mi ha ripetuto -il suo governo desiderava vivamente e sinceramente di applicare e veder applicata da tutti, e che in definitiva egli ritiene faciliterebbe il definitivo successo di Franco'.

206 2 Non sono state rintracciate le risposte da Vienna e da Innsbruck.

208

L'AMBASCIATORE IN CINA, CORA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 3196/240 R. Shanghai, IO giugno 1938, ore 7 (per. ore 23,40).

In una conversazione recente, ministro Tani mi ha per la prima volta accennato all'eventuale riconoscimento del governo cinese «riformato» 1 o altro. Ed ha aggiunto

che «chi vorrà navigare sul Fiume Azzurro dovrà riconoscere il nuovo governo». Infine, ha espresso speranza che dopo il riconoscimento giapponese sarebbe venuto quello italiano. A mia richiesta circa lo stabilimento delle future Rappresentanze, mi ha risposto che sarebbe desiderio del governo giapponese fossero mantenute ambasciate.

Per quanto concerne questo nuovo governo cinese, dichiarazioni del ministro Affari Esteri giapponese nel senso che fatto che non sarebbe governo nazionale cinese non significhi non riconoscerlo (se esattamente riportate dalla Reuter) confermerebbero quello che ho riferito circa opinione stessa Giappone su governi Pechino Nanchino per cui dichiarazioni predette non sarebbero invero lusinghiere. Comunicato Roma e Tokio 2

207 1 Il documento ha il visto di Mussolini.

208 1 Riferimento al «Governo Riformato della Repubblica Cinese>>, costituito a Nanchino il 26 marzo precedente sotto l'egida del Giappone.

209

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 3206/0109 R. Budapest, 10 giugno 1938 (per. l' 11 ).

Mio telegramma per corriere n. 092 del 24 maggio u.s.'

Questo direttore degli Affari Politici mi ha detto che nell'udienza che il Reggente concesse a questo ministro di Romania, questi espresse all'ammiraglio Horthy il desiderio di Re Carol di arrivare ad un accordo con l'Ungheria; gli illustrò la proposta romena secondo cui era preferibile non arrestarsi alle formule e quindi conveniva non insistere nel voler includere una frase relativa alle minoranze, ma accettare una formula generica e prendere poi invece effettive misure in fatto di minoranze. Il Reggente gli risposte non essere, né un giurista, né un diplomatico: che non aveva però molta fiducia nelle formule e nelle clausole in generale e che effettivamente l'essenziale era fare qualche cosa di positivo per le minoranze. Pare, a dire di Bessenyey, che Comnen abbia equivocato sopra tale modo di esprimersi del Reggente, interpretandolo nel senso che «era inutile includere la frase per le minoranze, salvo cominciare a prendere effettivamente delle misure favorevoli a loro riguardo» ed in tal senso Comnen si espresse con Bardossy meravigliandosi che esso non potesse accettare tale modo di procedere. Secondo Bessenyey, il Reggente aveva invece voluto esprimere il suo convincimento che si dovesse risolvere la questione minoritaria lasciando peraltro agli organi competenti di trovare quelle formule che esulano dalla sua competenza e rifuggono alla sua mentalità. Comunque Bessenyey ha detto che il governo ungherese non sarebbe disposto a seguire il metodo di risolvere la questione per via pratica senza nessuna allusione negli accordi in discussione, poiché ci vorrebbe troppo tempo, cioè qualche anno, prima di realizzare la portata delle eventuali misure e conoscere l'opinione in proposito delle minoranze interessate, mentre invece lo spirito dell'accordo sarebbe quello di spianare

208 ' Il documento fu inviato in visione a Mussolini.

nella situazione attuale la strada per le migliori relazioni ungaro-romene. Il barone Bessenyey mi ha mostrato il testo della nuova proposta che in data 25 maggio è stata presentata da Bardossy a Comnen, il quale dichiara sempre di continuare a trattare in nome anche della Cecoslovacchia e della Jugoslavia. Trattasi di un progetto di lettere con annesso protocollo. Il protocollo contiene dichiarazioni circa i noti punti (riconoscimento della parità di diritto all'Ungheria, dichiarazione sul tipo del Patto Kellogg, minoranze). Nella lettera, dopo constatato che il protocollo apre la strada al miglioramento dei rapporti reciproci, è contenuto l'impegno di prendere misure per migliorare la situazione delle minoranze per quanto riguarda l'uso della lingua, l'istruzione, le questioni religiose ed economiche. Il governo ungherese non conosce ancora l'esito di tale ultima proposta. Questo ministro di Romania mi ha dato l'impressione che ora, almeno per quanto riguarda il governo romeno, la preoccupazione per gli avvenimenti in Cecoslovacchia ha fatto passare in seconda linea la questione.

209 1 T. per corriere 2976/092 R. del 24 maggio. Riferiva quanto il ministro di Romania, Bossy, aveva detto sul colloquio da lui avuto con l'ammiraglio Horthy. La versione di Bossy coincide con quella di Bessenyey qui riportata.

210

APPUNTO PER IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

Roma, 10 giugno 1938.

Mi sono recato a Ginevra per incontrare l'Emiro Shekib Arslan ed a Lucerna per incontrarvi il signor Mousa Alami fiduciario del Mufti di Gerusalemme2 • A Ginevra non ho trovato l'Emiro Shekib Arslan, il quale è attualmente in Germania. Ho incontrato invece a Lucerna il Signor Mousa Alami, il quale risiede e si tratterrà ancora un paio di settimane a Rheinfelden. Il Signor Alami mi ha detto di avere a suo tempo comunicato al Mufti quanto fu oggetto delle conversazioni ultimamente avute con lui a Roma.

Il Mufti con apposito corriere aereo lo ha pregato di farci sapere che si rende pienamente conto delle necessità che ci hanno indotto a troncare gli aiuti finora dati al movimento nazionalista arabo da lui diretto.

Di fronte a qualsiasi evento la sua gratitudine per l'Italia sarà imperitura.

Egli confida, inoltre, che la comunione di interessi che lega tutti i Paesi arabomusulmani in genere ali 'Italia non potrà che continuare a mantenere i nostri rapporti con tali Paesi su di un piede di sempre più stretta amicizia.

Le ripercussioni dell'accordo italo-inglese nel Prossimo Oriente sono state disgraziatamente sfavorevoli e ciò sopratutto per la intensa propaganda fatta, dopo la firma degli accordi, a nostro danno, dalle Autorità britanniche, le quali hanno anche largamente diffuso la voce che con un accordo segreto è stata data loro mano libera nel Prossimo Oriente.

La situazione degli insorti in Palestina è divenuta d'altra parte criticissima. Le Autorità mandatarie, conseguita un'intesa con l'Italia, hanno ritirato tutte le offerte fatte in antecedenza, rimettendosi alle decisioni che saranno prese dalla nuova Commissione d'inchiesta.

Nessuna prospettiva, quindi, per i nazionalisti, neppure per quanto riguarda le loro persone. Mancando ulteriormente aiuti, tutto il movimento dovrà presto cessare ed in maniera piuttosto ignominiosa.

Ho chiarito al signor Alami come tutto ciò non potesse essere attribuito all'Italia, che non poteva naturalmente mantenere più a lungo uno stato quasi prebellico con l 'Inghilterra per vedere risolta la questione di Palestina.

Ho aggiunto che i nostri aiuti erano sempre stati notevoli e disinteressati, e che la colpa della mancata riuscita del movimento non poteva certo esserci attribuita.

Il movimento stesso avrebbe già avuto il risultato che il Mufti si era prefisso se Ibn Saud avesse a suo tempo consentito -e non solo a parole -di farsi tramite per l'invio ai rivoluzionari palestinesi delle notevoli partite di armi, munizioni ed esplosivi che per circa due anni avevamo tenute inutilmente accantonate.

Di ciò il signor Mousa Alami ha pienamente convenuto.

Egli mi ha infine aggiunto che il Mufti gli aveva fatto sapere di rivolgere al Duce ed a V.E. un'ultima preghiera e che, pertanto, egli mi aveva scritto esprimendo il desiderio di incontrarmi.

Tale preghiera era del seguente tenore: Data la impossibilità di trattare più con gli inglesi, data la necessità di cessare ben presto il movimento, il Mufti invoca da V.E. un ultimo aiuto, di qualsiasi entità (munizioni e danaro), per compiere un ultimo supremo sforzo che lo metta possibilmente in grado di ottenere dagli inglesi una onorevole capitolazione. Il signor Alami ha appoggiato tale invocazione con numerose argomentazioni, tra cui quella della opportunità di non dare agli inglesi la prova che l'agitazione in Palestina fosse da noi fomentata col fatto che, terminato il nostro aiuto, dopo gli accordi, essa verrebbe a cessare. Gli ho risposto che ero già a conoscenza dell'assoluta impossibilità da parte del R. Governo di aiutare ancora il Mufti, prima di andare ad incontrarlo a Lucerna, dove mi ero recato solo per dimostrargli che ci stava sempre a cuore la sorte dei nostri amici palestinesi e che, pertanto, non potevo neppure sottoporre a V.E. la richiesta che egli mi faceva. Egli ha vivamente insistito, dicendo che qualunque fosse la decisione che veniva presa in proposito, mi pregava di rendere V.E. edotto di questa ultima invocazione. In relazione a quanto innanzi esposto si resta in attesa di conoscere se l'E.V. ritiene che si debba far pervenire al signor Alami una risposta nettamente negativa3

210 1 Il documento, conservato nelle carte di Gabinetto, è privo di firma. Probabilmente fu redatto dal dottor Enderle che già in precedenza aveva tenuto i contatti con Mousa Alami (si veda in proposito serie ottava, vol. VIII, DD. 74, 416 e 424).

210 2 Da un appunto di Gabinetto in data 4 giugno risulta che l'incontro era stato sollecitato da Mousa Alami.

210 3 Sulla prima pagina del documento Ciano ha scritto: «No>>.

211

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

LETTERA SEGRETA 4009. Berlino, 10 giugno 1938 (per. il 13).

Desidero informarti che ieri von Ribbentrop mi ha, in termini come al solito un po' vaghi, accennato nuovamente alla questione della permanenza dei volontari tedeschi e italiani in Spagna.

Come sai, l'atteggiamento tedesco in materia è stato sempre un po' incerto. Comunque, prima di riferire in dettaglio quanto Ribbentrop mi ha detto ultimamente, credo opportuno richiamare i precedenti più immediati della questione.

Nel febbraio scorso, a seguito del tuo telegramma n. 48 del 26 febbraio', con il quale mi davi istruzione di far conoscere al Governo del Reich il nostro malcontento per l'inattività alla quale le nostre forze volontarie in Spagna erano costrette, e quindi la nostra intenzione, rebus si c stanti bus, di ritirarci, avemmo qui alcuni contatti che rivelarono come la questione del ritiro dei volontari fosse già, in certo modo, allo studio.

Con mia lettera n. 1356, infatti, del 28 febbraio\ ebbi occasione di riferirti circa una conversazione avvenuta tra l'Ambasciatore di Spagna, Marchese di Magaz e von Weizsacker, reggente in quei giorni la Wilhelmstrasse. In quella conve·rsazione, secondo quanto von Weizsacker ripetè a Magistrati, l'Ambasciatore ebbe a dichiarare che Franco sarebbe stato disposto ad esaminare la possibilità di un ritiro di volontari delle formazioni di Fanteria. Faceva invece presente la necessità di trattenere in !spagna, fino alla fine della guerra, gli «specializzati». Von Weizsacker, di risposta, faceva comprendere come il Governo del Reich, prima di prendere decisioni al riguardo, desiderava conoscere maggiori precisazioni circa la linea di condotta che il Generalissimo intendeva seguire per ottenere una soluzione nel conflitto.

Venne in seguito l'inizio dell'offensiva verso il mare e la vittoria dell'Ebro. La guerra prendeva un ritmo più vivace e sembrava avviarsi ad una felice, prossima conclusione.

Nonostante ciò. tuttavia. la Germania non perdeva di vista la questione del!' eventuale ritiro dei suoi uomini.

Nella prima decade di aprile, come Magistrati, in quel momento Incaricato d'Affari, ebbe a comunicarti con telegramma n. 131 dell '8 aprile', Weizsacker faceva conoscere che il Generalissimo Franco, aveva, a mezzo di elementi militari, preavvertito il Governo tedesco che, «ne!l'ultima fase della guerra. egli avrebbe acconsentito ad un ritiro dei combattenti stranieri volontari».

211 ' Vedi serie ottava, vol. VIII, D. 230. 211 ' lbid., D. 245. 211 'Jbid., D. 463.

Con il tuo telegramma n. l 08 del 94 tu rispondesti che nessuna intenzione analoga era stata a noi manifestata dal Generalissimo e che qualora questi lo avesse fatto, non avremmo mancato di prendere contatto con il Governo del Reich per concordare una comune linea di condotta.

Nel maggio, infine, con la tua lettera n. 4300 del 10 maggio\ facesti conoscere a Magistrati come il Generale Kindelan, Capo del!' Aeronautica spagnola, avesse riservatamente comunicato al Generale Bernasconi che la Legione Condor si preparava a rimpatriare, a seguito di ordini pervenuti da Berlino.

Le informazioni qui raccolte in proposito e a te riferite con le lettere di Magistrati n. 3181 dell'Il maggio" e n. 3238 del 13 maggio7 , risultarono in certo modo negative. Istruzioni di massima, nell'eventualità di un rimpatrio, erano state effettivamente date alcune settimane prima, senza tuttavia che un ordine preciso venisse impartito da Berlino per una «immediata» partenza. E anche il Generale tedesco Volkmann, che, secondo le informazioni del Generale Kindelan, avrebbe dovuto partire senz'altro per la Germania onde evitare il rimpatrio della Condor, appariva essere rimasto in Spagna.

A questi precedenti si unisce infine la circostanza che più volte (vedi in proposito il telegramma per corriere della R.Ambasciata n. 037 del l o aprile 1938s) nei contatti tra il nostro R.Addetto Militare ed esponenti del Ministero della Guerra del Reich si è accennato al problema del ritiro delle forze volontarie dalla Spagna. In quelle conversazioni i militari tedeschi hanno sempre dato l'impressione che la Germania aveva interesse, non appena resa possibile la vittoria definitiva di Franco, di ritirare senza indugio le proprie forze (ammontanti. come è noto, a non oltre quattro o cinque mila uomini).

Questi i precedenti.

Ieri, mentre ero da Weizsacker per alcune pratiche correnti, Ribbentrop, appresa la mia presenza alla Wilhelmstrasse, mi pregò di passare da lui e, dopo avermi accennato ad una o due questioni minori, mi domandò cosa pensassi della situazione spagnola e del problema del ritiro dei volontari.

Premesso che in questa materia la Germania, come aveva fatto finora, intendeva «seguire» l'Italia, Ribbentrop richiamò gli hints che or è qualche mese erano stati fatti, prima per tramite fiduciario poi attraverso i militari, nel senso che il Generale Franco avrebbe preferito di condurre la fase finale della guerra esclusivamente con elementi spagnoli. Orbene, accadeva che proprio in questi giorni la Germania si trovava di fronte alla necessità di rinnovare una parte del materiale già mandato in Spagna e reso inservibile. I Ministeri competenti si doman

211 'lbid., D. 467.

211 ' Non pubblicata. Il suo contenuto è qui indicato.

211 " Non rintracciata.

211 ' Vedi serie ottava, vol. VIII, D. 434.

davano se dovessero farlo o meno ed egli stesso Ribbentrop si chiedeva se il momento non fosse venuto per dare un principio di attuazione a quello che, dopo tutto, sembrava essere un desiderio di Franco. Questo sempre d'accordo con l'Italia, alla cui attitudine, il mio interlocutore lo sottolineava ancora una volta, la Germania desiderava conformarsi.

Poiché ero stato richiesto della mia opinione, risposi:

l) che, quanto ai presunti desideri di Franco, noi non ne avevamo notizia. Non mettevo in dubbio l'esattezza delle informazioni tedesche, ma ritenevo che se anche Franco avesse potuto esprimersi in senso favorevole al ritiro dei volontari, in fondo, nel suo intimo, aveva forse desideri perfettamente opposti;

2) che, in ogni modo, il momento per discutere noi, Germania e Italia, quasi di nostra iniziativa, la questione del ritiro dei volontari (e del materiale!) mi sembrava assai male scelto. I Rossi avevano ricevuto e continuavano a ricevere dalla Francia aiuti di tutti i generi e su una scala assolutamente senza precedenti. Era proprio in circostanze simili che avremmo dovuto abbandonare la Spagna?

Ribbentrop mi sembrò convinto. «Credo che abbiate ragione -mi disse -e che da parte nostra non si possa fare a meno di rinnovare il materiale originalmente promesso».

Dopo peraltro essersi espresso, per quanto senza alcun «entusiasmo», così, Ribbentrop aggiunse: «Tuttavia, se ve se ne presenta l'occasione, cercate di accertare quale sia sulla questione l'opinione del Vostro Governo».

Il che io naturalmente promisi, alla prima occasione, di fare.

A parte il fatto che ormai, a sentir parlare i Tedeschi, sembra quasi che la Germania rimanga in l spagna solo per fare un piacere ali 'Italia, non ti nascondo che un simile linguaggio, tenutomi da un Ribbentrop, anticomunista per eccellenza, mi ha fatto una certa impressione.

Come sai, fin dali'inizio, vi sono stati molti Tedeschi che hanno visto con occhio poco favorevole che la Germania si impegnasse in !spagna. Chiara prova di questo stato d'animo è il silenzio ermetico della stampa sopra tutto ciò che riguarda i volontari tedeschi. Ma che tutto questo dovesse restare immutato anche con l'assunzione di Ribbentrop è certamente cosa che dà da pensare. A meno che, ipotesi dannata ma tuttavia necessaria in questo momento, la resistenza dei militari tedeschi a rinnovare il proprio materiale in !spagna e l'apparente acquiescienza di Ribbentrop non siano dovute a sopraggiunte preoccupazioni per eventuali impegni militari in altri e più vicini settori dell'Europa.

P.S. 11 giugno 1938/XVI-Avevo già finito la presente quando stamane mi ha chiamato al telefono Weizsacker, per dirmi da parte di Ribbentrop che, avendo Mackensen avuto occasione, in un suo colloquio di ieri a Palazzo Chigi9 , di accertare quale fosse sulla attuale situazione spagnola il pensiero dell'Italia, non era

211 ' Su questo colloquio non è stata trovata documentazione.

più necessario che io te ne scrivessi. Quanto ali'attitudine tedesca, egli aggiungeva che non avrebbe subìto alcun mutamento 10

211 7 Riferiva che il capo dell'Ufficio Militare del Maresciallo Goring, generale Bodenschatz, gli aveva smentito formalmente che la Legione Condor avesse ricevuto l'ordine di rimpatriare: la voce era nata perché tre settimane prima, quando la fine del conflitto spagnolo sembrava imminente, erano state inviate istruzioni di studiare il rimpatrio. Il documento ha il visto di Mussolini.

212

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 1577/631. Varsavia, 10 giugno 1938 (per. il 13).

Con mio telegramma n. 87 del 5 maggio u.s. 1 ho informato codesto Ministero di una conversazione da me avuta con il signor Beck circa il punto di vista di questo Governo in merito alla situazione in Cecoslovacchia. In tale occasione il Ministro degli Affari Esteri ebbe ad accennarmi alla tendenza all'autonomia della Slovacchia ed alle aspirazioni della Ungheria «delle quali però non era in grado di determinare con precisione la portata».

Da quell'epoca però un intenso scambio di vedute ha avuto luogo tra VARSAVIA e Budapest e non solo è certo che il signor Beck ha avuto modo di formarsi un concetto esatto delle aspirazioni ungheresi ma è probabile che un'intesa di massima sia già intervenuta tra le due Cancellerie. Questo Ministro d'Ungheria2 infatti, che ho incontrato ieri sera, mi ha detto che egli era molto soddisfatto del lavoro che aveva potuto compiere qui negli ultimi tempi: nessun contrasto di vedute, secondo quanto egli mi ha detto, esiste fra Ungheria e Polonia nella valutazione della situazione cecoslovacca, i due Paesi essendo ormai d'accordo sui vantaggi per entrambi di potere eventualmente giungere a stabilire a spese della Cecoslovacchia una frontiera comune fra di loro.

213

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. RISERVATO 4007/1167. Berlino, 11 giugno 1938 (per. il 13).

Come codesto Ministero avrà rilevato dalle mie segnalazioni precedenti (vedansi ad esempio il fonogramma stampa del 5 giugno ed il telespresso n.

212 ' Vedi D. 51. 212 2 Andràs Hory.

3936/1142 del 9 giugno 1 ) ci sono state in questi giorni delle battute polemiche piuttosto serie fra Germania e Polonia in materia di minoranze.

Com'è noto, i rapporti fra i due Paesi ubbidiscono ad esigenze di carattere così generale e così superiore da non risentire di questi piccoli attriti. Mi risulta peraltro che l'accordo germano-polacco sulle minoranze non procede in modo soddisfacente e mi risulta anche che von Ribbentrop avrebbe l'intenzione di richiamare quanto prima sul problema l'amichevole attenzione di questo ambasciatore di Polonia2

211 10 Il documento ha il visto di Mussolini.

214

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. RISERVATO 4010/1169. Berlino. 11 giugno 1938 (per. il 13).

Come ho avuto occasione di segnalare telefonicamente questa mattina e confermo ulteriormente con telespresso al Ministero della Cultura Popolare, si assiste qui oggi ad una aspra ripresa della campagna di stampa contro la Cecoslovacchia. I giornali, infatti, con grossi titoli nei qu_ali viene posta in rilievo la brutalità della «soldatesca ceca», gareggiano in violenza contro il Governo di Praga e i soldati cecoslovacchi qualificati di «sadisti» e di «organizzatori della delinquenza». Ci troviamo così di fronte ad una nuova ondata aggressiva nei riguardi della vicina sud-orientale. Essendo chiaro che la rinnovata campagna risponde ad una parola d'ordine impartita dall'alto, tutti qui si domandano quale ne siano gli scopi e gli intendimenti.

È questa una situazione -pure attraverso il susseguirsi di momenti di varia intensità -ormai in atto da circa un mese e che rivela chiaramente l'intenzione tedesca di mantenere aperto e sempre in primo piano il problema dei tedeschi dei Sudeti.

Che la Germania sia veramente decisa ad una azione violenta ed a fondo non sembra cosa certa. Gli organi competenti della' Wilhelmstrasse e anche del ministero della Propaganda hanno continuato e continuano, ieri come oggi, a

213 ' Riferiva che da parte tedesca era stato presentato al governo polacco un memorandum per protestare contro i cattivi trattamenti inflitti alla minoranza tedesca in Polonia.

In precedenza, l'ambasciatore Arone aveva segnalato la notizia, riportata da un autorevole giornale polacco, che le organizzazioni della minoranza tedesca agivano per impedire l'assimilazione con l'elemento polacco sottraendo i bambini all'istruzione in lingua polacca ed ostacolando i matrimoni misti, tuttociò a seguito di istruzioni che invitavano a considerare la Polonia «come un terreno di naturale espansione germanica>> (telespresso 1493/620 del 3 giugno).

dichiarare che la situazione non presenta alcun pericolo immediato e che la Germania anzi intende mantenersi praticamente estranea al problema interno della Cecoslovacchia, pur interessandosi, s'intende, alle sorti dei tre milioni e mezzo di cittadini cecoslovacchi di sangue tedesco.

Dali'altra parte, varie informazioni raccolte particolarmente nella Germania meridionale e in Sassonia farebbero credere ad un rafforzamento delle guarnigioni militari delle frontiere francese e cecoslovacca. ad un affrettato sviluppo delle opere di fortificazioni. ecc. E anche il viaggio del Maresciallo Goring in Renania potrebbe avere lo scopo di ispezionare gli apprestamenti militari della frontiera francese e belga.

Elementi. quindi. molto contradditori e che rivelano ancora una volta le diverse tendenze che sembrano regnare negli organi dirigenti del Reich nazionalsocialista. Diversità, peraltro, non solo evidentemente tollerata ma che sta diventando ormai una delle caratteristiche della politica tedesca e della quale, in alto loco, si finisce dopo tutto con il trarre opportuno profitto. La Wilhelmstrasse. l'Esercito. il Partito rappresentano altrettante correnti che, nella loro voluta coesistenza, mentre confondono la visione delle cose agli occhi altrui, offrono sempre, singolarmente prese, una base di azione quando questa sia finalmente voluta e decisa da chi di diritto.

Tuttavia, se si dovesse trarre ammaestramento dall'esperienza di questi ultimi anni, si dovrebbe concludere che la Germania non voglia, oggi, giungere nella questione cecoslovacca ad una soluzione violenta. Fino ad ora, infatti, il governo di Hitler ha sempre, nei vari colpi compiuti, giocato, e ottimamente, sulla velocità e sulla sorpresa e non vi è esempio di lunghe «preparazioni» giornalistiche del tipo di quella alla quale da oltre un mese assistiamo. I tedeschi sanno, del resto, che tali campagne, data la diffidenza e l'ostilità delle quali la Germania è oggi circondata, servono solo ad inasprire l'opinione pubblica degli altri Paesi e a favorire la preparazione altrui. Si aggiunga anche che, nel caso speciale, il Governo tedesco deve pure rendersi conto che così la Francia come l'Inghilterra sono moralmente impegnate a tal punto da non potere in nessun caso, magari a malincuore, restare estranee ad un eventuale conflitto.

L'esperienza e la ragione dovrebbero quindi. ripeto. far credere che l'attuale ripresa offensiva della stampa germanica sia dettata più che altro dalla necessità di spalleggiare con ogni mezzo l'attività dei Tedeschi dei Sudeti. dando al Partito di Henlein l'impressione che l'opinione pubblica tedesca sorregge e difende la tesi pel suo tramite presentata al Governo di Praga. A conclusioni analoghe giunge pure, in un rapporto che allego, questo Addetto Militare, Generale Marras.

Rimane però sempre l 'incognita della definitiva attitudine cecoslovacca. Bisogna pure -se si vuole evitare una crisi violenta -che Benes faccia, in materia di autonomia, un qualche cosa e che questo qualche cosa sia tale da permettere ai Tedeschi di contentarsi, per ora, di una prima tappa1

214 ' Il documento ha il visto di Mussolini.

ALLEGATO

L'ADDETTO MILITARE A BERLINO, MARRAS, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO

PROMEMORIA SEGRETO 972. Berlino, 11 giugno 1938.

La tensione con la Cecoslovacchia, se pure ha oltrepassato la fase acuta, si mantiene sempre viva e piena di incognite e il silenzio osservato al riguardo dagli elementi ufficiali, i quali si limitano per ora alle regolari proteste per le violazioni di frontiera, contrasta con il tono della stampa la quale mette in grande rilievo ogni atto di violenza contro i tedeschi sudetici e oggi pone chiaramente la domanda: «Per quanto tempo ancora?>>.

Le Autorità tedesche, nelle quali la semimobilitazione della Cecoslovacchia e l' atteggiamento del governo di Praga hanno provocato indubbiamente un forte risentimento, si astengono dal reagire, seguendo una linea di condotta determinata, la quale sembra essere quella di dare prova di tolleranza e catalogare incidenti e violazioni per costituirsene un'arma e una giustificazione al momento opportuno.

Elemento dominante nella situazione è stato ed è l'atteggiamento dell'Inghilterra, il quale ha messo in evidenza le difficoltà che presenterebbe per la Germania, nel campo internazionale, un'azione contro la Cecoslovacchia, difficoltà molto superiori rispetto a quanto poteva ritenersi prima degli ultimi avvenimenti.

La situazione generale appariva infatti tale da dare alla Germania fondate speranze che al momento opportuno un'azione rapida contro la Cecoslovacchia avrebbe potuto svolgersi senza provocare un intervento della Francia e dell'Inghilterra. Evitare tale intervento appare ancora indispensabile, in quanto lo stato attuale degli apprestamenti militari, pur notevolmente avanzato, e le condizioni generali della Germania non sono tali da darle sufficienti garanzie di successo in un conflitto generale.

Che il momento fosse sembrato opportuno e che qualche provvedimento militare fosse stato già preso non si potrebbe affermare con sicurezza. Nell'ambiente di questi addetti militari si parla molto della questione, sia pure con qualche cautela. Tanto l'addetto militare francese, che ebbe a compiere nei giorni della crisi un giro in Sassonia, quanto l'addetto militare inglese, che percorse la zona di frontiera in Sassonia e in Slesia, non hanno rilevato alcun indizio di concentramenti di truppe. Altrettanto ebbi a constatare personalmente nel mio giro in Slesia compiuto proprio nei giorni 20-22 maggio in occasione dell'arrivo della missione di S.E. Cei (vedasi mio foglio 1465/T del 26 maggio u.s.').

L'addetto militare francese avrebbe peraltro avuto notizia di movimenti di reparti controaerei verso la zona di frontiera e da fonte sicura risulta confermato lo spostamento, già da me segnalato, di numerosi reparti motorizzati dalla Sassonia verso Berlino negli ultimi giorni di maggio. Tale spostamento, di entità certamente superiore a quello corrispondente al normale movimento da e per i campi d'istruzione, potrebbe dare adito all'ipotesi che si trattasse di movimento di ritorno di una grande unità corazzata concentrata preventivamente in qualche campo d'istruzione. Ho già messo in evidenza l 'utile impiego che possono trovare i campi prossimi alla frontiera per concentrare e mantenere celate forze ragguardevoli.

Qualche altro indizio potrebbe fornire la notizia riferitami che in uno dei giorni immediatamente precedenti il 20 maggio l'addetto aeronautico tedesco a Parigi sarebbe stato chiamato da Gi:iring per avere notizie immediate sull'efficienza dell'aviazione francese.

Riferisco anche la voce, che non so se attendibile, circa un contrasto che si sarebbe verificato tra gli esponenti estremi del partito che avrebbero voluto spingere a un'azione e le autorità militari che vi si sarebbero opposte.

Sta di fatto che nel complesso la Germania si è sentita colpita dalla reazione della Cecoslovacchia e dall'atteggiamento dell'Inghilterra.

In questi ambienti militari è visibile lo stato di sorda irritazione, come è sintomatico che ufficiali aventi cariche importanti i quali mi avevano prima accennato chiaramente a una futura occupazione della Cecoslovacchia e alla probabile scomparsa di tale Stato, oggi siano molto più guardinghi e non accennano più che a una soluzione pacifica basata sull'autonomia.

Ma ciò non deve indurre a false deduzioni perché lo scopo ultimo rimane, a mio parere, inalterato. Le circostanze possono suggerire ora una soluzione provvisoria; l'azione definitiva è soltanto rinviata. L'occasione per tale azione dipende essenzialmente dall'Inghilterra. Negli ambienti militari predomina il parere che la Francia non si muoverà senza l'appoggio dell'Inghilterra e non si è perduta la speranza che possano verificarsi situazioni le quali inducano l'Inghilterra a non impegnare una guerra mondiale per la Cecoslovacchia.

Senza pronunziarmi sulla durata della resistenza che potrebbe opporre la Cecoslovacchia, debbo mettere in evidenza che qui è stata rilevata la prontezza con la quale la Cecoslovacchia ha assicurato la difesa della frontiera e come abbia giustamente attribuito grande importanza all'immediato sbarramento di ogni comunicazione, anche con mezzi di circostanza, per arrestare l'avanzata dei mezzi motorizzati. Ciò è essenziale di fronte a una tattica come quella tedesca che fa molto assegnamento sui successi riportati inizialmente con l'avanzata di sorpresa delle grandi unità corazzate.

213 2 Il documento ha il visto di Mussolini.

214 2 Non pubblicato. In proposito si veda il D. 141.

215

IL MINISTRO A PRAGA, DE FACENDIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 3252/078 R. Praga, 12 giugno 1938 (per. il 16).

Il fatto saliente di questi giorni è una dimostrazione di volontà a trattare da parte dei tedeschi dei Sudeti.

L'8 corrente, infatti, il deputato Kundt consegnava al Presidente del Consiglio Hodza un memorandum1 contenente in riassunto gli otto punti posti da Henlein a base delle rivendicazioni dei sudetici nel suo discorso di Carlsbad2 Il memo

randum era accompagnato da una lettera di trasmissione con la quale si chiedeva di sapere se il governo era disposto a discutere in base a tale memorandum, cioè

215 'Vedi D. 5.

in base a ciò che si chiede, o in base al ventilato statuto della nazionalità, cioè in base a ciò che si offre, statuto del resto da tempo sbandierato e mai fatto conoscere agli interessati.

Il memorandum del partito di Henlein è stato dal governo affidato ad esperti giuridici per l'esame tecnico. Ieri, a 3 giorni di distanza, la Havas dava la notizia sensazionale che il governo cecoslovacco aveva accettato in massima il memorandum dei sudetici. La notizia non era esatta e vi ha dato luogo il fatto che il governo potrebbe non essere alieno dall'accettare il memorandum come base di discussione.

Certo è che Londra e Parigi agiscono in modo insistente e pressoché perentorio a Praga perché si facciano ai tedeschi dei Sudeti tutte le possibili concessioni e soprattutto perché si faccia presto, uscendo una buona volta dal dominio delle parole ed entrando seriamente in quello dei fatti. Ciò è venuto a ripetere il ministro a Parigi, Osusky, a nome del governo francese che mostra di averne abbastanza delle quisquiglie ceche. Analogo linguaggio ha tenuto qualche giorno fa al signor Benes questo ministro di Francia, appoggiato da contemporanea azione del collega inglese.

Quello che anche concilia l'appoggio franco-inglese ad una soluzione soddisfacente per i sudetici è che abilmente da parte tedesca non si parla più di voler imporre un cambiamento di politica estera ai governanti di Praga. Si dice infatti che Henlein, già in occasione del suo viaggio a Londra3 dopo il discorso di Carlsbad, abbia già fatto intendere che non avrebbe insistito al riguardo. La meta di Henlein sembra del resto ben chiara: attraverso il centralismo ceco la sua posizione non tarderà ad imporsi e ad imporre, con la partecipazione al governo, una linea di politica estera che non sia in contrasto con sentimenti e finalità della nazionalità che è seconda nella composizione dello Stato.

Ho l'impressione che la linea di condotta ora assunta dai tedeschi voglia significare una battuta di attesa nella soluzione del problema, portato su una via più lunga che, a meno di circostanze eccezionali, potrebbe essere quella accennata nel mio telegramma per corriere n. 075 del 4 corrente4 «La propa

ganda germanica -dice il Venkov -continua a lavorare allo scopo di influire sulla pubblica opinione inglese e francese e stancarla in modo che finisca di interessarsi alla Cecoslovacchia ritenendola immeritevole di interessamento». E la Narodni Politika aggiunge: «In Francia purtroppo la propaganda della Germania ha iniziato un lavoro in profondità, sia nella stampa che nell'opinione pubblica, allo scopo di demoralizzare, spaventare e dissuadere il popolo francese».

Comunque i cechi mostrano di voler venire a patti. Si fa intendere che tra giugno e luglio potrà esservi un 'intesa con relativa approvazione del Parlamento. Guardando al passato non trovano ancora posto previsioni ottimistiche.

215 1 Il testo del memorandum fu mantenuto segreto, di comune accordo fra le parti, fino al 19 luglio, quando il Partito dei tedeschi sudeti lo rese noto in seguito alla pubblicazione su Le Temps di un ampio riassunto del suo contenuto. Il testo del memorandum è in Relazioni Internazionali, pp. 551-552.

215 1 Vedi DD. 92 e 104. 215 'Vedi D. 197.

216

IL MINISTRO A TIRANA, JACOMONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO'. Roma, 13 giugno 1938.

SITUAZIONE INTERNA DELL'ALBANIA.

La situazione in Albania, a seguito del matrimonio regale, ha subito qualche mutamento: il prestigio del Re appare scosso dinanzi alle popolazioni musulmana e cattolica, per diverse ragioni a noi più vicine, mentre gli ortodossi, fra i quali si reclutano gli elementi più favorevoli alle intese con gli Stati balcanici, si fanno per ciò stesso più arditi.

Di fronte alla sminuita popolarità che il Re sente aleggiare intorno al trono, riesce a lui più difficile sottrarsi alla tenace presa che su di lui tendono ad esercitare i gruppi finanziari albanesi nazionalisti che si riassumono nelle due grandi Società Sita e Stamles e hanno esponenti a Corte nel padrino del Re, Abdurrahman Mathi e nelle stesse sorelle del Sovrano. Questi gruppi finanziari noi abbiamo in passato combattuto senza successo e ci troviamo oggi di fronte, relativamente ricchi di capitale proprio e di tecnici tedeschi o cecoslovacchi.

La famiglia infine della Regina si fa portavoce di capitalisti ebrei di Londra, di Praga e di Budapest che, minacciati dal nazionalsocialismo cercano di porre in salvo in Albania la vita ed i beni. Dallo stesso Conte Apponyi Antonio, zio della Regina, mi è stata confermata la discussione da lui avuta al riguardo con Zog sfavorevole a questa immigrazione di gente e capitale ebraici.

In questa situazione di debolezza del Re, di fronte a forze familiari e tradizionali che tentano imporsi alla sua volontà, già in questo momento provata dalla concezione orientale e musulmana del matrimonio, si inserisce la campagna mossa dai fuorusciti in Francia di accuse al Re per il succedersi intenso di concessioni economiche ali 'Italia durante l 'ultimo anno. Dai circoli avversi al Regime si insinua più o meno apertamente che il Re sta per concedere all'Italia il protettorato, che il Re chiamerà in sua difesa le truppe italiane, notizie intese tutte a stimolare in lui la resistenza a nostre eventuali richiese e ad agitare in pari tempo contro di lui le forze nazionaliste del Paese.

Lo stato di turbamento suesposto tocca naturalmente un numero ristretto di persone, al massimo qualche migliaio: i funzionari dello Stato ed i frequentatori del Parlamento e dei caffè. Le masse contadine ed operaie soffrono invece la miseria più grave che da anni siasi presentata, per la disoccupazione operaia e

216 'Questo appunto e gli altri qui pubblicati come DD. 217, 218 e 219 furono portati a Roma da Jacomoni (vedi CIANO, Diario, alla data del 13 giugno) che in quella occasione consegnò altri appunti (non pubblicati) che recavano le seguenti intestazioni: «programma di iniziative da svolgersi in Albania», <<questioni urgenti>>, <<provvedimenti di immediata opportunità>>, «forze albanesi».

per le inondazioni dello scorso inverno che hanno distrutto interamente il raccolto della prima semina di grano e di granone.

Il terreno sociale per motivi rivoluzionari o per esperimenti terroristici appare oggi in Albania singolarmente favorevole. Fanno tuttavia da freno l' assenza di capi e il timore quasi superstizioso che ispira la persona del Sovrano.

Il Re, colla ricostituzione del Gabinetto e l'immissione di uomini devoti ad Abdurrahman Mathi, che ha al suo soldo le bande del Mathi e di Dibra, ha voluto ovviare ai pericoli più urgenti. Egli è inoltre tornato a prendere misure di sicurezza intorno alla sua persona quasi interamente abbandonate dopo il matrimonio. Cercherà ora il Re di far leva sul diversivo offertogli dai fuorusciti tentando di mutare in sentimento antitaliano il malumore che si solleva contro di lui?

Nel colloquio con me avuto il 28 maggio, il Re mi ha accennato agli elementi di un programma che non sembrerebbe diretto in questo senso, ma anzi, o ve egli abbia l'energia per attuarlo, ad allontanare i pericoli che lo minacciano, previo accordo con noi a mezzo di provvedimenti di vasta portata:

l) Una sempre più decisa intimità politica nei nostri riguardi che non mi ha tuttavia specificato se non nei punti seguenti: a) desiderio di un prossimo incontro col Duce; b) speranza in una prossima ulteriore visita di Vostra Eccellenza in un momento in cui festività personali o nazionali non distolgano lui stesso ed il Paese dal dedicarsi interamente a Vostra Eccellenza; c) desiderio che personalità italiane rappresentative delle varie branche del pensiero italiano visitino l'Albania e si interessino ad essa; d) l'utilità che egli vedrebbe a che la Legazione d'Italia a Tirana fosse trasformata in Ambasciata per marcare la differente sua posizione di fronte alle rappresentanze di altre Potenze;

2) Il proposito, in evidente collegamento col progettato rafforzamento dei legami con l 'Italia, di procedere a tutto un programma di portata sociale. Questo programma, destinato a combattere i mali maggiori che affliggono l'Albania e che sono imputati nella loro presente acutezza alla inerzia del Sovrano, prevede lavori pubblici che diano immediato riparo alla disoccupazione operaia e industrie minerarie che impediscano il riprodursi di essa, ma soprattutto si basa: a) sulla organizzazione del Dopolavoro albanese; b) su un vasto programma di bonifiche da eseguirsi con capitali italiani ottenuti possibilmente a mezzo di un forte prestito senza interessi; c) su una soddisfazione spirituale ali'opinione nazionalista portando rimedio col suesposto progetto di bonifica anche al minacciato trasferimento degli albanesi musulmani del Kossovo in Turchia; proponendo invece alla Jugoslavia un loro richiamo se pur lento nelle terre man mano bonificate dali'Albania.

Da tutto l'ultimo colloquio col Sovrano mi è apparso che la soluzione del problema delle bonifiche assieme a quello della malaria, gli si presenti, dinanzi al disagio sociale ed economico del Paese, con carattere di eccezionale urgenza specie per quel che riguarda intanto la possibilità di poterne dare pubblica comunicazione.

Il Re n eli 'ultima parte del colloquio ha tenuto a precisare che non appena gettate le basi per una soluzione di questo problema, che egli avrebbe trattato con me personalmente, ali' infuori di ogni ingerenza del Governo, egli avrebbe rinviato l'attuale Gabinetto e formato un Governo di uomini capaci di un'attiva e sicura collaborazione con noi. Egli si è richiamato alla dichiarazione fattami nella mia udienza di presentazione delle Credenziali, che cioè il Gabinetto attuale sarebbe stato un Gabinetto di transizione che avrebbe ceduto il posto ad un Gabinetto di piena nostra soddisfazione non appena, liquidato il passato, si fosse entrati in una fase di attiva collaborazione su nuove e larghe basi.

Base di questa nuova collaborazione, il Re non si stancava dal ripetermi, doveva essere la grande opera di bonifica dell'Albania, per la quale egli pregava intanto di inviare al più presto possibile in Albania a studiare sul posto la questione, il rappresentante di qualche grande società italiana. specializzata in materia che fosse in grado di preparare rapidamente un programma da iniziarsi subito per le opere più semplici e successivamente per le più complesse. In pari tempo egli pregava vivamente di accelerare il nostro contributo allo sviluppo dei lavori pubblici destinati a combattere la disoccupazione e mi faceva comprendere, senza però farmene aperta richiesta, che ove questi aiuti avessero dovuto tardare, la miglior propaganda per il Fascismo sarebbe stata in questo momento un immediato aiuto in natura che permettesse ali'Albania di uscire dali'attuale penuria di grano e sopra tutto di granone.

Il programma del Re, basato sul nostro concorso sia per lenire il male immediato della carestia che per risolvere i secolari problemi della terra e della malaria, è organico e mostra una moderna concezione dei bisogni del popolo da un lato e della situazione d eli'Albania verso l'Italia, dali' altro. Ma avrà il Sovrano l'energia di eseguirlo? Saprà egli vincere la tendenza forse in lui ereditaria a temporeggiare, a cercar rimedio nei paliativi e nei raggiri sia verso il suo popolo che verso l'Italia? Saprà egli sottrarsi all'influenza dei consiglieri che nella politica di altalena verso le varie Potenze estere, di intrigo in politica interna, nel mantenere il Re staccato dal popolo, hanno la sola ragione di potenza? Quale sarà nei nostri riguardi l'influenza della Regina?

Come ungherese è verosimile essa sia animata da spirito nazionalistico, come aristocratica allevata negli ambienti della monarchia asburgica è verosimile che i suoi sentimenti nei nostri riguardi non siano i migliori. In ogni caso essa rappresenta un elemento estraneo inserito in quello che attraverso dissapori e sgradevoli vicende è stato fin qui un rapporto a due fra l'Albania e l 'Italia.

Ammessa o negata la capacità del Re a tener fermo il suo programma di collaborazione con noi e di radicale trasformazione nei suoi metodi di governo, le nuove ingenti richieste del Re impongono a noi una precisazione della nostra linea apolitica e degli scopi della nostra azione2•

216 2 Il documento ha il visto di Mussolini.

217

IL MINISTRO A TIRANA, JACOMONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

Roma, 13 giugno 1938.

RAPPORTI FRA ALBANIA E POTENZE ESTERE.

Vostra Eccellenza ha constatato durante il suo ultimo soggiorno a Tirana il primato delle posizioni italiane in Albania di fronte a quelle delle altre Potenze.

Ciò non significa tuttavia che il lavorio di esse inteso ad accrescere in Albania la propria influenza economica e politica sia cessato. Di fatto, anche se perseguono fini diversi esse si trovano tutte solidali nel tentativo di sabotare l'azione italiana.

Per quanto è possibile giudicare, fra le Legazioni qui stabilite, trascurabile è oggi l'azione della Bulgaria e della Romania, poco attive e poco considerate. Intensa è commercialmente l'azione della Cecoslovacchia che compie anche qualche incursione nel campo culturale e politico. La Legazione di Turchia che gode grande prestigio fra i musulmani, pur essendo alquanto impacciata nella sua azione dalla presenza a Corte del marito della Principessa Xenia, dell'antica Famiglia imperiale turca, si sforza di mantenere la sua influenza in contrasto alla nostra.

La Legazione di Francia, forse per non dispiacere alla Jugoslavia limita essenzialmente la sua azione al campo cul!urale e sociale. La sua influenza con carattere socialistoide nettamente antifascista ed antizoghiana, è fortemente sentita a Korcia dove esiste ancora un liceo francese, istituito durante l'occupazione francese.

La Legazione d'America, più che un'azione specificatamente antitaliana, divulga la sua professione di fede democratica e antifascista. Essa ha qualche influenza in relazione ai numerosi albanesi emigrati in America ed ali' azione svolta qui dalle scuole agricole americane e dalla Rockfeller a prevenzione della malaria, azione che si esaurirà entro i prossimi cinque anni.

Riservando in ultimo l'esame del!' atteggiamento dei due Paesi confinanti è da dire che le due grandi Potenze che sopratutto tendono ad esercitare una influenza antitetica alla nostra sono la Germania e la Gran Bretagna. Tutta la Legazione di Germania, forse per non distruggere l'eredità di sentimenti antitaliani lasciata qui dali' Austria, ostenta un atteggiamento di netto riserbo nei nostri riguardi. La sua attività è notevole sopratutto nel campo economico e culturale. Si vocifera oggi della possibilità di un viaggio in Albania a scopi di caccia del

signor Goring, mentre l'imminente nomina di Rauf Fitso, il più intrigante ed attivo fra i diplomatici albanesi a Berlino starebbe a provare che l'azione germanica trova qualche riscontro nel Governo albanese, a meno che in tale nomina non debba vedersi una precauzione intesa a sondare a Berlino eventuali intese nostre colla Germania ai danni d eli'Albania.

L'azione più nettamente a noi contraria fu tuttavia fin qui svolta dall'Inghilterra, sia presso il Re, a mezzo della Legazione, sia in Paese a mezzo degli ufficiali addetti alla gendarmeria.

Da qualche tempo questa azione sembra affievolita, ma ali' affievolirsi di essa ha corrisposto una vivacissima ripresa dell'attività greca in Albania che, da dichiarazioni di questo Ministro di Grazia, è personalmente voluta dal Re e dal signor Metaxas.

Opinione corrente in Albania è che questo improvviso mutamento delle disposizioni greche verso l'Albania che hanno avuto manifestazioni in molte rinunzie a posizioni preesistenti da parte greca nel campo della proprietà e scuole delle minoranze albanesi in Grecia, nel campo religioso col riconoscimento della Chiesa autocefala albanese, con concessioni circa il transito di frontiera, sia ispirato dali 'Inghilterra. Il nuovo atteggiamento della Grecia ha di recente culminato con una visita del Re di Grecia ad un porto di confine albanese. L'elemento ortodosso d'Albania greco e greco filo svolge presso la Corte atti va opera e tiene il Re sotto continue minacce di tentativi insurrezionali.

L'azione della Jugoslavia infine dà l'impressione di ispirarsi a due criteri del tutto opposti che fanno probabilmente capo al signor Stojadinovié da un lato ed allo Stato Maggiore dali' altro. Mentre infatti il programma annunciato dalla Legazione di Jugoslavia di tranquilla azione a carattere economico e di iniziative turistiche e sportive si svolge con l'intensificazione delle linee marittime, colla istituzione del traffico aereo, colla creazione di una società per il commercio jugoslavo-albanese, dali'altra non è cessata l'attività di misteriosi viaggi dell'Addetto Militare jugoslavo2 , né sembra siano cessate, seppure sono diminuite, le elargizioni in denaro.

Immutate inoltre sono rimaste le forze dei fuorusciti in Jugoslavia, seppure alquanto arretrate nell'interno; immutate le truppe jugoslave ai confini e proseguita con ritmo sempre più intenso la costruzione di strade, alle frontiere albanesi.

A questa azione individuale delle singole Potenze in Albania va aggiunto, a completamento del quadro, una collaborazione più o meno intensa, a seconda dei momenti, di tutte le Potenze balcaniche, essenzialmente della Grecia e della Jugoslavia ai fini di impedire che l'Albania tenda a formarsi sotto l 'influenza italiana una propria coscienza che potrebbe dirsi occidentale o adriatica in contrasto a quella balcanica che le hanno dato i secoli di convivenza nel regime turco. Questi tentativi di collaborazione si manifestano nel campo culturale, spor

tivo e turistico. Da un punto di vista politico circola a Tirana la voce che l'Inghilterra stia dedicando oggi la più assidua cura a valorizzare, ponendosi alla testa di essa, l'Intesa Balcanica e che l'Inghilterra lavori in questo senso anche in Albania.

Non mancano a questo riguardo a Tirana coloro che non vedono un pericolo per l'Italia nel permanere in Albania di una coscienza balcanica. Alcuni anzi ritengono che il favorire determinati contatti fra l'Albania e gli Stati balcanici potrebbe dare all'Italia, o ve noi volessimo servirei delle numerose influenze di cui gli albanesi dispongono nei Balcani, il modo di prevenire l'Inghilterra nella sua azione di fronte alla Intesa Balcanica. Principale fautore di queste idee, uomo di ingegno e che indubbiamente dispone di forti relazioni in tutti gli Stati balcanici, è il signor Mechemet Kromtza che si fa forte, ove Vostra Eccellenza lo desideri, di poter intanto, data la sua intima amicizia con Atatiirk, ricondurre alla maggior intimità le relazioni italo-turche. Dato di fatto che Vostra Eccellenza già conosce è, in ogni caso, la notevole forza di influenza di cui gli albanesi dispongono in tutti i Paesi balcanici, ma sopratutto in Turchia e in Grecia, influenze che potrebbero un giorno avere anche per noi qualche valore.

217 1 Vedi D. 216, nota l.

217 2 V. Kalecak.

218

IL MINISTRO A TIRANA, JACOMONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNT0 1 • Roma, 13 giugno 1938.

RAPPORTI ITALO-ALBANESI.

Questo Ministro degli Esteri mi ha mostrato una Nota inviata dal gruppo dei fuorusciti di Parigi alla Società delle Nazioni. Essa addita la situazione albanese che, complice il Re, si manifesta ogni giorno in più accentuato servaggio nei riguardi dell'Italia.

Il Ministro degli Esteri ha tenuto a darmi l 'impressione che la nota non avesse grande importanza. Divulgata tuttavia dai numerosi amici che i fuorusciti hanno tuttora in Albania, essa ha posto nuovamente sul tappeto della pubblica opinione i rapporti tra l 'Italia e l'Albania. Essa è giunta in un momento psicologico particolarmente delicato perché l'annessione dell'Austria ha fatto a molti pensare che stava per giungere la volta per l 'Italia di annettersi l'Albania e che al riguardo vi fossero già intese con la Germania.

218 'Vedi D. 216, nota l.

A ciò si aggiunga in qualche ambiente, sia nazionalista, sia al soldo di altre Potenze, sia semplicemente composto di persone che sfruttano la situazione attuale, la reazione all'imponente dimostrazione di Governo e di popolo a Vostra Eccellenza in occasione delle nozze reali. Qualche espressione della stampa italiana in questa occasione ha versato olio sul fuoco 2

Da parte del Governo, come da parte del Sovrano, nulla è tuttavia apparentemente mutato nei nostri riguardi. Molte personalità albanesi frequentano, come fino a ieri, la Legazione; due conferenze su soggetto scientifico tenute il 4 corrente dal Prof. Ferranini, della Facoltà medica di Bari, al Municipio di Tirana hanno richiamato molto pubblico e l'intervento di personalità ufficiali. Tutta Tirana, di ogni classe sociale, ha assistito alle rappresentazioni del viaggio di Hitler a Roma. Una mostra di quadri del pittore Musacchio ha avuto il miglior successo. Ma nei caffè si parla molto di una prossima occupazione italiana. si dà per certa una imposizione italiana a Zog di accettare il Protettorato e si fantastica di discussioni vivaci che avrebbero avuto luogo fra Vostra Eccellenza ed il Sovrano durante il soggiorno qui dell'Eccellenza Vostra.

A questa agitazione deve a mio avviso corrispondere una attitudine di molta calma da parte nostra. Una attitudine nostra che non si discosti da quella tenuta nel passato è il migliore antidoto.

La situazione offre inoltre soggetto interessante di studio su quel che è oggi lo stato d'animo albanese nei nostri riguardi e quella che è stata finora qui la nostra azione.

Il Re ha esiliato o fatto scomparire i principali elementi nazionalisti cui potrebbe far capo una forte reazione contro di noi. Egli solo, attraverso pochi uomini suoi, è in grado di svilupparla. Gli albanesi, nell'intimo loro conservatori, sono profondamente attaccati alloro Paese e sentono ancora nelle classi di media cultura l'influenza delle dottrine liberali e nazionali del secolo scorso. Sono ancora relativamente giovani gli uomini che hanno condotto alle lotte di insurrezione contro la Turchia e che hanno contribuito ad allontanare dali' Albania gli eserciti di occupazione. Molti di questi uomini sono tuttavia oggi senza seguito ed intimoriti dall'azione del Re. Molti sono disgustati dall'opera dell'attuale Governo, alcuni infine sono legati a noi da interessi o speranze.

Questi ultimi non sono tuttavia numerosi: il carattere degli albanesi ha distintivi antitetici difficili a tener presenti per chi tratta con loro: è ombroso, cavalleresco ed in pari tempo venale e mutevole. Vostra Eccellenza gode oggi di tanto prestigio anche perché è stato con gli albanesi generoso ed indulgente, ha lusingato il loro amore al denaro ed alla lode.

Ma l'azione italiana qui ha nel suo insieme ferito molti dei punti sensibili del cuore albanese. L'italiano ha in generale dimostrato il più profondo disprezzo per l'albanese e, peggio ancora, gli ha dato l'impressione di sfruttarlo. L'azione della Banca d'Albania e della E.I.A.A. sono state particolarmente nocive al riguardo. Migliori si sono fin qui dimostrate in primo piano A.I.P.A. e secondariamente la Parodi Delfino.

Da un anno, seguendo le istruzioni di Vostra Eccellenza la situazione è

alquanto mutata, ma le resistenze da parte italiana sono state vivissime e la sensibilità albanese non è che in parte modificata.

Nulla inoltre è stato fatto da parte nostra nel campo sanitario, assistenziale e per migliorare la condizione economica delle masse che soffrono una miseria quale dieci anni fa era sconosciuta.

Per molte ragioni un'azione in questo senso si presentava difficile ed in ciò sta la maggior condanna del regime di Zog, ma in ogni modo è da constatare che non si può contare sui frutti di essa.

Le dimostrazioni popolari a Vostra Eccellenza, come ebbi già a precisare, più che segni di riconoscenza potevano interpretarsi come speranza che Vostra Eccellenza rappresentasse il simbolo che l'Albania vedeva per la prima volta della nuova Italia Fascista.

Accanto a questi lati negativi vi sono tre elementi di carattere positivo: l) Il grande prestigio del Duce, dell'Italia Imperiale e il sentimento popolare per Vostra Eccellenza;

2) Un diffuso per quanto inespresso sentimento che le sorti dell'Albania dipendono in definitiva dali 'Italia; un adattamento ali 'inevitabile al quale gli albanesi sono portati dal lato orientale del loro carattere;

3) La diffusa sensazione che i nostri aiuti siano molto maggiori di quel che sono realmente, che il bilancio albanese sia in pratica pagato da noi, che economicamente l'Albania non sia vitale, mentre in realtà il nostro apporto al bilancio di 28 milioni di franchi oro si riduce ai tre milioni del prestito agricolo e ai tre milioni e mezzo del prestito militare, cifre che potrebbero facilmente essere coperte dalle entrate albanesi se la megalomania, il disordine amministrativo e l'involontaria preziosa azione dei nostri tecnici non avesse imposto ali' Albania una struttura statale ed una burocrazia assolutamente sproporzionata ai suoi bisogni.

In sintesi lo stato d'animo albanese verso l'Italia è fatto più di timore che di amore. Al timore dell'Italia fascista sarebbe tuttavia necessario che andasse unita maggior considerazione per gli italiani singolarmente presi, mentre non posso nascondere a Vostra Eccellenza che il rispetto individuale è stato fin qui dagli italiani residenti in Albania poco meritato; molti sono stati i casi di imbrogli fatti qui da italiani; scandalosa è stata spesso la condotta privata; acre il desiderio di lucro e l'azione di reciproca calunnia di fronte agli albanesi. Ed è da osservare che tanto indulgenti sono gli albanesi verso i propri connazionali ed anche verso stranieri, altrettanto sono esigenti verso gli italiani che abbiano in qualsiasi campo posizioni elevate e ai quali si attaccano solo se ne abbiano esempio di purità di intenti e di costumi'.

218 ' Il documento ha il visto di Mussolini.

218 2 Vedi D. 204.

219

IL MINISTRO A TIRANA, JACOMONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNT01 • Roma, 13 giugno 1938.

MODALITÀ DI UNA NOSTRA AZIONE IN ALBANIA.

Da molti anni la nostra politica in Albania ha avuto come unico fulcro Re Zog. Attraverso alterne vicende egli non ha potuto sfuggire alla necessità, impostagli dalla difesa dello Stato e della sua persona, di procedere a sempre maggiori concessioni ali' Italia.

L'ultima conversazione da me avuta con lui, il 28 maggio, può dar l'impressione ch'egli sia disposto a continuare anche con ritmo intensificato su tale strada. Tuttavia è da tener presente che il proseguire sulla linea di metodico progresso fin qui seguita richiede una lungimirante, perfetta concordia di azione da parte delle nostre amministrazioni pubbliche e private affinché l'azione non conduca precisamente là dove non si vuole arrivare, a svincolare l'Albania dal nostro predominio economico rendendola realmente indipendente.

L'azione intesa a sviluppare l'Albania, riassorbendone continuamente per garanzia di nuove intraprese ogni nuovo reddito della finanza, accrescendone continuamente i bisogni e legando a noi ogni nuova attività, è esposta a tre ordini di pericoli:

l) scarsa disposizione dei nostri tecnici a seguire direttive politiche che diversifichino il rapporto i tal o-albanese da quello fra l 'Italia e altri Stati; scarsa solidarietà delle nostre Società finanziarie industriali e commerciali;

2) concorrenza di capitali stranieri, man mano che appaia, come è pur necessario, che le nostre aziende lavorano con successo;

3) possibilità che agli attuali governi venali e sui quali possiamo avere facile presa succeda un governo serio, che, amministrando saggiamente, si sottragga alla necessità dei nostri apporti finanziari.

Sotto molti aspetti la nostra penetrazione in Albania può tuttavia non apparire oggi sufficiente perché si possa senz 'altro tirar le fila del!' azione decennale.

In ogni caso occorre a noi esser preparati all'ipotesi che una scomparsa del Re o una fuga del Re di fronte a un moto interno provocato dal malgoverno e dalla miseria ponga da un momento ali' altro a repentaglio, sia pure in via non duratura, la nostra paziente opera in Albania.

219 'Vedi D. 216, nota l.

In questi ipotesi occorre preparare la possibilità che l'intervento italiano venga chiesto dal governo in carica o dal Parlamento o, se questi si rifiutasse, dai capi della sommossa.

Solo il terrore quasi superstizioso verso la persona del Re ha finora trattenuto le vendette di sangue che si cumulano su di lui.

Molto si è parlato della salute cagionevole del Re, ma non è da prevedere una sua scomparsa per malattia, anche perché ogni precauzione è da lui presa a questo riguardo (la sua cucina, ad es., è preparata personalmente dalla sorella, come del resto usa nelle grandi case albanesi).

Faciliterebbe certo la nostra azione l'avere sul posto elementi sui quali poter fare affidamento. Potrebbe al riguardo considerarsi l'opportunità di una crociera turistica composta di persone convenientemente scelte.

In qualunque ipotesi di sommossa o incidente, è da tener presente la possibilità di sconfinamenti dal Kossovo o dalla Ciamuria di albanesi guidati da fuorusciti e conniventi la Jugoslavia o la Grecia.

Non posso precisare l'attitudine dell'esercito albanese. Esso è ostile al Re, ma gli ufficiali hanno del patriottismo, come ve ne è soprattutto in Albania negli ambienti che hanno frequentato scuole all'estero. In ogni caso sarebbe opportuno evitare che il moto avvenisse in momenti in cui molta truppa fosse riunita come accade annualmente alle date del l o settembre e 27 novembre.

Nei riguardi della gendarmeria un imbarazzo potrebbe esser costituito, fino al settembre prossimo, dalla presenza degli ufficiali inglesi.

Sempre nella ipotesi che la soluzione del problema albanese debba avvenire in seguito a scomparsa del Re, è da tener presente che la relativa preparazione richiede come minimo tre mesi.

Essa dovrebbe esser condotta su quattro settori a mezzo di quattro uomini che ignorino ognuno l'azione deil'altro: l) Opera di narcotizzazione e di corruzione della vecchia classe politica e particolarmente degli uomini vicini al Re.

Scopo dovrebbe esser quello di preparare almeno uno di questi uomm1 a farsi autore dell'offerta al Re d'Italia Imperatore di Etiopia della Corona d'Albania ed a chiedere l'intervento delle nostre truppe.

La persona a cui questo incarico di preparazione della classe dirigente può essere affidato è il Comm. Vincenzo Rocco, ricco e influente commerciante in Albania, Sottotenente dei Carabinieri e nipote del defunto Alfredo Rocco, che ha già reso molti servizi durante le sanzioni. Occorre per questo fine disporre di somme abbastanza ingenti: la cifra potrebbe essere di 5 milioni di franchi oro in Albania e di 30 milioni di lire in Italia da distribuirsi al momento opportuno. Occorrerebbe anche pensare ad assicurare largamente il futuro del Comm. Rocco

o della famiglia. 2) Corruzione di alcuni capi banda nel Mati, nel Dibrano e nella Mirdizia. Corruzione di un ingente numero di deputati. Le bande dovrebbero immobiliz

zare l'eventuale resistenza dell'esercito e della guardia e fronteggiare la discesa di fuorusciti dalla Jugoslavia e dalla Grecia, richiedendo in pari tempo la unione personale all'Italia. I deputati dovrebbero convocarsi per proclamare anch'essi l'unione.

L'uomo per questa azione dovrebbe essere l'On. Koci. Egli è persona assai complessa. Indubbiamente ama l'Italia. Egli è legato al Re, ma lo odia per l'ingratitudine dimostratagli. Non manca di patriottismo; ma onnipotente è su di lui il denaro. Per la sua opera occorrerebbe mettergli a disposizione una somma di 5 milioni di franchi oro e l O milioni di lire italiane. Tutto ciò a condizione che il Koci porti preventivamente in Italia la moglie e i figli.

3) Opera di propaganda presso i musulmani. Per questa azione occorrerebbe poter disporre, quale ispettore degli ambulatori italiani in Albania, del Prof. Enderle della facoltà medica di Roma.

4) Il mondo intellettuale infine, alcuni ambienti fuorusciti e in generale tutta la cosiddetta pubblica opinione contraria al regime sono già ben lavorati dall'ispettore dell'Opera Nazionale Dopolavoro, Giovanni Giro, nel quale la massa di scontenti ha trovato il capo la cui formazione finora Zogu era riuscito a impedire. È tuttavia da tener presente che malgrado ogni abilità di Giro è questa classe di uomini la più difficile a maneggiare, la più nazionalista, la più legata a potenze estere, quella infine che all'ultimo momento può offrire le maggiori sorprese.

Nel prospettare le suindicate eventualità non nascondo a V.E. che al momento attuale la preparazione in profondità è scarsa. La base del successo sta sopratutto nell'odio che il Paese nutre contro il Re e la classe di governo. Debbo inoltre far presente la difficoltà di mantenere segreti in Albania. In vista di ciò io non ho per il momento messo al corrente alcun funzionario della Legazione e neppure l'Addetto Militare. Legami di famiglia di alcuni ufficiali mi hanno consigliato la massima riservatezza.

Esaminate le possibilità di soluzione delJa questione albanese in caso di scomparsa del Re, a mezzo di moti interni che dovrebbero provocare il nostro intervento armato, resta da considerare le possibilità materiali di questo intervento. A prescindere dali 'invio rapidissimo di qualche contingente per via aerea occorrerebbe prevedere, per far fronte ad ogni velleità di resistenza anche successiva dell'esercito albanese, lo sbarco di due divisioni il cui trasporto sembra richiedere una quindicina di giorni. Potrebbe forse pensarsi in un primo momento a truppe da sbarco de IIa Regia Marina con l'appoggio di notevoli forze aeree.

Tutto quanto precede infine è detto nell'ipotesi che l'azione italiana in. Albania possa svolgersi senza intervento di altre Potenze.

Un intervento militare diretto potrebbe venire dalla Jugoslavia che ha tre divisioni attestate al confine albanese, più una di riserva, e che anche in questi ultimi tempi ha proseguito intensamente i lavori stradali nelJa zona di frontiera;

o dalla Grecia, che ha due divisioni e una brigata di cavalleria attestate al confine. Sarebbe anche da escludere una nostra azione mentre si trovasse in Adriatico una squadra inglese.

Ad ostacolare incursioni dalJa Grecia o dalla Jugoslavia potrebbe anche pensarsi al trasporto per via aerea del maggior numero possibile di truppe lungo la linea di confine a scopo dichiarato di difesa dei nostri interessi; ma è da tener presente che salvo quello di Scutari tutti gli altri campi sono piccoli ed esposti a divenire inatterrabili per la pioggia.

Mancano poi a me elementi per giudicare la scelta del momento internazionale che consenta la valorizzazione dei nostri titoli giuridici e morali sull'Albania.

Opportuna sarebbe l 'uscita dell'Albania della Società delle Nazioni, ma una nostra richiesta in questo senso difficilmente potrebbe esser presentata senza avvalorare i sospetti che già fermentano in Albania.

220

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL MINISTRO A BELGRADO, INDELLI

T. S.N.D. 540/84 R. Roma, 14 giugno 1938, ore 11,20.

Suo 69 1 •

Non ho parlato ancora con nessuno della venuta di Stojadinovié ma credo egualmente che la cosa sia stata risaputa. Non credo che sia possibile, né convenga tentare di mantenere il segreto. Penso che basterà dare alla visita il carattere che in realtà ha e cioè quello di un viaggio turistico e di un incontro amichevole2•

221

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. RISERVATO 4073/1187. Berlino, 14 giugno 1938 (per. il 16).

È venuto ieri a vedermi in VISita di congedo il ministro d'Egitto, Nashat Pascià, che ora va ambasciatore a Londra. Desidero incidentalmente attestare che

egli ha mantenuto con questa ambasciata relazioni ottime, e può essere considerato buon amico dell'Italia.

Nashat Pascià mi ha detto qualche cosa di interessante. Sapendo che va a Londra, egli è stato fatto oggetto da parte di tutti i dirigenti tedeschi delle più cordiali attenzioni, e tutti, grandi e piccoli, si sono dati da fare per persuaderlo, in modo che egli potesse ripeterlo a Londra e anzi domandandogli di farlo, che la Germania ha le migliori intenzioni possibili nei riguardi dell'Inghilterra e mai più di ora desidera di mettersi d'accordo con essa. In questo senso si sono espressi persino elementi come Goebbels e lo stesso Flihrer.

Nell'udienza di congedo accordatagli da Hitler, Nashat Pascià ha anche appreso un elemento relativamente nuovo e che può gettare una certa luce sopra gli attuali atteggiamenti politici tedeschi in materia coloniale.

Parlandogli infatti di colonie, il Flihrer non ha più accennato a «ex colonie tedesche», ma ha fatto menzione in genere di colonie, a contenuto più che altro commerciale, quasi dando l'impressione che la Germania si contenterebbe di territori in cui le fossero sopratutto assicurati privilegi commerciali, sì da permetterle il collocamento dei propri manufatti contro importazione di materie prime. Dal punto di vista militare il Flihrer ha detto: Noi non vogliamo delle colonie che possano rappresentare una causa di indebolimento della forza della madrepatria, forza la quale per noi è e deve rimanere sul continente.

Per quanto riguarda la Cecoslovacchia, il Flihrer ha dato a Nashat Pascià assicurazioni precise che la Germania, pur perseguendo i suoi intenti nazionali, non intende affatto procedere ad atti aggressivi, capaci di compromettere la pace europea.

220 1 Con T. 3231/69 R. del 13 giugno il ministro Indelli aveva comunicato che Stojadinovié, il quale aveva taciuto con tutti dell'imminente incontro con Ciano, desiderava sapere se Ciano ne aveva fatto cenno con qualcuno in modo da potersi regolare con i francesi, gli inglesi e i tedeschi, con i quali soprattutto il segreto sembrava preoccuparlo.

220 2 Il giorno successivo Ciano telegrafava a Berlino: «Dopodomani giungerà a Venezia in viaggio di riposo Primo Ministro jugoslavo Stojadinovié. Mi recherò ad incontrarlo. Non è previsto esame di nessuna questione politica ed incontro avrà carattere privato ed amichevole. Di quanto precede informare Ribbentrop». (T. 542/226 R. del 15 giugno. La minuta è autografa di Ciano).

222

IL CONSOLE GENERALE A LIONE, TAMBURINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPPORTO S.N. Lione, 14 giugno 1938 (per. il 24 ).

Ho l'onore di riassumerle il colloquio avuto oggi con il Presidente Herriot.

Sui rapporti Francia-Italia ha ammesso esplicitamente che la situazione è così tesa che ci si potrebbe credere alla vigilia di una guerra. Non solo la Spagna ci divide. tutto ormai ci divide. La Francia repubblicana logicamente deve aiutare il governo repubblicano

dei Rossi, liberamente (?) eletto dal popolo spagnolo. Può essere che Franco vinca, ma sarà una vittoria, né tranquilla, né di lunga durata. Parecchie province sono tutt'altro che franchiste e la loro conquista non impedirà ribellioni, lotte, pronunciamenti e quindi guerra ancora.

La Francia in fatto di soccorsi alla Spagna Rossa ha fatto ben poca cosa in confronto agli alleati di Franco e comunque non ha mandato neanche una divisione d'uomini.

Con Franco la Francia potrebbe sin d'ora e potrà intendersi anche più tardi in qualunque momento. «D'ailleurs il parait qu'il n'y a pas une si parfaite entente ·entre Franco et ses alliés. Vous avez vu les déclarations de Ybarnegaray à Grenoble».

L'attacco d'aeroplani in territorio francese di giorni fa' ha destato un vivissimo allarme, le misure necessarie sono state subito prese e l'ordine è di dar subito la caccia e sparare contro qualunque aeroplano si presentasse su territorio francese.

Anche la situazione in Cecoslovacchia è profondamente preoccupante: «Mais nous mobiliserons, la promesse est donnée», ha affermato Herriot. Gli ho fatto presente che la Francia rischia di restare isolata se Polonia e Romania negano il transito alla Russia, come pare ormai accertato. È rimasto un momento silenzioso poi ha detto: «Quand meme nous mobiliserons, tout est pret». (È vero che mobilitare e entrare in guerra è un altro affare. Anche mobilitando, la Francia, dopo aver fatto il bel gesto, se restasse sola potrebbe sempre invocare il caso di «forza maggiore»).

Circa la questione dell'ambasciata a Roma, gli ho chiesto se era vero quello che i giornali hanno comunicato e cioè che era stato il suo intervento a determinare Daladier e Bonnet a rinunciarvi. Ha risposto subito. accalorandosi, che non era vero, che tutto ciò si è passato quando era già partito alla volta dell'Egitto, che continuamente anche la stampa italiana gli attribuisce molte cose non vere, che la Francia del resto segue da tempo una politica che non ha la sua approvazione, che non si occupa più neanche ufficiosamente di questioni di politica estera, se no avrebbe accettato le varie offerte fattegli anche da Blum, del ministero Esteri. Ha mandato smentite alla Stefani che non sono state pubblicate; anche in occasione del discorso Campinchi a Tolone2 dice che non era vero, può essere si sia trattato di conversazioni private ma anche questo non gli risulta.

La ragione del mancato invio del!' ambasciatore a Roma è sempre causata dal

come dovrebbero esser redatte le lettere di accreditamento. La Francia aveva prov

veduto alla nomina di un suo ambasciatore nella persona del conte di St. Quentin

«que l'Italie a refusé» per il noto motivo; ora, sin tanto che non ci sarà stato un

riconoscimento positivo da parte della Francia dell'Impero d'Etiopia, non ci potrà

essere invio di ambasciatore. Tutto ciò doveva essere incluso nelle conversazioni

iniziatesi sembrava sotto buoni auspici poi abbandonate non ad iniziativa della

Francia.

L'Italia mostra addirittura di non volerle più desiderare, il discorso di Genova3

poi ha suscitato grande impressione e maggior diffidenza ancora contro l'Italia.

Gli ho ricordato le sanzioni che hanno determinato il primo profondo distacco

fra Francia e Italia. Ha risposto: Ma se è la Francia che ha impedito le vere sanzioni

(petrolio. militari, invio di armi al Negus, ecc.). Gli ho fatto presente che è stata la

222 ' Il 5 giugno, alcuni aerei di nazionalità sconosciuta avevano bombardato una linea

ferroviaria a sud di Tolosa. In seguito a ciò, il presidente Daladier aveva annunciato che sareb

bero state prese urgenti misure a difesa del territorio francese dagli attacchi aerei.

222 ' Vedi D. 99, nota l.

certezza del conflitto mondiale che ne sarebbe derivato che ha trattenuto Francia e Inghilterra, se no le avrebbero applicate. Gli ho anche detto che a un grande Paese come l'Italia ex-alleata non doveva esser fatto un simile affronto. Ha risposto che erano state Francia e Italia a patrocinare l'entrata dell'Etiopia a Ginevra: «On n'égorge pas quelqu'un qu'on a invité à dfner». «Et la Chine?» gli ho risposto! «Ah oui c'est malheureux!» ha ammesso!. .. Ad ogni modo, ha soggiunto, la Società delle Nazioni non ha fatto che ridare la libertà a ogni membro di essa di regolarsi come meglio crederà nell'affare dell'Etiopia, dunque la Francia è libera di attendere il momento che crederà opportuno e che le conversazioni riprendano.

Herriot ha lamentato gli attacchi di ogni genere e specie della stampa italiana contro di lui, contro il popolo francese, contro l'esercito francese stesso. È convinto che in Italia si nutre una vera e propria haine contro la Francia, mai secondo lui, il governo francese si è permesso di attaccare così l'Italia come in Italia si è attaccata la Francia, però gli ho ricordato che il governo di Fronte Popolare di Blum e tutta la sua stampa non avevan certo risparmiato l 'Italia fascista e che anzi si erano fatti paladini di una vera e propria crociata contro il fascismo.

Evidentemente la conversazione su questo argomento ha dimostrato ancora una volta che l'abisso fra Francia e Italia, le loro concezioni, la loro volontà, i loro stessi interessi vitali nazionali sono agli antipodi e che un abisso incolmabile per ora le divide.

Circa la situazione del governo attuale francese ha detto che esso è stabile, che Daladier durerà ma che dovrebbe essere ancora più energico, tutti i suoi amici lo esortano in tal senso, un ritorno di Blum non è escluso, ma non certo ora, se mai in autunno, ma non crede. L'esperimento del Fronte Popolare con Blum alla testa non sembra averlo troppo convinto, si sente troppo radicale democratico della tendenza Daladier, «mais du Daladier actuel au pouvoir», ha precisato.

In Inghilterra Chamberlain gli sembra solido, non crede che per ora Eden e Churchill abbiano chances di succedergli, il partito conservatore ha riportato nette vittorie in recenti elezioni, bisognerà attendere cosa maturerà durante l'estate.

«La situation-ha detto infine Herriot-est grave camme elle ne l'a jamais été devuis 1914», e si direbbe si sia famigliarizzato all'idea di una guerra fra Francia e Italia.

Herriot mi ha dato l'impressione netta dell'uomo e del parlamentare ormai in declino. Meno padrone di sé, rivela più apertamente la sua insincerità e veulerie. Ascoltandolo, dal tono, dall'atteggiamento, da tutto l'insieme della sua conversazione si sentiva la mancanza di convincimento nelle tesi che sosteneva, come pure appariva evidente la povertà dei suoi argomenti facilmente ritorcibili.

È chiaro che ormai egli aspira unicamente all'ambita aureola del seggio Presidenziale come Capo dello Stato, con tutti gli onori e le prebende inerenti. Per ciò non vuole compromettersi eccessivamente e cerca sopratutto di mantenersi au dessus de la melée4

222 2 Su di esso si veda serie ottava, vol. VII, D. 628.

222 4 Il documento ha il visto di Mussolini.

223

IL CONSOLE GENERALE A VIENNA, ROCHIRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 4467/669. Vienna, 14 giugno 1938 (per. il 18).

Un comunicato diramato dalla Polizia segreta di Stato (Gestapo) in data del 10 corrente ha dichiarato lo scioglimento di tutte le associazioni studentesche cattoliche dell'Austria, tra cui il C.V. (Carte li-Verband) delle associazioni cattoliche degli studenti tedeschi, e le loro proprietà sono state sequestrate.

Il provvedimento era previsto, e non può sorprendere. Essendo state recentemente soppresse le associazioni studentesche «nazionali» che sono state assorbite nella federazione studentesca nazionalsocialista, era evidente che non avrebbero potuto continuare ad esistere le associazioni cattoliche, le quali avevano esercitato una attività favorevole al vecchio regime.

D'altra parte è naturale che il nazionalsocialismo adotti in Austria gli stessi provvedimenti già adottati nel vecchio Reich.

Il Gualeiter di Vienna, Globocnik ha esposto nel suo discorso del!' 11 corrente i principi direttivi del Partito nella questione confessionale: «Noi lasciamo libero ognuno di credere al suo Dio o alla Provvidenza, o di sentirsi legato all'una od all'altra confessione. D'altra parte ci aspettiamo e vogliamo che le Chiese si limitino senza eccezione alla loro unica missione della cura di anime. Noi non desideriamo che, ad esempio, la confessione religiosa conduca ancora in avvenire a dividere le scuole in cattoliche ed evangeliste. Mi aspetto perciò da tutti i camerati che inviino i loro figli nelle scuole comuni e si astengano dal farli frequentare le cosiddette scuole confessionali>>.

Anche questa proibizione, proclamata dal Gauleiter Globocnik non può sorprendere, in quanto che corrisponde perfettamente alle direttive del Partito già adottate nel vecchio Reich.

Come è noto le scuole cattoliche a Vienna, ed in tutta l'Austria, sono numerose e molto frequentate. Esse riceveranno certo un colpo abbastanza grave con la perdita degli allievi appartenenti a famiglie di funzionari di Stato o di iscritti al Partito. Tuttavia, potranno avere ancora la possibilità di richiamare un notevole numero di allievi, se non sarà condotta contro di esse una troppo violenta campagna di stampa e se sarà usata dal Partito una certa tolleranza in tale questione.

Si profila quindi, ora, in Austria, il principio della lotta tra l'autorità politica e le istituzioni religiose per la educazione della gioventù; lotta che specialmente in Baviera, si è svolta in forma spesso violenta ed è stata contrassegnata da reciproca intransigenza.

L'atteggiamento di lealismo politico verso il regime nazionalsocialista assunto dal cardinale Innitzer ha fatto sperare in questi ambienti cattolici che il dissidio possa assumere in Austria forme più miti e forse possa trovarsi una via di conciliazione.

Sarebbe anche nell'interesse del Pmtito nazionalsocialista di non acuire in questo delicato momento di trapasso le ragioni di disagio e di malessere che si rilevano in alcuni strati della popolazione della Ostmark, dato che, nonostante la propaganda anti-religiosa fatta dai socialisti prima e dai nazionalsocialisti poi, il fondo dell'anima austriaca resta nel complesso sinceramente cattolico.

È infatti innegabile che i surriferiti provvedimenti hanno destato molta impressione nella popolazione austriaca, la quale è grandemente sensibile a tutto ciò che riguarda la religione cattolica.

Analogamente viene rilevato il provvedimento recentemente decretato dal Comando superiore tedesco, che fa obbligo ai militari dell'antico esercito federale austriaco, passati nell'esercito del Reich, di abbandonare le antiche associazioni confessionali a cui fossero iscritti.

Gli ambienti cattolici hanno anche notato con disappunto che per la prima volta quest'anno la solenne processione del Corpus Domini ha avuto luogo senza la partecipazione dell'esercito e delle associazioni studentesche.

Sarà interessante seguire gli ulteriori sviluppi della questione religiosa in Austria, importantissima sia dal punto di vista di politica interna del Reich, sia pei rapporti con la Santa Sede.

224

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, GALLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 3332/040 R. Istanbul, 15 giugno 1938 (per. il 22).

Con rapporto n. 457 del 12 maggio u.s. 1 , avvenuta la nostra adesione a Montreux vi esposi, Eccellenza, quale si presentava a quel momento la situazione italo-turca e quali prospettive si affacciassero per dare un qualche incremento alle relazioni fra l'Italia e la Turchia, specie in vista della visita alla quale, nelle condizioni presenti, voi non potreste, a mio giudizio subordinato, rifiutarvi per l'autunno venturo. Successivamente e cioè il 25 maggio con n. 5052 , il lo giugno con n. 5223, ed infine l'8 corrente con telegramma per corriere n. 0384 vi esposi le aperture fattemi dall'ambasciatore di Turchia a Roma affinché voi foste presentito sull'eventualità di strin

224 ' Vedi D. 81.

gere vieppiù i legami diplomatici itala-turchi, ne indagai le probabili finalità, informai infino di un parallelismo di azione verso la Germania per dove sta per partire il Segretario Generale agli Affari Esteri Numan Menemencioglu.

Premesso che il giuoco della Turchia è ben chiaro, essa cioè non vuole, specie se i suoi rapporti con gli anglo-francesi si rinserrino e si precisino, che quelli con Italia e poi anche con Germania restino indietro, essa vuole cioè mantenersi in una situazione analoga fra le due coppie di grandi Potenze per poter utilizzare il consueto giuoco di equilibrio, ma osservato che a mio avviso conviene prestare orecchio alle proposte turche, sia per il valore concreto che esse possono avere, sia perché in ogni caso valgono a svalutare proporzionalmente i legami con Francia Inghilterra (e quantomeno ingenerare sospetto a Parigi e Londra), aggiunto che non conviene in nessun caso farsi precedere da Berlino (se effettivamente la Turchia voglia anche colà precisare qualche impegno politico), mi permetto insistere presso di voi perché vogliate darmi le vostre direttive ed istruzioni. Senza di che mi trovo in posizione di evitare' imbarazzo quante volte mi incontri con Aras (che peraltro ho cercato vedere poco in queste ultime settimane) non sapendo a che attenermi. Che se la opinione V.E., possa essere per avventura negativa, anche questo mi gioverà sapere6

224 2 Vedi D. 162.

224 3 Vedi D. 182.

224 4 T. per corriere 3289/038 R. Riferiva quanto gli aveva detto il consigliere de !l'ambasciata di Germania, von Kroll, il quale aveva appreso che, durante le trattative per il prestito, la Gran Bretagna aveva cercato di ottenere affidamenti su due punti: rinuncia a qualsiasi futura pretesa su Mossul e messa a disposizione dei porti turchi nel Mediterraneo per la flotta britannica. Era peraltro opinione di von Kroll che il governo turco non avrebbe preso impegni che potessero limitare la sua libertà di decisione nel caso di una crisi, opinione che l'ambasciatore Galli condivideva pienamente e che lo induceva a ritenere opportuno non lasciar cadere le aperture effettuate da Ankara (di cui al D. 162). Il documento fu inviato in visione a Mussolini.

225

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. RISERVATO 2523/997. Mosca, 15 giugno 1938 (per. il 20).

Nel corso di una visita che ho fatto stamane al Vice Commissario per gli Affari Esteri per trattare vari casi concernenti nostri connazionali arrestati nell'U.R.S.S., il signor Potemkin ha voluto scambiare con me qualche impressione sulla situazione politica europea. Non si è trattato di una discussione organica ed esauriente, che gli attuali rapporti fra Roma e Mosca non possono evidentemente incoraggiare, ma di semplici osservazioni di carattere generale, fra le quali talune esposte dal mio interlocutore mi sembrano presentare un certo interesse.

Parlando della crisi cecoslovacca, Potemkin si è dichiarato molto soddisfatto del sangue freddo e della decisione mostrata dal governo di Praga e dalla popolazione della repubblica amica. Ciò ha servito molto efficacemente la causa della pace -ha detto il Vice Commissario -in quanto la Germania ha potuto rendersi conto che «non si può trattare di una seconda edizione dell'annessione austriaca».

Chiestogli se considerava la crisi come oramai superata, Potemkin ha osservato

224 ò Non sono state trovate istruzioni in proposito.

che, pur potendosi forse considerare come allontanato il pericolo di conflitto imminente, la situazione rimaneva tesa e gravida di minacce.

Di propria iniziativa egli ha poi parlato della Polonia. mostrando di ritenere che la crisi cecoslovacca sia destinata a creare seri contrasti fra Berlino e Varsavia. A suo parere il governo tedesco si preoccuperebbe già molto seriamente delle ambizioni polacche e specialmente delle aspirazioni verso la creazione di un confine comune con l'Ungheria.

Nel fare queste osservazioni Potemkin aveva l'aria di criticare la politica di Varsavia più ancora di quella di Berlino, dicendo fra l'altro che «la posizione geografica della Polonia non era meno pericolosa di quella della Cecoslovacchia» e che la questione del corridoio di Danzica rappresentava per essa un pericolo permanente.

Il problema spagnolo non è stato neppure sfiorato in questa nostra conversazione, ma Potemkin non ha mancato neanche questa volta, come usa farlo in tutte le occasioni, di ricordare i tempi della sua missione a Roma, quando «nonostante la diversità di ideologia, Italia ed U.R.S.S. mantenevano utili rapporti di collaborazione tanto nel campo economico quanto in quello politico» 1

224 5 Sic. Leggasi: <<evidente».

226

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, SUVICH, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 6280/1107. Washington, 15 giugno 1938 (per. il 28).

In una lunga conversazione che ho avuto oggi col signor Sumner Welles, Sottosegretario di Stato agli Esteri, ho preso l'occasione per richiamare ancora una volta la sua attenzione sull'atteggiamento poco amichevole che una parte dell'opinione pubblica, e particolarmente la stampa, tiene nei riguardi del nostro Paese. Ho osservato che tutto ciò non poteva essere fatto passare sotto il titolo della libertà di idee e di discussione, che è una delle più gelose tradizioni degli Stati Uniti, ma mi dava l'impressione di un partito preso.

Fra gli esempi riferiti ho citato anche il caso occorsomi in occasione di un mio discorso tenuto alla Camera di Commercio americana a Pittsburgh, discorso letto e radiodiffuso. Tale mio discorso è stato dalla stampa della Pennsylvania, con aggiunte e trasposizioni di frasi, espressamente falsato, per farmi dire cose a cui non avevo neanche accennato, come quella che l'America era pronta per il fascismo. Gli ho aggiunto che in tali condizioni si presentava difficile il compito di lavorare per l'avvicinamento dei due Paesi, che io consideravo uno dei compiti principali dell'ambasciatore italiano a Washington.

Riferendomi alle dichiarazioni del signor Welles' con cui aveva riprovato alcune manifestazioni di uomini politici americani (leggi Ickes, Woodring, per cui avevo già precedentemente fatto delle rimostranze al Dipartimento di Stato), ho soggiunto che il suo gesto era stato apprezzato in Italia.

Se anche si può attribuire in parte all'attuale campagna elettorale lo spirito di critica e di intolleranza di cui dà prova in questi tempi la stampa americana, un simile atteggiamento tuttavia provocava delle legittime reazioni in Italia ed aumentava la diffidenza tra i due Paesi.

Il prossimo anno con la Esposizione di New York, che rappresenterà un avvenimento di primo ordine nel mondo internazionale, ci sarebbe l'occasione per lavorare sul terreno concreto per l'avvicinamento dei nostri Paesi ma per ciò occorre che l'atmosfera attuale sia chiarita.

Il Sottosegretario di Stato, dopo avermi detto che riceve dall'ambasciatore Phillips dei rapporti denuncianti lo stesso disagio di cui gli ho parlato io, mi ha espresso il suo dispiacere per questo stato di cose, desiderando egli vivamente la migliore intesa tra gli Stati Uniti e l'Italia, che non hanno nessuna ragione di dissenso.

Dimostrandomi la sua deplorazione per l'atteggiamento della stampa americana anche nei riguardi dell'episodio che mi riguarda personalmente, ha riconosciuto che effettivamente con detta stampa non c'è nulla da fare e che molte volte ci si trova di fronte a un partito preso, per cui non si vuoi sentire ragioni.

Riguardo alle sue dichiarazioni di cui ho fatto cenno più sopra, egli mi ha detto che su 290 editoriali, 200 erano favorevoli alla pm.izione da lui presa e 90 contrari. Il che significa che la gran maggioranza dell'opinione pubblica, in quanto si possa ritenere che i giornali la rappresentino, deplora l'intervento di personalità politiche di primo piano negli affari interni degli altri Paesi.

Il signor Sumner Welles è persuaso che la Fiera di New York offrirà occasione a dei contatti molto utili. Egli mi premette che il governo americano non interviene ufficialmente nell'organizzazione e quindi non ha fatto degli inviti. A parte ciò, il Presidente, dato il numero delle Nazioni partecipanti, non avrebbe potuto estendere un invito a tutti i Capi di Stato delle Nazioni rappresentate a New York; ma se ci fosse qualche Capo di Stato che personalmente o a mezzo di un suo rappresentante pensasse di visitare gli Stati Uniti'in occasione della Fiera. ciò sarebbe molto gradito; particolarmente gradito nei riguardi dell'Italia.

Il signor Sumner Welles poi non ritiene troppo esatto l'accenno da me fatto all'influenza della campagna elettorale sull'atteggiamento attuale di parte del pubblico americano. Egli ritiene che esso derivi sopratutto dal nostro avvicinamento alla Germania. la quale qui è vivamente combattuta per la persecuzione delle minoranze nazionali. Data questa evidente allusione alla questione degli ebrei (il signor Sumner Welles appartiene a quella classe sociale americana che è profondamente antisemita, ma che tuttavia insorge ogni qual volta si toccano gli ebrei), ho osservato al Sottosegretario di Stato che in Italia non c'era mai stata e non c'è tuttora

226 ' Vedi D. 187.

una questione antisemita, che però gli ebrei, e particolarmente quelli americani, fanno tutto il possibile per farla sorgere. Questo non lo dico soltanto a lui, ma l'ho detto a giornalisti ebrei e anche al rappresentante del rabbino Wise.

Mi ha chiesto il Sottosegretario di Stato, premettendomi che mi parlava confidenzialmente e non in via ufficiale, se era vero che in Italia ci fosse una così decisa ostilità contro l'Anschluss, come gli veniva riferito da molte parti, e quale fosse effettivamente il sentimento del popolo italiano al riguardo. Gli ho risposto che pur senza avere informazioni dirette avevo delle impressioni precise. Il popolo italiano aveva seguito la politica italiana in favore dell'indipendenza dell'Austria fino a che tutte le manifestazioni davano a divedere che il popolo austriaco era favorevole a tale indipendenza; ma è chiaro che uno Stato che ha fatto dell'idea nazionale la base della propria ideologia politica non poteva opporsi all'unione di due Paesi abitati dalla stessa Nazione quando questo appariva essere il desiderio della maggioranza del popolo. Io ritenevo che il popolo italiano fosse perfettamente convinto di ciò ed accettasse il fatto compiuto come una soluzione inevitabile, senza discuterlo. D'altra parte, ho osservato al Sottosegretario che, risolta la questione dell'Austria e regolata, com'è sperabile avvenga fra breve, in qualche modo la questione della Cecoslovacchia, erano eliminati i due punti più delicati e più pericolosi della politica europea.

Il signor Sumner Welles mi ha espresso la preoccupazione che così non sia. perché egli non sa se i tedeschi si accontenteranno di ciò. o vorranno invece estendere sempre più la loro influenza in tutta la parte orientale e sud-orientale di Europa. urtando i legittimi interessi degli altri popoli. Egli mi ha fatto anche un accenno, sia pure molto discreto, al danno che potrebbe venire alla posizione dell'Italia da questa aumentata influenza tedesca in quella parte di Europa, dove potrà dominare completamente l'Ungheria e fors'anche la Jugoslavia. Ho risposto che non vedevo questi pericoli. Noi seguiamo una politica di accordi con la Germania di nostra piena soddisfazione in quanto garantiscono per quella parte di Europa i legittimi interessi italiani, ma anche se non ci fossero gli accordi e si fosse su un piede di leale concorrenza (il che è normale anche fra Paesi amici), non c'è nessuna ragione per ritenere che gli interessi italiani sarebbero compromessi. Noi abbiamo, come la Germania, i migliori rapporti non solo con l'Ungheria, ma anche con la Jugoslavia.

Il Sottosegretario poi. avendo affermato che secondo lui l'accordo itala-inglese era uno dei più importanti passi verso la pace fatti negli anni del dopoguerra, mi ha chiesto cosa mi risultasse sulle trattative con la Francia. Ho detto di non aver nessuna notizia al riguardo. Sapevo però che in Italia c'era la precisa convinzione che, mentre noi, rispettando lealmente l'accordo con l'Inghilterra ci astenevamo da ogni ulteriore intervento in Spagna, la Francia approfittava di tale situazione per aumentare i suoi aiuti ai Rossi. Il signor Sumner Welles è persuaso che noi rispettiamo gli accordi ma, secondo sue informazioni, dopo il patto italo-inglese, i tedeschi hanno aumentato moltissimo la loro partecipazione in Spagna. Le forze tedesche sarebbero state triplicate in questo ultimo periodo. Ciò gli è stato confermato non solo dai rapporti che riceve direttamente dalla Spagna ma anche dall'ambasciatore del governo di Valencia, De los Rios, che ammette invece che gli italiani si sono mantenuti ai termini dell'accordo con l'Inghilterra.

Il Sottosegretario di Stato è persuaso che il governo francese e particolarmente il signor Bonnet. desidera vivamente un accordo con l'Italia ed egli si augura che i malintesi possano scomparire al più presto.

Ho risposto al signor Sumner Welles che, conoscendo bene il signor Bonnet, non ho nessun dubbio sulle sue buone intenzioni nei riguardi del nostro Paese, ma la politica del governo francese subisce i ricatti delle sinistre che sono decise a voler aiutare i Rossi di Valencia.

A conclusione del discorso, e ritornando alla situazione fra l'Italia e l'America, il Sottosegretario Sumner Welles mi ha detto che io posso contare assolutamente sulla collaborazione del Dipartimento di Stato per arrivare a un miglioramento dei rapporti fra i nostri due Paesi.

Non ho ragione di dubitare sulle buone intenzioni del signor Sumner Welles che rappresenta un elemento sempre più importante nella politica estera americana e che passa per essere il portavoce del Presidente Roosevelt. Si capisce che date le correnti predominanti della politica americana, il signor Sumner Welles, appunto per la posizione che occupa, deve assumere frequentemente degli atteggiamenti che sono in contrasto con la posizione italiana, ma ritengo che egli personalmente sia molto ben disposto verso di noi.

Egli mi ha detto che anche quest'anno conta di venire in Italia (l'altr'anno era stato a Venezia) facendo una breve stagione sui laghi. Informerò ulteriormente quando il progetto del signor Sumner Welles sul suo viaggio in Italia sarà concretato2

225 1 Il documento ha il visto di Mussolini.

227

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 4118/1199. Berlino, 16 giugno 1938'.

Ho incaricato questo consigliere commerciale di uno studio, di cui allego copia2 , sulle probabili ripercussioni che l 'incorporamento dell'Austria nel Rei c h germanico

227 ' Manca l'indicazione della data di arrivo.

Tuttavia-concludeva la relazione, dopo aver esaminato i singoli aspetti della questione -la situazione poteva presentare dei pericoli. Per quanto concerneva gli ortofrutticoli <<la forte dipendenza del! 'Italia dal buonvolere della Germania per uno dei più importanti settori della nostra esportazione indebolisce evidentemente la situazione dell'Italia, che era già debole, in

e gli accordi itala-germanici del 28 maggio 1938 potranno avere sugli scambi commerciali tra l'Italia e la Germania, e quindi sulle rispettive economie.

I risultati di tale studio mi paiono oltreché interessanti degni di tutta la nostra vigile attenzione. Essi dimostrano infatti che l'influenza d eli' economia germanica su quella italiana, già ora così sensibile, verrà, in seguito alla nuova situazione ad essere notevolmente accresciuta, minacciando di limitare in misura assai sensibile la libertà d'azione dell'Italia in fatto di politica economica.

Concordo quindi con la conclusione del comm. Ricciardi, il quale suggerisce che, pur non trascurando questo mercato, urga sviluppare al massimo grado l'esportazione italiana e l'afflusso turistico con altri Paesi a regime valutario libero e che non abbiano un controllo delle importazioni. Altrimenti, si creerebbe un pericoloso stato di soggezione economica dell'Italia verso la Germania.

Se, invece, sarà possibile intensificare le nostre relazioni economiche con altri Paesi, lo sviluppo preso dagli scambi tra l'Italia e la Germania, anziché rappresentare un pericolo potrà essere un vantaggio, dato che si avrà un aumento del volume totale degli scambi dell'Italia, e che il peso della Germania sull'economia italiana verrà così fortemente attenuato.

eventuali trattative con la Germania. In secondo luogo, dato che la Germania compare sul mercato interno italiano come il principale acquirente (e di quale importanza!) dei nostri prodotti ortofrutticoli, non vi è da meravigliarsi che essa possa agire sui prezzi del mercato interno. Devo a riguardo osservare che anche nei tempi del libero regime di scambi da parte degli esportatori italiani si sono lamentate le manovre di prezzi fatte a loro danno dagli importatori germanici: prima tali manovre erano fatte per le merci spedite in commissione; oggi, che il commercio in commissione è cessato e che vi è una economia controllata in Germania, le manovre di prezzi sono fatte con mezzi indiretti, agendo sul mercato di acquisto. La causa è sempre una sola cioè che la produzione ortofrutticola italiana è stata sempre indirizzata in misura molto forte verso il mercato germanico: oggi la situazione è peggiorata.

Le stesse osservazioni che ho fatto per i prodotti ortofrutticoli valgono per il turismo. Anche qui prima l'Italia aveva due notevoli clienti, ed oggi ne ha uno solo risultante dalla loro fusione. Anche qui una minaccia germanica di limitare il suo turismo verso l'Italia può ora esercitare, in caso di trattative, una pressione notevole.

Occorre quindi che la situazione sia considerata in previsione del futuro.

È !ungi da me l'idea che bisogna ridurre la nostra esportazione verso la Germania, o che bisogna ridurre il turismo germanico verso l'Italia. Le considerazioni da me fatte hanno lo scopo invece di spingere i produttori ed esportatori italiani ad intensificare la esportazione ortofrutticola verso altri Paesi, di modo da ridurre, calcolata in percentuale, la importanza del mercato germanico per la nostra economia. Nel medesimo tempo occorrerebbe regolare, con adeguate misure, la produzione, indirizzandola verso quei tipi che possono più facilmente trovare smercio su mercati più difficili che non sia quello germanico. Sarebbe un grave pericolo addormentarsi sulle possibilità di esportazione che in misura così vasta offre il mercato germanico. Contemporaneamente alla disciplina della produzione occorre introdurre quella dello smercio, regolando il mercato interno e quello di esportazione, in modo che la normale formazione dei prezzi non venga disturbata da manovre fatte da qualche forte compratore.

Anche per il turismo occorre intensificare la propaganda verso altri Paesi. A tale riguardo devo osservare che i nuovi accordi renderanno più intenso il movimento turistico germanico nell'Alto Adige: sarebbe opportuno contrapporvi un movimento turistico di altri Paesi, profittando del fatto che il Land Austria sarà evitato da turisti di molte nazionalità, e cercando di attirare questi nelle Dolomiti: ma tali sforzi non potrebbero approdare a risultati soddisfacenti se non si modifica innanzitutto la nostra attrezzatura alberghiera de li'Alto Adige, che sa troppo di tedesco, e non offre a turisti esigenti le comodità necessarie».

226 2 Il documento ha il visto di Mussolini.

227 2 Nella relazione si osservava che con gli accordi economici itala-germanici del 28 maggio precedente (testo in Trattati e Convenzioni, vol. L III, pp. 98-121) l'Italia aveva ottenuto dei vantaggi notevoli. In primo luogo, perché aveva riportato in equilibrio gli scambi commerciali con l'Austria, prima sbilanciati artificiosamente per assicurare all'Austria un 'indipendenza economica che avrebbe dovuto garantirne l'indipendenza politica e poi perché rispetto alla Germania era stata ridotta la parte da corrispondere in divise libere ed aumentata quella da pagare con merci e servizi.

228

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 4119/1200. Berlino, 16 giugno 1938 (per. il 18).

In presenza di notizie così diverse in materia ho creduto di domandare a questo ambasciatore del Giappone cosa potesse dirmi circa il rimpatrio della missione militare tedesca dalla Cina.

Il collega mi ha risposto avergli Ribbentrop assicurato che la missione sarebbe stata richiamata integralmente, ma a) a gradi, e ciò dietro espressa preghiera dei cinesi;

b) ad eccezione di quei membri che si trovano ad aver acquistato C?!) la cittadinanza cinese.

Questo ambasciatore del Giappone sembrava non trovare in tutto questo nulla da eccepire 1

229

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 4120/120 l. Berlino, 16 giugno 1938 (per. il 18).

Anche questi ultimi giorni sono caratterizzati qui da una relativa calma, anche gli attacchi della stampa essendo in netta decrescenza.

Devo registrare peraltro che, così da parte di Ribbentrop, che ho visto ieri sera, come da parte degli ambasciatori inglese e francese non si nutre soverchia fiducia sopra una rapida e tanto meno sostanzialmente soddisfacente soluzione del problema.

So di una certa conversazione avvenuta proprio in questi ultimi giorni fra Ribbentrop ed il ministro di Cecoslovacchia e in cui il ministro del Reich ha tornato ad usare parole grosse, sul tono di quelle già usate il 21 maggio con Henderson. «Non crediate-Ribbentrop ha detto-che se noi non abbiamo mobilitato oggi non mobiliteremo domani».

Ma tutto ciò ha uno scopo evidentemente, e dal punto di vista tedesco comprensibilmente, intimidatorio in vista delle negoziazioni in corso e non muta

228 ' Il documento ha il visto di Mussolini.

nulla alla situazione. Altri si mostrano pessimisti in vista del bisogno in cui Ribbentrop si troverebbe di avere un «successo». Si dimentica però che in materia come questa chi decide è il solo Fiihrer e che la volontà di questi -mi risulta da persone che lo avvicinano molto spesso -è decisamente orientata verso soluzioni pacifiche 1

230

L'AMBASCIATORE IN CINA, CORA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. 3323/251 R. Hong Kong, 17 giugno 1938, ore 10 1 (per. ore 2,50 del 22).

Un noto emissario gruppo moderato Hankow avendo richiesto ad Alessandrini di poter possibilmente ottenere nostro intervento a Tokio per conoscere intenzioni Giappone in vista della pace, gli ho fatto rispondere essere ciò inutile risultandomi già che nelle condizioni preliminari2 non era da escludere possa Giappone trattare con qualche personalità moderata governo Nazionale cinese se SI tratterà all'infuori del Generalissimo e dei comunisti.

Dopo di ciò Wang Ching-wei mi ha ringraziato e mi ha comunicato:

0 ) Che allontanamento Generalissimo è questione delicata. Esso sarebbe d'effetto contrario facendo di lui l'eroe nazionale.

2°) L'attenzione di Tokio dovrebbe essere attirata sul fatto che Generalissimo non è anti-giapponese ma è l'unico elemento stabilizzatore sul quale Giappone può contare per «tenere» il domani.

3°) Che egli, Wang Ching-wei non può assolutamente prendere oggi successione Generalissimo, ma che può invece garantire una futura politica del Generalissimo remissiva verso il Giappone.

4°) Giappone commette errore occupando Hankow e provocando così un vero caos se vuole realmente trattare con una Cina consistente.

5°) Altrimenti Cina continuerà conflitto a fondo sia pure senza speranza.

Comunicato Roma e Tokio.

230 'Sic.

229 1 Il documento ha il visto di Mussolini.

230 1 Questo telegramma-giunto a Roma parzialmente indecifrabile-fu trasmesso nuovamente il 24 giugno alle ore 8 (giunse a Roma alle ore 5 del 25).

231

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL MINISTRO A HSING-KING, CORTESE

T. 8575/52 P.R. Roma, 17 giugno 1938, ore 22.

Suo 92 1

Se discriminazione doganale resta limitata soltanto nei rapporti Giappone

Manciukuò può essere accolta. Non è accoglibile ogni altra formula generale, . come quella proposta, che estenderebbesi in seguito automaticamente altri terri tori (contiguo Manciukuò). Ove non sia accolta tale soluzione potete ripiegare su convenzione stabilimento navigazione e clausola commercio generale. Ove

nemmeno tale soluzione sia possibile firmerete soltanto trattato amicizia.

232

L'AMBASCIATORE A SALAMANCA, VIOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. RISERVATISSIMO 3021/939. San Sebastiano, 17 giugno 1938 (per. il 23 ).

Nel corso di odierna conversazione, Franco, parlandomi della nomina di

mons. Cicognani a nunzìo apostolico presso il governo nazionale e della sua

presentazione di credenziali che sarebbe fissata per il 25 corrente, mi ha lasciato

capire che dalla missione di questo prelato si riprometteva una maggiore compren

sione e un più deciso appoggio da parte della Santa Sede.

A compensare l 'eventuale effetto prodotto su di me dalle sue parole, fece

poi l'elogio delle qualità e dell'opera del partente incaricato d'affari mons. Anto

niutti, sottolineando la sua giovanile attività, ma ripetendo che la presenza di un

rappresentante della Santa Sede con completezza di grado, di qualifica e di auto

rità non avrebbe mancato di facilitare le cose.

Dal complesso della conversazione, e pur senza essere in grado di riferire

al riguardo precise dichiarazioni del Generalissimo, ho tratto anche l'impressione

che il recente riconoscimento dell'Ordine dei Gesuiti. con relativa reintegrazione

patrimoniale. sia stato determinato dalla necessità di avere alleata l'influenza dei

Gesuiti nei confronti della Santa Sede e di poter avvalersi di tale influenza, non

solo in campo internazionale, ma altresì e più nella soluzione dei problemi della

231 ' Non rintracciato.

Chiesa e del clero in Spagna, problemi che, come è noto, si inseriscono direttamente nelle questioni regionali e separatistiche.

Mi è naturalmente difficile accertare se e quali impegni abbia assunto l 'Ordine verso il governo di Franco a corrispettivo del conseguito riconoscimento; ma è questione che per il suo interesse merita di essere seguita1

233

IL MINISTRO A L' AJA, TALIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. l 079/448. L'Aja, 17 giugno 1938 (per. il 21).

Circa l'aiuto sovietico in armi ed armati alla Cina nel presente conflitto in Estremo Oriente, si profilano in questi ambienti due tendenze: alcuni ritengono che dopo il ritiro degli istruttori tedeschi ed italiani e la cessazione delle forniture belliche da parte di Berlino, Chang Kai-shek è fatalmente spinto, ogni giorno più, nell'orbita di Mosca. Se poi l'U.R.S.S. riuscirà a rafforzare l'VIII Armata, nella quale, come è noto, predominano, più che nelle altre, elementi comunisti, questa potrebbe non solo prevalere sulle altre ma prendere il potere nonché la direzione degli avvenimenti. Secondo altri, invece, l 'interesse sovietico non sarebbe una vittoria cinese che porterebbe seco una recrudescenza del nazionalismo cinese e quindi una opposizione diretta all'influenza sovietica, ma un indebolimento dei due contendenti in modo da facilitare l'affermarsi dell'influenza russa. Il sistema delle bande armate e della guerriglia nonché dell'anarchia che ne consegue, sarebbe ottimo elemento per l'infiltrazione sovietica, in quanto si crea così quell'humus fertilizzante che può rendere i contadini cinesi più accessibili alle massime di bolscevizzazione.

Ma data la situazione interna della Russia e il suo isolamento politico, in una parola la sua evidente debolezza, può darsi più facilmente che il fattore opposto, il Giappone, riesca militarmente ad avere ragione, pur sormontando estreme difficoltà, del fattore cinese; e politicamente, di quello russo, trattenendolo e dissociandolo indirettamente sul quadro politico mondiale.

232 ' Il documento ha il visto di Mussolini.

L'ambasciatore Viola tornava sull'argomento al momento della presentazione delle credenziali da parte di monsignor Cicognani per rilevare che il nunzio, al quale erano state riservate manifestazioni pubbliche solenni, si era espresso in modo particolarmente caloroso e che ancor più calorosa era stata la risposta di Franco. Entrambi, notava l'ambasciatore, avevano avuto cura di affermare la volontà di creare una situazione più favorevole nei rapporti tra la Santa Sede e il governo nazionale spagnolo (telespresso 3189/997 del 27 giugno. Il documento ha il visto di Mussolini).

234

L'AMBASCIATORE IN CINA, CORA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 3275/247 R. Shanghai, 18 giugno 1938, ore 9 (per. ore 21,15).

Consiglieri militari germanici partirebbero tutti da Hankow 24 corrente.

Comunicato Tokio.

235

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. 3268/408 R. Tokio, 18 giugno 1938, ore IO (per. ore 12,30).

Vostro telegramma segreto n. 1971

Circa progetto accordo, risulta che tempo fa tanto cotesta ambasciata giapponese quanto suo addetto militare ne avevano consigliato conclusione ai loro rispettivi ministri. Sembra che ministero della Marina abbia recentemente telegrafato in proposito a codesto suo addetto navale.

Schema di accordo, firmato da capo dello Stato Maggiore Sua Altezza Imperiale Principe Kan-in, è stato già presentato al ministro della Guerra e sarà discusso in una prossima adunanza del Consiglio Interno di Gabinetto che comprende cinque principali ministri. Si assicura che esso è stato redatto tenendo conto dei tre punti da noi proposti. Marina sembra sia d'accordo. Si prevedono difficoltà da parte del ministero degli Affari Esteri ma si è decisi a vincerle.

Poiché Missione di cui al mio telegramma n. 3742 e 409 3 non può effettuarsi che in autunno e poiché si vorrebbe affrettare conclusione accordo, si avrebbe intenzione trattarne in via diplomatica per mezzo di codesta ambasciata Giappone nonché di questa Regia Rappresentanza. Missione giapponese avrebbe compito firma4

234 Il documento fu inviato in visione a Mussolini.

235 Vedi D. 20 l.

tare l'Italia non sarebbe partita prima dell'autunno perché nel frattempo il governo del Manciukuò aveva deciso, senza consultare Tokio, di far partire già a luglio una sua missione per l'Italia.

235 2 Vedi D. 176, nota 2.

235 3 T. 3264/409 R. del 18 giugno. Riferiva che la missione giapponese che doveva visi

235 4 Il documento fu inviato in visione a Mussolini. Ciano rispondeva con T. s.n.d. 577/217 R. del 24 giugno: «Concordo che trattative si svolgano per normale via diplomatica>>.

236

IL MINISTRO AD ATENE, BOSCARELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 3270/53 R. Atene, 18 giugno 1938, ore 15.

Miei telegrammi 45 1 e 472

Da ulteriori indagini mi risulta che progetto di comunicazione alla Bulgaria, che aveva incontrato nuove obiezioni da parte della Jugoslavia e della Romania, è stato in questi ultimi giorni nuovamente sottoposto, nella sua forma definitiva, per l'approvazione ad Ankara, Belgrado e Bucarest.

Da una conversazione avuta con questo Sottosegretario di Stato per gli Affari Esteri ho potuto desumere:

0 ) che i ministri turchi hanno effettivamente trattato la questione durante il loro passaggio a Sofia dove devono avere tratto la convinzione, comunicata poi ai loro alleati greci, che i bulgari erano disposti a dare qualche contropartita per lo meno morale in cambio del riconoscimento ufficiale della loro libertà di armarsi;

2°) che questa contropartita dovrebbe essere probabilmente una dichiarazione se non di rispetto dello statu qua, almeno «di buon vicinato» incorporata in una specie di «Gentlemen's Agreement» (è l'espressione usata da Mavrudis) in cui da parte loro gli alleati balcanici ammetterebbero la decadenza delle clausole militari del Trattato di Neuilly.

Da altre notizie desumo, poi, che greci e turchi si dimostrano alquanto impazienti delle remore frapposte da romeni e jugoslavi, perché temono che il ritardo possa far cambiare idea a Sofia o dare ad altre Potenze aventi interessi contrari, la possibilità d'influenzare i bulgari.

Il desiderio dei greci e dei turchi di un imminente conclusione delle trattative con Sofia è anche indirettamente confermata dal fatto che, secondo quanto mi risulta, l'Inghilterra avrebbe informato membri dell'Intesa Balcanica, -per conoscere se hanno eventuali obiezioni -di alcune forniture di guerra in corso di conclusione fra ditte inglesi e governo bulgaro.

Al passo inglese non sarebbe stata data risposta né affermativa né negativa, in vista appunto delle trattative con Sofia che, in caso di riuscita, eliminerebbero automaticamente la questione3

236 ' Vedi D. 150.

236 ' T. 3045/47 R. del 30 maggio. Confermava che Metaxas si proponeva di conmunicare a Sofia, nella sua qualità di presidente in carica de li'Intesa Balcanica, che le clausole militari del Trattato di Neuilly sarebbero state dichiarate decadute.

236 3 Il documento fu inviato in visione a Mussolini.

237

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI

APPUNTO SEGRETO. Venezia, 18 giugno 1938.

Il Presidente Stojadinovié ha detto che lo scopo principale del suo viaggio in Italia era quello di poter, attraverso un giro di orizzonte, conoscere con precisione la nostra politica, informarci delle sue intenzioni e «sincronizzare» in modo assoluto la sua attività internazionale con la n0stra.

La questione che per il momento gli appariva più urgente era quella della Cecoslovacchia. Gli ho esposto il nostro punto di vista in merito e le nostre intenzioni. Stojadinovié ha concordato ed assicurato che qualora una crisi dovesse determinarsi e l'Italia rimanesse con le braccia conserte, la Jugoslavia farebbe del pari. Egli non intende minimamente trascinare il suo Paese in un conflitto con la Germania per tentare di salvare l'artificiosa e non amica Cecoslovacchia, né tanto meno far piacere alla Francia che gli è apertamente ostile. A noi chiede soltanto usare la nostra influenza perché l'Ungheria non prenda l'iniziativa dell'attacco. In un tal caso la Jugoslavia sarebbe obbligata, molto a malincuore, a tener fede agli impegni presi: non sarà certo l'Italia fascista, che ha provato di rispettare a qualsiasi costo la parola data, a rimpro.verargli un tale intendimento. Ma qualora, come sarà nella realtà, l'Ungheria non prenda l'iniziativa dell'attacco ed approfitti invece di una crisi determinata dalla Germania, l'Jugoslavia rimarrà assolutamente indifferente al destino della Cecoslovacchia.

Ho assicurato Stojadinovié che per parte nostra avevamo sempre consigliato l'Ungheria in questo senso e che ero in grado di confermargli che gli Ungheresi non avevano alcuna intenzione di provocare il conflitto con Praga.

Stojadinovié si è mostrato però lieto quando gli ho detto che noi, anche sulla base di quanto ci è stato comunicato in varie occasioni dal Governo del Reich non ritenevamo immediata la crisi cecoslovacca, e che anzi pensavamo che, se Praga si fosse mostrata ragionevole di fronte alle richieste di Henlein, la situazione avrebbe potuto essere più o meno mantenuta per un notevole periodo di tempo. Egli si è mostrato tanto più lieto in quanto non nasconde che l'Anschluss ha portato una fortissima reazione nell'opinione pubblica jugoslava, allarmata non tanto dall'avvenimento in se stesso, che era previsto ed in parte scontato, quanto dalla forma usata dai germanici, e dalle agitazioni che si erano determinate nelle rilevanti minoranze tedesche. Adesso la situazione si è placata ed il risultato più apparente dei recenti avvenimenti è stato quello di popolarizzare al massimo l'amicizia con Roma. Quelli che l'anno scorso attaccavano il Governo per avere firmato il Patto di Belgradd, adesso lo

237 ' Ed. in L'Europa verso la catastrofe, pp. 328-332.

attaccano per non essere Stojadinovié andato ancora più in là nei suoi Impegni con noi. In tale stato di cose Stojadinovié pensa che un nuovo rafforzamento della Germania determinato dalla incorporazione di 3 milioni di Sudeti, non sarebbe da desiderare, neppure se i rapporti che ci legano a Berlino sono i più cordiali. A suo avviso i problemi nella mente dei Tedeschi sono i seguenti: Austria, già risolto; Sudeti, in via di soluzione; Colonie, per il momento rinviato; Corridoio Polacco, rinviato sine die ed infine, per quanto ciò sia escluso da tutti gli elementi responsabili in modo tale da far ritenere tale intendimento sincero, sbocco all'Adriatico. Benché, come ho detto, tale intenzione non possa per ora in nessuna forma venire provata dall'atteggiamento tedesco, Stojadinovié ritiene che non dobbiamo del tutto dimenticarlo e che conviene all'Italia ed alla Jugoslavia vigilare in ogni momento, strettamente unite, la politica germanica. Tutto ciò. naturalmente. conservando i più stretti rapporti di amicizia con Berlino. dato che i due Paesi intendono mantenere alla base della loro attività internazionale la collaborazione e l'amicizia con la Germania nazista.

Per quanto concerne l'Inghilterra, Stojadinovié dopo essere stato informato dello stato dei nostri rapporti, mi ha detto che le sue relazioni con Londra sono cordiali, benché si siano molto raffreddate dal momento della firma del nostro Patto. A titolo d'informazione ha aggiunto che se fino a qualche mese fa il linguaggio del Governo e dei Rappresentanti britannici era nettamente ostile ali 'Italia, adesso si può notare un profondo mutamento. Ciò nonostante egli si permette di consigliare la massima oculatezza. Gli Accordi di Roma hanno rappresentato di fronte all'opinione pubblica internazionale la sconfitta britannica. Molti elementi inglesi non lo hanno dimenticato e forse non ritengono saldata la partita. Personalmente ha la massima fiducia in Chamberlain e ritiene che egli sia in buona fede nel volere un accordo stabile e duraturo con l'Italia. Ma la posizione di Chamberlain non è che una posizione parlamentare, che potrebbe cedere da un momento all'altro, per una qualsiasi ragione. Molti segni lasciano pensare che l 'Inghilterra intenda rafforzare le sue posizioni nel Mediterraneo. Il prestito fatto alla Turchia3 è stato interpretato in Jugoslavia come un gesto diretto in tale senso e non ha prodotto buona impressione nel Paese dato che, nonostante le apparenze e i legami dell'Intesa Balcanica, i rapporti tra Belgrado e Ankara si sono molto raffreddati. Del pari si può dire nei confronti della Grecia.

Il recente Patto greco-turco4 è apparso come uno strumento diretto particolarmente contro la Jugoslavia a causa delle sue strette relazioni con l'Italia e della politica di collaborazione con la Bulgaria. Del resto, anche a Belgrado le simpatie per la Grecia e la Turchia non sono affatto aumentate in questi ultimi tempi e la questione dello sbocco all'Egeo, per quanto considerata non attuale, è sempre presente al popolo jugoslavo.

La Francia è apertamente in pessime relazioni con Belgrado. A ciò contribuisce molto l'avversione personale per Stojadinovié, il che induce i Francesi a

237 4 Vedi D. 22, nota l.

spendere notevoli somme per cercare di indebolirne la posizione nel Paese. Ciò lo lascia assolutamente indifferente e lo determina, anzi, a continuare con maggiore decisione la sua politica di indipendenza nei confronti di Parigi. D'altra parte, anche la pubblica opinione jugoslava si allontana sempre più dalla Francia rendendosi conto dello stato di profondo decadimento nel quale si trova quel Paese e sentendo la fierezza di poter fare una politica indipendente. L'accordo con la Francia ha pesato estremamente sulla vita jugoslava. I Francesi hanno avuto con Belgrado una mano molto pesante ed hanno lasciato comprendere che la Jugoslavia era tenuta in considerazione dalla Francia unicamente fino a quando si prestava ad essere una pedina nel suo gioco. È finito per sempre il tempo in cui con un colpo di telefono da Parigi si fissava la politica jugoslava. Ed anzi Stojadinovié ha trovato il modo di aggiungere a questo punto, che egli ha grandemente apprezzato la delicatezza del Duce nel trattare con lui: egli sente benissimo quali sono le proporzioni delle forze dei due Paesi ed appunto per questo trova significativo che l'Italia non abbia mai voluto rendere pesante la sua amicizia. Questo sentimento è condiviso da tutto il popolo jugoslavo.

Per l'Albania mi ha detto che non ha nessuna osservazione da fare e che approva le attività da noi svolte in quel Paese. Da Tirana gli è stato offerto in questi ultimi giorni di stringere un patto di amicizia con la Jugoslavia: la cosa gli è indifferente e si rimette al nostro giudizio. Quando gli ho detto che gli Albanesi ci avevano informato della cosa attribuendo però l 'iniziativa al Governo di Belgrado, ha reagito con assoluta chiarezza ed ha aggiunto che per provare quanto essi siano nel falso, non stringerà il patto. D'altra parte, ha aggiunto, il problema albanese rappresentava una grossa questione allorché le relazioni con l 'Italia erano tese. Oggi, nella fortunata situazione attuale, non attribuisce alcun particolare rilievo alla questione albanese, ma riconosce all'Italia una posizione assolutamente eccezionale nei confronti di quello Stato.

Dopo aver compiuto un giro di orizzonte ed avere esaminato questioni che meno direttamente interessano i rapporti fra i nostri due Paesi, il Presidente Stojadinovié ha confermato il suo intendimento di armonizzare completamente in qualsiasi circostanza e momento la sua politica con la politica del Duce e mi ha detto di comunicare al Duce medesimo che Lo prega di voler considerare la Jugoslavia come Stato legato all'Italia da vincoli più forti di quelli che potrebbero risultare da un patto scritto di alleanza, che d'altra parte, qualora le condizioni lo richiedessero, potrebbe nel volgere di poche ore venir raggiunto. Per quanto concerne poi le relazioni degli scambi commerciali tra i due Paesi, intende intensificarli al massimo e ciò anche come misura di difesa nei confronti della pesante pressione germanica.

A tal fine tornando in Jugoslavia esaminerà personalmente la questione delle ordinazioni militari, e farà in modo che la massima parte delle forniture sia comandata in Italia.

Dopo aver ringraziato per le accoglienze cordiali ricevute, il Presidente Stojadinovié ha espresso il desiderio di mantenere frequenti i contatti personali e mi ha invitato per un'epoca da precisarsi verso la fine dell'anno, a visitarlo in forma del tutto privata ed a passare alcuni giorni ospite nella sua casa di caccia nelle vicinanze di Belgrado. In linea di massima ho concordato con lui ed ho accet

tato il suo invito con riserva dell'approvazione del Duce4

237 2 Riferimento al trattato di amicizia italo-jugoslavo del 25 marzo 1937 (vedi D. 64, nota 3).

237 3 Vedi D. 182.

238

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. RISERVATO 4177/1214. Berlino, 18 giugno 1938 (per. il 20).

Ho visto il Barone von Neurath-Presidente, com'è noto, del Consiglio di Gabinetto Segreto -ed avuto con lui, specie in materia cecoslovacca, una lunga conversazione, la quale mi ha confermato nelle impressioni e negli apprezzamenti che ho già avuto l'onore di esporre in precedenti comunicazioni a V. E.

La Germania -questo è il succo delle dichiarazioni del mio interlocutore a meno che non vi sia trascinata per i capelli. eviterà atti di forza e colpi di mano. Essa si è resa conto che, in questo momento, avrebbe contro di sé non solo la Francia, ma anche l'Inghilterra. Che se -mi diceva von Neurath -vi è una morale ed un avvertimento da tirare dagli avvenimenti. è appunto la decisione e la prontezza inglese a schierarsi -ciecamente e senza discussione -a fianco della Francia.

Neurath mi ha rifatto la storia delle giornate dal 20 al 24 maggio scorso, giornate che egli ha seguito attraverso il «Consiglio di Gabinetto Segreto» convocato dal Fiihrer -per la prima volta -proprio in occasione della crisi cecoslo-. vacca. Anche Neurath ha convenuto che da parte di questa ambasciata inglese si era in un primo momento perduta la testa, ma anch'egli ha potuto constatare che, anche dopo che l'ambasciata inglese si era ripresa, il governo di S.M. Britannica ha -volutamente -persistito nel suo atteggiamento oltranzista. Saranno probabilmente entrate in gioco considerazioni di politica interna (dissidio EdenChamberlain, ecc.) ma «resta il fatto-ripeteva Neurath che-anche senza nessuna seria base, il governo di Londra non ha esitato a mostrarsi pronto ad arrivare alle estreme conseguenze». Tutto questo, mi ha detto l'antico Capo dell'Auswartiges Amt è stato qui «debitamente notato». Ed è pure apparso che, in caso di conflitto. gli stessi Stati Uniti sarebbero. almeno moralmente ed economicamente, con il gruppo franco-inglese sin dal primo momento.

Tutto questo è stato chiaramente visto e debitamente notato. In ogni modo, con questo o senza questo, la Germania non avrebbe-continuava Neurath-mai applicato alla Cecoslovacchia il «sistema austriaco». Nel caso dell'Austria si trattava di un Paese che era esso stesso deciso ad unirsi alla Germania e ne aveva manifestato-fin dalle trattative di pace-già per ben tre volte la chiara volontà.

237 ' Il documento ha il visto di Mussolini.

Il caso della Cecoslovacchia invece è diverso e non potrebbe. almeno per ora. esser risolto in quel quadro pacifico da cui il Ftihrer non intende uscire. Senza contare-aggiungeva Neurath-che, persino nel caso dell'Austria, se Schuschnigg non avesse, negli ultimi giorni, perduto letteralmente la ragione (v'è chi dice che il Cancelliere sia effettivamente almeno ora, affetto da disturbi mentali), l'Austria sarebbe forse ancora lì. Nell'incontro Schuschnigg-Hitler di Berchtesgaden, assicurava Neurath, non si era mai neanche lontanamente pensato ad un Anschluss.

Il Barone von Neurath mi ha infine detto che, dopo una nuova seduta del Consiglio Segreto indetta per i primi della settimana entrante ma che si occuperà di affari di ordinaria amministrazione, egli entra senz'altro (anche questo è un buon segno) in vacanza. Ritornerà qui soltanto per presenziare alla visita di Horthy, la quale avrà luogo dopo il 20 agosto e rivestirà una certa solennità, neli'occasione il Reggente di Ungheria recandosi a Kiel per assistere al varo di una nuova nave da guerra tedesca'.

239

IL CONSIGLIERE DELL'AMBASCIATA A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

LETTERA PERSONALE RISERVATA. Berlino, 18 giugno 1938 (per. il 21).

Ti interesserà, penso, conoscere qualche impressione britannica circa la situazione tedesca.

Ho avuto una lunga conversazione con l'ambasciatore Sir N e vile Henderson, il quale, come conosci, e come Grandi ha più volte comunicato da Londra', è stato in questi ultimi tempi, a seguito della cosiddetta crisi cecoslovacca del 20 maggio u.s., oggetto a Londra delle più fiere critiche, essendo stato accusato di aver «perso la testa».

Sir Nevile, ad onta di questa disavventura dovuta particolarmente alla circostanza che egli fu, nello scorso marzo, tra i rappresentanti diplomatici a Berlino letteralmente sorpresi dalla realizzazione dell' Anschluss austro-tedesco, non ha ancora perso tutte le illusioni nei riguardi di un possibile riavvicinamento tra Berlino e Londra.

Egli infatti, come ricordi, venne qui n eli' aprile 1937, al posto del tedescofobo Phipps, con il chiaro programma di compiere ogni sforzo per l'avvicinamento. Non si può dire certamente che la sua attività sia stata coronata da successo, per quanto egli abbia cercato con ogni mezzo di stringere rapporti di personale

239 1 Veqi D. 164.

amicizia con alte personalità del Reich, su base sportiva e cinegetica, a cominciare da Goring

Sir Nevile batte, comunque, ripeto, la sua strada. Sulla questione cecoslovacca egli mi ha detto di non vedere assolutamente altra soluzione pacifica ali' infuori di un accordo diretto tra Berlino e Praga. La Cecoslovacchia, per vivere, deve comprendere che la sua vicina occidentale è troppo forte e troppo grande perché sia conveniente averla nemica. La Svizzera, fino alla rivoluzione francese, ha potuto vivere unicamente perché in ottimi rapporti ed anzi addirittura in rapporti di dipendenza, con la Francia. L'ambasciatore del Re di Francia aveva persino il diritto di convocare le Diete svizzere! Una tale situazione permise al popolo trilingue di Svizzera di sorpassare momenti molto difficili per poi raggiungere la sua situazione di equilibrio attuale. Così oggi una Cecoslovacchia antigermanica è un assurdo.

La situazione odierna però, ha continuato l'ambasciatore, non sembra ancora portare ad una simile soluzione. Praga (od almeno taluni generali cecoslovacchi) crede veramente di aver resistito alla Germania, nella recente crisi, a mezzo della sua mobilitazione militare. Questa psicosi è pericolosissima. È inconcepibile, infatti, immaginare che milioni di francesi ed inglesi e italiani possano essere massacrati per risolvere la questione dei sudeti. D'altra parte se, per disavventura, qualche diecina di quei tedeschi venisse, per lo scoppio di un qualsiasi incidente, passata per le armi dai cechi, il Cancelliere Hitler, profeta della razza tedesca, non potrebbe assolutamente rimanere fermo. E ciò sarebbe oggi, senza dubbio, la guerra mondiale, con conseguente trionfo del bolscevismo.

Passando alla situazione interna tedesca, Sir Nevile mi ha detto di non conoscere oggi quali siano i veri consiglieri del Cancelliere Hitler.

Circa von Ribbentrop, si è espresso in termini molto diffidenti, ricordando l'insuccesso della di lui missione londinese ed affermando che il ministro degli Affari Esteri del Reich si trova nella assoluta necessità di ottenere, a qualunque costo, un successo. Della Wilhelmstrasse (von Weizsacker, Woermann) l'ambasciatore invece parla naturalmente bene, considerandola «elemento di equilibrio>>; ma va convincendosi anch'egli che oramai nel Reich nazionalsocialista il sistema di usare successivamente e alternativamente, a seconda delle occasioni, gli elementi di avanguardia e quelli di retroguardia, sia divenuto un'arma di governo, deliberamente voluta.

Da tutta la conversazione relativa alla situazione interna tedesca, ho tratto l'impressione che l'ambasciatore, congenitamente privo di taluni elementi atti a giudicare e comprendere certi atteggiamenti e aspetti e piani ideologici della rivoluzione nazionalsocialista, parli a Berlino una lingua troppo diversa, nella sostanza se non nella forma, e rischi quindi, nei suoi sforzi di avvicinamento, di rimanere veramente incompreso almeno da parte di coloro che di quella rivoluzione, e quindi della Germania di oggi, sono stati i veri ideatori e costruttori.

Ho visto anche, sempre in tema britannico, l'alta e bionda Hon. Mrs Diana Guinnes, ritornata ancora una volta a Berlino, pochi giorni dopo l'avventura toccata in terra cecoslovacca alla sorella Unity Freemann Mitford. Queste due signore, come certamente già conosci, sono le figlie di lord Redesdale, seguaci di Mosley, e da alcuni anni «innamorate» di Hitler, che ha indubbiamente per loro una spiccata simpatia. Sono tra le pochissime donne che abbiano dimestichezza con il Cancelliere, dimestichezza che vedo descritta e decantata anche nell'ultimo libro di Ward Price Conosco questi Dittatori.

Mrs. Guinnes era reduce, allorché ebbi occasione di parlarle, da un pomeriggio trascorso presso Hitler alla Cancelleria. Mi ha detto che ancora oggi l' argomento preferito del Cancelliere è il suo viaggio in Italia, del quale egli continua a parlare con vivo entusiasmo. Anche alla Guinnes ha tra l'altro detto che «è stata sua grande fortuna avere nella vita incontrato il Duce, con il quale si sente sempre più legato da vera e devota amicizia».

La Guinnes, che è ripartita giovedì da Berlino, è ufficialmente tuttora «ignorata» da questa ambasciata di S.M. Britannica! 1

238 1 Il documento ha il visto di Mussolini.

240

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO

T. 558/230 R. Roma, 19 giugno 1938, ore 24.

Potete comunicare in via strettamente confidenziale a Ribbentrop che nell'incontro amichevole avuto a Venezia con Stojadinovié 1 i punti principali delle nostre conversazioni sono stati i seguenti:

l) Nella questione cecoslovacca disinteresse di massima da parte di entrambi i nostri Paesi, salvo per la Jugoslavia in caso di eventuale iniziativa di attacco da parte ungherese. Tale iniziativa, peraltro, in seguito anche a nostri precisi consigli all'Ungheria, io credevo di dover escludere.

2) Stretta collaborazione della Jugoslavia alla politica dell'asse RomaBerlino e consolidamento dei rapporti di amicizia con la Germania e l 'Italia.

3) Diminuita cordialità di rapporti tra Jugoslavia e Inghilterra in seguito alla firma del Patto italo-jugoslavo 2 e necessità di sorvegliare la politica inglese nei Balcani e nel Mediterraneo Orientale. Patto greco-turco3 e recente prestito inglese a Turchia4 non hanno prodotto buona impressione a Belgrado.

4) Deciso raffreddamento dei rapporti tra Francia e Jugoslavia che oramai si rifiuta di essere una pedina del gioco francese.

240 1 Vedi D. 237. 240 ' Del 25 marzo 1937. Vedi D. 64, nota 3. 240 ' Del 27 aprile 1938. Vedi D. 22, nota l. 240 ' Vedi D. 182.

Nel complesso rapido giro di orizzonte ed esame delle questioni che interessano più particolarmente i rapporti tra i nostri due Paesi, che nell'interesse reciproco ci siamo proposti di intensificare e rendere sempre più cordiali.

239 1 Il documento ha il visto di Mussolini.

241

IL MINISTRO AD ATENE, BOSCARELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 3328/056 R. Atene, 20 giugno 1938 (per. il 22).

Faccio seguito al mio telegramma cifra n. 53 del 18 giugno' per riferire a

V.E. altri elementi che ho potuto raccogliere in questi giorni in conversazioni con colleghi del corpo diplomatico circa l'attuale fase delle trattative dell'Intesa Balcanica con la Bulgaria, elementi che mi sembrano degni di attenzione in quanto lumeggiano anche lo stato di rapporti fra i membri dell'Intesa Balcanica e confermano la tendenza, da tempo delineatasi, di una marcata differenziazione d'interessi e di aspirazioni fra Grecia e Turchia da una parte e Jugoslavia e Romania dali' altra.

Il tentativo di indurre la Bulgaria ad assumere qualche preciso impegno di fronte all'Intesa Balcanica in cambio del riconoscimento del suo diritto di riarmarsi è soprattutto desiderato e promosso da Grecia e Turchia, le quali, del resto, persuase che il riarmo bulgaro è ormai un fatto compiuto e in considerazione anche forse che se le clausole del trattato di Neuilly legano la Bulgaria, legano anche la stessa Grecia e Turchia con l 'imposizione della demilitarizzazione delle zone di frontiera in Francia, si contenterebbero di una buona dichiarazione di «buon vicinato».

La Romania invece intenderebbe legare la Bulgaria con impegni più precisi ed avrebbe perciò proposto delle modifiche al primitivo progetto di comunicazione alla Bulgaria, redatto dal signor Metaxas come Presidente del Consiglio dell'Intesa Balcanica (mio telegramma n. 45 del 24 maggio u.s. 2 ).

La Jugoslavia che si era associata da principio al progetto, pare adesso che ritardi a dare una risposta alla proposta greca di accettazione di massima del nuovo progetto romeno, mentre d'altra parte da informazioni pervenute ai greci da Bucarest sembrerebbe risultare che gli jugoslavi avevano fatto colà sapere che approvavano l'atteggiamento negativo romeno di fronte al progetto greco-turco.

Si è pertanto ingenerata in questo governo la persuasione che la Jugoslavia giuochi doppia parte facendo credere di essere d'accordo, ma contando su oppo

241 ' Vedi D. 236. 241 2 Vedi D. 150.

sizioni e ritardi che facciano fallire la cosa. Tuttociò preoccupa i greci i quali, a quanto ho potuto arguire da velati accenni di colleghi del corpo diplomatico, temono che il ritardo agevoli la probabile azione contraria di alcune grandi Potenze (non può trattarsi nella loro idea che delle Potenze de li'asse RomaBerlino) che non vedono con simpatia la progettata intesa.

Le tergiversazioni romene sono anche attribuite, da qualcuno, alla situazione interna anormale di quel Paese e al fatto che il governo cercherebbe di riversare la responsabilità di una decisione in materia sul Re, mentre il Re cercherebbe di riversarla sul governo.

L'impazienza dei greci di giungere a qualche cosa di concreto è giustificata anche dal fatto che la Bulgaria avrebbe proceduto ad una diminuzione del bilancio del ministero della Guerra a causa di difficoltà economiche, ciò che è interpretato pure come un indice di disposizioni conciliative delle quali si vorrebbe profittare senza indugio.

Anche l 'intenzione inglese di consentire la fornitura di materiale da guerra alla Bulgaria ha molto contrariato i greci, i quali ritengono che nel momento in cui gli Stati dell'Intesa Balcanica negoziano l'abolizione delle clausole militari del Trattato di Neuilly, l 'Inghilterra toglie loro un atout dalle mani. Questo stato d'animo il signor Metaxas pare abbia fatto conoscere a Londra, esprimendo il desiderio che la fornitura sia per lo meno ritardata.

242

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 3348/097 R. Berlino, 20 giugno 1938 (per. il 23).

Mio telespresso n. 4119/1200 dell6 giugno u.s.' Ho visto ieri von Ribbentrop, fra l'altro accennandogli alla situazione della missione militare tedesca in Cina.

Ribbentrop mi ha confermato di averne chiesto il ritiro integrale, aggiungendo di aver telegrafato all'ambasciatore tedesco in Cina, Trautmann (noto per i suoi atteggiamenti personali in materia) che, ove Chang Kai-shek facesse difficoltà al rimpatrio, egli richiamerebbe in patria l'ambasciatore. Ribbentrop mi aggiungeva anche che non avrebbe esitato, in caso di bisogno, a rompere le relazioni diplomatiche con la Cina.

Non credo che una simile dichiarazione vada presa alla lettera; comunque, essa è indice di un nuovo e più deciso atteggiamento da parte del governo tedesco in materia di conflitto cino-giapponese e si riconnette a tutto un piano Ribbentrop di ulteriore valorizzazione, sul piano politico, del triangolo anti-Comintern Roma-Berlino-Tokio.

242 ' Vedi D. 228.

243

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI1

APPUNTO. Roma, 20 giugno 1938.

Ho ricevuto Lord Perth, il quale, dopo aver detto di essere incaricato dal suo Governo di dare una risposta a quanto gli avevo comunicato nel nostro ultimo colloquio2 in relazione ali'eventuale entrata in vigore degli Accordi itala-britannici, mi ha rimesso, a titolo di appunto personale ed ai fini di una maggiore precisione, la qui unita Nota A.

Dopo averne preso visione, premettendo che parlavo a titolo puramente personale, dato che mi riservavo la comunicazione ufficiale dopo aver preso gli ordini dal Duce, ho detto a Lord Perth che ero molto scettico sulla possibilità di accettazione di una delle due proposte britanniche. Lasciando da parte, come del resto gli stessi inglesi facevano, la possibilità di una evacuazione unilaterale delle forze italiane, ritenevo che sarebbe stato molto difficile che il Duce avesse aderito alla proposta di fare pressioni su Franco ai fini della stipulazione di un armistizio. È noto che Franco è nettamente contrario ad una tale eventualità. Lo ha fatto conoscere pubblicamente e lo ha fatto conoscere direttamente a noi alcune settimane or sono. Le recenti vicende della guerra non erano state certo tali da indurre Franco a modificare la sua intransigenza. Dovevo rilevare inoltre che, nello stipulare gli Accordi itala-britannici, non si era mai avanzata l'ipotesi di un regolamento della questione spagnola attraverso un armistizio, che nella pratica appare oltre tutto di quasi impossibile realizzazione. Il Duce deciderà circa la risposta da dare: ma fin d'ora credo che Egli non sia disposto a far pressioni su Franco nel senso proposto dal Governo britannico, a meno che l'armistizio non sia preceduto dalla completa resa dei rossi. In tal caso il Duce potrà esercitare la Sua alta influenza su Franco affinché il trattamento verso i suoi avversari sia misurato, influenza che potrà invece venire più difficilmente esercitata quando la fine della guerra avrà luogo per l'inevitabile sconfitta dei rossi.

Lord Perth è rimasto impressionato da queste mie dichiarazioni e mi ha detto che la guerra minaccia di durare ancora un anno o forse più. Mi domandava se di fronte a questa prospettiva non avevamo anche noi l 'interesse di arrivare ad un compromesso qualsiasi che, pur non assicurando il potere a Franco, avrebbe avuto come punto fermo la eliminazione della possibilità di un Governo comunista in Spagna.

Ho risposto, sempre a titolo personale, che il mondo avrebbe ormai dovuto avere molte prove della lealtà e della fermezza della politica mussoliniana per non coltivare simili assurde idee.

243 ' Ed. in L'Europa verso la catastrofe, pp. 333-337. 243 2 Del 3 giugno. Vedi D. 191.

Lord Perth mi ha quindi rimesso il secondo Appunto B, illustrandolo verbalmente ed ha insistito sulla solidità delle relazioni tra Francia ed Inghilterra ed ha nuovamente raccomandato una pronta ripresa dei negoziati.

Anche su questo argomento sono stato molto esplicito nella mia risposta, e, pur riservando ogni ulteriore o nuova decisione al Duce, ho detto a Lord Perth che l'atteggiamento tenuto dalla Francia durante l'inizio dei negoziati CianoBionde!, atteggiamento che ha svelato il vero movente della sua politica, nonché l'attività svolta in Spagna e le pretese affacciate in ogni altro settore mi inducevano a considerare le trattative con la Francia non soltanto sospese, ma piuttosto rotte.

Lord Perth ha replicato che il Governo francese, che si dichiara estremamente offeso ed irritato nei confronti dell'Italia per il modo con cui ha agito, potrebbe prendere delle decisioni drastiche nei confronti della questione spagnola ed arrivare ad aiutare più apertamente e su più vasta scala i rossi.

Ho risposto a Lord Perth che una tale decisione francese comporterebbe un immediato riesame della nostra politica in Spagna e che sarebbe la Francia il Paese sul quale dovrebbe gravare tutte le responsabilità di una acuita crisi.

Dopo aver brevemente parlato, in seguito a richiesta di Perth, dei recenti colloqui di Venezia\ sono rimasto d'accordo con l'Ambasciatore britannico che gli comunicherò una risposta ufficiale nei prossimi giorni, quando avrò avuto gli ordini del Duce4

ALLEGATO A

(Traduzione )5•

Ho riferito per esteso al mio Governo la nostra conversazione del 3 giugno scorso e relativa all'attuale stato delle relazioni fra i nostri due Paesi ed alla questione di come e

243 'Riferimento all'incontro Ciano-Stojadinovié del 18 giugno (vedi D. 237).

Circa questo colloquio con l'ambasciatore Perth, vi sono nel Diario di Ciano due annotazioni. La prima sotto la data del 20 giugno: «Il colloquio con Perth non è stato molto fecondo ai fini dell'amicizia itala-britannica. Non è per noi possibile accedere alla richiesta di caldeggiare l'armistizio ora, mentre Franco sta vincendo. Il compromesso non è possibile nella guerra civile. Ho riferito al Duce. Ma ritengo che questo rinvio alle calende greche della messa in vigore dell'accordo sia molto pericoloso>>. La seconda in data 22 giugno: «<l Duce approva le mie risposte a Perth ed è nettamente intransigente: non modificheremo di un millimetro la nostra condotta nei confronti di Franco e l'accordo con Londra entrerà in vigore quando Dio vorrà. Se pure entrerà in vigore>>.

Del colloquio avuto con Lord Perth, Ciano informò minuziosamente l'ambasciatore von Mackensen, al quale consegnò anche copia dei due promemoria britannici. Sul colloquio di Ciano con l'ambasciatore tedesco si veda l'ampio resoconto di von Mackensen in DDT, vol. I, D. 782 (negli archivi italiani non si è trovata documentazione in proposito).

Per la risposta ufficiale data dal governo italiano alle note britanniche si veda il D. 277. 243 5 Le note britanniche sono qui pubblicate nella traduzione fatta a Palazzo Chigi, che è il testo visto da Mussolini.

quando l'accordo anglo-italiano poteva entrare in vigore. Il mio Governo ha dato alle nostre conversazioni la più seria attenzione e desidera ora che io vi esponga il suo punto di vista sulla questione sollevata. Prima di tutto, Lord Halifax desidera che io vi faccia sapere quanto egli abbia apprezzato la franchezza con la quale Voi mi avete in quell'occasione parlato. Egli pienamente condivide la Vostra ansietà che nulla succeda atto a mettere in pericolo le eccellenti conseguenze della firma de Il' Accordo anglo-italiano, e questo non solamente in relazione alle reciproche relazioni tra i nostri due Paesi ma anche in relazione alla generale situazione europea. Il Governo di Sua Maestà riconosce pienamente che il Governo italiano ha, per quanto lo concerne, fedelmente adempiuto la sua parte dell'Accordo con il ritiro delle truppe dalla Libia, con il suo atteggiamento nei riguardi della Palestina e la cessazione della propaganda, ed è in modo del tutto particolare grato per l'atteggiamento di appoggio seguito dali 'Italia nelle questioni concernenti il Comitato di Non Intervento.

Il Governo di Sua Maestà è, al pari del Governo italiano, ansioso di vedere l'Accordo entrare in vigore al più presto possibile e per quanto gli appare l 'unico ostacolo sembra essere una soluzione della questione spagnola. Lord Halifax desidera essere completamente franco su questo punto. Come il Governo italiano avrà certamente compreso dalla mia nota del 16 aprile6 , il Governo di Sua Maestà si è sempre sentito in obbligo, per motivi che senza dubbio sono familiari, di spiegare chiaramente che una «soluzione della questione spagnola» deve precedere l'entrata in vigore dell'Accordo. Il Primo Ministro si è impegnato specificamente su questo punto. Rimane la difficoltà di definire in che cosa consiste una soluzione della questione spagnola ed è impossibile per il Governo di Sua Maestà di ignorare in questo campo la pubblica opinione britannica. L'Accordo. come senza dubbio sa il Governo italiano. non è stato al momento della firma universalmente popolare nel Regno Unito. Sebbene migliorasse dopo, la situazione si è disgraziatamente aggravata in modo notevole durante l 'ultima quindicina per via del bombardamento di città e navi in !spagna a proposito dei quali parlai il 3 giugno, richiamando l'attenzione sui cattivi effetti che ne sarebbero derivati. Dissi allora che il pubblico britannico a torto od a ragione riteneva che l'aviazione italiana in Spagna era, in parte almeno, responsabile per tali bombardamenti.

In queste circostanze il Governo di Sua Maestà non può assolutamente discutere nessuna rinunzia delle condizioni preliminari dalle quali l'entrata in vigore dell'Accordo anglo-italiano fu fatto dipendere.

Fu anche contemplato, come il Governo italiano certamente ricorderà, che qualcosa di più sostanzioso della pura accettazione del piano britannico sarebbe necessario perché il Primo Ministro potesse presentarlo come «una soluzione della questione spagnola>>. Quello che il Governo di Sua Maestà ha sempre avuto in mente al fine di mantenere gli impegni presi è stato che, in mancanza di una vittoria di una delle due parti sull'altra, la soluzione dovesse essere qualche cosa che potesse dimostrare di avere eliminato o di essere in procinto di eliminare la questione spagnola come un motivo di attrito internazionale. Nell'opinione del Governo di Sua Maestà questo potrebbe essere raggiunto in una delle seguenti maniere:

a) con l'esecuzione del Piano del Comitato di Non Intervento. Sfortunatamente, tuttavia, non vi può essere alcun dubbio che, se anche tutte e due le Parti in Spagna dovessero accettare il Piano, un notevole tempo trascorrerebbe prima di poter raggiungere dei positivi risultati.

b) da parte del Governo italiano con il ritiro immediato ed unilaterale dalla Spagna, non appena il Comitato di Non Intervento abbia accettato il Piano britannico. Non tenendo conto delle altre difficoltà che presenta una tale soluzione, il Governo di Sua Maestà comprende perfettamente tutte le difficoltà che il Governo italiano incontrerebbe probabilmente adottandola, più particolarmente se si considera che al fine di impressionare sufficientemente l'opinione pubblica in Gran Bretagna, questo ritiro dovrebbe effettuarsi su considerevole scala.

c) col favorire il raggiungimento dell'armistizio. Il Governo di Sua Maestà ha recentemente fatto alcune proposte sull'argomento al Governo francese'. Vi si metteva in chiaro come la situazione in Spagna stava diventando nuovamente il punto cruciale dell'irrequietudine in Europa e che sotto ogni punto di vista valeva la pena di fare ogni possibile sforzo per chiudere le ostilità in quel paese. Finché continuava la guerra in Spagna vi era poca speranza di migliorare materialmente la situazione europea. Era vero che il Comitato di Non Intervento aveva recentemente fatto qualche progresso, ma nelle migliori delle circostanze un lungo tempo sarebbe trascorso prima che fosse possibile raggiungere dei risultati. D'altra parte se le due Parti in Spagna potessero essere indotte ad accettare un armistizio era da sperare che le ostilità non ricomincerebbero e che, in ultima analisi, si sarebbe potuta raggiungere una soluzione di compromesso. Il conflitto deve infatti terminare in qualche simile maniera a meno che non debba continuare quasi indefinitamente. L'una e l'altra Parte avevano dichiarato a tutt'oggi la loro intenzione di combattere fino ali 'ultimo uomo, ma forse simile affermazione poteva non essere presa alla lettera. Contemporaneamente appariva chiaro che il Generale Franco incontrerebbe serie difficoltà per raggiungere nell'anno una completa vittoria. Il Governo di Sua Maestà pienamente comprendeva le difficoltà di ordine interno del Governo francese, ma d'altro lato sarebbe veramente spiacevole se il Governo di Sua Maestà e il Governo italiano non potessero raccogliere i frutti del loro accordo, e questo non poteva avverarsi fino a che una qualche soluzione fosse raggiunta in Spagna. La stessa condizione reggeva la possibilità di un accordo franco-italiano che sarebbe stato ugualmente prezioso per la pace europea. Sembrava quindi del più alto interesse tanto al Governo francese quanto al Governo di Sua Maestà di mettere in atto ogni sforzo per terminare al più presto possibile le ostilità, ed il governo di Sua Maestà aveva qualche speranza che se esso, sia da solo, sia in unione con la Francia e l'Italia, proponesse tanto al Generale Franco quanto al Governo spagnolo di concludere un armistizio potrebbe aver successo qualora una pressione fosse simultaneamente esercitata sul Governo spagnolo dal Governo francese e sul Generale Franco dal Governo italiano. Tuttavia il Governo di Sua Maestà riteneva di non poter suggerire al Governo italiano di associarsi ad una proposta di armistizio o di appoggiare presso il Generale Franco una proposta di armistizio presentata dal Governo di Sua Maestà, se il Governo di Barcellona dovesse ricevere rifornimenti attraverso la Francia durante l'armistizio. Il Governo di Sua Maestà pertanto chiedeva al Governo francese una assicurazione perché nell'eventualità della conclusione di un armistizio, la frontiera fra Francia e Catalogna fosse completamente chiusa al passaggio di qualsiasi armamento o materiale bellico e stabilito il controllo su quella frontiera per la durata dell'armistizio.Il controllo dovrebbe, s'intende, essere mantenuto contemporaneamente. Il Governo di Sua Maestà spererebbe di ricevere assicurazioni da parte del governo italiano che in relazione alla chiusura della frontiera francese nessun rifornimento sarebbe inviato al Generale Franco dall'Italia durante l'armistizio.

Il Governo di S.M. ha ora ricevuto una risposta affermativa dal Governo francese a queste proposte'. Il Governo francese collega la sua accettazione ad alcune condizioni che secondo il parere del Governo di S.M. non presentano difficoltà di sorta. Se si potesse raggiungere un simile armistizio con una ragionevole prospettiva di vederlo sboccare nell'affermarsi della pace e con le garanzie del caso contro la possibilità di rifornimenti di uomini e di materiale per l'una o l'altra Parte mentre esso è in atto, e se quindi degli importanti ritiri di stranieri fossero effettuati dalla Spagna, allora il Governo di S.M. sarebbe pronto a considerare ciò come «una soluzione della questione spagnola», e in forza di una tale soluzione sarebbe pronto da parte sua a mettere in vigore l'Accordo anglo-italiano. Se il Governo italiano si sentisse capace di iniziare, dopo la conclusione dell'armistizio il ritiro di un importante numero di nazionali, il Governo di S.M. non stimerebbe necessario di attendere dei ritiri equivalenti dall'altra parte, ma sarebbe pronto a considerare questo come un fatto costituente una soluzione ed a permettere l'inedita entrata in vigore dell'Accordo. Il Governo di S.M. spererebbe tuttavia che la

243 Promemoria del governo britannico del 7 giugno. Vedi DDF, vol. IX, D. 520. 243 'Promemoria del governo francese del 14 giugno in DDF, vol. X, D. 520.

situazione si sviluppasse rapidamente in maniera tale da permettere al Governo italiano di considerare l'armistizio come la fine di fatto della guerra civile spagnola che, secondo i termini dell'Accordo anglo-italiano, sarebbe prontamente seguita dal completo e definitivo ritiro di tutto il materiale e di tutti i volontari italiani.

Appare poco saggio al Governo di S.M. che il generale Franco rigetti ogni idea di un armistizio. È vero che egli ha recentemente avuto certi successi, ma questi non sono stati raggiunti senza notevoli perdite, e secondo informazioni pervenute al Governo di

S.M. il Governo di Barcellona è ben lontano da ogni idea di resa. Pertanto il generale Franco molto difficilmente può intravvedere la completa vittoria in un prossimo futuro. Le ostilità, se continuate fino all'estremo, possono molto facilmente trascinarsi per un terzo anno e il pericolo sempre presente per la pace dell'Europa che ne deriva, dovrà inevitabilmente accrescersi. Le ostilità importerebbero inoltre un considerevole peso sulle risorse del generale Franco ed una sempre maggiore rovina per il Paese che dovrà un giorno essere ricostruito senza parlare poi dell'eredità di odio che inevitabilmente sopravviverà.

In vista delle difficoltà inerenti alle proposte a) e b), Lord Halifax è molto fermamente portato verso la proposta c) e nutre fiducia che il Governo italiano possa darvi la sua sincera considerazione.

Il Governo di S.M. ha qualche ragione per supporre che alcuni elementi nella parte nord-orientale della Spagna controllata dal governo di Barcellona non siano contrari ad entrare ora in negoziati per un armistizio. Se ciò è vero, il Governo di S.M. è d'opinione che il momento attuale potrebbe apparire favorevole per fare pressioni su tutte le parti al fine di raggiungere una sospensione delle ostilità. Sembra al Segretario di Stato che questo progetto offra i più rapidi ed i più pratici mezzi per mettere in vigore l'Accordo anglo-italiano e questo entrerebbe in vigore sotto i più felici auspici, se i due governi potessero essere associati nel condurre a termine la guerra di Spagna.

L'Accordo avrebbe allora il significato non solamente di ristabilire le tradizionali buone relazioni tra l'Italia e l'Inghilterra, ma potrebbe offrire anche la pratica dimostrazione del come la collaborazione tra i due Paesi possa contribuire nel futuro ad una generale pacificazione europea. Il Segretario di Stato desidera che nel sottoporre queste considerazioni alla Vostra attenzione io sottolinei con la massima evidenza che queste non sono formulate come uno schema definitivo di condizioni, ma debbano intendersi come una base sulla quale i due Governi possano discutere e ricercare i mezzi per districarsi dalle difficoltà che il Segretario di Stato è convinto imbarazzano ugualmente i due governi e dalle quali è importante trovare una via di uscita nel minor tempo possibile.

ALLEGATO B

(Traduzione).

Il Conte Ciano ricorderà che in recenti conversazioni egli mi disse che la stampa francese pretendeva in generale che l'accordo anglo-italiano non entrasse in vigore fino a che non fosse raggiunto anche un Accordo itala-francese. Io informai il governo di Sua Maestà su questo punto ed esso mi ha dato istruzioni di dire che non sottoscriverebbe mai alla tesi che l'entrata in vigore dell'Accordo debba subordinarsi alla conclusione di un Accordo tra la Francia e l'Italia. L'ambasciatore di Sua Maestà a Parigi ha anche spiegato questo con tutta chiarezza al governo francese. Allo stesso tempo, il Governo di Sua Maestà è posto in una posizione molto difficile dall'attuale attrito tra i governi italiano e francese. Se questo attrito continua, esso è tale non solo da rendere il problema spagnolo ancor più pericoloso, ma anche da ritardare una soluzione, differendo in conseguenza l'entrata in vigore dell'Accordo anglo-italiano.

Di più, le prospettive di una pacificazione europea, che è grande desiderio del governo di Sua Maestà di promuovere, sono messe a grave repentaglio. Io desidero di richiamare la Sua particolare attenzione sul recente discorso del signor Blum9 , che dimostra che, nemmeno i socialisti francesi hanno l'intenzione di indebolire l'asse Roma-Berlino.

Il governo di Sua Maestà, come il governo italiano sa, ha delle relazioni di speciale carattere con il governo francese, relazioni che il governo italiano ha sempre riconosciuto così come il governo di Sua Maestà, dal suo lato, ha sempre riconosciuto lo speciale carattere dei rapporti tra la Germania e l 'Italia. Allo stesso tempo le relazioni angloitaliane sono felicemente entrate in una nuova ed incoraggiante fase. In queste circostanze un sollecito Accordo tra la Francia e l'Italia diventa per il governo di Sua Maestà di grande importanza e in verità senza di esso è difficile di prevedere quella pacificazione europea che è comune scopo dei nostri due governi di promuovere. Qualunque cosa il governo italiano possa aver ritenuto circa l'atteggiamento francese nel permettere che dei soccorsi giungessero al governo di Barcellona e in altre questioni, il governo francese, da parte sua, è realmente risentito per l'atteggiamento del governo italiano e ritiene di esser stato trattato in un modo ingiusto ed umiliante. Il governo di Sua Maestà è informato che fino a breve tempo fa una buona quantità di materiale attraversava la frontiera francese, ma l 'ambasciatore di Sua Maestà a Parigi ha assicurato recentemente il governo di Sua Maestà di essere personalmente soddisfatto che la frontiera è attualmente chiusa. Il Segretario di Stato ha avuto recentemente informazioni che sembrano confermargli questo fatto, e il governo di Sua Maestà ritiene che il governo francese ha ora realmente messo freno alle importazioni attraverso la sua frontiera ed è sinceramente ansioso di facilitare una soluzione del problema spagnolo. Lord Halifax spera pertanto che il Governo italiano si ritenga in condizioni di rispondere col promuovere una ripresa delle conversazioni. Se questa speranza si concretizza, il governo di Sua Maestà ha ragione di sapere che il governo francese sarebbe ragionevole e moderato quanto possibile.

243 4 Il documento ha il visto di Mussolini.

243 6 Vedi serie ottava, vol. VIII, D. 493, allegato F.

244

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL MINISTRO A TIRANA, JACOMONI

T. 560/82 R. Roma, 21 giugno 1938, ore 2,30.

Vostro 99'. Potete far sapere costì che mio incontro con Stojadinovié 2 non era destinato ad avere né ha avuto alcuna speciale portata politica.

Presidente Consiglio jugoslavo essendo venuto a Venezia per breve riposo, mi sono recato a salutarlo. Naturalmente nostri colloqui hanno toccato vari argomenti di interesse politico dei due Paesi ma non si sono soffermati su alcuna

243 " Riferimento al discorso pronunciato il 7 giugno al congresso socialista di Royan.

244 ' Del 18 giugno a Venezia. Vedi D. 237.

questione particolare, mantenendo carattere del tutto generale. Qualsiasi voce di patti o di intese è quindi destituita di fondamento.

Per quanto concerne Albania, da una parte e dall'altra abbiamo constatato reciproca volontà continuare sulla linea di politica che codesto governo ben conosce. In conclusione niente di nuovo in nessun senso.

Potrete aggiungere in via riservata che non ho mancato di raccomandare a Stojadinovié per quanto gli sia possibile i desiderata di codesto governo nei riguardi trasferimento popolazioni turche e che egli mi ha assicurato che le voci raccolte non hanno ragione di essere.

244 1 T. 3253/99 R. del 17 giugno con cui l'incaricato d'affari, Babuscio Rizzo, aveva trasmesso la «viva preghiera>> del ministro degli Esteri albanese che, in occasione del suo prossimo incontro a Venezia, Ciano intrattenesse Stojadinovié <<sul recente trattato turco-jugoslavo per il trasferimento di popolazioni turche in Anatolia, onde evitare che esso diventi, come si teme qui, lo strumento per la sistematica emigrazione dal Kossovo>>.

245

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 3335/0117 R. Budapest, 21 giugno 1938 (per. il 22).

Mio telegramma n. Ol 09 per corriere del 10 giugno1

Il barone Bessenyey mi ha detto stamane che alla proposta ungherese (di cui al mio telegramma succitato) è stato risposto con una controproposta la quale, per i punti concernenti il riconoscimento della parità di diritti e la dichiarazione sul tipo del Patto Kellogg, è soddisfacente, lo è meno invece per il punto concernente le minoranze.

Il governo ungherese sarebbe ora disposto a fare un notevole passo innanzi proponendo una formula nel protocollo, che non parli più esplicitamente della questione minoritaria ma solo della «buona volontà di dirimere tutte le varie difficoltà esistenti». Nel tempo stesso il governo ungherese però spiegherebbe in una nota interna di commento per la stampa e l'opinione pubblica ungherese, che la frase si riferisce appunto alle questioni minoritarie. Questo governo si sarebbe deciso a questa formula conciliante avendo avuto assicurazioni che appena raggiunto questo accordo, potranno iniziare trattative concrete con i tre Stati per le questioni particolari o per la questione minoritaria. È in questo spirito che Bessenyey ha ricevuto istruzioni di partire subito per Belgrado anche per chiarire certe contraddizioni che sono apparse durante le recenti discussioni con Comnen, contraddizioni che lasciano dubbiosi gli ungheresi di quando questi parli a nome dei tre governi della Piccola Intesa o a nome della sola Romania.

Allo stato delle cose, mi sembra quindi che il governo ungherese abbia effettivamente fatto progredire notevolmente le trattative; mi riservo di vedere Kànya domani e di riferire ulteriormente all'E.V.

245 1 Vedi D. 209.

246

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 4224/1234. Berlino, 21 giugno 1938 (per. il 23).

Da alcuni giorni in tutta la Germania, ma particolarmente a Berlino, si assiste ad una vi v ace ripresa dell'azione antisemita. che si manifesta soprattutto con numerosi arresti di ebrei e con una forte campagna contro gli esercenti di negozi e di pubblici locali di origine giudaica.

Nella settimana scorsa sono stati operati a Berlino oltre l 000 arresti di israeliti appartenenti alle categorie più varie, senza distinzione di età o di professione, tanto che riesce molto difficile comprendere quali siano i criteri che determinano gli arresti stessi, parecchi dei quali, per esempio, hanno colpito persone che avevano già completamente esaurito le pratiche necessarie per il definitivo espatrio e che già erano in possesso del biglietto di viaggio. Si afferma, perfino, che vari arresti siano stati operati a Brema e ad Amburgo, di ebrei già imbarcati. Gli arrestati sono stati fatti sbarcare e sono stati ricondotti a Berlino.

Fra sabato e domenica su tutti i negozi israeliti delle strade più frequentate è stata dipinta a caratteri cubitali con minio rosso la parola «Jude» (ebreo), (v'erano strade quasi intere così imbrattate), la stella di David, ovvero un patibolo. Lo stesso trattamento è stato usato alla Borsa. In qualche caso -per quanto raro -la popolazione è stata incitata -con apposite scritte -a saccheggiare i negozi cacciandone gli ebrei sfruttatori e disonesti. Ciò è avvenuto particolarmente nei quartieri più popolari del Nord e de li'Est della città.

Da notare peraltro che quando ieri mattina i proprietari dei negozi hanno fatto ripulire le vetrine e le imposte, hanno potuto farlo liberamente e del tutto indisturbati. Qualcuno dei negozi più importanti, ad esempio il grande negozio di biancheria Griinfeld zur Kurfiirstendamms ha rifiutato di far rimuovere le iscrizioni stesse, che, come già cinque anni fa, saranno invece cancellate dalla Polizia.

Gli esercizi pubblici appartenenti ad ebrei (quasi tutti cittadini stranieri) ovvero frequentati da ebrei, subiscono quasi ogni sera la visita di pattuglie di agenti di polizia in uniforme e di membri delle S.A. nazionalsocialiste, che fermano tutti i presenti chiedendo i documenti personali, e conducendo alla Prefettura di Polizia tutti coloro che ne sono sprovvisti. Gli ebrei, del resto non molto numerosi, che si trovano così arrestati, sono rilasciati soltanto dopo vari giorni, ben inteso qualora non trattenuti, secondo quanto dicono i comunicati ufficiali od ufficiosi, come elementi indesiderabili, od «asociali», ovvero sospetti di commerci illeciti.

Tali i fatti, verificatisi a breve scadenza da recenti provvedimenti legislativi adottati, soprattutto in seguito ali'annessione dell'Austria. Fra essi va ricordato il decreto emanato da Goring. nella sua qualità di plenipotenziario per il Piano Ouadriennale. che impone l'obbligo delle denunce dei patrimoni appartenenti ad israeliti; nonché il decreto pubblicato una settimana fa, che fissa le norme secondo le quali una impresa commerciale (sia essa privata, ovvero ad azioni) deve essere giudicata ebraica, con tutte le conseguenze che ne derivano, anche agli effetti del divieto fatto ai funzionari o appartenenti al Partito nazionalsocialista o alle sue Formazioni di servirsi di tali ditte. Il fatto che nel decreto stesso era detto che agli esercizi riconosciuti ebraici sarebbe imposto uno speciale contrassegno, ha certamente indotto i più ardenti antisemiti ad anticipare il provvedimento legislativo di iniziativa propria. I negozi ebraici, del resto, nei due ultimi giorni, si sono visti costretti a far scrivere a grossi caratteri sulle loro vetrine i precisi nomi e cognomi dei proprietari.

Gli osservatori, specialmente stranieri, cercano di domandarsi quali siano le cause che hanno condotto gli organi responsabili tedeschi a scatenare o a tollerare questa ondata di abusi, che ha pur portato a molestare e ingiuriare molti cittadini esteri (soprattutto balcanici e sud-americani, e anche ungheresi) unicamente perché, essendo di colorito bruno e di capelli neri, sono stati scambiati per ebrei. In proposito non sembrano del tutto soddisfacenti o sufficienti le informazioni ufficiose o le giustificazioni date dalla stampa tedesca

(v. fonogramma stampa n. 157 di stamattina), e secondo le quali si sarebbe in presenza di una delle solite campagne in malafede contro la Germania, a base di esagerazioni o di assolute falsità, mentre in realtà tutto si ridurrebbe all'arresto di un certo numero di pregiudicati, e alla giusta reazione del popolo di Berlino. irritato di vedere il numero degli ebrei della Capitale aumentare invece di diminuire. Sembra che ciò sia effettivamente il caso in conseguenza dell'Anschluss.

Nel popolo, si sente abbastanza frequentemente dire che si tratta di rappresaglie contro l'ostilità an ti tedesca più viva che mai nel mondo e che si attribuisce ad una campagna sistematica del giudaismo internazionale. Fra i fatti comprovanti tale ostilità viene, per esempio, citato il rifiuto degli Stati Uniti d'America di fornire l'elio per i dirigibili tedeschi nella speranza di metterli nell'assoluta impossibilità di navigare, dato che, dopo la catastrofe di Lakehurst1 , si ritiene escluso che si possa ancora correre il rischio di gonfiare i dirigibili coll'idrogeno. Tale atto di ostilità americana viene naturalmente risentito tanto più amaramente proprio nel momento in cui si commemora il centenario della nascita del Conte Zeppelin.

Altra ragione che si sente dare è che si tratti di manovre interne dirette a coprire e mascherare il disagio economico oppure stornare l'attenzione pubblica dallo «scacco» cecoslovacco. In taluni ambienti giornalistici esteri si afferma pure trattarsi di un episodio di rivalità fra Gauleiter (Segretari Federali) e del timore che hanno, per esempio, i dirigenti del Gau di Berlino di

246 'Riferimento all'incendio del dirigibile tedesco Hindenburg nel maggio 1937.

passare per tiepidi o timorosi in confronto a quelli di Vienna, che tanto radicalmente e, dal loro punto di vista, con tanto successo, hanno affrontato subito ed in pieno la questione ebraica.

Più probabile. invece. mi pare la versione secondo la quale questa nuova ondata vien fatta risalire ad alcuni capi locali, ed a certi ambienti delle S.A. che, rappresentando dal 1934 in poi, una parte sempre meno importante ed appariscente nella vita della Germania nazionalsocialista; vanno cercando con tutti i mezzi l'occasione di mettersi in vista. di farsi valere o. per lo meno. di non farsi dimenticare.

Fino a prova contraria, dovrei peraltro ritenere escluso che questa azione debba essere attribuita direttamente al governo e forse alla stessa direzione del Partito2

247

L'AMBASCIATORE IN CINA, CORA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. 3351/253 R. Hong Kong, 22 giugno 1938, ore 18,15 (per. ore 14, IO del 23 ).

M i riferisco al mio telegramma del 17 corrente'.

Comunicazioni di Wang Ching-wei sembrando interessanti e, tale essendo pure l'opinione di personalità giapponese amica, ho chiesto precisazioni circa «garanzia» di cui al punto 4 o, sottoponendo qualche variante circa forma che potrebbe eventualmente assumere e tra altro quella di scrivere lettera personale al Principe.

Wang Ching-wei ha accolto comunicazione con vivo interesse e, dopo aver consultato Chiang Kai-shek, ha risposto che sarebbe disposto scrivere lettera personale qualora avesse garanzia di assoluta segretezza per mezzo nostro. Questa via sembra essere più accetta alla mentalità orientale di entrambe le parti. È certamente questo un momento difficile per avviamento eventuali trattative di pace. Wang Ching-wei in vista importanza attuale passo e intimi rapporti anglo-cinesi desidererebbe fosse messo al corrente ambasciatore d'Inghilterra, il quale giungerà qua 30 corrente.

Prego V.E. telegrafarmi istruzioni in merito2 Comunicato Roma e Tokio.

246 ' Il documento ha il visto di Mussolini. 247 1 Vedi D. 230. 247 2 Per la risposta di Ciano si veda il D. 271, nota 2.

248

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 3370/0120 R. Parigi, 22 giugno 1938 (per. il 24).

Si conferma che questo governo avrebbe sin dal 13 giugno disposto la chiusura della frontiera dei Pirenei al transito di materiale bellico. L'Agenzia Havas ha diramato in proposito il 21 corrente il seguente comunicato ufficiale: «Giornali inglesi della sera hanno in forma sensazionale annunziato che la Francia avrebbe deciso di chiudere oggi la sua frontiera con la Spagna. Tale notizia è palesemente tendenziosa non avendo il governo francese mai cessato di mantenere i suoi impegni di non intervento».

Annunziare la chiusura della frontiera significa ammetterne ufficialmente la precedente apertura. Da ciò l'evidente imbarazzo della messa a punto del Quai d'Orsay, il quale tuttavia non smentisce le informazioni britanniche cui si riferisce Flandin, in un discorso pronunciato ieri alla radio, nel felicitarsi della decisione adottata da questo governo di procedere alla chiusura della frontiera pirenaica, precisa che il 17 marzo scorso, con decreto clandestino e non pubblicato dal Journal Officiel, governo che autorizzava transito materiale bellico a favore Spagna attraverso territorio francese'. Flandin assicura che sono passate in tal modo attraverso la frontiera dei Pirenei nei soli mesi di aprile e maggio, almeno 25.000 tonnellate di armi e munizioni in favore Spagna Rossa2

249

IL MINISTRO AD ATENE, BOSCARELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 3376/057 R. Atene, 22 giugno 1938 (per. il 24 ).

Miei telegrammi filo nn. 45', 4 72 e 5Y e mio telegramma per corriere n. 056 del 20 giugno4

A conferma e sviluppo delle notizie comunicate coi miei precedenti tele

. 248 1 In proposito si vedano i particolari indicati in DDF; vol. IX, p. 812, nota l, dai quali risulta l'esattezza delle affermazioni di Flandin.

grammi, informo V.E. avermi questo ministro di Jugoslavia detto ieri riservatamente che dalle ultime informazioni in suo possesso risulta che:

l) Sono specialmente la Turchia e la Grecia che desiderano concludere un accordo con la Bulgaria. La questione è stata trattata da Bayar e Riistii Aras coi dirigenti bulgari al momento della loro visita a Sofia del maggio scorso'.

2) La Bulgaria, pur accogliendo con interesse la proposta turca di una dichiarazione da parte dei membri dell'Intesa Balcanica di decadenza delle clausole militari del Trattato di Neuilly, avrebbe lasciato chiaramente intendere di essere disposta a giungere ad un accordo di «buon vicinato» ma non ad un patto di «non aggressione».

3) La Romania e la Jugoslavia sono state consultate in seguito da Metaxas in qualità di presidente in carica dell'Intesa Balcanica.

4) La Romania avrebbe fatto delle serie riserve non trovando, né sufficiente, né utile un semplice accordo di «buon vicinato» e desiderando invece un vero e proprio patto di «non aggressione».

5) La Jugoslavia avrebbe dal canto suo dichiarato che, per quel che si riferisce ai suoi rapporti diretti con la Bulgaria, dopo l'accordo dello scorso anno6 trovava «superflua» la stipulazione di un qualsiasi nuovo patto, sia di buon vicinato che di non aggressione. Avrebbe, però, infine aderito alla richiesta di Metaxas di unirsi alla comunicazione che sarebbe stata fatta collettivamente alla Bulgaria a nome di tutta l 'Intesa Balcanica ma avrebbe fatto conoscere agli altri alleati che, a suo avviso, la Bulgaria non avrebbe consentito a firmare un patto di non aggressione, ma soltanto di «buon vicinato».

6) La Romania avrebbe finito per desistere o starebbe per desistere dalla sua intransigenza, ed aderire al desiderio dei turchi e dei greci, i quali si contenterebbero anche di un patto di «buon vicinato» o di «gentlemen 's agreement». Della questione si sarebbe occupato Re Caro! coi dirigenti turchi nella sua recentissima crociera nel Bosforo'.

248 2 La chiusura della frontiera dei Pirenei era confermata anche dali' ambasciata a San Sebastiano (T. 3361/92 R. del 23 giugno). Il provvedimento, aggiungeva l'ambasciatore Viola, veniva considerato come dovuto al desiderio della Francia di mettersi in regola in vista delle imminenti decisioni del Comitato di non intervento.

249 1 Vedi D. 150.

249 2 Vedi D. 236, nota 2.

249 1 Vedi D. 236.

249 4 Vedi D. 241.

250

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 3423/0106 R. Berlino, 23 giugno 1938 (per. il 27).

Mi è venuto oggi a vedere il ministro di Romania per mettermi a parte delle preoccupazioni sue, ed evidentemente del suo governo, circa la visita di

249' Vedi D. 135, nota l.

249 " Vedi D. 64, nota 2.

Keitel -capo di Stato Maggiore Generale delle Forze Armate del Reich -a Budapest1

Secondo talune voci, la visita avrebbe avuto per scopo di accertare le disposizioni del governo ungherese in merito ad un eventuale passaggio od accantonamento di truppe tedesche in territorio ungherese in caso di ostilità con la Cecoslovacchia e ciò con l'eventuale intento, sia di prendere alle spalle le fortificazioni cecoslovacche di frontiera, sia di non combattere in territorio sudeto e quindi con danno dei propri stessi connazionali. Secondo il piano di Keitel, l 'Ungheria dovrebbe, al caso, avere l'aria di cedere a più o meno dolce violenza e ciò per prevenire la messa in moto della Piccola Intesa ma comunque, in definitiva, accedere al desiderio tedesco.

Il ministro di Romania era il primo a riconoscere che un simile procedimento da parte ungherese, per quanto ben mascherato, sarebbe difficilmente sufficiente ad evitare l'entrata in guerra della Piccola Intesa e che, d'altra parte, non si vedrebbe la ragione per cui la Germania rischierebbe di aumentare il numero dei suoi nemici quando avrebbe le più ampie possibilità, sia di evitare i due pericoli che sembravano preoccuparla, sia di stringere la Cecoslovacchia in una morsa ugualmente fatale, anche agendo dal suo stesso territorio.

D'altra parte, continuava il signor Djuvara, la verosimiglianza della informazione relativa agli obbiettivi del viaggio ungherese di Keitel andrebbe posta in relazione con le preoccupazioni tedesche sull'atteggiamento romeno in caso di possibili mosse sovietiche. I tedeschi si preoccupano apertamente di una tale eventualità e gliene avevano -a cominciare dallo stesso Goring -apertamente domandato.

Il problema era doppio. Cosa farebbe la Romania in caso di sorvolo da parte di apparecchi sovietici? Cosa farebbe, soprattutto, in caso di domanda di passaggio di truppe? All'una e all'altra di siffatte domande il signor Djuvara aveva risposto assicurando che la Romania non avrebbe mai permesso una simile violazione del proprio territorio.

A ulteriore domanda se la Romania si sarebbe opposta a tentativi siffatti con la forza il ministro di Romania -credo peraltro più a titolo di presunzione che di certezza -aveva anche risposto -tranne che per il caso di aeroplani sorvolanti ad altissima altitudine e di sorpresa -di sì.

Comunque, dato e non concesso che delle truppe russe riuscissero, nonostante tutto, ad aprirsi un varco attraverso la Romania, allora sì -continuava il ministro Djuvara -che la Germania avrebbe potuto forse avere interesse a sbarrare il passo ai sovietici fin dal territorio ungherese. E forse, in questa ipotesi, il governo ungherese, di fronte ad una violazione di territorio romeno da parte russa, avrebbe anche potuto consentire esso stesso ad un passaggio di truppe tedesche.

Il ministro di Romania tuttavia sperava che a tutto questo non si sarebbe arrivati, egli avendo la fondata impressione che, dop.o tutto, la Germania non

intenderebbe, almeno per ora, di arrivare ad una soluzione armata del problema cecoslovacco.

Checché sia di questo ultimo punto, credo che le informazioni del signor Djuvara potrebbero essere opportunamente controllate dal nostro ministro a Budapesf.

249 7 Nel corso della quale si era incontrato, il 19 giugno, con Kemal Atatlirk. Si veda in proposito il D. 284, nota 4.

250 1 Vedi D. 257.

251

COLLOQUIO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, CON L'AMBASCIATORE DI TURCHIA A ROMA, RAGIP BAYDUR 1

APPUNTO. Roma, 23 giugno 1938.

Ho ricevuto l'Ambasciatore di Turchia, di ritorno da un viaggio ad Ankara. Dopo avermi ripetuto le consuete espressioni di amicizia da parte di Riistii Aras, mi ha detto che questi, al fine di rendere più intense le relazioni politiche tra l'Italia e il suo Paese, aveva pensato di proporre la stipulazione di un Patto per il Mediterraneo Orientale, Patto cui, oltre l'Italia e la Turchia. avrebbero dovuto dare l'adesione anche le altre Potenze interessate.

Ho risposto ali' ambasciatore che avrei riferito al Duce tale suggerimento, ma che in via personale e preliminare dovevo fargli rilevare che un tale Patto mi sembrava superfluo per il suo contenuto, dati gli impegni internazionali già esistenti in merito e contrario al nostro stile diplomatico per il suo carattere di Patto collettivo. Indipendentemente da ciò, non vedevo per quale ragione avremmo dovuto cercare in nuovi strumenti diplomatici il motivo di più intense relazioni con la Turchia, dato che i rapporti tra i due Stati sono attualmente corretti e che nessun ostacolo esiste a renderli sempre migliori.

L'Ambasciatore mi ha infine parlato della situazione del Sangiaccato e mi ha detto che ad Ankara si considera la settimana prossima come cruciale per tale questione. In realtà, se il Governo francese non lascerà entrare le truppe turche, esse entreranno egualmente per forza. Ciò è ormai deciso e sono previste e preventivate tutte le possibili conseguenze. In Turchia si ritiene che la Francia non reagirà. Però anche se dovesse reagire si entrerebbe nel Sangiaccato egualmente.

Per parte mia non ho mancato di confermare l'Ambasciatore nella sua opinione che la Francia non agirà anche se vivamente provocata e ho discretamente incitato i turchi all'azione. Qualunque situazione ne debba sorgere si risolverà in una grave crisi per la Francia e comunque in una perdita di prestigio in tutto l'Oriente. Così almeno si giudica ad Ankara'.

251 ' Ed. in L'Europa verso la catastrofe, pp. 338-339. 251 2 Il documento ha il visto di Mussolini.

250 2 Si veda in proposito il D. 285.

252

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, GALLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 1087/585. lstanbul, 23 giugno 1938 (per. il 30).

Questa stampa ha seguito con grande attenzione e interesse le notizie relative al recente colloquio Ciano-Stojadinovié 1 In un articolo del giornale uffi

cioso Ulus, si fa la storia delle relazioni diplomatiche itala-jugoslave e dell' accordo concluso fra i due Paesi2 con lo scopo principale di «assicurare la pace in Europa Orientale, e nei Balcani». Il rinserramento attuale dell'amicizia è dovuto in parte, secondo il giornale, agli identici interessi dei due Stati di fronte alla nuova situazione creata dall' Anschuss, che «per tutti e due è stata una sorpresa ma tutti e due sembrano esserne stati soddisfatti e seguono una politica realista mantenendo le vecchie e sincere relazioni con la grande vicina e cercando di svilupparle. La spinta della Germania verso l 'Europa Centrale ha messo la Jugoslavia in una situazione più delicata dell'Italia perché la Jugoslavia è l'alleata della Cecoslovacchia. È vero che quest'accordo non si riferisce ad un attacco tedesco contro la Cecoslovacchia ma contro un probabile attacco de li'Ungheria. Ma una guerra che scoppiasse in Europa Centrale, da qualunque parte provocata, non potrebbe localizzarsi dov'è scoppiata. Così la Jugoslavia si troverebbe in difficile situazione per gli antichi impegni verso la Francia e la Piccola Intesa e per la nuova amicizia con l'Italia e la Germania. Non essendo chiara completamente la situazione in Europa Centrale per la Jugoslavia non è neanche completamente certo che cosa farà l 'Italia in simile situazione. Ecco su per giù quali possono essere stati i più importanti oggetti di conversazione fra Ciano e Stojadinovié di fronte ad identici problemi».

Aras mi ha parlato dell'avvenimento, dicendomi che il governo turco seguiva con spiegabile interesse e simpatia l'evolversi delle relazioni itala-jugoslave. Egli considerava l 'ultimo colloquio al di là dei suoi immediati riflessi fra Roma e Belgrado, e ne valutava l'importanza nei riguardi dei rapporti fra Roma e i Balcani in genere. Egli ritiene di poter constatare a questo riguardo un sempre maggior avvicinamento, dovuto alla reciproca comprensione dei rispettivi interessi ed aspirazioni, e se ne rallegra.

In questo ordine di idee, egli si augura di poter dare un nuovo aspetto ai rapporti itala-turchi. Riprendendo agli argomenti già svolti con me in altre recenti occasioni -come ho avuto l'onore di riferire a V.E. -egli dicendomi che stava cercando una formula sperava che si fosse potuta già trovare nei colloqui con Stojadinovié, e nel quadro degli interessi mediterranei3

252' Vedi D. 237. 252 'Riferimento al trattato itala-jugoslavo del 25 marzo 1937. Vedi D. 64, nota 3. 252 1 Il documento ha il visto di Mussolini.

253

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. SEGRETO 42851 • Berlino, 23 giugno 19382 •

[ .................................................................................................................. ]

Ribbentrop, dopo aver mostrato da principio di aver della cosa soltanto dei ricordi piuttosto vaghi, accennò poi [a] uno scambio di progetti, aggiungendo peraltro che la cosa era rimasta là (it was left like that), tanto più che il Duce si era riservato -in una conversazione avuta a Furbara -di r[iesa]minare ex nova la questione, eventualmente facendovi un [qual]che riferimento nel discorso di Genova. Ma, aggiungeva [Ribben]trop, come avete visto, il Duce a Genova non ha detto -[in rela]zione a questo punto -nulla.

Lasciai cadere la cosa. Queste prime battute [e] quello che io avevo saputo da te sullo svolgimento ef[fettivo ?] dei fatti -mi lasciarono, quanto alle ulteriori [dichiarazioni di von] Ribbentrop, molto perplesso.

Io mi preparavo a scriverti per e[sprimerti questa] sensazione, quando ebbi l'idea di una [conversazione ... ] col Segretario di Stato Weizsacker3 • [ ........................................... circa 16 righe illeggibili ............................................ ]

e subito dopo iniziava egli stesso quella conversazione che io andavo cercando e che qui appresso ti riferisco.

Premesso che si trattava di un colloquio assolutamente libero e confidenziale, Ribbentrop esprimeva il desiderio, tanto più non avendolo potuto fare anteriormente, di esporre anche a me la sua «personale nozione della situazione eur[opea»]. Egli sviluppava quindi -lungamente e con una certa [enfasi in] cui la forza delle convinzioni sembrava rinvigorita [anche dal]l'amarezza di personali esperienze -i punti seguenti:

l) Il solco che separa i Paesi autoritari da [quelli ad] ideologia democratica è destinato, anziché a dimin[uire, ad appr]ofondirsi sempre più. È inutile farsi illusioni.

2) I Paesi democratici ne hanno per [conto loro la] sensazione netta e tendono ad unirsi essi sltessi ... ] [ ........................................... circa 16 righe illeggibili ............................................ ]

loro ulteriori, legittime mete,

253 ' Il documento è gravemente deteriorato dall'umidità ed è privo della prima pagina.

253 ' Si riferisce -forse -al colloquio avuto con von Weizsacker il 17 giugno. Secondo l'appunto redatto dal Segretario di Stato alla Wilhelmstrasse, Attolico aveva domandato se vi erano novità circa un eventuale accordo scritto tra Italia e Germania, di cui si era parlato in occasione del viaggio di Hitler in Italia, e circa un prossimo viaggio di Ciano in Germania ed aveva aggiunto che un accordo scritto fra i due Paesi de Il' Asse che fosse il risultato della visita di Ciano doveva essere formulato in modo tale da poter essere reso pubblico e dimostrare un sensibile rafforzamento del!' Asse (DDT, vol. I, D. 781 ).

b) venga loro a togliere quanto essi hanno già acquisito. Ribbentrop sottolineava molto-a marcare bene an[che] l'interesse nostro -questo secondo punto, affermando che, [per] quanto ci riguarda, la Gran Bretagna non esiterebbe -appena ne vedesse la possibilità -a rimetterei in un modo o [nel]1' altro fuori dell'Abissinia. Egli aveva sentito in proposito dichiarazioni di personalità e uomini politici inglesi [che non] lasciavano -secondo lui -alcun dubbio in materia.

6) Per far fronte ad una siffatta situazione [le] Potenze autoritarie non avevano che a far blocco [impedendo] che una di esse fosse toccata e indebolita [ ........................................... circa 16 righe illeggibili ............................................ ]

interlocutore rievocata quindi il suo intervento dell'anno scorso per il Patto Anticomintern e il viaggio fatto a Roma per trasformare un negoziato a due in un patto a tre. Un ulteriore passo, aggiungeva, si sarebbe potuto compiere dopo e in conseguenza della visita e del definitivo riavvicinamento dei due Capi.

In fondo-diceva Ribbentrop-dagli incontri di [que]sti due uomini -che sono fra le personalità più grandi [che la] storia registri -il mondo si attendeva e si attende ancora qualche cosa. Ecco il perché delle conversazioni romane (di Ribbentrop) col Duce e con te. Vi fu uno scambio di p[rogetti?]. Questi si urtarono di fronte ad una difficoltà-eviden[temente] gravissima-il pericolo cioè di rimpicciolire, [anziché aumen]tare, agli occhi del mondo la funzione e l'im[portanza dell'As]se. Si parlò di clausole pubbliche e di clauso[le segrete. Ma] in fondo, la forza «intrinseca» dell'Asse [derivava dalla] «notorietà» di quello che si [ ... ]. D'altra parte, in quel momento [si era si era appena terminato di] negoziare con l 'Inghilterra [ ... ].

Il Duce av[eva in mente di ... ] ripensare alla intera questi[one ... ] dicendo qualche cosa nel discorso [di Genova]. [ ........................................... circa 16 righe illeggibili ............................................ ]

[ ... con]versazioni sia con Ribbentrop, sia col Flihrer, così in definitiva preparando quella che potrebbe poi essere la tua visita ufficiale a Berlino.

È superfluo dire, aggiungeva Ribbentrop, che una tua visita qui sarebbe in qualunque momento e per qualunque ragione -più che gradita e che un'occasione appropriata [sareb]be per essa sempre potuto esser trovata. Ma, venendo dop[o la] visita di Mussolini a Berlino e di Hitler a Roma, essa [richie]derebbe una particolare preparazione, sì da acquistare [agli] occhi di tutti importanza e portata politica adeguata.

Rispondendo a Ribbentrop e vivamente [ringraziando] di quanto mi aveva detto, io non mancai di far rilevare al mio interlocutore che il duce a Genova aveva già de[tto che in] caso di guerra di dottrine gli Stati tota[litari farebbero] immediamente blocco e marcereb[bero fino infondo. Tuttavia] anche, come possibile conten[uto ... ] indicatemi a Roma e cioè:

l) Frontiere

2) Consultazione

3) Assistenza polit[ica e diplomatica]

e ciò senza pregiud[izio di intese segrete,] eventualmente destinate [a tutelare gli interessi] militari dei due Paesi, [ ........................................... circa 16 righe illeggibili ............................................ ]

pregiudiziale: perché tenere segreto proprio l'elemento che darebbe all'Asse la sua forza e la sua funzione preventiva e deterrente? Parigi e Londra non hanno ormai fra loro una vera e propria alleanza militare e i loro Stati Maggiori non si consultano ogni momento?

In breve -chiesi a Ribbentrop -che cosa voi, date le circostanze, credereste opportuno di fare?

Risposta: «a plain, open military alliance». Solamente essa -continuava il ministro -potrebbe dare ad [entram]bi i Paesi entrambe le possibilità più sopra accennate e [cioè] di preservare il già acquisito; di raggiungere [ ... ] «ulteriori mete». Come «mete», Ribbentrop men[ziona per] quanto riguarda noi-(a prescindere da una [ ... ]servazione da complicazioni spagnole) eve[ntuali nuovi obiettivi] nel Mediterraneo; per la Germania, a [mo' di esempio la] Cecoslovacchia. [ ........................................... circa 12 righe illeggibili ............................................ ]

cecoslovacca si troverebbe così già chiusa prima che la Francia avesse potuto avere tempo di mobilizzare e si fosse potuto tirare «un solo colpo di fucile» sulla frontiera franco-tedesca.

In una siffatta situazione, la Francia per la [pri]ma esiterebbe ad entrare in azione, tanto più essa essendo tenuta-dalla sua alleanza-a soccorrere la Cecoslova[cchia] solo in caso di aggressione non provocata (Ribbentrop mostrava quasi di poter «contare» sopra una sicura provocazione di Praga).

E quando-continuava il ministro-la questione cecoslovacca fosse già materialmente liquidata [ ... l inizio effettivo delle ostilità, la stessa [ ... ] farebbe di tutto per evitare la generalizzazione.

Mi permisi quindi ad ogni buon [fine] [ ........................................... circa 15 righe illeggibili ............................................ ]

Del resto, come voi forse saprete -continuava il ministro -noi stiamo costruendo una «contro-linea» Maginot lungo tutta la frontiera occidentale tedesca fino all'Olanda. Ad ultimarne la costruzione al più presto, lavora adesso febbrilmente, oltre il personale del Genio, quasi tutto l'Arbeitsdienst (che, contrariamente alle apparenze, è anche esso una vera e propria milizia). Questa nuova linea, costruita con criteri assolutamente nuovi, sarà praticamente «inespugnabile». Se i francesi si azzardassero a cozzarvi contro, [essi] sperimenterebbero forse «la più grande disfatta che la storia registri». Ma, quel che è più, questa linea potrà essere tenuta con soli 250.000 uomini, formanti una spe[ ... ] della morte (hanno tutti, uno per uno, prestato giuramento solenne di morire sul loro posto di combattimento. Scelti tutti con criteri specialissimi, all'infuori del!' esercito regolare, il quale sarà così completamente libero e pronto a qualunque altro compito che le [ ... J [ ........................................... circa 14 righe illeggibili ............................................ ]

agirà se non in caso di nuove provocazioni che fossero da [ ... ] ritenute intollerabili.

Desidero pure aggiungervi, sottolineava Ribbentrop che la Germania prenderebbe esclusivamente su se stessa la liquidazione della Cecoslovacchia e non si attenderebbe affatto di essere militarmente aiutata dali 'Italia in un conflitto che scoppiasse a causa di essa: che anzi, la Ge[rmania] ove l'Italia lo desiderasse-potrebbe, in una clausola [apposi]ta, impegnarsi ad escludere dal quadro di un'eventuale [allean]za il caso cecoslovacco. Non crediate, «per un solo momento che la Germania voglia un'alleanza militare per [ ... ]tro in una guerra per la Cecoslovacchia [ ... ].

Questa conversazione, concludeva Ribbentrop, è a titolo personale. Non ne ho ancora parlato con il Fiihrer ma egli (affermazione ripetuta due volte) [«generally agrees] with me in these matters». Voi [ ... ] [ ........................................... circa 11 righe illeggibili ............................................ ] i contatti che egli ha con le poche persone che veramente contano in quel Paese -che esso «finirebbe con l'aderire a un triangolo militare, così come ha aderito a un triangolo anticomunista»4

Come vedi, le assunzioni espresse e implicite di Ribbentrop non sono poche: liquidazione della Cecoslov[acchia] in una settimana; materiale impossibilità della Francia ad entrare tempestivamente in azione: disposizione dell'Inghilterra, nonostante tutto, ad evitare un conflitto generale; presunzione di una decisione terrestre della guerra (con l'esclusione di guerre marittime a lunga durata [con rela]tivi ... blocchP, oppure con sicurezza di approvvigio[namen]ti attraverso l 'Italia e gli altri Paesi amici); entrata in gioco al 100% del Giappone e capacità giapponese di parare-an[che] in piena guerra con la Cina-alla Russia, ali'America e ali 'Inghilterra ad un tempo: prati[ca impossibilità per l'Italia di] rimanere -in definitiva -estr[anea ad una conflagrazione ge]nerale europea. Io mi sono [ ... ], sia per rimanere [nei limiti generali, sia perché] ogni discussione di merito avre[bbe finito col provocare espres]sioni e conclusioni per lo meno [premature].

Da quanto ti ho sopra riferito risulta intanto una cosa e cioè che il contegno di Ribbentrop appare mutato nel giro degli ultimi venti giorni. La prima volta che lo vidi egli mi parve quasi negativo e comunque evasivo, la seconda inequivocamente, e anzi forse troppo, positivo. Cosa può [aver]determinato questo cambiamento? L'unica spiegazione log[ica] è che -nel frattempo -l'idea di una soluzione armata della questione cecoslovacca (tale non solo da soddisfare nello loro quasi totalità le aspirazioni razziste tedesche, [ma an]che da compensare la Germania del colpo che le intimidazioni inglesi sembrano, agli occhi della parte più accesa del partito, aver inflitto al suo prestigio) abbia guadagnato terreno e tenda, almeno come direttiva di massima e [subordinata]mente ad opportunità di condizioni e di momenti -a p[revalere].

In questa prospettiva, Ribbentrop che ind[ubbiamen]te lavora con e per gli estremisti, auspica [un'alleanza mi]litare Germania-Italia-Giappone o [almeno tra Germanie e] Italia. E, secondo me, egli la [ ... l [ ........................................... circa 16 righe illeggibili ............................................ ] [ . .. ]vessero nella specie ricorrervi, non vorrebbero fermarsi ad una semplice annessione del territorio sudeto, ma vorrebbero un vero e proprio arrontondamento delle frontiere tedesche, capace sia [di] migliorare le comunicazioni, sia addirittura di assicurare

253 5 Nota del documento illeggibile.

il dominio strategico della Germania in quella parte dell'E[uropa ... ] implicherebbe praticamente lo smembramento della Cecoslovacchia e, a parte ogni considerazione di merito, aumenterebbe [sensi]bilmente il rischio di una generalizzazione del conflitto.

Comunque, per ritornare a quello che i tedeschi nel momento e nella situazione presenti sarebbero disposti e desiderosi di fare con l 'Italia, credo si possa dire che essi vedrebbero con favore una vera e propria alleanza [militare con] noi, a portata e caratteri generali, alleanza pu[bblica o che] almeno potesse essere da tutti fondatamente presunta.

Cioè, ai tre punti da te menzionati:

l) frontiere (di cui forse credo che [si vorrebbe] qui parlare più in un preambolo, qua[ si logica premessa di] una qualunque stipulazione, che non [nella stipulazione stessa]);

2) consultazione;

3) assistenza po[litica e diplomatica alla quale] qui si vorrebbe poter aggiun[gere qualche accordo militare almeno] un impegno a consultazioni [militari, come il governo inglese deve avere con quello] fran[cese], impegno aperto e q[uindi idoneo a ... ] esistenza di una vera e p[ropria alleanza]. [ ........................................... circa l O righe illeggibili ............................................ ]

Ribbentrop, come ho detto più sopra, mi aveva pregato di non scrivere, ma di conferire con [te di per]sona. Come vedi, io invece scrivo, ritenendo che il parlare potrebbe limitare la latitudine [della] tua azione e comunque affrettare i tempi di una eventuale negoziazione, le cui premesse ed i cui ter[mini] vanno invece profondamente maturati e meditati.

Ti sarò peraltro grato se, a suo tempo, mi farai sapere se e quali comunicazioni io [debba fare] anche in relazione alla sua ventilata [gita a Como] al signor Ribbentrop.

253 2 Il colloquio con von Ribbentrop su cui riferisce qui l'ambasciatore Attolico ebbe luogo il 19 giugno.

253 4 Nota del documento illeggibile.

254

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

Berlino, 23 giugno 1938.

Mi è venuto oggi a vedere il ministro di Romania per mettermi a parte delle preoccupazioni sue, ed evidentemente del suo governo, circa la visita di Keitel -Capo di S.M. Generale delle Forze Armate del Reich -a Budapest2•

Secondo talune voci, la VISita avrebbe avuto per scopo di accertare le disposizioni del governo ungherese in merito ad un eventuale passaggio od accantonamento di truppe tedesche in territorio ungherese in caso di ostilità con la Cecoslovacchia e ciò con l'eventuale intento sia di prendere alle spalle le fortificazioni cecoslovacche di frontiera, sia di non combattere in territorio sudeto e quindi con danno dei propri stessi connazionali.

Secondo il piano di Keitel, l 'Ungheria dovrebbe, al caso, avere l 'aria di cedere a più o meno dolce violenza, e ciò per prevenire la messa in moto della Piccola Intesa, ma comunque, in definitiva, accedere al desiderio tedesco.

Il ministro di Romania era il primo a riconoscere che un simile procedimento da parte ungherese. per quanto ben mascherato, sarebbe difficilmente sufficiente ad evitare l'entrata in guerra della Piccola Intesa: che, d'altra parte, non si vedrebbe la ragione per cui la Germania rischierebbe di aumentare il numero dei suoi nemici quando avrebbe le più ampie possibilità, sia di evitare i due pericoli che sembravano preoccuparla, sia di stringere la Cecoslovacchia in una morsa ugualmente fatale anche agendo dal suo stesso territorio.

D'altra parte, continuava il signor Djuvara, la verosimiglianza dell'informazione relativa agli obiettivi del viaggio ungherese di Keitel andrebbe posta in relazione con le preoccupazioni tedesche sull'atteggiamento romeno in caso di possibili mosse sovietiche.

I tedeschi si preoccupano apertamente di una tale eventualità e gliene avevano -a cominciare dallo stesso Goring -apertamente domandato. Il problema era doppio. Cosa farebbe la Romania in caso di sorvolo da parte di apparecchi sovietici? Cosa farebbe, soprattutto, in caso di domanda di passaggio di truppe?

All'una e all'altra di siffatte domande il signor Djuvara aveva risposto assicurando che la Romania non avrebbe mai permesso una simile violazione del proprio territorio. A ulteriore domanda se la Romania si sarebbe opposta a tentativi siffatti con la forza il ministro di Romania -credo peraltro più a titolo di presunzione che di certezza -aveva anche risposto -tranne che per il caso di aeroplani sorvolanti ad altissima altitudine e di sorpresa -di sì.

Comunque, dato e non concesso che delle truppe russe riuscissero, nonostante tutto, ad aprirsi un varco attraverso la Romania, allora sì -continuava il ministro Djuvara -che la Germania avrebbe potuto forse avere interesse a sbarrare il passo ai sovietici fin dal territorio ungherese.

E forse, in questa ipotesi, il governo ungherese, di fronte ad una violazione di territorio romeno da parte russa, avrebbe anche potuto consentire esso stesso ad un passaggio di truppe tedesche. Il ministro di Romania tuttavia sperava che a tutto questo non si sarebbe arrivati, egli avendo la fondata impressione che, dopo tutto, la Germania non intenderebbe, almeno per ora, di arrivare ad una soluzione armata del problema cecoslovacco.

Checché sia di questo ultimo punto, credo che le informazioni del signor Djuvara potrebbero essere opportunamente controllate dal nostro ministro a Budapest.

254 1 L'originale di questo documento non è stato rintracciato. Si pubblica qui il testo ritrasmesso dal Ministero a varie ambasciate e legazioni con T. per corriere 4236/C P.R. del 28 giugno.

254 2 Vedi D. 257.

255

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 2650/1050. Mosca, 23 giugno 1938 (per. il 27).

TELESPRESSO. 220490/C. del 13 corrente1

Le informazioni da fonte fiduciaria comunicate a cotesto Ministero dalla

R. Ambasciata a Berlino sembrano voler far apparire come una direttiva nuova e recente della politica sovietica quella mirante ad un avv1cmamento dell'U.R.S.S. alle democrazie occidentali. Si dice infatti fra l'altro che «Litvinov e Potemkin sono fautori di una nuova politica».

In realtà, da quando è entrata nella Società delle Nazioni l'U.R.S.S. non ha fatto una politica diversa. A Ginevra Litvinov si è sempre atteggiato a difensore della «libertà dei popoli» contro i pericoli delle dittature fasciste. I discorsi che da oltre quattro anni Troyanovski va pronunciando negli Stati Uniti hanno sempre mirato a guadagnarsi le simpatie della democrazia americana col rappresentare l'U.R.S.S. come un Paese retto secondo gli ideali più democratici. La nuova costituzione staliniana approvata nel dicembre 1936 altro scopo non aveva che quello di sbandierare all'estero la «costituzione più democratica del mondo». Finalmente, l'insistenza di Litvinov nel proclamare ad ogni occasione la necessità di mettere in atto il principio della sicurezza collettiva è la prova evidente degli sforzi che egli compie da tempo per tentare di organizzare un «blocco delle democrazie» da opporre al movimento fascista.

È vero che gli allettamenti verbali indirizzati alle democrazie europee ed a quella americana sono stati spesso neutralizzati da avvenimenti di politica interna, che mettevano in luce il carattere autocratico ed i sistemi barbari del regime staliniano. Vi è anche stato, qualche mese fa, l'episodio della lettera di Stalin «al compagno lvanov»2 , la quale dovrebbe aver aperto gli occhi a quanti pensassero ancora che i dirigenti di Mosca abbiano definitivamente rinunciato al programma di sovvertimento mondiale. Ciò non toglie però che la politica estera dell'U.R.S.S. degli ultimi anni abbia continuato ad avere di mira una collaborazione nel campo internazionale con le Potenze occidentali e che a tale scopo essa abbia continuato a sfruttare il tema della «solidarietà delle democrazie». Ciò risulta chiaramente da tutti i miei rapporti degli ultimi venti mesi.

255 'Ritrasmetteva il telespresso 3752/1103 del 3 giugno da Berlino con il quale si dava notizia di un'informazione proveniente «dalla consueta fonte fiduciaria>>. Secondo tale informazione, a Mosca stava guadagnando terreno l'idea di <<un reale avvicinamento alle Potenze Occidentali» perché l'attuale politica dell'U.R.S.S. stava suscitando sfiducia e sembrava destinata a provocare un 'intesa tra Germania e Gran Bretagna, alla quale avrebbe aderito non solo l'Italia ma, successivamente, anche la Francia, lasciando l'U.R.S.S. nel completo isolamento. Litvinov e Potemkin sembravano favorevoli ad un mutamento di politica.

255 ' Vedi serie ottava, vol. VIII, D. 155.

La parte delle informazioni di fonte fiduciaria colla quale posso trovarmi d'accordo è quella dove si rileva una attuale preoccupazione sovietica di rimanere isolati: preoccupazione che a mio avviso deriva però essenzialmente dal nuovo indirizzo della politica estera britannica di Chamberlain, soprattutto nella questione spagnola. Ed è verosimilmente per evitare tale pericolo che appunto in questi giorni il governo sovietico, agendo ben più sotto le pressioni della Francia che non sotto quelle di Praga e di Washington (cui accenna la fonte fiduciaria), si è indotto ad adottare in seno al Comitato di non intervento di Londra una attitudine meno intransigente. Mi riferisco al riguardo al mio telespresso n. 260611027 del 21 giugno corrente3

256

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 2669/1060. Mosca, 23 giugno 1938 (per. il 4 luglio).

Ogni mossa del ministro degli Affari Esteri polacco è seguita con estrema diffidenza e commentata con vero livore negli ambienti politici dell'U.R.S.S. Da tempo il colonnello Beck è diventato la vera «bestia nera» di Mosca.

È chiaro che il governo sovietico si preoccupa dell'attività di Beck nei riguardi delle piccole Potenze del Baltico e della Scandinavia e ancora più dei suoi negoziati colla Romania, cui si attribuisce lo scopo di accordi militari.

Neli'opinione sovietica, il ministro polacco perseguirebbe il piano della creazione di un nuovo «asse» di cui la Polonia sarebbe il centro e che legherebbe ad essa Finlandia, Estonia, Lituania e Romania, con l'appoggio anche dei Paesi scandinavi. Si tratterebbe cioè della creazione di un «blocco neutrale» sotto l 'influenza predominante di Varsavia. Inutile dire che la stampa sovietica combatte questo concetto di neutralità e si affanna a mettere in guardia i piccoli Paesi contro il pericolo di perdere la propria indipendenza che ad essi sovrasterebbe qualora cedessero agli allettamenti del colonnello Beck, «commesso viaggiatore di Hitler». Tutto ciò per concludere che la integrità e la indipendenza dei piccoli Paesi non può essere garantita che dalla sicurezza collettiva.

255 3 Riferiva che l'ambasciatore di Francia, Coulondre, gli aveva confidato di stare insistendo «con fermezza>> presso Litvinov perché il rappresentante sovietico nel Comitato di non intervento adottasse un atteggiamento più conciliante nelle diverse questioni sul tappeto ed in particolare a proposito del controllo navale. Secondo Coulondre, Litvinov era personalmente desideroso di liquidare al più presto il problema internazionale connesso alla crisi spagnola.

257

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 3400/0124 R. Budapest, 24 giugno 1938 (per. il 25).

Mio telespresso n. 3193/1040 del 21 giugno c.a. 1

Mentre riferisco con rapporto separato quanto è potuto risultare al R. Addetto militare ed aeronautico circa le conversazioni avute qui dal generale KeiteF, confermo che erano corse voci (mio telegramma per corriere n. 0110 del 14 giugno3 ) che nella visita si fosse trattata soprattutto la questione cecoslovacca e l'eventuale collaborazione militare ungaro-tedesca.

A questo proposito il ministro di Polonia mi ha detto che, mentre il generale Ratz aveva escluso che si fosse parlato dell'argomento, accennando invece genericamente a questioni di forniture militari, Kànya invece gli aveva detto che il generale Keitel, a proposito di eventuali accordi circa la Cecoslovacchia, aveva risposto che la questione era ancora prematura. Il ministro di Polonia aveva anzi avuto l 'impressione di un certo disappunto ungherese. Mentre i rappresentanti della Piccola Intesa che ho incontrato pensano che vi siano invece accordi militari precisi con la Germania, il signor Orlowski ritiene che non esistano accordi del genere fra Germania e Ungheria e mi ha d'altra parte smentito un'altra volta nel modo più reciso l'esistenza di accordi militari in materia fra Polonia e Ungheria.

Sull'argomento ho già più volte riferito ali 'E.V. e mi riferisco alla precedente mia corrispondenza.

258

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 3398/0126 R. Budapest, 24 giugno 1938 (per. il 25).

Mio telegramma per corriere n. O117 del 21 corrente1

Ho parlato con Kànya dello stato attuale delle trattative condotte a Bucarest, ed egli mi ha confermato quanto mi aveva detto dettagliatamente Bessenyey. Benché incontrasse molta opposizione nel seno stesso del Gabinetto, egli stava studiando il modo di proporre una formula che non parlasse direttamente di minoranze.

Avendogliene domandato, per l'eventualità che si arrivasse ad una conclusione, Kànya non mi ha nascosto che, nella situazione attuale, l'opinione pubblica ungherese non potrebbe non trovare singolare che si possa addivenire ad una dichiarazione di non ricorso alla forza anche nei confronti della Cecoslovacchia. Ma, mi ha detto Kànya, prima di tutto si trattava di una formula eccessivamente vaga e in ogni modo tutto l'eventuale accordo sarebbe in caso subordinato alle effettive misure verso le minoranze; se quindi le minoranze ungheresi di Cecoslovacchia non fossero soddisfatte nei loro desiderata, (ciò che Kànya giudica impossibile) è evidente che l'Ungheria non potrebbe considerarsi legata dalla eventuale dichiarazione stessa. D'altra parte, per arrivare ad un accordo con la Romania, non vi era altro modo.

Mi ha fatto quindi di nuovo la storia delle trattative, fin dal dicembre dello scorso anno, «che i governi amici di Berlino, di Roma e di Varsavia avevano desiderato», ritornando sul fatto che all'attuale soluzione di dover trattare con tutti e tre si era giunti per volontà della Romania e ora non era possibile fare altrimenti.

Che egli credeva ora di vedere una migliore disposizione da parte romena, come già da parte jugoslava, avendo avuto assicurazioni che la questione minoritaria sarà affrontata da ciascuno Stato con effettive misure amministrative.

Questo ministro di Romania è ottimista sull'esito delle conversazioni: secondo quanto mi ha detto, la frase che la Romania ha proposto, pur senza parlare di minoranze, è tuttavia abbastanza chiara perché dice che «il governo si impegna a prendere misure di ordine interno tali da dirimere tutte le varie difficoltà esistenti». Una volta accettato questo principio generale, comune per i tre Stati della Piccola Intesa, ciascuno di essi potrà trattare direttamente con l'Ungheria. E intanto vi saranno, almeno da parte romena, dirette trattative tra il governo e i rappresentanti delle minoranze. Egli mi ha aggiunto che il suo governo aveva del resto già preso molte misure di dettaglio favorevoli alle minoranze ungheresi, ciò che non aveva certo mancato di influenzare favorevolmente il governo di Budapese.

257 1 Con cui il ministro Vinci aveva riferito sulla recente visita compiuta dal generale Keitel in Ungheria dal 14 al 18 giugno. Secondo le notizie che si erano potute raccogliere, la visita aveva avuto per scopo la vendita ali 'Ungheria del materiale da guerra ex-austriaco.

257 2 Con telespresso 3242/1069 del 24 giugno, il ministro Vinci trasmetteva il rapporto 0602 in data 18 giugno dell'addetto aeronautico, colonnello Palotta, il quale, sulla base delle informazioni attinte negli ambienti militari, riteneva che effettivamente la visita del generale Keitel avesse avuto lo scopo di vendere il materiale da guerra ex-austriaco. Il colonnello Palotta segnalava, però, come significativo <<il notevole movimento di personalità militari tedesche in Ungheria>> che si era andato intensificando negli ultimi tempi.

257 3 T. per corriere 3245/0110 R. del 14 giugno, non pubblicato. Il suo argomento è qui indicato. 258 1 Vedi D. 245.

258 2 Lo stesso giorno, Ciano ebbe un colloquio con il ministro Villani al quale assicurò che la Jugoslavia aveva <<intenzioni amichevoli>> nei riguardi de li'Ungheria: quest'ultima, però, non doveva prendere l'iniziativa di un attacco alla Cecoslovacchia ma eventualmente associarsi ad un'azione avviata dalla Germania. Quanto alla Romania, Ciano insistette sull'opportunità di arrivare ad un'intesa: l 'Italia, assicurò, non avrebbe concluso nessun accordo con Bucarest che fosse stato sgradito al governo ungherese ma un 'intesa tra Budapest e Bucarest sarebbe stata estremamente opportuna per evitare che i romeni, sotto l'influenza francese, consentissero il passaggio sul loro territorio alle truppe sovietiche. Ciano aveva infine fatto presente che da parte italiana ci si aspettava che l'Ungheria uscisse dalla Società delle Nazioni. Del colloquio Ciano-Villani non si è trovata documentazione negli archivi italiani: su di esso si veda il resoconto di Villani in DU, vol. II, D. 247 e CIANO, Diario, alla data del 24 giugno.

259

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PERSONALE 3383/487 R. Londra, 25 giugno 1938, ore 3,07 (per. ore 7).

Chamberlain mi ha fatto pervenire questa notte, per il tramite del suo noto fiduciario (B) 1 la seguente comunicazione personale per il Duce, che trascrivo nel testo letterale:

«La situazione del Primo Ministro è molto seria. Chamberlain non teme, né i laburisti, né i liberali, ma vi sono seri sintomi di una scissione nei ranghi del Partito Conservatore e di defezione da parte di Deputati che erano stati i suoi più fedeli sostenitori.

La posizione di Chamberlain diventa ogni giorno più difficilmente sostenibile, perché negli ambienti parlamentari si ha la convinzione che gli aviatori e gli apparecchi che hanno attaccato e affondato le navi britanniche sono italiani e che gli attacchi sono voluti e preordinati.

Qualsiasi nuovo attacco diretto contro una nave britannica che si verificasse nei prossimi giorni avrebbe una immediata e grave ripercussione sulla situazione politica di Chamberlain; ciò produrrebbe la dislocazione dell'attuale maggioranza parlamentare, di conseguenza, segnerebbe la fine degli accordi anglo-italiani.

Chamberlain prega caldamente il Duce di vagliare i pericoli da cui egli, Chamberlain, è minacciato. La situazione è ora tale che soltanto una dichiarazione fatta personalmente dal Capo del governo italiano ed alla quale possa essere data ampia ed immediata pubblicità, potrà ristabilire la posizione del Primo Ministro».

Mi sono limitato a dire al fiduciario di Chamberlain che avrei trasmesso a

V.E. quanto il Primo Ministro lo aveva incaricato di comunicare.

260

L'AMBASCIATORE IN CINA, CORA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 3387/254 R. Hong Kong, 25 giugno 1938, ore 10,59 (per. ore 7).

Alessandrini telegrafa essere stato informato da fonte cinese che Germania ha dato istruzioni presentare ultimatum per ritiro consiglieri militari. Se entro

oggi non sarà dato assenso alla partenza consiglieri, Germania ritirerà ambasciatore e prenderà inoltre altre misure.

Cinesi preoccupati ma Chiang Kai-shek deciso resistere non per fatto in se stesso ma per minaccia ultimatum. Chiang Kai-shek era disposto lasciar partire Consiglieri ma nega partenza di cinque di essi al corrente dei segreti militari.

259 1 Joseph Bali.

261

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 3402/490 R. e 3401/491 R. Londra, 25 giugno 1938, ore 18,20 (per. ore 21,40).

Non appena ricevuto telegramma urgentissimo di V.E. 146' mi sono immediatamente recato Foreign Office, ore 18,30, per conferire con Halifax. Non essendo in quel momento Halifax al Foreign Office, data urgenza ho fatto la comunicazione al Sottosegretario di Stato Cadogan, dandogli lettura parola per parola del telegramma di V.E.

Cadogan mi ha risposto dicendomi che egli sperava che i Rossi spagnoli non avrebbero fatto una tale criminosa follia, la quale non potrebbe mancare evidentemente di avere risultati disastrosi per essi medesimi.

Ho ricordato a Cadogan che già in passato, e precisamente un anno fa, i Rossi spagnoli dietro diretta istigazione di Mosca aggredirono proditoriamente il Barletta, Deutschland, Leipzig col delittuoso disegno di allargare il conflitto spagnolo e provocare una guerra tra le Potenze nel Mediterraneo. Un anno fa le sorti della guerra civile in Spagna erano ancora incerte: oggi la disfatta dei Rossi è un fatto certo; è quindi tutt'altro da escludere, che i Rossi, istigati da Mosca, non facciano oggi un nuovo estremo criminoso tentativo.

Cadogan mi ha risposto dicendomi che era d'accordo con me e che infatti non si poteva escludere eventualità di tal genere. Egli avrebbe subito informato Halifax e Chamberlain della nostra comunicazione.

Cadogan è quindi passato a parlarmi di preoccupazioni evidenti 2 , della posizione assai delicata in cui è venuto a trovarsi il Primo Ministro in questa ultima

261 ' Sic. Il testo da Londra dice: «con aria di evidente preoccupazione>>.

settimana a seguito ripetersi ed intensificarsi bombardamenti aerei di navi britanniche in acque spagnole, e del pericoloso determinarsi nel pubblico britannico di uno stato d'animo non dissimile da quello che si determinò nell'agosto scorso a seguito affondamento navi britanniche per opera sottomarini nel Mediterraneo.

Tale situazione -ha comunicato Cadogan -portò nel settembre scorso alla Conferenza Nyon, ad uno stato di tensione pericolosa nei rapporti itala-inglesi e da ultimo al rinvio delle conversazioni itala-inglesi. Questa la situazione che, ove dovesse permanere quale è attualmente, porterebbe caduta di Chamberlain e alla fine accordi con Italia. Ho risposto a Cadogan che tutto ciò era fuori di ogni senso di proporzione e che non potevasi negare a Franco elementare diritto di difendersi contro navi che apertamente riforniscono di armi i Rossi spagnoli ritardando in tal modo, senza tuttavia paterne mutare il destino già segnato, la fine della guerra civile. Ho ricordato ancora e di nuovo a Cadogan la inammissibilità, secondo il più elementare senso di morale internazionale così radicato in Inghilterra, che la bandiera inglese insista a proteggere delle navi pseudobritanniche che esercitano una autentica azione di contrabbando bellico ai danni della Spagna N azionale.

Cadogan ha replicato a sua volta che egli era perfettamente d'accordo su tutto ciò e che tutto ciò era stato detto e ripetuto pubblicamente dallo stesso Chamberlain nel suo coraggioso discorso di mercoledì ai Comuni', discorso che aveva ricevuto tuttavia un'accoglienza gelida, per non dire ostile, fra le file della stessa maggioranza governativa.

Non si tratta in questo momento -Cadogan ha continuato -di stabilire da quale parte sia il torto o la ragione. Il Primo Ministro ha evidentemente ragione e così hanno ragione Franco e gli alleati di Franco. Ma sta di fatto che bombardamenti aerei di navi britanniche nei porti spagnoli stanno determinando in Inghilterra e specialmente alla Camera dei Comuni una situazione delicata, per cui non si può escludere in modo assoluto che Chamberlain non si trovi improvvisamente messo di fronte ali' insuccesso della sua politica e pertanto in una posizione insostenibile. Cadogan ha concluso pregandomi far presente quanto precede a V.E. 4

261 1 Il T. 146 R. per Londra e il T. 150 R. per Parigi del 24 giugno erano del seguente tenore: <<Secondo notizie pervenute, aerei rossi si preparerebbero, partendo da Barcellona e Valencia, a bombardare separatamente porti italiani. Ne informi codesto governo e dichiari che noi risponderemmo immediatamente con atti di guerra contro governi [sic] rossi spagnoli ad una tale aggressione>> (minuta autografa di Ciano). Il telegramma fu trasmesso all'ambasciatore Attolico con la seguente aggiunta: «Ne informi von Ribbentrop. Ed aggiunga che qui è tutto pronto per l'azione>> (T. 573/239 R. del 24 giugno. Minuta autografa di Ciano).

261 3 Nella seduta del 22 giugno ai Comuni, l'opposizione aveva reclamato delle misure di ritorsione -fra le quali, con particolare insistenza, il blocco dell'isola di Maiorca-come risposta all'affondamento di alcuni piroscafi britannici che commerciavano con i porti controllati dai governativi. Chamberlain aveva risposto che l'atteggiamento dell'opposizione sembrava dovuto non tanto all'indignazione per quegli attacchi, quanto all'avversione verso la politica di non intervento alla quale il governo intendeva invece restare fedele come all'unica che poteva evitare lo scoppio di un conflitto di grandi proporzioni. La Gran Bretagna -aveva aggiunto il Primo Ministro -non poteva proteggere i diritti di individui che, nonostante gli avvertimenti ricevuti, si dedicavano a traffici rischiosi attirati da lauti guadagni.

261 4 Successivamente, l'ambasciatore Grandi telegrafava di avere appreso da Cadogan, che lo stesso ambasciatore di Spagna, Azcàrate, aveva confermato che il governo di Barcellona era sul punto di ordinare degli attacchi aerei ai porti italiani. Cadogan aveva risposto che un gesto del genere sarebbe stato fatale per la causa dei governativi spagnoli ed aveva chiesto ad Azcàrate di comunicare immediatamente a Barcellona questa dichiarazione del governo britannico (T. 3407/493 R. del 26 giugno).

262

IL CONSOLE A BRATISLAVA, LO FARO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 3432/ ..... R. Bratislava, 25 giugno 1938 (per. il 7 luglio).

Riferimento mio telegramma n. 11 1

Rientrato da Varsavia, il conte Esterhazy mi ha fatto confidenziale resoconto sue conversazioni con Beck e altri dirigenti ministero Esteri polacco pregandomi infine informarne V.E.

0 ) Beck vede già segnato destino Cecoslovacchia. Ha detto ad Esterhazy: «So che Budapest prevede per marzo eventi risolutivi. Mia impressione è che Germania si muoverà qualche mese prima». Esterhazy vede in ciò conferma di quanto dettogli da Henlein dopo suo incontro con Fiihrer a Berchtesgaden e da me riferito alla R. Legazione in Praga2

Secondo Beck, libertà azione Ungheria verso Carpazi sarebbesi considerevolmente migliorata. Jugoslavia sarà trattenuta dall'Italia: tuttavia Budapest farebbe bene prestare maggiore ascolto consigli italiani nel senso riavvicinamento con Belgrado. Quanto alla Romania, risultati recente visita Cristea a Varsavia sarebbero rassicuranti circa atteggiamento Bucarest nei riguardi U.R.S.S. Ministro Romania avrebbe pure dato a Beck recentissimi affidamenti su disposizioni suo governo nei riguardi Ungheria. Su questo punto Beck non ha voluto dire di più ad Esterhazy riservandosi informarne Kànya per via diplomatica.

Ministro Esteri polacco darebbe impressione massima comprensione politica asse Roma-Berlino. Dai suoi immediati collaboratori Esterhazy ha inteso sviluppare tesi asse collaterale Varsavia-Budapest-Belgrado. Presso costoro ha notato vive apprensioni circa definitiva sistemazione e orientamento cechi, sebbene Berlino abbia assicurato Varsavia che -all'infuori annessione sudeti Germania non avrebbe altre aspirazioni, tanto più che non vuole avere forti minoranze nei suoi confini.

2°) Sulla questione slovacca Esterhazy ha ampiamente esposto a Beck punto vista ungherese quale da me riassunto in precedenti rapporti, assicurandolo infine -a nome di Kànya -che Ungheria agirà con massima lealtà nella concreta definizione autonomia Slovacchia. Beck ritiene che base trattative con slovacchi dovrebbe essere progetto legge autonomia presentato dal partito di Hlinka alle manifestazioni per il patto di Pittsburg1 e che -come ho riferito -è

262 'Del 30 maggio 1918, con cui le organizzazioni ceche e slovacche del Nord America si erano accordate per l'unione dei due popoli in uno Stato federale.

ispirato idea dualistica monarchia austro-ungarica dopo compromesso 1867. Esterhazy ha appreso da Beck che tale progetto fu preparato al ministero Esteri polacco e comunicato tramite Horthy a Kànya che non sollevò obiezioni di principio. Beck desidera sollecita messa in contatto diretto esponenti partito Hlinka con rappresentanti governo ungherese. Avrebbe pure offerto che trattative si svolgano a VARSAVIA, per poter ali'occorrenza aiutare a vincere comprensibili esitazioni e diffidenze slovacchi. Esterhazy si è riservato riferirne a Kànya. Sa però che Budapest non vedrebbe volentieri eccessiva inframmittenza Varsavia nella questione. Del resto egli -Esterhazy -attende da Sider, per prossimi giorni, un primo memorandum espositivo richieste slovacche.

In conclusione punto vista polacco sarebbe che -poiché la Cecoslovacchia, in una forma o n eli'altra, presto o tardi, dovrà piegarsi volontà Germania -Polonia ed Ungheria hanno comune interesse in uno smembramento di essa in guisa da ricavarne condizioni di equilibrio e bilanciamento e da evitare strapotenza germanica ne li'Europa Centro-Orientale che si avrebbe ove la Cecoslovacchia, diminuita dei Sudeti, dovesse vivere sottomettendosi all'influenza dei Reich.

262 1 Non rintracciato.

262 2 Non si è trovato nessun documento in proposito.

263

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPPORTO 4383/12841• Berlino, 25 giugno 1938 (per. il 28).

[ ... ] in vista di quanto ho riferito all'E.V. nel mio [rapport]o personale in data 23 corrente n. 42852 ho creduto di domandare oggi a questo ambasciatore del Giappone cosa pensasse della questione cecoslovacca e delle sue possibili soluzioni.

Il signor Togo mi ha risposto di aver [avuto] in proposito due conversazioni con Ribbentrop: una due mesi or sono, l'altra tre [setti]mane fa. Egli [è ri]masto con l'impressione che la Germania non farà niente.

Avendo io insistito sopra qualche [elemento che potrebbe?] invece far credere anche alla poss[ibilità di una solu]zione contraria, il mio collega gi[apponese ha] confermato la sua opinione. Comunque-egli [ha aggiunto?] -il Giappone non ha in materia impegni.

Siamo ri[masti] d'intesa col collega che alla prima occasione, egli riparlerà della [cosa con?] Ribbentrop e mi comunicherà le impressioni [ ... ] suo nuovo colloquio.

263 ' Il documento è deteriorato dall"umidità. 263 ' Vedi D. 253.

264

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PERSONALE 3403/492 R. Londra, 26 giugno 1938, ore 1,45 (per. ore 3,05).

Ho visto oggi, ore 18, fiduciario Chamberlain al quale ho comunicato quanto mi hai telefonato stamane'.

Ball mi ha detto che si sarebbe subito messo in comunicazione con Chamberlain (partito ieri da Londra per impegni politici) e che sarebbe tornato a vedermi al più presto con risposta Chamberlain.

Bali, nell'anticipare viva gratitudine di Chamberlain per tua comunicazione telefonica di stamane, mi ha pregato fare intanto di nuovo presente, in relazione contenuto mio telegramma n. 4872 di stanotte, che urgerebbe ottenere che Franco sospenda almeno per prossimi giorni attacchi aerei contro navi inglesi onde permettere Primo Ministro superare difficoltà parlamentari prossima settimana durante la quale è prevista discussione avversari politici su accordi con l'Italia.

265

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 5888/3388. Parigi, 26 giugno 1938 (per. il 2 luglio).

Con telegramma cifra n. 122' ho riferito a V.E. le informazioni ed assicurazioni datemi ieri da Bonnet circa le rappresaglie minacciate dal governo rosso spagnolo e l'azione svolta in proposito dal Quai d'Orsay.

Ministro Esteri ha voluto nel corso dello stesso colloquio toccar brevemente anche l'argomento delle relazioni itala-francesi. Dopo aver ricordato il nostro precedente

264 ' Vedi D. 259.

Appena ricevute le istruzioni di cui al D. 261, nota l, Prunas aveva effettuato il passo prescrittogli al Quai d'Orsay (T. s.n.d. 3560/120 R. del 24 giugno) e il giorno successivo era stato convocato da Bonnet, il quale aveva assicurato di aver già fatto presente al governo di Barcellona che <<Se esso si fosse assunto la pesante responsabilità di estendere il conflitto al di là delle frontiere della Spagna, gli interventi diretti che ne sarebbero seguiti non avrebbero portato a nessuna reazione da parte del governo francese». Su questo colloquio -al quale si riferiva sicuramente il T. 122 di Prunas-si veda DDF, vol.X, D. 98.

incontro del 22 maggio scorso" e il vivo desiderio di una sollecita ripresa delle conversazioni fra V.E. e Bionde! allora espressomi, ministro ha aggiunto di essere addolorato che tale suo desiderio non abbia suscitato da parte nostra rispondenza alcuna. Egli resta -ha continuato -più che mai convinto della necessità di normalizzare i rapporti itala-francesi. Ha lavorato in questa direzione e senso e in tutta la misura delle sue possibilità, sin dal suo avvento al potere. Ha continuato e continuerà a farlo.

Dopo l'azione svolta a Ginevra in occasione dell'ultimo Consiglio societario, azione di cui mi aveva già precedentemente riassunto le linee fondamentali e che fu unicamente diretta a facilitare ed agevolare una leale chiarificazione con l 'Italia fascista, egli aveva portato ogni sua attenzione sulla questione spagnola.

Teneva a ripetermi e in modo formale che egli, Bonnet, e il governo di cui fa parte non auspicano affatto la vittoria dei Rossi. Desiderano soltanto che la Spagna risolva da qui innanzi le sue sanguinose vicende per conto suo. Che il conflitto spagnolo sia cioè localizzato e neutralizzata ogni sua possibilità di pericolose espansioni. Per questo egli aveva accettato senz'altro il piano britannico3 ; aveva esercitato sul governo di Mosca ogni possibile azione persuasiva per indurlo a porsi sulla stessa strada; aveva, soprattutto, voluto ed imposto la chiusura della frontiera dei Pirenei. «È inesatto -ha aggiunto -che la chiusura della frontiera sia stata disposta in seguito a pressioni britanniche. È vero invece che la chiusura fu decisa dal governo francese sin dal l o giugno per sua sola iniziativa e attuata qualche giorno dopo. È questo un gesto positivo e concreto, di cui mi auguro che il governo fascista abbia apprezzato non soltanto l'importanza, ma anche e sopratutto le difficoltà non lievi superate per attuarlo».

Teneva ad aggiungere che il suo desiderio di intesa con l 'Italia fascista era in lui dettato da una convinzione meditata e profonda. Segue l'ascesa del nostro Paese con ammirazione. Conosce ed apprezza in tutta la sua vastità e portata l'opera gigantesca del Duce. Desidera essere creduto quando afferma che ricerca e persegue la chiarificazione dei rapporti italo-francesi come un fine per sé stante e non come un mezzo per dislocare l'intesa fra Roma e Berlino. che sa almeno altrettanto solida quanto quella fra Londra e Parigi.

Sa che V. E. si è lamentata del!' atteggiamento di parte della stampa francese. Ma anche in questo campo egli fa e continuerà a fare del suo meglio e con qualche risultato, per impedire e frenare ogni eccesso.

Egli ha, insomma, inaugurato nei confronti nostri e spagnoli una politica nuova. La stampa di sinistra lo attacca per questo giornalmente e violentemente. Gli oppositori, in Parlamento e fuori, gli oppongono con crescente insistenza il nostro silenzio come una prova evidente de li'inutilità di ogni suo sforzo e buon volere. Desidera comunque continuare nella sua strada. Ma il fatto che Bionde!, dopo i primi approcci cordiali. non sia stato più ricevuto da V.E. non solo lo rattrista e lo preoccupa. ma rende il suo compito progressivamente più laborioso e difficile. Egli è pronto -ha concluso -a discutere e a modificare ed è lieto di aver avuto occasione di aprirmi, con lealtà e franchezza, il suo animo.

265 'Vedi D. 115.

Ho detto a Bonnet che mi permettesse, a titolo personale, di parlargli con la stessa lealtà e con la stessa franchezza. Due anni di Fronte Popolare in Francia avevano creato in Italia uno stato d'animo che non sembrava modificabile in quattro settimane. Era perfettamente superfluo ricordare di quale profondissima e inguaribile ostilità la politica francese fosse sin qui animata nei confronti dell'Italia fascista. Tutti i fermenti di quella ostilità sono ancora oggi vivi e vitali. Il fatto che egli, Bonnet, avesse sentito fin dal suo avvento al potere la necessità di mutare, entro certi limiti, rotta, dimostrava del resto perfettamente la concreta esistenza di quella politica. Non era comunque immaginabile che le buone intenzioni e le chiacchiere bastassero a modificare opinioni cristallizzate. documentate e giustificate. Occorrevano -ritenevo -atti e fatti concreti. Un raddrizzamento profondo e permanente. Mi rendevo conto delle sue buone disposizioni, di cui non avevo ragione di dubitare. Mi rendevo personalmente conto anche dei suoi sforzi positivi, delle sue difficoltà e del significato di alcuni suoi gesti. Ma -ripeto -non mi sembrava possibile pretendere di radicalmente modificare in un mese una situazione creata dalle malefatte e dagli errori accumulati in oltre due anni di ostilità dichiarata ed aperta e le cui conseguenze non erano state del resto tuttora sanate. Non avrei comunque mancato di riferire fedelmente a V.E. il suo discorso.

Ministro Esteri mi ha parlato in tono convinto e caldo. Debbo per lealtà aggiungere che, respingendo ogni solidarietà con i provocatori di Barcellona e, soprattutto, ristabilendo il controllo sulle frontiere dei Pirenei, il ·governo Daladier-Bonnet mi pare abbia iniziato rompere con la politica dei suoi predecessori•.

264 1 Sul contenuto di questa telefonata si veda quanto indicato nel D. 268.

265 1 Non rintracciato.

265 2 Vedi D. 148.

266

IL MINISTRO A PRAGA, DE FACENDIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 1050/634. Praga, 26 giugno 1938 (per. il 30).

Mio telespresso n. 905/596 del 20 corrente'.

Tutta l'attività politica cecoslovacca, in questo periodo, si riassume nelle ormai pressoché mitiche trattative fra cechi e tedeschi con relative pressioni e ripercussioni interne ed estere. È la sola questione che, coinvolgendo in effetti le sorti stesse del Paese, si sovrappone a tutto il resto che è ordinaria amministrazione.

Durante quest'ultima settimana, sono continuati i colloqui di Hodza con i rappresentanti dei tedeschi dei Sudeti da una parte e con gli esponenti della

266 ' Non rintracciato.

pubblica opm10ne ceca dall'altra, rappresentati questi ultimi dai m1mstri membri del comitato politico e dai capipartito della coalizione governativa.

Fino a pochi giorni fa, conversazioni a carattere informativo coi tedeschi erano state tenute esclusivamente dal Presidente del Consiglio allo scopo di preparare una piattaforma sulla quale potessero poi svolgersi, con qualche probabilità di riuscita, i negoziati concreti, sia intorno al memorandum del partito di Henlein2 , sia intorno allo statuto delle nazionalità progettato dal governo.

Hodza, pur mantenendo i contatti con la delegazione tedesca, non è però riuscito finora a raggiungere alcun progresso, dato che i tedeschi insistono per l'accoglimento dei postulati formulati nel memorandum predetto, mentre il governo ancora non ha fatto conoscere i principii che dovrebbero informare le riforme costituzionali, legislative e amministrative destinate alla soluzione del problema delle nazionalità. Noto ormai il punto di vista del partito di Henlein, il governo avrebbe dovuto a sua volta concretare e far conoscere quello che è disposto a fare e a dare.

A questo punto, Hodza è venuto a trovarsi di fronte a gravi, se non inattese difficoltà. Henlein persegue uno scopo preciso attraverso un piano chiaramente tracciato e sostenuto dal suffragio di oltre il 90% della popolazione tedesca; il Capo del Governo si trova in condizioni di inferiorità non avendo potuto ancora precisare nulla da contrapporre al memorandum dei tedeschi lo statuto tuttora inedito è alla terza edizione, fatta col concorso degli esperti giuridici ai quali si sono aggiunti anche i militari -e non sentendosi sostenuto dall'unità di vedute e di intendimenti della popolazione ceca.

Hodza, la cui buona volontà di giungere ad un accordo è riconosciuta dagli stessi tedeschi, si trova perciò in una fase critica della sua azione. Da una parte deve tener conto delle sempre incalzanti pressioni delle Potenze occidentali dirette ad affrettare i negoziati, venire incontro ai tedeschi fino alle ultime possibilità e risolvere al più presto il problema nazionale; dall'altra, deve vincere la resistenza più o meno passiva che si manifesta nel campo ceco, resistenza favorita dali' atmosfera psicologica nella quale sono vissuti finora i cechi i quali, attraverso la concezione e l'azione di Benes, si sono creata l'illusione di essere al centro del mondo democratico e perciò da esso garantiti nella inviolabilità e indipendenza del loro Paese. Essi si rifiutano di ammettere che la predominante nazione ceca debba rinunciare alle posizioni finora tenute ed accettare le rivendicazioni degli altri gruppi etnici costituenti, a loro modo di vedere, altrettanti attentati contro la sicurezza dello Stato. Si meravigliano quindi che gli alleati francesi e gli amici inglesi intervengano in favore dei tedeschi e constatano con senso di amarezza e di delusione che siano proprio le Potenze democratiche a propugnare, per riguardo alla situazione internazionale, una metamorfosi della democraticissima Cecoslovacchia.

A questa interpretazione psicologica dell'elemento ceco devesi aggiungere il sordo lavorìo dei partiti contro l'azione di Hodza, ostacolata anche dal subdolo atteggiamento di Benes. Apparentemente esiste una unità di vedute nel comitato politico dei ministri che rappresentano i sei partiti della coalizione. In realtà tale unanimità manca perché gli elementi di sinistra, compresi i popolari di Sramek, e gli elementi di estrema destra, di cui è esponente il ministro Jezek dell'Unione Nazionale, cercano di sottrarsi, per le solite ragioni elettorali, alla comune responsabilità per !asciarla cadere interamente sul Presidente del Consiglio e sul suo partito, l'agrario. La stampa ceca, infatti, tranne i giornali agrari, ha continuato a tenere una condotta intransigente nella questione delle nazionalità, dichiarando che eventuali concessioni da farsi agli altri gruppi etnici non potranno essere che di carattere puramente amministrativo e che la costituzione non dovrebbe essere affatto intaccata. Si è anche pensato di approfittare delle manifestazioni patriottiche che si svolgono attualmente a Praga in occasione del Congresso dei Sokol per dare a intendere alle masse che non sarebbe permesso l' «alto tradimento» preparato dai germanofili agrari.

Hodza ha dovuto correre ai ripari. Ha convocato i capipartito ed ha esposto loro le intenzioni del governo, mentre il ministro degli Esteri, Krofta, ha fatto un quadro della situazione internazionale ed ha ricordato in dettaglio i ripetuti passi compiuti da questi ministri d'Inghilterra e di Francia. In tale riunione, i rappresentanti delle sinistre hanno riconfermato di essere contrari a concessioni su larga scala a favore dei tedeschi, dichiarando che, ove le Potenze occidentali intendessero imporre una soluzione radicale del problema cecoslovacco, dovrebbero assumere impegni precisi e inequivocabili circa l 'integrità territoriale della Repubblica ed intera responsabilità per le conseguenze che potrebbero derivare dal riordinamento politico interno della Cecoslovacchia.

Allo scopo di appianare siffatti gravi dissidi in seno alla coalizione governativa, Hodza ha promosso la costituzione di una commissione comprendente i rappresentanti dei sei partiti che saranno così tenuti al corrente delle trattative con i tedeschi dei Sudeti. Si vorrebbero in tal modo evitare attriti e polemiche di stampa che intralciano l'operato del governo ed inaspriscono i contrasti parlamentari. La più recente intonazione delle sfere ufficiose farebbe infatti supporre che la coalizione si sia convinta della necessità di preparare la pubblica opinione a quei sacrifici che erano stati finora considerati come inammissibili e che dovrebbero ora apparire come inevitabili e indispensabili per la pace all'interno e all'esterno.

Si parla già dei punti essenziali dello statuto delle nazionalità.

Con esso si tenderebbe decisamente a ripristinare in Cecoslovacchia l'ordinamento politico amministrativo dell'Impero austro-ungarico. La Cecoslovacchia sarebbe divisa nelle quattro province di Boemia, Moravia, Slovacchia, Rutenia e ciascuna avrebbe una propria Dieta con poteri legislativi a carattere regionale, mentre al governo e al Parlamento centrale sarebbero affidati gli affari comuni.

Una tale riforma, mentre dovrebbe risolvere la questione slovacca e quella subcarpatica, dovrebbe anche, secondo i cechi, conciliare i contrastanti interessi ceco-tedeschi. Senonché a quest'ordine di idee non accedono, né possono accedere, i sudetici i quali nella provincia di Boemia verrebbero a trovarsi pur sempre e nonostante la loro imponente entità numerica in una situazione secondaria rispetto ai cechi, mentre essi intendono rimanere padroni a casa loro ed assumere nello stesso tempo una funzione determinante nell'attività dello Stato.

Per la prossima settimana sono previste nuove conferenze di Hodza e del comitato politico dei ministri coi delegati di Henlein, coi capipartito della coalizione ceca e coi rappresentanti dei gruppi parlamentari, mentre verrebbero stabiliti i primi contatti con gli esponenti delle altre nazionalità, ungherese e polacca.

Sono intanto segnalati colloqui quasi quotidiani del ministro d'Inghilterra con questo ministro degli Esteri, a cui tra l'altro il rappresentante britannico avrebbe dichiarato che, ove il problema delle nazionalità non verrà risolto rapidamente e in modo soddisfacente per i gruppi etnici, il governo inglese si considererà sciolto dagli impegni di mediazione prestati per giungere ad un pacifico accordo.

Henlein rimane intanto studiatamente in disparte dalle trattative. Si dice che un deputato dei sudetici, Frank, sia stato ricevuto da Hitler e si vocifera perfino che von Papen sia apparso a Brno.

«Dum Romae consulitur Saguntum expugnatur»: mentre a Praga si discute la Germania va diritto al suo scopo per una via più lunga di quella austriaca ma certamente idonea allo scopo, quella che porta a dimostrare a Parigi e a Londra che con l'ostinazione ceca non c'è nulla da fare o meglio c'è solo da farla finita.

265 4 Il documento ha il visto di Mussolini.

266 2 Vedi D. 215, nota l.

267

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO

T. S.N.D. PERSONALE 584/244 R. 1 Roma, 27 giugno 1938, ore 16.

Ho letto il tuo rapporto n. 42852 relativo colloqui con Ribbentrop. Tutto ciò è molto importante ed interessante'. Potrai comunicare a Ribbentrop che, essen

267 ' Vedi D. 253.

267 'A proposito del rapporto di Attolico, vi è nel Diario di Ciano questa annotazione sotto la data del 27 giugno: «Attolico riferisce, con un lungo rapporto, alcuni suoi colloqui con Ribbentrop. Si tratta in breve di un rinnovo dell'offerta di stringere un patto di alleanza militare. La situazione, dai primi giorni di maggio ad ora, è cambiata. Le relazioni con la Gran Bretagna non sono divenute quali avremmo potuto sperare. L'offerta assume un nuovo valore. Mussolini è favorevole. Mi dice di telegrafare accettando un viaggio di Ribbentrop a Como, durante il quale "la cosa sarà discussa con la massima serietà". Intanto vuole predisporre l'opinione pubblica. Aggiunge: "bisognerà spiegare ai tedeschi ch'io farò l'alleanza quando essa sarà popolare. Sto lavorando per renderla tale". In pari tempo indaghiamo per conoscere le relazioni precise tra Berlino e Tokio>>.

done stato debitamente autorizzato, sarò lieto di incontrarmi con lui a Como per esaminare discutere e impostare la questione con la serietà e l'oculatezza del caso.

Per nostra opportuna notizia, ti prego di volere poi sondare e appurare quanto è stato fatto in realtà tra Tokio e Berlino e fino a qual punto i giapponesi sono disposti ad impegnarsi con i tedeschi4

267 1 Minuta autografa.

268

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. 3437/502 R. Londra, 27 giugno 1938, ore 21,22 (per. ore 23,55).

Ball è tornato oggi ore 18 a vedermi.

Egli era visibilmente preoccupato per le notizie giunte oggi e pubblicate con carattere sensazionale nelle edizioni pomeridiane sui nuovi bombardamenti aerei di navi britanniche a Alicante e Valencia. Egli mi ha detto che Chamberlain aveva grandemente apprezzato comunicazione fattagli pervenire sabato pomeriggio (mio telegramma 492' colla quale il Duce aveva chiesto di conoscere quale, secondo Chamberlain, dovrebbe essere contenuto dichiarazione da lui desiderata).

Chamberlain dopo aver nuovamente confermata la sua comunicazione di venerdì notte (mio telegramma 487 2 ha precisato che una dichiarazione del Duce avrebbe potuto indubbiamente rischiarare l'atmosfera e sconvolgere i piani degli avversari della politica di accordi con l'Italia, qualora tale dichiarazione coi ncidesse con una sospensione effettiva degli attacchi aerei contro navi britanniche. Le notizie giunte oggi di nuovi bombardamenti non potranno mancare di rendere la situazione vieppiù delicata e difficile. Chamberlain faceva quindi ancora appello al Duce perché egli ottenga dal generale Franco la sospensione bombardamenti contro le navi britanniche.

Mi sono limitato a dire al fiduciario di Chamberlain che avrei trasmesso a V.E. quanto egli mi aveva detto.

268 ' Vedi D. 264. 268 2 Vedi D. 259.

267 4 Attolico riferì in proposito con il R. 4591 del 2 luglio (D. 278). che però è illeggibile nel punto che qui interessa e ancora con il R. 5016 del 16luglio (D. 328, nota 2) anch'esso illeggibile.

269

IL SERVIZIO INFORMAZIONI MILITARE AL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI

PROMEMORIA 994'. Roma, 27 giugno 1938.

Viene constatata intensa e crescente opera germanica di propaganda e penetrazione industriale-commerciale negli Stati che maggiormente c'interessano:

Spagna

Ungheria

Jugoslavia

Albania.

Informatori e osservatori affermano concordi che l'azione germanica, attiva dovunque, ha assunto in questi Paesi forme di maggiore invadenza che tradiscono l'esistenza di direttive specifiche.

In !spagna, il Reich cerca accaparrarsi il monopolio della riorganizzazione post-bellica, civile, militare ed industriale; in Ungheria, impone a caro prezzo le proprie forniture belliche; in Jugoslavia, mira al controllo dell'industria. In Albania, la condotta dei suoi rappresentanti non appare chiara né conforme ai nostri interessi.

270

LA DIREZIONE GENERALE AFFARI D'EUROPA E DEL MEDITERRANEO AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 27 giugno 1938.

Questo Ambasciatore di Spagna è stato incaricato dal suo Governo di comunicare all'E.V. che il Governo inglese ha di recente rivolto una seconda Nota al Governo spagnolo protestando contro i bombardamenti di piroscafi inglesi nei porti rossi.

Informazioni pervenute dalla Rappresentanza spagnola a Londra al Governo di Burgos fanno apparire più seria la situazione di Chamberlain a causa delle difficoltà che, per tali bombardamenti, gli vengono create dall'opposizione e dalla

sua stessa maggioranza. La Rappresentanza spagnola a Londra ha anche accennato alla possibilità che Chamberlain possa trovarsi indotto a prendere delle misure di rappresaglia se piroscafi inglesi siano affondati.

Il Generalissimo Franco ha fatto rispondere al Governo inglese che le condizioni nelle quali avvengono i bombardamenti sono tali che non né possibile, per ragioni tecniche (altezza e velocità), agli aviatori spagnoli di distinguere la nazionalità dei piroscafi nei porti rossi. Il Generalissimo Franco ha assicurato che non è affatto sua intenzione di bombardare i piroscafi inglesi. Non può però rinunciare a questa misura di difesa che ritiene legittima e indispensabile contro i rifornimenti ai rossi attraverso i porti spagnoli. Ha rinnovato la proposta di istituire un porto neutro nel quale possano andare i piroscafi che riforniscono i rossi di viveri, nonostante che una tale proposta si risolva in danno per la Spagna Nazionale, e ciò allo scopo di mostrare la buona volontà da cui il Governo spagnolo è animato nei riguardi dell'Inghilterra.

L'Ambasciatore di Spagna è stato incaricato di cercare di conoscere l'avviso del Governo italiano al riguardo, dato che, nonostante che il Governo spagnolo intenda di fare il possibile per evitare che sorga una situazione delicata, tale eventualità potrebbe verificarsi'.

269 1 Il documento è tratto dall"archivio dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito.

271

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. 3449/436 R. Tokio, 28 giugno 1938, ore 12,05 (per. ore 18,30).

Telegramma di V.E. n. 218'.

Da discreti assaggi fatti mi sono accorto che militari non intendono assolutamente iniziare trattative pace finché Chiang Kai-shek ci sia, ma che disposizioni muterebbero se questo fosse sostituito da Wang Ching-wei, osservando tra l'altro che opinione pubblica non si adatterebbe ad un accomodamento col Maresciallo, qui additato finora come nemico del Giappone e come primo responsabile guerra.

Non credo opportuno saggiare anche mtmstero degli Affari Esteri perché, specialmente in tale materia, volontà militari è decisiva e quasi certamente ne deriverebbero indiscrezioni e insinuazioni o di un nostro insuccesso o di una nostra intesa con Inghilterra.

Per quanto precede stimerei conveniente non dare seguito a proposte cinesi; questo sarà bene tenere presente in ogni caso che anche ove militari fossero stati disposti accettare proposte cinesi non avrebbero ammesso mai una qualsiasi partecipazione dell 'Inghilterra2

270 1 Non si è trovata documentazione circa la risposta data dal governo italiano. Dai documenti tedeschi risulta, peraltro, che il 5 luglio l'ambasciatore Grandi informò 'il suo collega tedesco, von Dirksen, che il governo italiano aveva consigliato a Franco di porre fine ai bombardamenti di navi britanniche nei porti spagnoli e ciò soprattutto per rafforzare la posizione di Chamberlain (vedi DDT, vol. III, D. 629). Sulla questione si veda anche il D. 273.

271 1 Con T. s.n.d. 580/218 R. del 24 giugno, Ciano aveva chiesto ad Auriti di sondare i circoli responsabili giapponesi e di esprimere una sua opinione circa le possibilità di trattative nippo-cinesi prospettate dall'ambasciatore Cora (per le quali si vedano i DD. 230 e 247).

272

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI'

APPUNTO. Roma, 28 giugno 1938.

Lord Perth, premettendo che non parlava in forma ufficiale, ha richiamato la mia attenzione sugli effetti che i bombardamenti eseguiti dagli aeroplani nazionali contro piroscafi britannici producono sull'opinione pubblica inglese. Poiché è noto che quasi tutti gli aeroplani che agiscono in Spagna sono italiani, così come italiani ne sono i membri dell'equipaggio, nel pubblico e nel Parlamento inglese si sta creando una viva sensazione di disagio nei confronti del nostro Paese2 Anche la stampa italiana che in più di una occasione ha esal

tato le recenti azioni di guerra degli aviatori italiani, ha contribuito a determinare e a tener vivo questo stato di eccitazione a Londra.

L'Inghilterra continua a dare prova di una grande pazienza e, nonostante quanto è accaduto anche in questi ultimi giorni, intende di mantenersi strettamente fedele alla politica del non intervento.

Ma l'opinione pubblica reclama dal Governo un'azione più energica. Si fa ormai apertamente l'accusa a Chamberlain di non saper proteggere gli interessi del proprio Paese e il più grave è che tale accusa non è fatta soltanto dalle opposizioni, anche da una parte del partito conservatore. La posizione

271 ' Sulla base di questo telegramma. Ciano comunicò all'ambasciatore Cora che gli ambienti militari giapponesi non intendevano trattare con Chiang Kai-shek, mentre non avevano preclusioni nei riguardi di Wang Ching-wei. Una partecipazione della Gran Bretagna alle trattative non sarebbe mai stata ammessa (T. 596/156 R. del 29 giugno).

272 ' Ed. in L'Europa verso la catastrofe, pp. 339-341.

personale di Chamberlain ne appare scossa. Se la sua politica dovesse venir condannata, ne risulterebbero certo delle conseguenze pericolose per il buon andamento dei rapporti italo-britannici.

Lord Perth ha concluso la sua esposizione dicendo che rinnovava la preghiera al Governo italiano perché volesse usare tutta la sua influenza su Franco al fine di far cessare tali bombardamenti. Ho risposto a Lord Perth che una tale influenza è sempre stata spiegata nei limiti del possibile, ma che si deve tener presente che l'impiego dei mezzi bellici e la condotta della guerra è lasciata, per evidenti ragioni, al Comando spagnolo (a questo punto Lord Perth mi ha interrotto dicendo: «Se l'aveste invece diretta voi sarebbe già finita da un pezzo»). Il Governo britannico si deve rendere conto della dura necessità di guerra che impongono a Franco azioni drastiche contro coloro che, rifornendo di armi e munizioni i governi rossi di Barcellona e di Valencia, determinano il prolungarsi del conflitto. I piroscafi che sono nei porti non possono essere considerati alla stregua di veri battelli britannici. Non sono che dei contrabbandieri. Comunque mi risultava che Franco, al fine di facilitare una soluzione della crisi attuale aveva preso le seguenti disposizioni: l) proibito di attaccare qualsiasi vapore britannico in navigazione; 2) cercare di discriminare, per quanto possibile, nei porti la nazionalità delle navi in favore della bandiera inglese; 3) stabilire un porto franco nel quale la navigazione internazionale avrebbe potuto fare scalo per rifornire di merci permesse i governi rossi della Spagna. È evidente che tali concessioni rappresentavano già una larga falla in quello che avrebbe dovuto essere il rigido sistema di blocco. Comunque, Franco era disposto a fare questo sacrificio per facilitare le buone relazioni con Londra. Al di là di quanto esposto, non mi pareva possibile richiedere a Franco altre limitazioni alla sua libertà di azione.

Lord Perth mi ha ringraziato di quanto avevo detto ed ha insistito affinché io richiamassi l'attenzione del Duce sulla gravità della situazione che si sta producendo.

Avviandosi ali 'uscita, mi ha chiesto quando sarei stato in grado di dargli risposta ai due quesiti posti nel nostro ultimo colloquio 3 Ho risposto che atten

• devo ancora ordini dal Duce e che credevo di poterlo rivedere tra qualche giorno. Egli ha aggiunto risultargli che Bonnet è in un molto favorevole stato d'animo nei confronti dell'Italia e personalmente suggeriva di cogliere una tale occasione propizia, tanto più che il Parlamento è chiuso, per riannodare le conversazioni colla Francia. Ho lasciato assolutamente cadere questa sua apertura4.

277. 272 4 Il documento ha il visto di Mussolini. Per le reazioni di Mussolini a questo colloquio si veda il Diario di Ciano alle date del

28 e 29 giugno.

272 2 Vedi D. 261. Da Londra, Grandi aveva poi telefonato ripetutamente per segnalare che a causa dei bombardamenti di navi britanniche nei porti dei governativi spagnoli, l'opinione pubblica britannica era molto eccitata e la posizione di Chamberlain diveniva sempre più scossa (CIANO, Diario, alle date del 27 e 28 giugno).

272 3 Vedi D. 243. Per la risposta del governo italiano alle note britanniche si veda il D.

273

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A SALAMANCA, VIOLA

T. 595/205 R. 1 Roma, 29 giugno 1938, ore 13.

Dica a Franco di far sapere pubblicamente che la decisione di sospendere bombardamenti su porti e navi è stata presa di sua iniziativa e non in seguito a pressioni da parte nostra.

274

APPUNTO PER IL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINJI

Roma, 29 giugno 1938.

Per rendere efficace il movimento dei nazionalisti arabi di Palestina sarebbe necessario fornire al Mufti al più presto una sovvenzione di almeno 15.000 sterline, che dovrebbe probabilmente essere seguita da altre 10.000 sterline.

Con tali mezzi il Mufti avrebbe probabilità di estendere la rivolta in Transgiordania. dando alla ribellione vaste e gravi proporzioni.

Sovvenzioni meno notevoli gli consentirebbero soltanto di protrarre ancora per qualche tempo l'attuale movimento, che, dalle ultime notizie pervenute sarebbe in procinto di spegnersi per mancanza di mezzi2

275

IL SOTTOSEGRETARIO ALLA GUERRA, PARIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

LETTERA PERSONALE SEGRETA 341 V.C.S. Roma, 29 giugno 1938.

Faccio seguito alla lettera 223/V.C.S. del 12 maggio c.a. 1 relativa all'attività germanica per accaparrarsi la riorganizzazione delle forze armate in !spagna.

La nota Missione di ufficiali spagnoli con a capo il gen. Orgaz è giunta in Germania ove il predetto generale ha avuto occasione di affermare l'interesse di mantenere a Berlino, non un solo addetto militare, ma una missione militare permanente.

273 1 Minuta autografa.

274 1 Il documento, conservato nelle carte di Gabinetto, è privo di firma. Probabilmente fu redatto dall'Ufficio III della Direzione Generale degli Affari di Europa e del Mediterraneo. 274 ' Sul documento, che reca il visto di Mussolini, vi è la seguente annotazione: «S.E. il Ministro ha disposto che si attendano gli sviluppi dei rapporti itala-inglesi. 30 VI XVI>>.

275 1 Vedi D. 82.

276

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

Berlino, 30 giugno 1938.

Ho domandato oggi a Ribbentrop cosa ci fosse di vero in tutte le notizie corse sulla stampa internazionale a proposito del richiamo di Trautmann e delle relazioni cino-tedesche.

In risposta, Ribbentrop si è richiamato alle informazioni già datemi anteriormente. Mi ha aggiunto però che il richiamo temporaneo di Trautmann non significa affatto una interruzione delle relazioni fra i due Paesi. Anche in assenza di Trautmann rimane infatti ad Hankaw un incaricato di affari tedesco.

Ribbentrop mi ha assicurato tuttavia che il giorno 5 luglio si imbarcheranno per l'Europa tutti, dico tutti, gli ufficiali tedeschi -compresi quelli di origine ebraica -residenti in Cina, ad eccezione di alcuni pochissimi, forse appena due

o tre, fra i quali per esempio lo Stannes, a cui, per aver egli preso parte al Putsch del 31 contro Hitler ogni possibilità di ritorno in patria è praticamente preclusa.

277

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINP

APPUNTO. Roma, 2 luglio 1938.

Ho rimesso a Lord Perth il documento redatto dal Duce 2 , non senza mettere in rilievo questo fondamentale elemento. Lord Perth lo ha letto con profonda attenzione e durante la lettura il suo volto ha lasciato spesso trasparire segni di incertezza e di preoccupazione. Alla fine della lettura, gli ho detto che

verbalmente volevo aggiungere alcuni punti che non erano stati fissati per iscritto dal Duce, ma che egualmente rappresentavano la Sua volontà:

l) Egli richiedeva una risposta precisa a quanto contenuto n eli'appunto;

2) Si riservava di riprendere ogni libertà di azione nei confronti delle condizioni già da noi puntualmente osservate, libertà di azione che avrebbe mantenuta fino a quando anche il Governo inglese non avesse dato effettiva esecuzione ali'Accordo.

3) Il Duce, al fine di illuminare, allorché ciò fosse apparso necessario, l'opinione pubblica internazionale sull'andamento di queste ultime trattative, desiderava concordare con Lord Perth la pubblicazione dei documenti che ci eravamo scambiati, i vi compreso l'odierno.

Ho infine aggiunto che il Duce era molto profondamente risentito per quanto si sta verificando in molti settori internazionali, che alcune attività britanniche nel Mediterraneo e nei Balcani non potevano non apparire ambigue ad ogni osservatore imparziale, che infine la pubblica opinione italiana, della quale il Duce non è certamente, come altri lo «schiavo», ma della quale pur tuttavia deve tener conto essendone volta a volta l'interprete ed il formatore, si raffreddava di ora in ora sempre di più nei confronti dell'effettiva portata degli Accordi del 16 aprile.

Lord Perth ha tentato di polemizzare sulla sospensione del ritiro dei soldati dalla Libia. Gli ho subito risposto che ciò era mille volte nel nostro diritto, in virtù degli Accordi ed anche per il fatto che andando al di là della lettera dell'intesa, avevamo ritirato ben 20 mila uomini dalla Libia. Lord Perth mi ha domandato: «Ciò significa che il Duce rimanderà forze in Libia?» -Ho risposto: «Ogni decisione sarà da Lui presa in corrispondenza agli avvenimenti. Per parte mia devo confermare che Egli si riserva la massima libertà di azione».

Lord Perth è venuto a parlare dell'accordo con la Francia ed ha detto che anche nel suo stesso documento' si ripeteva che l'Accordo anglo-italiano e l'eventuale accordo itala-francese non erano connessi. Ho risposto che la insistenza britannica nel parlarci delle trattative con la Francia non poteva passare inosservata, dato quanto da noi era stato con precisione chiarito fin dali' inizio delle conversazioni. Inoltre, non potevamo ignorare tutto quanto si dice e si scrive in merito a Parigi, cercandosi colà di dare a queste affermazioni un carattere ufficioso, nel senso che l'Accordo anglo-italiano non entrerà in vigore se non preceduto da analogo Accordo itala-francese. Come recente ed indiscutibile prova ho citato l'articolo pubblicato tre giorni or sono dali 'ultra ispirato Temps4

277 'Vedi D. 243, allegato B.

Lord Perth ha espresso tutto l'accoramento che provava in questa ora ed ha aggiunto che la grandissima parte del popolo britannico avrebbe provato una tremenda delusione nel vedere pericolare un Accordo sul quale erano state fondate tante speranze. Gli ho fatto rilevare che nel documento del Duce un analogo sentimento era espresso per quanto ci concerne e che, appunto, la pubblicazione dei pro-memoria era richiesta per fissare nell'opinione pubblica internazionale, se ciò sarà del caso, le responsabilità di un simile evento.

Lord Perth ha lasciato la mia stanza molto abbattuto. Anche uscendo ha ripetuto: «Temo che andiamo incontro ad una situazione difficile nei confronti dell'Accordo». Ha anche lasciato intendere che penserebbe di chiedere udienza al Duce, se le cose dovessero ancora complicarsi.

Ho consegnato anche copia dell'appunto a von Mackensen e gli ho succintamente narrato il mio colloquio con Lord Perth. Von Mackensen ha espresso i suoi ringraziamenti per la prontezza con la quale il Duce ha voluto mettere al corrente Berlino ed ha ripetuto la sua fiducia nella crescente e quotidiana affermazione della solidità dell'Asse5

ALLEGATO

PROMEMORIA.

l o Il Governo Fascista prende atto del riconoscimento da parte del Foreign Office che il Governo Fascista ha già applicato -dimostrando in maniera cristallina la sua buona fede -le clausole degli Accordi che maggiormente interessavano la Gran Bretagna: quali il ritiro delle truppe dalla Libia, il disinteressamento nelle questioni della Palestina, la sospensione di ogni propaganda spiacevole per radio o sulla stampa.

2° Il Governo Fascista deve viceversa constatare che nessuna contropartita è venuta da parte della Gran Bretagna, neanche dopo le decisioni di Ginevra, circa la questione etiopica e neanche dopo l'accettazione da parte dell'Italia del piano inglese per quanto concerne il ritiro dei volontari dalla Spagna; piano finora inapplicato non per causa dell'Italia, ma per l'atteggiamento di altri Stati sui quali e non su l'Italia deve ricadere la relativa responsabilità.

3° Sulle tre ipotesi formulate dal Foreign Office, l'Italia dichiara: a) che l'idea di proporre a Franco un armistizio è inammissibile a meno che i rossi non si arren

rappresaglia per i bombardamenti de li'aviazione nazionale sulle città. Il progetto -si osservava nell'articolo-era tanto più da respingere ora che il Comitato per il non intervento aveva realizzato dei progressi importanti ed il governo italiano appariva desideroso di giungere al più presto ali' entrata in vigore dei Patti di Pasqua, ciò che peraltro -si sottolineava -«non può avvenire senza una ripresa utile delle trattative franco-italiane>>.

277 ' Il documento ha il visto di Mussolini. Sul colloquio Ciano-von Mackensen non si è trovata documentazione negli archivi italiani: su di esso si veda il resoconto dell'ambasciatore tedesco in DDT, vol. I, D. 788.

dano a discrezione, nel qual caso l'Italia potrebbe rappresentare, come già fece dopo la caduta di Bilbao, un elemento di moderazione; b) che non meno inaccettabile è, nel momento attuale, l'idea di un ritiro unilaterale dei volontari italiani; c) che non rimane quindi che attendere lo sviluppo degli eventi spagnoli, sia attraverso il Comitato di non intervento sia attraverso lo sviluppo della guerra, per l'applicazione degli Accordi del 16 aprile. Il Governo Fascista ha-non senza rammarico-l'obbligo di dire che questo ritardo-non dovuto all'Italia-rischia di compromettere gli effetti morali degli Accordi stessi.

4° Per quanto concerne la Francia, il Governo Fascista riconferma che non v'è, né può esservi, connessione alcuna fra tali eventuali Accordi itala-francesi o anche la semplice ripresa delle conversazioni itala-francesi, coli' applicazione degli Accordi italabritannici. Lo stabilire oggi una connessione del genere, connessione che non fu mai affacciata né all'inizio delle trattative itala-britanniche, né durante il loro svolgimento ed anzi fu sempre formalmente esclusa, significherebbe correre il rischio di far decadere anche gli Accordi itala-britannici. La ripresa delle conversazioni itala-francesi potrà eventualmente verificarsi dopo l'applicazione degli Accordi del 16 aprile, non mai prima e ciò per ragioni così intuitive che si stima inutile rappresentare.

Il Governo Fascista è quindi deciso ad attendere, nella speranza che una troppo lunga ed ingiustificata attesa non diminuisca o annulli il valore di un atto che -come quello del 16 aprile -fu non solo in Italia e in Inghilterra ma in tutto il mondo salutato come un avvenimento essenziale per la pace.

276 1 L'originale di questo documento non è stato rintracciato. Si pubblica qui il testo ritrasmesso dal Ministero alle ambasciate a Londra, Parigi, Mosca e Washington con T. per corriere 9505/c. P.R. del 4 luglio.

277 1 Ed. in L'Europa verso la catastrofe, pp. 341-345. 277 ' Vedi allegato. Sulla preparazione del promemoria consegnato a Lord Perth, si vedano le annotazioni contenute nel Diario di Ciano alle date del 30 giugno e l o luglio.

277 4 Si riferisce all'articolo Les risques de la crise espagnole pubblicato su Le Temps del 26 giugno in cui si prendeva posizione contro l'eventualità prospettata dai governativi spagnoli di effettuare dei bombardamenti contro obiettivi esterni al territorio della Spagna come

278

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPPORTO SEGRETO 4591 1 • Berlino, 2 luglio 1938 (per. il 5).

Ho avuto il tuo telegramma del 27 u.s. [n. 2442 e ne ho] dato comunicazione a Ribbentrop'.

Questi da principio si è mostrato [spia]cente che io avessi scritto, affermando [che le notizie] non possono a meno di circolare e quindi perdono [il] carattere di segretezza. L'ho [rassi]curato comple[tamente. Egli] si è quindi dichiarato [ ....... ] lieto che [ ....... ] abbiamo ricevuto una immediata [risposta].

278 ' Il documento è gravemente danneggiato dall'umidità.

278 ' A quanto risulta da un promemoria redatto da von Ribbentrop (in DDT, vol. I, D. 786), il colloquio ebbe luogo il 30 giugno. Il documento del ministro degli Esteri tedesco fa riferimento soltanto all'invito di recarsi in Italia, circa il quale von Ribbentrop fece presente che egli riteneva necessario prima esaminare più a fondo con l'ambasciatore Attolico le questioni che avrebbero fatto oggetto del!'incontro con Ciano.

[ ........................................... circa 17 righe illeggibili ........................................... ] [ ....... ] intere vacanze -non sembra, almeno per ora, agitato da alcun vento di bellicosità. Ribbentrop si è mostrato anche un tantinello meno amaro nei riguardi dell'Inghilterra, ammettendo anche che, dopo tutto, Halifax e Chamberlain sono, per lo meno, meglio degli altri. Ha fini.to col dirmi che egli [ ....... ] ora più in concreto alla questione e fra giorni -[ ....... ] colloquio si svolgeva all' Auswartiges Amt-mi tornerà [ad invi]tare nella sua campagna dove intende anzi trascorrere [un] periodo di riposo.

Quanto al Giappone ed ai suoi rapporti -attuali e prospettivi -con la Germania, eccoti il risultato [dei miei] sondaggi.

Uno lo feci immediatamente [di mia] iniziativa, rendendotene con mia ufficiale del 25 [giugno scorso4 con lo] stesso ambasciatore del Giappone. [ ....... ] Toga disse esser sicuro

[ ........................................... circa 17 righe illeggibili ........................................... ]

[ ....... ] da parte dell' Oshima in favore di una estensione della portata attuale del triangolo. Ma, come avrai visto dall'appunto Badini che ti ho trasmesso con mia del 30 giugno n. 4517l 135 anche questo sondaggio ha dato esito se non negativo, almeno eminentemente incerto.

Ho tornato quindi ad accennarne a Ribbent[rop il] quale mi ha confermato nella prima impressione da me [avuta]. In sostanza, egli fa derivare la sua persuasione e [il suo] convincimento solo dalle considerazioni seguenti:

l) gli interessi vitali del Giappone coinci[dono con] quelli della Germania e dell'Italia;

2) ogni vittoria giapponese in Estremo [Oriente rap]presenta un rafforzamento dell'asse Roma-Ber[lino ed] ogni vittoria dell'Asse rappresenta un rafforzamento [del] Giappone; [ ........................................... circa 9 righe illeggibili .......................................... ]6 •

278 ' Non rintracciata.

278 2 Vedi D. 267.

278 4 Vedi D. 263.

278 6 Nel quadro dei contatti per un'alleanza, Ciano ricevette l'il luglio il principe Filippo d'Assia. Sul colloquio non si è trovata documentazione negli archivi italiani, ma nel Diario di Ciano vi è, sotto quella data, la seguente annotazione: «Colloquio con Assia, inviato di Ribbentrop. Oggetto: il patto di assistenza militare. Ribbentrop insiste perché questo patto venga fatto. Ho risposto che il Duce ed io siamo nello stesso ordine di idee ma vogliamo vedere l'evoluzione dei rapporti con Londra, e preparare una larga base di popolarità all'accordo. Comunque Ribbentrop, che dice anche il Giappone pronto a far parte del patto, sembra rinunciare ali 'idea del viaggio a Como, che metterebbe troppo prematuramente il campo a rumore. Assia sarebbe incaricato di condurre segretamente, ad insaputa della stessa ambasciata, le prime trattative>>. Il giorno successivo Ciano annotava ancora nel suo Diario: <<Per quanto concerne il colloquio con Assia, il Duce, che pure prende molto interesse alla cosa, dice di ritardare per ora l'inizio delle conversazioni preliminari. L'ambasciatore del Giappone è messo al corrente della situazione, secondo il nostro punto di vista>>.

279

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 3495/516 R. Londra, 3 luglio 1938, ore 3 (per. ore 7,20).

Seguito a telegramma 511 1 e 5122 di ieri e rapporto 1506 di oggi3 Stamane

• ci siamo riuniti io, Dirksen e Monteiro per prendere esame situazione quale si presenta dopo che ha avuto termine, colla seduta di giovedì 30, discussione Sottocomitato sul progetto Risoluzione generale e prima tale progetto venga portato ali' esame e ali' eventuale approvazione dei 27 governi nella seduta plenaria fissata per 5 corrente.

Dirksen ed io abbiamo spedito stamane con corriere aereo speciale a Berlino e Roma testo definitivo del documento colle variazioni sulle altre modifiche apportate dal 31 maggio fino alla seduta avantieri. Monteiro si è limitato riassumere telegraficamente suo governo contenuto documento.

In attesa istruzioni nostri governi circa attitudine che dovremmo adottare nella seduta plenaria, Dirksen, Monteiro ed io ci siamo trovati d'accordo sottoporre seguenti considerazioni ai nostri governi:

0 ) Progetto risoluzione generale propone una serie di accordi particolari e supplementari di volta in volta sulle varie questioni in seguito ad autorizzazione dei nostri rispettivi governi. Cionondimeno noi abbiamo riservato esplicitamente ai nostri governi qualsiasi decisione sul progetto risoluzione. Nostri governi sono pertanto liberi di accettare, respingere o domandare ripresa discussione per modificare progetto in questione.

2°) Progetto costituisce in sostanza risposta ai quesiti sollevati da Burgos"' e Barcellona5 nelle loro note del dicembre scorso" sulla applicazione piano britannico approvato dal Comitato 4 novembre ' scorso e trasmesso poi dal Presidente alle due Parti.

279 'T. 3476/511 R. del 1° luglio. In risposta a Ciano che, per telefono, gli aveva fatto dei rilievi circa un documento in cui erano previste delle misure d'ordine nelle zone di evacuazione dei volontari stranieri dalla Spagna, l'ambasciatore Grandi faceva presente che quel documento era stato, su sua richiesta, già modificato.

279 ' Non rintracciato. 279 • Nota del 18 novembre 1937 del capo di Gabinetto Diplomatico del governo nazionale spagnolo all'ambasciata di Gran Bretagna a Hendaye (testo in DP, vol. V, D. 109). 279 'Nota del 30 novembre 1937 dell'ambasciata di Spagna a Londra al ministero degli Esteri di Gran Bretagna (testo in N.I.S. [36] 707).

279 ' Sic. Leggasi: novembre scorso.

Qualora progetto venisse adottato martedì p. v., esso verrà trasmesso dal Presidente a Burgos e Barcellona negli stessi termini e condizioni in cui venne trasmesso documento 4 novembre scorso. Burgos e Barcellona potranno cioè accettarlo, respingerlo, modificarlo, domandare chiarimenti e precisazioni. Applicazione del progetto dipende dunque esclusivamente dall'attitudine che governi Burgos e Barcellona assumeranno. Sino a che due parti in causa non saranno d'accordo nell'accettare un sistema di clausole identiche, il piano non esiste che sulla carta.

Premessa questa considerazione di fatto, Dirksen, Monteiro ed io siamo passati ad esaminare quale è il valore politico che, alla luce delle direttive sino ad ora seguite dai nostri governi, questo progetto rappresenta.

Le direttive dei nostri governi sulle quali abbiamo sempre in perfetto accordo regolato la nostra azione comune in seno al Comitato sono state sino ad oggi le seguenti:

a) guadagnare tempo in modo che il ritiro dei volontari in Spagna, da noi stessi proposto nel febbraio 1937, non avvenga di fatto prima della vittoria definitiva di Franco;

b) raggiungere questo dimostrando sempre e tuttavia la migliore volontà di collaborare e rigettare sugli altri responsabilità del ritardo o delle difficoltà che verrebbero opposte praticamente al ritiro volontari dalle due parti in Spagna.

Il progetto che sarà portato martedì ali' esame riunione plenaria Comitato è il prodotto della tipica mentalità britannica e costituisce un documento farraginoso, complicato, che intende tutto prevedere e regolare fino ai dettagli. Questi suoi aspetti paradossali sono del resto quelli stessi che ci hanno permesso trascinare oltre un anno discussioni sul piano britannico. Siamo insomma in una situazione analoga a quella del novembre 1937, quando Comitato fu chiamato ad approvare risoluzione 4 novembre da trasmettere alle due parti Spagna. I tre governi, tenendo presente elementi della situazione politica generale, decisero allora accettare risoluzione 4 novembre anche nelle parti sulle quali vi era molto da obiettare, riservando di far valere nostre obiezioni attraverso generale Franco nella sua risposta al Comitato. Non vi è dubbio che l'approvazione nel Comitato plenario martedì p.v. del progetto sul quale si sta discutendo da oltre 9 mesi, avrebbe risultato favorevole agli effetti della distensione politica generale e indirettamente nel campo rapporti itala-inglesi. Essa inoltre gioverebbe alla posizione di Chamberlain durante queste ultime settimane che ancora rimangono prima chiusura estiva della sessione attuale.

La risposta delle due parti in Spagna giungerà verosimilmente a Londra quando Parlamento sarà chiuso.

Nel trasmettere a V.E. considerazioni di cui sopra resto in attesa istruzioni che V.E. riterrà più opportune8

279 ' Il documento fu inviato in visione a Mussolini.

Il 4 luglio, Ciano incaricava Grandi di comunicare al governo britannico che da parte italiana si accettava il <<progetto di risoluzione generale>>. Sia Halifax che Chamberlain esprimevano la loro soddisfazione in termini particolarmente calorosi (T. 3517/519 R. del 4 luglio).

279 2 T. 3478/512 R. del l o luglio. Riferiva sull'andamento della seduta del Comitato dei Nove del giorno precedente in cui, passando oltre le obiezioni del delegato sovietico, era stato approvato il progetto di lord Plymouth circa l'invio di osservatori neutrali nei porti spagnoli.

279 7 Testo in BD, serie seconda, vol. XIX, D. 277. Su di esso si veda anche serie ottava, vol. VII, D. 517. •

280

L'AMBASCIATORE A SALAMANCA, VIOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 3550/062 R. San Sebastiano, 3 luglio 1938 (per. il 7).

Questo ambasciatore di Germania mi ha espresso a più riprese in questi ultimi giorni sua preoccupazione per intensificata campagna dei Rossi condotta attraverso stampa sinistra dei vari Paesi, e specialmente francese, nonché per mezzo pubblicazioni e foglietti clandestini distribuiti anche nella Spagna Nazionale e diretta ad accreditare preteste rivelazioni circa apprestamenti militari di carattere permanente che Germania predisporrebbe in prossimità frontiera pirenaica in vista di un futuro conflitto con Francia.

Secondo il signor von Stohrer, tale propaganda, non solo contribuisce ad alimentare sospetti internazionali nei riguardi della Germania, e anche dell'Italia, ma determinerebbe inoltre nella opinione pubblica e persino negli ambienti ufficiali e di governo della Spagna Nazionale una atmosfera di diffidenza e di ostilità nei riguardi dei due Paesi alleati: fenomeno del quale von Stohrer asserisce avere già potuto constatare gli effetti attraverso difficoltà di vario genere che egli incontra nello svolgimento della sua missione.

Oggi, poi, von Stohrer ha voluto darmi lettura di un suo rapporto a Berlino col quale elenca le accuse che si fanno alla Germania circa suoi preparativi bellici nella zona menzionata, aerodromi, fortificazioni, batterie, depositi, ecc., precisando località, nomi dei tecnici tedeschi preposti ai lavori, tra cui due generali, ecc., e mi ha chiesto se condividevo il suo parere sulla opportunità di provocare conseguentemente una smentita da parte di Franco ed anche di ristabilire la verità mediante un opportuno passo a Parigi e a Londra.

Gli ho osservato che la propaganda rossa sul solito tema invasione nazista e fascista della Spagna non era una novità e che era facilmente spiegabile la sua intensificazione nell'attuale momento in cui Barcellona e i suoi fautori, sentendo prossima la catastrofe, si illudono poter ancora galvanizzare intorno a questo tema preferito le ultime energie per la resistenza. Non potevo, poi, condividere in pieno la sua impressione che cioè la lamentata propaganda avesse tale presa su opinione pubblica e tanto meno su ambienti responsabili Spagna Nazionale da potere determinarne una sensibile reazione in senso antitedesco e antitaliano nonché da pregiudicare gli stessi rapporti ufficiali.

Tuttavia, non ho voluto dare al collega tedesco impressione di rifiutargli la nostra solidarietà e gli ho detto che non avrei mancato di riferire a V.E. e sarei stato lieto affiancarlo in eventuale azione al riguardo.

A V. E. però mi corre l'obbligo di dire, anche in vista di quanto potrà venire riferito a Berlino, che, per quanto riguarda noi, le preoccupazioni del signor von Stohrer non sono giustificate. Anche a prescindere dal fatto che colle sue circostanziate per quanto infondate denunce circa apprestamenti bellici la propaganda rossa prende specificamente di mira la Germania e non l'Italia, posso e debbo affermare senza esitazione che la nostra posizione qui è oggi particolarmente favorevole: ottimi i rapporti ufficiali, facile la collaborazione e la trattazione degli affari; perfetto l'affiatamento e reciproca stima fra Comandi militari; perfettamente cameratesche le relazioni fra le truppe dei due Paesi (salvo il noto insignificante isolato incidente d'osteria occorso tempo fa a Zaragoza tendenziosamente sfruttato dalla stampa internazionale); fervorosamente amico l'atteggiamento della stampa; accoglienti e cordiali le disposizioni popolari. Potrei facilmente elencare numerosi recenti episodi che attestano di questo generale spontaneo favore che circonda nei più diversi ambienti I 'Italia e che, oltre che attraverso mie esperienze personali, mi è da ogni parte confermato dagli accertamenti da me compiuti con tutti i mezzi a mia disposizione. In proposito devo segnalare che molto vi ha contribuito la giornata della solidarietà italo-spagnola, manifestazione indovinatissima, il cui effetto politico e psicologico è stato enorme e ha lasciato echi tuttora vivissimi e difficilmente cancellabili.

Per contro, la posizione della Germania, negli ultimi tempi ha innegabilmente perduto e va perdendo terreno. Ciò è la risultante di fattori vari di carattere generale che a lungo andare non potevano non diventare operanti sulla psicologia spagnola: la profonda differenza di indole e di mentalità, la opposta posizione di fronte al cattolicesimo, i sistemi alquanto pesanti di penetrazione politica e commerciale, infine la sempre più chiara constatazione, da parte spagnola, che l 'intervento tedesco vuole operare su un piano economico e con finalità pratiche assai più che ideologiche e sentimentali.

Per quanto poi riguarda le difficoltà ultimamente incontrate da von Stohrer nei suoi rapporti ufficiali, non è fuori luogo cercarne la spiegazione in due recenti episodi i quali hanno prodotto tale sfavorevole impressione sul Generalissimo e sugli ambienti di governo da rendere in un certo momento la posizione di questo ambasciatore analoga a quella che determinò a suo tempo il richiamo del suo predecessore von Faupel. L'uno di questi episodi fu il bombardamento aereo di Cerbère-Port Bou eseguito dai tedeschi circa il 20 maggio scorso contrariamente alle disposizioni di Franco e con l'intento, dicono questi ambienti politici e militari, di provocare complicazioni franco-spagnole e di creare un diversivo mentre si esercitava la pressione militare alla frontiera cecoslovacca. L'altro si riferisce ad un'azione condotta in modo particolarmente insistente e pesante sul governo e sullo stesso Generalissimo per ottenere emendamenti alla nuova legge sulle miniere a salvaguardia di diritti tedeschi pretesamente lesi. Mi consta in proposito che la vertenza è stata sostanzialmente composta ma che Franco a un certo punto avrebbe fatto pregare von Stohrer di astenersi dal chiedergli ulteriori colloqui su!l'argomento.

In tale stato di cose non vedrei motivo per associarmi a questo collega di Germania in un passo presso Franco, quale da lui desiderato, a tutela di un interesse comune. Tutt'al più potremmo eventualmente prestarci a un'azione formale di fiancheggiamento tenendo presente che, per quanto ci concerne, noi non abbiamo necessità di cercare una chiarificazione dei nostri rapporti con questo governo né, in generale, un miglioramento delle nostre posizioni 1

281

IL CAPO DI GABINETTO, DE PEPPO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNT01• Roma, 3 luglio 1938.

Il Duce, nel consegnarmi l'unito promemoria del colonnello Pièche2 , mi ha dato lettura delle frasi che [ ..... ] l'ammirazione per il Fascismo degli spagnoli invitati [in viaggio] in Italia e la conseguente ripercussione di tale [stato] d'animo nel seno della Falange, dove, notoriamente, le preferenze erano in favore dei tedeschi.

Mi ha detto che bisogna approfittare di [tale] stato d'animo per scalzare le posizioni dei [tedeschi] ma non operando direttamente sibbene [unendosi] con tatto e con grande cautela ali' azione del Nunzio Cicognani, facendo attraverso detta azione leva sul sentimento religioso degli spagnoli che non può non essere profondamente colpito dalla lotta anticristiana ed anticattolica [che il Reich] persegue sul suo antico territorio ed ha violentemente iniziato in Austria.

A [questo] proposito-egli ha aggiunto-può essere [bene] far opportunamente conoscere in Spagna le istruzioni segrete date ad un gruppo di maestri nazionalsocialisti nell'l.... ] del rapporto del R. Console Generale in Vienna n.

281 ' Il promemoria, datato 28 giugno, così si esprimeva circa i risultati della visita di un gruppo di spagnoli inviati in Italia in occasione della «Giornata della solidarietà italaspagnola» del 29 maggio: <<Il viaggio dei rappresentanti spagnoli in Italia è servito a chiarire alcune zone d'ombra esistenti nei nostri riguardi in seno alla Falange, le cui simpatie andavano di preferenza verso i tedeschi. Da un mese a questa parte la situazione a questo riguardo è mutata e va mutando in tutti i settori del Partito. I tedeschi van perdendo terreno ed essi, che lo avvertono, se ne lagnano ma non sanno individuarne le cause e vorrebbero che le nostre autorità diplomatiche si unissero a loro per protestare presso il Governo di Burgos contro questa ondata, come essi la chiamano, di xenofobia spagnola. I tedeschi si sono lanciati alla conquista economica e culturale della Spagna con un esercito di finanzieri, viaggiatori di commercio, istruttori, organizzatori, tutto meno che combattenti, col proposito di monopolizzare completamente le ricchezze naturali e commerciali del Paese. In parte vi sono riusciti ma la malagrazia, la prepotenza, il senso di imposizione con cui questo lavoro è stato condotto ha loro alienato alquanto le simpatie degli spagnoli, che si vanno ora polarizzando verso di noi. Da ciò nasce anche una minor prevenzione verso le nostre istituzioni, specialmente verso quelle tipicamente fasciste che ora si cerca di imitare e trapiantare in Spagna».

772 del l o corrente', documento che il Duce ha attentamente letto e severamente commentato.

280 1 Per la risposta di Ciano si veda il D. 299.

281 1 Il documento è deteriorato in più punti dall"umidità.

282

APPUNTO PER IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

Roma, 4 luglio 1938.

In attesa che possa valutarsi la convenienza di fornire al Mufti mezzi notevoli per estendere possibilmente in Transgiordania l'attuale rivolta araba, sarebbe opportuno predisporre, intanto, l 'invio di una sovvenzione di ammontare limitato. Ciò allo scopo di impedire che il movimento arabo in Palestina venga ad esaurirsi senza possibilità di immediate riprese, che, in avvenire, potrebbero risultare conformi alle esigenze della nostra politica con l'Inghilterra.

Si potrebbe predisporre l'invio di 5000 sterline, fra le quali sarebbero comprese le 1000 sterline raccolte in A.O.I. 2 , di cui V.E., approvando un appunto della Direzione Generale Europa e Mediterraneo, ha già disposto il versamento3

283

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 35241114 R. Varsavia, 5 luglio 1938, ore 23 (per. ore 4,20 del 6).

In una conversazione che ho avuto oggi con Beck si è parlato, tra l'altro, della situazione cecoslovacca.

282 'Nel gennaio-febbraio precedenti, i musulmani dell'Africa Orientale Italiana avevano raccolto, con l'autorizzazione del Governo Generale, circa centomila lire per aiutare i loro correligionari della Palestina. Date le prospettive favorevoli che allora si aprivano nei rapporti italo-britannici, il Ministero deli' Africa Italiana aveva poi disposto che la somma fosse, per il momento, accantonata. Alla metà di giugno, alcuni esponenti arabi avevano chiesto che la misura fosse revocata <<a prova dell'immutata politica islamica del R.Governo all'indomani degli Accordi italo-inglesi». Il 23 giugno, Ciano aveva ordinato di aderire a tale richiesta (appunto della Direzione Generale degli Affari di Europa e del Mediterraneo del 23 giugno).

Egli, premesso che nel maggio scorso non aveva partecipato al pessimismo generale, tanto che aveva ritenuto di potersi assentare da Varsavia per recarsi a Stoccolma, mi ha detto che non condivide ora ottimismo che si è fatto strada in vari Paesi. Per questo ministro degli Affari Esteri la situazione è seria e piena di incognite. È peggiorata, poi, dal fatto che Praga si illude di poter tuttora contare sul pieno appoggio anglofrancese e «non si vuole rendere conto che l'intervento inglese del maggio scorso è stato in difesa della pace europea e non degli interessi cecoslovacchi».

Secondo Beck, inoltre, mentre «la Francia cambia di politica ogni giorno, l'Inghilterra è disillusa dall'attitudine completamente negativa del governo di Praga che nonostante ciò non ha fatto la benché minima concessione non solo in favore dei sudeti, ma nemmeno delle altre nazionalità, compresi gli slovacchi, che avrebbe potuto tacitare con lievi sacrifici».

Beck in sostanza ritiene errato l'ottimismo di quelli che si fondano sopratutto sul contegno tenuto fino ad ora dalla Germania: secondo lui il governo tedesco si irrigidirà sempre più nella volontà di ottenere piena soddisfazione alle rivendicazioni dei sudeti. Tuttavia Beck ha concluso che occorre attendere i risultati dei passi che sta svolgendo a Praga il governo britannico, che varranno a determinare gli ulteriori sviluppi della situazione.

281 3 Nel suo rapporto, il console Rochira riferiva che ai maestri addetti alle organizzazioni della gioventù hitleriana era stata distribuita segretamente <<una raccolta di massime e di argomenti a cui ispirarsi nelle loro conversazioni con i giovani>> nei quali <da religione cattolica e la stessa figura di Cristo vengono dileggiati».

282 1 Il documento, conservato nelle carte di Gabinetto, è privo di firma. Probabilmente fu redatto dali'Ufficio III della Direzione Generale degli Affari di Europa e del Mediterraneo.

282 3 Sul documento vi è la seguente annotazione: «Visto da S.E. il Ministro il quale ha disposto che si attenda -4 VII XVI».

284

IL MINISTRO A BUCAREST, SOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 3584/023 R. Bucarest, 5 luglio 1938 (per. il 9).

Il problema di una possibile normalizzazione dei rapporti fra l'Intesa Balcanica e la Bulgaria, fu posto nell'ultima riunione di Ankara1 del Consiglio del detto raggruppamento politico.

L'iniziativa è di marca greco-turca, con una punta nei confronti della Jugoslavia. Meno interessata di tutti alla questione è la Romania, per quanto, come dirò in seguito, i migliori frutti dell'eventuale accordo potrebbero proprio da questo Paese essere raccolti.

Nell'intenzione della Grecia e della Turchia, l'accordo dovrebbe gettare le basi di un loro riavvicinamento alla Bulgaria nell'intento di sottrar! a al monopolio del!' amicizia jugoslava.

Fin dal primo momento, sia la Turchia che la Grecia hanno considerato che l 'unica merce a portata di mano da offrire alla Bulgaria non poteva essere che il riconoscimento della parità di diritti in fatto di armamenti, per quanto scarso fosse il valore effettivo di tale concessione, visto il quasi aperto riarmo della Bulgaria in questi ultimi tempi. Si è creduto tuttavia di poter scontare quel piccolo residuo di valore, almeno nel campo morale, che tale riconosci

284 ' Del 26-27 febbraio.

mento potrebbe tutt'ora avere e si è cercato quindi di procedere con la maggiore urgenza convinti che ogni settimana di ritardo avrebbe fatto scadere sempre più il significato della concessione.

In cambio però di essa, il governo greco ed il governo turco si proponevano di chiedere il riconoscimento da parte della Bulgaria della decadenza delle clausole del Trattato di Losanna concernenti le zone demilitarizzate della Tracia turca e della Tracia greca, nonché una dichiarazione di «condanna» d'ogni atto d'aggressione.

I primi sondaggi, come è noto, furono fatti a Sofia nel rapido passaggio di Riistii Aras2 e trovarono la Bulgaria disposta a prestare orecchio alle profferte dell'Intesa Balcanica. In seguito a ciò il signor Metaxas, che, come presidente pro tempore del Consiglio dell'Intesa Balcanica era stato nella riunione di Ankara incaricato della trattativa ufficiale, propose ai suoi colleghi un primo schema di formula d'accordo.

Lo schema prevedeva un brevissimo preambolo con allusione alla volontà di pace dei firmatari nonché fedeltà alla Società delle Nazioni, mentre la vera e propria formula dell'accordo, anch'essa brevissima, si limitava a dire che i quattro Paesi dell'Intesa Balcanica da una parte, rappresentati dal Presidente pro tempore, ed il rappresentante della Bulgaria, decisi a «condannare» ogni atto di aggressione fra di loro, decidevano di rinunciare, rispettivamente, l'Intesa Balcanica alle clausole per la limitazione per gli armamenti della Bulgaria previste dal Trattato di Neuilly e la Bulgaria, da sua parte, agli obblighi circa la demilitarizzazione della regione tracica previsti, nei confronti della Grecia e della Turchia, dal trattato di Losanna.

Sottoposta questa formula al governo romeno, questo, con la consueta lentezza che gli è propria ha fatto finalmente conoscere, due settimane or sono, che avrebbe gradito fosse rafforzata la frase concernente il non ricorso alla guerra, sembrandogli troppo debole la espressione della «condanna» di ogni atto di aggressione. Il governo romeno ha perciò proposto che la frase fosse modificata nel senso che i firmatari «si impegnano» (s'engagent), a non ricorrere rispettivamente ad atti di aggressione.

Il ritardo del governo romeno a rispondere deve aver creato quelle apprensioni in taluni ambienti greci, segnalate dal ministro Boscarellil, per quanto mi risulti che in altri ambienti, pure greci, la ponderatezza romena è stata considerata non solo giusta ma opportuna e non si è attribuito ad essa la volontà di dimostrarsi nolente o soltanto reticente.

Da informazioni da me assunte, e che considero molto precise, posso da mia parte aggiungere che i romeni hanno tenuto presenti due circostanze:

0 ) L'opportunità di non allontanarsi, con una formula troppo vaga di semplice condanna dell'aggressore, dalla formula che è alla base delle trattative parallele, e in parte analoghe, con l'Ungheria.

2°) La convenienza di ristabilire un certo compenso nei confronti della Turchia e della Grecia che da simile accordo traggono, comunque, il vantaggio di vedersi liberate dalle clausole circa la demilitarizzazione della Tracia, mentre la Romania non consegue da sua parte nessun beneficio speciale.

Non credo sia esatto che la definitiva risposta della Romania sia stata ottenuta da Atatiirk nel noto colloquio sul Bosforo4 che, secondo ho già informato, ha avuto qualche rilievo specialmente nei confronti dei sovieti.

I colloqui del resto fra Re Caro! e il Ghazi sono stati relativamente brevi, a causa del precario stato di salute del Presidente.

Sono ora in grado di informare che, accettata da parte degli altri tre membri dell'Intesa Balcanica, la formula del proposto accordo con la modifica chiesta dalla Romania è stata presentata dodici giorni or sono al governo di Sofia. Questo ha ancora fatto conoscere il suo avviso. E poiché fra balcanici ogni minimo, lieve ritardo è interpretato quale segno di poca buona volontà, ho già l'impressione che negli ambienti più scettici circa il possibile buon esito di tali conversazioni lo scetticismo è in questo momento in rialzo.

Come VE. rileverà la sostanza ed anche l'importanza dell'accordo, è piuttosto limitata. Da una parte e dall'altra si riconosce quello che è già in atto, cioè il riarmo della Bulgaria e la rimilitarizzazione della Tracia. Non c'è dubbio però che l'eventuale conclusione del!'accordo può avere qualche favorevole ripercussione in questo settore dell'Europa Balcanica non tanto però tra Grecia e Turchia, ideatrici dell'accordo, e la Bulgaria, quanto proprio nei rapporti di quest'ultima con il Paese meno impegnato nella trattativa e cioè con la Romania. Questa infatti, nella più favorevole atmosfera che verrà a formarsi

nei rapporti con la Bulgaria, potrà risolvere le numerose ma piccolissime questioni in sospeso, salvo la questione minoritaria che non è facilmente risolvibile. Mi risulta che il ministro Comnen ha qui recentemente chiamato il suo rappresentante a Sofia ed ha potuto convincersi, (credo che le mie informazioni siano esatte) che le suddette questioni non meritano essere trascinate o tanto meno drammatizzate, impartendo istruzioni per arrivare ad una rapida ed amichevole soluzione. Ma c'è di più. L'accordo balcanico, se effettivamente concluso, lascerebbe la via aperta alla Romania, oggi strettamente impegnata con la Grecia a non procedere a intese separate con la Bulgaria, a concludere in avvenire con questa interessanti intese, che noi non potremmo non vedere con favore.

Più scettico invece io sono circa un reale, sostanziale riavvicinamento tra Turchia e Grecia da una parte e Bulgaria dell'altra. Il riarmo e la rimilitarizzazione della Tracia, che sarebbero certamente condotti con più decisivo impulso, rinfocolerebbero fatalmente, in un immediato futuro, diffidenze ed apprensioni e contribuirebbero ad accendere quelle crisi di nervosismo che da anni sono periodiche e costanti nei rapporti della Turchia e della Grecia con la loro vicina del Nord.

A parte tali considerazioni o previsioni sulle vicine o lontane ripercussioni dell'accordo in parola, è interessante che io sottolinei a V.E. oltre il suo contenuto, anche la sua forma. L'accordo consiste in un breve protocollo che, secondo la proposta sottomessa al governo bulgaro, sarebbe stipulato ad Atene fra il presidente in carica del Consiglio dell'Intesa Balcanica in rappresentanza dei quattro Paesi dell'Intesa, ed il rappresentante bulgaro. Ma ciò comporta un riconoscimento ufficiale dell'Intesa Balcanica da parte della Bulgaria.

C'è di più. L'impegno di non aggressione da parte dei quattro Stati dell'Intesa Balcanica nei confronti della Bulgaria sarebbe sottoscritto, in rappresentanza, dal signor Metaxas. Ora io non credo esistere esempio nella storia diplomatica di una simile delega di poteri sovrani per un impegno così importante come quello del non ricorso alla guerra. Quale valore avrebbe un simile impegno a favore della Bulgaria, che invece si impegna a nome proprio, nelle tumultuose vicende di questa regione? Mi permetto quindi osservare che dal punto di vista tecnico il Patto non è bene impostato. Non sarebbe il caso di farlo presente a Sofia? V.E. ricorda che per quanto concerne l'analogo accordo in discussione fra Piccola Intesa e Ungheria si è accuratamente evitata una qualsiasi impostazione del genere.

È interessante anche rilevare l'atteggiamento riservato della Jugoslavia che una sola cosa ha tenuto ad evitare, e cioè che nello schema del progetto di accordo si facesse una qualsiasi allusione alla Società delle N azioni.

Per il resto la Jugoslavia ha l'aria di lasciar fare! Essa si sente perfettamente tranquilla della sua posizione nell'Intesa Balcanica e sopratutto nell'attuale fase dei suoi rapporti con la Bulgaria. Ancora una volta il signor Stojadinovié offre, a me pare, testimonianza della sua sicurezza, della sua fredda, serena calma.

284 2 Il 13 maggio. Vedi D. 135, nota l. 284 ' Si vedano i DD. 236 e 241.

284 4 Riferimento ali'incontro che il 19 giugno Atatiirk aveva avuto con Re Caro!, allora in crociera con il suo yacht nel Bosforo. Secondo quanto aveva riferito il ministro Sola (telespresso 21731753 del 24 giugno), l'incontro ~ sul quale non era stato diramato nessun comunicato ~ aveva suscitato apprensioni negli ambienti bulgari e jugoslavi perché si riteneva potesse far parte di un disegno volto a creare, in seno all'Intesa Balcanica, una più stretta collaborazione tra Grecia, Turchia e Romania «con una punta di diffidenza verso la Jugoslavia e di pressione sulla Bulgaria>>. Secondo il ministro Sola, l'aspetto più interessante del colloquio era dato, invece, dallo scambio di informazioni circa la situazione interna e le possibili iniziative de li 'U.R.S.S. in quel settore, ciò che indicava la tendenza della Turchia e della Romania a ricercare dei punti di contatto di fronte al problema sovietico. Contemporaneamente, il ministro lndelli riferiva da Belgrado (T. per corriere 3397/045 R. del 2 giugno) che il ministro di Turchia aveva avuto istruzioni di smentire presso il governo jugoslavo che nell'incontro tra Atatiirk e Re Caro! fosse stato discusso <<di intese navali e di nuovi orientamenti, sotto auspici britannici, della politica turco-romena>> ma che la smentita era stata accolta a Belgrado <<con qualche scetticismo», dati i recenti atteggiamenti del governo turco.

285

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 9267/0143 P.R. Budapest, 5 luglio 1938 (per. il 6).

Telegramma di V.E. n. 9236/c. P.R. (AEM uff. Il) del 28 giugno u.s. 1 l) Circa la visita del generale Keitel a Budapest, mi riporto al mio telespresso n. 319311040 del 21 giugno 2 e al mio telegramma per corriere n. O 124 del 24 giugno3 e precedenti.

Tanto il ministro di Germania quanto l'Ufficio Informazioni Militare ungherese escludono qualsiasi fondamento alla voce messa in giro nei circoli della Piccola Intesa4

2) Quanto alle asserite pressioni francesi su Bucarest perché la Romania conceda, in caso di conflitto, il passaggio di truppe russe in territorio romeno, a questo Ufficio Informazioni Militari risulterebbe, secondo quanto mi ha detto questo R. Addetto Militare, che effettivamente un simile passo sarebbe stato fatto, al momento della crisi del 21 maggio, presso il governo romeno, che però lo avrebbe respinto.

È tuttavia opinione dello Stato Maggiore ungherese che, in caso di guerra, se effettivamente le truppe russe volessero passare in territorio romeno, molto difficilmente sarebbe possibile prevedere una resistenza con la forza da parte della Romania.

3) Circa l'atteggiamento della Russia in caso di guerra, però, è stato riferito dall'Ufficio Informazioni Militari ungheresi al R. Addetto Militare che, secondo l'opinione dello Stato Maggiore polacco, l'esercito sovietico, data la situazione politico-militare interna, ben difficilmente potrebbe dare un effettivo concorso alla Cecoslovacchia, intervenendo con aiuti militari terrestri ma limitandosi5 ad appoggiare l'alleata con le forze aeree.

285 ' Ritrasmetteva il D. 250.

285 'Vedi D. 257, nota l.

285 ' Vedi D. 257.

285 'Sic.

285 4 Circa accordi tra Germania e Ungheria in vista di un'azione contro la Cecoslovacchia.

286

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 4676/1365. Berlino, 5 luglio 1938 (per. il 17).

Da conversazioni avute in questi giorni ho potuto desumere che i circoli politici tedeschi sono piuttosto preoccupati della situazione venuta a crearsi in questi ultimi tempi in Turchia. Si crede che la Francia con l'accordo di Alessandretta1 e l'Inghilterra col suo prestito politico, si siano, agendo evidentemente di conserva, assicurate il loro predominio politico nel Prossimo Oriente. Ciò è realizzato con una certa amarezza perché qui -anche in conseguenza dei ricordi di guerra -si teneva ancora molto a considerare la Turchia -almeno potenzialmente -come nella sfera di influenza della Germania2•

286 ' Riferimento al complesso degli accordi sottoscritti il 4 luglio da Francia e Turchia: l) trattato di amicizia; 2) dichiarazione comune concernente l'applicazione degli accordi relativi al Sangiaccato di Alessandretta ed i rapporti della Turchia con Siria e Libano; protocollo concernente gli optanti (il testo di questi accordi è in DDF, vol. X, D. 145).

l) Senso di trionfo da parte dei turchi. Sarebbe superfluo dilungarsi a citare gli articoli di giornali, i discorsi, i commenti che hanno accompagnato in questi giorni la conclusione dei nuovi accordi. Il contenuto stesso di tali accordi dimostra come i turchi abbiano avuto causa vinta in tutti i punti: è quindi più che logica l'esplosione di entusiasmo popolare e gli osanna ad Atati.irk e alla saggezza del suo governo cui la notizia degli avvenuti accordi e -ciò che è sopra tutto caro all'orgoglio turco -l'entrata delle truppe nazionali nel Sangiaccato hanno dato luogo.

2) Senso di sicurezza per quanto riguarda il Mediterraneo orientale. Ho detto sopra che il punto essenziale degli accordi franco-turchi è costituito da quella parte del trattato di amicizia che riguarda la sicurezza nel Mediterraneo orientale. Tanto la stampa turca quanto quella francese ne mettono in grande rilievo il significato. Con la soluzione della questione dell'Hatay, la Turchia torna necessariamente alla tradizionale politica, che si appoggia sull'Inghilterra e sulla Francia. Non per nulla l'Inghilterra ha agito con energia dietro le quinte in questa circostanza, e verso la Turchia e verso la Francia. Verso la Turchia, a mezzo del noto prestito che ha rafforzato il prestigio e l'influenza britannica, e ha dato modo al Governo di Londra di far comprendere a quello di Ankara come complicazioni violente nel Sangiaccato avrebbero profondamente turbato l'equilibrio mediterraneo. Verso la Francia, a mezzo dell'azione dell'ambasciatore britannico a Parigi, il quale risulta abbia fatto notevole opera di persuasione presso i dirigenti della politica francese, vincendo le ultime resistenze in favore dei turchi.

3) Quale il vantaggio per la Francia? Il vantaggio per la Francia è notevole, giacché, se, dal punto di vista specifico, essa ha capitolato su tutta la linea e se il suo prestigio ha perso ancora dei punti nella borsa dei valori internazionali, tuttavia essa può ora tranquillamente volgere lo sguardo a questo settore del Mediterraneo, dove i suoi interessi la portano ad avere la Turchia amica. Come ha detto giustamente un giornale turco <<bisogna felici

11 3 luglio erano stati anche firmati, tra militari francesi e turchi, una Convenzione permanente circa le forme della collaborazione in caso di minaccia al Sangiaccato e un Protocollo occasionale sulle misure di sicurezza da adottare nel periodo preelettorale in atto.

286 2 Da Ankara, l'ambasciatore Galli, dopo aver esaminato nei particolari il contenuto degli accordi franco-turchi, così commentava: «Le considerazioni e le impressioni che questi avvenimenti suggeriscono possono riassumersi nei seguenti punti principali:

287

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 3560/0126 P.R. Parigi, 6 luglio 1938 (per. l'B).

Continuano pressioni su questo governo da parte ambienti sinistra per indurlo riapertura frontiera dei Pirenei. Stessi ambienti intensificano contemporaneamente campagna contro Primo Ministro britannico.

Mi risulta che questo ambasciatore d'Inghilterra ha fatto varie riprese presente al Quai d'Orsay sconvenienza attacchi stampa francese contro Chamberlain, soprattutto alla vigilia della visita a Parigi dei Sovrani britannici. Phipps avrebbe anche insistito, sia presso Daladier, sia presso Herriot, su assoluta necessità mantenere chiusura frontiera pirenaica. Passo presso Herriot sarebbe stato effettuato ad esplicita richiesta ministro Esteri Bonnet.

Si segnala arrivo a Londra gruppo comunisti francesi guidati Cachin che, sotto pretesto preparare organizzazione sedicente Conferenza pace indetta a Parigi

tare la diplomazia francese della sua perspicacia nel comprendere ed apprezzare il valore deli 'amicizia turca». Queste parole, in bocca turca, hanno un amaro senso di ironia, ma corrispondono comunque ad un interesse effettivo della Francia. Così il Temps, nel commentare i recenti avvenimenti, confermava che <d' amitié franco-turque contribuera efficacement à la consolidation de l'équilibre politique dans une des parties !es plus sensibles du domaine méditerranéen>>.

4) L'idea d'un accordo a tre per la sicurezza del Mediterraneo ritorna su questi giornali, in un tono che potrebbe anche essere interpretato come un tendenziale raffreddamento nei riguardi dell'Italia. Né ciò potrebbe del resto sorprendere, conoscendosi il carattere e i metodi politici di questo governo, abituato a far il pendolo fra le varie grandi Potenze secondo l'interesse del momento. Lo abbiamo veduto gettarsi dalla nostra parte tutte le volte che si sono acuiti i rapporti con la Francia, e mostrarsi con noi più sostenuto non appena le cose con la Francia si accomodavano. Ma, e devo metterlo bene in chiaro, se una tendenza di questo genere può scaturire dall'ordine naturale delle cose, tuttavia il concetto che domina in questa stampa n eli 'attuale circostanza è invece il seguente, e cioè che l'accordo franco-turco per il Mediterraneo Orientale completa quello itala-britannico. «L'accord définitif intervenu entre la France et la Turquie, -scrive La Répubblique -au sujet de la question du Hathay, constitue en meme temps une garantie pour la sauvegarde de la paix dans le bassin orientai de la Méditerranée. Cette paix avait reçu une première garantie lors de la conclusion du Pacte anglo-italien du 16 avril dernier. C'est qu'en effet le Pacte de Rome prévoit le maintien du statu-quo dans le bassin orientai méditerranéen. La France et la Turquie ont, de leur c6té, décidé de collaborer dans ce domaine afin de ne point porter atteinte à la situation. Il s'en suit que le cadre de l'entente se trouve etre sérieusement élargi de sorte que le problème du Hathay constitue la clef de toute la question>>.

5) Questi ed altri analoghi commenti vanno messi in relazione con quanto Aras ci disse in recenti circostanze e quanto codesto Ambasciatore a Roma ha detto a V. E. Il governo turco cerca un sistema generale di equilibrio mediterraneo. Secondo il suo metodo esso lo cerca nel quadro delle intese collettive che, come osserva V.E., non rientrano nello stile fascista. Si può comunque ritrarre da questa apertura la sensazione del desiderio di questo governo di rinserrare i rapporti con l'Italia: elemento questo che continua -anche dopo la conclusione dell'accordo con la Francia e fino a nuovo ordine -a caratterizzare le disposizioni di animo della Turchia verso di noi>>. (Telespresso 1148/614 del 6 luglio).

per 23 corrente, hanno preso contatto con dirigenti laburisti britannici in vista coordinare azione in favore Spagna rossa.

Sono d'altra parte a Parigi ministro Esteri Barcellona, Del Vayo, e sedicente governatore Banca di Spagna Nicolau de Oliver. Oltre che su questione oro spagnolo depositato alla Banca di Francia, Del Vayo ha oggi lungamente intrattenuto Bonnet su piano britannico 1 per ritiro volontari e su bombardamento città aperte.

Ritengo da escludere che pressioni estremiste e tentativi Del Vayo possano comunque approdare a un qualche risultato positivo. Pressoché tutta la stampa commenta favorevolmente adozione unanime piano britannico da parte Comitato non intervento.

288

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 3588/0146 R. Budapest, 6 luglio 1938 (per. il 9).

Mio telegramma per corriere n. O127 in data del 28 giugno 1 e telegramma per corriere dell'E. V. n. 9316/c. P.R. del 30 giugno u.s. 2

Ho visto stamani il conte di Esterhàzy che mi ha riferito che prima di recarsi a Varsavia era stato in Germania e si era incontrato con Goring al quale aveva domandato a un certo momento quali erano le intenzioni attuali della Germania. Goring gli avrebbe risposto che non si sa quando Hitler deciderà di agire ma certo non sarà quando Io vorrà Benes sarà Hitler a scegliere il giorno e l'ora.

Secondo Esterhàzy, i tedeschi non vogliono ora provocare un conflitto ma sopratutto non sono attualmente pronti: sono d'altra parte ancora troppo occupati in Austria dove anche i nazisti austriaci non sono contenti. Le cose potranno gradatamente calmarsi ma data la grande differenza di carattere e di abitudini fra tedeschi ed austriaci e la poca adattabilità di questi ultimi a certe forme della rigida disciplina tedesca, il governo del Reich avrebbe presentemente non pochi fastidi in Austria.

Quanto alla sua visita a Varsavia, egli mi ha presso a poco ripetuto quanto aveva già riferito al R. Console a Bratislava. La Polonia, gli ha detto Beck, non

ha alcuna mira, né sulla Slovacchia, né sulla Russia subcarpatica; ci sono g1a abbastanza altre nazionalità nel territorio dello Stato; in caso di smembramento della Repubblica cecoslovacca, aspira solo a una cinquantina di villaggi della Slesia intorno a Teschen, dove sono le miniere di carbone. È vero che gli slovacchi hanno avuto e continuano ad avere tuttora aiuti finanziari dalla Polonia, ma Beck avrebbe detto a Szidor, quando questi gliene aveva posto la questione, che in caso di smembramento della Repubblica cecoslovacca, la Slovacchia dovrebbe passare all'Ungheria.

Il conte Esterhàzy ha avuto anche in questi giorni varie conversazioni con Kànya.

Il governo ungherese ha dato ogni assicurazione a Hlinka che gli slovacchi avranno eventualmente la più larga ed assoluta autonomia. Ciò nonostante indubbiamente occorrerà vincere ancora qualche diffidenza, essendo innegabile che nel passato regime gli slovacchi erano effettivamente oppressi.

Circa la situazione in generale, Esterhàzy mi ha detto non condividere troppo l'ottimismo dei polacchi circa l'atteggiamento eventuale della Russia e questa sarebbe anche l'impressione dei tedeschi. Anche se intervenisse con la sola aviazione, il suo concorso del resto sarebbe rilevantissimo. Il ministro di Ungheria a Mosca', che si troverebbe ora qui in congedo, avrebbe detto a Esterhàzy che a suo parere il governo sovietico, pur guardando con somma preoccupazione l'eventualità di un conflitto, non potrà non intervenire in esso specialmente se vi sarà un intervento francese.

Se si ritiene che la Jugoslavia sarà trattenuta dall'Italia, è dubbio l'atteggiamento della Romania: è anche per questo che Kànya avrebbe desiderio ora di raggiungere un accordo col governo di Bucarest ma, malgrado i recenti progressi, le conversazioni appaiono lente e difficili.

Il conte Esterhàzy parte stasera per Praga dove Hodza lo riceverà in rappresentanza delle minoranze ungheresi insieme con i rappresentanti delle altre minoranze dopodomani 8 luglio; le varie minoranze agiscono da tempo perfettamente in comune. È questa la prima volta che Hodza ha convocato contemporaneamente tutti i rappresentanti delle minoranze, compresi i polacchi: finora egli si era limitato a trattare con loro sempre separatamente.

Finora Hodza non ha promesso niente di concreto e nelle passate conversazioni si è limitato a domandare ai rappresentanti delle minoranze i loro desiderata. È impressione di Esterhàzy che però i tedeschi non siano disposti a dichiararsi soddisfatti di qualsiasi concessione avessero.

Esterhàzy mi ha confermato esistere una divergenza netta di vedute fra Hodza e lo Stato Maggiore (mio telegramma per corriere n. 0129 del 28 giugno u.s.4).

288 ' Mihaly Jungerth-Arnòthy.

287 1 Vedi D. 289.

288 1 T. 3462/0127 R. del 28 giugno. Riferiva che il conte Esterhàzy era tornato da Varsavia apparentemente assai soddisfatto del suo incontro con Beck ed aveva avuto poi dei colloqui con Imrédy e con De Kànya.

288 2 Ritrasmetteva il D. 262.

288 4 T. per corriere 3645/0129 R. del 28 giugno. Il ministro Vinci aveva riferito che, secondo De Kànya, era improbabile che la Germania volesse provocare un conflitto per la questione dei sudeti, tuttavia delle complicazioni gravi non erano da escludersi perché, a quanto si diceva, vi era a Praga chi -come Benes ed il capo di Stato Maggiore, generale Krejci -preferiva provocare un conflitto piuttosto che cedere alle pretese della Germania.

289

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 3606/0135 R. Londra, 6 luglio 1938 (per. l'Jl ).

Come ho comunicato a V.E. con telegramma n. 522', è stato ieri approvato da parte Comitato Plenario testo progetto di risoluzione da inviare alle due parti in Spagna2 , in risposta ai quesiti sollevati dalle stesse in merito alla Risoluzione del 4 novembre u.s. 3 relativa all'applicazione del Piano britannico del 14 luglio 19374

Ha termine con ciò una fase dei lavori del Comitato di non intervento. Nell'esprimere ora una valutazione della situazione che ne risulta, mi permetto anzitutto richiamare l'attenzione dell'E.V. su quanto riferivo, con mio telegramma per corriere n. 0292 del 5 novembre u.s. 5 , all'indomani dell'approvazione della precedente Risoluzione che del nuovo «accordo» raggiunto ieri è la diretta premessa. La situazione odierna ha infatti una stretta analogia colla situazione che si presentava allora a seguito dell'approvazione della predetta Risoluzione del 4 novembre e del conseguente invio di una comunicazione a nome del Comitato Internazionale a Salamanca e Barcellona.

«Non vi è dubbio-scrivevo il 5 novembre-che la nuova fase e il lavoro futuro del Comitato di non intervento saranno influenzati in modo decisivo dalla risposta e dall'attitudine in genere che adotteranno i governi di Burgos e di Barcellona. L'intervento diretto, da oggi in avanti, delle due parti in conflitto nei lavori del Comitato di non intervento è il «fatto nuovo» che introduce degli elementi imprevisti su

Il controllo terrestre sarebbe stato realizzato con l'impiego di osservatori neutrali (osservatori britannici alla frontiera portoghese) ed il controllo marittimo, oltre che con osservatori sulle navi, anche con osservatori nei porti spagnoli.

L'accordo sarebbe entrato in vigore non appena accettato dalle due parti spagnole, alle quali fu comunicato il 6 luglio con l'invito a dare una sollecita risposta.

Il testo dell'accordo fu pubblicato l' 11 luglio dal governo britannico sotto forma di Libro Bianco (Cmd. 5793). Lo si veda anche in N.I.S. (36) 767. Su Relazioni Internazionali (pp. 536-578) è pubblicato il testo dell'accordo ma solo un riassunto dell'allegato.

289 'Vedi D. 161, nota 3.

quello che sarà il corso delle future discussioni. Ecco perché la risposta che il generale Franco darà alla lettera del presidente del Comitato di non intervento avrà una influenza decisiva sulle discussioni prossime e in particolare sul!' azione che noi dovremo svolgere. Non sarebbe inoltre concepibile che il gruppo itala-tedesco-portoghese possa nelle future discussioni svolgere un'attività in contrasto a quella che sarà l'attitudine manifestata dal generale Franco».

A più forte ragione devo ripetere e sottolineare oggi queste considerazioni, tenendo presente che, con l'approvazione di ieri del progetto di Risoluzione ci verrà a mancare la «prima linea di resistenza» sulla via dell'esecuzione dello schema per il ritiro dei volontari delle due parti in Spagna. Linea di resistenza che ci era offerta dalla stessa vaga e generica formulazione della Risoluzione del4 novembre e che abbiamo utilizzato all'estremo (se si pensa che esattamente otto mesi sono trascorsi dall'accettazione definitiva, con l'approvazione della Risoluzione del 4 novembre, del principio del ritiro dei volontari esteri dalla Spagna, ritiro a sua volta da noi stessi proposto lO mesi prima, nel febbraio 1937), per ritardare, anche oltre il limite che si poteva lecitamente prevedere, il raggiungimento di un accordo «formale» sulle varie «questioni concrete» da me indicate ed elencate nel mio telegramma a V.E. n. 0292 del 5 novembre. Oggi la nostra linea di azione si sposta quasi esclusivamente sulle posizioni che, nei confronti del Piano britannico e delle varie complesse conseguenze che ne derivano, verranno ad assumere le due parti in Spagna. Per quanto più particolarmente ci concerne, la risposta che il generale Franco riserverà alla comunicazione del Comitato internazionale, acquista quindi una importanza decisiva, assai maggiore di quella che non rivestisse la sua prudente risposta al Comitato internazionale del 18 novembre'.

Sfuggono evidentemente al mio giudizio, ed anche in questo mi permetto di richiamare l'attenzione di V.E. sulle analoghe considerazioni da me esposte nel mio citato telegramma del 5 novembre, quegli elementi, situazioni e direttive di politica generale che possano influenzare una decisione sull'attitudine del governo di Burgos nei confronti del nuovo progetto di Risoluzione. A parte i calcoli e i fattori militari, che solo il Duce e V.E. sono in grado di valutare, tanto in relazione al problema dei volontari e della belligeranza, quanto in relazione alle intese tra Roma e Burgos, vi sono poi due nuovi elementi che evidentemente possono non poco influire sopra una decisione in merito alla complessa questione e cioè: da un lato, le trattative in corso tra V.E. e il governo britannico per un'eventuale anticipazione dell'entrata in vigore degli Accordi italo-inglesi dello scorso aprile; dall'altro, le conversazioni in corso tra Burgos e Londra per quello che potrebbe eventualmente risultare in un preliminare seppure parziale riconoscimento della belligeranza dei Nazionalisti spagnoli da parte del governo britannico.

Ciò premesso osservo che il progetto di Risoluzione di ieri offre indubbiamente al generale Franco ed al governo fascista una favorevole ed utile base di

negoziato diretto col governo britannico qualora, beninteso, le nostre direttive di politica generale contemplino in questo momento una esecuzione effettiva ed a breve scadenza del Piano britannico, nonché la soluzione, parziale o totale, dei problemi di politica generale ad esso connessi.

Nell'ipotesi, viceversa, che l'obiettivo del governo fascista e del generale Franco permanga quello di guadagnare tempo e di ritardare l'applicazione definitiva del Piano britannico, e tenendo conto del diminuito margine di manovra che l'approvazione del progetto di Risoluzione indubbiamente significa per la nostra azione futura nel Comitato di Londra, prospetto a V.E. le seguenti considerazioni di carattere generale che le circostanze per ora mi suggeriscono:

0 ) Il progetto di Risoluzione approvato ieri dal Comitato Plenario non (dico non) risponde a tutti i quesiti che il generale Franco ha posto nella sua risposta del 18 novembre al Comitato. In particolare, essa non risponde al quesito posto dal generale Franco in relazione alla posizione giuridica internazionale del governo nazionalista spagnolo. Aggiungo che, nel corso delle discussioni che hanno avuto luogo dal novembre ad oggi tanto in colloqui privati con Plymouth quanto nelle sedute del Comitato dei Nove, io non ho, di proposito, insistito per la formulazione di una precisa risposta a Burgos su questo punto vitale, appunto per lasciare a Franco un altro margine ed un elemento di cui eventualmente giovarsi nella sua futura comunicazione al Comitato internazionale.

2°) È evidentemente necessario che, nella sua risposta, Franco provveda, alla luce di quelle che saranno le direttive del Duce e di V.E., a sollevare tutta quella serie di questioni corrispondenti alle riserve mentali con le quali noi abbiamo approvato ieri in Comitato plenario il progetto di Risoluzione. Alludo in particolare a quei compiti che, in base al progetto di Risoluzione, vengono affidati alle Commissioni da inviare in Spagna in relazione alla organizzazione del ritiro dei volontari. Come segnalavo a V.E. nel mio telegramma n. 515 del 2 corrente8 , sarà facile a Franco avanzare opportune obiezioni sopratutto nei confronti di quell'aspetto dello schema per l'evacuazione dei volontari che direttamente incide sul principio di sovranità territoriale. A questo riguardo egli dovrà contemporaneamente tener conto della necessità di assicurare il parallelo ritiro dei volontari di parte rossa, e di elaborare una formula che allo stesso tempo gli garantisca il riconoscimento della belligeranza ai termini del Piano britannico.

3°) Data la complessità del progetto di Risoluzione che viene sottoposto alle due parti in Spagna, è tacitamente previsto che per l'esame di esso necessiterà un certo periodo di tempo. Plymouth, parlandomi confidenzialmente qualche giorno addietro, ebbe ad ammettere di non ritenere che le risposte di Burgos e

289 ' T. 3496/515 R., che è del 3 luglio. A Ciano, che aveva segnalato come inaccettabile che i volontari prima di essere rimpatriati fossero riuniti in <<campi di concentramento», Grandi faceva presente che si sarebbe trattato di <<zone di evacuazione»: <<trattandosi di una organizzazione che incide direttamente sul principio di sovranità territoriale>>-osservava l'ambasciatore -sarebbe spettato a Franco sollevare, eventualmente, delle obiezioni in proposito.

Barcellona sarebbero potute pervenire prima di 4-6 settimane dalla data del!' approvazione del progetto di Risoluzione da parte del Comitato Plenario.

In simili circostanze non vi è alcuna ragione per la quale il generale Franco debba affrettare la sua risposta. Già una volta, lo scorso novembre, egli ha dato prova di buona volontà e diligenza, inviando la propria risposta dodici giorni prima di quello che abbiano fatto le Autorità di Barcellona. Oggi converrà invece al generale Franco di attendere anzitutto di conoscere la risposta che, questa volta spetterà a Barcellona di dare per la prima.

4°) Dal punto di vista formale osservo infine, che, come nel caso della sua precedente risposta del 18 novembre, converrà che il generale Franco mantenga sempre alla sua futura comunicazione una veste di accettazione «in linea di principio», salvo naturalmente l'affermazione di quelle eventuali riserve che valgano a permettere nuove discussioni nel Comitato di Londra.

Sono queste le considerazioni che si sono presentate nel corso di un primo e generale scambio di idee che ho avuto stamani con i miei colleghi di Germania e di Portogallo, in relazione al documento approvato ieri dal Comitato Plenario.

289 1 T. 3522/522 R. del 5 luglio in cui Grandi aveva riferito sull'andamento della seduta, che si era chiusa con la decisione di trasmettere alle due parti spagnole la Risoluzione, decisione approvata dal Comitato nonostante le riserve sollevate dal rappresentante sovietico.

289 2 La Risoluzione prevedeva l'invio di due commissioni, una per ciascuna delle due parti che si combattevano in Spagna, incaricate di fare il censimento dei volontari stranieri che dovevano poi essere trasferiti in «zone di evacuazione» a scaglioni di almeno duemila al giorno e in misura proporzionale al numero dei volontari presenti in ciascuna parte. Avvenuto il ritiro di 10.000 volontari provenienti da quella parte che ne aveva un numero minore (e quindi di un numero proporzionalmente maggiore dell'altra), a entrambe le parti sarebbe stata riconosciuta la qualità di belligerante.

289 1 Vedi D. 279, nota 7.

289 5 Vedi serie ottava, vol. VII, D. 516.

289 6 Vedi D. 279, nota 4.

289 7 Vedi D. 279, nota 4.

290

IL CONSOLE GENERALE A INNSBRUCK, ROMANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPPORTO RISERVATO 5052/368. Innsbruck, 6 luglio 1938'.

Mi onoro riferire a Vostra Eccellenza intorno agli avvenimenti più salienti verificatisi in questa circoscrizione consolare nella seconda metà del decorso giugno e nei primi giorni del corrente mese.

Questa volta debbo dare il primo posto alla questione religiosa che come risulta dai miei rapporti nn. 342' e 352' del 28 e 30 giugno u.s., è ormai entrata nella fase acuta e lascia prevedere una lotta alla quale da parte del clero e dei più accesi cattolici non si saprà facilmente rinunziare, malgrado le condizioni di assoluto dominio detenute dal Partito. Ne è prova il fatto che il giorno successivo alla festa del Sacro Cuore i cattolici organizzarono una dimostrazione di

290 'Telespresso 4760/342 del 28 giugno. Riferiva che le Autorità naziste stavano assumendo delle posizioni sempre più radicalmente ostili alla Chiesa Cattolica e riportava un documento, inviato da Berlino, in cui erano elencati «Cinquanta temi sul cristianesimo» perché fossero svolti dalla Hitler Jugend e dagli organi del partito. Documento-sottolineava il console Romano -che «non lascia più alcun dubbio suli'intenzione di sradicare la religione anche dal Land Austria>>.

290 ' Non rintracciato.

protesta contro la proibizione della processione del Corpus Domini e la celebrazione neopagana del solstizio. La sera del detto giorno essi accesero sulla montagna dello Hafeleker una enorme croce cristiana ben visibile da Innsbruck e dintorni, suscitando taciti consensi nella popolazione e al tempo stesso le ire dei nazisti, i quali, sentendosi sfidati, si recarono subito sul posto per inseguire gli autori che in buona parte furono arrestati: uno anzi fu precipitato in un burrone da dove venne raccolto il mattino seguente quasi in fin di vita. Inoltre, i nazisti, sempre per rappresaglia, visitarono di nottetempo una casa dove alloggiano molti studenti poveri e ne fecero uscire quelli di religione cattolica che trasportarono sulla riva dell'Inn dove li percossero e li immersero nel fiume o li aspersero di calce sul viso: quasi tutti si trovano ora degenti negli ospedali in gravi condizioni. Altro fatto che ha provocato grande scalpore ed eccitazione fra i cattolici è costituito della proibizione della tradizionale festa dei SS. Pietro e Paolo, decretata dal Biirckel con la seguente ordinanza:

«N ella questione dei giorni festivi occorre, nell'interesse dell'economia nazionale e di tutti i lavoratori, un'assimilazione alle condizioni del vecchio Reich. Di conseguenza bisogna che nel Land Austria vengano aboliti alcuni giorni festivi. Ciò riguarda anche quello dei SS. Pietro e Paolo. D'accordo col Luogotenente del Reich e col Fiduciario del Lavoro per tutto il Reich, ordino perciò che il 29 giugno si lavori come in qualunque giorno feriale, contro pagamento dei salari normali, in aziende, uffici e amministrazioni pubbliche».

Il clero e la popolazione in genere, specie quella rurale, nonché molti nazisti, commentano acerbamente e con amaro disappunto questi provvedimenti antireligiosi che considerano come una intromissione dello Stato in questioni che riguardano la Chiesa. La popolazione ha voluto anzi manifestare la sua riprovazione recandosi alle funzioni, la domenica successiva, con una assiduità eccezionalissima ed ostentando il distintivo del Partito. A tutto ciò si aggiunge che anche qui, come a Salisburgo, si verificano dei casi di abiura dovuti, più che a vera convinzione, a motivi di opportunità e al desiderio di sottrarsi all'imposta ecclesiastica di prossima estensione al Land Austria, ovvero alla forma della suggestione, come avviene fra i giovani senza che i genitori possano opporsi.

Il Gauleiter Hofer tiene a mostrarsi come il più accanito ed attivo avversario non solo del clericalismo politico ma anche di ogni attività ecclesiastica in genere, senza tenere neanche conto-si osserva-che il provicario di Innsbruck, Monsignor Weingartner, è stato sempre estremamente liberale. Egli infatti in passato si occupò di molti nazisti imprigionati e prese la difesa del dr. Mahnert che nel luglio 1934 fu innocentemente incarcerato come implicato nell'assassinio del maggiore di polizia Hickl. Il provicario è pertanto molto amareggiato ed è divenuto un avversario del nazismo.

Ha destato anche emozione l'arresto del parroco di Hotting, che aveva indetto preghiere per la salvezza di Schuschnigg.

Ora, le persone che conoscono bene la psicologia di questi ambienti ritengono che l'eccessivo rigore in materia religiosa finirà col ntwcere al nazismo, poiché la popolazione austriaca, com'è noto, è fervidamente cattolica e non potrà mai comprendere la necessità di adottare una nuova religione creata dal nazismo.

Del resto, anche in altri campi viene, a quanto sembra, troppo leggermente trascurata la psicologia del popolo austriaco, il quale non è tanto abituato agli esercizi di piazza d'armi non ama la violenta azione contro gli ebrei e contro gli avversari del Partito, e si sente colpito nell'intimo della sua coscienza dalla lotta religiosa. II nazionalsocialismo in Austria non tiene forse abbastanza conto del fatto che ha nelle sue fila un gran numero di patrioti austriaci, i quali s 'immaginavano I' Anschluss in modo ben diverso. Così, il desiderio dei nuovi dirigenti di estirpare completamente il nome «Austria» dalle denominazioni ufficiali, dalla lingua corrente e perfino, se possibile, dal ricordo della gente, ha indignato ed amareggiato la popolazione di tutti i ceti, la quale vede in ciò il tentativo di demolire la sua tradizione, la sua storia, la sua stessa individualità. E come manifestazione di tale tentativo vengono considerate la sostituzione della voce Ostmark a Oesterreich e la designazione delle antiche provincie di Oberosterreich e Niederosterreich con i nuovi nomi di Oberdanau e Niederdanau. La stessa recente indicazione di Land Oesterreich è chiaramente priva di contenuto e il rappresentante del Reich a Vienna è notoriamente un personaggio privo di sostanziali attribuzioni che ha solo voce consultiva, mentre tutte le decisioni vengono prese dai Capi delle Province alla diretta dipendenza del Ministro dell'Interno del Reich.

L'insieme di questa politica è biasimata, a quanto va trapelando, perfino dagli stessi circoli nazisti austriaci; ed in tali condizioni non è da meravigliarsi se in alcuni strati della popolazione viene espressa, sia pure con estrema cautela,la speranza che l'occupazione dell'Austria da parte del Reich sia di breve durata, e se nei circoli ex-legittimisti non si consideri impossibile, a più o meno lunga scadenza, l'avvento deli'Arciduca Ottone come Imperatore con I' aiuto dell'Inghilterra. Naturalmente queste speranze non sono che illusioni, ma è significativo il fatto che esse possano sorgere. Ciò non toglie peraltro che si abbia dovunque la netta sensazione dell'impossibilità ed inanità di una eventuale opposizione al Partito e al Reich.

Durante tutto il mese di giugno è continuata in questa circoscrizione consolare la propaganda per invitare i giovani ad iscriversi nella Hitler Jugend. I Gauleiter hanno lanciato appelli calorosissimi annunciando che le iscrizioni si sarebbero chiuse il 30 di detto mese. In quelle pubblicate dal Gauleiter del Tirolo si legge -fra l'altro -l'invito a tutti i genitori di «mandare i loro ragazzi nella Gioventù Hitleriana e le fanciulle nella Lega delle Ragazze Tedesche perché possano partecipare alla vita allegra della gioventù nonché ricevere una seria educazione per i grandi compiti della nostra Patria. La gioventù porta in sé l'avvenire del nostro popolo».

Il Capo dell'Ufficio stampa presso la direzione delle organizzazioni giovanili del Reich ha fornito, nel contempo, a mezzo della stampa, dei chiarimenti ai genitori della Marca Orientale, circa le iscrizioni dei ragazzi nella H.J. Fra l'altro, egli sostiene che la gioventù dev'essere guidata dalla gioventù: i giovani comprendono molto più dei vecchi la psiche dei ragazzi che guidano: sanno condi

videre il loro entusiasmo e svegliare in loro quelle forze sempre fresche e rivoluzionarie che occorrono per mantenere e aumentare il dinamismo del Movimento. Dai dirigenti di queste organizzazioni giovanili usciranno più tardi gli elementi più capaci per le gerarchie del Partito: la gioventù hitleriana rappresenta perciò la riserva inesauribile e l'avvenire della rivoluzione.

Come ho avuto già occasione di riferire, la gioventù è accorsa numerosa nelle file delle organizzazioni fin dai primi giorni dell' Anschluss e da tempo è possibile vederla perfettamente e militarmente inquadrata in tutte le ore del giorno, e qualche volta anche la notte, intenta nelle istruzioni specialmente addestrative. Gli ulteriori appelli ad inscriversi hanno perciò soltanto lo scopo di persuadere qualche genitore ritardatario. Il lavoro del Partito sulla gioventù non si limita soltanto all'istruzione a carattere militare, ma, naturalmente, alla educazione politica conformemente ai fini che il Partito stesso si propone: così, ai giovani non è fatto più obbligo di frequentare le chiese nei giorni festivi, bensì di partecipare alle riunioni che vengono indette in quegli stessi giorni allo scopo di togliere ai ragazzi la possibilità di adempiere ai doveri religiosi; viene instillato in loro un prematuro senso di assoluta indipendenza sottraendoli ad ogni autorità che non sia quella delle organizzazioni. Quest'azione induce i genitori ad attribuire al Partito l'intenzione di impadronirsi dei ragazzi nel modo più completo per «farne una proprietà dello Stato, prima che della famiglia e dei genitori». Essi temono che tale stato di cose finisca per nuocere allo studio e all'autorità dei genitori e degli insegnanti. Oggi non sono più i maestri che giudicano gli scolari ma questi ultimi che criticano e condannano i primi e perfino li denunciano agli organi del Partito. Né si può avere un risultato morale favorevole se un professore, come è avvenuto in una scuola media di lnnsbruck, in presenza di scolari israeliti impreca contro gli ebrei ed incita gli altri allievi a deridere e vilipendere i loro colleghi non ariani. Il livello della scuola tende pertanto ad abbassarsi, e questo pericolo fa capolino anche nelle università.

Circa il trattamento riservato agli impiegati, la legge per l'organizzazione della burocrazia, che viene applicata in Austria secondo l'esempio germanico, è talmente elastica che ognuno di essi può essere dichiarato indesiderabile e messo in libertà. D'altra parte, gli impiegati sono stati in gran parte già costretti a numerosi contributi in denaro a favore del Partito, mentre non è ancora avvenuto l'allineamento dei loro stipendi alle tabelle più elevate vigenti nel Reich. Ciò produce un sensibile malcontento nella classe impiegatizia la quale asserisce di avere avuto soltanto gli svantaggi e non i benefici dell'Anschluss, nonostante corra ora la voce che nel settembre avrà luogo un notevole aumento delle attuali competenze, rese insufficienti dal forte rincaro della vita dopo l'annessione.

Il Partito ed i suoi aderenti cercano di acquistare a prezzi irrisori aziende ebraiche e di avversari politici, specie degli ex cristiano-sociali. In tali acquisti hanno grande importanza le pressioni politiche e le continue minacce esercitate dalla Gestapo per indurre le persone designate a vendere «spontaneamente» e a basso prezzo. Questa procedura è vivamente criticata in quanto si osserva che, mettendo al bando i beni degli avversari politici, viene anche leso il diritto ed il concetto di proprietà. Se tale concetto -ha dichiarato qualcuno fra i più colpiti -non ha piena validità per tutti, esso scivola sul piano inclinato del bolscevismo, poiché non si può mai sapere dove siano stati stabiliti i confini per gli avversari politici. Vi è peraltro dell'esagerazione in questa severa critica, specie in vista del fatto che l'attuale periodo deve ancora considerarsi rivoluzionario.

Senza voler stabilire un legame di causa ad effetto, è da rilevare che, dopo la campagna antinazista più che mai acuitasi sui giornali esteri nelle ultime settimane, sono intervenuti, da parte delle competenti Autorità germaniche, dei provvedimenti che mitigano alquanto alcune disposizioni o procedure finora in uso in Austria. Si parla qui con una certa insistenza di un intervento personale effettuato dal Fiihrer presso Biirckel per disporre la correzione di qualche errore inevitabile commesso nel primo momento. Tra gli anzidetti provvedimenti più favorevoli vengono citati tra gli altri: un decreto del luogotenente del Reich, SeyssInquart, che deferisce esclusivamente al Commissario Statale, per l 'Economia privata, ing. Rafelsberger, e agli uffici da lui dipendenti, la facoltà di nominare gli amministratori commissariali delle aziende private e fissa al 31 corr. la data in cui debbono cessare quelli non nominati come ora indicato; un'ordinanza di Biirckel che stabilisce un controllo suli'attività di tutti i predetti commissari; l'arresto e il trasporto al campo di concentramento di Dachau di dodici commissari disonesti; la decisione di sottoporre a nuovo benevolo esame i casi di imprigionamento preventivo e di confisca di beni; la riprovazione di coloro che fanno uso a proprio profitto del sistema delle denunce e l'istituzione, per ordine di Biirckel, di un premio di 50 marchi a favore di chiunque contribuisca alla scoperta di un denunziante, ecc.

Anche nelle due ultime settimane si sono avute in questa circoscrizione importanti visite di personalità dirigenti. Il 23 giugno arrivarono a Innsbruck il Luogotenente del Reich dr. Seyss-Inquart ed il Ministro Fischbock, ricevuti dal Gauleiter Hofer e dalle maggiori Autorità civili e militari. Scopo precipuo della loro visita era quello di assistere all'inaugurazione dell'Accademia Amministrativa, sulla quale ho riferito col rapporto odierno n. 3644 Il giorno precedente era

arrivato, proveniente da Vienna e per lo stesso scopo, il Ministro dei Reich Dott. Lammers con un numeroso seguito di funzionari. Questi personaggi lasciarono Innsbruck il 24 giugno, ad eccezione di Seyss-Inquart che si trattenne per visitare i dintorni della città e proseguì poi per il Vorarlberg dove si recò nelle officine elettriche lllwerke a Parthennen, ricevendo da parte di un alto funzionario, le espressioni di gratitudine della popolazione per quanto egli ha fatto a favore dell'Austria prima e dopo l'annessione. A Bregenz ebbe luogo in suo onore un pranzo alla fine del quale il Capitano Provinciale pregò il Luogotenente di voler tenere presente gli importanti problemi del Vorarlberg ricevendo assicurazione che le future riforme terranno conto della speciale situazione di quella regione. Il Dr. Seyss-Inquart proseguì poi per Friedrichshafen, donde in aeroplano fece ritorno a Vienna.

290 1 Manca l'indicazione della data di arrivo.

290 4 Non rintracciato.

291

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO

T. PER CORRIERE 619 R. Roma, 7 luglio 1938.

Telegramma di V.E. n. 288 1

Progetto di Risoluzione inviato dal Comitato di Londra alle due parti m Spagna2 è talmente complicato e macchinoso da rendere molto scettici sulla effettiva possibilità che il Comitato riesca ad applicarlo. La R. Ambasciata a Londra (e credo che concordi con quella tedesca) è stata molto esplicita al riguardo3 Le

due ambasciate hanno partecipato alla elaborazione del Piano.

Franco ha già nel passato messo in rilievo che da parte rossa (con il sistema delle naturalizzazioni e con altri metodi) è stato fatto in modo da rendere pressoché impossibile un censimento dei volontari stranieri. È da presumere quindi che su questo punto egli tornerà ad insistere ed a chiedere garanzie. Lo stesso si può dire per quel che riguarda la possibilità che i volontari rossi, una volta evacuati, rientrino in Spagna, come è accaduto per la divisione Beltran. Inoltre, vi sono numerosi aspetti delle clausole relative al rafforzamento del controllo ed al riconoscimento della belligeranza che, investendo il delicato problema della sovranità, sono suscettibili di sollevare obiezioni e controproposte di Franco. Queste le nostre osservazioni di massima.

Viola e l'ambasciatore germanico a San Sebastiano potrebbero prendere, in relazione a quanto precede, un primo contatto con Franco per accertare le linee generali della risposta che egli intenderebbe inviare al Comitato. Una volta conosciuto tale punto di vista, i governi italiano e tedesco potrebbero concordare ulteriori suggerimenti da dare al governo nazionale spagnolo.

Nel frattempo questi uffici procederanno ad un più accurato studio del Piano per rilevarvi altre eventuali ragioni di opposizione. In ogni caso procederanno sempre d'intesa con Germania4

291 'T. 3544/288 R. del 6 luglio con cui l'ambasciatore Attolico aveva comunicato che la Wilhelmstrasse riteneva particolarmente urgente concordare una linea di condotta comune in merito ali'esecuzione del piano per il ritiro dei volontari approvato il giorno precedente dal Comitato di non intervento. A Berlino, aggiungeva l'ambasciatore, si preferiva non suggerire a Franco di respingere il piano ma nel contempo si voleva far presente che i volontari tedeschi non potevano essere assoggettati alla procedura prevista.

291 'Vedi D. 289, nota 2.

Il 13 luglio, Attolico telegrafava che all'ambasciatore tedesco in Spagna erano state inviate instruzioni nel senso desiderato da Ciano (T. 3635/294 R.)

291 1 Vedi D. 279.

291 4 Questo telegramma era ritrasmesso all'ambasciatore Viola a San Sebastiano con la seguente aggiunta: «<n armonia con le istruzioni contenute in tale telegramma, V.E. può prendere contatto con codesto ambasciatore di Germania e, appena pervengano a quest'ultimo analoghe comunicazioni del suo governo, V.E. può regolarsi di conseguenza, agendo d'accordo con lui>> (T. per corriere 9797 P.R. del 9 luglio).

292

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 3566/70 R. e 3571/71 R. Mosca, 8 luglio 1938, ore 14,32 (per. ore 20,40).

Alla vigilia mia partenza in congedo sono andato salutare Litvinov ed ho avuto con lui conversazione di carattere piuttosto accademico ma non privo di interesse. Avendo chiesto sue impressioni su odierna situazione politica Litvinov mi ha risposto con consueta libertà linguaggio dicendomi sostanzialmente quanto segue: «Crisi Cecoslovacchia pur apparendo in questi giorni meno acuta continua essere pericolo per la pace». Litvinov non crede possibile compromesso fra Henlein e governo cecoslovacco, aspirazioni del primo essendo inconciliabili con mantenimento integrità nazionale cecoslovacca. Pertanto esiste sempre pericolo azione violenta da parte della Germania. Hitler si è certamente reso conto della ferma decisione Cecoslovacchia di difendersi a fondo, della preparazione suo esercito e dello spirito altamente patriottico popolazione nonché del fatto che patto con Francia e U.R.S.S. assicura a Praga due potenti aiuti in caso di aggressione. Tali ragioni dovrebbero quindi indurre Hitler moderare richiesta sudeti e dei loro istigatori tedeschi. Senonché esiste nel partito nazionalsocialista forte corrente che spinge verso l'avventura e Hitler travasi nel dilemma di agire saggiamente perdendo prestigio oppure autorizzare aggressione provocando guerra europea. Litvinov non vuole anticipare pronostici ma teme che dittatore preferisca qualunque cosa alla perdita di prestigio.

A proposito della Spagna, Litvinov non attribuisce minima importanza pratica al recente accordo circa evacuazione volontari' poiché secondo lui lavori Comitato di Controllo hanno oggi unico scopo aiutare Chamberlain contro suoi oppositori facilitando messa in azione accordo con Italia.

In un primo tempo Litvinov aveva visto con favore accordo itala-inglese e inizio negoziati italiani con Francia perché (testualmente) sperava ne risultasse indebolimento dell'Asse. Oggi non si fa più illusioni in proposito specialmente dopo discorso ministro Ciano Milano2 ed ultime manifestazioni del Duce.

Ambasciatore del! 'U.R.S.S. gli ha recentemente riferito che conversazioni itala-francesi debbono ormai considerarsi come definitivamente sepolte e ciò gli prova che negli ultimi tempo Asse si è ancora rafforzato.

Litvinov considera invece fattore molto favorevole alla causa della sicurezza collettiva propugnata dalla Russia recentissimo accordo franco-turco 3 in quanto rappresenta remora alle velleità aggressive.

Nel congedarmi Litvinov mi ha informato che sua moglie era giunta ieri a Mosca per vacanze. Ho impressione che Commissario del Popolo per gli Affari Esteri abbia voluto darmi queste notizie per protestare tacitamente contro le voci pubblicate anche da giornali italiani circa pretesa fucilazione della signora Litvinov.

292 1 Vedi D. 289. 292 2 Vedi D. 183, nota l. 292 ' Vedi D. 286.

293

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO

T. PER CORRIERE 623 R. Roma, 8 luglio 1938.

Telespresso V. E. n. 1340 del 2 corrente'.

Pur essendoci interessati al miglioramento dei rapporti tra l 'Ungheria e la Romania, non abbiamo mai esercitato, né cercato di esercitare una mediazione. Cadono quindi tutte le notizie al riguardo.

La nostra opera si è svolta nel senso di raccomandare ai due Paesi di giungere ad un accordo direttamente fra di loro nell'interesse reciproco e in quello generale.

Quanto precede per informazione ed eventuale norma.

294

IL MINISTRO A BELGRADO, INDELLI,

AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 3585/051 R. Belgrado, 8 luglio 1938 (per. il 9).

A proposito dei recenti sviluppi dell'attività inglese, specie nel campo economico, in Balcania, Stojadinovié mi ha accennato che, secondo gli risulta, essa ha particolarmente di mira, in questo momento, Turchia e Bulgaria. Naturalmente è quest'ultima che maggiormente lo interessa. Evidentemente -mi ha detto il Presidente-a Londra si considera, ormai, che la Jugoslavia, decisamente appoggiata all'asse Roma-Berlino, non è suscettibile di essere manovrata e si pesa sulla Bulgaria.

Ha convenuto, del resto, che l'azione inglese in Bulgaria rappresenta un comprensibile tentativo di consolidamento del blocco turco-greco. Non ritiene

293 ' Non rintracciato.

peraltro, che Sofia, pur traendo tutto il pratico vantaggio che le favorevoli circostanze le offrono, potrà essere indotta a mutare gli orientamenti essenziali della sua politica, specie verso Belgrado.

295

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 3589/0148 R. Budapest, 8 luglio 1938 (per. il 9).

Mio telespresso n. 364311231 del 5 luglio 1

Parlando al vice ministro degli Affari Esteri delle notizie apparse nella stampa di un interessamento finanziario inglese all'Europa danubiana e balcanica, egli mi ha ripetuto che si tratta di manovre degli ambienti e della stampa ebraica e che, almeno per quanto riguarda l'Ungheria, in primo luogo è escluso che il governo ungherese abbia, anche per ragioni della sua politica, la minima intenzione di ricorrere a prestiti esteri e tanto meno da parte dell'Inghilterra. Il viaggio di Fàbinyi a Londra aveva scopi limitati, principalmente in connessione con gli affari della Banca che egli dirige.

D'altra parte, il barone Apor riteneva che ben difficilmente si poteva credere che l 'Inghilterra si potesse realmente interessare finanziariamente agli Stati danubiani. Si trattava di manovre a sfondo politico, a cui l 'Ungheria però non prestava naturalmente menomamente orecchio, data la sua nota linea politica da tempo ben definita.

Nel corso della lunga conversazione, il vice ministro degli Affari Esteri, come già mi aveva dichiarato altre volte Kànya, mi ha detto che il governo ungherese aveva naturalmente fatto cadere per la stessa ragione e sopratutto per il loro più

o meno palese significato antitedesco ed antijugoslavo i sondaggi di Riistii Aras nei riguardi dell'Intesa Balcanica.

A parte l'atteggiamento del governo, segnalo che accanto alle pubblicazioni della stampa (attiro l'attenzione dell'E.V. sull'articolo del Budapesti Hirlap di cui al mio telespresso n. 363311232 di oggi 2) si nota qui più frequente la presenza

295 ' Riferiva che la stampa ungherese aveva dedicato largo spazio alle notizie circa progetti della Gran Bretagna per un intervento economico e finanziario negli Stati dell'Europa Orientale e Sud-Orientale e, in questo quadro, circa le favorevoli prospettive che si sarebbero presentate per il commercio dell'Ungheria, importante produttrice di grano. Le notizie-osservava il ministro Vinci-non avevano ancora trovato conferma ma il rilievo con cui erano riportare dai giornali ungheresi appariva significativo dell'interesse che avevano suscitato in taluni ambienti di Budapest.

a Budapest di esponenti di banche inglesi ed americane: non mancherò di indagare e di riferire sugli eventuali loro contatti con questi ambienti bancari.

295 2 Riferimento errato: si tratta del telespresso 3644/1232 dell'8 luglio. Il ministro Vinci segnalava un articolo del Budapesti Hirlap, giornale governativo, nel quale si auspicava che Gran Bretagna e Germania, dopo la conclusione (il l o luglio) dell'accordo sui debiti austriaci, arrivassero anche a concordare la loro azione economica n eli 'Europa danubiana e balcanica.

296

IL GABINETTO DEL MINISTERO DELLA GUERRA AL SOTTOSEGRETARIO ALLA GUERRA, PARIANI

APPUNTO 1008. Roma, 8 luglio 1938.

COLLABORAZIONE TECNICA CON LA GERMANIA.

In seguito ai contatti già avvenuti a mezzo di missioni militari tra l 'Esercito italiano e quello tedesco, sembra giunto il momento di stabilire con la Germania una regolare convenzione di collaborazione tecnica, analoga a quella già in atto con l'Ungheria.

A tale scopo si propone di iniziare presso il ministero della Guerra del Reich i passi opportuni per addivenire ad una riunione di commissioni a Roma o a Berlino, onde concretare lo schema della convenzione da sottoporsi ali' approvazione definitiva delle parti contraenti, ivi compresa l'Ungheria, in base alla clausola esistente nella convenzione con detto Stato1

297

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, SUVICH, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 7010/1297. Washington, 8 luglio 1938 (per. il 23 ).

Con la partenza del Presidente che si è recato in un viaggio di propaganda elettorale negli Stati del West, la stagione politica si è chiusa. Dopo il termine dei lavori del Congresso, i senatori ed i deputati sono partiti, ed i giornalisti più in vista sono anche in vacanza.

Questa fine di stagione politica coincide con una leggera ripresa degli affari e con una più notevole ripresa della Borsa, il che si può ascrivere alle ragioni già indicate nel mio rapporto del 24 marzo u.s., n. 3782/5931 (Una di tali ragioni

era appunto quella che gli uomini di affari, dopo la chiusura del Congresso e l'inizio della vacanza politica del Presidente, avrebbero respirato più liberamente).

A parte la forzata inerzia determinata dall'assenza dalla capitale dei principali fattori della politica americana, il momento è caratterizzato da una certa calma: una tal quale rassegnazione di fronte agli avvenimenti in Estremo Oriente, mentre pur sempre si coltiva la speranza che il Giappone si esaurisca militarmente ed economicamente; una certa minore sfiducia, almeno temporanea, nei riguardi della situazione europea, mentre la politica di pace Chamberlain viene sempre più apprezzata. L'accordo del Comitato del non intervento in Spagna' poi è stato qui salutato come un sostanziale passo verso la liquidazione di quella così spinosa situazione.

Mentre nei riguardi nostri, a parte qualche escandescenza di carattere individuale, la situazione in generale è più tranquilla e la valutazione della nostra posizione è intonata ad un certo senS•) di oggettività, nei riguardi della Germania invece l'eccitazione permane tuttora e si è forse aggravata. Si direbbe che oggi per gli Stati Uniti la Germania è il nemico pubblico numero l, avendo preso il posto del Giappone. A ciò concorrono diverse circostanze:

-le azioni in corso contro le manifestazioni del nazismo tedesco-americano che ha suscitato qui contro di sé la generale diffidenza ed ostilità;

-il processo di spionaggio in corso contro i cittadini tedeschi e tedesco-americani, che, se anche artificialmente montato, è tuttavia un indizio dello stato d'animo;

-le mancate risposte alle note americane per i debiti austriaci che hanno tanto più esasperato questo governo e questa opinione pubblica in quanto di fronte all'Inghilterra (si dice sotto minaccia di rappresaglie) i tedeschi hanno ceduto. (Si preannuncia tuttavia una risposta tedesca per i prossimi giorni. Se questa fosse favorevole, contribuirebbe in misura molto notevole a migliorare la situazione generale);

-la conferenza in corso ad Evian a favore dei rifugiati politici che dà occasione a rinfocolare l'ostilità determinata dalla persecuzione degli ebrei, dei cattolici, ecc. Di fatto la stampa qui continua ad occuparsi giornalmente della situazione della lotta razziale in Germania e delle persecuzioni in Austria riferendo episodi particolarmente sensazionali e drammatici.

Anche per quanto riguarda la Spagna, qui si dice apertamente anche nei circoli del governo, che mentre si attende dall'Italia un'esecuzione leale dell' accordo con l 'Inghilterra col ritiro completo dalla Spagna, i tedeschi hanno già preso tale piede nel campo tecnico ed organizzativo che la loro influenza continuerà a farsi valere anche dopo la fine della guerra.

Sebbene qui le situazioni siano mutabili e gli stati d'animo cambino con una relativa facilità, questa ostilità contro la Germania nazista pare avere una base più stabile e duratura. Mi sono intrattenuto giorni fa anche con l'ambasciatore di Germania, che ora è partito per il proprio Paese, su tale argomento e l'ho trovato piuttosto sfiduciato sulle possibilità di un miglioramento.

Comunque, per il momento, salvo avvenimenti impreveduti, non è da presumere che la situazione riservi delle sorprese. La campagna elettorale, a parte la polemica pro e contro il New Deal, che sarà certamente lo spunto predominante fra le questioni di politica interna (strettamente connessa con la politica per la recovery), darà probabilmente il massimo rilievo ai temi relativi alla salvezza della democrazia contro la minaccia delle dittature e la difesa dell'americanismo contro le «attività antiamericane».

296 1 Il documento reca un timbro con la dicitura «Presentato al Duce da S.E. il Sottosegretario di Stato al rapporto del 14 luglio 1938-XVI>> e, in calce l'annotazione «Sì A.P.>>.

297 1 Non pubblicato.

297 2 Vedi D. 289.

298

IL MINISTRO A SOFIA, TALAMO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 3593/120 R. Sofia, 9 luglio 1938, ore 24 (per. ore 7,15 del 10).

II presente telegramma fa seguito a quello avente il numero di protocollo precedente'. Circa valore dichiarazioni, Presidente del Consiglio mi ha fatto seguenti considerazioni esplicative:

l) che atto era di principale iniziativa turca a cui, secondo lui, pur vedendola favorevolmente non ha particolarmente partecipato Inghilterra ciò che può essere credibile sempre che voglia intendere partecipazione diretta;

2) che clausola non aggressione di cui egli avrebbe fatto volentieri a meno era stata voluta da Romania per stipulare anche negoziazioni ufficiose con vantaggio proprio, partecipando in concorrenza con Grecia Turchia benefici demilitarizzazione Tracia, mentre Jugoslavia aveva ottenuto con proprio accordo separato liquidazione problema macedone;

3) che redazione implicante richiamo precedenti impegni non aggressione costituiva formula prudenziale per non creare nell'opinione bulgara impressione nuovi impegni non proporzionati concessione legittimazione riarmo, i quali erano identici Patti Società Nazioni e Briand-Kellogg entrambi firmati dalla Bulgaria ma alquanto problematici, laddove Stati Intesa Balcanica venivano in più automaticamente a vincolarsi anche con dichiarazioni Londra definizione aggressore' da essi firmati ma non dalla Bulgaria;

4) che impegno stipulavasi con Intesa Balcanica ma non con singoli Stati che la compongono per cui secondo suo punto di vista impegni stessi non sopravviverebbero a scioglimento Intesa, ciò che conferma avviso da me sottoposto a V.E. con mio telegramma n. 1163 ;

5) che il totale impegno corretto nelle sue ultime dichiarazioni alla Camera dei deputati di non voler aderire in nessun caso Intesa Balcanica, costituiva necessario, se anche temporaneo, istrumento volontà pacifica Bulgaria destinato custodirne sostanzialmente libertà azione.

Mi ha pregato far conoscere tali considerazioni a V.E. aggiungendo sua valutazione realistica avvenire politico Bulgaria orientata per incoercibili coincidenze interessi verso Asse e particolarmente verso Italia come elemento centrale del sistema. Riferisco con opportune riserve osservando che a parte nostra buona fede illustrativa del metodo4 sta di fatto che Intesa Balcanica già invalidata da accordo bulgaro-jugoslavo' sembra ora venire rigarantita e rinvigorita se anche formalmente da nuovo impegno con qualche più ampia prospettiva interbalcanica, ciò che è attualmente nei desideri inglesi e anche francesi. Grato istruzioni.

298 1 T. 35901119 R. del 9 luglio. Riferiva che il presidente del Consiglio bulgaro gli aveva dato lettura del progetto di dichiarazione tra la Bulgaria e l'Intesa Balcanica, pregandolo di portarlo a conoscenza del governo italiano, il cui consenso era necessario quale firmatario dei Trattati di Neuilly e di Losanna.

298 2 Convenzioni di Londra per la definizione de li'aggressione del 3 e del 4 luglio 1933 (testo in MARTENS, vol. XXIX, pp. 33-36 e 37-41).

299

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A SALAMANCA, VIOLA

T. SEGRETO 625/217 R. Roma, 11 luglio 1938, ore 20,50.

Telegramma di V.E. n. 062'.

Approvo linea di condotta indicata nel telegramma su riferito, e in genere l'atteggiamento da voi tenuto. Nelle nostre conversazioni con Berlino abbiamo sempre messo in rilievo la prevalenza dei nostri interessi in Spagna su quelli tedeschi. A tale criterio converrà che continuiate ad inspirarvi, pur mantenendo con la rappresentanza tedesca cordialità di rapporti e senza quindi preoccuparvi soverchiamente delle difficoltà tedesche.

298 'T. 3575/116 R. dell'8 luglio. Chiedeva istruzioni nella previsione che da parte del governo bulgaro venisse chiesta all'Italia-come agli altri firmatari dei Trattati di Neuilly e di Losanna -il consenso al riarmo della Bulgaria. Il ministro Talamo osservava che se ora il governo bulgaro accettava di firmare un accordo con l'Intesa Balcanica nel suo insieme si poteva pensare che Sofia volesse impegnarsi solo fino a quando fosse esistita l'Intesa Balcanica, il cui avvenire appariva incerto dopo la firma del trattato bulgaro-jugoslavo. D'altra parte, osservava ancora il ministro Talamo, così la Bulgaria riconosceva, per la prima volta, l 'Intesa Balcanica.

298 'Sic.

299 ' Vedi D. 280.

298 5 Vedi D. 64, nota 2.

300

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL MINISTRO A SOFIA, TALAMO

T. 626/74 R. Roma, 11 luglio 1938, ore 24.

Vostri telegrammi n. 1191 e n. 1202•

Riconoscimento formale riarmo Bulgaria (riarmo che almeno parzialmente esiste già di fatto grazie anche atteggiamento benevolo da noi sempre tenuto) non può non trovarci in massima favorevoli, anche se, nelle circostanze, riconoscimento stesso potrà apparire un avvicinamento (pur colle note riserve sulla sua vera portata) tra Bulgaria e Intesa Balcanica, favorito in questa fase da altri.

Potrete confermare a mio nome quanto avete già detto a Kiosseivanov.

Non vedo speciale utilità di una dichiarazione formale. Non avrei però obiezioni a far risultare anche pubblicamente assenso governo italiano riarmo Bulgaria che considero il risultato di un naturale svolgimento di cose. Da parte bulgara sarebbe pure bene si trovasse modo di far risultare che l'atteggiamento favorevole italiano non data da ora e che Bulgaria si è avvantaggiata da simpatia italiana3

301

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 11 luglio 1938.

Ho ricevuto Lord Perth. Egli mi ha detto che per evitare una lunga esposizione ed in virtù della cordialità e buona fede in cui si erano sempre svolte le trattative tra me e lui, anziché farmi un lungo discorso preferiva farmi leggere le istruzioni venutegli dal suo Governo. Tali istruzioni, contenute in un lungo

300 ' Vedi D. 298, nota l.

messaggio, comprendevano sette punti. Sulla base delle note da me prese durante la lettura esse possono venire così riassunte:

0 ) Il Governo britannico esprime la sua sorpresa per quanto è detto nel promemoria con~egnato a Lord Perth nel precedente colloquio2 , nonché per le dichiarazioni verbali fatte ali' atto della consegna dal Conte Ciano. Comunque il Governo britannico non intende polemizzare in merito, né rendere più difficile la situazione: concorda col Governo italiano nell'esprimere il proprio dispiacere per il ritardo che si verifica nella messa in vigore dell'accordo itala-britannico nonché nel riaffermare la buona volontà di trovare una accettabile via di uscita.

2°) È stato chiaramente stabilito nei documenti scambiati il 16 aprile, che il Governo britannico considera la sistemazione della questione spagnola come la condizione sin e qua non per l'entrata in vigore del Patto itala-britannico. Il patto è stato salutato in Inghilterra con calda simpatia e con ancora più calda simpatia sarà salutata la sua messa in opera. Ma il Governo italiano deve ricordarsi quali sono gli impegni presi dal Governo britannico anche al Parlamento nei confronti dei volontari per i quali si richiede una effettiva evacuazione. (A questo proposito Lord Perth mi ha riaffermato che la tesi italiana di considerare settlement della questione spagnola la nostra adesione al piano britannico di evacuazione non può venire accolta dal Governo inglese il quale riafferma il punto di vista della evacuazione effettiva del volontari).

Il Governo britannico, desideroso di accelerare la messa in vigore dell'accordo, ha avanzato alcune proposte: è spiacente di rilevare che queste proposte sono state respinte dal Signor Mussolini.

3°) Il Governo britannico non può condividere il punto di vista espresso dal Governo italiano nel senso che niente è stato dato da Londra quale contropartita delle effettive concessioni già fatte dall'Italia. L'azione svolta a Ginevra dall'Inghilterra' deve venire considerata una importante contropartita. D'altra parte il Governo inglese ritiene che gli impegni per la riduzione delle forze italiane in Libia, per il regolamento della questione spagnola, per l'iniziativa da prendersi a Ginevra ai fini di rimuovere gli ostacoli che si opponevano al riconoscimento dell'Impero e l'adesione del Trattato navale entravano in vigore fino dalla data della firma. (Ho sollevato le più formali riserve su una tale affermazione, poiché il ritiro delle forze dalla Libia è una concessione unilaterale fatta dal Duce in virtù delle buone relazioni ristabilite dali' accordo e, naturalmente, condizionata a questo, concessione che il Duce può sospendere o ritirare in qualsiasi momento. Per quanto concerne il trattato navale risulta chiaramente dal testo stesso che l'interpretazione britannica è errata).

4°) Il Governo britannico crede che non sia stata bene interpretata la sua dichiarazione per quanto concerne la Francia e riafferma che l'entrata in vigore

301 'Riferimento all'azione svolta in sede di Società delle Nazioni per bloccare la risoluzione presentata dal ministro degli Esteri spagnolo, Del Vayo allo scopo di far abolire il non intervento (vedi D. 108, nota 2).

dell'accordo i tal o-inglese non è connessa con l'eventuale stipulazione di un accordo franco-italiano. Però deve ancora una volta far rilevare che la decisione del Duce di rinviare le conversazioni fra Italia e Francia a dopo la messa in vigore del Patto itala-britannico, è motivo di serie preoccupazioni per il Governo di Londra. Quest'ultimo fa rilevare che se il Patto dovesse entrare in vigore mentre perdura uno stato di tensione fra Roma e Parigi. l'Accordo perderebbe molto del suo effetto né potrebbe rappresentare. come si è sperato. un così rilevante contributo alla pace del mondo. Se d'altra parte la decisione del Signor Mussolini diventasse di pubblica ragione, non si potrebbe impedire a molti settori della opinione pubblica di vedere in essa il tentativo di disgiungere Parigi da Londra. Poiché certamente ciò non è nelle intenzioni del Signor Mussolini e, dato che niente del genere è possibile, è inutile e dannoso compiere qualsiasi gesto che possa avvalorare una tale supposizione.

5°) Poiché dunque non rimangono altre alternative possibili, il Governo britannico arriva alla conclusione che niente potrà venir fatto se non attendere che il piano di evacuazione venga tradotto in atto. Il Governo britannico riafferma in pari tempo la buona volontà di stringere per quanto possibile i tempi ed a questo proposito fa rilevare l'opportunità di non compiere gesti che comunque possano determinare nuovi ritardi. Il discorso di Aprilia4 , nonché il tono della stampa italiana e particolarmente di alcuni articoli di Gayda, non sono destinati a migliorare l'atmosfera e a facilitare una soluzione del problema.

6°) Il Governo britannico non crede che il ritardo nel mettere in esecuzione il Patto itala-britannico possa diminuirne o annullarne il valore. Si preoccupa invece dell'idea avanzata del Governo italiano di pubblicare i documenti confidenziali scambiati nel corso degli ultimi colloqui Ciano-Perth. Questi documenti hanno avuto il carattere di Promemoria Diplomatici destinati ad uso interno di Cancelleria, così come i colloqui ed i contatti sono sempre stati ispirati ad una assoluta franchezza che diventerebbe impossibile se si sapesse a priori che tutto ciò è destinato alla pubblicità. Una particolare difficoltà sarebbe rappresentata dai rapporti con i terzi e particolarmente colla Francia, della quale è stato così spesso questione nel corso delle ultime trattative.

7°) Il Governo inglese desidera far sapere al Governo italiano che qualora quest'ultimo avesse nuovi suggerimenti da avanzare, sarebbe ben lieto di esaminarli e possibilmente di accoglierli. Il problema è così importante che il Governo britannico non intende perdersi in questioni minori e riafferma l 'intera decisione di risolverlo non appena ne abbia la materiale possibilità.

Mi sono limitato, durante la lettura del telegramma, a fare a Perth le osservazioni e le riserve già annotate n eli' appunto. Alla fine ho detto che avrei informato il Duce di quanto precede e, a titolo personale, ho aggiunto che ritenevo non potesse esserne in alcun modo soddisfatto5

300 2 Vedi D. 298.

300 1 Questo telegramma era trasmesso a Berlino con T. 627/236 R. dell'Il luglio con l'aggiunta di parlarne alla Wilhelmstrasse. L'ambasciatore Attolico rispondeva (con T. per corriere 3661/0114 R. del 14 luglio) di avere toccato l'argomento con von Weizsacker, il quale gli aveva risposto che l'accordo della Bulgaria con l'Intesa Balcanica poteva rappresentare, in sé, «un utile elemento» a condizione che non si risolvesse in un riavvicinamento tra Bulgaria e Intesa Balcanica che era interesse dell'Italia come della Germania evitare.

301 1 Ed. in L'Europa verso la catastr(Jfe, pp. 347-350.

301 2 Vedi D. 277, allegato.

30 l 4 In un discorso pronunciato il 4 luglio ad Aprìlia, Mussolini, allora nell'Agro Ponti no per celebrare la raccolta del grano, aveva detto che stava «crollando nella vergogna la più recente e la più odiosa speculazione del fronte antitaliano e antifascista, la speculazione sulla fame del popolo italiano in conseguenza del mancato raccolto del grano». E, dopo aver affermato che se anche il pane gli fosse mancato il popolo italiano non avrebbe mai sollecitato l'aiuto delle «cosidette grandi demoplutocrazie>>, aveva concluso che quei nemici dell'Italia andavano «additati al popolo italiano perché se ne ricordi in ogni tempo ed in ogni circostanza di pace e di guerra>>. Il testo del discorso è in MussouNJ, Opera Omnia, vol. XXIX, pp. 120-121.

302

L'AMBASCIATORE A RIO DE JANEIRO, LOJACONO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 9665/149 P.R. Rio de Janeiro, 12 luglio 1938, ore 11,30 (per. ore 17,15).

Sono stato sempre in contatto con questo ministro Affari Esteri circa noto decreto contro l'attività straniera 1 • Egli mi ha esortato evitare atti definitivi da parte nostre istituzioni in attesa che raffica passasse ed in realtà istituzioni colpite sono in proporzioni minime, mentre per alcune altre sussistono esitazioni da parte autorità periferiche nel concedere permessi per riunioni anche di ordine culturale e ricreativo.

Di fronte a queste difficoltà che ho prospettato caso per caso, questo ministro Affari Esteri si è convinto necessità modificare decreto attenuandone rigore.

Dopo avermi annunziato ciò egli mi ha inviato funzionario incaricato redigere progetto di modifica con incarico di raccogliere da me indicazioni utili salvaguardare possibilmente istituzioni italiane ed orientamento attuale favorevole relazioni itala-brasiliane ed auspicata politica avvicinamento fra i due Paesi.

Senza poter ancora garantire nulla sul risultato, devo dire che questo gesto di riguardo evidentemente ispirato dal prestigio del governo fascista e dal valore degli italiani in Brasile inducono seguenti considerazioni:

Due giorni più tardi, Mussolini, in un telegramma inviato al Re per informarlo su varie questioni, così si esprimeva: <d'accordo italo-inglese è in stato di sofferenza e ne riparleremo a questione di Spagna sistemata» (T. 26150 del 13 luglio. Il documento è tratto dall'Archivio Centrale di Stato).

Del contenuto del colloquio avuto con Lord Pcrth Ciano informò ampiamente l'ambasciatore von Mackenscn, al quale dichiarò che la questione della messa in vigore dei Patti di Pasqua era giunta ora ad un punto morto. Nel frattempo, -aggiunse Ciano -da parte italiana non sarebbero state prese iniziative in contrasto con il contenuto degli accordi italo-britannici, come ad esempio una ripresa della propaganda antibritannica nel Vicino Oriente, ma Mussolini avrebbe sfruttato appieno la recuperata libertà di movimento per dare un massiccio aiuto in uomini e in materiali a Franco. Negli archivi italiani, non è stata trovata documentazione di questo colloquio. avvenuto il 13 luglio: su di esso si veda il resoconto di von Mackensen in DDT, vol. I, D. 791.

302 ' Vedi D. 63.

0 ) Nostri suggerimenti per aver prob~bilità esser accolti debbono aver carattere moderato, limitandosi ad alcuni punti schematici fondamentali sorretti da inoppugnabili considerazioni logiche, morali, politiche;

2°) se essi vengono accolti nel nuovo decreto non avremo più diritto di protestare contro di essi;

3°) d'altra parte, se per mantenere un teorico diritto di protesta rinunziamo opportunità pratica attenuare decreto finiremo col doverlo egualmente applicare nella forma più dura non potendo prevedere resistenza illimitata. Considerate queste ragioni, ho creduto opportuno assecondare offerta al riguardo fattami ed ho presentato seguenti suggerimenti fondamentali:

0 ) Per società e scuole registrate prima del decreto (come sono quasi tutte nostre istituzioni) considerare valida registrazione suddetta senza esigerne una nuova (con ciò istituzioni italiane eviterebbero esplicito riconoscimento nazionalizzazione).

2°) Per società aventi carattere morale, culturale, ricreativo, assistenziale revocare divieto secondo cui figli nati Brasile da italiani non potrebbero più essere soci (questo divieto costituisce massimo impedimento alla continuità della nostra opera verso nuove generazioni).

3°) Nelle nostre scuole, ove da lungo tempo si impartisce insegnamento in portoghese e secondo programma Brasile, consentire una volta per sempre corso italiano sussidiario che in realtà è l'unico scopo per il quale teniamo una scuola.

4°) Dare in genere alle disposizioni proibitive del decreto carattere potenziale di arma da rivolgersi contro collettività pericolose senza obbligo di usarla ciecamente ed irrevocabilmente contro altre collettività benemerite ovvero contro gli stessi intendimenti del Governo come sta avvenendo.

Prego telegrafarmi se ciò è conforme a vostro alto intendimentd.

30 l ' Il documento ha il visto di Mussolini.

303

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO

T. PER CORRIERE 630 R. Roma, 12 luglio 1938.

Mio telegramma n. 619 R. del 7 luglio'.

Grandi informa di aver proceduto con Dirksen e Monteiro ad un primo generale esame situazione determinata dali 'invio alle due parti in Spagna del

303 ' Vedi D. 291.

progetto di Risoluzione approvato il 5 luglio u.s. dal Comitato di Londra2

Le considerazioni prospettate da Grandi in seguito a questo primo scambio di vedute si possono così riassumere: 0 ) La risposta che Franco darà al Comitato ha fondamentale importanza per le ulteriori discussioni relative al problema dei volontari.

2°) Non conviene che Franco abbandoni, dal punto di vista formale, l'atteggiamento già mantenuto nella sua precedente risposta del 18 novembre 193 73 e cioè quello di «accettazione di principio» con riserve e controproposte.

3°) Non vi è alcuna ragione per la quale il generale Franco dovrebbe affrettarsi a rispondere (Plymouth stesso ha in via confidenziale detto a Grandi che non si attende risposte dalla Spagna prima di 4-6 settimane).

4°) Nel novembre scorso Franco ha risposto al Comitato 12 giorni prima dei Rossi; questa volta potrebbe convenire che egli attendesse di conoscere la risposta di Barcellona prima di comunicare la propria.

5°) Il progetto di risoluzione del 5 luglio u.s., non risponde a tutti i quesiti contenuti nella nota di Franco al Comitato in data 18 novembre 1937; in particolare esso non risponde al quesito relativo alla posizione giuridica internazionale del governo di Burgos.

6°) La procedura relativa all'evacuazione si presta a tutta una serie di obiezioni specie per quanto riguarda il principio del rispetto della sovranità territoriale.

r) Un'altra serie di obiezioni può essere sollevata in materia di garanzie per l'identificazione e il ritiro dei volontari rossi. 8°) Per il riconoscimento della belligeranza manca nel documento una formula che lo garantisca in maniera concreta.

Fin qui le considerazioni esposte da Grandi. Poiché, come ho già detto, esse sono il risultato di un primo scambio di vedute con Dirksen presumo che quest'ultimo avrà prospettato a codesto governo osservazioni analoghe. Mi propongo, pertanto, di incaricare Viola, previa intesa con von Stohrer, di parlare in relazione con il generale Franco.

Prego informare codesto governo di quanto precede in mbdo che von Stohrer possa ricevere istruzioni analoghe.

303 ' Vedi D. 289. 303 ' Vedi D. 279, nota 4.

302 2 Ciano rispondeva con T. 10423/149 P.R. del 21 luglio: «Approvo contenuto suo telegramma 149».

304

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 3633/0149 R. Budapest, 12 luglio 1938 (per. il 13).

Riassumendo le mie varie comunicazioni, l'attuale momento politico ungherese potrebbe essere così rappresentato:

0 ) Sotto l'impulso della situazione, data la capitale importanza della questione sociale (come ho già più volte riferito), Imrédy è realmente intenzionato di compiere serie riforme sociali.

2°) Sopratutto gli ebrei ed i grandi latifondisti intralciano però questa sua precisa volontà; il Parlamento ed il partito di governo appartengono nella grande maggioranza alle classi che sarebbero maggiormente toccate dalle riforme.

3°) Imrédy è d'altra parte fermamente deciso ad opporsi nel campo interno alla propaganda nazista nel Paese, pur mantenendo i migliori e più stretti rapporti con la Germania nel campo internazionale.

4°) Intanto le tendenze di destra hanno fatto indubbi progressi nel Paese, e malgrado le misure severe adottate dal governo sembra accresciuta nelle masse lavoratrici la popolarità del movimento Szàlasi. I movimenti di destra sono tuttavia divisi tra di loro; non hanno trovato unità d'azione e di ciò si giova il governo che cerca di dividerli maggiormente o di accattivarseli.

5°) La Germania approfitta largamente della situazione 1 , intensificando la propaganda nelle masse lavoratrici, che sopratutto nelle zone prossime alla frontiera col Reich, sono di per se stesse portate a fare facili paragoni tra la condizione dei lavoratori tedeschi e quella degli ungheresi; contemporaneamente la sempre crescente attività tedesca in Ungheria si manifesta anche attraverso continue visite e contatti di personaggi ufficiali.

6°) Le tendenze di destra che, come rappresentavo con mio telegramma

n. 71 del 17 maggio', mostravano di attendere Imrédy alla prova dei fatti, appaiono ora, per le suesposte ragioni, più scettiche sulla possibilità che egli riesca a compiere presto le riforme radicali che il Paese attende, malgrado la sua buona volontà ed energia.

304 ' Vedi D. IO l.

r) Il governo Imrédy conta molto sul prossimo incontro di Roma, da un successo del quale esso potrà attingere forza per consolidare maggiormente la sua posizione anche di fronte ai partiti. Il governo spererebbe ottenere appoggi anche nel campo economico che gli consentissero di fare meglio fronte alla pressione commerciale della Germania. L'opinione pubblica guarda con grandissima simpatia all'incontro di Roma, mentre traspare qua e là in certi ambienti una vaga apprensione nei riguardi del prossimo viaggio di Horthy a Berlino.

304 1 Sia !"ambasciatore Attolico da Berlino (telespresso 4246/1245 del 22 giugno), sia il ministro Vinci da Budapest (telespresso 325811078 del 24 giugno) avevano già segnalato l'attività svolta dalla Germania per accrescere i contatti con !"Ungheria attraverso la visita di personalità ed una massiccia azione di propaganda. Entrambi i documenti hanno il visto di Mussolini.

305

L'AMBASCIATORE A SALAMANCA, VIOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 9816/065 P.R. San Sebastiano, 12 luglio 1938 (per. il 15).

Telegramma per corriere di V.E. n. 9797 del 9 corrente'.

Oggi Jordana mi ha chiesto di andare a vederlo a Burgos dovendo parlarmi a nome del Generalissimo. Scopo dell'invito era uno scambio di idee circa il. piano ricevuto dal Comitato di Londra2 Mi ha detto che Franco aveva deside

rato egli parlasse intanto con me: successivamente avrebbe sentito anche questo ambasciatore di Germania.

Jordana non mi ha nascosto che il governo nazionale si trova assolutamente disorientato davanti alla voluminosa e macchinosa mole del progetto: non sa da che parte cominciare per rispondere, vuole dar prova di buona volontà per contribuire a una distensione internazionale, conformarsi alle nostre esigenze e finalità politiche e secondare anche l'opera di Chamberlain, ma diffida di tutto quel groviglio di complicate proposte di cui non è in grado di valutare a pieno la portata e la cui accettazione in blocco potrebbe risolversi in svantaggio per la situazione nazionale e in profitto dei Rossi.

Jordana mi ha confessato che questa era la sua impressione in seguito ad una prima visione del piano, che si sta traducendo e che non è stato ancora approfondito. Mi ha detto che il governo nazionale desidera essere completamente guidato dai suoi alleati e in primo luogo da noi, circa il da farsi. Segnatamente, desidera conoscere quali siano le reali intenzioni nostre; se, cioè, noi, pur prendendo parte alla elaborazione del Piano ed aderendovi, manteniamo una riserva mentale circa la possibilità della sua applicazione, o della applicazione di alcune sue parti, e di quali. Inoltre, il governo nazionale vorrebbe sapere se intendiamo che il Piano abbia rapida applicazione e quali sarebbero i termini da noi, almeno approssimativamente, previsti e desiderati.

305 ' Vedi D. 291, nota 4. 305 2 Vedi D. 289, nota 2.

I punti che, a detta di Jordana, preoccupano maggiormente il governo nazionale sarebbe intanto i seguenti: l) La lesione di sovranità connessa coi vari controlli e specialmente con alcune clausole relative al controllo nei porti e aerodromi. 2) Il pericolo che una vasta rete di controllori nel territorio, molti dei quali tendenzialmente ostili, favorisca lo spionaggio a favore del nemico.

3) Il pericolo che, per ragioni geografiche e di fatto, il governo Nazionale rimanga effettivamente precluso dall'approvvigionamento di materiale, mentre il gettito di rifornimenti continui, seppure in minor misura, a favore dei Rossi che hanno maggior numero di porti attrezzati e comune frontiera terrestre e contiguità marittima con la Francia.

4) Difficoltà per un onesto accertamento dei volontari nel campo rosso a causa dei noti camuffamenti, mentre nel campo nazionale la cosa è facile e palese. Jordana sostiene che i combattenti internazionali per Barcellona sono in numero largamente superiore di volontari del campo nazionale.

Per parte mia, ho intanto insistito, a titolo personale, con Jordana sui seguenti argomenti:

l) L'adozione del piano da parte del Comitato dì Londra era necessaria per determinare una distensione n eli' atmosfera internazionale, per non far fallire e morire il Comitato alla cui esistenza i Paesi d'ordine, amici della Spagna Nazionale, erano interessati e per disarmare le opposizioni in Inghilterra e in Francia. Era evidente in tuttociò anche l'interesse del governo di Burgos.

2) Il piano adottato, se comporta restrizioni per la Spagna Nazionale, ne importa forse in maggior misura per la Spagna Rossa. Specialmente il riconoscimento di belligeranza e la chiusura della frontiera pirenaica rappresentano per Franco due vantaggi notevolissimi.

3) Il governo nazionale che è stato sempre da noi assistito e patrocinato nei suoi interessi può continuare a contare sul nostro appoggio in sede di esecuzione del Piano e nella sua applicazione pratica; ma intanto è opportuno esso dia prova di buona volontà e si orienti subito verso un accoglimento di massima del Piano, indipendentemente dali' atteggiamento che potrà prendere Barcellona; ciò farà buona impressione internazionalmente e avvantaggerà la sua causa.

Jordana mi si è mostrato grato di queste parole, che avrebbe riferite a Franco, il quale travasi al fronte, e mi ha pregato di sollecitare da V.E., e di fornirgli ogni possibile elemento di orientamento e di guida per la risposta da darsi al Comitato. Ha aggiunto però essere pensiero del Generalissimo che, nella presente situazione della guerra, che è ormai virtualmente vinta per Burgos e perduta per Barcellona, ogni nuovo fatto che venga dali' esterno a frapporsi fra i contendenti faccia soltanto il gioco dei Rossi e serva a prolungare la guerra.

Debbo rilevare che il governo nazionale (e ciò è spiegabile) fa fatica a mettersi su un piano europeo e a guardare più in là dei suoi interessi immediati in connessione con la guerra in cui è impegnato. Ho però, in pari tempo, l 'impressione che esso non farà difficoltà ad accogliere nostri consigli e suggerimenti nel senso favorevole al Piano, qualora noi lo affidiamo, in qualche modo, del nostro appoggio allo scopo di «girare» per quanto possibile le disposizioni più gravose del piano stesso.

Questa mia conversazione con Jordana si è svolta prima che io ricevessi la copia del telegramma diretto da VE. n. 9797 del 9 corrente; ne ho preso visione oggi al mio ritorno da Burgos e rilevo che VE. prevedeva già quali sarebbero, in generale, le obiezioni del governo nazionale al progetto del Comitato.

Mentre prendo attenta nota delle direttive di VE., ritengo dover insistere sulla opportunità politica e pratica di prendere noi, fin d'ora, d'accordo con la Germania, l'iniziativa di precisi suggerimenti per orientare questo Governo nella sua risposta, tenendo conto delle sue preoccupazioni dianzi accennate circa alcune parti del Piano.

Da quanto Jordana mi ha detto, tale appare essere anche il desiderio di questo governo, il quale soltanto al lume di tali suggerimenti si sentirebbe in grado di preparare uno schema di risposta che, naturalmente, ci sottometterebbe.

306

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 4890/1420. Berlino, 12 luglio 1938 (pa il 14).

Mi riferisco alla comunicazione della R. Legazione a Budapest riportata nel telegramma per corriere di VE. n. 9754 del 7 luglio 1Ancora nulla mi risulta.

ufficialmente. circa l'intenzione del Fiihrer di restituire. o meno. la visita di Horthy. Presumo tuttavia che la voce riferita dalla R. Legazione circa l' intenzione del Fiihrer di non restituire personalmente la visita in parola sia esatta. Il Fiihrer non volendo mettere -e di questo non è da dubitare -sullo stesso piano la visita del Duce e quella di Horthy. potrebbe ad es. delegare in propria vece il Maresciallo Goring.

Da tutto questo, però, non sarebbe affatto da dedurre che qui non si intenda dare alla visita di Horthy «il carattere di perfetta ufficialità» che a sua volta le dà l'Ungheria. Che anzi, da parte tedesca nulla sarà trascurato per dare alla visita di Horthy tutta la maggior possibile risonanza e solennità. Il Capo del Protocollo è stato chiamato a Monaco per conferire proprio in questi giorni in propo

sito con lo stesso Fiihrer, presso il quale si troverà anche allo stesso scopo il Ministro degli Affari Esteri Ribbentrop.

Ho del resto, anche in occasioni precedenti, richiamato l'attenzione di V. E. sulla specialissima cura con cui la Germania segue e coltiva i propri rapporti con l 'Ungheria e sugli sforzi che essa compie per rendere i rapporti stessi più intimi possibile2

306 1 Ritrasmetteva il T. per corriere 3541/0139 R. del 5 luglio da Budapest, con cui il ministro Vinci aveva riferito che erano state smentite le notizie di stampa circa una visita di Hitler in Ungheria come restituzione della visita che il Reggente Horthy si apprestava a fare in Germania.

307

IL MINISTRO A SOFIA, TALAMO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPPORTO 3433. Sofia, 12 luglio 1938 (per. il 16).

La settimana ora trascorsa sembra aver segnato il raggiungimento di alcune delle premesse politiche il cui maturamento sono andato da tempo segnalando a

V. E.

Mi onoro in proposito di attirare particolarmente l'attenzione dell'E. V. sui miei telegrammi n. 119', 1202 e 12 P. Da essi crederei possa desumersi:

0 ) che in occasione della liquidazione anche in diritto delle clausole militari del Trattato di Neuilly è stato possibile di conseguire una distensione nella situazione balcanica, nel senso che la Bulgaria, elemento primo di una politica di contrasto nei confronti delle altre Potenze balcaniche, garantita indi e rafforzata mediante i propri accordi separati con Belgrado, si trova viceversa oggi ad essere soggetto ed oggetto di una politica di generale pacificazione della regione balcanica. Ciò appare sì vero che, mentre nei primi tempi il Presidente del Consiglio mi aveva rappresentato la liquidazione delle clausole militari di Neuilly quasi come lo sbocco naturale di un biennio di autonoma politica di riarmo della Bulgaria, spalleggiata dai propri accordi con Belgrado, a cui doveva far riscontro come naturale corollario la liquidazione delle clausole di demilitarizzazione del Trattato di Losanna, sta di fatto che oggi ci troviamo di fronte ad un elemento nuovo costituito dall'inatteso accordo di non aggressione che, comunque voglia giudicarsi, rappresenta un fattore dei più e non dei meno importanti nella situazione balcanica; laddove non pare discutibile che tale accordo

306 ' Il documento ha il visto di Musscilini.

307 ' Vedi D. 298, nota I.

rappresenti una riconferma di funzioni operanti del! 'Intesa Balcanica, che g1a pareva posta in liquidazione dagli Accordi bulgari-jugoslavi dell'anno scorso;

2°) che nella medesima circostanza per la prima volta il Presidente del Consiglio mi ha nettamente dichiarato di essere per sua parte pronto a stipulare un accordo finanziario con l'Inghilterra in considerazione di forniture alle Forze Armate bulgare.

Quest'ultima circostanza presa da sola potrebbe, certo, non eccedere i limiti di una intesa economica in parte anche giustificabile con quelle preoccupazioni, che a suo tempo segnalai a V.E: circa la minaccia di un eccessivo assorbimento economico da parte della Germania e con la conseguente utilità di meglio distribuire gli impegni economici della Bulgaria all'estero. Ma pare acquistare viceversa un valore alquanto differente se la si consideri in rapporto ali' accordo interbalcanico testé raggiunto\ accordo generale al quale, a troppe riprese, il Presidente del Consiglio mi aveva affermato di non essere disposto, sì che ancora ultimamente nel comunicarmene il raggiungimento, mi ha detto averlo dovuto subire, cedendo, secondo lui, principalmente alle pressioni romene.

Che, a questo punto, occorra considerare che siamo ad una prima svolta o per lo meno ad un primo accenno di svolta della politica estera bulgara, sembra esser messo anche in maggior luce, ove occorresse, dalle troppo frequenti e pubbliche manifestazioni inglesi relative ad un rinnovato interesse politico dell'Inghilterra nei Balcani, determinato dalle condizioni generali della politica estera di essa. Ancora ultimamente questo ministro di Germania" mi assicurava che tale interessamento corrisponderebbe ai precisi propositi del ministero degli Esteri inglese, propositi che, a suo dire, non sarebbero per vero interamente condivisi dal Presidente del Consiglio britannico, preoccupato, pare, del prodursi, attraverso nuovi schieramenti, di nuove frizioni in questa parte d'Europa. Riferisco tali indicazioni a !l'E.V. per quel che possano valere, ma non posso impedirmi dal metterle in rapporto con le indicazioni di una frase di questo ministro d'Inghilterra7 che, nel definirmi i primi giorni del suo arrivo, la sua missione in questo Stato, mi diceva, a giudicare dali'oggi con qualche ambiguità, che: «Se pure il posto non aveva un prevalente interesse in sé, poteva tuttavia rappresentare una pietra interessante di una più vasta costruzione».

Sta di fatto che intorno a questi due fatti di principale importanza, vale a dire l'accordo interbalcanico per il riarmo bulgaro e l'imminente prestito bulgaro in Inghilterra, cominciano a correre varie notizie e commenti, certamente per ora soggetti a cauzione e che mi riservo di ricontrollare prima di comunicarne il dettaglio a V.E., ma che tutti convergono verso la eventualità di maggiori vincoli da crearsi fra la Bulgaria e l 'Inghilterra. Menziono frattanto a V.E. la riesuma

307 ' Riferimento al trattato sottoscritto poi il 31 luglio (vedi D. 363, nota 2). 307 ' Eugen Riimelin. 307 7 George W. Rende!.

zione, fatta in modo molto insistente anche negli ambienti militari, di voci di speciali accordi in favore dell'Inghilterra per il porto bulgaro di Vasiliko sul Mar Nero, di cui già si era parlato in altri tempi e di cui questa R. Legazione aveva già precedentemente riferito. Nel parlarmi di ciò, questa ministro di Germania mi rilevava che in verità l'interesse inglese a quella base marittima del Mar Nero pareva avere un prevalente carattere antisovietico: per mia parte, osservando che analoghe voci erano corse al riguardo di altre possibili basi marittime sulla costa romena, gli ho risposto che l'interesse britannico sembrava potersi considerare anche semplicemente in funzione permanente dell'utilizzazione degli Stretti e delle posizioni dell'Inghilterra nel Mar Nero e perciò non necessariamente comunque antisovietico. Che il ministro di Germania poi comincia a preoccuparsi non poco di questa situazione è indubbio. Me lo ha ripetutamente detto, fino all'affacciarmi dei dubbi sopra l'eventuale atteggiamento della Jugoslavia nella circostanza, affermandomi altresì che anche in Jugoslavia l'Inghilterra tende a farsi sempre più presente, e dandomi le indicazioni di cui al mio telegramma

n. 121. Egli ritiene che la politica di riavvicinamento all'Italia e alla Germania di Stojadinovié non abbia ancora in Paese quegli ampi consensi su cui dovrebbe contare ed in ciò il suo giudizio non sembra differire granché da qualche analogo accenno che mi ha fatto il Re Boris, mentre anche il recente discorso del ministro dell'Interno jugoslavo8 , in occasione del ventennale dell'unione nazionale della Jugoslavia, con certe sue riferite affermazioni di totale indipendenza del Paese da gruppi e fronti ideologici, è sembrato a qualcuno sotto un certo aspetto confermare quei dubbi. Il ministro tedesco è giunto finalmente anche ad esprimermi qualche preoccupazione persino per la sicurezza e la vita del signor Stojadinovié, che sarebbero secondo lui seriamente minacciate dai suoi oppositori.

Di fronte a questa situazione si porrebbe di nuovo, a quanto subordinatamente mi sembra, il problema del nostro atteggiamento in Bulgaria.

Lasciare che vada accentuandosi la spinta inglese, che già per quanto si può giudicare comincia a raggiungere alcuni dei suoi obiettivi, non sembra esente da rischi, giacché pare difficile di considerare tale spinta fuori da un organico piano politico tendente ad un aggruppamento o per lo meno ad un sistema balcanico che almeno nel momento attuale dei rapporti itala-britannici, non sembra collimare con i nostri interessi. Tanto più, poi, se tale spinta si consideri in generale dal punto di vista dell'asse Roma Berlino, non parrebbe credibile che il sistema stesso non possa presentarsi complessivamente diretto contro di esso. Se infine si voglia considerarla alla luce dei nostri particolari accordi con Belgrado, sembrerebbe egualmente probabile che il sistema balcanico che possa conseguirne, sia finalmente destinato ad esercitare una pressione atta a pregiudicare quella nostra situazione.

V.E. sa che all'inizio della mia missione, dopo il periodo della nostra impresa africana che aveva polarizzato ogni nostro sforzo, anche in politica estera, in

307 ' Anton Koroseé.

quel senso, e dopo il periodo delle sanzioni che aveva praticamente sospeso e in parte annullato il nostro sforzo di penetrazione economica in questi Paesi, ho trovato le nostre posizioni in Bulgaria pressoché nulle. Nulle non solo in senso diretto, vale a dire negli immediati confronti della Bulgaria stessa, ma nulle anche in senso indiretto, cioè in funzione dei possibili sviluppi in questo Paese delle posizioni derivantici dai nostri accordi con Berlino e con Belgrado.

Segnalai a V.E. il perché mi sembrasse che in primo luogo occorreva dar opera allo stabilimento di quelle posizioni dirette col costituire, cioè, direttamente le basi d1 nostri rapporti immediati con la Bulgaria, giacché la Germania pareva e pare stare qui nell'atteggiamento sospettoso di chi spera o creda sviluppare in questo Paese una sua situazione esclusiva, come con lungo lavorio ha in gran parte fatto per quanto riguarda l'aspetto economico della situazione stessa, e giacché la Jugoslavia pareva stare in un non molto diverso atteggiamento, come chi, in vista di possibili sviluppi avvenire, desideri che la situazione bulgara non venga sostanzialmente alterata da altri fattori esterni, né comunque compromessa in nessun senso in rapporto a ciò che possono essere le massime aspirazioni jugoslave avvenire nei riguardi di questo Stato.

Mi parve quindi potesse convenire di considerare l'attuabilità di tre ordini di provvidenze, la cui realizzazione mi sembrò allora possibile e che possibile, benché ogni giorno sembri più tardi, credo ancora: e cioè, la penetrazione a mezzo di propaganda attraverso una buona organizzazione di stampa, la penetrazione culturale a mezzo di una buona organizzazione scolastica e di altre istituzioni di cultura, la penetrazione economica a mezzo di un ravvivamento degli scambi itala-bulgari attraverso il noto progetto di forniture prevalentemente aeronautiche, le quali ultime potrebbero anche comportare qualche interessante addentellato nei confronti delle nostre relazioni militari con questo Stato.

V.E. è al corrente del come fino a questo momento le connesse proposte per ragioni varie non abbiano ancora potuto comportare un seguito, ma non devo nascondere all'E.V. che ogni altro tempo perduto potrebbe maggiormente pregiudicare, se già per qualche parte non Io abbia fatto, le nostre possibilità.

A tali avvisi vorrei permettermi di soggiungerne un altro che mi viene indicato dali' indubbio stato di preoccupazione della Germania rispetto alla situazione che ho più sopra descritto; preoccupazione, che dopo i propositi molto dinamici se non addirittura aggressivi rispetto all'Europa Sud-orientale, già proclamati dai tedeschi, come per la mia parte già segnalai all'E.V. all'indomani dell'annessione austriaca9 , ha fatto oggi passare la Germania, con un tono ed un'attività assai più moderati, su posizioni già quasi praticamente difensive.

Potrebbe quindi essere forse questo il momento indicato per esaminare se non convenga parlare di questa situazione con i tedeschi e studiare d'accordo con essi se, ferme restando le loro posizioni del resto già notevoli e vantaggiose in questo Stato, non sia poi possibile di sviluppare un'azione concorde perché,

senza pregiudizio di quelle, i nostri interessi e la nostra influenza possano liberamente esercitarsi, arginando d'intesa nei limiti del possibile quelle altrui che nelle attuali circostanze si presentano indubbiamente per ambedue minacciose.

Ho tentato di riassumere a V.E. lo stato attuale delle cose e di quei rimedi che sarebbe forse, a mio subordinato modo di vedere, tuttavia possibile di apportarvi. Sarei grato a V.E. se esaminata, nella sua suprema competenza, tale situazione in rapporto alla situazione regionale e generale dell'Europa, vorrà impartirmi quelle precise istruzioni, alle quali io debba uniformare la mia linea di condotta'".

307 2 Vedi D. 298.

307 3 T. 35941121 R. del 10 luglio. Riferiva su un colloquio avuto con il presidente del Consiglio, Kiosseivanov, che si era portato sopratutto sulle trattative in corso per un prestito della Gran Bretagna alla Bulgaria destinato in prevalenza all'acquisto di materiale bellico. Kiosseivanov aveva tenuto a sottolineare che quella operazione -come altra simile che si stava negoziando con la Francia -non avrebbe comportato nessun vincolo politico per la Bulgaria.

307 4 Vedi D. 71.

307 9 Vedi serie ottava. vol. VIII, D. 481.

308

IL CAPO DELL'UFFICIO C.S. DEL C.T.V., DE BLASIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

FOGLIO 6743-64/14. Salamanca, 12 luglio 1938 (per. il 19).

Persona solitamente bene informata mi comunica che il governo inglese avrebbe presentato al governo nazionalista spagnolo lo schema di una proposta base, ai fini di un probabile accordo anglo-spagnolo, del quale credo opportuno segnalare alcuni punti.

0 ) Impegno del governo di Burgos di osservare la più intransigente neutralità in caso di conflitto europeo;

2°) Ripristino degli antichi privilegi doganali di cui usufruiva il governo inglese prima del 18 luglio 1936;

3°) Impegno di escludere qualsiasi influenza itala-tedesca nel territorio nazionale spagnolo e Marocco, garanzia che zone del territorio nazionale e del Marocco [non] possano servire di base militare, sia ali 'Italia che alla Germania;

4°) Costituzione di un governo a forma di reggenza, con reggente Franco, che possa preparare e facilitare la restaurazione della monarchia con D. Juan di Borbone.

Qualora fossero accettati questi ed altri punti che non mi è stato possibile sapere, il governo inglese garantirebbe:

0 ) La fine della guerra;

2°) Il riconoscimento del governo di Franco;

3°) La concessione di un prestito di 150 -200 milioni di sterline per rinsanguare le finanze dello Stato spagnolo'.

308 ' Il documento ha il visto di Mussolini.

307 10 Non è stata trovata documentazione dell'invio di istruzioni.

309

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. 3655/483 R. Tokio, 15 luglio 1938, ore 4,55 (per. ore 10,45).

Comunico che progetto patto' trovasi in esame del Presidente del Consiglio e del ministro militare. Progetto è in massima parte opera del ministro della Guerra il quale ne segue attentamente attuale sviluppo deciso portarlo compimento.

310

IL SOTTOSEGRETARIO ALLA GUERRA, PARIANI, AL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI

UDIENZA G6RING-FUHRER3

Desiderio di inti[ ....... ] [sint]esi: le nazioni così dette democratiche cercano di battere le autoritarie: naturalmente il mezzo più semplice è quello di [cercare] di dividerle.

Bisogna che tutti vedano invece che il blocco è compatto (Goring ha soggiunto che l'accordo dovrebbe essere così [stretto da] assicurare il vicendevole appoggio anche se uno sbaglia.

Se Italia e Germania sono unite costituiscono nel loro compl[esso] una forza invincibile. Si potranno risolvere tutte le questioni senza bisog[no di guer]ra, ma natural[mente] essendo pronti per questa.

Italia e Germania non hanno interessi contrastanti. L'una [ha per] direttrice il Sud Est: Mediterraneo, che è suo dominio in [ ....... ] l'altra ha per sua direttrice il Nord Est.

Evidentemente vi sono zone di contatto, ma basta aff[rontare] ogni questione lealmente con l'idea di risolverla chiara[mente e] la via sarà piana.

31 O 1 Il documento è deteriorato dali'umidità. 31 O 2 Un'annotazione sul documento dice: «Rimesso dal Duce a S.E. il ministro il 15.

VII. XXI».

31 O ' Durante la sua visita in Germania. il generale Pariani era stato ricevuto da Goring il IO luglio e da Hitler il giorno successivo.

In proposito [fa] capolino il desiderio di fissare degli acc[ordi] in tutti campi.

Il Flihrer soggiunge che fra l'a[ltro] intende di fare [delle] concrete proposte per il ritiro dei [ ....... 000] tedeschi de[ll'Alto] Adige, perché per lui la questione [del! 'Alto] Adige non [esiste e non] esisterà finché vivrà, ma dovrebbe [ ....... ] anche [ ....... ] eventuali incidenti.

[Da] noi sono stati ris[olti i] due problemi:

Comando supremo.

[Dife] sa contraerea.

Da tu[tto] il tono de[/ s]uo discorso si vede chiaramente come egli sia spinto ad aff[rontar]e presto e con rapida decisione le varie questioni che [intere]ssano la Germania per trarre profitto dal vantaggio che hanno le Potenze autoritarie di risolvere [rap]idamente ogni problema (sia di preparazione che di azione) [mentre] gli Stati democratici debbono forzatamente perdere il l[ oro] tempo in discussioni di programmi e lotte di partiti4

309 1 Vedi i DD. 176, 20 l e 235.

311

IL SOTTOSEGRETARIO ALLA GUERRA, PARIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

LETTERA 445951• Roma, 15 luglio 1938.

[ ....... ] ti invio copia degli «appunti» che presi [ ....... ] circa il mio recente viaggio in Germania e i c[olloqui con] Goring e col Flihrer2

Sintesi:

l) la Germania si prepara alacremente per la guerra, ma è a[ncora] deficiente di uomini, quadri e materiali.

Nel '40-'41 avrà già raggiunto sostanziale efficienza.

2) In Germania vi è ancora diffidenza sul nostro contegno, [ma si] fa già grande assegnamento su di noi. Idea dominante: Italia e Germania unite, dominano; separate, saranno successi [ vamente] soggiogate. Occorre reagire ad ogni azione separatrice [soste]nendoci reciprocamente in tutto, anche se a torto.

3) Ho notato un enorme mutamento complessivo nei nostri r[iguardi] dallo scorso anno: visita del Duce, nostro contegno per[ ....... An]schluss, visita del Flihrer hanno grandemente influito. Tecnicamente l'esercito italiano è molto

311 1 Il documento è deteriorato dali 'umidità. 311 'Vedi D. 310, nota 3.

apprezzato [ ....... ] esercito ha la nostra esperienza ed ha raggiunto il punto [del] nostro addestramento bellico).

4) Desiderio di approfittare di ogni buona [occasione] per violentemente risolvere i loro problemi'.

310 4 Il documento ha il visto di Mussolini.

312

IL MINISTRO A SOFIA, TALAMO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 3467/1344. Sofia, 15 luglio 1938 (per. il 17).

Rapporto n. 3433 del 12 corrente'.

Informo ad ogni buon fine Vostra Eccellenza che questo ministro d'Inghilterra mi ha detto di aver avuto dal proprio governo comunicazione di un rapporto di Lord Perth, che riferiva come V.E. gli si fosse manifestato poco soddisfatto dell'atteggiamento britannico in varie zone, fra cui la Bulgaria. Rende!, che, nato in Italia, figlio di italiana e negoziatore del recente accordo italo-britannico, ostenta sentimenti di amicizia e di ammirazione per il nostro Paese, mi ha detto un po' scherzando e un po' sul serio che avrei potuto essergli buon testimonio dei suoi sentimenti e della sua condotta verso di noi.

Gli ho risposto che non mi pareva per ragioni di tempo che l'osservazione riferita potesse particolarmente implicare la sua persona, giacché l'epoca del suo arrivo in questa sede è assai troppo recente; che se poi in ciò che veniva riferito non vi fosse manchevolezza o errore potevo forse pensare che a Vostra Eccellenza non fosse sfuggito quanto da ogni parte ed anche qui si manifestava, attraverso troppe affermazioni britanniche di attivo interessamento de li'Inghilterra nell'Europa Sudorientale in vista di aggruppamenti o di schieramenti destinati ad esercitare una funzione antigermanica di arginazione o di contrasto: politica questa che mi pareva certo rischiosa per ciò che atta a produrre diffidenza e frizioni.

Rende! ne ha pienamente convenuto. Mi ha detto che l'interessamento britannico era se mai puramente economico nell'interesse degli sbocchi della produzione inglese, e che ancora meritava di essere meglio considerato e vagliato in concreto. Che quanto al resto si trattava di pericolose elucubrazioni specie della stampa di sinistra, amorevolmente riprese e diffuse da certa stampa francese per quel tanto che potessero contenere di grato a certa opinione più estrema e rischiosa. Che peraltro quanto al reale pensiero del suo governo se ne richiamava al comunicato Havas del 13 corrente", già da me menzionato a Vostra Ecce!

311 ' Quest'ultima frase è stata aggiunta a mano dal generale Pariani.

312 'Vedi D. 307.

lenza mio telegramma n. 016 del 15 corrente', con cui quelle asserite direttive della politica britannica vengono espressamente smentite.

Rende! è un uomo fine e colto, di buoni studi universitari. Conosce bene la nostra lingua, benissimo le nostre lettere e la nostra storia, di cui si dichiara studioso e cultore. È cattolico, per sangue semilatino, atto a comprendere molte cose del nostro Paese. Non presto molta fiducia, non dico alla sua sincerità ma piuttosto alla complessità del suo spirito, nel quale si fondono le caratteristiche di due razze. Sono poco disposto a credere alle sue riferite dichiarazioni.

Il menzionato comunicato Havas è fatto certo, siccome, per ciò che appare in questi ultimi giorni, se non un rallentamento, una certa maggior prudenza, un certo più ponderato procedere dell'attività britannica: le trattative con il governo bulgaro per il già segnalato prestito destinato a forniture belliche, per ciò che mi ha detto anche questo Presidente del Consiglio, subiscono ora una stasi. Ma non sarebbe anche legittimo di pensare che, più prudente, l'Inghilterra voglia evitare gli accenti trionfali, le affermazioni inequivoche di ogni più lontana mira politica con cui, dopo l'annessione austriaca, la Germania si è presentata alle frontiere dell'Europa Sudorientale, suscitando quella reazione di sconcerto e di timore di cui ora in parte l'Inghilterra stessa sembra mettersi in grado di approfittare a proprio vantaggio? D'altro canto, parrebbe ragionevole di credere che, quali si siano le posizioni economiche che sotto l'uno o l'altro aspetto l'Inghilterra sappia ora acquistarsi, esse costituiranno pur sempre un veicolo di influenza che si presti ad essere adoperato da questo o da altri governi britannici ai più diversi fini politici.

312 2 Un comunicato dell'agenzia Havas del 13 luglio aveva precisato che le operazioni finanziarie britanniche nell'Europa Sud-Orientale erano tutt'ora allo studio e che comunque non avrebbero avuto significato di accerchiamento della Germania in quel settore.

313

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO

T. 637/274 R. Roma, 16 luglio 1938, ore 23.

Successivamente alla conversazione con questa ambasciata di Germania, di cui al mio telegramma n. 273', è pervenuto un telegramma di Viola2 col quale egli riferisce che da parte spagnola si fanno vive insistenze perché i governi

312 'T. per corriere 3675/016 R. del 15 luglio. Riferiva che, secondo quanto gli aveva confidato Kiosseivanov, il ministro di Gran Bretagna aveva fatto presente l'opportunità di frenare gli entusiasmi dell·a stampa perché il prestito britannico alla Bulgaria era ancora allo studio, così come altre operazioni analoghe nell'Europa Sud-Orientale. Ciò, osservava il ministro Talamo, sembrava avvalorare la voce di divergenze tra il Primo Ministro Chamberlain e il Foreign Office.

313 'T. 638/273 R. del 16 luglio. Informava che, secondo quanto comunicato dall'ambasciata di Germania, l'ambasciatore Stohrer era stato incaricato di chiedere il punto di vista del governo spagnolo circa il piano del Comitato di non intervento e che Berlino intendeva limitarsi a queste istruzioni nonostante gli spagnoli avessero chiesto, a loro volta, di conoscere l'opinione del governo tedesco in merito. Ciano aveva dichiarato di voler seguire la stessa linea.

italiano e tedesco facciano conoscere le proprie osservazioni a Franco sul piano trasmessogli dal Comitato di non intervento e lo consiglino opportunamente.

Viola informa che il governo nazionale si trova disorientato dinanzi al documento, ed esprime l'avviso che sarebbe conveniente che Italia e Germania accogliessero le insistenti richieste spagnole fornendo suggerimenti e consigli. Suppongo che analoga comunicazione sia stata fatta a codesto governo o pel tramite dell'ambasciatore tedesco a S. Sebastiano o pel tramite dell'ambasciatore spagnolo a Berlino.

Nell'informare di quanto precede questa ambasciata di Germania, ho detto che ritenevo politicamente opportuno che Franco facesse senz'altro conoscere al Comitato la sua accettazione di principio. In questa sua prima nota di risposta potrebbe anche aggiungere che ha messo il Piano allo studio e che farà conoscere successivamente le sue osservazioni di dettaglio.

In un secondo tempo (e non v'è per ora nessuna fretta) potrà effettivamente seguire una seconda nota colle osservazioni di dettaglio del governo nazionale spagnolo ed eventuali richieste di chiarimenti. Per la preparazione di questa seconda nota in cui dovranno apparire tali osservazioni (e il piano offre campo a molte riserve e domande di chiarimento) possono intanto valere le indicazioni contenute nei miei telegrammi n. 619 e n. 6303 e quelle che questo ministero si riserva di far prossimamente conoscere costì, perché una volta concordate fra Roma e Berlino, esse possano essere ulteriormente comunicate a Franco.

Questa ambasciata di Germania mi ha assicurato che avrebbe senza altro telegrafato a Berlino. Attende conoscere risposta Berlino per opportune comunicazioni a Franco.

313 2 Vedi D. 305.

314

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 3677/0132 R. Parigi, 16 luglio 1938 (per. il 18).

Stampa dà notizia di uno scambio di lettere avvenuto giorni or sono fra Chamberlain e Daladier.

Mi si assicura da buona fonte che informazione è esatta. Daladier avrebbe confermato Primo Ministro britannico suo proposito procedere normalizzazione rapporti franco-italiani, aggiungendo tuttavia che eventualità affrettata messa in vigore accordi italo-inglesi, avrebbe tolto al governo francese carta migliore per giungere chiarificazione con Roma ed avrebbe in definitiva costituito un serio ostacolo all'allineamento delle Francia sulle posizioni britanniche anche nei nostri confronti.

313 'Vedi DD. 291 e 303.

D'altra parte, azione unilaterale britannica nei riguardi Italia, non avrebbe mancato dare sensazione mancanza sincronismo tra Parigi e Londra, provocando conseguenti preoccupazioni in seno opinione pubblica francese. Ciò che alla vigilia del viaggio dei Sovrani britannici a Parigi conveniva, sotto ogni riguardo evitare.

Risposta Chamberlain confermerebbe che entrata in vigore accordo italainglese non è affatto condizionata a conclusione parallelo accordo italo-francese. Assicurerebbe tuttavia Daladier che eventualità affrettata messa in vigore accordi italo-inglesi doveva per il momento essere, per le note ragioni, scartata. Preoccupazioni francesi non sembravano per conseguenza giustificate.

Secondo stessa fonte, iniziativa Daladier non dovrebbe essere qualificata come ostile agli accordi fra Roma e Londra ma, piuttosto, come mezzo pressione per giungere chiarificazione fra Roma e Parigi.

Do questa versione -che mi è stata riferita da persona prossima a Bonnet -per quello che può valere ed a titolo puramente informativo'.

315

COLLOQUIO DEL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI, CON IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO UNGHERESE, IMREDY, E IL MINISTRO DEGLI ESTERI UNGHERESE, DE KÀNYA

VERBALE2 • Roma, 18 luglio 1938.

Imredy, dopo aver ringraziato il Duce delle accoglienze ricevute in Italia, parla di alcune questioni di carattere commerciale e fa alcune dichiarazioni sulla situazione interna ungherese, situazione che egli definisce sostanzialmente calma nonostante le agitazioni di alcuni partiti dell'estrema destra.

D. 316. 315 1 Ed. in L'Europa verso la catastrofe, pp. 351-354. 315 ' Il verbale fu redatto da Ciano, presente al colloquio a Palazzo Venezia. In matti

nata, Ciano aveva avuto con Imrédy e con Kànya un primo colloquio sul quale non è stata trovata documentazione negli archivi italiani. Su di esso vi è nel Diario di Ciano questa annotazione (alla data del 18 luglio): <<La giornata è assorbita dagli ungheresi. Ho con loro un primo colloquio a Palazzo Chigi. Come prevedevo, Kànya fa la sua tirata contro gli jugoslavi che, con mentalità da vecchia Ballplatz si ostina a chiamare serbi. Vorrebbe metterei male con Belgrado attraverso una specie di garanzia militare che ci chiede in caso di attacco jugoslavo. Niente affatto. Non abbiamo la minima intenzione di alterare i buoni rapporti con Stojadinovié per procurare un successo al più o meno democratico governo del signor Imrédy. La Jugoslavia precipiterebbe automaticamente nelle braccia della Francia e quei vantaggi politico militari che l'Asse ha conseguito nel bacino danubiano sarebbero finiti. Potremmo forse far saltare i protocolli di Belgrado per occupare l'Albania. Allora il vantaggio sarà positivo e per piantare il tricolore in quella terra che ci spetta si può anche affrontare una crisi del genere. Ma non certo adesso per facilitare il gioco politico di questi ungheresi che sono tracotanti e petulanti>>.

Sui due colloqui, si veda, da parte ungherese l'appunto pubblicato in DU, vol. Il, D. 269.

Il Presidente del Consiglio ungherese conferma comunque la sua intenzione di mantenere l'ordine ad ogni costo e di procedere sulla via politica iniziata.

Il Duce dà assicurazioni di esaminare con la massima benevolenza le richieste di indole commerciale. Per quanto concerne la politica interna, consiglia a Imredy di battere gli avversari politici annunziando e applicando programmi di riforme sociali ancora più concreti di quelli esposti dagli avversari. Dà ragguagli circa lo sviluppo delle organizzazioni corporative, dopolavoristiche e assistenziali italiane.

Kànya prende la parola in materia di politica estera. Dice che nel momento attuale la questione che polarizza l'attenzione ungherese è quella ceca. Per quanto non si possa prevedere il momento preciso delle crisi, pure è evidente che si dovrà giungere ad una soluzione. La Germania rappresenta nel problema cecoslovacco il fattore principale. L'Ungheria non inizierà mai l'azione contro la Cecoslovacchia. Interverrà però a breve scadenza dopo che il conflitto sarà stato iniziato da parte tedesca. Il governo di Budapest intende conoscere le intenzioni della Jugoslavia. Kànya non ha fiducia nelle dichiarazioni fatte da Stojadinovié. Finora i tentativi ungheresi per arrivare ad un accordo isolato con la Jugoslavia sono sempre naufragati a causa delle cortese ma immutabile opposizione del Presidente jugoslavo. L'Ungheria necessita di una garanzia militare contro un eventuale attacco degli jugoslavi. Senza questa garanzia nessun governo responsabile potrebbe prendere iniziative belliche contro la Cecoslovacchia.

Il Duce ricorda quanto tu detto da Stojadinovié nei confronti della Cecoslovacchia, definita dallo stesso Presidente jugoslavo état saucisson. Espone lo stato delle relazioni politiche tra noi e Belgrado. L'applicazione del Pattd, che per ora non ha che poco più di un anno di vita, è stata soddisfacente. Le questioni che esistevano tra i due Paesi sono state liquidate in modo utile per entrambi. La tranquillità nell'Adriatico è raggiunta.

In base alle dichiarazioni di Stojadinovié il Duce ritiene che l'Ungheria, intervenendo nel conflitto dopo la Germania, non correrà rischio di attacchi da parte della Piccola Intesa". D'altro canto, la soluzione più sicura del problema cecoslovacco è affidata alla rapidità di azione.

Ciano espone i risultati dei colloqui di Venezia5 e conferma la decisione del Presidente Stojadinovié di concertare la sua politica con la politica italiana. L'unico caso in cui la Jugoslavia sarebbe obbligata ad intervenire in virtù dei patti firmati sarebbe quello di un attacco unilaterale ungherese contro Praga.

Kànya esclude una tale possibilità.

Il Duce dichiara di essere convinto che, anche se la Germania attaccherà la Cecoslovacchia nessuna crisi europea si verificherà. Non interverranno, né i francesi, né gli inglesi. D'altra parte, la Francia dovrà fare i conti col nostro atteggiamento. La nostra posizione sarà di schieramento netto e positivo a fianco della

315 ' Riferimento al trattato itala-jugoslavo del 25 marzo 1937. Vedi D. 64, nota 3.

315 ' In questo senso si era già espresso Ciano con il ministro Villani (vedi D. 258, nota 2).

315 'Vedi D. 237.

Germania. Ha detto a Hitler che l'Italia appoggerà completamente la politica tedesca. Se una mobilitazione sarà sufficiente ad immobilizzare la Francia, l'Italia mobiliterà e se sarà necessario entrare in guerra, l'Italia attaccherà la Francia. Tra l'Italia e la Germania non esistono patti militari scritti ma questi potranno venire in un tempo prossimo quando l'intesa tra i due popoli, chegià sta diffondendosi rapidamente, sarà ancora più completa. D'altra parte, le relazioni con la Germania non richiedono documenti scritti: esiste una totale solidarietà di regime. Il Duce consiglia all'Ungheria di adottare, nei confronti di una eventuale crisi, un atteggiamento di attesa nei primi tempi e di approfittare, dopo il dislocamento della Cecoslovacchia, dell'occasione favorevole.

Kànya insiste lungamente sui pericoli che rappresenta l 'incognita dell' atteggiamento jugoslavo e chiede ancora quali garanzie si possano avere in questo senso. Il Duce ritiene che si possa porre nuovamente il quesito a Stojadinovié. L'Italia potrà anche far conoscere a Stojadinovié il suo desiderio che i rapporto tra l'Ungheria e la Jugoslavia vengano normalizzati ad un punto tale da poter ad un certo momento avere l'adesione della stessa Jugoslavia ai Protocolli di Roma. Si potrà anche far conoscere a Stojadinovié che l 'Italia è favorevole ad un aumento di potenza ungherese.

A richiesta di Kànya, il Duce aderisce a che nel comunicato relativo ai colloqui italo-ungheresi5 , venga affermato che i Protocolli di Roma mantengono il loro valore economico e politico per quanto concerne le relazioni tra l'Italia e l'Ungheria.

Dopo un giro di orizzonte compiuto dal Duce, durante il quale fa il punto circa la situazione in Spagna, le relazioni italo-britanniche e le relazioni italofrancesi, il colloquio ha termine6

314 1 In proposito si vedano anche le notizie inviate dall'ambasciata a Londra di cui al

316

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CROLLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 3694/544 R. Londra, 19 luglio 1938, ore 1,45 (per. ore 4,30).

Col mio fonostampa odierno 199 ho segnalato ali 'E.V. corrispondenza e note apparse nella stampa stamane circa scambio lettere fra Daladier e Chamberlain' che i giornali connettono con imminente visita Sovrani britannici a Parigi.

Per informazioni confidenziali da me raccolte oggi risulta che:

l) Lettera Daladier è stata inviata 6 luglio e risposta Chamberlain 11 luglio.

2) Nella sua lettera (che trattava tutta una serie di questioni attuali interessanti i due Paese), Daladier faceva fra l'altro rilevare che messa in vigore accordo-itala-inglese senza raggiungimento di un corrispondente accordo italafrancese avrebbe posto la Francia in un grande imbarazzo.

3) Chamberlain avrebbe risposto che poiché accordi di Roma non contenevano clausola che ne subordinasse esecuzione alla conclusione di un accordo parallelo italo-inglese2 , non era possibile esigere oggi tale condizionalità; governo britannico comunque annetteva più grande importanza raggiungimento di un accordo italafrancese e si augurava che esso avrebbe potuto esser presto concluso; data situazione attuale questione spagnola, problema sollevato da Daladier non si poneva comunque in forma immediata.

4) Governo francese sarebbe rimasto non troppo soddisfatto della risposta Chamberlain ed avrebbe infatti per questo motivo cercato mantenere massimo riserbo sullo scambio lettere. Stampa se ne sarebbe impadronita attraverso indiscrezioni di un segretario d'ambasciata britannico a Parigi col giornalista francese de Brinon (della lnformation). In seguito tali indiscrezioni ed in vista partenza Sovrani britannici, stampa francese e inglese si sono sforzate di presentare scambio lettere nella luce più favorevole alla Francia. È da rilevare tuttavia che ciò non ha impedito qualche commento piuttosto scettico come quello del New Chronicle di stamane.

Nel riferire a V.E. queste informazioni, rilevo che dichiarazioni Chamberlain alla Camera dei Comuni del13 corrente (mio 5383 ) circa possibile convocazione della Camera durante vacanze estive per eventuali discussioni messa in vigore accordo itala-britannico sono posteriori di due giorni alla lettera di risposta di Chamberlain a Daladier.

315 5 Il testo del comunicato ufficiale, diramato il 20 luglio, è in Relazioni Internazionali, p. 535. 315 6 Per le reazioni di Mussolini dopo la visita degli uomini di Stato ungherese si veda CIANO; Diario, alla data del 20 luglio. 316 1 In proposito si vedano anche le notizie inviate dall'incaricato d'affari a Parigi, Prunas nel D. 314.

317

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, ATTOLICO, E A SALAMANCA, VIOLA

T. 640/276 R. (Berlino) e Roma, 19 luglio 1938, ore 24. 640/225 R. (San Sebastiano).

(Solo per Berlino) In relazione contenuto telegramma di V.E. n. 3001 , che mi comunica assenso del governo tedesco alla proposta relativa accettazione Piano Comitato Londra, ho diretto a S. Sebastiano seguente telegramma:

(Per tutti) Prego V.E. d'informare codesto governo che sono d'avviso che convenga che Franco risponda senz' altro accettando in linea di massima piano Comitato di Londra. Risposta -che avrebbe carattere preliminare -potrebbe contenere seguenti punti:

316 'T. 3643/538 R. del 14 luglio, non pubblicato. 317 1 T. 3693/300 R. del 18 luglio. Il suo contenuto è qui indicato.

l) accuso di ricevuta della comunicazione del Comitato;

2) accettazione di massima del Piano;

3) annunzio che il Piano è sottoposto al più attento esame da parte degli organi spagnoli competenti;

4) assicurazione che appena ultimato tale esame Franco fornirà al Comitato una dettagliata risposta.

Non ritengo che sia il caso di aggiungere altro. Spunti polemici sarebbero, credo, fuori di luogo. A questa prima risposta, potrebbe seguire al momento opportuno la risposta di dettaglio di cui al punto quattro sopra indicato. Quanto precede è stato stabilito d'accordo con il governo tedesco e per venire incontro al desiderio insistentemente manifestato da codesto governo.

D'accordo col governo tedesco sto completando studio elementi per risposta di dettaglio di Franco al Comitato. Franco potrebbe nel frattempo preparare una lista di osservazioni e richieste di chiarimenti.

(Solo per Berlino) Prego informare di quanto precede codesto governo. Converrebbe che fossero senz'altro inviate da Berlino analoghe istruzioni a von Stohrer.

316 2 Sic. Leggesi itala-francese.

318

LA DIREZIONE GENERALE AFFARI D'EUROPA E DEL MEDITERRANEO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 19 luglio 1938.

Il Ministro di Romania ha messo al corrente dei negoziati che si sono svolti dal marzo in poi tra la Romania e l'Ungheria relativamente alla questione delle minoranze. Il Governo romeno crede di aver fatto tutto quello che era in suo potere per venire incontro ad una soluzione.

Da parte ungherese si è invece assunta un'attitudine dilatoria in attesa di veder chiaro nell'affare cecoslovacco.

In queste circostanze il Governo romeno prenderà dei provvedimenti amministrativi interni a favore delle minoranze ungheresi, ma avrebbe preferito che queste misure fossero piuttosto il risultato di un accordo tra Ungheria e Romania, accordo a cui attribuirebbe un'importanza storica e per il quale avrebbe gradito molto che il Governo italiano avesse usato i suoi buoni uffici a Budapest'.

318 1 Sul documento vi è la seguente annotazione autografa del capo di Gabinetto, De Peppo: <<Informare confidenzialmente Csaky. S.E. il Ministro -1917>>.

319

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. SEGRETO 5091/1480. Berlino, 19 luglio 19381

Nonostante l'assenza del Fiihrer che sta a Berchtesgaden, di Goring che si è concesso 15 giorni di crociera, e di Ribbentrop, che si sta riposando a Sonnenburg, la situazione politica può considerarsi piuttosto buia. Si va diffondendo la sensazione che ormai la Cecoslovacchia non concederà gran cosa e che quindi la Germania dovrà scegliere fra l'accettare un compromesso che suonerebbe una nuova menomazione al suo prestigio e il ricorrere a un atto di forza. e ciò in un momento che potrebbe non esser il migliore.

Da ciò un certo nervosismo che si rispecchia anche negli ambienti ufficiali e che dà luogo a diversità, se non di tendenze, di apprezzamenti, evidente ormai nella stessa cerchia dell'Auswartiges Amt. Qui la corrente più moderata, facente capo al Segretario di Stato Weizsacker, senza osare di opporsi ad una soluzione piuttosto che ad un'altra, tenta almeno di sottolineare le incognite a cui un eventuale colpo di forza esporrebbe la Germania. Il Segretario di Stato cerca specialmente di combattere l'opinione. da molti qui accarezzata. secondo cui né la Francia. né ancor meno l'Inghilterra reagirebbero con le armi ad un'azione armata tedesca. Va in proposito notato che Henderson, ritornato adesso da Londra, ha riferito (e sempre da escludere che dopo il troppo zelo mostrato nelle giornate del 20-21 maggio egli intenda perseverare nella stessa politica), che lo spirito pubblico in Inghilterra è montato ora sensibilmente più di prima, sicché l'idea di eventuali interventi inglesi trova adesso un assai maggior numero di fautori che per il passato.

Ma il nervosismo e la preoccupazione non si limitano all'elemento moderato. Nervosi sono anche gli estremisti, in quanto, pur favorevoli all'azione, mentre da una parte preferirebbero non andare incontro a gravi complicazioni internazionali, dall'altra non amerebbero, dopo tutto di essere costretti ad un'azione immediata. Taluni preparativi non sono ancora ultimati ed a punto. Invece. la crisi potrebbe -ove Praga arrivasse finalmente ad una conclusione -precipitare da un momento all'altro.

Nei circoli diplomatici i pareri sono divisi, ma con una certa tendenza al pessimismo. Vi sono dei governi (ad es. Romania) che hanno già negato il congedo ai propri rappresentanti a Berlino2•

319 1 Manca l'indicazione della data di arrivo. 319 2 Il documento ha il visto di Mussolini.

320

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, PIGNATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 3723/81 R. Roma, 20 luglio 1938 (per. stesso giorno).

Ho domandato al cardinale Segretario di Stato se è vero che «il Papa medita di adottare contromisure in opposizione alla campagna anti-israelitica progettata dal R. Governo il quale la condurrebbe in base ai principi di purezza della razza, redatti da professori universitari italiani».

Il cardinale mi ha risposto di non saperne nulla.

A mia volta ho domandato al porporato, ricevendone risposta affermativa, se nel caso vi fosse qualcosa in preparazione, egli ne sarebbe informato. La conversazione si è aggirata per qualche tempo sull'argomento con lo scopo, da parte mia, di ottenere delle esplicite assicurazioni che alla fine il cardinale mi ha dato dicendo che, per il momento, non si stava preparando niente.

A questo punto ho pregato il cardinale Pacelli di dirmi a chi o a che cosa il Pontefice avesse inteso alludere nel suo discorso alle Suore del Cenacolo, sul nazionalismo esagerato (mio telegramma per corriere del 18 corrente n. 80 1). Il cardinale Pacelli mi ha risposto che il Papa aveva voluto riferirsi, proprio com'Egli stesso aveva dichiarato, a quelle manifestazioni di nazionalismo esagerato che considera in opposizione alla dottrina universale della Chiesa Cattolica.

Ho citato al porporato alcuni brani del discorso non chiari che potrebbero essere considerati come una critica alla dichiarazione italiana sui problemi della razza, resa pubblica il giorno prima del discorso papale. Il cardinale Pacelli ha escluso che il Pontefice avesse in mente, nel parlare, il problema della razza. E ha precisato che il Santo Padre ha avuto unicamente di mira il nazionalismo esagerato e in modo speciale quello che alligna in alcuni ordini religiosi. Infatti, il Papa ha detto di avere convocato, in passato, tutti i Procuratori Generali degli Ordini religiosi e delle Congregazioni Missionarie, residenti a Roma «perché avvisassero i rispettivi superiori generali di guardarsi da quella maledizione che è il nazionalismo esagerato, producendo una sterilità apostolica le cui prove riempiono il tavolo del Vicario di Cristo, di Cristo che disse: «Euntes docete, omnes gentes». Sotto questo riguardo -l'osservazione è mia -la campagna papale, a malgrado di quello che ha scritto in forma interpretativa la stampa estera e specialmente quella francese, colpisce in primissimo luogo gli ordini religiosi francesi dei quali è noto il nazionalismo ad oltranza.

Nel corso della conversazione, il cardinale, rispondendo a una mia osservazione riguardo alle diversità della razze e pure non potendo contestare che si tratta di un fatto del quale, anche sotto un punto di vista cattolico, bisogna tenere

conto, ha portato il discorso sui matrimoni fra cattolici e ebrei, precisando che a questo riguardo il Diritto Canonico fa un'unica distinzione fra persone battezzate, fra le quali il matrimonio è sempre permesso, e non battezzati per le quali è necessaria la dispensa ecclesiastica.

Le assicurazioni datemi dal Cardinale Segretario di Stato, riguardo al senso da attribuire al discorso del Papa e sulla notizia lanciata dalla United Press 2 e intercettata dal Regio Ministero dell'Interno, mi consigliano di non dare seguito al proposito da me manifestato e dall'E.V. approvato\ di chiedere dirette spiegazioni al Papa.

Parmi che, almeno per il momento, convenga lasciare cadere la cosa e così farò se non ricevo contrarie istruzioni d eli 'E. V.

In previsione di un eventuale ritocco della nostra legislazione in materia di matrimoni misti, credo mio dovere, di richiamare l'attenzione, perché si abbia presente, sul disposto dell'art. 34 del Concordato prima parte che dice «Lo Stato italiano volendo ridonare ali 'istituto del matrimonio, che è base della famiglia, dignità conforme alle tradizioni cattoliche del suo popolo, riconosce al sacramento del matrimonio, disciplinato dal diritto canonico, gli effetti civili». Il mio rilievo è dettato dal fatto che il Diritto Canonico riconosce valido il matrimonio fra battezzati (canone l O12) ali 'infuori di qualsiasi altra considerazione.

320 1 T. per corriere 3688/80 R. del 18 luglio. Il discorso del Pontefice era stato pubblicato su L'Osservatore Romano del 17 luglio.

321

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 3751/0133 R. Parigi, 20 luglio 1938 (per. il 22).

Lord Halifax, giunto ieri a Parigi insieme Sovrani 1 , avrebbe informato questo governo circa colloqui avuti, immediatamente prima sua partenza da Londra, con ufficiale ordinanza Fiihrer2

320 'Non si è trovata documentazione di un suggerimento in tal senso da parte dell"ambasciatore Pignatti e di una approvazione da parte di Ciano.

321 ' Vedi D. 330.

Wiedemann gli avrebbe fatto presente vivo desiderio Hitler migliorare rapporti anglo-tedeschi, oggi non soddisfacenti. Avrebbe aggiunto che, nonostante deplorevole lentezza con cui procedono negoziati cecoslovacchi, Fiihrer è convinto possibilità trovare soluzione pacifica del problema sudeti.

Halifax avrebbe preso atto con soddisfazione dell'assicurazione datagli non esistere fra Germania e Gran Bretagna fondamentale opposizione interessi e avrebbe suggerito che buona volontà da parte del Reich potrebbe utilmente iniziare a manifestarsi attraverso partecipazione tedesca alla soluzione del problema dei rifugiati.

Circa Cecoslovacchia, Halifax avrebbe aggiunto che se fosse effettivamente possibile concretare pacifica soluzione questione cecoslovacca, ciò non avrebbe indubbiamente mancato di reagire utilmente su tutta la situazione generale europea in modo da consentire a breve scadenza discussioni di più larga vastità e portata3

320 2 Nella corrispondenza dell' United Press, si affermava che in Italia la presa di posizione del Pontefice contro il «nazionalismo esagerato>> era considerata -nonostante le interpretazioni ufficiali -come riferita alla posizione del fascismo e che il Papa era molto preoccupato dalla possibilità che il governo fascista adottasse un programma di azione antisemita analogo a quello nazista che non era conforme ai principi della Chiesa cattolica.

321 2 Il capitano Fritz Wiedemann, aiutante di campo di Hitler, era giunto il 18 luglio a Londra e lo stesso giorno era stato ricevuto nel suo domicilio privato da Lord Halifax, al quale aveva dichiarato di essere stato inviato personalmente da Hitler, all'insaputa di von Ribbentrop, per sondare le Autorità britanniche circa la possibilità di avviare delle conversazioni con l'obiettivo di risolvere i problemi esistenti tra i due Paesi. Il capitano Wiedemann aveva aggiunto che, sia pure nei limiti ristretti in cui si potevano fare delle previsioni in proposito, il governo tedesco non intendeva ricorrere dalla forza nei riguardi della Cecoslovacchia (sul

322

L'AMBASCIATORE A SALAMANCA, VIOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 3574/1128. San Sebastiano, 20 luglio 1938 (per. il 25).

Mio telespresso n. 342411074 del 12 corrente'.

Al resto del viaggio del signor Doriot, ora ripartito per la Francia, è stato dato minore risalto nella stampa che non al principio di esso. Il concetto fondamentale e generalmente svolto, è che la Spagna Nazionale non dispera della «vera Francia» contro cui essa non ha animosità, dato che quella del Fronte Popolare non è l'unica Francia; che però la politica di indipendenza della

colloquio Halifax-Wiedemann si veda il promemoria redatto da Lord Halifax e la lettera di Sir

A. Cadogan a Wiedemann, che contiene la risposta scritta di Lord Halifax, in BD, vol. I, DD. 510 e 511).

La missione del capitano Wiedemann, che doveva restare segreta, era divenuta di dominio pubblico dopo che un giornalista aveva riconosciuto Wiedemann al suo arrivo all'aeroporto di Londra.

321 .l Il documento fu inviato in visione a Mussolini. Sulla portata effettiva della «missione Wiedemann» aveva cercato di avere notizie più precise anche l'ambasciatore Attolico nel corso di due colloqui con il Segretario di Stato alla Wilhelmstrasse, von Weizsacker. Quest'ultimo, che appariva scarsamente informato in proposito, gli aveva confermato che von Ribbentrop «non sapeva assolutamente niente>> di tutta la faccenda ma che comunque il capitano Wiedemann non era stato latore di messaggi, né scritti, né orali, per cui l'episodio doveva considerarsi <<di secondaria importanza>> (T. 3722/302 R. del 20 luglio e T. 3732/303 R. del 21 luglio).

Per le notizie sulla missione Wiedemann raccolte dall'ambasciata a Londra, si veda il D.

323. 322 ' Non rintracciato.

Spagna Nazionale consente a questa di cercare gli amici dove lo creda conveniente, senza tutele, e che con tale premessa e ferma restando la riconoscenza dovuta a coloro che hanno attivamente appoggiato in momenti gravissimi la Spagna Nazionale, questa desidera di essere amica della Francia rappresentata da Doriot.

A questo concetto di separazione fra «Francia vera» e «Francia del Fronte Popolare» sono state improntate le varie dichiarazioni di Doriot, come del resto quelle degli altri numerosi francesi di destra che sono venuti qui.

Il susseguirsi di visite di uomini politici francesi di destra risponde eviden:. temente ad un incarico di Bonnet e di Daladier e tende allo scopo di preparare l'atmosfera propizia all'invio di un Agente sul tipo britannico. Questo momento potrebbe essere considerato particolarmente favorevole, a frontiera pirenaica chiusa, e questa frequenza di visite francesi potrebbe far pensare che a Parigi si voglia appunto approfittarne, anche nell'eventualità che la frontiera stessa possa riaprirsi.

L'eventualità dell'invio di un Agente avrebbe un significato piuttosto economico e sarebbe destinato ad equilibrare l'azione germanica ed italiana ed a riprendere le posizioni perdute.

Il concetto di approfittare dell'attuale momento per una forma di riconoscimento prima che la guerra finisca, mentre la frontiera pirenaica è chiusa, ha ispirato anche le recenti dichiarazioni fatte a Parigi al Journal des Déhats dal conte de Romanones, il quale ha detto, fra altro, che la situazione fra Spagna e Francia è giunta al punto critico e non vi è da perdere un giorno solo. Se ora il governo di Franco è riconosciuto, la Francia potrà essere ancora per la Spagna quella che è stata prima.

Aggiungo che Jordana mi ha detto che attendeva Ouifiones de Leòn. il Quale. come è noto. è una specie di a~ente ufficioso del governo nazionale a Parigi. e che questi sarebbe stato latore di probabili avances di Bonnet per una ripresa di rapporti. Jordana aggiunse però che il governo Nazionale non intendeva deflettere dalla sua linea di condotta nei riguardi francesi. Per quanto riguarda eventuali proposte di compromesso di cui il Quifiones si fosse reso interprete (vedi telespresso ministeriale n. 224150/c. del 9 corrente2 ), lo stesso Jordana mi assicurò che era da escludere qualsiasi possibilità di compromesso.

La visita di Doriot a Saragozza coincise con vibrato articolo del Generale Kindelan, Comandante dell'Aviazione Nazionale, pubblicato proprio in quei giorni dall'Heraldo de Aragòn di quella città, e segnalato con telegramma Stefani Speciale n. 251 dell' 11 corrente. Il signor Doriot si risentì per questa pubblicazione e chiese di parlare al generale Kindelan: questi si rifiutò di vederlo e soltanto in seguito ad invito telefonico di Jordana da Burgos si decise a riceverlo3 .

322 ' Sul documento vi è il timbro: <<Visto dal Duce>>.

322 2 Non rintracciato.

323

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CROLLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 10119/552 P.R. Londra, 21 luglio 1938, ore 2,08 (per. ore 5,5).

Con i miei fonogrammi n. 200 e 201' ho segnalato all'E.V. dicerie e commenti apparsi stampa di ieri e di oggi circa visita Londra di Wiedemann e suo incontro con Halifax2

In particolare, stampa ha messo in rilievo un messaggio personale di Hitler che Wiedemann sarebbe stato incaricato di portare a Halifax per riaffermare vivo desiderio di Hitler di vedere presto migliori relazioni anglo-tedesche ed al tempo stesso per assicurare Halifax che la Germania vuole evitare qualsiasi soluzione di forza in Cecoslovacchia e auspica una pronta sistemazione del problema dei sudeti attraverso accordo tra Henlein e delegato cecoslovacco.

Questi giornali, compreso lo stesso Times, sottolineando momento e le circostanze dell'incontro Wiedemann-Halifax, hanno attribuito a Hitler desiderio di far pervenire un messaggio amichevole all'Inghilterra alla vigilia della partenza dei Sovrani britannici per Parigi.

Dirksen mi ha detto che oggi Wiedemann è venuto a Londra in visita privata. Poiché Wiedemann aveva conosciuto Halifax in occasione del viaggio di quest'ultimo in Germania nell'autunno scorso, egli ha tenuto a rivedere Halifax e naturalmente conversazione si è aggirata su argomenti interessanti relazioni anglo-tedesche. Non si tratta quindi -ha tenuto a precisare Dirksen -di inizio trattative, come ha cercato avvalorare la stampa.

D'altra parte, egli, Dirksen, aveva visto ieri ed oggi Cadogan, e si era intrattenuto con lui su stesso argomento relativo relazioni anglo-tedesche. Dirksen ha soggiunto che, a quanto gli risulta, Foreign Office aveva cercato evitare pubblicità sulla visita Wiedemann e che notizie erano state date e gonfiate per opera ambienti francese.

Ciò del resto troverebbe conferma nel fatto che questa ambasciata di Francia ha approfittato della pubblicità data al colloquio Wiedemann-Halifax per farsi consegnare iersera dal Foreign Office copia del colloquio medesimo.

Da fonte giornalistica inglese mi viene riferito che Foreign Office ha cercato di indirizzare la stampa nel senso che, nelle conversazioni Wiedemann-Halifax e nelle profferte tedesche di amicizia all'Inghilterra, non si poteva, per il momento ed in attesa di fatti più concreti, ravvisare altro che un benvenuto sintomo di distensione.

323 ' Nota dell'Ufficio Cifra: <<Trattasi fonogrammi stampa». 323 2 Vedi D. 321.

Dalla stessa fonte inglese mi si assicura, d'altra parte, che il Primo Ministro non avrebbe sgradito importanza data alla visita Wiedemann, quale preparazione di atmosfera ad un futuro eventuale miglioramento di rapporti con la Germania.

324

IL MINISTRO A SOFIA, TALAMO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 3772/021 R. Sofia, 21 luglio 1938 (per. il 23 ).

A telegramma di V.E. n. 224886/c. del 15 corrente1

Ho letto attentamente le comunicazioni del R. Ministro in Bucarest, segnalate da V.E. col suo telegramma surriferito.

Il dubbio ivi riferito che da parte bulgara si potesse esitare ad accettare il proposto accordo è ormai di fatto superato dalla intervenuta accettazione della Bulgaria, che ho telegrafato ieri a V.E.' Quanto al testo proposto, il Presidente del Consiglio, bulgaro mi incaricò di comunicarlo a V.E., ciò che feci con mio telegramma del 9 luglio corrente n. 1193 e, a quanto mi ha assicurato lo stesso Presidente del Consiglio esso non ha subito qui sostanziali ritocchi.

In merito alle considerazioni affacciate dal R. Ministro in Bucarest mi permetto di far presente:

l) Che condivido lo scett1c1smo del R. Ministro in Bucarest circa il potenziale avvicinamento della Bulgaria non solo alla Turchia e alla Grecia ma anche alla Romania; se fosse possibile di pronunciare una eccezione, questa sarebbe piuttosto verso la Turchia le cui relazioni con Sofia appaiono effettivamente migliori e in favore della quale la Bulgaria non ha dovuto compiere importanti rinunce territoriali. Verso la Romania e la Grecia si indirizzano, tuttavia, le più intense rivendicazioni nazionali della Bulgaria, Dobrugia e Tracia, e l'Intesa Balcanica destinata a perpetuare tale situazione è stata e in parte è ancora l'istrumento di accerchiamento della Bulgaria. È quindi da ritenere, anche dato il clima politico particolare all'Europa balcanica, che tutti questi patteggiamenti siano artificiali e fino ad un certo segno caduchi, sempre che non siano costretti e puntellati da maggiori Potenze, come se ne potrebbe vedere l'intenzione anche attraverso il passo di questo Ministro britannico da me riferito a V.E. con mio telegramma n. 115 dell'8 luglio corrente\ e in un

324 ' Non rintracciato. È da ritenere ritrasmettesse il D. 284.

324 ' Vedi D. 298, nota l.

324 'T. 3576/115 R. dell'8 luglio. Riferiva che il ministro di Gran Bretagna, Rende!, si era rivolto a lui per conoscere l'atteggiamento del governo italiano nei riguardi di un accordo

certo parallelismo delle trattative dell'accordo in argomento con quelle britanniche a Sofia, avvertito dal R. Ministro in Atene per ultimo ai sensi del telegramma per corriere di V.E. n. 9591/c. del 5 corrente'.

2) Condivido l'opinione del R. Ministro in Bucarest nel senso che la forma dell'accordo in argomento si presenta almeno insolita. Ma, ammesso il dubbio circa la validità della delega di poteri sovrani fatti nella circostanza alla Presidenza dell'Intesa Balcanica, mentre individualmente si impegna la Bulgaria, non crederei che comunque l'impegno di questa ultima sia sostanzialmente più solido, giacché essa si impegna sì individualmente ma non verso altri Stati individualmente, sebbene verso una specie di società in nome collettivo ad avvenire abbastanza periclitante, la quale. ad ogni modo dovrebbe sciogliersi de jure fra due anni, dopodiché si potrebbe supporre che la Bulgaria non sia più impegnata.

Riferii a V.E. un mio telegramma n. 116 dell'8luglio u.s.6 come proprio questa situazione equivoca ha contribuito a decidere la Bulgaria all'accordo. A parte quindi che l'opinione del governo di Sofia su questo punto è già fatta, non parrebbe conveniente di richiamare l'attenzione sui difetti dell'accordo, al quale se non altro per i menzionati sospetti di influenze in esso di altre grandi Potenze, avremmo per quanto mi sembra ben poco interesse.

3) Circa il precedente impegno romeno-greco di non procedere a separate intese con la Bulgaria, osservo che, almeno in questioni parziali, esso si trovava di fatto già ad essere stato violato da entrambi i contraenti. Così nei recenti accordi di traffico transdanubiano bulgaro-romeni di cui ho già riferito a V.E. Non parrebbe peraltro che l'accordo ora in corso, salvo il presumibile miglioramento di atmosfera fra la Bulgaria e i suoi vicini, che può indubbiamente facilitare molte cose, dovrebbe di per sé solo comportare un'eccezione all'anzidetto impegno, laddove anzi anche il nuovo mantiene un quadro rigidamente collettivo.

Quanto al nostro interesse alla soluzione di questioni sospese fra la Bulgaria e i suoi vicini, anche qui crederei convenga quanto meno premettere l'interrogativo sotto gli auspici di quali Potenze esse possano essere affrontate e composte.

tra Bulgaria e Stati dell'Intesa Balcanica basato sulla rimilitarizzazione della Tracia e su un impegno della Bulgaria <<equivalente ad un impegno di non aggressione>>. Rende! gli aveva detto che l'iniziativa dell'accordo era stata presa da Ankara e che la Gran Bretagna si era limitata ad incoraggiarla per il suo carattere di revisione pacifica, <<offrendo i suoi buoni uffici per il superamento di eventuali difficoltà ma lasciando lo sviluppo delle trattative agli interessati>>.

324 ' Ritrasmetteva il T. 3512/058 R. del l o luglio da Atene. Il ministro Boscarelli, nel dare notizie sull'andamento dei negoziati tra Bulgaria e Stati dell'Intesa Balcanica, riferiva di avere appreso che greci, turchi é romeni avevano chiesto a Londra di far interrompere le trattative in corso da parte di alcune ditte britanniche per la fornitura di armi alla Bulgaria.

4) Per quanto concordi con l'opinione del R. Ministro in Bucarest che l'accordo in corso potrà dare adito alla Romania a maggiori intese con la Bulgaria, sta di fatto che per il momento, e anche tenuto conto dell'accordo già praticamente raggiunto, le relazioni bulgaro-romene sembrano piuttosto essere peggiorate che migliorate. E anzi a giudizio del governo bulgaro è proprio la circostanza delle trattative per l'accordo quella che le ha fatto peggiorare, giacché proprio alla Romania si imputano qui quelle maggiori pretese che avrebbero provocato rinvii e ritardi delle trattative stesse. Ne riferii a suo tempo a

V.E. -Con mio rapporto n. 3583/1396 del 21 luglio u.s. 7 ho da ultimo riferito a V.E. -le valutazioni generali e particolari del governo bulgaro nei confronti della Romania, le quali non sembrano costituire una buona premessa per ulteriori intese. Quanto alla questione minoritaria bulgara in Dodrugia, il governo di Sofia la pone certamente fra i suoi fondamentali reclami verso la Romania, e l'accenno anche testé fattomene da questo Presidente del Consiglio, come da mio predetto del 21 corrente sta ancora a confermarlo.

Ciò non toglie evidentemente che in una nuova atmosfera interbalcanica molti angoli possono smussarsi, e molte cose possono essere facilitate. Ma anche qui crederei sia da esaminare molto attentamente il nostro interesse in proposito.

5) Circa la Jugoslavia, condivido l'opinione del R. Ministro in Bucarest che essa lasci fare. È anche vero che sembra difficile che allo stato delle cose essa avrebbe potuto, Potenza dell'Intesa Balcanica essa stessa, opporsi. Ma di quanto qui si può rilevare dalla scarsa soddisfazione di Belgrado e dell' attuale momento, non certo dei migliori da vari mesi a questa parte, delle relazioni bulgare-jugoslave ho riferito a V.E. anche ultimamente col mio telegramma

n. 133 del 21 luglio u.s. '; e col mio telespresso n. 352811366 del 20 luglio". La Jugoslavia da tutto il negoziato esce certo dalle Potenze balcaniche la più danneggiata, precisamente nelle sue situazioni «monopolistiche», come giustamente le indica il R. Ministro in Bucarest, nei confronti della Bulgaria. Pare da credere che non continuerà nel proprio interesse a far correre le cose per il loro verso.

324 'T. 37451133 R. del 21 luglio. Riferiva che era impressione di Kiosseivanov che l'accordo tra Bulgaria e Intesa Balcanica fosse accolto <<con qualche freddezza>> a Belgrado. Un'impressione pienamente confermata dall'addetto militare italiano, Sovera, secondo il quale <<la manifestazione di malcontento difficilmente avrebbe potuto essere diversa e maggiore>>.

324 2 Con T. 37421132 R., non pubblicato, che è del 21 luglio.

324 6 Vedi D. 298, nota 3.

324 7 Riferiva che Kiosseivanov si era espresso molto duramente nei riguardi della politica di Bucarest che con le sue pretese aveva ritardato la conclusione dell'accordo per il riarmo della Bulgaria e che non migliorava il suo atteggiamento verso la minoranza bulgara in Dobrugia. Kiosseivanov aveva poi escluso che in questa occasione si potesse chiedere alla Bulgaria una rinuncia di principio alle sue aspirazioni, come del resto una rinuncia del genere non era stata chiesta dalla Jugoslavia in occasione del trattato del gennaio 1937. Un accenno quest'ultimo -osservava il ministro Talamo -che induceva a ritenere come da Sofia non fossero state abbandonate nemmeno le rivendicazioni sulla Macedonia.

324 9 Non rintracciato.

325

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. SEGRETO URGENTISSIMO 5162/150l. Berlino, 21 luglio 1938 (per. il 23 ).

Continuano le note pessimistiche sulla situazione cecoslovacca. L'Ambasciatore di Francia. allarmato dalle dichiarazioni di Goring alla moglie 1 , è ritornato a Berlino abbreviando la propria cura a Bad Gastein. Tornato ieri mattina, ripartirà per Parigi domani per conferire col proprio Governo. L'Ambasciatore d'Inghilterra ha dichiarato che non prenderà vacanze. In una visita, molto lunga, che egli mi ha fatto, ha sottolineato, direi quasi con una certa ansietà, la gravità delle situazione attuale e l'importanza che avrebbe per la pace europea una «cooperazione fra l'Italia e l'Inghilterra diretta a trovare-e quindi render possibile con un comune sforzo diplomatico -un'intesa fra Francia e Germania sulla questione sudeta». Anche l'Ambasciatore François-Poncet parla della urgenza che vi sarebbe di trasformare ciò che ora è un oggetto di litigio in un oggetto di negoziazione, espressamente accennando ad una possibile intesa in proposito fra i due assi, «al di fuori della stessa Cecoslovacchia».

Entrambi sono sinceramente preoccupati e non dissimulano che, in fondo, sia l 'Inghilterra, sia la stessa Francia non amerebbero battersi solo per conservare i sudeti tedeschi alla Cecoslovacchia.

Né più incoraggianti sono le notizie che giungono da Praga, ove le proposte elaborate sembrano tali da escludere nel modo più assoluto che la Germania possa accontentarsene. Il Segretario di Stato Weizsacker ha rilevato che esse sono congegnate in maniera da assicurare nelle diete regionali una costante maggioranza a cechi, al punto da sottoporre le nazionalità non ceche ai Diktat di Praga. Uno statuto di minoranze. quindi. e non uno statuto di nazionalità. Non queste erano state le promesse di BeneS', il quale sembra che, a un certo punto, avesse fatto balenare la possibilità di una «soluzione svizzera». Che se, poi, BeneS' arrivasse alla follia di imporre tutto questo, per legge, senza previo accordo con i sudeti, la crisi sarebbe certa e certamente violenta.

Né sono molti quelli che nella stessa Germania se ne compiacerebbero. Incompletezza di preparazione militare e di sviluppo del piano quadriennale, strettezze economiche, crisi di assestamento in Austria con difficoltà sempre nuove se non crescenti, non possono fare, né fanno in fatto, desiderare una guerra europea. Da ottima fonte ho saputo che lo stesso Maresciallo Goring ammette che da una guerra generale, prolungata, la Germania potrebbe anche non uscire vittoriosa.

Persino gli allarmi da lui gettati -vedi dichiarazioni alla Signora FrançoisPoncet -e la quasi precisa, (forse troppo precisa) indicazione delle intenzioni e dei piani tedeschi potrebbero anche significare un tentativo per prevenire, se possibile, la necessità di una guerra.

Ma la guerra può essere -dopo tutto -anche forzata dagli avvenimenti e non è un segreto per nessuno che le Forze Armate tedesche, sebbene a malincuore, vi si preparano febbrilmente.

Sola nota ottimista potrebbe -nelle circostanze -essere rappresentata dalla mossa «tranquillizzante», personalmente compiuta dal Fiihrer presso Halifax a mezzo del Capitano Wiedemann2 Rimane però da vedere se l'episodio Wiede

mann -per la pubblicità che ha ricevuto e la presentazione che gli è stata data -non rischi di portare a risultati opposti a quelli forse originalmente contemplati. Comunque dell'episodio Wiedemann mi occupo in separata sede'.

325 1 Il 12 luglio, durante un ricevimento a Karinhall, Goring aveva dichiarato <<non senza veemenza>> alla signora François-Poncet che la Germania non poteva differire ulteriormente l'azione per riportare i sudeti nel Reich ed aveva indicato il mese di settembre come una data possibile per tale azione (sull'episodio si veda quanto riferiva l'incaricato d'affari francese, de Montbas, in DDF, vol. X, D. 207).

326

IL MINISTRO A SOFIA, TALAMO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 3586/1399. Sc~f!a, 21 luglio 1938 (per. il 24).

Telegr. di V.E. del l o giugno u.s. n. 21907llc.1

Ho letto attentamente la segnalazione fattami da V.E. con il suo telegr. surriferito. Di piani di unione doganale come anche di unione monetaria fra Jugoslavia e Bulgaria, che vengono periodicamente ripresi dalla stampa e dall'opinione dei due Paesi, e, come ho riferito a suo tempo a V.E. anche nella circostanza delle più recenti manifestazioni economiche bulgaro-jugoslave, ho avuto altre volte occasione di parlare con questo Presidente del Consiglio.

Egli vi si dichiara opposto. e, almeno per ciò che è nei propositi del Governo bulgaro. non li crede probabili.

Una volta ebbe a dirmi che simili piani erano stati «in ben altri tempi» nel pensiero del Re Ferdinando ma che «allora la cosa veniva da parte bulgara», quasi come a manifestarmi che si trattava in sostanza di progetti monopolistici di uno dei due Stati slavi sull'altro, i quali venivano alternativamente ripresi da quello dei due che rispetto all'altro veniva a trovarsi il più forte.

Per me stimerei che sono queste e altre manifestazioni delle aspirazioni jugoslave verso la Bulgaria, mentre che l'accordo bulgaro-jugoslavo2 non pare tuttavia

325 ' Vedi D. 321.

325 ; Il documento ha il visto di Mussolini.

Sulla missione Wiedemann, Attolico riferiva con telespresso 5164/1502 del 21 luglio che era inviato, il 23 luglio, in visione a Mussolini. Il documento non è stato rintracciato.

326 ' Non rintracciato.

326 'Trattato del 24 gennaio 1937 (vedi D. 64, nota 2).

profondamente radicato nella coscienza delle due nazioni, e, liquidata totalmente la questione macedone e cancellati ricordi recenti e i non anche diradati sospetti che in quelle si celino aspirazioni assai più vaste, ciò che ha finalmente concorso ad orientare i bulgari a maggiori concessioni verso le altre Potenze dell'Intesa balcanica, concessioni che si concretano nell'accordo in corso per il riarmo bulgaro, il quale sembra da credere non incontri ora il particolare favore di Belgrado.

Per ciò che ci concerne, e salvo un diverso pensiero di V.E .. parrebbe. a mio subordinato avviso. che tutto ciò che oltrepassando un'amichevole intesa fra Jugoslavia e Bulgaria. minacci fusione di più che sei milioni ancora di slavi nella già grande Slavia del Sud. finché ciò non sia nella fatalità degli eventi. e tuttavia certo non sembra esserlo. poco meriterebbe di essere incoraggiato da noil.

327

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 3759/484 R. Tokio, 22 luglio 1938, ore 15 (per. ore 6 del 23).

Da quando è avvenuta annessione' questa ambasciata di Germania ha mutato linguaggio circa Inghilterra. Inoltre, pur continuando a criticare Giappone e a giudicare con immutato e poco velato pessimismo sue operazioni militari e condizioni economiche, mostra preoccuparsi della possibilità di una qualche sua intesa con l'Inghilterra, così come, almeno fino a tempo fa, mostrava preoccuparsi dei nostri accordi con Londra.

Non escludo che fra le ragioni di richiamo di alcuni dei suoi consiglieri militari in Cina vi sia stata quella di dare qualche soddisfazione ai giapponesi in considerazione di quanto precede e di rendere meno efficaci qui le accuse inglesi alla Germania fondate sugli aiuti di questa alla Cina.

Ambasciata di Germania sembra temere che, se anche non ora, possano esservi in seguito importanti negoziati con l 'Inghilterra cagionati dalla necessità di prestito in cui guerra avrebbe posto Giappone e cita come prova del pericolo asserzione fatta da un alto funzionario di questo ministero Affari Esteri a un suo segretario, secondo la quale, ove Germania non fosse in condizioni di offrire capitali al Giappone, quest'ultimo sarebbe costretto a chiederli alla Gran Bretagna.

Anche nazionalisti giapponesi mostrano temere un accordo con l'Inghilterra, ripetendo diffidare ambizione opportunismo amicizie parlamentari e bancarie di Ugaki e ogni colloquio di questo con l'ambasciatore d'Inghilterra aumenta loro sospetti.

327 1 Nota dell'ufficio Cifra: «Decifrazione controllata>>.

Come già altra volta riferii, militari, pur dichiarando che non vi può essere solida e durevole amicizia anglo-giapponese in quanto Inghilterra rimane per ultima nemica, non negano possa giungersi un giorno a un accordo con essa purché però non danneggi frutti della vittoria nipponica in Cina.

D'altronde, se si considerino enormi interessi inglesi in Cina, si è portati a concludere che Londra sarà costretta, dato che alla Cina si è sostituito il Giappone, a trattare con questo per cercare salvare questi privilegi.

Mi sembra tuttavia poter asserire che colloqui di questo ambasciatore britannico hanno per scopo il regolamento di particolari questioni. Nessun accordo di carattere generale è in corso di negoziati e nulla fa prevedere sia per essere in un avvenire prossimo. Quanto ai capitali, il desiderio del Giappone è di averne dall'America2

326 3 Il documento ha il visto di Mussolini.

328

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. RISERVATISSIMO 5205/1515. Berlino, 22 luglio 19381

Con i miei rapporti 50162 , 5091/1480', 5162/1501 4 ho già avuto occasione di inviare a V.E., in merito alla situazione cecoslovacca, alcuni resoconti d'ambiente, mostrando attraverso di essi -senza farne oggetto di apprezzamenti e giudizi da parte mia -gli elementi di un crescente nervosismo e il riformarsi specie nei circoli diplomatici -di una atmosfera di guerra. Ritengo che di tutti questi elementi giovi ora fare una messa a punto in modo da trame -se possibile -una qualche conclusione.

Premetto esser mio rimesso ma sicuro convincimento che anche qui in Germania-senza parlare naturalmente della Francia e dell'Inghilterra-nessuno possa desiderare e desideri effettivamente -in questo momento -di fare una guerra.

327 ' Questo documento fu inviato in visione a Mussolini.

328 'Vedi D. 319.

Situazione economica non propriamente acuta ma certamente non tale da consentire ingenti carichi addizionali; il piano quadriennale appena agli inizi e quindi insufficiente ad assicurare al Paese alcuna sostanziale autarchia (ammissione dello stesso generale Thomas); pieno sviluppo dell'azione interna antigiudaica e degli assestamenti relativi; rifacimento in corso di quasi intere città, compresa la stessa Berlino; difficoltà economiche e morali «di assorbimento» del Land Austria rivelatisi in pratica assai maggiori di quelle originalmente previste; preparazione bellica incompiuta e conseguente, sicura riluttanza dell'esercito ad affrontare la prova suprema; evidente aspirazione delle masse popolari alla tranquillità e alla pace (la Germania non ha mai avuto il coraggio di pubblicare il nome di un morto o di un ferito in Spagna), sono tutti elementi che non fanno presupporre, in nessuno, un desiderio di guerra.

Direi quasi che una guerra non è desiderata neanche dagli «estremisti». Questi auspicano bensì una soluzione di forza del problema cecoslovacco, la premessa di una tale tendenza essendo peraltro la convinzione che il colpo cecoslovacco non implicherebbe una guerra, tanto meno generale, dato che esso potrebbe esser compiuto con rapidità quasi austriaca e quindi prima ancora che una conflagrazione europea abbia materialmente il tempo di delinearsi e di svilupparsi. I fautori del fatto compiuto ritengono fermamente che Francia ed Inghilterra -Paesi vecchi, ricchi ed egoisti -piuttosto che rischiare una guerra, la quale non mancherebbe di sconvolgere insieme con gli interessi degli altri anche quelli propri, finirebbero coll'ingoiare un nuovo 11 marzo cecoslovacco. Se questo è il loro pensiero, esso rivela -a parte ogni considerazione di merito -l'assenza di un deliberato desiderio di guerra.

In fondo, wm desiderano la guerra -sintomatiche in proposito le dichiarazioni riportate dalla stampa odierna del Deputato Kundt -neanche i sudeti, i cui capi trovano nel precedente austriaco un incoraggiamento, almeno per ora, a preferire un regime di autonomia ad un Anschluss.

Meno che gli altri desidera la guerra. a mio rimesso avviso. lo stesso Fiihrer, anche l'episodio WiedemannS, qualunque sia la morale che voglia tirarsene, stando in fondo a provarlo.

Ma se una cosa è desiderio, altra cosa è pericolo di guerra.

Il pericolo di guerra -intendo europea -è in re ipsa, nella stessa insicurezza delle premesse estremiste, (in questi ultimi tempi l'idea di un possibile intervento dell'Inghilterra ha guadagnano molto terreno), nella generale avversione del mondo contro la Germania, nelle intemperanze di linguaggio e di azione di taluni fra gli stessi capi nazisti, nella stupida caparbietà di Praga, nella impossibilità per la Germania di subire dopo il 21 maggio una nuova menomazione del proprio prestigio, nell'incidente, nell'imprevisto ...

Sta in fatto -poi -che la Germania, con o senza desiderio di guerra, alla guerra si sta preparando febbrilmente; che questo è conosciuto da tutti e con

sorprendenti dettagli; che lo stesso Géiring non ha esitato ad annunziare come possibile e pressoché inevitabile lo scoppio delle ostilità per settembre se non addirittura per agosto.

Tutto questo è più che sufficiente per creare una atmosfera di guerra e giustificare il pessimismo nero dei diplomatici. Ma io, modestamente, non partecipo a questo pessimismo e credo invece in uno snodamento pacifico della situazione. Ne accennerò qui appresso le ragioni.

Attraverso frequenti, ripetute conversazioni con l'Ambasciatore di Inghilterra e con quello di Francia, collaudate e controllate attraverso contatti accessori, io ho acquistato la sicura convinzione che se l 'Inghilterra non esiterà a schierarsi a fianco della Francia quando una guerra veramente scoppiasse, farà però il possibile e l'impossibile per evitarla.

Orbene, i preparativi di guerra, ripeto notori, della Germania, le stesse non ogni male viene per nuocere -intemperanze e sovrabbondanze di linguaggio del Gran Maresciallo, stanno avendo l'effetto di incutere un tale salutare timore ai rappresentanti diplomatici di Francia e di Inghilterra e attraverso di essi ai rispettivi Gabinetti, da far ormai ritenere come ragionevolmente sicura una pressione inglese e francese su Praga forse sufficiente a farla capitolare.

Reputo opportuno entrare in proposito in qualche dettaglio anche perché taluni riflessi della situazione diplomatico-politica che a mio parere sta per delinearsi interessano l'Italia in modo diretto.

Ho assistito avantieri ad una conversazione fra François-Poncet ed Henderson molto significativa ed avente indubbiamente considerevole valore in quanto indice delle situazioni politiche dei rispettivi Governi. François-Poncet svolgeva la teoria del rempart cecoslovacco, perduto il quale tutta l 'Europa avrebbe poi dovuto a grado a grado-cedere alla strapotenza tedesca. Henderson gli opponeva brutalmente che l 'Inghilterra non poteva entrare in guerra soltanto per permettere ai Cecoslovacchi di conservare indefinitamente tre milioni di sudeti che non le appartenevano. Essere quindi venuto il momento per Parigi di agire sul serio, facendo comprendere a Praga che, ove non si mostrasse ragionevole, e cioè praticamente non cedesse, essa sarebbe stata abbandonata dalla stessa Francia. Senza una minaccia simile, Praga non avrebbe mai capitolato.

Con evidente amaro disappunto, François-Poncet si limitava ad obiettare che la Francia non si trovava, dati i patti che le legavano a Praga, in condizione di andare così lontano; essere quindi l 'Inghilterra quella che, libera da impegni analoghi, poteva meglio e più fortemente agire su Praga. Sì, rispondeva Henderson, ma ad un patto e cioè che Parigi dia all'Inghilterra carta bianca. François-Poncet: domandatela!

La discussione si volgeva quindi sul quantum da domandare a Praga. Così Henderson come lo stesso François-Poncet convenivano che lo statuto elaborato a Praga -per quanto se ne sappia -non è tale da poter contentare i tedeschi, i quali pretendono se non il 100% dei 14 punti di Henlein\ certo assai più del

328 "Vedi D. 215, nota l.

50%. Bisognava giungere ad una vera e propria autonomia e ciò in seguito e sulla base di un plebiscito. François-Poncet resisteva, alla fine peraltro ammettendo che forse il sistema del plebiscito si presterebbe a salvare la faccia della Cecoslovacchia e dei suoi governanti. Del resto, aggiungeva François-Poncet riprendendo un'idea che aveva già avanzato tempo fa, non si comprende perché il problema cecoslovacco non potrebbe esser risolto -per via di negoziazione diplomatica -da tutte le Potenze responsabili della creazione della Cecoslovacchia stessa -Francia, Inghilterra, Italia, più, naturalmente, la Germania. Due di queste Potenze -Inghilterra e Italia -non avendo impegni con la Cecoslovacchia, potrebbero servire in una eventuale azione se non in una vera e propria conferenza a quattro praticamente da mediatori per una soluzione di pacifico, onesto compromesso. La Germania non potrebbe-se invitata-rifiutarsi di collaborare ad una simile azione. Henderson consentiva e si impegnava a far di quanto sopra oggetto di proposte al proprio Governo, mentre François-Poncet assicurava che avrebbe sostenuto, recandosi a Parigi, analoga idea presso il Governo della Repubblica.

Mi consta che la cosa. per quanto riguarda Henderson. ha già avuto seguito.

Io non ho riferito a VE. tutto questo perché ritenga che l'opinione di Henderson o di François-Poncet possa avere un qualunque valore decisivo. Io credo soltanto che le loro opinioni -Henderson è ritornato da Londra da appena otto giorni -abbiano valore in quanto indice della disposizione dei rispettivi Governi, disposizione a tutto tentare sul terreno diplomatico pur di evitare una guerra. La stessa sopravalutazione del pericolo effettivo di una guerra e della sua imminenza (François-Poncet ne fissava la data a metà agosto) agisce come stimolo presso i Governi dell'Intesa all'inizio di un'azione diplomatica, non più limitata a generiche raccomandazioni di ragionevolezza e di mansuetudine ma diretta a trovare e ad offrire attraverso iniziative diplomatiche nuove. una solu: zione concreta del problema cecoslovacco. in senso sostanzialmente favorevole alla Germania.

Questa nuova fase di azione politica può a mio modo di vedere essere considerata come già iniziatasi con le conversazioni parigine di Halifax', nelle quali quest'ultimo avrà senza dubbio avanzato l'idea-che Henderson nella sua conversazione con François-Poncet a sua volta ripeteva -di una soluzione autonomistica raggiunta per plebiscito.

Io non so quale accoglienza una simile proposta abbia finora incontrato a Parigi. Certamente però essa inizia, ripeto, l'apertura di un'azione politica di iniziativa inglese diretta-attraverso uno sforzo diplomatico collettivo-a trovare ed imporre alla Cecoslovacchia una soluzione pacifica del problema dei sudeti, ispirata alla soddisfazione sostanziale dei desiderata di Henlein.

Concludo. Io non credo in un vero, imminente pericolo di guerra. Ritengo peraltro che a questo pericolo credano Francia e Inghilterra. Credendovi, queste sono

disposte -la Francia naturalmente al rimorchio dell'Inghilterra -a fare di tutto per impedirlo. Esse quindi -l'Inghilterra in testa-prederanno l'iniziativa di soluzioni concrete suscettibili di soddisfare i sudeti e ciò attraverso un'azione diplomatica alla quale cercheranno associare -oltre. naturalmente la Germaniaanche l'Italia.

Su quest'ultimo punto l'Ambasciatore d'Inghilterra è stato con me quanto mai esplicito. Non posso non dare un certo peso alle sue parole dato che, ripeto, egli torna ora da Londra, dove ha lungamente conferito con Halifax e Chamberlain, di cui naturalmente ripete le opinioni e interpreta le tendenze.

Sono ben l ungi in questo mio rapporto dali'esprimere un giudizio sulla convenienza o meno che il Governo Fascista si associ alla nuova azione diplomatica che si delinea. Credo soltanto doveroso di prevenire l 'E.V. che, per quanto io possa vedere di qua, non è da escludere che l'Italia sia, specie dall'Inghilterra, chiamata a parteciparvi'.

328 1 Manca l'indicazione della data di arrivo.

328 2 Rapporto 5016/51 del 16 luglio. Il documento-che ha il visto di Mussolini-è stato semidistrutto dall'umidità ma vi si leggono queste frasi probabilmente tratte da un rapporto dell'addetto militare, generale Marras: «Nel complesso le alte gerarchie militari si mantengono contrarie a un'azione di forza contro lo Cecoslovacchia perché essa provocherebbe un conflitto europeo. Esse però vogliono tenersi pronte (stanno ali 'uopo rimaneggiando tutto il piano di operazioni) per il caso che il Fiihrer, indotto da una eventuale congiuntura favorevole o spinto dall'ala estrema del Partito, decidesse improvvisamente di intervenire».

328 4 Vedi D. 325.

328 5 Vedi D. 321.

328 7 Durante il viaggio dei Sovrani britannici in Francia del 19-22-luglio. Vedi D. 330.

329

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 2054/788. Varsavia, 22 luglio 1938 (per. il 25).

Il viaggio che il Presidente del Consiglio ungherese, accompagnato dal ministro degli Esteri, ha compiuto in questi giorni in Italia' è stato seguito con vivissimo interesse in Polonia. Tale interesse è più che giustificato. Sono noti i buoni rapporti che la Polonia intrattiene con l'Ungheria e la solidarietà di vedute tra i due Paesi nei problemi dell'Europa Danubiana, specialmente nel problema cecoslovacco. D'altra parte, l'importanza della visita a Roma del signor Imredy è aumentata dal fatto che è la prima che egli compie' dopo la nuova situazione determinata dall'unione de!l'Austria alla Germania. Questo è anzi il tema che viene principalmente svolto nei commenti dei giornali polacchi, i quali nella maggior parte arrivano alle conclusioni secondo le quali l'Anschluss non avrebbe modificato l'essenza dei rapporti itala-ungheresi, ma si tratterebbe soltanto di riorganizzare la base dei rapporti stessi, adattando alle nuove necessità i Protocolli di Roma prima fondati sul triangolo Roma-ViennaBudapest.

La continuità della politica italiana verso l 'Ungheria e l'amicizia tra i due Paesi che viene solennemente riaffermata dalla visita degli uomini di Stato ungheresi sono accolte con favorevoli commenti della stampa polacca di diverse

328 x Il documento ha il visto di Mussolini. 329 'Vedi D. 315. 329 2 Sic.

tendenze. Nelle deduzioni però che traggono dall'avvenimento considerato nei confronti della politica della Germania nell'Europa Danubiana non è mancata in alcuni giornali polacchi la nota tendenziosa. secondo la quale il rafforzamento delle posizioni dell'Italia nell'Ungheria sarebbe diretto a ostacolare una concorrente azione germanica3 .

330

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 3792/0140 R. Parigi, 23 luglio 1938 (per. il 25).

Conversazioni durante soggiorno Sovrani britannici1 fra Daladier, Bonnet, Halifax si sono sopra tutto svolte su possibilità giungere regolamento questione cecoslovacca.

Halifax ha reso conto suoi colloqui con ufficiale ordinanza Hitler2 ed ha insistito su necessità incoraggiare e favorire propositi tedeschi per soluzione pacifica problemi sudeti. Progetto tedesco comporterebbe negoziato fra Gran Bretagna, Italia, Francia e Germania che dovrebbe, in caso successo, sboccare in un trattato non aggressione fra Berlino e Praga di durata limitata. Reich avrebbe altresì suggerito accordo per limitazione quantitativa armamenti aerei.

Governo francese si è dichiarato disposto favorire e incoraggiare possibilità giungere soluzione pacifica questione cecoslovacca ed esercita in questo senso conseguenti pressioni su Praga per rapida maturazione statuto nazionalitario.

Iniziativa tedesca ha posto, almeno per il momento, in secondo piano esame situazione mediterranea.

Halifax avrebbe ancora una volta riconfermato ministri francesi che accordo itala-britannico resta condizionato a regolamento questione spagnola attraverso ritiro volontari. Ministro avrebbe dato ampie assicurazioni su proposito britannico agevolare in ogni modo accordo parallelo itala-francese, portando tuttavia problema su piano generale distensione europea3

523. 330 ' Si veda in proposito il D. 321. 330 3 Sulla visita dei Sovrani britannici, Prunas inviava lo stesso giorno un resoconto

che, dopo essersi soffermato sugli aspetti protocollari, così terminava: «La visita dei Sovrani britannici ha suscitato certamente qui una soddisfazione unanime e profonda. C'è oggi in Francia un senso di sicurezza maggiore e quasi di sollievo, una maggiore fiducia. L'intesa tra i due Paesi si è approfondita, rafforzata e rinvigorita>> (telespresso 6823/3903 del 23 luglio. Il documento ha il visto di Mussolini che ha sottolineato la frase qui riportata).

329 3 Il documento ha il visto di Mussolini.

330 1 La visita dei Sovrani britannici in Francia si era svolta dal 19 al 22 luglio. Per le conversazioni alle quali si fa qui riferimento si veda DDF, vol. X, D. 237 e BD, vol. I, D.

331

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CROLLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 3775/557 R. Londra, 24 luglio 1938, ore 0,46 (per. ore 5,45).

Con mio odierno fonogramma stampa n. 204 ho dato a V.E. informazioni e commenti di questi giornali sul colloquio di ieri tra Chamberlain e Dirksen '. Questo ambasciatore di Germania che ho visto oggi mi ha al riguardo precisato quanto segue:

l) È inesatta versione dei giornali che colloquio sia stato promosso per iniziativa Dirksen. Verità è che Dirksen è stato ieri mattina al Foreign Office a vedere Cadogan e successivamente a lO Downing Street a salutare sir Orazio Wilson, sottosegretario presidenza. Wilson gli ha detto che Primo Ministro desiderava vederlo e lo ha accompagnato da Chamberlain.

2) Colloquio non è durato 40 minuti, come hanno pubblicato alcuni giornali, ma circa un quarto d'ora. Nel corso del colloquio, che ha avuto tono cordiale, iniziativa argomento è stata assunta da Chamberlain e non si è fatto nessun accenno alla Spagna. Si è parlato soltanto della Cecoslovacchia e delle relazioni anglo-tedesche.

3) Circa Cecoslovacchia, rispondendo a quesiti postigli da Chamberlain, Dirksen ha dichiarato progetto di statuto delle minoranze preparato da Praga è assolutamente insoddisfacente e che nella forma attuale tale statuto rischia di bloccare qualsiasi possibile trattativa coi sudeti.

Chamberlain ha riconosciuto pienamente questo pericolo, ma ha soggiunto che, per l'eventualità che la situazione arrivasse ad un punto morto, governo britannico aveva in serbo «un altro piano per risolvere le questioni». Chamberlain, ha continuato Dirksen, non ha voluto tuttavia specificare più oltre che cosa avesse in mente. Dirksen non escludeva tuttavia che questo «piano» potesse corrispondere al! 'idea di una conferenza a quattro, Italia, Germania, Francia e Inghilterra della quale stampa si occupa diffusamente attribuendone tuttavia la paternità alla Germania.

Chamberlain ha infine confermato a Dirksen la speranza che governo tedesco, nel! 'interesse di una soluzione pacifica del problema dei sudeti, vorrà dimostrare coscienza2 di fronte ai ripetuti incresciosi incidenti alla frontiera cecoslovacca. Chamberlain ha ricordato a questo riguardo «spirito di moderazione di cui ha dato prova da parte sua governo britannico nei riguardi perdita vite e proprietà britanniche in occasioni bombardamento porti spagnoli».

331 ' Sul quale si veda BD, vol. I, D. 535 e DDT, vol. II, D. 309. 331 ' Sic. Il testo da Londra dice: «dimostrarsi paziente».

4) Passando al problema relazioni anglo-tedesche Chamberlain ha espresso a Dirksen la sua speranza e il suo vivo desiderio di vedere presto raggiunta una «completa e durevole intesa tra i due Paesi».

Dirksen parte stasera in congedo per Berlino3

332

IL MINISTRO A PRAGA, DE FACENDIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 1196/736. Praga, 25 luglio 1938 (per. il 28).

Le notizie intorno alla missione di Wiedemann a Londra1 e intorno al colloquio svoltosi fra Dirksen e Chamberlain2 hanno prodotto vivissima impressione nella pubblica opinione ceca.

Negli ambienti ufficiali si dichiara di non saper nulla circa le proposte che avrebbe fatto la Germania in rapporto alla soluzione del problema cecoslovacco; si cerca anzi di attenuare la sorpresa e le preoccupazioni manifestatesi nel pubblico facendo porre in grande rilievo dalla stampa governativa i comunicati ufficiosi di Londra e di Berlino, secondo cui non sarebbero state fatte delle proposte concrete, né esaminate nuove iniziative. Tuttavia non si riesce a celare un certo senso di imbarazzo e di disorientamento.

Si rileva che l 'Inghilterra desidera impiegare tutti i mezzi atti a favorire un miglioramento dei rapporti fra la Germania e le Potenze occidentali e che accoglierebbe quindi con simpatia l'idea di una soluzione della questione cecoslovacca sia parziale con la conclusione di un patto di non aggressione fra Berlino e Praga, sia totale con la neutralizzazione della Cecoslovacchia e con l'intervento delle quattro grandi Potenze nei problemi nazionali di questa repubblica.

Con amarezza si constata l'atteggiamento conciliante della Francia nei riguardi della Germania e si nutrono gravi timori e dubbi circa l'aiuto che il governo francese dovrebbe prestare alla Cecoslovacchia nella sua politica verso il Reich.

L'idea del patto di non aggressione sarebbe accolta con un certo favore perché assicurerebbe un certo periodo di tranquillità per la soluzione dei maggiori problemi politici. Si osserva che l'alleanza con la Francia non impedirebbe la

332 ' Vedi D. 321.

conclusione del patto, mentre costituirebbe un ostacolo insormontabile la collaborazione della Cecoslovacchia con la Russia dei Soviet.

Negli ambienti prossimi al ministero degli Esteri si esprime invece un parere nettamente contrario all'idea della neutralizzazione perché in tal modo la Cecoslovacchia verrebbe a perdere il sostegno dei suoi attuali alleati senza avere la sicurezza di non essere più minacciata dai vicini. Epperò, pur pronunziando~i sfavorevolmente all'idea della neutralizzazione, le sfere interessate mettono avanti che ove fosse indispensabile ricorrervi la garanzia della Cecoslovacchia dovrebbe essere assunta oltre che dalle grandi Potenze, dai vicini t> cioè dalla Polonia, dalla Romania e dall'Ungheria.

331 3 Lo stesso giorno, l'ambasciatore Attolico telegrafava che il colloquio tra Chamberlain e l'ambasciatore von Dirksen veniva <<interpretato da tutti, tanto più dopo la visita di Wiedemann, come una nuova mossa a carattere tranquillizzante e conciliativo>> e a confermarlo contribuiva la presentazione che ne aveva dato la stampa tedesca (T. 3777/304 R. del 24 luglio).

332 2 Vedi D. 331.

333

IL MINISTRO A SOFIA, TALAMO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 3690/1427. Sofia, 25 luglio 1938 (per. il 30).

Telegramma per corriere di V.E. n. 10013/c. del 12 corrente'.

Ho letto con molto interesse quanto, ai sensi della segnalazione sopra indicata di V.E., riferisce il R. Ministro in Belgrado circa l'opinione di Stojadinovié in merito alla già avvertita attività britannica nei confronti della Bulgaria.

Pare anche a me che non si possa scontare da un momento all'altro un sostanziale mutamento ne Il' atteggiamento bulgaro ma è anche vero che, se ci rifacciamo a quello che la politica bulgara è stata soltanto nel triennio ora decorso, non è possibile non registrare lo sviluppo di una linea di condotta, che muovendo dallo stato di accerchiamento totale della Bulgaria, attraverso la rottura poi di tale accerchiamento mediante gli accordi bulgaro-jugoslavi, sembra ora indirizzarsi, con l'accordo testé raggiunto con l'Intesa Balcanica, a ciò che potrebbe anche diventare una rifusione di tale Intesa in un sistema inter-balcanico auspicato dalla Francia e dali 'Inghilterra.

Comprendo che Stojadinovié possa sul momento considerare la fase attuale della politica bulgara con una certa relativa tranquillità, tranquillità che peraltro parrebbe conveniente di subordinare, e allo sviluppo della situazione generale nel continente, e alla pressione che più o meno marcatamente potranno ulteriormente accentuare Francia e Inghilterra in questi Paesi. A parte quindi che

333 ' Ritrasmetteva il T. per corriere 3585/051 R. del!' 8 luglio da Belgrado. Il ministro lndelli vi riferiva su un colloquio con Stojadinovié, il quale gli aveva detto che a quanto gli risultava, l'attività economica della Gran Bretagna nei Balcani aveva particolarmente di mira la Bulgaria con lo scopo di rafforzare il blocco greco-turco. Stojadinovié escludeva peraltro che la Bulgaria potesse essere indotta a mutare gli orientamenti essenziali della sua politica specie nei confronti di Belgrado.

l'opinione di Stojadinovié sulla Bulgaria sembrerebbe riposare su di un sentimento di sicurezza derivante, crederei, in buona parte da una concezione in certo modo unilaterale delle possibilità della politica bulgara, vista appunto in quel quadro che accenna ormai ad essere superato degli accordi fin qui pressoché monopolistici bulgaro-jugoslavi, riterrei che la tranquillità di Stojadinovié dovrebbe potersi consolidare per l'avvenire su qualche concreto rimedio a cui ricorrere per arrestare la Bulgaria sulla strada delle concessioni. Credo che del resto Stojadinovié non può ignorare che già il semplice fatto del miglioramento di atmosfera, ad accordo non ancora firmato fra la Bulgaria e l 'Intesa Balcanica, ha comportato qui qualche accenno di recrudescenza di atteggiamenti anti-jugoslavi, che trovano il loro fondamento in un passato troppo recente per non potere rappresentare qualche pericolo.

Rispetto alla situazione che si va qui delineando l'interesse jugoslavo sembra essere parallelo al nostro, come entro i limiti certamente lati a quello della Germania, e potrebbe essere quindi desiderabile un'attitudine concertata per parare ad ulteriori eventi.

334

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 3814/517 R. Tokio, 26 luglio 1938, ore 9,05 (per. ore 16,30).

Si ha impressione che Inghilterra si adoperi ora molto per riavvicinarsi al Giappone. Forse vi concorrono andamento operazioni in Cina, speranza nelle disposizioni di Ugaki o nella non favorevole situazione economica giapponese e infine supposizione che sarà più difficile trattare qui dopo che nuovi progressi saranno stati fatti in Cina dalla truppe nipponiche. Ad ogni modo ambasciatore d'Inghilterra già si dice compiaciuto del miglioramento delle relazioni.

Io confermo miei telegrammi precedenti e da ultimo mio 500'. Anche ambasciatore di Francia si manifesta ottimista. Non mostra preoccupazioni per ParaceF, si compiace con il suo collega inglese per il contegno di

334 'T. 3731/500 R. del 21 luglio. Riferiva che le conversazioni in atto tra l'ambasciatore di Gran Bretagna ed il ministro degli Esteri nipponico concernevano questioni specifiche e lasciavano immutata «la situazione dei rapporti di politica generale fra i due Paese>>.

451 questo ministro degli Affari Esteri e come lui si lamenta solo di quei forsennati guastafeste dei militari. Lo confermano miei precedenti telegrammi e da ultimo mio 51 P.

334 2 Nei primi giorni di luglio, dei reparti francesi erano sbarcati nelle isole Paracel, al largo deii'Indocina francese, che appartenevano alla Cina e che avevano una certa importanza strategica per la loro posizione rispetto alla imboccatura del Golfo del Tonkino ed alla rotta Hong Kong-Singapore. L'ambasciatore Auriti aveva telegrafato che l'azione francese aveva provocato risentimento e preoccupazione nel ministero della Marina nipponico, dove si stava prendendo in considerazione l'eventualità di effettuare uno sbarco in quell'arcipelago se i

335

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, A TUTTE LE RAPPRESENTANZE DIPLOMATICHE E CONSOLARI

T. l 0727 P.R. Roma, 26 luglio 1938, ore 24.

Ministro Segretario Partito ha ricevuto gruppo studiosi fascisti, docenti nelle Università italiane, che hanno sotto egida Ministero Cultura Popolare redatto o aderito alle proposizioni che fissano basi razzismo fascista.

Alla riunione ha partecipato Ministro Cultura popolare. Segretario Partito, mentre ha elogiato precisione e concisione delle tesi, ha ricordato che Fascismo fa da 16 anni praticamente una politica razzista che consiste, attraverso azione delle istituzioni del regime, nel realizzare continuo miglioramento quantitativo e qualitativo della razza. Segretario Partito ha soggiunto che Duce parecchie volte, nei suoi scritti e discorsi, ha accennato alla razza italiana quale appartenente al gruppo cosiddetto degli indo-europei.

Anche in questo campo Regime ha seguito suo indirizzo fondamentale: prima azione, poi formulazione dottrinaria, la quale non deve esser considerata accademica, cioè fine a se stessa, ma come determinante ulteriore precisa azione politica.

Con creazione Impero razza italiana è venuta contatto con altre razze; deve quindi guardarsi da ogni ibridismo e contaminazione. Leggi razziste sono già state elaborate ed applicate con fascistica energia nei territori Impero. Quanto agli ebrei, essi si considerano da millenni dovunque ed anche in Italia come razza diversa e superiore alle altre ed è notorio che malgrado politica tollerante del

francesi si fossero rifiutati di sgomberarlo (T. 3530/451 R. del 6 luglio. Il documento ha il visto di Mussolini).

Il giorno successivo Ciano incaricava Auriti di «consigliare discretamente l'alternativa prospettata dalla Marina», dato che non vi sarebbe stata <<Certamente nessuna reazione apprezzabile da parte francese>> (T. s.n.d. 617/231 R. del 7 luglio. La minuta è autografa di Ciano).

L'Il luglio, l'ambasciatore Auriti rispondeva (con T. s.n.d. 3613/471 R.) di avere eseguito le istruzioni ma che i giapponesi, pur essendo convinti che non vi sarebbero state conseguenze militari, non intendevano agire perché sospettavano che dietro tutta la faccenda ci fosse <<un'altra e maggiore Potenza>>.

334 ' Questo documento fu inviato in visione a Mussolini.

Con T. 511 R. del 25 luglio, l'ambasciatore Auriti riferiva di avere avuto conferma che i giapponesi intendevano occupare entro la fine dell'anno l'isola di Hainan e l'arcipelago delle Paracel, così da avere il pieno controllo dei mari della Cina meridionale (il documento, tratto dall'archivio dell'ambasciata a Tokio, non ha il numero di protocollo d'arrivo).

regime, ebrei hanno in ogni azione costituito con i loro uomini e coi loro mezzi lo stato maggiore dell'antifascismo.

Segretario Partito ha infine annunciato che attività principale Istituti cultura fascista nel prossimo anno l r sarà elaborazione e diffusione principi fascisti in tema di razza, principi che hanno già sollevato tanto interesse nell'Italia e nel mondo.

336

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, PIGNATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 3819/82 R. Roma, 26 luglio 1938 (per. stesso giorno).

Sono stato ricevuto stamane dal Papa.

Ho spiegato al Pontefice lo scopo della mia visita, conformemente alle istruzioni impartitemi dall'E.V.' Gli ho detto che la situazione demografica che potrebbe determinarsi nell' A.O.I. con la formazione di una troppo numerosa popolazione di meticci, aveva indotto il R. Governo a prendere fin d'ora adeguati provvedimenti. Si era persuasi che, eccitando nei bianchi l'orgoglio della razza, si sarebbe riusciti ad ottenere i desiderati benefici risultati. Il problema ebraico era collaterale, non principale.

Il Papa mi ha ascoltato con attenzione. A un certo punto, avendo io alluso all'accenno al razzismo da Lui fatto nel discorso tenuto agli Assistenti ecclesiastici d'Azione Cattolica (mio telespresso del 23 corrente n. 1962/7482), il Papa ha scattato, osservando di essersi astenuto di proposito, d'interloquire nella questione sollevata dalla pubblicazione del Giornale d'Italia su Il fascismo e i problemi della razza3• Il Papa ha precisato che, nel suo discorso alle Suore del Cenacolo (mio telegramma per corriere del 20 corrente n. 81 4), aveva parlato espressamente di nazionalismo esagerato. Egli si era preoccupato di non dare luogo ad equivoci e si doleva che le Sue parole fossero state male interpretate,

336' Come risulta da un'annotazione dell'ambasciatore Pignatti, quelle istruzioni erano state date il 23 luglio per telefono.

come Gli dispiaceva la sfiducia che Gli si dimostrava nel sorvegliare ogni Suo discorso con il proposito di trovarvi alcunché di cui dolersi.

Ho assicurato il Papa che questo non era nel pensiero del Regio Governo e ho tentato due volte di ricordarGli che, una mezza condanna al razzismo, l'aveva pure pronunciata nel discorso agli Assistenti Ecclesiastici. Il Santo Padre non ha rilevata la mia osservazione, insistendo nell'affermare che non si era occupato del razzismo italiano. Alla fine ho detto al Papa ch'ero lietissimo di prendere atto delle Sue dichiarazioni che avrei riferite all'E.V., convinto che sarebbero state considerate soddisfacenti.

Il Pontefice si è rabbonito molto presto e, parlando pacatamente, ha detto di temere che l'orgoglio della razza non sia re mora sufficiente ad ovviare il temuto inconveniente.

Secondo il Pontefice si dovrebbero avviare in A.O.I., per quanto possibile, delle famiglie piuttosto che degl'individui isolati e procurare di dare a tutti una coscienza religiosa.

Il Pontefice ha soggiunto di avere Lui pure le Sue informazione dall' A.O.I., e che non erano consolanti. Egli era amareggiato dal contegno non lodevole di alcuni sacerdoti che aveva fatto redarguire. Lamentava, inoltre, che le altre religioni, fino anche la musulmana, fossero protette e agevolate più della cattolica. Sapeva che dei propagandisti della setta valdese, venivano aiutati più del necessario fino al punto da fornire loro, gratuitamente, delle automobili. Egli metteva in guardia le R. Autorità contro i valdesi e, in genere, contro tutti i protestanti. Gli uni e gli altri sono, ovunque, al servizio dell'Inghilterra. È noto che il Papa non ha simpatia per gl'inglesi e non manca occasione di dirlo.

Il Pontefice ha portato, in seguito, il discorso su Mons. Castellani' e sulla domanda presentata da questa Regia Ambasciata per la di lui sostituzione. Il Papa si è detto convinto che gli addebiti fatti al Delegato Apostolico in A.O.I. sono stati esagerati da qualche malevolo che è sul posto, e che avversa la Chiesa Cattolica. Il Pontefice ha fatto l'elogio del monsignore, del suo tatto e dei suoi sentimenti di fedeltà verso il governo italiano.

Non v'è dubbio che se si credesse possibile recedere dalla domanda formulata, il Papa considererebbe l 'atto come un'attenzione alla Sua Persona. D'altra parte, la lezione avuta gioverebbe a rimettere sulla buona via il monsignore. Ho letto prima di recarmi a Castelgandolfo il pregiato telegramma per corriere

n. 654 R. del 25 corrente6

336 ' Il 6 luglio, l'ambasciatore Pignatti aveva chiesto al Cardinale Segretario di Stato la sostituzione del Delegato Apostolico per l'Africa Orientale, monsignor Castellani, la cui condotta nei confronti dei maggiori esponenti della Chiesa etiopica monofisita era considerata di disturbo per l'azione politica. Il cardinale Pacelli aveva espresso la sua sorpresa e chiesto maggiori precisazioni per poter informare il Papa in proposito (T. per corriere 3535/77 R. del 6 luglio).

Prego l 'E.V. di farmi sapere se debbo darvi corso, a malgrado dell 'interessamento dimostrato dal Pontefice. Ho trovato il Papa ben disposto. Egli mi ha accolto dandomi il benvenuto e salutando in me la «cara Italia». Riferirò separatamente, su altri argomenti trattati dal Pontefice'.

336 2 Non pubblicato. Il discorso era stato pronunciato dal Pontefice il 21 luglio ed aveva avuto un contenuto religioso-filosofico, salvo nel finale dove Pio XI aveva sottolineato con forza che cattolico voleva dire universale e quindi non razzistico, non nazionalistico, non separatistico. Il discorso era pubblicato su L'Osservatore Romano del 23 luglio.

336 3 Riferimento al Manifesto della razza del 14 luglio, pubblicato il giorno successivo su Il Giornale d'Italia. 336 ' Vedi D. 320.

336 6 Trasmetteva-perché gli elementi in essa contenuti potessero essere utilizzati dali 'ambasciatore nell'ulteriore trattazione della questione-la seguente comunicazione del ministero dell'Africa Italiana datata 15 luglio: « I rilievi che si muovono a Monsignor Castellani sono contenuti precisamente nelle sue dichiarazioni. Il Delegato Apostolico dell'A.O.I. tiene rapporti

337

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, PIGNATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 3820/83 R. Roma, 26 luglio 1938 (per. stesso giorno).

Il Pontefice si è amaramente !agnato degli attacchi di Regime Fascista contro la Sede Apostolica e, specialmente, contro l'Azione Cattolica. Il Papa mi ha dichiarato che gli articoli del giornale fascista gli sono dispiaciuti per la sostanza ed anche per la forma dura e malevola.

Il Papa mi ha consegnato otto Appunti contenenti rilievi e lagnanze in materia di Azione Cattolica e mi ha pregato di portare a Lui direttamente le singole risposte quando sarò in grado di farlo. Invierò gli Appunti all'E.V. con separati rapporti.

Il Santo Padre mi ha rammentato che, fin dal principio del Suo Pontificato,ha proclamato che l'Azione Cattolica è la pupilla del Suo occhio. L'Azione Cattolicaha detto il Papa -è la vita della cattolicità; chi attenta ali' Azione Cattolica, attenta alla vita stessa del Papa. Il Pontefice ha soggiunto testualmente «Prego ogni giorno il Signore perché il Signor Musso lini non tocchi l'Azione Cattolica». Il Papa ha espresso, poi, la persuasione che questo non avverrà, per tutto quello che Gli è stato detto in passato e perché crede di conoscere le idee del Duce il quale scriveva nel Figaro il 18 maggio 1934, che «commetteva un delitto contro l'unità nazionale chi attentava ali 'unità religiosa del Paese».

troppo stretti con le alte gerarchie del clero copto. Ali'atto della separazione della Chiesa etiopica da quella monofisita di Alessandria. egli ha fatto passi imprudenti verso l' Abuna Abraham e i vescovi etiopici, nell'intento di avvicinare la Chiesa etiopica alla Chiesa di Roma. Il suo proposito sembra quello di tentare di convertire la Chiesa etiopica dall'alto. Il R. Ambasciatore presso la S. Sede potrà chiarire al Vaticano come il R. Governo, pur vedendo con indubitabile simpatia, di cui ha dato esaurienti prove l'azione svolta dalla Chiesa Cattolica in A.O.I. si preoccupi dei risultati dannosi che potrebbe avere non soltanto nel campo politico, ma anche agli effetti della stessa propaganda cattolica, l'adozione di metodi intempestivi.

È infatti, chiaro che, se si desse la sensazione che l'autocefalia della Chiesa etiopica è stata promossa allo scopo di assoggettare questa a Roma, non mancherebbe di prodursi una reazione che comprometterebbe ogni azione futura.

Il Vaticano, che non mancherà di ricordare come la cattolicizzazione della Chiesa etiopica tentata dall'alto e in forma troppo rapida al tempo dell'Imperatore Susenyos si sia risolta nella ribellione del clero e delle masse, e sia terminata con l'espulsione dei gesuiti, si renderà certamente conto della necessità di procedere in questo campo con ogni cautela e di inviare, pertanto, in A.O.I. un Delegato Apostolico più prudente>>.

Il Papa ha voluto certamente darmi l'impressione che se si toccasse all'Azione Cattolica Egli partirebbe in guerra aperta su tutti i campi. Egli mi ha pure detto: «dal Papa si può ottenere ogni cosa purché non si attenti all'Azione Cattolica».

Da parte mia ho dichiarato al Pontefice, eh'ero in rapporto con il cardinale Pizzardo per le vertenze originate dall'Azione Cattolica e che, finora, eravamo riusciti a regolare tutte le questioni, esaminandole singolarmente.

Si sarebbe continuato con lo stesso sistema e mi auguravo che con molta buona volontà da ambedue le parti, si sarebbero superate tutte le difficoltà1•

336 7 Questo documento fu inviato in visione a Mussolini. Per gli altri argomenti trattati nell'udienza, si vedano di DD. 337 e 338.

338

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, PIGNATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE SEGRETO 3821/84 R. Roma, 26 luglio 1938 (per. stesso giorno).

L'E.V. avrà certamente notato che nei miei rapporti non si accenna, da parecchio, tempo, alle relazioni fra la Santa Sede e la Germania. Infatti il cardinale Segretario di Stato non tocca più quell'argomento nelle conversazioni che ho con Lui.

Con il Papa è un'altra cosa. Anche stamane Egli mi ha parlato a lungo delle preoccupazioni che Gli vengono dalla Germania. Più di tutto lo addolora di vedere il nostro Paese stringersi sempre più al Reich. Il Santo Padre non ha inteso con questo -così mi ha detto-riferirsi all'indirizzo politico italiano. Egli teme che dai frequentissimi contatti di persone dei due Paesi, l'Italia abbia a scapitarne. Il Papa ha precisato che le notizie che riceve da tutte le parti del mondo, Gli denunciano la propaganda insistente, efficacissima che vi fanno i tedeschi imperniandola, ovunque, su un unico concetto, quello di cancellare il sentimento religioso dalla massa. Il Pontefice è in pensiero per i trentamila nostri lavoratori, presentemente in Germania: teme che ritornino in Italia con l'animo pervertito. Ho osservato che il R. Governo ha assicurato a quei connazionali l'assistenza religiosa. Il Papa ha ammesso che si tratta di una buona cosa, ma non si è dimostrato tranquillo. ·

Il Pontefice ha parlato infine de li'Austria e lo ha fatto con cuore accorato. A un certo punto mi ha detto che, dopo tutto, non poteva dimenticare di essere della città delle Cinque Giornate.

Ho ascoltato il Papa, intervenendo qualche volta per dire una parola fiduciosa. Mi è sembrato tuttavia preferibile di ]asciarlo sfogare, evitando di intavolare una discussione senza scopo 1

338 1 Questo documento fu inviato in visione a Mussolini.

337 1 Questo documento fu inviato in visione a Mussolini.

339

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 3832/0126 R. Berlino, 26 luglio 1938 (per. il 27).

Ambasciatore inglese, nel commentare oggi con me la notizia della missione Runciman, mi diceva che essa apriva l'adito alle più fondate speranze. Chamberlain aveva preso questa iniziativa per parare ad un pericolo immediato e cioè che Benes procedesse alla emanazione del nuovo Statuto senza previo accordo con i sudeti. Il governo inglese riteneva che un simile procedimento da parte cecoslovacca avrebbe potuto provocare una reazione violenta tedesca e quindi portare a conseguenze fatali. Ad evitarle si era appunto pensato, dopo opportune consultazioni con Parigi, all'invio di Runciman, persona equilibratissima ed imparziale, ottimo negoziatore e che, per quanto liberale, era stato e si manteneva tuttora uno dei migliori cooperatori del gabinetto conservatore.

A mia domanda se Runciman avesse ricevuto se non istruzioni almeno degli hints da parte di Chamberlain e di Halifax, Henderson mi ha risposto di no.

Egli va lì assolutamente open minded. Starà a lui, dopo aver studiato sul posto la situazione ed udito le due parti (Henlein e Benes) di trovare e suggerire soluzioni.

Richiesto ulteriormente cosa succederebbe se la missione Runciman non portasse ai risultati sperati, Henderson mi ha detto che non per questo Chamberlain si darebbe per vinto. La missione Runciman non esauriva affatto il campo dell'iniziativa britannica. lf the worse comes to the worse Chamberlain tenterebbe ancora qualche altra cosa, eventualmente facendo appello anche al concorso di altri Paesi e specialmente dell'Italia. Chamberlain -continuava il mio collega -è assolutamente deciso ad evitare la guerra. Che se, nonostante tutto, alla guerra si dovesse fatalmente arrivare, egli era sicuro che, avendo dato prova di tutto tentare per evitarla, avrebbe poi avuto, nella ipotesi dannata, tutto il Paese con sé. La tattica di cui sopra -questo mi è stato aggiunto non da Henderson ma da un suo intimo -.era seguita da Chamberlain anche come l'unica capace, al caso, di guadagnare alla causa britannica anche l'America. Gli Stati Uniti-mi diceva questo confidente-desiderano la guerra meno di tutti gli altri. Ma se questa apparisse ai loro occhi come inevitabile, essi non permetterebbero mai che l'Inghilterra fosse battuta.

La missione Runciman è comunque accolta in questi circoli diplomatici come un ottimo auspicio. Tutti osservano, peraltro, che con l'aderire, come ha aderito, alla missione Runciman, la Francia ha abdicato nelle mani dell'Inghilterra tutta la propria politica centroeuropea.

340

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI1

APPUNTO. Roma, 26 luglio 1938.

Lord Perth mi ha comunicato che intende partire nei prossimi giorni in licenza per l'Inghilterra, ove si tratterà alcune settimane.

Dopo avermi espresso il compiacimento del Governo Britannico per la liquidazione soddisfacente dell'affare Mohamed Alì nell'Impero2 e avermi ringraziato particolarmente per l'azione svolta da S.E. Cerulli, Lord Perth ha brevemente parlato della situazione in Spagna. Ha detto che, in linea di massima, avendo ormai Barcellona accettato\ sarebbe conveniente che anche Franco significasse al più preso la sua adesione al piano per il ritiro dei volontari. Teneva inoltre a farmi sapere che Franco aveva comunicato al Governo Britannico la soddisfazione per la chiusura della frontiera dei Pirenei, chiusura che si è manifestata realmente ermetica.

Il Governo Inglese, nel darci notizia di quanto precede, esprime il voto che anche il Governo Italiano voglia mantenere rigido l'embargo sugli uomini e sulle armi. Se così non fosse, il Governo Daladier verrebbe posto in una difficile posizione.

Parlandomi dell'Accordo !taio-Britannico, egli mi ha detto, a titolo puramente personale, che gli sembrava conveniente di mettere subito in pratica applicazione il paragrafo riguardante lo scambio di informazioni militari. Qualora noi avessimo concordato con lui, avrebbe avanzato la proposta al suo Governo.

Ho risposto che informerò debitamente il Duce di questa sua idea, ma che avanzavo le preliminari riserve sulla possibilità di accettare. È evidente che il Patto è un tutto unico e che non si può metterne in vigore dei frammenti, lasciando in sospeso il resto.

Infine, Lord Perth mi ha chiesto se avevo qualche comunicazione da fare a Chamberlain. Gli ho risposto che potevo confermargli quanto ebbi a dirgli nell'ultimo colloquio: il Duce ha accettato la soluzione proposta dagli inglesi di attendere un tempo ancora indeterminato per la messa in vigore del Patto.

Attenderà. Ma non si nasconde che ogni giorno che passa fa svanire l' importanza e il gusto politico del Patto medesimo. Lord Perth mi ha accennato alla eventualità di chiedermi ancora una udienza prima della sua partenza di congedo4 •

340 ' Ed. in L'Europa verso la catastrofe, pp. 354-355. 340 2 Mohamed Alì era un capotribù della Somalia Britannica che dopo essersi sollevato contro le Autorità della colonia si era rifugiato in territorio italiano. 340 ' Riferimento alla nota del 26 luglio con cui il governo di Barcellona dichiarava di accettare il piano approvato il 5 luglio del Comitato di non intervento (Vedi D. 345). 340 4 Il documento ha il visto di Mussolini.

341

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 3855/0143 R. Parigi, 27 luglio 1938 (per. il 29).

Annunzio missione Runciman provoca in Francia senso distensione.

Decisione britannica (sollecitata da Praga) fu comunicata a questo governo da Halifax, durante soggiorno Sovrani a Parigi'. Halifax avrebbe fatto fra l'altro presente opportunità che a Runciman fosse associata personalità politica francese. Questo governo, pur approvando senz'altro iniziativa, ha tuttavia declinato di farne direttamente parte, sia in considerazione differente situazione Francia, legata alla Cecoslovacchia da patto assistenza, sia soprattutto perché una delegazione anglo-francese avrebbe in qualche modo assunto aspetto tribunale arbitrale. Si è qui cioè insistito perché fosse conservato a Runciman carattere consigliere e mediatore personale, ciò che permetterebbe maggiore libertà movimento ed azione e impegnerebbe in minore misura responsabilità governi.

Buon volere questo governo nel venire incontro ad appoggiare iniziativa britannica potrebbe tradurre desiderio francese giungere, attraverso regolamento questione cecoslovacca, ad almeno temporanea normalizzazione rapporti franco-tedeschi.

Interprete principale questa tendenza è Presidente Consiglio, cui propositi in questo senso sono del resto noti da tempo. Mi si assicura da buona fonte che Daladier avrebbe di recente prospettato in Consiglio ministri possibilità suo viaggio in Germania, se e quando l'occasione propizia si presentasse. Avrebbe anzi già fatto in proposito qualche sondaggio, sia pure molto generico e vago. Do la notizia a titolo informativo e mi riservo di possibilmente controllarla.

Ministro Esteri Bonnet pone invece l'accento su necessità procedere preventivamente a normalizzazione rapporti italo-francesi2

342

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. RISERVATISSIMO 5295/1555. Berlino, 27 luglio l 938 (per. il 30).

Nel colloquio avuto oggi con lui e del cui argomento principale riferisco in rapporto separato', Ribbentrop mi ha lungamente parlato così della «missione»

341 ' Vedi D. 330. 341 2 Questo documento fu inviato in visione a Mussolini. 342 1 Vedi D. 349.

Wiedemann2 , come della conversazione Dirksen-Chamberlain'. Nulla, però, mi ha detto che io non abbia già riferito all'E.V. Ha insistito che anche la conversazione Wiedemann -come quella Dirksen -era dovuta ad iniziativa inglese.

Tanto n eli 'una come neli'altra conversazione non vi è nessuna traccia, afferma ulteriormente Ribbentrop, di speciali dimostrazioni pacifiste da parte della Germania. Al contrario, tanto Wiedemann che Dirksen hanno sostenuto francamente il punto di vista tedesco, facendo comprendere bene che, ove Benes non accedesse alle giuste domande dei Sudeti, la Germania sarebbe costretta a risolvere la questione essa stessa.

Lungi dal riconoscere questo, la stampa inglese -e risulta a Ribbentrop che ciò è dovuto se non a ispirazione, almeno a compiacente acquiescenza del governo britannico-ha dato. tanto dell'intervista Wiedemann quanto di quella Dirksen, versioni così deformate, da far apparire la Germania quasi in attitudine apologetica e di contrizione di fronte all'Inghilterra e al mondo. Questo lo indignava. Egli aveva avuto in proposito una lunga conversazione telefonica con von Dirksen, lamentando vivacemente questi mezzucci capziosi e poco leali.

Su preghiera di Dirksen -che aveva già protestato per conto proprio -egli si era astenuto da ogni ulteriore azione in proposito, ma non era escluso che dovesse fare qualche cosa di più e di più formale in seguito. Me ne avrebbe prevenuto a tempo debito.

Ho preso atto, ma non ho potuto fare a meno di osservare che Chamberlain si era creduto comunque autorizzato nella Camera dei Comuni di ieri, a parlare di «rinnovata assicurazione del desiderio tedesco di pacifiche soluzioni».

Passando oltre, ho quindi domandato a Ribbentrop cosa pensasse della missione Runciman. Ribbentrop mi sembrava non annettervi speciale importanza. Tanto, egli mi ha detto, Runciman non riuscirà a nulla. Possibilissimo, ho risposto, ma la mossa inglese rimane importante ugualmente. Runciman è persona che gode di molta autorità non solo in Inghilterra, ma anche in America, dove è conosciutissimo per tutte le negoziazioni economiche che vi ha condotto.

Se Runciman si convincesse della giustezza della tesi di Henlein. la partita si potrebbe ritenere almeno pei 3/4 guadagnata. La Cecoslovacchia avrebbe dovuto piegarsi. In caso contrario, la missione Runciman sarebbe fallita ma ciò avrebbe indubbiamente messo la Germania in una situazione tattica di svantaggio. Né a nulla sarebbe praticamente valsa la finzione del carattere «personale e indipendente» del mandato assunto da Runciman.

Aggiunsi che -a parte ogni altra considerazione -la missione Runciman e la funzione mediatrice con essa assuntasi dall'Inghilterra presentava comunque un altro pericolo, e cioè quello di permettere alla Gran Bretagna di prendere piede e penetrare. assidendovisi come arbitra. in un settore che non le appartiene. Questo è un po' dovuto ali'attitudine assunta dalla Germania che, trincerandosi

342 ' Vedi D. 32l. 342 'Vedi D. 331.

dietro l'altra finzione della indipendenza delle trattative fra sudeti e Praga, finisce col mettersi diplomaticamente da parte, lasciando via libera all'Inghilterra.

Ribbentrop, che sembrava dare tanto peso al contegno della stampa inglese sulle interviste Wiedemann e Dirksen, non appariva invece aver affatto considerato questo secondo e a mio avviso ancora più insidioso aspetto della situazione. Mi è parso però colpito dalle osservazioni mie e deciso a sorvegliare attentamente la situazione.

Per intanto, ha telefonato in mia presenza per dare istruzioni alla stampa di frenare il suo entusiasmo per la missione Runciman. La quale. peraltro. nonostante tutto. presenta per i tedeschi il vantaggio di guadagnare quei due o tre mesi di cui avrebbero. in ogni caso. bisogno4

343

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CROLLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 3834/570 R. Londra, 28 luglio 1938, ore 0,24 (per. ore 3,50).

Con mio telegramma 5561 , nel riferire a V. E. dibattito di politica estera alla Camera dei Comuni, ho riportato risposta di Chamberlain ad Attlee circa momento entrata in vigore accordo italo-britannico. Chamberlain ha dichiarato, cioè, che se dopo ritiro volontari governo britannico giudicherà che Spagna ha cessato essere minaccia pace europea, esso considererà questo fatto come soluzione della questione spagnola.

Mi risulta che una nota del redattore diplomatico del Times, nella quale predette dichiarazioni Chamberlain venivano interpretate nel senso di una condizione supplementare imposta dal governo inglese per messa in vigore accordi di Roma, è stata fatta sopprimere ieri notte per ordine di Chamberlain. Times anzi, si è trovato costretto a fare ritirare d 'urgenza alcune copie della sua prima edizione che riportavano nota stessa.

A titolo d'informazione, aggiungo che oggi dirigenti gruppo parlamentare anglo-italiano hanno tenuto a comunicarmi che membro del governo, da essi interpellato, ha dichiarato parole Primo Ministro non (dico non) debbono essere in alcun modo intese come modificazione atteggiamento governo britannico nei riguardi entrata in vigore accordi italo-inglesi, e che anzi pensiero del governo è che accordi stessi dovranno entrare in vigore non già dopo terminata evacuazione volontari bensì non appena eseguito «ritiro sostanziale» 2

342 ' Il documento ha il visto di Mussolini. 343 1 Riferimento errato. Si tratta del T. 3825/566 R. del 27 luglio con cui Crolla aveva riferito sulla seduta ai Comuni del giorno precedente. 343 ' Il documento fu inviato in visione a Mussolini. Per il seguito della questione si veda il D. 346.

344

L'AMBASCIATORE IN CINA, CORA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. CONFIDENZIALE 3844/279 R. Hong Kong, 28 luglio 1938, ore 18,28 (per. ore 14,15).

Fiduciario Chiang Kai-shek Hong Kong chiestomi insistentemente quale effetto farà su ambienti politici internazionali occupazione Hankow e soprattutto se tale avvenimento potrà determinare Gran Bretagna seguire politica più realistica verso Giappone. Cina sarebbe allora sempre più spinta verso la Russia, la quale aumenterebbe continue esigenze e raggiungerebbe così scopo politico. Ambasciatore dell'U.R.S.S. sarà unico diplomatico presso quartiere generale Chiang Kai-shek, perché relegato Chungking. D'altra parte, addetto militare segnala da Shanghai che in quei circoli politici giapponesi si ritiene momento opportuno riprendere negoziati di pace mentre ambienti militari vogliono aspettare maggiori vittorie. Civili giapponesi ritengono che se proposte avanzate nostro tramite fossero state sottoposte direttamente a Principe Konoye, vi sarebbe stata possibilità trattative di pace.

345

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CROLLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 3853/573 R. Londra, 28 luglio 1938, ore 20,56 (per. ore 1,40 del 29).

Mio telegramma n. 568'.

Monteiro, Kordt ed io abbiamo conferito procedendo a scambio di vedute sulla risposta di Barcellona e ci siamo trovati d'accordo per sottoporre ai nostri rispettivi governi le comuni impressioni emerse nel primo esame della risposta.

0 ) Dal punto di vista formale e redazionale, Nota Azcarate tende a dare impressione di una completa accettazione progetto di risoluzione cinque luglio2

Nota evita accuratamente qualsiasi terminologia negativa, coprendo proprio riserva con frasi ambigue quali: «governo spagnolo ritiene opportuno di sottoporre alcune osservazioni»; «governo spagnolo non dubita che il Comitato vorrà sottoporre proposte a revisione»; «governo spagnolo si permette suggerire di»;

345 ' T. 3829/568 R. del 27 luglio. Trasmetteva un riassunto della nota presentata il giorno precedente dall'ambasciatore spagnolo. Il testo della nota è in N.I.S. (36) 774.

«governo spagnolo non può nascondere proprie preoccupazioni per»; «governo spagnolo desidera ottenere più dettagliate informazioni»; «governo spagnolo accetta, con le osservazioni prima formulate» ecc. ecc. Anche nei riguardi riconoscimento belligeranza Franco, Azcarate trova maniera non opporre formale rifiuto trincerandosi dietro asserzione che si tratta di un punto che non occorre accetti o respinga.

2°) Anche dal punto di vista sostanziale risposta Barcellona non può interpretarsi come un rifiuto del progetto risoluzione. Di riserve, sia pure camuffate sotto forma di «osservazioni» ve ne sono molte, ma in un notevole numero di casi (esattezza computo volontari, difficoltà pratica applicazione della convenzione di evacuazione, questione categorie volontari, questione concernente controllo aereo) si tratta di punti sui quali testo stesso progetto risoluzione nonché documenti relativi precedenti lavori Comitato e vari Sottocomitati possono fornire facilmente risposta. In quanto ai punti della nota di Azcarate che investono temi fondamentali del progetto risoluzione (ritiro materiale di guerra, inclusione dei marocchini e dei membri della Legione straniera tra coloro che dovranno essere evacuati, stabilimento di un controllo fisso in un maggior numero di porti nazionalisti), resta da vedere se Barcellona vorrà effettivamente dimostrarsi intransigente sulle sue richieste.

3°) Per le predette considerazioni è da riconoscere che, agli effetti della nostra futura azione nel Comitato, risposta Barcellona offre scarsi e malsicuri appigli per impostare discussione che sia polemica e dilatoria. Possibilità di simili discussioni è direttamente in funzione del grado di resistenza che Barcellona intenderà effettivamente opporre sui vari punti da essa sollevati. È da tener presente che stessa formulazione delle «osservazioni» di Barcellona lascia indubbiamente porta aperta a un eventuale ritiro progetto.

4°) Quindi Monteiro, Kordt ed io, premesso che a noi mancano i necessari elementi per una qualsiasi azione in questo campo, siamo stati concordi nel ritenere opportuno sottoporre ai nostri rispettivi governi nostra impressione che risposta Barcellona lascia adito al dubbio che effettivamente dirigenti rossi possano esser giunti a considerare convenienza di accettare per parte loro progetto risoluzione.

Respingimento Piano, mentre infatti non servirebbe a mutare sorti ormai segnate del conflitto, varrebbe invece ad imbarazzare governativi e difensori Barcellona. Di converso, mentre da un lato e agli effetti pubblicitari immediati, accettazione progetto risoluzione rafforzerebbe situazione Barcellona nel Comitato e in certi settori opinione pubblica internazionale, da altro lato non è da escludere che dirigenti rossi potrebbero anche nella stessa eventuale applicazione effettiva del progetto risoluzione ravvisare circostanze propizie verso una mediazione per parte di terzi se non addirittura verso eventuale preparazione e giustificazione, di fronte opinione pubblica interna e internazionale, di trattative dirette con Franco.

5°) Alla luce della risposta Barcellona, tanta maggiore importanza acquista futura risposta Franco, sia in relazione ai suoi effetti pubblicitari e politici, sia in relazione futuri lavori Comitato.

A questo riguardo, e nel riconfermare opinione che il governo Burgos dia alla propria risposta carattere prevalentemente di principio (analogamente alla risposta di Franco del 18 novembre u.s. 3 ), ci siamo trovati d'accordo per sottoporre ai nostri governi opportunità che nella formulazione delle sue riserve e obiezioni Franco adotti analoga fraseologia di quella impiegata da Azcarate nella sua nota di avantieri. Ciò del resto lascerebbe impregiudicata per Franco la possibilità opporre resistenza sulla sostanza delle questioni che egli crederà sollevare.

345 2 Vedi D. 289, nota 2.

346

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CROLLA

T. 660/176 R. 1 Roma, 28 luglio 1938, ore 23.

In relazione alla risposta data da Chamberlain alla richiesta avanzata da Attlee di cui al vostro telegramma n. 5702 , voi dovrete prendere contatto col Primo Ministro e chiedere a lui conferma diretta della sua decisione di considerare il problema spagnolo risolto con l'evacuazione in tutto o in parte dei volontari.

Poiché a tale decisione è intimamente legata l'entrata in vigore del Patto itala-britannico, è per noi indispensabile conoscere fin d'ora e senza possibilità di equivoci quanto Chamberlain intende fare. Aggiungo, per vostra norma, che il formulare oggi da parte britannica riserve e condizioni di altra natura verrebbe a modificare sostanzialmente la situazione ed il valore dei protocolli medesimi. Peggio ancora sarebbe se Londra cercasse di tenere una porta aperta per formulare queste medesime riserve una volta eseguita l'evacuazione dei volontari.

Affido a voi l'incarico di appurare questo punto con ogni precisione'.

347

L'AMBASCIATORE A SALAMANCA, VIOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 3893/066 R. San Sebastiano, 28 luglio 1938 (per. il 1° agosto).

Telegramma di V.E. n. 2251

Ho fatto a questo ministro Esteri la comunicazione prescrittami da V.E. col telegramma precitato.

346 1 Minuta autografa. 346 ' Vedi D. 343. 346 3 Si veda per il seguito il D. 353. 347 1 Vedi D. 317.

Ciò previo accordo con questo ambasciatore di Germania, che ha avuto istruzioni di eseguire analoga comunicazione.

Jordana ha osservato che governo nazionale non potrebbe inviare al Comitato una nuova comunicazione per accusare ricevuta, avendolo già fatto. D'altra parte, riterrebbe pericoloso formulare una accettazione, anche preliminare e di massima che potrebbe intanto mettere in movimento il meccanismo del Piano, mentre una successiva risposta conterrebbe necessariamente tante e tali obiezioni da contraddire e neutralizzare la già data accettazione. Questo è il procedimento che stanno adottando i Rossi; ma governo nazionale vuole tenere atteggiamento di serietà e lealtà che rispecchi superiorità sua situazione e marchi distacco da espedienti di Barcellona.

Perciò Jordana ritiene preferibile dare intanto una risposta di carattere generale che contenga già alcune obiezioni sui punti che si ritengono meno accettabili. Beninteso si eviterà tono e spunti polemici e si curerà di inserire nel preambolo frase di adesione generica allo spirito informatore del piano. Progetto di tale risposta interlocutoria è a buon punto di preparazione e ci sarà comunicato.

Meno che sul punto di una aperta accettazione di massima del Piano, detto progetto si attiene ai suggerimenti avuti fin qui da parte nostra e tedesca. Jordana mi ha parlato del proposto invio in Spagna del segretario del Comitato, Hemming2 , dichiarandomi che tale invio sarebbe da considerarsi estremamente indesiderabile e avrebbe effetto di ritardare, anziché affrettare, adesione governo nazionale, perché costituirebbe pressione di fronte alla quale governo nazionale sarebbe portato irrigidirsi. Questo ministro Esteri mi ha aggiunto aver fatto conoscere questo suo punto di vista a Roma ed a Berlino a mezzo suoi ambasciatori e aver già avuto notizia che V.E. condivideva il suo parere.

Jordana ha concluso esprimendo fiducia che nazioni amiche continuino appoggiare presso comitato Londra l'azione del governo nazionale diretta a far valere le sue obiezioni e controproposte al Piano.

Egli, da ultimo, mi ha dichiarato non aver potuto tenere continuati contatti circa l'andamento della questione col Generalissimo (che trovasi impegnato al fronte in seguito al recente tentativo controffensivo dei Rossi sull'Ebro), né averne definitive istruzioni. Quanto dettomi corrisponde al modo di vedere suo e degli Uffici competenti, ispirato, naturalmente al pensiero ed alle direttive generali di Franco.

Fin qui il mio colloquio con Jordana.

R. di Crolla del 20 luglio). La proposta era stata interpretata da parte italiana e tedesca come un tentativo di forzare i tempi per giungere ad una accettazione senza riserve del progetto (T. Crolla 3725/551 R. del20 luglio e T. 3809/559 R. del 25 luglio). Il 26 luglio, i governi italiano e tedesco comunicavano a Lord Plymouth di ritenere l'invio di Hemming in Spagna come inopportuno (T. Crolla 3824/564 R. del 26 luglio).

Questo ambasciatore tedesco che è partito oggi per Berlino, mi ha detto aver suggerito a Jordana, secondo istruzioni avute, che il ritiro dei volontari debba essere considerato valido agli effetti della concessione del diritto di belligeranza, tanto se esso avviene in forza del Piano, quanto se esso sia stato già anticipatamente effettuato per spontanea volontà di una delle parti cui i volontari appartengono, ancor prima dell'entrata in vigore del Piano stesso. (Ciò corrisponde al noto intendimento germanico di far sì che in nessun modo i volontari tedeschi debbano essere sottoposti alle investigazioni delle Commissioni di accertamento). Von Stohrer mi ha detto che il suggerimento è riuscito nuovo a Jordana, il quale, tuttavia, lo ha assicurato che ne sarà tenuto conto.

Dallo stesso ambasciatore ho saputo, circa il proposto viaggio di Hemming in Spagna, che il governo tedesco, in seguito al su accennato passo compiuto da Magaz a Berlino, ha dato istruzioni ali' incaricato d'affari a Londra di far conoscere a Plymouth che esso considera inopportuno il viaggio in questione: tale comunicazione doveva essere fatta come iniziativa spontanea di Berlino, senza fare cenno della ispirazione spagnola.

Segnalo, da ultimo, che, secondo informazioni assolutamente confidenziali e non controllate, ricevute da von Stohrer, Franco sarebbe irritatissimo verso i tre Paesi amici e non comprenderebbe come i loro rappresentanti abbiano potuto prendere a Londra decisioni così evidentemente favorevoli alla parte avversaria come molte di quelle contenute nel Piano'.

Mi riservo controllare per quanto è possibile il fondamento di tale informazione.

345 3 Vedi D. 279, nota 4.

347 2 Riferimento alla proposta, avanzata il 20 luglio da Lord Plymouth in un colloquio con l'incaricato d'affari Crolla, di inviare in missione preso i due governi spagnoli il segretario del Comitato di non intervento, Hemming, allo scopo di chiarire direttamente quei punti del progetto che potevano dare luogo a dubbi di interpretazione (T. 3713/549 R. e T. 3714/550

348

L'AMBASCIATORE A BRUXELLES, PREZIOSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 3898/043 R. Bruxelles, 28 luglio 1938 (per. il 1° agosto).

Spaak mi ha oggi manifestato la sua soddisfazione per i risultati della Conferenza di Copenaghen 1 Mi ha detto che essi si assommano nella decisione dei

sette Stati di agire presso Ginevra per ottenere che questa esplicitamente riconosca che le sanzioni hanno perduto il loro carattere obbligatorio e che conseguentemente ciascun membro gode del diritto di libero apprezzamento, nel caso in cui esse venissero imposte.

347 In proposito si veda anche il D. 372.

.l

348 ' Conferenza dei sette Stati del <<Gruppo di Osio>> tenuta ai Copenaghen il 23-24 luglio precedenti.

A tale riguardo mi ha riservatamente informato che egli non era stato favorevole alla suindicata decisione e ciò pel timore che Ginevra si faccia di nuovo teatro di intrighi e resistenze da parte di Stati aventi opposto interesse. Ad ogni modo -egli ha soggiunto -non era stata ancora convenuta la precisa natura di detto passo, se cioè collettivo od individuale, né il testo della comunicazione. D'altra parte non conoscevasi tuttora se gli Stati Baltici, e qualche altro ancora, saranno per unirsi anch'essi nel di visato passo.

Il Presidente del Consiglio ha tenuto tuttavia a ben specificare che il carattere facoltativo dell'art. 16 resta del tutto acquisito per ciascuno degli Stati rappresentati a Copenaghen, quale che sia l'atteggiamento che sarà per prendere Ginevra di fronte alla suindicata azione.

Intanto, la partecipazione del Primo Ministro belga al Convegno di Copenaghen ha attirato la viva attenzione dei circoli politici e sopratutto di quelli diplomatici, impressionati dall'opposizione manifestatasi nei locali ambienti francesi e nella stampa di Parigi. Non v'ha dubbio che la partecipazione di Spaak ha voluto essere non solo una deliberata riprova della ferma intenzione del Belgio di perseverare nella sua politica d'indipendenza, ma anche una chiara indicazione della sua disposizione a schierarsi sempre più accanto ai Paesi neutrali, che si tennero lontani dalla Grande Guerra, e che ora amano denominarsi «senza alleanze».

I giornali belgi, ad eccezione di due o tre organi, non hanno rispecchiato l'allarme della stampa francese. Essi hanno insistito sul punto che non si potrà parlare più di sanzioni finché la S.d.N. non avrà raggiunto un carattere di assoluta universalità, sottolineando anche che se le sette Nazioni rappresentate a Copenaghen non intendono abbandonare Ginevra, esse non vogliono d'altra parte assolutamente rischiare di essere trascinate nell'uno o nell'altro blocco europeo.

349

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. SEGRETO 52961 • Berlino, 28 luglio 19382 •

Come ti ho già preavvisato per ffiloPho avuto ieri con Ribbentrop un nuovo [colloquio che,] iniziato alle 12, si è protratto, [dopo la] colazione; fino alle 3 e mezza pomeridiane [argomento princi]pale, naturalmente, lo stato del [ ....... ].

349 ' Il documento è gravemente danneggiato dall'umidità.

349 'L'ambasciatore Attolico aveva comunicato con T. 3833/309 R. del 27 luglio di aver avuto una lunga conversazione con von Ribbentrop sulla quale avrebbe riferito per corriere.

Per la maggior parte del [tempo von] Ribbentrop non ha fatto che [ripetere quanto aveva] già detto la prima volta4 e che [ ....... ] io ripe[tere a] mia volta a te. [ ........................................... circa 7 righe illeggibili ............................................ ] [ ..... ] comunque, di grande vantaggio sui ffrancesi? o] sugli inglesi, i quali ultimi specialmente [secondo] Ribbentrop -verebbero, per poter affront[tarci] bisogno di due o tre anni. [ ........................................... circa 4 righe illeggibili ............................................ ] [ ..... ] risoluta pacificamente a risolverla egli stesso con la forza.

La Francia per la prima non interverrà. Essa deve rendersi conto che i suoi pretesi impegni in Cecoslova[cchia o]ra rappresentano l'ultima sopravvivenza delle concezione v[ersa]gliana. Può rimanere grande Potenza anche senza le [sue a/]leanze con i Paesi del! 'Est. L'Est è il campo di es[pansione] della Germania, e non della Francia. Per la sua si c [ urezzal basta l'alleanza con l'Inghilterra. Ribbentrop [si è ri]petutamente espresso in questo senso sia con [Francois Ponçet,] sia con Henderson.

Come ho detto, Ribbentrop parla di un per[iodo di] tre mesi ancora necessario alla preparazione be[llica della] Germania. Devo però rilevare come, d'altra parte le sue concezioni future mi sembrino impostate sopra un assai più [ ..... 1 proposito ad es. [ ........................................... circa 8 righe illeggibili ............................................ ]

[ ... Ribben]trop si riferisce, è in relazione con la diversità [ ..... ]menti della espansione tedesca da lui contemplata, [dun?lque, con la persuasione che il colpo cecoslovacco, se [ ...... ] prossimamente, non porterebbe alla guerra.

Triangolo. Ribbentrop ha continuato a insistere sulla sua concezione [ ..... ].

Dopo averlo [ascoltato? .... ] porgli le seguenti [domandel:

a) cosa avete fatto col Giappone?

b) La stipulazione di un patto con l 'Italia è comunque nel vostro pensiero, subordinata ad analoga stipulazione col Giappone?

Risposta. Con il Giappone le cose progrediscono ma senza che ci sia ancora niente di concreto. Un [emissa]rio tedesco (come ti ha fatto dire anche dal principe Assia)' è in viaggio per il Giappone, ove si abboccherà con due o tre personalità giapponesi fra quelle maggiormente favorevoli ad una rafforzamento del triangolo. Così [standol le cose, Ribbentrop ha aggiunto che, anche a Como6 [nulla] di positivo potrebbe essere in grado [di] dirti [in p rapo ]sito.

Sul secondo punto, se cioè egli intend[erebbe] almeno attendere i risultati dei sondaggi di Tokyo prima di procedere oltre con Roma, Ribbentrop [ ...... ].

349 'Nell'annotazione del Diario di Ciano relativa al colloquio con il principe d'Assia dell'Il luglio (vedi D. 278, nota 6) non vi è accenno all'invio di un emissario tedesco in Giappone.

[ ........................................... circa 7 righe illeggibili ............................................ ] [ ..... ] Ribbentrop è di quelli che amano sviluppare il proprio pensiero attraverso le conversazioni con gli [ .... ].

Punto centrale della sua concezione rimane sempre per lui l'alleanza militare e pubblica.

Ma «Cosa ne pensa il Duce»?

Ho risposto richiamand[omi al] tuo telegramma [del] 27 giugno7 , al discorso

[di] Ge[nova8 , nonché] alla [prefazione] agli atti del Gran Consiglio9• [ ........................................... circa 3 righe illeggibili ............................................ ]

Quest'ultimo inciso mi sembrava -per le concrete possibilità avvenire dei rapporti itala-tedeschi, significativo, mentre l'ipotesi già formulata a Genova della «guerra di dottrine» mi sembrava indicare chiaramente, e nella [impo]stazione esteriore politicamente più opportuna -il [ .... ] delle possibilità stesse. Un solo punto non rimaneva [ ..... ] coperto dalle pubbliche manifestazioni del Duce ed e[ra quello] del momento in cui questo nuovo legame i tal o-tedesco [avrebbe] potuto essere stretto. Un giudizio sul momento avreb[be potuto] essere dato, rispettivamente nei due Paesi, solo da chi [ha] «il polso della Nazione nelle mani». Comunque, se [e quando] proclamata, e nei termini più sopra accennati, [ ..... ] anche militare, dei [Paesi] autoritari, nessuno [si sarebbe] meravigliato che Stati Maggiori dei [due] Paesi [ ...... ] cui Ribbentrop annette particolare importanza) [ ..... ] e si [consul]tassero. [ .......................................... circa 15 righe illeggibili ........................................... ]

Venezia (Ribbentrop vorrebbe che questi fossero [ ..... ] menzionati nel preambolo dell'atto); ricordai poi la questione del Bacino Danubiano, già compresa nel «progetto italiano» 10 di Roma e che, viceversa, non figurava nel «progetto tedesco». Dissi che, se una qualche cosa di nuovo doveva esser fatta, essa avrebbe dovuto avere i caratteri della solidità e ciò non solo agli occhi [nostri] ma anche dei terzi. Come prima i nostri avversari [speculavano], come causa di dissensi itala-tedeschi, suli'A[nschlussl ora speculano sulla contrapposizione degli interessi [dei due] Paesi nel Bacino danub[iano]. Era indispensabile che i [due go]verni raggiungessero un'intesa pubblicamente [ ..... ] anche su questo.

Ribbentrop da principio si schermiva [dicendo]? trattarsi di questione di secondaria [impor]tan[za]. [Fi]nalmente as[sent]iva. Aggiungeva anzi che

349 'Vedi D. 267.

349 " Riferimento alla prefazione scritta da Mussolini per il volume Il Gran Consiglio del fascismo nei primi quindici anni dell'era fascista (Bologna, 1938). Per quanto concerne la politica estera vi si diceva: <<La guerra africana ha determinato anche le linee maestre della politica estera dell'Italia, che ha un respiro mondiale e, pur essendo incline a forme più late di collaborazione, poggia decisamente sull'Asse Roma-Berlino-Tokio. La solidarietà fra Roma e Berlino ha caratteri così definiti, che non ha avuto, sin qui, il bisogno di accordi di stile diplomatico».

[ ........................................... circa 19 righe illeggibili ........................................... ]

[ ..... ] direttamente con te. Sarebbe-si o no-andato a [Como?]. Ribbentrop mi disse di essere in proposito un po' incerto anche in vista della possibilità di incontrarti comunque a Norimberga. Ho replicato che Norimberga non escludeva Como.

Ribbentrop mi ha assicurato che, in fondo [è sem]pre suo desiderio di venire in Italia. La data per lui migliore sarebbe la seconda settimana di agosto. Verrebbe probabilmente accompagnato, oltre che dalla moglie, anche dalla suocera. Mi ha pure domandato se avrei potuto aiutarlo a trovare posto in albergo. Ho risposto naturalmente di si.

Ma, come [vedi?] Ribbentrop non è ancora [defì"nitilvamente deciso. Egli si è del resto riservato ldi parlare della cosa col Fiihrer]. [ ........................................... circa 16 righe illeggibili .......................................... ].

349 2 Manca l'indicazione della data di arrivo.

349 4 Vedi D. 278. nota 3.

349 6 Riferimento ad un possibile incontro a Como tra Ciano e von Ribbentrop di cui si era già parlato in precedenza (vedi D. 278, nota 6).

349 8 Vedi D. 99, nota l.

349 10 Vedi D. 56. Nel progetto italiano di trattato, qui pubblicato, non vi è alcun riferimento al Bacino danubiano.

350

L'AMBASCIATORE A RIO DE JANEIRO, LOJACONO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 1960/575. Rio de Janeiro, 28 luglio 1938'.

Nella sua quasi totalità la stampa brasiliana, la quale, già da tempo, svolgeva una campagna accanita contro il razzismo tedesco, non ha accolto favorevolmente l'affermazione razzista italiana.

Sebbene nei giornali non abbia predominato mai direttamente l'influenza giudaica e i tentativi fatti al riguardo siano stati isolati e di breve durata, pur tuttavia si riflette in essi il pensiero del giornalismo nordamericano, a mezzo delle Agenzie Informative controllate dagli ebrei.

Inoltre, bisogna tener conto della costituzione etnica del popolo brasiliano, che è una formazione ancora disarmonica di tutte le razze e nel quale ha forte proporzione quella di colore.

In quasi tutte le famiglie cosiddette bianche brasiliane, cioè di colore meno bruno, vi è un miscuglio di sangue indio o africano, tanto che alcuni scrittori sono giunti ad affermare che i negroidi costituivano il settanta per cento della popolazione brasiliana prima d eli'avvento della repubblica e cioè prima di essersi intensificato il movimento immigratorio europeo.

Perciò la questione ariana non solo non è compresa ma è considerata generalmente come una affermazione di superiorità che menoma le altre razze ed ancora di più i miscugli di razze. Ciò non lo si dice, ma dal tono irritato o sarcastico dei commenti si indovina che la nuova tendenza razziale fascista ha sorpreso

sgradevolmente l'opinione pubblica brasiliana, la quale, sino ad oggi, abituata a proclamare la sua discendenza latina, ed a considerare questa, come un privilegio sull'anglo-sassonismo; è indotta erroneamente, per il momento, a supporre che la latinità possa venir ritenuta un elemento secondario.

Alcuni giornali hanno ricordato affermazioni del Duce contrarie al razzismo. Ci si è riferito ad una risposta data a Ludwig al riguardo; e lo scrittore Augusto Federico Schmidt, cattolico, ha voluto ricordare le parole di S.E. Mussolini al giornalista francese Pierre Grivel, e cioè che la razza è qualche cosa di molto vago e che, nel corso dei secoli, vi è stata tanta mistura.

Anche la parte cattolica brasiliana, che, interpretando troppo ad litteram l'antirazzismo attribuito dalle agenzie telegrafiche ebree al Vaticano e specialmente al Papa, ha sempre criticato aspramente la condotta della Germania (vi sono stati sacerdoti che, dal pulpito o dalla radio hanno pronunziato violente invettive contro il nazismo) non dimostra simpatia per gli orientamente razzisti italiani.

Essa teme anche che il razzismo italiano possa andare acquistando il carattere anti-cattolico che ha assunto quello tedesco.

Qualche giornale ha accennato inoltre alle conseguenze che le questioni di razza imposte dal Fascismo potrebbero avere nell'America del Sud ove vivono tanti discendenti di italiani; ma non hanno sviluppato questo concetto con lineamenti precisi.

350 1 Manca l'indicazione della data di arrivo.

351

IL MINISTRO A PRAGA, DE FACENDIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 1238/758. Praga, 28 luglio 1938 (per. il 4 agosto).

L'invio a Praga di Lord Runciman con l'incarico di studiare la situazione, consigliare le parti in conflitto e svolgere fra le stesse opera di mediazione per una pacifica soluzione del problema delle nazionalità domina completamente la situazione in questi giorni, sconvolgendo i piani preparati dal governo e dalla coalizione circa l'approvazione dei progetti di legge attualmente in elaborazione e circa la forma delle trattative che intorno ad essi si sarebbero dovute svolgere.

L'incarico affidato a Runciman è oggetto di larghi commenti da parte degli esponenti delle singole correnti politiche che cercano di interpretare a proprio modo il compito che Runciman avrà da svolgere e le cause che hanno indotto il governo britannico a proporre tale mediazione.

L'impressione è profonda nel pubblico ceco che non manca di manifestare serie preoccupazioni circa l'andamento e la conclusione delle trattative coi tedeschi, le quali sembrava dovessero terminare con una affrettata approvazione dei progetti di legge senza tenere in particolare considerazione i postulati delle nazionalità. Anche da parte tedesca si mostra un certo malcontento riuscendo non del tutto gradito un intervento di terzi in «questioni di famiglia».

Comunque i circoli ufficiali cechi si danno a calmare la pubblica opinione mettendo in rilievo che l'attività di Runciman si limiterà a dare «amichevoli consigli» senza estendersi a funzioni di arbitro. Il suo intervento sarebbe più che altro diretto ad impedire il fallimento delle trattative e prevenire conseguenti critiche situazioni. Si aggiunge che tanto le Potenze occidentali quanto la Germania assicurerebbero la loro neutralità durante l'azione di Runciman che è ora presentato non come un delegato britannico, bensì come un privato adviser.

La verità è quella già nota: l'Inghilterra vuole a tutti i costi evitare un conflitto nell'Europa Centrale, tenta il desiderato riavvicinamento anglo-tedesco, propugna la collaborazione a quattro, ai fini della sua pace, e negozia la questione cecoslovacca a tal fine. I cechi lo capiscono, lo sanno e si allarmano, temendo che il governo sarà messo al muro dai «Consigli» di Runciman in barba al principio della sovranità dello Stato.

Per confortarsi si rileva d'altra parte, che la missione di Runciman impegna in certo modo sia l 'Inghilterra che la Francia a sostenere la Cecoslovacchia in eventuali conflitti con la Germania nel caso in cui la soluzione del problema delle nazionalità venisse realizzata su una base molto più larga di quella finora ammessa dall'elemento ceco e tale da indebolire la struttura interna dello Stato e le sue posizioni internazionali con particolare riguardo al valore strategicomilitare della repubblica.

La tendenza manifestatasi già la settimana scorsa, sotto le pressioni di Parigi e Londra, di mutare tattica nella discussione dei progetti di legge coi rappresentanti del partito tedesco dei Sudeti e di prendere come base anche il noto memorandum di questo partito', si è ancor più accentuata come è risultato da un comunicato ufficioso che rettifica varie notizie e indiscrezioni comparse sulla stampa cecoslovacca circa il contenuto dei progetti in parola fatti apparire come già definitivi. Il comunicato fa intendere che le trattative con le nazionalità non sono ancora concluse e non si può affatto parlare di decisioni irrevocabili.

Sono intanto continuati i lavori del Comitato dei ministri politici e della Commissione dei partiti coalizzati intorno al complesso delle leggi che dovrebbero risolvere il problema delle nazionalità. Naturalmente la base sulla quale tali lavori si svolgono ha dovuto subire un mutamento in seguito alla nuova situazione formatasi con il prossimo arrivo di Runciman. Per la settimana prossima sono previste varie riunioni e conferenze che dovrebbero avere una particolare importanza per il corso ulteriore delle trattative.

Il l o agosto avrà luogo una conferenza dei rappresentanti della coalizione ai quali il Presidente del Consiglio riferirà sui progetti governativi, mentre il ministro degli Esteri, Krofta, esporrà la situazione dal punto di vista internazionale. Hodza riceverà poi i delegati parlamentari dei partiti governativi della Slovacchia; quindi inizierà le trattative con la minoranza ungherese ai cui rappre

sentanti aveva già presentato, negli scorsi giorni, il progetto di statuto delle nazionalità e quello per la modifica delle leggi sull'uso della lingua. Subito dopo verrebbero ripresi i colloqui coi delegati del partito tedesco dei Sudeti intorno al materiale preparato dalle due parti, a che seguirebbe una conferenza fra questi delegati e il comitato dei ministri politici.

Runciman è atteso a Praga per il giorno 3 agosto con tutto uno staff di esperti e personale d'ordine. Ha preannunziato una permanenza prolungata in Cecoslovacchia per un serio lavoro con intermezzi di golf e di caccia.

351 1 Vedi D. 215. nota l.

352

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CROLLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER TELEFONO 3858/576 R. Londra, 29 luglio 1938, ore 16,15.

Plymouth ha chiesto di vedermi. Mi ha detto che contava partire la sera stessa da Londra per la campagna e affidava a sir George Mounsey, Assistente sottosegretario al Foreign Office, il compito di rappresentarlo quale presidente Comitato non intervento.

Plymouth del resto sarebbe rimasto a tre ore di distanza da Londra, pronto a farvi ritorno ove la sua presenza si fosse dimostrata necessaria.

Plymouth ha continuato dicendo che prima di partire desiderava avere una conversazione con i principali rappresentanti nel Comitato ed esaminare con loro la situazione quale si presentava dopo la risposta dalla Autorità di Barcellona (mio telegramma n. 5681).

Plymouth ha cominciato col dirmi che governo britannico considerava nota di risposta di Barcellona come equivalente piena accettazione progetto di risoluzione del 5 luglio2

Ho subito espresso le mie riserve a tale riguardo ed ho fatto notare a Plymouth che nota contiene le più gravi obiezioni al progetto del Comitato anche se travestite e presentate come «osservazioni».

Plymouth ha risposto che poiché nota Azcarate parlava di semplici «osservazioni» non vi era motivo di mettere a priori in dubbio che le Autorità di Barcellona intendessero trasformare le «osservazioni» predette in vere e proprie condizioni.

Ho a mia volta ribattuto che ciò si sarebbe potuto constatare soltanto in un secondo tempo alla prova dei fatti. Fino a prova in contrario, nota di Barcellona mi pareva redatta con intendimenti prevalentemente tattici e pubblicitari al puro scopo di ostentare una accettazione che non era sincera e con l'intenzione di

352 ' Vedi D. 345, nota l. 352 2 Vedi D. 289, nota 2.

stabilire pretesti ed appigli per potere al momento opportuno creare difficoltà per svolgere azione ostruzionistica.

Plymouth ha replicato che egli credeva di essere in grado di escludere una simile interpretazione, poiché Azcarate, nel consegnare nota stessa ad Halifax, aveva dichiarato nel modo più formale e categorico al Segretario di Stato britannico che «mio governo aveva formulato alcune osservazioni a titolo di semplice contributo al miglioramento e rafforzamento delle proposte del Comitato» (sic) e che «governo Barcellona aderiva in pieno al progetto di risoluzione e non intendeva in nessun caso condizionare tale sua adesione alla accettazione da parte del Comitato delle osservazioni o proposte contenute nella sua nota».

Ciò stante, ha continuato Plymouth, diventava tanto più urgente ricevere nota di risposta di Franco, e governo britannico confidava che essa sarebbe stata ancora più netta e più impegnativa della risposta di Barcellona nel senso di una piena ed incondizionata accettazione.

Rimaneva dunque da determinarsi la migliore procedura da seguire nelle attuali circostanze. Plymouth mi ha detto di avere ricevuto ieri precise istruzioni da Halifax di accelerare procedura in modo da poter porre in esecuzione risoluzione 5 luglio entro l'estate, ciò in vista di una auspicata sollecita messa in vigore degli Accordi itala-britannici. Halifax aveva esaminato con Plymouth possibilità di tale acceleramento, ed aveva espresso sua approvazione ad alcune idee che Plymouth desiderava sottoporre al giudizio del governo italiano. Queste idee erano le seguenti:

l) Governo britannico non riteneva opportuno nelle presenti circostanze una convocazione del Comitato. Era infatti indelicato verso Franco, oltre ad essere contrario alla procedura seguita in altre occasioni (e precisamente nell'autunno scorso), procedere ad un esame nel Comitato della risposta di Barcellona prima che fosse pervenuta la risposta del governo di Burgos. Oltre a queste considerazioni, governo britannico desiderava evitare una discussione nella quale temeva che il rappresentante sovietico potesse farsi, come al solito, «più realista del Re», e sostenere le «osservazioni» di Barcellona con una intransigenza che Barcellona stessa dimostrava di non voler manifestare.

2) Era chiaro che le «osservazioni» contenute nella nota di Azcarate non avevano la minima serietà. Bisognava quindi far comprendere «Con le buone maniere» a Barcellona che Autorità rosse dovevano rassegnarsi senz'altro a «rimangiare» le loro «Osservazioni» e ad accettare la risoluzione così come è.

3) Anche dopo la risposta di Franco, una discussione sulle due risposte nel Comitato avrebbe dovuto essere accuratamente preparata per non degenerare nelle solite sterili disquisizioni e polemiche di cui si compiace rappresentante sovietico.

4) L'idea di inviare Hemming in missione in Spagna3 riappariva ora a Plymouth (ed a Halifax) come l'unica possibilità pratica di affrettare la messa in vigore delle risoluzione del 5 luglio. Questa idea riappariva però in veste

352 ·'Vedi D. 347, nota 2.

diversa. La prima volta infatti Plymouth la aveva suggerita come mezzo per aiutare le due parti in Spagna a comprendere certi punti, tecnicamente complessi, della risoluzione, in vista delle risposte che le due parti stavano preparando: ciò che poteva prestarsi ad essere interpretato come una forma di pressione sulle due parti. Ora una delle parti ha già risposto, e l'altra parte (così spera il governo britannico) non tarderà a rispondere. Hemming dovrebbe dunque recarsi in Spagna allo scopo: a) di chiarire quei punti, di carattere puramente tecnico ed amministrativo, sui quali, nelle risposte delle due parti apparisce esservi stata qualche incertezza o qualche malinteso; b) predisporre con le due parti in Spagna le misure esecutive pratiche, di carattere puramente tecnico ed amministrativo, che si dimostrassero necessarie allo scopo di poter applicare il complicato piano elaborato dal Comitato.

5) Plymouth ha aggiunto di aver ieri esaminato con Hemming questo problema relativo alla esecuzione del piano, una volta che esso sia stato accettato dalla due parti in Spagna. Da tale esame Plymouth ha dovuto giungere alla conclusione che il piano sarebbe tecnicamente inapplicabile se Hemming non potesse preventivamente recarsi a Burgos ed a Barcellona ed assicurarsi sul posto circa una certa quantità di dettagli, la cui mancanza arresterebbe il delicato meccanismo del piano stesso. Respingere l'idea della missione Hemming significava dunque praticamente lottare• la esecuzione della risoluzione del 5 luglio.

Governo britannico ritiene infatti che il Comitato plenario non potrebbe riunirsi per prendere atto della sperata risposta affermativa delle due parti in Spagna, e mettere in moto il meccanismo di esecuzione del piano fino a che non abbiano avuto luogo i contatti di Hemming con Burgos e con Barcellona, e non siano stati chiariti tutti i punti tecnici ed amministrativi che sono la premessa di qualsiasi applicazione del piano stesso.

6) Plymouth, con l'approvazione di Halifax si era dunque deciso a prospettarmi due alternative a pregarmi di sottoporle al governo fascista:

a) È il governo fascista disposto a consentire che Hemming, allo scopo di non perdere tempo, si rechi subito intanto a Barcellona, anche prima che sia giunta la nota di risposta di Franco? In tale caso e nella premessa che Franco si dichiari d'accordo circa tale missione, Hemming si recherebbe successivamente a Burgos, dopo ricevuta la risposta del governo nazionalista spagnolo riguardo al progetto di risoluzione del 5 luglio;

b) Nell'ipotesi che il governo fascista non sia favorevole a questo modo di procedere, sarebbe esso disposto a consentire (sempre premesso che le due parti in Spagna non vi abbiano difficoltà) a che Hemming si rechi tanto a Burgos quanto a Barcellona dopo che sia stata ricevuta la risposta di Franco circa progetto di risoluzione dd 5 luglio?

7) Plymouth mi ha precisato che missione Hemming escluderebbe rigorosamente qualsiasi compito di carattere politico, qualsiasi trattativa con le due

352' Sic.

parti in Spagna, qualsiasi modifica delle risoluzione del 5 luglio e persino qualsiasi interpretazione di quei punti o quegli aspetti della risoluzione stessa che non abbiano carattere strettamente tecnico e amministrativo5

353

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CROLLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 3866/579 R. Londra, 29 luglio 1938, ore 22,36 (per. ore 3,30 del 30). Telegramma di V.E. n. 176'.

Mi sono recato questo pomeriggio da Campion2 • Gli ho detto che avevo avuto istruzioni di V.E. di prendere contato con Primo Ministro e che pertanto gli sarei stato grato se avesse a mio nome pregato Chamberlain di fissare giorno ed ora nostro incontro.

Campion mi ha risposto che lo avrebbe fatto subito. A quanto gli risultava Primo Ministro, che era già partito per Chequers, non contava venire a Londra prima di mercoledì p.v. Campion riteneva che Chamberlain avrebbe potuto vedermi quel giorno stesso. Campion mi ha chiesto quindi se potevo dirgli motivo della mia richiesta colloquio con Primo Ministro.

Gli ho risposto che il governo italiano desiderava appurare direttamente dal Primo Ministro, in relazione dichiarazioni da lui fatte Camera Comuni 26 corrente

I telegrammi di Crolla erano ritrasmessi all'ambasciatore Attolico con l'incarico di far presente che da parte italiana si concordava con Plymouth circa l'inopportunità di riunire il Comitato di non intervento prima di avere ricevuto la risposta di Burgos. Quanto alla missione Hemming, scartata senz'altro l'ipotesi di un invio a Barcellona prima che Franco si fosse pronunciato sul piano, si riteneva opportuno esprimersi sulla sua utilità solo dopo aver conosciuto la risposta di Franco (T. per corriere 670 R. del 30 luglio).

Attolico rispondeva con T. 3909/315 R. del l o agosto che il governo tedesco era d'accordo nell'inviare istruzioni in questo senso all'ambasciata a Londra. Veniva quindi telegrafato a Crolla di compiere il relativo passo (T. 6861182 R. del 4 agosto), ciò che Crolla faceva due giorni più tardi nel corso di un colloquio con il sottosegretario aggiunto al Foreign Office Sir George Mounsey (T. 3972/588 R. del 6 agosto).

353 ' Vedi D. 346. 353 2 Sic. Nell'originale in partenza da Londra il nome «Campion>>, qui ripetuto più volte, è «Halifax>>.

in seguito ad una interrogazione di Attlee, che cosa egli intendeva per sistemazione questione spagnola cui è condizionata l'entrata in vigore accordo italabritannico.

Campion mi ha detto naturalmente che Chamberlain deluciderà questo punto con me. Intanto egli, Campion, mi pregava assicurare V.E. in relazione appunto dichiarazioni del Primo Ministro 26 luglio, che erano state falsamente interpretate da certa stampa di opposizione, che il governo britannico non aveva mai inteso, né intende, modificare, con aggiunte di condizioni supplementari o di nuovi elementi di incertezza il suo punto di vista nei riguardi entrata in vigore accordo itala-britannico.

Punto di vista governo britannico, per incarico Primo Ministro era stato comunicato a V.E. nel colloquio che Perth aveva avuto con V.E. 20 giugno 3

Perth aveva gentilmente formulato tre controriserve, ed a queste alternativamente governo britannico continua ad aderire. Campion nel congedarmi mi ha nuovamente assicurato che si sarebbe messo oggi stesso in comunicazione col Primo Ministro per fissare appuntamento4

352 5 Crolla telegrafava successivamente: «Prego aggiungere seguente testo a conclusione del mio fonogramma 576. Plymouth mi ha parlato con tono caldo, riferendosi continuamente a precise istruzioni avute da Halifax e facendo vivo amichevole appello alla collaborazione governo italiano per sormontare rapidamente con un tenace sforzo questo ultimo ostacolo che ritarda messa in vigore accordi Roma del 16 aprile. Mi sono limitato dire Plymouth che avrei riferito sue parole a VE. ed avrei fatto avere appena possibile una risposta a Mounsey che egli stesso mi aveva designato come suo sostituto durante sua assenza da Londra>> (T. 3856/577 R. del 29 luglio). I due telegrammi furono inviati in visione a Mussolini.

354

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO

T. PER CORRIERE 665 R. Roma, 29 luglio 1938.

Sciogliendo la riserva di cui al mio telegramma n. 27 4 1 , indico alcune osservazioni che sono emerse dall'esame di dettaglio del Piano del Comitato di non intervento2 , sulle quali prego V.E. di chiedere l'avviso di codesto governo.

0 ) Ritiro dei volontari. Il piano prevede uno scambio di mutue assicurazioni fra il Comitato da un lato e le due parti in Spagna dall'altro (paragrafi da 65 a 67 del documento N.I.S. (36) 767 e promemoria N.I.S. (36) 769).

Attraverso questo scambio di assicurazioni il Comitato di Londra chiede in realtà a Franco di accettare tutta una serie di limitazioni della sua sovranità (invio delle Commissioni, censimento dei volontari, zone di evacuazione, controllori nei porti, ecc.) ancor prima che gli venga data una contropartita sotto forma di riconoscimento della sua posizione di belligerante. È evidente l'incongruenza di una simile richiesta. Sin dal novembre scorso Franco, nella

353 ' Vedi D. 243. 353 4 Il documento fu inviato in visione a Mussolini. Si veda per il seguito il D. 367. 354 1 Vedi D. 313. 354 2 Vedi D. 289, nota 2.

sua nota di risposta al Comitato3 ebbe a far rilevare al riguardo la contraddizione che esiste fra il fatto che egli viene invitato ad assumere obblighi di carattere internazionale e il fatto che la maggioranza degli Stati verso i quali egli dovrebbe assumere tali obblighi, continua a considerare formalmente i Rossi di Barcellona come l'unico governo esistente in Spagna. La logica vorrebbe, come del resto l'Italia e la Germania hanno nel passato sostenuto, che il riconoscimento della belligeranza precedesse lo scambio di assicurazioni tra il Comitato e Franco e ne costituisse il presupposto. Tuttavia, invece di assumere un atteggiamento troppo rigido che porterebbe come conseguenza il totale respingimento del piano, Franco potrebbe per ragioni d.i opportunità, ripresentare, debitamente modificata, la sua proposta del 18 novembre u.s. relativa al riconoscimento della belligeranza al momento nel quale dalle due parti in Spagna sarà stato simultaneamente ritirato in modo autonomo un certo numero di volontari stranieri, senza per ora indicare alcuna cifra.

Mentre il ritiro fatto a cura del Comitato, così com'è previsto dal Piano, implica una limitazione della sovranità inaccettabile fin tanto che la belligeranza non sia stata riconosciuta, il ritiro fatto direttamente dalle due parti in Spagna raggiungerebbe gli stessi fini politici ed eviterebbe l'inconveniente. Una volta avvenuto il primo ritiro ed accordato in conseguenza il riconoscimento della belligeranza, sarebbe spianata la via ali' applicazione del Piano per quanto riguarda gli ulteriori ritiri. La proposta potrebbe essere formulata presso a poco secondo le seguenti linee:

Burgos e Barcellona si impegnano ad evacuare per proprio conto una cifra

«X» (eguale per entrambe) di volontari stranieri, indicando al Comitato i rispettivi porti d'imbarco. Il governo di Franco, e i Rossi di Barcellona, darebbero modo al Comitato di constatare l'arrivo dei volontari evacuati, nel loro porto di destinazione. A tale momento verrebbe riconosciuta la belligeranza alle due parti in Spagna.

Per conciliare questa proposta col criterio di proporzionalità fissato nella formula britannica si potrebbe stabilire che, dopo tale evacuazione e quando le Commissioni previste dal piano avessero ultimato il censimento dei volontari, la parte spagnola che risulterà avere al suo servizio il numero maggiore di combattenti stranieri evacuerà, sotto debito controllo, un primo contingente destinato ad integrare proporzionalmente il numero dei volontari precedentemente evacuati.

Illustrando questa sua proposta, Franco potrebbe mettere in rilievo che, una volta riconosciuto come belligerante, sarebbe possibile per il governo nazionale spagnolo assumere gli impegni giuridici e politici richiesti dal piano del Comitato.

Molto probabilmente una simile proposta sarà dichiarata inaccettabile dai Rossi di Barcellona, dal governo sovietico e forse anche da quello francese. Lo stesso governo britannico, anche se non prenderà una posizione nettamente contraria, mostrerà certo il suo malcontento ed è anche possibile che consideri la proposta come una manovra sabotatrice. Però, nelle circostanze, l'espediente sembra il migliore ed il più appropriato, o ve si voglia, come è

354 ' Vedi D. 279, nota 4.

nostro interesse guadagnare tempo e lasciare aperta la possibilità, quando al ritiro si dovesse addivenire, di farlo, come anche i tedeschi desiderano, per conto nostro.

2°) Osservatori nei porti spagnoli. Franco dovrebbe formulare obiezioni nei riguardi della proposta di collocare osservatori del non intervento in un certo numero di porti spagnoli (paragrafi da 154 a 166 del documento

N.I.S. (36) 767). I governi italiano e tedesco si sono per lungo tempo manifestati contrari a tale proposta e l 'hanno accettata in ultima analisi per impedire agli avversari di imputare loro la responsabilità del fallimento del Piano. Com'è noto, il rapporto Van Dulm-Hemming si pronunziava nettamente contro tale misura che definiva inutile e difficilmente attuabile. Più tardi essa fu risuscitata dai russi e dai francesi.

Franco potrebbe richiamarsi al rapporto Van Dulm-Hemming e dichiarare che, condividendone pienamente le conclusioni a tale riguardo, non ritiene di poter accettare una così grave limitazione della sovranità che non offre dal punto di vista pratico il più piccolo vantaggio e che può essere invece fonte di serie complicazioni.

Per rafforzare la sua risposta su questo punto Franco potrebbe inoltre mettere in rilievo che il piano britannico dal 14 luglio 19374 considera il riconoscimento della belligeranza come un elemento diretto a rafforzare il controllo marittimo. Infatti,esercitando il diritto di visita, le unità navali delle due parti in Spagna si surrogherebbero alle cessate pattuglie navali delle quattro grandi Potenze, rendendo superfluo ogni ulteriore rafforzamento dello schema di osservazione marittima da parte del Comitato.

3°) Franco ha già sollevato nel novembre scorso la questione dell'allargamento della lista con la quale il Comitato ha stabilito le merci di cui è vietata l'importazione in Spagna. Egli potrebbe precisare il suo punto di vista con dei suggerimenti concreti fondati su due anni di esperienza di guerra.

È probabile che russi, francesi e Rossi di Barcellona si opporrebbero ad una allargamento della lista di embargo. Ma ciò rappresenterebbe in sostanza un vantaggio, in quanto si avrebbero nuove sterili discussioni nel Comitato, senza rischio eccessivo di creare dei precedenti inopportuni in materia di diritto di guerra.

4°) Nella sua nota del 18 novembre 1937 il Governo di Burgos ha sostenuto che la belligeranza è un fatto e non un diritto. Converrebbe che Franco insistesse su questo punto, documentando come i nazionali spagnoli sono in possesso di tutti i requisiti stabiliti dalle Convenzioni dell'Aja per il riconoscimento della belligeranza. Questo varrebbe soprattutto a richiamare l' attenzione dell'opinione pubblica internazionale sulla reale posizione di ordine e di forza del governo di Franco.

354 'Vedi D. 161, nota 3

Resto in attesa di conoscere il pensiero di codesto governo sulle considerazioni su esposte per le opportune concordi istruzioni ai rispettivi rappresentanti in Spagna5

355

IL MINISTRO A PRAGA, DE FACENDIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 3935/088 R. Praga, 29 luglio 1938 (per. il 4 agosto).

Il Presidente del Consiglio mi ha detto che governo cecoslovacco ha accettato con serenità missione Runciman a cui del resto sarebbe stato difficile opporsi senza provocare disinteressamento Inghilterra da problema cecoslovacco e prevedibili indesiderabili conseguenze. Del resto -mi ha detto Hodza -se ci siamo avvalsi dell'efficace intervento inglese a Berlino il 21 maggio1 , siamo tenuti anche noi ad accettarlo ai fini di conciliazione che tale intervento si propone.

Mi ha poi informato che la proposta inglese, risultante da un promemoria consegnatogli da questo ministro britannico2 , era concepita in modo «inaccettabile» in quanto che Londra metteva il governo cecoslovacco e i sudditi tedeschi su uno stesso piano di contendenti fra i quali Lord Runciman avrebbe dovuto arbitrare. Bendi in un primo momento si era mostrato molto contrariato da una tale forma di pressione inglese; aveva finito poi per accettarla attenuandone il contenuto; infatti, nella risposta data da Praga3 si esclude l'arbitraggio e non si parla di mediazione. Fin qui Hodza; io ritengo che Runciman, e per lui l 'Inghilterra, al momento opportuno farà da mediatore e da arbitro e se i cechi non vi si vorranno adattare rischieranno di rimanere soli e di trovarsi a tu per tu con la Germania com'è nella tattica scelta da Berlino per raggiungere lo scopo evitando una conflagrazione.

354' L'ambasciatore Attolico rispondeva che da parte tedesca si concordava circa i numeri l, 2 e 4, mentre si sollevavano delle riserve circa il punto 3 perché un allargamento della lista delle merci di cui era proibito l'invio in Spagna poteva essere pregiudizievole per quei Paesi che, come la Germania, non avevano il controllo dei mari. Istruzioni in tal senso erano state impartite ali'ambasciatore von Stohrer (T. 3908/314 R. del l o agosto e T. 3919/318 R. del 3 agosto). Successivamente Attolico telegrafava che all'ambasciatore von Stohrer erano state inviate istruzioni di rinviare le conversazioni perché si desiderava prima esaminare la bozza di risposta al Piano del Comitato di non intervento che l'ambasciatore di Spagna aveva fatto pervenire alla Wilhelmstrasse (T. 3920/319 R. del 3 agosto). I telegrammi di Attolico erano ritrasmessi ali'ambasciatore Viola con T. 687/236 R. del 5 agosto con l'incarico di prendere contatto con l'ambasciatore tedesco e di regolarsi in conseguenza.

355 ' Vedi D. 145.

355 ' Per il quale si veda BD. vol. I. D. 531.

355 'Testo ihid., D. 537.

356

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CROLLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 3879/582 R. Londra, 30 luglio 1938, ore 19,14 (per. ore 22,30).

Miei telegrammi n. 576 1 e 5772.

A seguito sua conversazione con me, Plymouth ha visto Monteiro e Kordt, ai quali ha esposto stesse considerazioni a me prospettate. Ci siamo pertanto riuniti nuovamente Monteiro, Kordt ed io per procedere scambio idee.

Abbiamo anzitutto constatato che, mancandoci elementi per un esatta valutazione atteggiamento già manifestato dal governo Burgos riguardo missione Hemming ci è difficile oggi esprimere un'opinione precisa circa situazione risultata da rinnovata iniziativa di Plymouth.

In relazione e in aggiunta alle conclusioni del precedente scambio d'idee tra noi intervenuto (mio telegramma n. 5513 ) in occasione delle originaria presentazione della proposta Plymouth, Monteiro, Kordt ed io ci siamo trovati d'accordo sulle seguenti considerazioni di carattere generale.

0 ) È chiaro che governo inglese annette grande importanza alla attuazione iniziativa Plymouth e non intende abbandonarla.

2°) Ove noi, respingendo tale iniziativa, insistessimo perché risposte delle due parti vengano anzitutto comunicate in sede di Comitato, è da attendersi che Plymouth stesso, al primo punto morto raggiunto nella discussione, non mancherebbe di avanzare nuovamente e con maggiori insistenze suo progetto, giustificandolo con la riprova della impossibilità di procedere altrimenti alla esecuzione delle risoluzione 5 luglio4

3°) Monteiro a questo riguardo ha fatto presente avergli Plymouth dichiarato che Azcarate si era mostrato favorevolissimo alla missione Hemming a Barcellona, aggiungendo che suo governo sarebbe lieto di accogliere visita Segretario Comitato.

4°) Se realmente,come afferma Plymouth, Barcellona è pronta ad accettare progetto di Risoluzione, sarà piuttosto dalla sostanza delle risposta di Franco, che non dal metodo che verrà adottato per discutere risposta delle due parti, che da ultimo dipenderanno in misura considerevole le sorti del progetto di Risoluzione del 5 luglio.

5°) Monteiro, Kordt ed io abbiamo riconfermato nostra opinione sulla opportunità, nel caso di una accettazione dei nostri governi, di insistere per limitare missione Hemming al campo strettamente tecnico e amministrativo.

356 ' Vedi D. 352. 356 ' Vedi D. 352, nota 5. 356 ' Vedi D. 347, nota 2. 356 4 Per la quale si veda D. 289, nota 2.

357

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 3895/0145 R. Parigi, 30 luglio 1938 (per. il ] 0 agosto).

Persone amiche Bonnet mi domandano con insistenza se e con quali mezzi si ritenga possibile riprendere negoziato itala-francese interrotto. Mi limito ad ascoltarle.

Assicurano esplicitamente che Bonnet è pronto a modificare le basi del negoziato in modo sostanziale orientandolo verso generico accordo di massima; a premere con ogni mezzo su questa stampa (salvo su quella di sinistra che sfugge qualunque suo controllo) per frenare ogni eccesso nei nostri confronti; a sostituire Blondel, se si ritenessero necessari altri uomini.

Affermano che Bonnet non oserebbe fare direttamente aperture ufficiali in tal senso presso V.E., in quanto dubita possano andare incontro, sia al silenzio, sia ad un categorico rifiuto da parte nostra. Ciò che peggiorerebbe la situazione, invece che migliorarla.

Suoi sforzi e tentativi attuali tenderebbero ad accertare in via preliminare ed al di fuori tramiti ufficiali, se il Duce e V.E. ritengano possibile una ripresa contatti sia nel senso suggerito, sia altrimenti.

Stesse persone aggiungono che, nonostante rafforzamento intesa LondraParigi, permangono qui diffidenze verso possibilità di eccessive concessioni che Primo Ministro britannico potrebbe indursi a fare nei confronti della Germania sul terreno cecoslovacco e timori che Chamberlain, sotto il miraggio di una patto aereo (che esercita su qualunque inglese attrazione pressoché irresistibile), possa persuadersi opportunità concludere eventuale accordo unilaterale con Berlino, analogamente a quanto ha fatto, sia pure condizionatamente al regolamento spagnolo, con governo fascista.

Daladier si proporrebbe parare tale eventualità soprattutto trattando parallelamente con la Germania, Bonnet tentando giungere a una preventiva chiarificazione con noi della cui necessità è stato del resto assertore sin dal suo avvento al potere.

358

IL SOTTOSEGRETARIO ALLA GUERRA, PARIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

FOGLIO 48927. Roma, 30 luglio 1938.

Nei giorni 25 e 26 corrente hanno avuto luogo in Milano le note conversazioni con le LL.EE. i generali Ratz e Keresztez-Fischer, rispettivamente ministro della difesa nazionale d'Ungheria e capo di S.M. della Honved.

Scopo della riunione: esame degli orientamenti militari dell'Italia e dell'Ungheria, nel quadro della situazione politica generale.

All'inizio della riunione ho preso l'iniziativa della esposizione. Ho premesso che la condotta della guerra nelle sue linee generali-cioè l'indicazione degli obiettivi politici da raggiungere -è funzione nettamente politica e quindi di competenza delle Supreme Autorità Statali, ma che noi militari dobbiamo essere in grado di fornire dati alle autorità politiche sulla opportunità di determinate operazioni, e sulle possibilità di raggiungimento. Perciò la mia esposizione, pur riferendosi ad una determinata situazione (e cioè: pieno valore dell'asse Roma-Berlino con adesione dell'Ungheria; Jugoslavia amica) non poteva costituire che un semplice orientamento intellettuale, senza contenere il minimo impegno in nessun senso.

La situazione presa in considerazione si può così riassumere: gli Stati democratici -Inghilterra, Francia, Russia -materialmente fra loro separati, moralmente poco idonei ad una intesa militare, sono i meno indicati per la manovra ma -per contro -sono i più ricchi di materie prime.

La loro teoria bellica si è quindi orientata, e si va sempre più affermando, nella guerra di esaurimento: chiudere cioè in un grande cerchio le Potenze autoritarie, per farvele morire di inedia.

Di fronte a questa concessione, si fa sempre più netta -per le Potenze autoritarie -la visione della necessità della guerra di rapido corso, guerra cioè che impedisca il costituirsi del cerchio di incistamento o -quanto meno -lo spezzi, per poter giungere a colpire il nemico in modo vitale.

Questa guerra di rapido corso può avere due soluzioni: la soluzione totalitaria, immediata, che consisterebbe nel concentrare gli sforzi contro il più forte dei nemici per metterlo a terra al più presto; oppure la soluzione che chiamerò tecnica, progressiva, che consisterebbe nel concentrare gli sforzi contro gli Stati nemici più deboli ma aventi le materie prime di cui noi manchiamo (minerali e carburanti).

Per la prima soluzione occorrerebbe decidere se ci sentiamo di abbattere la Francia, sia pure ricorrendo ad un attacco di sorpresa ed all'uso di qualsiasi mezzo.

Per la seconda soluzione bisognerebbe essere pronti, per impadronirci rapidamente della Cecoslovacchia e della Romania e -contemporaneamente -spingerei alla occupazione del canale di Suez, che ci aprirebbe la grande arteria del Mar Rosso. Azioni queste che, fra l'altro, porterebbero come immediata conseguenza il benevolo orientamento verso noi di tutta la Penisola balcanica.

In questa situazione l 'Ungheria assume particolare importanza per la sua situazione geografica rispetto alla Cecoslovacchia ed alla Romania. Il ministro generale Ratz ed il capo di S.M. generale Keresztez-Fischer hanno manifestato la loro concordanza su tali visioni e possibilità.

Hanno posto in particolare evidenza la necessità -per l 'Ungheria -di un'azione immediata contro la Cecoslovacchia, sia pure limitando l'azione stessa ad impedire operazioni su Budapest.

Da parte ungherese è stato anche dato particolare risalto alla necessità di essere sicuri dell'atteggiamento della Jugoslavia. A tale riguardo ho assicurato che non debbono avere preoccupazione alcuna, inquantoché i rapporti con la Jugoslavia saranno opportunamente regolati dall'Italia.

Se l'Ungheria ha preoccupazioni, sarà sufficiente che essa provveda alla sorveglianza della sua frontiera.

Il generale Keresztez-Fischer, prospettando sue particolari visioni operative, ha espresso il dubbio che l'atteggiamento jugoslavo possa riservare delle sorprese specie per l'interesse che la Jugoslavia potrebbe avere ad invadere immediatamente l'Ungheria, proprio per agire contro l'Italia.

Ho insistito sulla inutilità di preoccuparci del contegno jugoslavo e di approfondire quindi piani operativi in tale direzione. La Jugoslavia è da considerarsi amica: ad ogni modo la sua situazione di frontiera con Italia, Germania, Ungheria -che ne avvolgono la estremità nord occidentale -non le concede di pensare ad azioni offensive in stile.

Si è quindi convenuto di impostare ed approfondire determinati studi, interessanti operazioni contro la Cecoslovacchia e la Romania. In tali studi portare essenzialmente l'attenzione sulla parte re lati va ai trasporti e ai tempi ad essi conseguenti.

I capi militari ungheresi ritengono che si potrebbero esaminare -in successive riunioni -i risultati di tali studi e gradirebbero fosse al riguardo tenuta a Budapest una nuova riunione, nel mese di novembre p.v.

Il generale Ratz ha comunicato che nel prossimo agosto accompagnerà in Germania S.A. il Reggente d 'Ungheria ed avrà occasione di intrattenersi con lo

S.M. tedesco su problemi operativi (una riunione a novembre sembrerebbe quindi opportuna anche sotto questo punto di vista).

Ali' atto della conclusione dei lavori il generale Ratz ha dichiarato che le forniture militari d eli 'Italia ali 'Ungheria hanno avuto regolare corso e -nel segnalare il pieno favore incontrato dalla nostre armi -ha rappresentato la necessità dell'esercito ungherese di poter disporre, fra l 'altro, di o bici da 210/22 italiani e probabilmente anche dei nostri mortai d'assalto.

Dei soddisfacenti risultati delle conversazioni italo-ungheresi (in conclusione essi si mettono completamente a nostro rimorchio) ho già avuto occasione di riferire sinteticamente al Duce, in un recente rapporto.

359

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. RISERVATO URGENTE 5357/1588. Berlino, 30 luglio 1938 (per. il 1° agosto).

Richiamo i miei rapporti n. 5205' e 529Y del 22 e 27 luglio rispettivamente. Ho ripreso ieri, questa volta con Weizsacker, il tema della «missione

359 ' Vedi D. 328. 359 ' Vedi D. 342.

Runciman». Ho trovato ch'egli condivideva perfettamente le apprensioni in proposito ch'io avevo già manifestato a Ribbentrop nel mio colloquio di mercoledì.

La Germania si trova un po' prigioniera della sua stessa politica. Avendo sempre dichiarato. all'Inghilterra come agli altri. che la questione sudeta riguarda direttamente i sudeti da una parte e i cecoslovacchi dali' altra. ha lasciato via libera alle iniziativa dell'Inghilterra. Ora queste iniziative, sboccate nelle missione Runciman cominciano ad imbarazzare la Germania. Questa ha già ufficialmente dichiarato che non solo ricusa il suo gradimento alla missione Runciman (mio telegramma del 26 corr. n. 3083) ma anche -lo ha dichiarato Weizsacker a Henderson -che non assume responsabilità per iniziative prese senza il suo previo consenso (il placet della Germania alla missione Runciman fu domandato nel pomeriggio del 25 quanto già i giornali inglesi portavano la pubblica notizia della cosa).

Ma anche questo non porta a un granché. Cosa avverrebbe se Runciman si orientasse verso una soluzione non perfettamente rispondente ai desiderata tedeschi? Non rimarrebbe che la guerra. ma in questo caso la guerra brutale. cruda, voluta ad ogni costo. senza che la Germania abbia mostrato di prestarsi e parte:. cipare ad uno sforzo di conciliazione, e anzi affermandosi agli occhi di tutti come causa del fallimento degli sforzi stessi. Ciò metterebbe la pubblica opinione inglese e americana, irrimediabilmente e totalmente, contro la Germania con evidente pericolo di generalizzazione di un possibile guerra, generalizzazione che non è la premessa del «colpo cecoslovacco» così come questo fu originalmente concepito qui.

Anche prescindendo, quindi, dalla opportunità o meno di lasciare che l 'Inghilterra si affermi come arbitra delle questioni centro-europee penetrando così in un settore che se non appartiene alla Francia, ancora meno appartiene a lei anche dico prescindendo da questo -la Germania comincia a sentire essa stessa il bisogno di distaccarsi dalla situazione diplomaticamente falsa nella quale, colla sua politica apparentemente astensionista, si è posta. E se, finora, non ha incoraggiato-ai fini di una soluzione del problema cecoslovacco-trattative di sorta fra le grandi Potenze, ora potrebbe forse, per liberarsi dalle strette della missione Runciman, volerlo essa stessa.

Ho già riferito a V.E. che, nell'accennare alle possibilità offerte dalla situazione per prevenire una soluzione di forza della questione sudeta, François-Poncet aveva accennato, ripetutamente, a possibili conversazioni a quattro (mio rapporto del 22 luglio). L'idea è stata dall'Ambasciatore di Francia ripresa di recente con il Segretario di Stato Weizsacker ma, questa volta, sotto forma di conversazioni a tre. Non so se questa riduzione -che praticamente implicherebbe l'esclusione d eli 'Italia -sia soltanto l'espressione della doppiezza di François-Poncet che,

359 'T. 3822/308 R. del 26 luglio. Riferiva che alla richiesta dell'ambasciatore Henderson di avere il gradimento del governo tedesco alla missione Runciman era stato risposto che il governo germanico «pur apprezzando gli alti motivi e gli intenti della missione, non credeva di poter intervenire nella cosa in alcun modo».

parlando con me, comprende l 'Italia e parlando con i tedeschi la escluda, oppure sia la conseguenza della recente visita a Parigi del mio collega di Francia. Non mi sarà difficile di appurarlo.

Comunque, quel che oggi mi preme di mettere in evidenza è che l'avviamento della questione cecoslovacca verso un binario di negoziazioni collettive, avviamento che prima era ventilato solo dagli anglo-francesi. ora potrebbe convenire anche agli stessi tedeschi e ciò. ripeto. per disincagliare la Germania da quello che potrebbe divenire la secca della missione Runciman.

Ciò premesso, rimane da vedere se, nell'ipotesi che un simile avviamento si realizzasse, l'Italia avrebbe o meno convenienza a prendere, con l 'Inghilterra, la Francia e la Germania, diretta parte al negoziato diplomatico che si venisse ad impostare allo scopo. A parte tutto, se dopo la missione Runciman la questione cecoslovacca non venisse posta sopra un piano europeo, si verrebbe fatalmente a riconoscere all'Inghilterra uno speciale diritto ad intervenire negli affari cecoslovacchi e conseguentemente dell'Europa Centrale.

Sembra quindi rimessamente a me che, sia che la questione sia considerata dal semplice punto di vista della collaborazione internazionale e, nella specie, dei due assi, sia che venga considerata come una chiamata in causa delle Potenze responsabili del Trattato di Versailles, l'Italia fascista non potrebbe mancare di esser presente.

Si tratta comunque di questione che può esser decisa solo dalla E.V. e sulla quale attendo per mia norma, opportune direttive4

360

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 3889/528 R. e 3899/529 R. Tokio, 31 luglio 1938, ore 12,06 (per. ore 11 del JO agosto).

Riferii come questo ambasciatore di Germania di ritorno da Berlino mi dichiarò ripetutamente e nettamente aver ricevuto istruzioni di promuovere più stretti legami con Tokio 1•

360 ' L'ambasciatore Auriti aveva riferito in proposito con T. 3780/503 R. del 23 luglio precisando che, stando alle dichiarazioni dell'ambasciatore Ott, l'iniziativa tedesca aveva finalità non solo antirusse ma anche antibritanniche. Poiché l'ambasciatore tedesco aveva manifestato il desiderio di svolgere un'azione concertata con la rappresentanza italiana, Ciano aveva autorizzato lo scambio di idee ma raccomandando soprattutto di tenere il Ministero al corrente dell'andamento dei rapporti nippo-tedeschi (T. 656/261 R. del 26 luglio).

Riferii altresì, in seguito', come nei colloqui da lui finora avuti con Autorità militari giapponesi egli non avesse presentato alcuna proposta per il rafforzamento dei vincoli fra i due Paesi, sicché richieste già fatte due volte a Berlino dai militari giapponesi per la conclusione di un patto continuano restare senza accoglienza in Germania. La spiegazione di tale contraddizione è apparsa da un colloquio del mio collega con il Regio Addetto Militare. Dopo aver detto che Stato Maggiore tedesco ritiene che non vi è da pensare a mediazione, che conflitto sarà deciso soltanto dalla armi e che è errato credere che la situazione economica dell'Impero possa costringerlo a una pace di compromesso, ambasciatore ha aggiunto altre considerazioni dalle quali si può -desumere suo punto di vista.

Germania, pur sembrando ora propensa a credere che vittoria finale rimarrà al Giappone, vuole attendere vedere risultati conquista Hankow. Se questi saranno tali da rassicurarlo sullo svolgersi ulteriori avvenimenti essa pare sarebbe disposta prendere in esame proposta dei militari giapponesi.

Ma impegnarci prima, ciò sembra pericoloso sia perché si troverebbe legata con una alleata che lo svolgimento operazioni in Cina ed una eventaule più attiva partecipazione ad esse della Russia potrebbero poi ridurre in cattiva posizione, sia perché Giappone stesso potrebbe dall'appoggio che la Germania dovrebbe prestargli essere incoraggiato, mentre ancora si trova impelagato in importante spedizione contro la Cina, a una politica avventata contro la Russia non conforme agli interessi germanici.

Ambasciatore ha chiesto ali'Addetto Militare se non convenisse con lui e questo si è riservato a non contraddire.

Come a me, anche all'Addetto militare, mio collega ha espresso grande preoccupazione sulla possibilità di una stretta intesa anglo-giapponese che può essere forse messa in relazione con il proposito di Berlino di lasciare libera la via a decidersi se e quando gli convenga accordarsi con Tokio più intimamente.

359 4 Il documento ha il visto di Mussolini.

361

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, PIGNATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 3902/87 R. Roma, 31 luglio 1938 (per. il l o agosto).

Da lui invitato mi sono recato stamane dal cardinale Segretario di Stato. Il cardinale Pacelli desiderava intrattenermi su monsignor Castellani (mio

360 ' Il 27 luglio, l'ambasciatore Auriti aveva telegrafato che i militari giapponesi non sapevano niente di una proposta germanica per realizzare più stretti rapporti tra i due Paesi e che, da parte loro, non intendevano prendere iniziative (T. 3830/522 R.). A questo proposito, l'ambasciatore Auriti comunicava ancora che l'ambasciatore di Germania avevfl avuto un colloquio con il Ministro della Guerra senza fare nessuna comunicazione importante, per cui i militari nipponici erano convinti che egli non aveva istruzioni per modificare lo stato dei rapporti nippo-tedeschi (T. 3843/525 R. del 28 luglio).

telegramma per corriere del 26 corrente n. 82'). Ho dichiarato al Porporato che il Papa me ne aveva parlato nell'udienza accordatami qualche giorno prima2Gli

• ho detto, poi, che desideravo innanzitutto metterlo al corrente del mio colloquio con il Papa e delle mie risposte, anche in relazione al recentissimo discorso del Pontefice.

Rammentato al cardinale che il Santo Padre aveva parlato di nazionalismo esagerato ricevendo le Suore del Cenacolo3 e di razzismo agli Assistenti Ecclesiastici di Azione Cattolica4 , gli ho riferito per esteso la comunicazione che, conformemente agli ordini ricevuti, avevo fatta al Papa e le di lui risposte le quali, ho precisato, comunicai, il giorno stesso dell'udienza, martedì 26 corrente, all'E.V.

Senonché nel corso di un'azione diplomatica che il Papa stesso aveva voluto, dal momento che'Egli mi aveva incaricato di fare delle precise comunicazioni all'E.V. e al Duce, il Pontefice, alcuni giorni dopo la conversazione avuta con me, ossia giovedì 28 corrente, pronunciava un discorso aspro\ in qualche punto violento, sugli stessi argomenti che avevano formato oggetto del nostro colloquio. Il movente dello sfogo verbale papale, era stato un trafiletto di Regime Fascista pubblicato il giorno di martedì 26 corrente6 poche ore prima dell'udienza accordatami dal Papa, ma da Lui conosciuto il successivo giovedì 28.

Domandavo al cardinale di precisarmi le intenzioni del Pontefice, non senza deplorare che nel corso di una trattativa diplomatica, fosse avvenuta una manifestazione che poteva compromettere la trattativa stessa. Se il Papa rifuggiva dal negoziare per il tramite diplomatico, non aveva che a dirlo; ne avremmo tirate le conseguenze. Però, doveva essere ben chiaro che nel caso in questione, il Pontefice, dopo aver avviata una vertenza per la normale via diplomatica, ne

361 ' Vedi D. 336. Per quanto concerne la parte del colloquio relativa alla questione di monsignor Castellani, l'ambasciatore Pignatti riferiva più ampiamente con T. per corriere 3900/88 R. dello stesso giorno. Il cardinale Pacelli aveva dichiarato che la Santa Sede non riteneva giustificato un eventuale provvedimento di espulsione che tra l'altro avrebbe costituito un caso senza precedenti, dato che, a differenza di un Nunzio, un Delegato Apostolico aveva attribuzioni esclusivamente spirituali. Il cardinale aveva anche espresso il proposito di far tornare subito monsignor Castellani in Africa Orientale, al che l'ambasciatore Pignatti aveva risposto che quella sarebbe stata «una gravissima imprudenza».

361 ' Il 26 luglio. Vedi DD. 336 e 337.

361 'Vedi D. 320.

361 ' Vedi D. 336, nota 2.

361 ' Riferimento al discorso pronunciato agli alunni del Collegio di Propaganda Fide. Il Pontefice aveva insistito sul concetto che il genere umano era una sola, grande, universale famiglia e si era poi domandato come mai «con imitazione disgraziata» l'Italia avesse avuto bisogno di andare ad imitare la Germania (il testo del discorso è ne L'Osser\'atore Romano del 30 luglio).

[n proposito, Ciano così annotava nel suo Diario sotto la data del 30 luglio: «<n seguito al discorso del Papa, violentemente antirazzista. convoco il Nunzio e lo metto sull'avviso: se si continua su questa strada, l'urto è inevitabile perché il Duce considera la questione razziale come fondamentale, dopo avvenuta la conquista dell'Impero. È all'impreparazione razziale degli italiani che dobbiamo l'insurrezione degli A m ahara».

361 ' Il giornale aveva pubblicato un articolo di fondo, firmato Achille Starace, e una serie di trafiletti polemici, tutti centrati sui principi razziali di cui veniva ribadita la validità, in polemica con la posizione negativa assunta in proposito dalla Chiesa Cattolica.

aveva complicata la soluzione con il Suo discorso agli alunni del Collegio di Propaganda Fide.

Ho osservato che non mi rendevo conto dove si volesse arrivare. II Papa mi aveva dichiarato di non essersi riferito a noi parlando di nazionalismo esagerato alle Suore del Cenacolo. Tuttavia la stampa estera aveva indicato l 'Italia fascista come il bersaglio che il Pontefice aveva voluto colpire. Il Papa aveva negato, vigorosamente, di avere parlato di razzismo agli Assistenti Ecclesiastici di Azione Cattolica. La stampa cattolica era là per testimoniare il contrario. Comunque, io avevo preso atto delle vivaci dichiarazioni del Papa e le avevo comunicate ai miei superiori. L'ultimo discorso, alla presenza degli alunni di Propaganda Fide, era esplicito. Quali erano le preferenze del Papa, desiderava forse «che ci si levasse la giacca e si risolvesse la vertenza con la violenza? Sarebbe bastato poco di più perché Egli fosse servito».

Il cardinale Segretario di Stato, che al principio della conversazione mi aveva detto di credere che il Papa intendesse rispondere alle parole pronunciate dal Duce ai Segretari Federali a Forlì' sul problema della razza, non ha obiettato nulla alle mie osservazioni. Alla fine mi ha dichiarato che «per quanto fosse difficile parlare al Papa» egli s'impegnava ad informarlo del nostro colloquio nella prima udienza che cadrà martedì 2 agosto p. v.

362

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, PIGNATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 3901/89 R. Roma, 1° agosto 1938 (per. stesso giorno).

Il cardinale Segretario di Stato, insistendo sui rilievi già fattimi dal Papa riguardo alla situazione della Chiesa Cattolica in Africa Orientale Italiana', ha rinnovato le lagnanze della Santa Sede. Il Porporato afferma che i ministri delle altre religioni sono favoriti e appoggiati in tutti i modi, anche con aiuti di danaro, in confronto dei sacerdoti cattolici ai quali si creano ostacoli di ogni genere. Si trovano perfino pretesti per impedire loro di costruire chiese eh'essi sono disposti a pagare con il proprio danaro.

Il cardinale Pacelli, come del resto mi aveva fatto capire il Papa in forma più prudente, ha osservato che il radicale mutamento nell'atteggiamento delle

362 ' Vedi D. 336.

Regie Autorità verso il clero cattolico, è avvenuto dopo la partenza del Maresciallo Graziani.

361 7 Il 30 luglio, Mussolini aveva detto ai segretari federali: <<Sappiate, ed ognuno sappia, che anche nella questione della razza noi tireremo diritto. Dire che il fascismo ha imitato qualcuno o qualcosa è semplicemente assurdo» (MussOLINI, Opera Omnia, vol. XXIX, p. 126).

363

L'INCARICATO D'AFFARI A BELGRADO, GUIDOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 3933/055 R. Belgrado, 2 agosto 1938 (per. il 4).

In relazione al telegramma del 31 luglio n. 45431 con il quale Baistrocchi ha trasmesso direttamente a V.E. la comunicazione fattagli da Andrié circa il patto concluso a Salonicco fra l'Intesa Balcanica e la Bulgaria2 , riassumo qui appresso brevemente le prime impressioni e constatazioni sul punto di vista Jugoslavo.

0 ) L'accordo-è superfluo rilevarlo-ha un valore pratico assai limitato. Da una parte, l'Intesa Balcanica riconosce alla Bulgaria il diritto di armarsi, diritto che questa si era già presa da tempo con il tacito consenso, non sempre disinteressato, come nel caso inglese, delle grandi Potenze. D'altra parte, i soci dell'Intesa Balcanica ricevono una generica assicurazione che la Bulgaria non ricorrerà alle armi per realizzare le sue rivendicazioni territoriali. Il patto non elimina, perciò, nessuna delle difficoltà fondamentali esistenti in quel settore ma in certo senso le definisce anzi legalmente, constatando l'esistenza di aspirazioni nazionali bulgare la cui realizzazione viene affidata, in un futuro imprecisabile, alle belle parole e ai consessi internazionali. Al massimo, può dirsi che l'avvenimento costituisce un successo formale del!'Intesa Balcanica. Lo stesso Andrié ha escluso che esso potesse essere interpretato come un primo passo verso la adesione della Bulgaria alla Intesa Balcanica.

2°) L'iniziativa della conclusione del patto è partita certamente da chi ne aveva, o credeva di averne, il maggiore interesse: dalla Turchia e dalla Grecia. Resta da vedere se in pratica, e in conseguenza del patto, la Bulgaria si avvicinerà veramente al binomio greco-turco, ciò che non potrebbe mancare di preoccupare la Jugoslavia. Questo riavvicinamento, però, è giudicato qui, almeno per il momento, improbabile.

3°) La Jugoslavia, il cui interesse era invece minimo e di carattere generico, contrario anzi, sul terreno concreto, alla realizzazione di quella posizione

363 ' Non pubblicato. L'argomento è qui indicato.

«monopolistica» che la Jugoslavia, dopo il patto dell'anno scorso\ ha tentato di acquistare in Bulgaria, non poteva però rifiutarsi, o anche soltanto, mostrare mala voglia e riluttanza ad associarsi ad un atto collettivo quale membro della Intesa Balcanica, della quale essa è l'unità più importante e al tempo stesso sospetta di essere la meno solidale. Sopratutto in una circostanza come questa se si pensa che Stojadinovié fu il primo a tendere la mano alla Bulgaria, un gesto che in quel momento e in quella forma non fu molto gradito ai soci dell'Intesa Balcanica.

4°) Per quanto riguarda I'eco nel Paese, è da osservare che I'avvenimento, per il suo carattere impreciso di affermazione a vuoto, è di quelli che suscitano un universale, anche se soltanto apparente, consenso. Coloro che sentono nostalgia per la vecchia politica jugoslava, societaria, intesofila, sono lieti di poter manifestare i loro sentimenti applaudendo al nuovo patto che di quella politica, per sempre tramontata, porta tutti i segni esteriori; ma soltanto esteriori. Coloro che hanno risolutamente guidato il Paese e I' opinione pubblica sul nuovo cammino di una politica realistica sono egualmente contenti di poter fare a buon mercato un gesto di solidarietà che, così sperano, non avrà conseguenze.

Mi riservo comunque di segnalare eventuali nuove risultanze circa le ripercussioni in questo Paese dell'accordo di Salonicco•.

363 2 Trattato di Salonicco tra Bulgaria e Stati dell'Intesa Balcanica del 31 luglio 1938 (testo in MARTENS, vol. XXXVI, p. 32).

364

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPPORTO SEGRETO 5430. Berlino, 2 agosto 19381

Restituisco qui unito l'estratto relativo alle notizie pervenute sulla situazione in Alto Adige dall'l l al 26 u.s. (tua lettera n. 6585 del 28 u.s. 2).

363 ' Riferimento al trattato tra Bulgaria e Jugoslavia del 24 gennaio 1937 (vedi D. 64, nota 2).

364 ' Manca l'indicazione della data di arrivo. 364 2 Nel precedente <<estratto di notizie>>, relativo al periodo 24 giugno-14 luglio (trasmesso ali'ambasciatore Attolico con lettera Ciano 6250 del 14 luglio), era stato già

Evidentemente dalle intercettazioni risulta come vi siano tuttora colà elementi irredentisti tanto irriducibili da spingere i loro sentimenti fino a nutrire un sordo rancore contro il Cancelliere Hitler.

Mi sembra utile riferirti, in proposito, come proprio in questi giorni il ministro von Ribbentrop, parlandomi di tali elementi, mi abbia detto che verrà un giorno nel quale il Cancelliere finirà per chiedere all'Italia l'invio definitivo in Germania di qualche migliaia di famiglie altoatesine3

363 4 Qualche giorno più tardi, Guidotti tornava sull'argomento per riferire circa un colloquio avuto con il direttore generale degli Affari Politici, Smilianié. Quest'ultimo gli aveva fatto osservare che, dopo tutti i sospetti degli Stati balcanici per la politica jugoslava in Bulgaria, Stojadinovié non aveva potuto fare a meno di dare la sua collaborazione alle trattative per l'accordo con Sofia. Il governo jugoslavo -aveva aggiunto Smilianié -non riteneva che la Bulgaria si sarebbe messa in cattivi rapporti con la Jugoslavia perché allora si sarebbe esposta a molti pericoli con i suoi vicini: tanto meno era da ritenere che Sofia potesse sollevare la questione macedone perché in quel caso Belgrado sarebbe ritornata «all'antica tesi della Jugoslavia integrale, ciò che avrebbe significato l'assorbimento della Bulgaria». (T. per corriere 3999/060 R. del 9 agosto).

365

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 3943/0150 R. Parigi, 3 agosto 1938 (per. il 5).

Blondel, giunto ieri a Parigi, sarà ricevuto stasera da Bonnet. Ripartirà, credo, per Roma domenica.

Comunicato ufficioso sottolinea che chiamata Blondel Parigi ha scopi analoghi a recenti visite Poncet e Corbin e altri rappresentanti diplomatici francesi, le quali sarebbero unicamente inspirate da desiderio ministro mantenere contatti con capi missione all'estero e riceverne informazioni dirette su sviluppi e tendenze dell'opinione internazionale.

Stesso comunicato aggiunge che niente è comunque mutato nello stato dei rapporti itala-francesi e che governo fascista non ha, dopo interruzione conversazioni Roma, detto o fatto dire alcunché circa loro eventuale ripresa.

Commenti giornali si svolgono sul motivo che, come Germania nei suoi attuali tentativi riavvicinamento Londra non può sperare raggiungere suoi obbiettivi senza parallelo riavvicinamento con Parigi, così Roma non potrebbe, senza parallelo riavvicinamento itala-francese, sperare in una effettiva messa in vigore del suo accordo con Londra'.

segnalato un graduale processo di distensione nel!' Alto Adige, dovuto, oltre che alla delusione per la dichiarazione del Fuhrer a Palazzo Venezia ed all'attenuarsi dell'effervescenza provocata dali' Anschluss, anche alla <<propaganda che contro tal uni eccessi deil'Anschluss veniva svolta da molti ex-austriaci quando venivano in visita turistica in Alto Adige>>. L'«estratto di notizie>> relativo al periodo ll-26 luglio, qui in riferimento, confermava la distensione in atto ma nello stesso tempo segnalava che molti altoatesini restavano convinti di trovarsi di fronte ad una semplice battuta di arresto che sarebbe stata superata non appena possibile, cioè <<quando saranno scomparsi i capi delle due rivoluzioni italiana e germanica>>.

364 ' Il documento ha il visto di Mussolini.

365 ' Sul viaggio di Bionde! a Parigi si veda anche il D. 379.

366

IL MINISTRO AD ATENE, BOSCARELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 3950/074 R. Atene, 3 agosto 1938 (per. il 5).

Ho visto questo Sottosegretario permanente al ministero degli Affari Esteri dopo il suo ritorno da Salonicco; dove si era recato col presidente Metaxas per la firma dell'accordo con la Bulgaria1

Il signor Mavrudis si è mostrato estremamente soddisfatto del risultato ottenuto, che in un certo senso era stato superiore alle aspettative dello stesso governo greco. Mi ha detto che durante tutto il negoziato, desideroso di giungere ad un accordo, egli si era studiato di non chiedere al governo bulgaro alcunché che avesse potuto urtare il suo orgoglio nazionale o soltanto la sua suscettibilità e mi ha lasciato intendere che Metaxas si sarebbe forse contentato anche di un accordo di buon vicinato se la Bulgaria avesse rifiutato, come qui si temeva, di giungere al patto di non aggressione.

Il Sottosegretario di Stato è ottimista circa i risultati del patto ed attribuisce una grande importanza al miglioramento d'atmosfera fra la Grecia e la Bulgaria che viene ad essere aumentato e consolidato col nuovo atto firmato a Salonicco. In questo migliorato clima -egli pensa -non solo potranno essere riesaminate e forse risolte le questioni da anni pendenti ma anche i rapporti commerciali fra i due Paesi avranno nuovo incremento. A suo avviso la Bulgaria troverà nel mercato greco quegli sbocchi che finora ha cercato inutilmente altrove.

Infine, mi è parso di comprendere che alla soddisfazione e ali'ottimismo del mio interlocutore non fosse del tutto estranea l'idea che, col patto in questione, l'Intesa Balcanica aveva in certo qual modo risposto alla politica di grande indipendenza finora seguita dal presidente Stojadinovié.

Senza condividere l'ottimismo, forse troppo interessato, del signor Mavrudis, a me sembra che, se da un lato non occorre sopravalutare il nuovo patto, non sarebbe dali'altro prudente svuotar! o completamente di contenuto. Il miglioramento di atmosfera esiste in realtà e non soltanto nelle dichiarazioni che anche prima di oggi ed in varie occasioni mi hanno fatto questi dirigenti greci; le varie segnalazioni che ha fatto a Vostra Eccellenza il ministro a Sofia di visite d'intellettuali greci, di manifestazioni di leghe greco-bulgare, di viaggi di professionisti, ecc., ne costituiscono un'altra prova che viene da parte bulgara. Tale miglioramento ha più importanza di quanto non possa sembrare a prima vista, giacché, mentre da un lato -e cioè nel campo balcanico -esso evita o attenua le continue crisi e le discussioni del passato, dali' altro contribuisce a

366 ' Vedi D. 363, nota 2.

far sì che nelle questioni di politica generale europea d'ora in poi si cercherà di fare in modo che il punto di vista della Bulgaria non sia differente da quello degli altri Paesi balcanici. Del che, d'altronde, si sono avute prove anche prima che la migliore atmosfera fosse, per così dire, ufficialmente consacrata col Patto di Salonicco: a Ginevra, a Montreux, a Nyon.

Dal punto di vista italiano, sottometto a Vostra Eccellenza le due seguenti considerazioni:

0 ) Il Patto, se non ha una vera propria punta antijugoslava, è in certo qual modo una risposta alla politica di Stojadinovié e specialmente al suo accordo colla Bulgaria2 Greci, turchi e rumeni che al momento della conclu

• sione dell'accordo bulgaro-jugoslavo mal sopportarono di esserne stati lasciati fuori cercano oggi di ridurre la differenza di tono esistente fra i loro rapporti colla Bulgaria e quelli che con lo stesso Paese intrattiene l'alleata Jugoslavia.

D'altra parte, è del tutto da escludersi che la stessa Bulgaria abbia voluto con il nuovo patto, se non sottrarsi a quel «monopolio dell'amicizia jugoslava» al quale opportunamente accenna il R. Ministro a Bucarest\ crearsi almeno, per ogni futura evenienza, delle altre possibilità?

Il R. Ministro a Sofia potrà rispondere con più competenza e con maggiori elementi a tale interrogativo. A me sembra di non andare del tutto errato affermando che la inattesa arrendevolezza di Kiosseivanov nelle recenti trattative, nonostante l'atteggiamento di assai marcata indifferenza assunto in esse da Stojadinovié, non dovrebbe condurci ad una risposta completamente negativa.

2°) L'iniziativa del patto -come telegrafai a Vostra Eccellenza fin dal 24 maggio u.s. (mio telegramma n. 45 4 ) e come conferma il Ministro Sola5 è di marca greco-turca. È fuor di dubbio, però, che tale iniziativa è stata appoggiata, caldeggiata ed aiutata nel suo sviluppo dall'Inghilterra. Il patrocinio inglese è evidente nelle diverse fasi delle trattative. Non solo, ma, secondo quanto mi assicura questo ministro di Jugoslavia, è grazie alle ultime pressioni (economiche) esercitate dall'Inghilterra a Bucarest ed a Sofia che si è potuto giungere alla formula della «non aggressione».

D'altra parte, non deve recar meraviglia che l'Inghilterra si sia specialmente interessata alla conclusione del nuovo patto. È un'altra manifestazione di quello sforzo che essa sta di nuovo facendo in questo settore d'Europa per aumentare il suo prestigio e per riprendere posizioni che sembrava stesse per perdere. Nell'autunno scorso essa aveva ispirato l'accordo addizionale greco-turco6 (vedi

366 ' Vedi D. 284.

366 'Vedi D. 150.

366 ' Vedi D. 284.

mio rapporto n. 898911095 del 24 novembre 193T e mia lettera particolare a Vostra Eccellenza del 6 dicembre u.s. 8 ) che in un primitivo momento fu ideato e doveva avere carattere antitaliano. Più tardi accordò un prestito assai cospicuo alla Turchia9 ; poi prese, d'accordo con la Francia, la decisione, in via di attuazione, di aiutare finanziariamente Bulgaria, Grecia e Rumania. Oggi, nel patrocinare apertamente l'accordo Bulgaria-Intesa Balcanica, essa crede di saldare un altro anello della collana che deve farla apparire agli occhi di questi Paesi come la protettrice dei deboli e la paladina della pace nel mondo. In realtà, pero, l'Inghilterra-che durante le sanzioni ha esperimentato di quale grande utilità possano essere per i fini della sua politica imperiale gli aiuti dei piccoli Stati -tenta in ogni maniera di dar nuova vita ad uno stato d'animo e di fatti che sembrava tendesse a tramontare.

E se non riesce a far rivivere i famosi accordi mediterranei 10 nella loro antica forma non tralascia tuttavia mezzi per crearsi delle clientele: buoni uffici diplomatici, prestiti politici, forniture di materiale bellico, connessioni fin anziarie, penetrazione culturale, progetti di grandi opere pubbliche; nulla è da lei tralasciato allo scopo di avere, in ogni possibilità futura, della sua parte -per amore o per forza di finanza -i Paesi balcanici.

Anche se, grazie alla politica di Vostra Eccellenza, essa sa di non poter pm contare sulla Jugoslavia, stima che Grecia, Turchia, Romania e Bulgaria costituiscono un blocco di più di 40 milioni di abitanti, che è bene non avere dali'altra parte della barricata 11

366 " Il ministro Boscarelli tornava sull"argomento alcuni giorni più tardi dopo un lungo colloquio con il ministro di Bulgaria ad Atene, Sismanov. Dalle dichiarazioni del diplomatico bulgaro, gli sembrava di poter concludere, a conferma e completamento delle sue precedenti osservazioni:

0 ) che il nuovo patto firmato a Salonicco, e la forma definitiva da esso assunta, è molto più importante di quella dichiarazione di <<buon vicinato» della quale si era parlato da principio e della quale si sarebbero quasi certamente contentati greci, turchi e bulgari. Esso rappresenta in realtà un'adesione -sia pur larvata ed indiretta -della Bulgaria alla politica sostanziale d eli 'Intesa Balcanica.

2°) Il Patto è stato patrocinato dali 'Inghilterra che ha fatto pressioni a Sofia ed a Bucarest per eliminare le difficoltà che ad esso si opponevano. La politica inglese nei Balcani riesce rinforzata dal Patto.

3°) In certo senso, se non proprio una controassicurazione bulgara contro il così detto <<monopolio jugoslavo>> in Bulgaria, il Patto è per lo meno un'affermazione d'indipendenza della politica bulgara nei Balcani di fronte a quella finora preponderante di Stojadinovié.

L'accordo di Salonicco infatti non solo <<puntella>> la compagine dell'Intesa Balcanica che Stojadinovié aveva seriamente scosso, ma le dà nuovo fermento di vita, eliminando, o per lo meno riducendo, un suo difetto iniziale, quello cioè rappresentato dall'essenza Bulgara.

4°) Il patto appare suscettibile di ulteriori sviluppi, sia nei rapporti fra Bulgaria, Grecia, Turchia e Romania, sia nei rapporti fra questi Stati e l'intesa franco-britannica>> (T. per corriere 4071/076 R. del 15 agosto).

366 2 Riferimento al trattato tra Bulgaria e Jugoslavia del 24 gennaio 1937 (vedi D. 64, nota 2).

366 6 Vedi D. 22, nota l.

366 7 Non pubblicato.

366 8 Non rintracciata.

366 9 Vedi D. 182.

366 10 Vedi D. 162, nota 5.

367

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CROLLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 3955/0165 R. Londra, 3 agosto 1938 (per. il 6).

Telegramma di V.E. n. 1661 e miei telegrammi n. 579' e n. 5843

Oggi pomeriggio sono stato ricevuto dal Primo Ministro. Gli ho detto che in relazione alla risposta da lui data ad Attlee il 26 luglio, governo fascista mi aveva incaricato di appurare con ogni precisione pensiero del Primo Ministro circa quella che egli considerava sistemazione problema spagnolo ai fini dell'entrata in vigore dell'Accordo itala-britannico.

Chamberlain mi ha risposto testualmente: «Vi sono grato dell'occasione che mi fornite di dissipare un equivoco. Governo italiano non poteva dare migliore prova di amicizia verso governo britannico che quella di incaricarvi di elucidare questo punto direttamente con me. Nostri due governi debbono sempre e immediatamente comunicarsi con tutta franchezza sospetti e ombre che rischiano di guastare la loro amicizia. Voi avete certamente notato nel resoconto parlamentare che parole da me pronunciate in risposta a Attlee non facevano parte del mio discorso, che era stato accuratamente preparato in anticipo. Parole incriminate sono state da me improvvisate sul momento stesso per rispondere ad una interruzione di Attlee. Siccome desideravo evitare ripetizioni simili interruzioni, ho dato una risposta che forse poteva interpretarsi (come è stata infatti interpretata dalla stampa di opposizione) in senso inesatto, ma che ad ogni modo mi ha risparmiato altre noiose interpellanze sullo stesso punto.

È superfluo che io vi dichiari che non ho mutato, né muterò mio pensiero circa necessità mettere in vigore Accordo itala-britannico al più presto possibile. Voi potete nuovamente assicurare vostro governo che governo britannico non è meno ansioso del governo italiano di venire a capo di questa difficoltà.

Difficoltà è sorta perché Accordo itala-britannico è stato fin dall'inizio, e prima ancora della sua conclusione, presentato all'opinione pubblica inglese e al Parlamento come essenziale passo verso generale pacificazione europea. Io devo perciò, a mio malgrado, esigere che al momento della messa in vigore dell'Accordo la situazione spagnola sia tale da poter permettere al mio governo di dichiarare che Spagna non costituisce più pericolo per la pace de li'Europa.

Io sono pronto a cogliere prima favorevole occasione per far pubblica dichiarazione in questo senso. Ma ci vuole un fatto qualunque, almeno un ragionevole

367 ' Sic. Si tratta in realtà del T. 6601176 R. del 28 luglio qui pubblicato come D. 346.

367 ' Vedi D. 353.

pretesto. Certo, la fine del conflitto spagnolo con vittoria Franco sarebbe soluzione più radicale e più desiderabile. Ma essa purtroppo non è ancora in vista. È per questo motivo che Perth è stato incaricato di sottoporre al governo italiano verso fine giugno tre possibilità alternative che consentirebbero di dichiarare che Spagna ha cessato di essere un pericolo per l'Europa4

Di queste alternative due sono state scartate dal governo italiano. Rimane la terza: esecuzione piano britannico mediante ritiro volontari. Ad essa io continuo pienamente ad aderire. Non ho mai avuto in mente di aggiungere ulteriori condizioni, né di lasciare aperta la porta alla possibilità che ulteriori condizioni o riserve vengano formulate una volta effettuato totale ritiro volontari. Posso escludervi questa possibilità nel modo più assoluto. Completa evacuazione volontari fornirebbe appunto al governo britannico giustificazione di fronte al Parlamento, e ali' opinione pubblica, per poter dichiarare che Spagna ha cessato di essere potenziale pericolo per la pace, e per poter conseguentemente porre in vigore Accordo di Roma. Il fatto dell'evacuazione compiuta determinerebbe dunque automaticamente e senza interruzioni o ritardi l'entrata in vigore dell'Accordo i taio-britannico». Chamberlain ha riflettuto un momento e poi ha ripreso su un tono diverso e più personale: «lo mi sono sempre rifiutato innanzi alla Camera di definire quello che intendevamo per sistemazione questione spagnola. Questo mio rifiuto non solo non va interpretato come una possibilità di tenere in serbo delle riserve da fare eventualmente giocare in senso dilatorio, ma va anzi inteso come un desiderio da parte mia di riservarmi la facoltà di far entrare in vigore l'Accordo ove ciò sia possibile -prima ancora che le condizioni prestabilite siano realizzate. Io a voi posso parlare liberamente come non potrei parlare ai Comuni: vi dirò per esempio che io sarei anche disposto a considerare sufficiente un ritiro parziale e "sostanziale" di volontari».

Ho interrotto a questo punto Chamberlain per chiedergli se egli intendeva riferirsi ad una delle tre alternative comunicate a V.E. da Perth, che contemplava un «ritiro sostanziale», nel quadro tuttavia di un armistizio fra le due parti in Spagna.

Chamberlain mi ha risposto: «No, intendo un ritiro "sostanziale", e cioè non totale, anche senza necessità di armistizio. Desidero tuttavia dichiararvi subito, affinché non vi sia possibilità di equivoco su questo punto, che quella che ho accennato ora non è una proposta formale del mio governo, ma una facoltà che intendo riservarmi personalmente, e discrezionalmente, facendone uso soltanto se le condizioni generali me Io consentiranno».

Ho chiesto a Chamberlain se era allora esatto dire che le tre alternative formulate da Perth a V.E. dovevano considerarsi come un massimo, da cui governo britannico si riteneva formalmente vincolato, e oltre a cui non intendeva in nessun caso andare; massimo che tuttavia non precludeva la possibilità di una anticipata messa in vigore dell'Accordo a condizioni più ridotte.

Chamberlain ha risposto che ciò era esatto.

Ho detto a Chamberlain che ciò che ci premeva per ora era di definire chiaramente quella delle tre alternative formulate da Perth che era rimasta in piedi, e cioè la «esecuzione del piano britannico».

Poiché il piano britannico contemplava, oltre al ritiro dei volontari, anche il controllo e la belligeranza, volevo essere sicuro che successive possibili difficoltà sul controllo e sulla belligeranza non avrebbero fatto sorgere il dubbio, una volta l'evacuazione avvenuta, che il piano britannico non fosse «eseguito» in tutte le sue parti, e che quindi l'Accordo itala-britannico non potesse entrare in vigore.

Chamberlain ha risposto: «Quando io dico esecuzione del piano britannico intendo evacuazione dei volontari e nient'altro. Il resto non interessa il governo britannico ai fini della messa in vigore dell'Accordo di Roma».

Ho allora rilevato che occorreva definire chiaramente quello che si doveva intendere per il momento nel quale, in base al progetto di risoluzione del 5 luglio5 , la evacuazione dei volontari doveva considerarsi come avvenuta. Infatti il paragrafo 22 del progetto di risoluzione, prospettando le varie tappe del processo di ritiro, prevedeva -dopo completato il ritiro stesso -altri due mesi durante i quali le Commissioni dovevano verificare se non fossero rimasti in !spagna volontari non individuati e non evacuati. Inoltre, il paragrafo 48 stabiliva che in seguito ai rapporti finali delle Commissioni spettava al Comitato di Non Intervento decidere «se il piano di evacuazione era stato pienamente eseguito». Ora-ho aggiunto -se è il Comitato che deve decidere questo punto all'unanimità, la messa in vigore dell'Accordo itala-britannico finisce col rischiare di dover dipendere da un voto del rappresentante francese e del rappresentante sovietico, entrambi interessati a ritardare od ostacolare l'amicizia fra Roma e Londra.

Chamberlain ha reagito con vivacità e ha detto testualmente: «Non è mio costume far dipendere la mia politica dalla volontà di terzi. Se l'evacuazione dei volontari si effettuerà, il governo britannico metterà in vigore i suoi accordi col governo italiano senza aspettare che le Commissioni in !spagna finiscano di dare la caccia a qualche volontario smarrito e che il Comitato si pronunzi al riguardo. Non spetta al Comitato di determinare a che momento il governo britannico debba considerare eseguito il piano di evacuazione ai fini della messa in vigore degli Accordi di Roma».

A questo punto il colloquio è terminato. Chamberlain ha parlato tutto il tempo con grande cordialità e con estrema chiarezza, marcando in certi momenti con particolare calore le sue dichiarazioni.

Chamberlain nel congedarmi mi ha detto che riteneva opportuno che di questo nostro incontro non venisse fatto cenno nella stampa, la quale non avrebbe mancato di farne oggetto di tendenziose speculazioni.

Gli ho risposto che ero d'accordo con lui".

367 'Vedi D. 289, nota 2. 367 6 Si veda per il seguito il D. 377.

367 3 T. 3922/584 R. del 4 agosto con cui Crolla comunicava di avere ricevuto da Chamberlain le più formali assicurazioni che non era intenzione del governo britannico formulare nuove condizioni per l'entrata in vigore degli accordi itala-britannici ed annunciava l'invio per corriere di un resoconto del colloquio.

367 4 Vedi D. 243.

368

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, GALLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 1261/677. Istanbul, 3 agosto 1938 (per. il 10).

Se già da vari segni era possibile prevedere, attraverso il continuo e graduale miglioramento dei rapporti fra gli Stati componenti l 'Intesa Balcanica e la Bulgaria, che si sarebbe giunti ad una conclusione effettiva, a una convenzione firmata, non per questo minore e meno profonda è stata l 'impressione per l'annuncio dell'accordo di Salonicco 1

L'importanza di un trattato, in base al quale viene ufficialmente riconosciuto alla Bulgaria il diritto di riarmarsi e di rimilitarizzare la frontiera della Traèia, è troppo evidente di per se stessa, non soltanto in quanto rappresenta un completo capovolgimento dei mezzi attraverso i quali l 'Intesa Balcanica si proponeva di raggiungere determinati fini politici ma anche sopratutto perché il governo di Sofia, probabilmente premuto da altri e più attuali interessi, appare abbandonare, almeno per un lungo periodo di tempo, le sue non nascoste aspirazioni di revisione delle frontiere.

La soddisfazione per il raggiunto accordo è in questi circoli, e per riflesso in questa stampa, completa sotto ogni rispetto. La Turchia, la quale sostiene di poter riuscire ad ottenere per vie pacifiche una completa realizzazione delle proprie «giuste» aspirazioni si compiace di veder applicato il metodo anche agli altri e naturalmente non si lascia sfuggire l'occasione per ripetere che in tal modo si conserva e si rafforza la pace. Tanto più sembra che questo Paese possa rallegrarsi della modificata atmosfera balcanica in quanto esso considera che l'Intesa Balcanica sia sorta, sulla base della liquidazione del secolare dissidio turco-greco, quale estensione e completamento di un primo atcordo fra Ankara ed Atene2Se non quando era nello stato embrionale,

almeno certo nei suoi successivi sviluppi di accordo tra Ankara, Atene, Belgrado e Bucarest, l'Intesa Balcanica finiva ineluttabilmente per avere finalità antibulgare, almeno nel senso di arresto delle aspirazioni revisionistiche della Bulgaria.

Tale finalità poteva sembrare finora raggiunta mediante un accordo che aveva, del resto, un contenuto ancor più vasto e completo anche per rispetto ad altri settori della politica europea: oggi tale esigenza di difesa viene appagata persuadendo la Bulgaria a contentarsi del diritto al riarmo e alla rimilitarizzazione per rinunciare alle sue aspirazioni revisionistiche.

Lo scopo che si propongono i quattro alleati balcanici, rimane sempre lo stesso: resta soltanto a vedere se ed in quanto il cambiamento dei mezzi coi

368 ' Vedi D. 363, nota 2.

quali si mira ad una determinata finalità possa influire anche sugli orientamenti politici generali.

Il problema fondamentale che oggi si pone, a seguito e in relazione all'accordo di Salonicco è quello dell'avvenire dell'Intesa Balcanica. C'è chi può dire che essa viene a svuotarsi di contenuto, in quanto verrebbe a cadere il principale elemento di coesione che la animava e la sosteneva: l'ostilità bulgara. Ci sono invece altri -e fra questi sono naturalmente i giornali turchi -i quali sostengono che l'Intesa Balcanica dall'accordo esce completata e rafforzata.

Le due tesi possono ambedue essere discusse: quale prevalga potrà essere giudicato soltanto in relazione ai futuri sviluppi della politica europea, sul settore balcanico come su altri settori.

Per quanto riguarda la particolare situazione della Turchia, non sembra dubbio che, sotto ogni punto di vista, questo Paese è destinato a trarre vantaggi notevoli dalla normalizzazione dell'atmosfera nella Penisola Balcanica. Specialmente in quanto i popoli balcanici, formando come una specie di fronte unico nei riguardi del resto dell'Europa, ritengono di poter più agevolmente mantenere la propria indipendenza. È questa l'opinione del Tan il quale afferma che «l'indipendenza dei popoli balcanici non era in altri tempi che una illusione» che «ciascuno di essi era in qualche modo vassallo di una grande Potenza».

Ma ora le cose sarebbero ben differenti: «Un bel giorno fu trovato il segreto della forza: quel giorno fu creata l'unione balcanica che doveva costituire la prima pietra dell'edificio della pace».

L'accordo di Salonicco rappresenta una tappa successiva per rispetto a questa evoluzione: «con questo accordo la Bulgaria non è entrata a far parte dell'Intesa Balcanica ma ne è sulla porta ... Noi crediamo che non è lontano il giorno in cui accoglieremo i bulgari da fratelli nel seno dell'Intesa Balcanica».

Grande la compiacenza di dimostrare che i popoli balcanici danno esempio al mondo: «mentre il mondo intero si dibatte fra timori di torbidi e di guerra -scrive l'Aksam -la speranza di tranquillità che offrono i Balcani costituisce un beneficio molto pregevole per l 'Europa Orientale».

Viene anche messo in rilievo come gli sviluppi della situazione si siano maturati a seguito dell'evoluzione prodottasi coli' accordo fra Sofia e Belgrado3

«Quando perdurava il rancore della Bulgaria verso i vicini -scrive il Sabah -essa iniziò un flirt con la Jugoslavia. Questa amicizia che si abbozzava così portò alla fine all'accordo fra la Bulgaria e l'Intesa Balcanica».

L'accordo di Salonicco, in conclusione, segna una evoluzione importante e interessante degli sviluppi dell'Intesa Balcanica e nel suo modo di lavorare e di adoperarsi per raggiungere determinate finalità politiche: dati gli attuali orientamenti della Turchia, è naturale che questo Paese si rallegri sinceramente di un avvenimento che viene interpretato liquidare definitivamente un passato di sospetti e di rancori, e che viene considerato come desse alla Turchia stessa una completa tranquillità nel settore balcanico.

368 ' Vedi D. 64, nota 2.

Se ed in quanto tali considerazioni e interpretazioni siano esatte non potrà però dirlo che l'avvenire.

368 2 Riferimento al Patto di intesa cordiale tra Grecia e Turchia del 14 settembre 1933 (vedi D. 22, nota l 0).

369

L'AMBASCIATORE A BUENOS AIRES, GUARIGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 4937/2635. Buenos Aires, 3 agosto 19381

Telegramma di V.E. n. 10727 del 27 luglio u.s. 2

Con riferimento al sopra indicato telegramma, confermo quanto questa R. Ambasciata ha diffusamente segnalato coi telegrammi Stefani Speciali circa l'eco avuta in questa stampa dalle nostre recenti direttive in materia di protezione della razza. Unisco alcuni ritagli con gli articoli riassunti nei telegrammi Stefani3

Aggiungo che, mentre alcune posizioni assunte a nostro favore nel passato dal Vaticano ebbero assai poca fortuna nella stampa argentina, questa volta le parole del Pontefice sono state messe in straordinario rilievo. Si è parlato della costernazione dei «disgraziati ebrei» viventi in Italia, di risurrezione del paganesimo, di ripresa delle lotte fra Stato e Chiesa con conseguente prossimo sfacelo del Regime, di pressioni che su noi avrebbero esercitato i tedeschi, ecc. Per contro, anche la stampa demo-massonica esalta la figura del Papa «che ha avuto il coraggio di enunciare principi profondamente democratici».

Come ho segnalato, interessante è notare che fra i pochissimi giornali che non ci sono contrari si contano, oltre i nazionalisti, i cattolici Crisol e Pueblo.

Tale nuova campagna giornalistica non ha mancato di influire su questa opinione pubblica, assai più proclive ad asteggiarci che a comprenderci. Ho infatti avuto modo di constatare personalmente come esista generalmente in questi ambienti, nel migliore dei casi, uno stato d'animo di perplessa attesa circa il nostro problema razzista. In questo Paese totalitariamente se non profondamente cattolico, si teme che il problema da razziale possa trasformarsi in religioso, e su questo timore giuocano i nostri nemici allo scopo di attirare su di noi anche quelle antipatie che finora erano prerogative della sola Germania.

369 ' Manca l'indicazione della data di arrivo. 369 2 Vedi D. 335. 369 1 Non pubblicati.

370

IL MINISTRO A SOFIA, TALAMO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 3795/1479. Sofia, 3 agosto 1938 (per. il 6).

Mio telegramma n. 142 del l o agosto1

Qui di seguito Vostra Eccellenza troverà la documentazione relativa ai vari testi telegrafici, comunicati, e principali telegrammi stampa, concernenti l'accordo di Salonicco del 31 corrente2

I commenti della stampa estera qui diffusi, previa presumibile selezione della censura, appaiono generalmente buoni, per quanto fra di loro diversamente intonati: osannanti quelli greci e sopratutto quelli romeni, più misurati quelli jugoslavi, scarsi quelli turchi, elogiativi ed entusiasti quelli franéesi, maggiormente riservati quelli inglesi, favorevoli ma misurati quelli tedeschi, misurati ed obbiettivi se pur genericamente favorevoli quelli ungheresi. Come segnalavo con telegramma n. 143 di ieri', mancano tuttavia quelli italiani.

Quanto alle prime considerazioni a cui l'avvenimento ha dato luogo, già a suo tempo, con mio telegramma n. 119 del 9 luglio• avevo anzitutto segnalato, con le opportune riserve, quelle fattemi da questo Presidente del Consiglio.

Peraltro sembra difficile non ammettere, a parte il valore generale dell'atto, una graduale flessione bulgara anche in corso di negoziato, giacché dei primi intendimenti di Kiosseivanov che, scartando altri impegni politici e tanto più collettivi, limitava il negoziato ad una dichiarazione intesa a stabilire semplicemente la legittimità del riarmo bulgaro e la rimilitarizzazione della zona tracica, siamo giunti alla stipulazione di un apposito protocollo, solennemente firmato in condizioni certamente significative, che contempla, oltre quelle clausole di riarmo e di rimilitarizzazione, un accordo generale politico assai più rilevante, sulle cui finali conseguenze, se anche par difficile di pronunciarsi in modo definitivo, è tuttavia fin da ora possibile di gettare uno sguardo, anche tenendo in

370 'T. 3907/142 R. del 1° agosto. Riferiva che in Bulgaria l'accordo di Salonicco era stato accolto freddamente. Il governo aveva sottolineato in modo particolare il solenne riconoscimento del riarmo bulgaro, evitando così -osservava il ministro Tal amo -di dare ali' accordo un significato politico che presumibilmente non sarebbe stato compreso e approvato dali 'opinione pubblica.

370 ' Vedi D. 363, nota 2. 370 ' T. 10854/143 P.R. del 2 agosto. Segnalava che il silenzio della stampa italiana a proposito dell'accordo di Salonicco suscitava sorpresa a Sofia.

Il 4 agosto veniva diffusa la Nota n. 17 dell'Informazione Diplomatica nella quale si esprimeva soddisfazione per l'accordo raggiunto tra Bulgaria e Intesa Balcanica, che era stato realizzato <<grazie soprattutto alla politica di Stojadinovié>> e che era indicato come un esempio di revisione, suscettibile di essere applicato <<Ìn altri settori europei dove la situazione rimaneva particolarmente delicata». Il testo della Nota è in Relazioni Internazionali, p. 568.

speciale conto il qui allegato concorde comunicato che ha accompagnato la diramazione del testo dell'accordo, e che ne prevede i «prossimi sviluppi». Due punti comunque ad un primo, se anche affrettato esame, sembrano presentarsi più apparenti:

l) Che la già periclitante Intesa Balcanica viene ora rinvigorita sotto un nuovo aspetto che non è più quello particolarmente antibulgaro del passato ma corrisponde invece a una nuova funzione interbalcanica, che, con la collaborazione bulgara, dovrebbe ora diventare operante in questa regione di Europa, in uno spirito collettivo e per delle finalità politiche circa le quali, è da credere non a caso, la stampa francese si richiama agli accordi di Stresa.

2) Che il particolare accordo bulgaro-jugoslavo\ per quanto la sua clausola di «pace perpetua» possa fino a un certo segno differire da quella, peraltro illimitata, di «non aggressione», stabilita dali' accordo di Salonicco, viene in certo modo assorbito nel nuovo patto generale interbalcanico, a cui come Potenza dell'Intesa Balcanica partecipa la stessa Jugoslavia, e perde quindi la sua particolare operatività di accordo bilaterale diretto, in eccezione, eppertanto in contrasto, con l'Intesa Balcanica, già gravemente pregiudicata dall'esistenza stessa di quell'accordo separato.

Si ha peraltro qui l'impressione che, nonostante il proprio atteggiamento favorevole all'accordo di Salonicco, la Jugoslavia faccia in sostanza buon viso a cattivo o quantomeno a mediocre gioco. I commenti jugoslavi si sforzano, d'altronde, di stabilire alcuni punti che sembrano intimamente contraddittori con l'avvenimento, sia prospettando l'atto come la manifestazione di una volontà interbalcanica indipendente dalle grandi Potenze, laddove è nota la parte avuta nella circostanza dali 'Inghilterra (e basterebbe a testimoniarla il passo fatto presso di me da questo ministro britannico, come da mio telegramma n. 115 dell'8 luglio u.s.6), sia preconizzando quale conseguenza de il'atto stesso una ulteriore intensificazione degli amichevoli rapporti bulgaro-jugoslavi, i quali viceversa sembrano destinati ad essere, se non neutralizzati, almeno bilanciati dai nuovi rapporti testé inaugurati dalla Bulgaria con gli altri suoi vicini precisamente in forza dell' accordo di Salonicco.

Per quanto se ne sa qui, e come sono andato segnalando per l'addietro all'Eccellenza Vostra, non solo l'iniziativa dell'atto non è jugoslava, ma anzi la Jugoslavia ha destato qui l 'impressione quasi di disinteressarsene prima non senza malumore, poi di aderirvi malvolente per non potervisi apertamente opporre senza provocare una prematura crisi dell'Intesa Balcanica, se non viceversa, al punto ove si era giunti, una crisi dei rapporti bulgaro-jugoslavi.

Nei confronti della Bulgaria, la Jugoslavia sembra in verità aver commesso qualche imprudenza ed indubbiamente l'abbraccio «fraterno» col quale ha stretto

370 ' Riferimento al trattato tra Bulgaria e Jugoslavia del 24 gennaio 1937 (vedi D. 64, nota 2).

la minore sorella slava ha dato l'impressione di essere alquanto soffocante. Mi pare verosimile di credere che l'accordo di Salonicco includa anche, per parte bulgara, il desiderio di svincolarsene, tanto più che una troppo crescente intimità bulgaro-jugoslava, con certe sue preoccupanti manifestazioni anche nella vita interna della Bulgaria, può finalmente minacciare qui interessi dinastici, ciò che, per quanto ritengo, trova vivamente sensibile chi una politica dinastica è pur tenuto a condurre.

Comunque, l'atteggiamento jugoslavo nella circostanza è in questi giorni assai commentato e, per una singolare ma non incomprensibile contraddizione, lo stesso favore dimostrato all'accordo, è considerato con sospetto, giacché non manca chi si domanda se tutto sommato esso non possa fare il gioco di chi immagini una spartizione avvenire della Bulgaria, come coloro della Lega Militare jugoslava che, a quanto si afferma, già avrebbero annesso alla Jugoslavia, nella carta politica futura della Balcani a, il «Banato dell 'Iskar», comprendente, con la provincia di Sofia e un ampio tratto della zona danubiana, tutta la Macedonia bulgara, mentre altri si attribuirebbero i territori dell'est e del sud-est.

In sostanza, è forse proprio la nuova tranquillità della distensione sugli altri fronti prodotta dall'accordo di Salonicco quella che provoca in questi giorni più aperte manifestazioni di un già latente sospetto verso la Jugoslavia. La politica di quest'ultima viene al totale giudicata malfida, come quella di chi si procura nuove amicizie e non rinuncia alle antiche, sta con la Piccola Intesa e opera contro la Piccola Intesa nei riguardi del problema ungherese e di quello cecoslovacco, concorre all'Intesa Balcanica e tenta di strappare alla stretta amichevole od ostile di essa la Bulgaria e via dicendo. A queste critiche, che sembrano avere in parte qualche apparenza di fondatezza, altre se ne aggiungono sulla politica interna jugoslava, anche essa considerata equivoca, col rilevarsi che l'opposizione croata servirebbe eccellentemente al governo per bilanciare lo strapotere della Lega Militare, e fin con l 'alludersi ad affermate minacciose rivalità nella famiglia regnante, fra il Reggente, e sopratutto la Principessa Olga e la Regina Madre.

Queste voci le riferisco a Vostra Eccellenza più che altro per segnalar le l 'accanimento con cui si vuole sottolineare una asserita incertezza della situazione jugoslava, accanimento che lascia pensare che l'accordo di Salonicco possa corrispondere più di quanto non si possa credere sul momento a certe tendenze ultime della politica bulgara.

È giusto anche registrare che tali critiche colpiscono meno la persona di Stojadinovié, di cui si vuole riconoscere la buona volontà e le buone intenzioni ma di cui si considera la posizione assai soggetta alle contrastanti tendenze della politica interna del Paese, affermandosi che fin la vita del Presidente del Consiglio jugoslavo sarebbe continuamente e seriamente minacciata.

Nondimeno, e nonostante le finalità che si possano riconoscere all'accordo di Salonicco ai fini dell'allentamento di una temuta stretta jugoslava, giova rilevare che, con balcanica contraddizione, l'accordo stesso non è riuscito punto popolare.

Specie le correnti nazionaliste, e non sono poche sopratutto nelle fila degli universitari e della più giovane ufficialità, hanno considerato l'accordo come una flessione vergognosa verso Potenze ostili, come una rinuncia alle rivendicazioni nazionali bulgare e come un piegarsi di fronte agli intendimenti di grandi Potenze che vogliono costringere la volontà e l'avvenire della Bulgaria. È certamente interessante a questo riguardo rilevare che quelli stessi che difendono l 'accordo si affannano a dimostrarne la caducità e la scarsa consistenza, non molto diversamente in ciò da quanto ha fatto con me questo Presidente del Consiglio.

Quanto alle reazioni che ho potuto constatare presso alcune di queste Rappresentanze estere: riservati, reticenti e in complesso poco soddisfatti si dimostrano gli jugoslavi; disapprovatori, se anche piuttosto misuratamente, come chi si sente sicuro, forse più che non convenga, della sua supremazia economica in questo Paese, i tedeschi; più disapprovatori e meno misurati gli ungheresi, che affermano che il nodo di tutta la situazione è a Belgrado e che se si vuole una politica balcanica chiara «occorre costringere la Jugoslavia a dichiararsi».

In conclusione l'accordo di Salonicco sembra aprire la possibilità di ulteriori concessioni bulgare che potrebbero finalmente giungere a mutare, e per quanto mi pare non in modo che a noi convenga, l'economia del gioco balcaniCO.

Crederei quindi che l'ulteriore atteggiamento della Bulgaria vada assai attentamente seguito, mentre utile, per ciò che subordinatamente riterrei, potrebbe riuscire ai fini di parare ad ulteriori sviluppi della situazione, una nostra azione concertata con chi abbia interessi paralleli ai nostri.

370 4 Vedi D. 298, nota l. In realtà, sulle riserve di Kiosseivanov il ministro Talamo aveva riferito con D. 298.

370 6 Vedi D. 324, nota 4.

371

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPPORTO SEGRETO 55251 • Berlino, 4 agosto 19382 •

Ho visto stamane Henderson e l 'ho trovato, nonostante la pausa Runciman, assai buio. «Il momento è pacifico ma è -egli ha detto -la calma che prepara tempesta».

Richiesto su che cosa poggiasse questo suo pessimismo, Henderson mi ha detto di aver appreso che per il [ ... ] settembre. è stato ordinato qui in Germania [ ... Jagli effettivi di guerra parecchi [ ... ] tutte quelle stanziate in territorio [ ... ].

Ho voluto controllare subito [ ... ] presso Weizsacker. Questi, per quanto [ ... ], me l'ha sostanzialmente confermata. Aggiungo che, avendogli chiesto [se potevo] prendermi qualche gior[ no di

371 2 Manca l'indicazione della data di arrivo.

ferie] subito [dopo] Norimberga, Weizsacker mi ha [detto] che mi consigliava [di seguire] il [suo] esempio e cioè andare in vacanza [prima]. Tutto questo mi sembra abbastanza [indica]tivo3

371 1 Il documento è deteriorato dall'umidità.

372

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CROLLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 3961/585 R. Londra, 5 agosto 1938, ore 14,24 (per. ore 18,50).

Ritengo opportuno riferire a V.E. quanto segue: Monteiro ha chiesto di vedermi. L'ho trovato in uno stato di palese irritazione. Egli mi ha mostrato due telegrammi pervenutigli da Lisbona1

Nel primo telegramma governo portoghese segnalava alcune dichiarazioni fatte da Franco al rappresentante del Portogallo a Burgos 2 Franco avrebbe detto

che «non disconosceva buona fede rappresentanti nazioni amiche che hanno partecipato nel Comitato alla elaborazione progetto di risoluzione del 5 luglio3» ma che riteneva che «tale buona fede era stata sorpresa dalle manovre degli avversari» e che «documento Comitato non teneva dovuto conto interessi Spagna Nazionale dalla quale non poteva quindi essere accettato».

Nel secondo telegramma, governo portoghese informava che rappresentante di Franco a Lisbona aveva annunziato che progetto di risposta al Comitato era pronto ma che prima di essere inviato a Londra sarebbe sottoposto approvazione governi italiano, tedesco e portoghese. Rappresentante di Franco aveva inoltre comunicato in via preliminare alcune delle obiezioni che governo Burgos si proponeva di includere in tale risposta, obiezioni che, al dire di Monteiro, sconvolgevano dalle fondamenta Piano britannico, formulando proposte interamente nuove. Governo portoghese chiedeva parere di Monteiro al riguardo. Monteiro mi ha detto che desiderava mettermi al corrente dei due telegrammi da lui ricevuti e della risposta che egli aveva diretto a Lisbona. Monteiro aveva riposto al suo governo4 :

0 ) che, contrariamente a quello che era impressione di Burgos, progetto risoluzione 5 luglio era stato preparato in modo da permettere a Franco, avvalendosi delle volute imperfezioni del progetto stesso, di eludere ogni precisa risposta affermativa o negativa e di giustificare così propria eventuale azione dilatoria;

2°) che obiezioni Franco gli parevano inutilmente forti, visto che per

372 ' Vedi DP, vol. V, DD. 1702 e 1708. 372 ' Pedro Teot6nio Pereira. 372 3 Vedi D. 289, nota 2. 372 4 Vedi DP, vol. V, DD. 1709 e 1713.

questo governo per fermare un cronometro (quale era progetto di ritiro volontari) non occorreva una bomba quando sarebbe stato sufficiente un granello di sabbia;

3°) che egli, Monteiro, suggeriva piuttosto che Franco non sollevasse questioni di principio che investono le basi stesse del piano britannico e si limitasse per esempio a insistere per una risposta ai quesiti contenuti nella nota del 18 novembre scorso5 , o a esigere garanzie per la esecuzione del piano da parte dei Rossi, proponendo partecipazione dei suoi fiduciari ai lavori delle commissioni ed al controllo sui Pirenei.

A richiesta di Monteiro se io avessi ricevuto dal mio governo comunicazioni analoghe, ho risposto negativamente.

È superfluo dire che mi sono naturalmente astenuto dali' esprimere alcun giudizio su quanto Monteiro mi comunicava di sua pura iniziativa e a titolo suo personale6

371 3 Il documento ha il visto di Mussolini.

373

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, PIGNATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 3949/92 R. Roma, 5 agosto 1938 (per. stesso giorno).

Ho informato Vostra Eccellenza, con mia lettera del 3 corrente n. 20861 , della visita fattami in quel giorno dal cardinale Pizzardo, venuto espressamente da Fiuggi, per parlarmi. Il porporato voleva persuadermi, interpretando le parole che a nome del Papa mi aveva riferite, che il Pontefice non aveva voluto colpirci.

Ho fatto capire al cardinale Pizzardo che apprezzavo altamente il sentimento che ispirava il suo passo, ma che, con tutto il rispetto che avevo per la sua persona, dovevo dichiarargli che non potevo tenere conto delle sue considerazioni, né darne notizia ali' E.V.

Stamane è venuto a vedermi senza preannunciarsi, monsignor Montini, sostituto della Segreteria di Stato. Egli mi ha detto di essere preoccupato della situazione, estremamente tesa, che si stava formando, e mi ha domandato se, a mio avviso, ci fosse qualcosa da fare per ricondurre le relazioni fra Italia e Santa Sede su un piede di normalità. Ho risposto che la colpa della deplorata tensione non era nostra, ma esclusivamente della Santa Sede o per essere più precisi del Santo Padre che con il Suo discorso2 ingiusto e ingiustificato, aveva offeso l 'Italia

372 6 Questo documento fu inviato in visione a Mussolini. 373 ' Non rintracciata. 373 ' Vedi D. 361, nota 5.

fascista. Quanto ai rimedi non ne vedevo che uno solo, ossia, com'era stata pubblica l'accusa, pubblica doveva essere la ritrattazione.

Ho domandato, poi, a monsignor Montini, in nome di chi parlasse. Mi ha risposto che il cardinale Pacelli ignorava il suo passo che doveva essere considerato personale. Nel corso della conversazione il monsignore ha detto, evidentemente di proposito, che veniva da me direttamente da Castelgandolfo. Per parte mia gli ho dichiarato di essere meravigliato di constatare come nessuno osasse parlare al Papa. Mi ha risposto, con intenzione, che non era esatto quello che io credevo.

Sulla porta, prima di ]asciarmi, Monsignore Sostituto mi ha lasciato intendere che l'Osservatore Romano potrebbe chiarire, in un comunicato, il pensiero del Papa se si fosse sicuri di non provocare critiche o scherni sul tipo dell'articolo del Tevere di ieri, sulle Cinque Giornate'. Non ho dato risposta diretta al monsignore, ma ho approfittato all'occasione per attaccare il direttore del giornale officioso. Il conte Della Torre è detestato in Segreteria di Stato, ma è sostenuto dal Papa che non tiene conto di tutto quello che gli viene riferito contro quel triste figuro.

Monsignor Montini mi ha dato l'impressione che la Segreteria di Stato sia fortemente preoccupata e che cerchi di correre ai ripari, rendendosi conto che lo sfogo del Papa contro il Regime Fascista non può essere spiegato, né giustificato.

372 5 Vedi D. 279, nota 4.

374

L'INCARICATO D'AFFARI A VARSAVIA, CARISSIMO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 3986/071 R. Versavia, 5 agosto 1938 (per. l'8).

A questo ministero degli Affari Esteri si mostra molto riservo nei riguardi della missione Runciman: riserbo che si riflette in questa stampa, la quale si astiene dal pubblicare commenti propri, limitandosi a riprodurre quelli dei giornali esteri ed a dare le notizie di cronaca. Parlandone stamane con il ministro Arciszewski, sostituto di questo Sottosegretario di Stato agli Esteri (attualmente in congedo), egli si è limitato ad osservare, dopo avere premesso che non è possibile fare previsioni sui risultati, che la missione Runciman potrebbe riuscire soltanto alla condizione, che non sembra attuabile, che si giungesse a fare accor

373 ' Nel suo discorso agli alunni del Collegio di Propaganda Fide, Pio XI aveva detto scherzosamente che non poteva venire accusato di essere ostile ai tedeschi solo perché era figlio di milanesi <<quelli della Cinque Giornate che hanno cacciato i tedeschi da Milano». Su il Tevere del 4 agosto, era stato pubblicato, con il titolo «< tedeschi, le 5 giornate e il Papa>>, un articolo in cui si faceva osservare che nel 1848 i milanesi non avevano cacciato i tedeschi ma la guarnigione absburgica, costituita da austriaci, ungheresi, italiani, croati e boemi.

dare dal governo cecoslovacco il massimo delle concessioni nel senso delle rivendicazioni delle minoranze. Il signor Arciszewski ha ammesso che la missione Runciman sarebbe intanto servita a far decadere il progetto di statuto delle nazionalità elaborato dal governo cecoslovacco, che stava per essere presentato al Parlamento di Praga.

Mi ha poi fatto un fuggevole accenno a uno degli aspetti della missione Runciman, che qui non è sfuggito e che concorre a determinare l'attitudine di riserbo sopra segnalata. La Polonia, infatti, mentre sostiene che la questione delle minoranze in Cecoslovacchia, per la situazione specialissima di quello Stato creazione artificiosa dei Trattati di pace, è una questione internazionale e come tale va trattata, non dimentica poi di avere essa stessa -beninteso in situazione completamente diversa-minoranze allogene nel proprio territorio. Ciò la induce ad essere prudente nel prendere posizione nei riguardi del!' attuale intervento di una missione estera in Cecoslovacchia per la questione delle minoranze, che oggi può riuscire favorevole agli interessi polacchi in Cecoslovacchia, ma che in un lontano domani potrebbe essere invocato come un precedente pericoloso.

Il signor Arciszewski ha infinite osservato che la missione Runciman può essere considerata nel quadro del problema cecoslovacco, come una procedura di cui occorre attendere lo sviluppo.

375

NOTA N. 18 DELL'INFORMAZIONE DIPLOMATICA

Roma, 5 agosto 1938.

Negli ambienti responsabili romani si fa notare che molte delle impressioni e deduzioni estere sul razzismo italiano sono dettate da una superficiale cognizione dei fatti e in qualche caso da evidente malafede. In realtà il razzismo italiano data dal 1919, come potrebbe essere documentato. Mussolini nel discorso al Congresso del Partito tenutosi a Roma nel novembre del 1921 -ripetiamo 1921 -dichiarò esplicitamente: «Intendo dire che il Fascismo si preoccupi del problema della razza: i fascisti devono preoccuparsi della salute della razza, con la quale si fa la storia». Se il problema rimase per alcuni anni allo stato latente, ciò accadde perché altri problemi urgevano e dovevano essere risolti. Ma la conquista dell'Impero ha posto in primissimo piano i problemi chiamati complessivamente razziali, la cui sconoscenza ha avuto drammatiche, sanguinose ripercussioni, sulle quali non è -oggi -il momento di scendere in particolari.

Altri popoli mandano nelle terre dei loro Imperi pochi e sceltissimi funzionari; noi manderemo in Libia e in Africa Orientale Italiana -coli' andare del tempo e per assolute necessità di vita-milioni di uomini. Ora, a evitare la catastrofica piaga del meticciato, la creazione cioè di una razza bastarda, né europea né africana, che fomenterà la disintegrazione e la rivolta, non bastano le leggi severe promulgate e applicate dal Fascismo: occorre anche un forte sentimento, un forte orgoglio, una chiara onnipresente coscienza di razza.

Discriminare non significa perseguitare: questo va detto ai troppi ebrei d'Italia e di altri Paesi, i quali ebrei lanciano al cielo inutili lamentazioni, passando con la nota rapidità dall'invadenza e dalla superbia all'abbattimento e al panico insensato. Come fu detto chiaramente nella nota n. 14 dell' «<nformazione Diplomatica»1 e come si ripete oggi, il Governo fascista non ha alcun speciale piano persecutorio contro gli ebrei in quanto tali. Si tratta di altro. Gli ebrei in Italia, nel territorio metropolitano, sono 44 mila secondo i dati statistici ebraici, che dovranno però essere controllati da un prossimo speciale censimento. La proporzione sarebbe quindi di un ebreo su mille italiani. È chiaro che, d'ora innanzi, la partecipazione degli ebrei alla vita globale dello Stato dovrà essere e sarà adeguata a tale rapporto. Nessuno vorrà contestare allo Stato fascista questo diritto, e meno di tutti gli Ebrei, i quali -come risulta in modo solenne anche dal recente manifesto dei rabbini d'Italia -sono stati sempre e ovunque gli apostoli del più integrale, intransigente, feroce e, sotto un certo punto di vista ammirevole, razzismo; si sono sempre ritenuti appartenenti a un altro sangue, a un'altra razza, e si sono autoproclamati «popolo eletto» e hanno sempre fornito prove della loro solidarietà razziale, al di sopra di ogni frontiera. E qui non vogliamo parlare dell'equazione, storicamente accertata in questi ultimi venti anni di vita europea, fra ebraismo, bolscevismo e massoneria.

Nessun dubbio quindi che il clima è maturo per il razzismo italiano, e meno ancora si può dubitare che esso non diventi -attraverso l'azione coordinata e risoluta di tutti gli organi del Regime -patrimonio spirituale del nostro popolo, base fondamentale del nostro Stato, elemento di sicurezza per il nostro Impero.

376

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CROLLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 3960/586 R. Londra, 6 agosto 1938, ore 0,37 (per. ore 4 ).

Halifax ha chiesto di vedermi.

Mi ha detto oggi che doveva farmi una comunicazione per lui spiacevole, ma che la faceva in un sincero spirito di amicizia e con quella lealtà colla quale debbono parlare due governi amici. Egli si sentiva tanto più autorizzato ad esprimere questa speranza alla luce delle riconfermate assicurazioni di amicizia per l'Italia fattemi dal Primo Ministro 2 giorni or sono'.

376 1 Vedi D. 367.

Risultava al governo britannico che le forze legionarie italiane in Spagna avevano ultimamente ricevuto considerevoli rinforzi di uomini, di armi e di materiale, specialmente aeroplani, di cui oltre 40 sbarcati a Maiorca nel luglio u.s.

Quando governo francese nei mesi passati aveva moltiplicato suoi interventi in Spagna, governo italiano se ne era giustamente lamentato. Egli, Halifax, parlando allora con ambasciatore Grandi, aveva dato piena ragione ali 'Italia2

Questo precedente consentiva a Halifax di attirare oggi mia attenzione sul fatto che invio di uomini e materiale da guerra in Spagna da parte governo italiano rischiava di disimpegnare governo francese nel mantenere chiusura frontiera Pirenei, di compromettere politica non intervento e di addurre documentazione pregiudizievole alla possibilità di ottenere generale approvazione Parlamento e opinione pubblica inglese ad una messa in vigore accordo italo-inglese.

Ho detto a Halifax che molte false e tendenziose notizie di pretesi interventi italiani su Spagna erano state e venivano continuamente lanciate dall'antifascismo internazionale ed in modo particolare dagli avversari di un riavvicinamento fra l'Italia e l'Inghilterra. Mi meravigliavo tuttavia che governo inglese avesse raccolto e preso sul serio voci e notizie del genere.

Halifax ha risposto che nulla gli avrebbe fatto maggiore piacere che di poter avere le prove che informazioni in possesso governo inglese erano infondate. Egli doveva tuttavia ripetermi ancora una volta che non si trattava di informazioni raccolte negli ambienti giornalismo antifascista ma da fonte ufficiale britannica. Anzi egli, Halifax, era molto preoccupato per probabili attacchi al governo Chamberlain nel caso che notizie stesse fossero cadute in possesso della stampa, e stava facendo tutto quanto in suo potere per evitare tale deprecabile eventualità. Halifax alla fine del colloquio mi ha rimesso un promemoria per V.E. (che trasmetto con odierno corriere: mio rapporto n. 4543/177 P) e mi ha pregato di

376 'Vedi D. 161. 376' La nota era consegnata a Ciano dall'incaricato d'affari britannico il 7 agosto. Essa era del seguente tenore:

<<I am perturbed at the attitude of Count Ciano as recorded by Lord Perth in his telegram of July 26th towards the maintenance by the Italian Government of the embargo over the despatch of men and munitions to Spain and in particular his statement that so far as he knew the embargo was being strictly carried out. We know the Italian forces in Spain have been taking a prominent part in the operations and they are widely reported to have received further supplies for this purpose. I have reason, moreover, to believe that more than replacements in certain respects are taking piace.

It is therefore necessary especially having regard to the fact that the French frontier has been closed for seven weeks to draw Count Ciano's attention to this state of affairs. I have postponed taking this step in the hope that once Signor Mussolini was satisfied the French frontier was strictly closed to the passage of war materia! to Spain he would for his part cease to send further men and materia! to Spain. This has not unfortunately, according to my information, been the case.

I feel therefore bound now to cali his attention to the continued Italian intervention both in generai terms, and, if Count Ciano desires specific instances, for the arrivai in Majorca during July of more than 40 Italian aeroplanes. Such action constitutes a direct violation of Italy's non-intervention undertakings and is in essence the kind of activity in reply to which the Italian Government have been formulating such insistent complaints against the French Government in recent months.

fare presente a V.E. carattere amichevole del passo sgradevolissimo che egli era costretto a fare.

Halifax infine mi ha detto che avrebbe subito telegrafato all'incaricato d'affari a Roma, informandolo del nostro colloquio e inviandogli copia del promemoria.

Ho verbalmente rinnovato a Halifax mie più ampie riserve sulla fondatezza delle informazioni che avevano causato il suo passo, !imitandomi ad aggiungere che avrei comunicato a V.E. il promemoria consegnatomi.

375 1 Vedi serie ottava, vol. VIII, D. 162.

377

IL CAPO DI GABINETTO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, ANFUSO, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CROLLA

T. 693/183 R. Roma, 6 agosto 1938, ore 22.

Vostro telegramma n. O165 del 3 corrente 1

Il Duce ha letto con molto interesse resoconto vostra conversazione con Chamberlain e vi incarica di dirgli che egli considera la situazione chiarita nel senso che unica condizione, per l'applicazione del Patto del 16 aprile, consista in un ritiro totale o sostanziale dei volontari in Spagna2

378

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, PIGNATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PER CORRIERE 3968/94 R. Roma, 6 agosto l 938 (per. stesso giorno).

Mi sono incontrato stamane con il Cardinale Segretario di Stato per la firma dell'Accordo per il prolungamento triennale del termine stabilito dali 'art. 29 lettera f. del Concordato.

As Lord Perth told Count Ciano on July 26th, the Government of Generai Franco are satisfied that the French Government have loyally closed the Pyrennean frontier. Failure of the ltalian Government to maintain the embargo on the despatch of men and munitions, must therefore perforce aggravate the difficulties of the French Government, render it more difficult for them to keep their frontier closed, constitute a threat to the whole policy of non-intervention and cannot fai! to exercise a prejudicial effect upon the prospects of winning unmistakable approvai for bringing into force the Anglo-Italian agreement».

Il documento ha il visto di Mussolini.

377 ' Vedi D. 367.

A cerimonia finita, il cardinale Pacelli ha portato il discorso sulla tensione determinatasi nelle relazioni fra l'Italia e la Santa Sede in conseguenza del recente discorso papale 1

Mi ha dichiarato che la Nota de L'Informazione diplomatica pubblicata ieri2 , ha fatto buona impressione nelle sfere vaticane. Ho osservato che il succo della Nota era stato da me comunicato al Papa n eli 'udienza del 26 luglio3 ; ciononostante, due giorni dopo, il Pontefice si era scagliato contro tutto e contro tutti. Il cardinale ha replicato eh 'egli aveva conosciuto la mia comunicazione al Papa dopo il discorso del Pontefice. A mia volta ho replicato che se anche l'avesse conosciuta prima, il discorso ci sarebbe stato egualmente, dal momento eh'egli (il cardinale) mi ha sempre detto e ripetuto che il Santo Padre non lo consulta prima di parlare e non gli comunica preventivamente i discorsi che intende fare.

Il porporato ne ha convenuto.

Il cardinale mi ha informato, poi, che erano già incominciate le ostilità contro l'Azione Cattolica. Alcuni appartenenti a quell'Associazione, iscritti contemporaneamente al Fascio, erano stati invitati a scegliere fra i due enti. Di più, vi erano stati atti di violenza contro singoli e, a Bergamo, erano stati invasi circoli cattolici. Il Papa era preoccupato di questa situazione.

Ho replicato che era stata lanciata una sfida. Per quanto a me non costasse nulla, direttamente, di quanto il porporato mi aveva comunicato, non mi meravigliavo di sentire da lui che la sfida fosse stata raccolta. Ho soggiunto che spettava alla Santa Sede di riparare il malfatto.

Per quanto blandamente il cardinale ha difeso il Papa, affermando che quello che accade oggi, era stato preparato da tempo e che, anche senza il discorso del Papa, si sarebbe arrivati egualmente alla presente tensione.

Ho sostenuto il mio punto di vista, dicendo che tocca alla Santa Sede di prendere l'iniziativa di un atto riparatore se nutre, realmente, i propositi conciliativi che ostenta.

Il Segretario di Stato mi ha confidato, pregandomi di tenere il segreto, che il Papa ha diretto un messaggio al Duce, affidandolo al padre Tacchi Venturi che ha incaricato di chiedere udienza la Duce4 Nel documento, il Papa lamenta le

violenze contro i cattolici, ma lo fa -così mi è stato assicurato -in termini pacati. Il messaggio contiene espressioni di alta stima e di deferenza per il Duce. Il Pontefice esprimerebbe anche il desiderio di un incontro con il Duce.

Ieri ho visto il cardinale Marmaggi. Egli mi ha detto che il Papa è ammalato e che in certi momenti riesce molto difficile di parlargli.

377 1 Con T. 4030/596 R. del 12 agosto, Crolla comunicava di avere effettuato il passo prescrittogli presso Chamberlain.

378 1 Vedi D. 361, nota 5.

378 2 Vedi D. 375.

378 1 Vedi D. 336.

378 4 Non si è trovata documentazione in proposito. Nel Diario di Ciano vi è, sotto la data del 9 agosto, la seguente annotazione: <<Ho un colloquio con Padre Tacchi Venturi. Concordiamo sull'opportunità di svolgere azione diretta ad evitare un conflitto tra Santa Sede e Fascismo. Manca la ragione del contendere. Gli attriti con l'Azione Cattolica sono di poco rilievo e facili ad essere circoscritti se vi sarà buona volontà dalle due parti.

379

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 3983/0151 R. Parigi, 6 agosto 1938 (per. l'B).

Mio telegramma per corriere n. 150 del 3 corrente1

Non ho visto Blondel, ripartito immediatamente per Roma. So che ha fatto a Bonnet un'esposizione pessimista. Ha accennato alla sua prolungata assenza di contatti, sia con V.E., sia con gli uffici di codesto Ministero, salvo per ragioni di ordinaria amministrazione.

Ha confermato non ritenere che da parte nostra vi sia alcun proposito o desiderio di ripresa.

Ha ricevuto istruzioni di tenersi quieto.

380

L'INCARICATO D'AFFARI A PRAGA, BORGA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 40 11/090 R. Praga, 6 agosto 1938 (per. l' 11 ).

Da ambienti socialisti praghesi, la legazione di Polonia ha appreso che in questi giorni il ministro sovietico Alexandrovski si è recato da Benes per assicurarlo che, in caso di attacco alla Cecoslovacchia, l'U.R.S.S. adempierà agli obblighi assunti verso questo Paese «anche se si troverà impegnata in Estremo Oriente».

Qualche giorno fa lo stesso Alexandrovski, parlando di un'eventuale partecipazione della Polonia ad un'azione contro la Cecoslovacchia, attirava l'attenzione sulla grande estensione della frontiera polacco-sovietica, facendo intendere che l 'U.R.S.S. non resterebbe inattiva di fronte ad intenzioni bellicose della vicina.

Mentre Runciman inizia la sua missione mediatrice, l'U.R.S.S. lavora per osteggiarne i risultati e a tale scopo cerca di rafforzare, sotto il miraggio del suo appoggio, le resistenze alle concessioni, sia rassicurando Ben es sul!' aiuto militare sovietico in caso di necessità, sia creando difficoltà ad Hodza per mezzo dei partiti di sinistra.

La centrale del partito comunista cecoslovacco ha pubblicato una dichiarazione con la quale disapprova apertamente i «tentativi di alcune grandi Potenze

379 ' Vedi D. 365.

di intromettersi negli affari interni» della Repubblica, afferma che il popolo cecoslovacco non si sottometterà «a consigli umilianti da qualsiasi parte siano dati» e prende atto «con riconoscenza» dell'ultimo discorso di Litvinov da cui risulta che il «maggiore e più sicuro alleato non si intrometterà, né darà consiglio nei riguardi della soluzione del problema delle nazionalità o in altre questioni interne» della Cecoslovacchia.

381

IL MINISTRO A SOFIA, TALAMO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 3921/1527. Sofia, 6 agosto 1938 (per. il 13).

Mio rapporto del 3 agosto n. 3795/1479'. Continuano ad affluire da ogni parte commenti, articoli ed editoriali sull' accordo di Salonicco2 Con rapporto a parte li segnalo a Vostra Eccellenza. In

sostanza le caratteristiche delle varie fonti di tali manifestazioni non mutano granché da quanto indicavo a Vostra Eccellenza con mio rapporto del 3 agosto

u.s. n. 3795/1479. Vi si sono aggiunti i commenti italiani, che, con l'insistere opportunamente più che altro sul diritto di riarmo della Bulgaria, sono qui apparsi bene intonati e sono stati favorevolmente accolti.

Dell'accordo ho anche lungamente parlato con questo Presidente del Consiglio. Egli mi si è dimostrato amareggiato dell'incomprensione che, secondo egli mi diceva, da varie parti circonda l'accordo, sia sotto l'aspetto di tendenziose interpretazioni del medesimo quanto ai futuri sviluppi della politica bulgara nei confronti dell'Intesa Balcanica, sia quanto ad accuse di rinuncia alla propria dignità e alle proprie finalità nazionali che da alcuni ambienti vengono dirette contro il governo bulgaro. Egli mi soggiungeva che, documenti alla mano, vale a dire il testo stesso dell'accordo, appariva chiaro che la Bulgaria aveva cancellato delle clausole di trattati operanti contro di essa, disarmo cioè e demilitarizzazione, e non aveva dato in cambio assolutamente nulla, giacché il suo impegno di non aggressione non era che la ripetizione degli impegni già da essa liberamente assunti.

Che viceversa con l'accordo di Salonicco la Bulgaria, ottenendo una distensione delle situazioni circostanti, otteneva in pari tempo le mani libere non solo per il suo riarmo ma per ogni sua futura azione politica non più spregiudicata da condizioni pesanti, vessatorie e rischiose. Che quindi ciò permetteva finalmente alla Bulgaria quella libertà di azione, le cui tendenze egli, Kios

381 ' Vedi D. 370. 381 2 Vedi D. 363, nota 2.

seivanov, già era in grado fin da ora di prevedere, volendo con ciò !asciarmi intendere, come già altre volte, che si tratterebbe in realtà di un riavvicinamento della Bulgaria al sistema Roma-Berlino. E su ciò ripeto a Vostra Eccellenza ogni riserva.

Infine, mi soggiungeva il Presidente del Consiglio, la stessa esclusione di Ginevra dall'accordo di Salonicco, e fin la voluta mancanza di ogni richiamo all'art. 19 del Patto societario, stanno anch'esse a meglio testimoniare l'indipendenza della Bulgaria da sistemi collettivi e da qualsiasi subordinazione alle grandi Potenze sostenitrici della Lega. Ed effetti v amen te a questo riguardo occorre pur rilevare il poco celato malumore qui manifestato dalla Francia, che avrebbe desiderato vedere altrimenti caratterizzare l'accordo quantomento con una più specifica partecipazione delle grandi Potenze firmatarie dei Trattati di Neuilly e Losanna e che ha finito per assicurare la propria adesione all'accordo stesso solo a stipulazione avvenuta, sotto la spinta degli avvenimenti e, per quanto è da credere, sotto la pressione dell'Inghilterra.

Ora, non dico che i ragionamenti di questo Presidente del Consiglio non contengano alcunché di evidenza e di ragionevolezza, se non di verità, giacché questa rimane comunque assai troppo soggetta a cauzione. Non pare dubbio infatti che, ad attenersi al puro testo dell'accordo, le cose stiano effettivamente quali questo Presidente del Consiglio le descrive, e rinforza altresì con nuove dichiarazioni di non voler in nessun caso entrare nell'Intesa Balcanica.

D'altro lato, appare pur certo che, a parte che la partecipazione o meno della Bulgaria all'Intesa Balcanica sembra diventare poc'a presso un gioco di parole quando la collaborazione della Bulgaria con l 'Intesa Balcanica, se non addirittura la identificazione di finalità regionali e pacifiche della Bulgaria con quelle della Intesa Balcanica, viene solennemente proclamata, l'accordo di Salonicco, accanto al puro testo dell'atto, è rivestito inoltre di una serie di circostanze che gli danno una tonalità, una tendenzialità, se anche parzialmente inespressa, che autorizzano, ed effettivamente hanno provocato, un complesso di interpretazioni che conducono a giudicare finalmente le cose sotto un aspetto alquanto diverso.

Prima l 'intervento inglese nel negoziato, indi il luogo e la forma prescelta per la stipulazione dell'accordo e l'evolvere dell'atteggiamento bulgaro nei negoziati di esso, infine, in connessione con questi, le remore ad un'operazione finanziaria promossa da parte franco-inglese, troppo precipitosamente maturata poi subito dopo la firma dell'accordo, e i comunicati ufficiali, di cui la Bulgaria è partecipe, che definiscono l'accordo quale una «prima tappa» per un'ulteriore evoluzione politica: tutto ciò permette di considerare l'avvenimento con un legittimo sospetto, tanto più che, a parte accordo scritto e circostanze, sembra che un mutamento attuale e sostanziale di situazione c'è praticamente per ciò che riguarda le specialissime posizioni finora qui tenute dalla Jugoslavia, in virtù dell'accordo bulgaro-jugoslavo oggi in grandissima parte diluito in quello più ampio tra la Bulgaria e l 'Intesa Balcanica.

Giova anche considerare che al riguardo non sembrano essersi ingannate qui due principali correnti di opinione: quella nazionalista che vede nell'accordo una definitiva liquidazione dell'atteggiamento di protesta e di resistenza della Bulgaria verso le circostanti situazioni prodotte dalla guerra perduta, e quella jugoslavo fila che, nel particolare sistema dell'accordo bulgaro-jugoslavo3 , vedeva la possibilità di una rivincita sugli altri vicini anche a costo di una subordinazione alla prossima Potenza slava, se pure minacciosa per la stessa indipendenza della Bulgaria.

Gli attacchi al governo quindi non mancano di essere forti, tanto più che sono rinfocolati dalle altrui imprudenti manifestazioni di giubilo, previsioni ed interpretazioni interessate. Si soggiunge che si tratterebbe oltretutto di una infelice diversione del governo bulgaro di fronte ad incerte fluttuazioni della situazione interna, che in alcune province è effettivamente peggiorata dalla scarsità dei raccolti e dali'aumento del costo della vita, a cui non corrisponde l'elevamento dei salari insistentemente reclamato peraltro attraverso i replicati scioperi, che sono andato via via segnalando a Vostra Eccellenza. Non manca altresì chi «more balcanico» parla già di imbracciare il fucile quest'autunno. Finalmente, come già scrivevo a Vostra Eccellenza, quegli stessi che difendono l'opportunità deli'accordo, affacciano sopratutto la tesi della sua invalidità e della sua inoperatività, fornendo quindi nuovi argomenti alle critiche, le quali è da presumere possano divenire anche più aspre se, come si continua insistentemente ad affermare da una parte e non più a smentire con sufficiente sicurezza dali' altra, il Re compirà prossimamente un viaggio ad limina a Londra e a Parigi.

Giova per ultimo ancora considerare, nelle nuove circostanze, l'atteggiamento bulgaro verso la Jugoslavia. Già scrivevo all'Eccellenza Vostra nel mio rapporto in riferimento che gli umori qui verso la Jugoslavia, che da qualche tempo, come avevo precedentemente segnalato, erano andati peggiorando, non si erano manifestati in questa occasione punto buoni. È apparso difatti troppo evidente un senso di sollievo per la decompressione della stretta jugoslava che può conseguire dali'attuale accordo bulgaro sugli altri fronti, mentre le stesse espressioni di consenso della Jugoslavia all'accordo medesimo sono parse forzate e insincere.

Il valore qui attribuito ali'accordo di Salonicco ai fini della decompressione di una troppo soffocante stretta jugoslava mi è stato confermato senza esitazioni, in un recente colloquio, da questo direttore degli Affari Politici. Pure, e qui l 'Eccellenza Vostra vorrà apprezzare nei suoi procedimenti la mentalità balcanica, secondo il ministro Altino v ciò non significava l'assorbimento definitivo dell'accordo bulgaro-jugoslavo entro un accordo più ampio e bilanciato su più fronti, che anzi l'accordo bulgaro-jugoslavo avrebbe potuto riprendere la sua singolarità e le sue particolari funzioni nel quadro dei rapporti della Bulgaria con gli Stati ad essa confinanti, attraverso nuovi sviluppi che la Jugoslavia sapesse per sua parte imprimergli mediante un netto indirizzo di concrete facilità é concessioni che starebbe in essa di assumere verso la Bulgaria. In

381 ' Trattato tra Bulgaria e Jugoslavia del 24 gennaio 1937 (vedi D. 64, nota 2).

altri termini, si direbbe, nel quadro interbalcanico, una specie di messa all'incanto al miglior offerente. Ad ogni modo, per quanto di interessante le parole del direttore degli Affari Politici possano manifestare degli orientamenti di questo governo, potrebbe forse fin da ora presentare una convenienza l'esame, da parte nostra, di come possa operare un nostro atteggiamento in previsione di una riattivazione della politica dell'accordo bulgaro-jugoslavo.

Per ultimo, e sempre a documentazione della mentalità di questi Paesi, segnalo a Vostra Eccellenza che il ministro Altinov mi ha detto che da parte bulgara si era volentieri aderito alla scelta di Salonicco, come luogo per la firma del protocollo del 31 luglio, giacché così i bulgari avevano avuto la soddisfazione di vedere abrogate le clausole più umilianti del Trattato di pace nel luogo stesso ove la firma di questo era stata imposta alla Bulgaria. Sono un po' caduto dalle nuvole, giacché è proprio l'andata dei plenipotenziari bulgari il 31 luglio a Salonicco quella che è parsa ai più un manifesto gesto di rinuncia ad antiche aspirazioni nazionali della Bulgaria e ho chiesto al direttore degli Affari Politici perché la circostanza che egli mi menzionava non era stata, se pure nel più opportuno modo, ricordata nella stampa a meglio precisare la portata del gesto bulgaro: ed egli mi ha risposto che ciò non si era potuto fare perché sarebbe parso «non cortese».

382

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 3976/544 R. Tokio, 7 agosto 1938, ore 12 (per. ore 1,40 dell'B).

Permettomi attirare attenzione R. Governo sulla opportunità di non usare espressioni che possano urtare amor proprio giapponese nel formulare nostri principii su questione razza. Una delle maggiori difficoltà per gli occidentali di conquistarsi fiducia giapponesi è convinzione di questi di essere considerati razza inferiore e di essere invece razza superiore, ciò che li rende in pari tempo timidi, e orgogliosi e li predispone alle diffidenze, al risentimento e all'ostilità.

Giapponesi non comprendono questione giudaica perché non vi sono israeliti nipponici e sono tratti a confondere tale questione con la loro. Notizie quindi dalle nostre misure contro gli ebrei così come giungono qui redatte vanno facendo non buona impressione su questa opinione pubblica ed è prevedibile saranno sfruttate dai nostri avversari a nostro danno 1 •

382 ' Per la risposta di Ciano si veda il D. 384.

383

L'INCARICATO D'AFFARI A PRAGA, BORGA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 1282/792. Praga, 7 agosto 1938 (per. l'11 ).

Telespresso di questa R. Legazione n. 1238/758 del 28 luglio u.s.'

Mentre il Presidente del Consiglio continua nella sua fatica di trattare coi partiti della coalizione e coi rappresentanti dei vari gruppi etnici, Lord Runciman, dopo aver dedicato questi giorni a compiere le visite di dovere ed a stabilire i primi contatti, si è dato allo studio della questione delle nazionalità per prepararsi a compiere il suo difficile compito di mediatore.

L'invio di Runciman a Praga è stato generalmente accolto con apparente soddisfazione. In realtà nessuno ne è entusiasta. Non lo sono i cechi i quali, come è stato già precedentemente riferito, scorgono nell'azione del consigliere e intermediario inglese un intervento dall'estero nelle questioni interne della Repubblica ed il pericolo che, per considerazioni di politica internazionale, anche gli alleati e amici della Cecoslovacchia impongano al governo di Praga delle concessioni che potrebbero pregiudicare la sovranità e forse anche l'integrità dello Stato. Non lo sono i tedeschi che accompagnano la missione di Runciman con non celato scetticismo, rilevando la quasi impossibilità di un accordo data l'intransigenza dei cechi.

Runciman ha avuto durante la scorsa settimana vari colloqui, sia con membri del governo, sia coi rappresentanti del partito tedesco dei Sudeti. I suoi collaboratori sono stati in continuo contatto con i delegati di Henlein per l'esame del voluminoso materiale da questi presentato e comprendente una esposizione della situazione della popolazione tedesca, i postulati della stessa e critiche ai progetti governativi.

I rappresentanti degli ungheresi sono stati ricevuti dai collaboratori di Runciman ai quali hanno sottoposto un memorandum che precisa le loro richieste.

Un vivo malcontenteo si delinea nelle file dei popolari slovacchi che si sentono menomati nella loro dignità nazionale, ritenendosi trattati alla stregua di una minoranza. Essi esigono parità assoluta coi cechi e avrebbero voluto che, prima ancora di iniziare le trattative coi tedeschi, si fosse risolto il problema slovacco. II partito di Hlinka sta elaborando un dettagliato memorandum da sottoporre a Runciman, col quale intende venire a contatto diretto nonostante I'opposizione del governo che afferma la questione slovacca non aver nulla a che fare con la missione inglese, trattandosi di questione riguardante esclusivamente i rapporti fra due rami della stessa nazione dominante.

Nel campo ceco la situazione continua ad essere poco chiara a causa del latente dissidio fra governo, o meglio Presidente del Consiglio, e partiti della

383 'Vedi D. 351.

coalizione. Hodza deve combattere perfino contro alcuni settori del partito agrario che scorgono nel suo preteso atteggiamento remissivo e conciliante un pericolo per la compagine del partito stesso a causa degli intrighi di altri elementi della coalizione i quali, dimostrando maggiore intransigenza, cercano di sfruttare la situazione a scopi elettorali e si fanno paladini della salvaguardia del «principio dello Stato nazionale». Tale principio viene sfruttato perfino dai comunisti che svolgono un'intensa propaganda fra l'elemento operaio per cercare di dimostrare che le Potenze straniere, intervenendo in Cecoslovacchia, non farebbero altro che provvedere ai loro propri interessi e che la Russia sovietica costituisce l 'unica garanzia della sovranità e de li'indipendenza del popolo cecoslovacco.

Hodza fa rispondere, attraverso i propri giornali, che è necessario agire a carte scoperte e che ognuno deve assumersi la propria parte di responsabilità, responsabilità cui non può sottrarsi nemmeno il Presidente della Repubblica. Tali allusioni a Benes sono in rapporto alla sistematica azione da questi condotta per vie sotterranee allo scopo di scuotere l'autorità di Hodza e tentarne la sostituzione con un uomo -sia pure dello stesso partito agrario -meno indipendente e più ligio ai voleri del Capo dello Stato.

In realtà, mentre Benes fa scrivere dalla propria stampa che l'invio di Runciman costituisce una prova evidente d eli 'intenzione dell'Inghilterra di risolvere pacificamente il problema cecoslovacco venendo bensì incontro alla Germania ma rispettando tutti gli interessi vitali della Cecoslovacchia, v'è chi ritiene che il fine principale della missione di Runciman consista nel procurare di piegare Benes a costringerlo a rinunciare alla sua intransigenza nei riguardi delle richieste dei tedeschi dei Sudeti, cioè della Germania.

384

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI

T. 696/275 R. Roma, 8 agosto 1938, ore 24.

Vostro 544 1

Richiamate attenzione codesti circoli militari, politici e giornalistici su li'Informazione Diplomatica n. 182 (trasmessa integralmente dalla Stefani all'Agenzia Domei) che fissa chiaramente origine ed obiettivi del razzismo fascista. Sottolineate che ci attendiamo dal Giappone, che ha mantenuto mirabilmente pura la sua razza, che noi ammiriamo per le alte qualità che la distinguono, atteggiamento di amichevole solidarietà in questo problema. Sottolineate anche che decalogo studiosi fascisti esclude suddivisione delle razze in superiori e inferiori.

384 ' Vedi D. 382. 384 ' Vedi D. 375.

Nostra politica mira a difendere purezza della nostra stirpe ed a rafforzare negli italiani, che hanno conquistato un Impero in Africa, quella profonda coscienza di razza che è essenziale ai grandi popoli colonizzatori.

385

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO

LETTERA 6834. Roma, 8 agosto 1938.

Mi riferisco al tuo rapporto personale n. 5296 del 28 luglio u.s.' e alla tua lettera n. 5394 del 5 agosto 2

Per quanto riguarda le manifestazioni di Norimberga ti accludo, con preghiera d'inoltro, l'unita lettera da me diretta a Ribbentrop' con la quale gli faccio presente la impossibilità in cui mi trovo di accogliere il suo cortese invito di recarmi ad assistere alle manifestazioni.

Circa quanto oggetto del tuo rapporto n. 5296, potrai dire a Ribbentrop, senza prend[ere] impegni per quanto riguarda l'argomento delle [no]stre conversazioni, che sono d'accordo con [lui in] merito all'opportunità di un nostro incontro anche per fare il punto su tutte le questioni di comune interesse.

Egli potrebbe quindi venire a trascorrere, come si proponeva, due o tre giorni a Como oppure, se lo preferisce, a Venezia, a Gardone o in altra località dell'Italia settentrionale a lui gradita, nella seconda quindicina di settembre.

386

IL CONSOLE GENERALE A INNSBRUCK, ROMANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPPORTO SEGRETO 5932/449. 1nnsbruck, 8 agosto 19381

Subito dopo il mio arrivo in questa sede ho avuto l'onore di ragguagliare Vostra Eccellenza circa l'atteggiamento che si era qui assunto dopo l' Anschluss

in materia di irredentismo. Non ho poi mancato di seguire con ogni attenzione l'evoluzione della questione e di vagliare fatti e notizie alla stregua della mutata situazione e degli uomini nuovi che ne erano attori, sicché sono ora in grado di riferire ampiamente a Vostra Eccellenza sull'argomento.

Le mie osservazioni mi permettono anzitutto di confermare che l'Anschluss. la visita del Fiihrer in Italia e le di lui ferme dichiarazioni circa il confine al Brennero hanno avuto per conseguenza di provocare in queste Autorità locali. nella questione in esame. un atteggiamento più conforme allo spirito dell'amicizia italo-germanica. Così, come primi atti e fra i più notevoli, si ebbero quelli già segnalati nel mio rapporto n. 3257/263 del l O maggio u.s. 2 e cioè la chiusura degli uffici delle due maggiori associazioni irredentistiche (Andreas Hofer Bund e Verein der Deutsch-Siidtiroler) ed il sequestro del rispettivo materiale e degli archivi. Hanno fatto seguito a tali provvedimenti la soppressione dell'Arbeitsstelle fiir Siidtiroler (filiazione dello Andreas Hofer Bund), nonché di vari scritti e periodici, quali il famoso libello Siidtiroler Heimat, l'opuscoletto Das Hoamtl destinato alle scuole (mio telespresso n. 671/49 del 31 gennaio u.s. 3 ), il notiziario Siidtiroler Nachrichtendienst-tutti emanati dal ripetuto Andreas Hofer Bund. Mi è risultato inoltre che le Autorità del Partito hanno dato a questa stampa severi ordini di non ospitare più notizie che, direttamente o indirettamente, potessero riferirsi all'irredentismo: ed invero tutti i giornali di questa circoscrizione consolare osservano un contegno corretto e deferente verso l 'Italia.

Tuttavia. tale opera di arginamento e di repressione de li'irredentismo trova un doppio ordine di ostacoli dei quali è necessario tener conto. Anzitutto non v'è da pensare che la popolazione possa subire la stessa evoluzione che si è verificata negli ambienti responsabili: in essa il pensiero dell'Alto Adige è rimasto tenace per venti anni, ispirando sentimenti poco amichevoli per il nostro Paese, e difficilmente sarà scacciato dalla sua mente, nonostante le solenni dichiarazioni del Fiihrer. D'altro canto le Autorità locali. tutte appartenenti al nuovo Regime e già più volte sostituite. non si sentono ancora politicamente sicure dei posti loro affidati: specie la più alta di esse, il Landeshauptmann und Gauleiter (Prefetto e Federale) Hofer, gode qui di una irriducibile impopolarità, come ho già riferito, e, per timore di essere dimesso dalla carica, cerca in ogni modo di blandire la popolazione. In queste condizioni non fa meraviglia che i pubblici poteri, nel desiderio dì obbedire agli ordini del Fiihrer e al tempo stesso di non scontentare troppo i loro amministrati, mostrino anche quello di procedere per gradi e con ogni cautela nella repressione dell'irredentismo; e che d'altra parte il popolo, malcontento anche di questo moderato atteggiamento, cerchi talvolta di tener desta la fiamma a suo modo e con suoi mezzi, ad insaputa più o meno completa delle Autorità.

Ciò spiega come, a mano a mano che ci si è allontanati dall'epoca dell'Anschluss e delle affermazioni del Fiihrer. l'eco di queste ultime si sia andata affi e

386 ' Non pubblicato.

volendo, specialmente nella popolazione e negli ambienti non direttamente responsabili, al punto che oggi possono già notarsi alcuni segni di una ripresa in sordina della campagna a favore dei «fratelli del Sud». Cito le più importanti osservazioni dirette e le più notevoli informazioni ricevute.

Lo Andreas Hofer Bund, i cui locali erano stati posti sotto sigillo dalla Gestapo, e i cui archivi erano stati inviati a Berlino (mio rapporto n. 3257/263 del IO maggio u.s.), ha da poco riaperto i suoi uffici. Peraltro sono stati allontanati dali'associazione tutti gli antichi dirigenti che per lunghi anni le avevano dato essenza e tono esclusivamente irredentista, ed è stato assunto come Segretario un vecchio di 66 anni, certo Alberto Degischer, già comandante della Gendarmeria del Tirolo e poi rappresentante di una società di assicurazioni in Innsbruck, noto da tempo per i suoi sentimenti nazisti, e i cui precedenti nulla mostrano di sfavorevole nei nostri riguardi. L'associazione, in questo brevissimo periodo della sua nuova vita, non ha preso alcuna iniziativa di carattere irredentistico: il che parrebbe confermare la voce qui messa in giro, forse per giustificarne la rinascita, e cioè che essa mira unicamente ormai ad esaltare il valore del personaggio storico tirolese dal quale ha preso il nome, così come avviene per l'omonima di Monaco. L'avvenire potrà mostrare se tale affermazione risponda al vero: per ora tuttavia non è senza valore la circostanza che, stando ad alcune confidenze del figlio del nuovo Segretario Degischer. quest'ultimo dovrebbe sforzarsi di non far perdere completamente di vista all'associazione la meta del passato. cioè l'Alto Adige. Inoltre, in margine al sodalizio sembra si verifichino dei fatti di rilevante significato. Così, a quanto mi è stato riferito, gli antichi aderenti allo Andreas Hofer Bund spiegano ora una segreta attività personale intesa ad indurre i tirolesi a compiere viaggi in Alto Adige per svolgervi propaganda irredentistica, ma senza spingersi al di là di Salorno per far beneficiare dei guadagni soltanto la popolazione alto-atesina, e in ogni caso alloggiando soltanto presso i «fratelli». Così pure, da riservatissime ed attendibili notizie fiduciarie mi risulta che il dr. Carlo Innerebner, il prof. Edoardo Plankensteiner ed il prof. Alberto Fiegl (miei telespressi nn. 5549/424 e 5550/425 del 27 luglio u.s.<) avrebbero istituito, con la collaborazione di altre persone, una Siidtiroler SA-Formation, composta in gran parte di ex soci dello Andreas Hofer Bund e di «Siidtirolesi». Tale formazione mirerebbe a tutelare e diffondere il germanesimo n eli' Alto Adige, a raccogliere adepti dentro e fuori i confini, a sussidiare i soci bisognosi e le loro famiglie residenti nelle province alto-atesine: un servizio di corriere pel trasporto oltre il Brennero di missive. materiale di propaganda e danaro sarebbe affidato ai soci più sicuri e più abili fra i quali forse può annoverarsi quel dr. Vigil Forcher, oggetto del mio telespresso n. 5553/426 del 27 luglio u.s.S, che compie frequenti viaggi nel Regno. L'esistenza della formazione viene tenuta segreta, per quanto possibile, anche di fronte alla Autorità: i suoi dirigenti ammettono che i compiti assegnatili non sono affatto

386 ' Non pubblicato.

conformi alle direttive del Fiihrer. affermano che essi rispondono al dovere di ogni «patriotta» tiro lese. Tutto ciò, pur svolgendosi all'infuori dell'attività ufficiale dello Andreas Hofer Bund, mostra ben chiaro che almeno gli antichi aderenti -forse volutamente lasciati al di fuori del rinnovato sodalizio -non intendono disarmare gli animi.

Anche il Verein der Deutsch-Siidtiroler -una delle più rumorose associazioni irredentistiche, che inscenò una manifestazione anche subito dopo l'Anschluss con l'intervento in costume alto-atesino del suo presidente Pitscheider, allora ispettore di polizia (mio telespresso n. 2390/177 del 10 aprile u.s."), e che poi, come ricordato più sopra, era stata chiusa -è risorta e sembra intenda continuare l'attività svolta negli ultimi anni. Infatti, il l o corrente, nelle Innsbrucker Nachrichten, si leggeva il seguente avviso: «Vere in der Deutsch-Siidtiroler -Il 7 corrente partecipazione del gruppo di costumi alla festa popolare e dei costumi in Igls». Si tratta di una manifestazione che l'associazione usava effettuare tutti gli anni in queste vallate e specie nelle località di villeggiatura, con esibizioni folcloristiche (costumi, canti, danze) delle varie località del Tirolo e d eli'Alto Adige e con l'aggiunta di canzoni irredentistiche.

Appena venuto a conoscenza della cosa mi recai dal Gauleiter Hofer per richiamare la sua attenzione sul carattere politico che avevano non solo l'avviso suddetto, inserito per di più nell'organo ufficiale del Partito per il Tirolo, come sono ormai le Innsbrucker Nachrichten, ma anche la progettata manifestazione folcloristica per quanto riguarda costumi, danze e canzoni dell'Alto Adige. Lo Hofer convenne senz'altro con me e in mia presenza convocò per telefono il Capo della Polizia perché gli riferisse immediatamente sul risorto Verein e sulla festa, e dispose intanto che durante quest'ultima non venissero intonate canzoni irredentistiche, né comparissero cartelli recanti nomi o stemmi di città alto-atesine: tuttavia non volle vietare i costumi dell'Alto Adige, asserendo che questi hanno solo un carattere storico e pertanto inoffensivo. Quindi, sempre in mia presenza, richiamò severamente per telefono la direzione del giornale, dandole ordine di non più pubblicare avvisi del genere ed inoltre di abolire la rubrica Siidtiroler, sulla quale avevo già intrattenuto il Gauleiter in una mia precedente visita (vedasi mio telespresso n. 5933/450 in data odierna7 ). In seguito a questo mio colloquio col Gauleiter, le Innsbrucker Nachrichten modificarono nel modo seguente l'avviso riguardante la festa folcloristica: «Associazione provinciale delle società patriottiche tirolesi per i costumi» (non più, dunque, Verein der Deutsch-Siidtiroler) -Domenica partecipazione alla festa dei costumi indetta dalla consociata lgls-Vill». Inoltre la festa fu completamente svuotata di qualsiasi carattere irre: dentistico: assenti tanto il famigerato Pitscheider quanto una qualsiasi rappresentanza del Verein der Deutsch-Siidtiroler, che gli anni scorsi vi aveva partecipato vistosamente; eliminata completamente qualsiasi esibizione a carattere irredentistico ed aboliti gli stemmi e i nomi di città alto-atesine, che sempre finora

386 7 Non pubblicato.

avevano illustrato i vari «quadri» dei programmi; soppresse le canzoni irredentistiche, non rimase visibile che un solo costume della Val Pusteria, ma modificato in modo da far perdere ad esso un vero significato regionale ed irredentistico.

Un altro fatto che ha richiamato la mia attenzione, ma che probabilmente si è verificato ad insaputa delle Autorità e ad iniziativa di singoli esercenti, è costituito dalla riapparizione nelle vetrine di alcune cartolerie e rivendite di tabacchi. dopo il ritiro effettuatone sotto il vecchio regime. delle cartoline di propaganda per l'Alto Adige delle quali si è tanto parlato negli scorsi anni e di cui unisco una copia per opportuna notizia. Anche a questo riguardo ho effettuato un passo presso il Gauleiter, al quale ho fatto presente inoltre che si trova in vendita anche il libercolo di canzoni irredentistiche qui allegato in copia, e che nell'attuale situazione dei rapporti italo-germanici sembrano oramai del tutto inopportune, sia la lapide apposta molti anni fa nella Hofkirche ed il cui testo è riprodotto nella cartolina n. l, sia la lapide ed il cippo che nel Rennweg di Innsbruck ricordano il maestro tirolese Innerhofer caduto a Bolzano nel 1921 in uno scontro coi fascisti. Il Gauleiter Hofer si è dichiarato d'accordo circa quanto gli ho osservato. ammettendo che le manifestazioni di cui si tratta non sono conformi allo spirito delle affermazioni del Fiihrer: tuttavia ha sottolineato la estrema difficoltà. data la suscettibilità della popolazione in materia. di rimuovere senz'altro le lapidi di cui sopra, ed ha ricordato che solo in questi giorni è stato rimosso un ricordo del genere a Monaco, dove pure la situazione nei riguardi dell'irredentismo è sempre stata ben diversa da qui (si tratta forse della segnalazione di cui al rapporto n. 7788 dell'8 luglio u.s. del R. Consolato Generale in quella città8 ). Lo Hofer ha aggiunto che in questa materia conta di procedere per gradi. cominciando dalla proibizione delle cartoline e del libretto di canzoni iredentistiche. In quest'atteggiamento del Gauleiter è peraltro evidente la preoccupazione di non rendersi più impopolare di quanto già sia. Per quanto poi riguarda le antiche associazioni irredentistiche, mi ha risposto che, in seguito ali' estensione al Land Austria della legge germanica in materia, tutte le società dovranno ottenere un nuovo riconoscimento. il quale sarà negato a quelle che vorranno continuare in un atteggiamento irredentistico o in un carattere regionale. Lo Hofer mi è sembrato animato da spirito di comprensione e dal desiderio di agire secondo le direttive del Fiihrer e nello spirito dell'amicizia italogermanica, e mi ha promesso di intrattenermi ancora sugli argomenti che gli ho segnalato.

A completare questa mia esposizione devo aggiungere essermi stato confidenzialmente riferito che un gerarca. parlando a dei maestri avrebbe detto che bisogna evitare una propaganda irredentistica rumorosa o appariscente. ma curare con ogni mezzo che l'Alto Adige sia sempre amorevolmente presente nell'animo dei ragazzi. Questo discorso avrebbe creato preoccupazioni nei maestri, i quali si vedono costretti a svolgere tale forma di propaganda ma comprendono che,

386 ' Non pubblicato.

data la situazione politica, possono essere ali' occorrenza sconfessati e privati dell'impiego. Tale la situazione attuale. Non mancherò naturalmente di continuare a seguirla con la massima attenzione, riferendo di mano in mano le ulteriori emergenze9

385 1 Vedi D. 349.

385 2 Non rintracciata.

385 3 Non pubblicata. Nella lettera Ciano comunicava che i suoi impegni gli impedivano di partecipare al congresso di Norimberga ma che contava di incontrare prossimamente von Ribbentrop in Italia. Per la consegna della lettera da parte dell'ambasciatore Attolico si veda il D. 401.

386 1 Manca l'indicazione della data di arrivo.

386 2 Non pubblicato.

386 4 Non pubblicati.

386 6 Non pubblicato.

387

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CROLLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 4022/0169 R. Londra, 9 agosto 1938 (per. il 12).

Sargent oggi mi ha intrattenuto a lungo, e di sua iniziativa, sulla questione cecoslovacca. Riassumo i punti principali della conversazione. Sargent mi ha detto che la ripetizione di incidenti fra cechi e tedeschi dei Sudeti creava un 'atmosfera che rendeva particolarmente difficile l'opera di Runciman. Questi mesi d'estate, ha osservato Sargent, sono generalmente quelli più fecondi in simili incidenti e più densi di possibilità pericolose per l 'Europa. La presenza di Runciman a Praga, in questo momento di «elettricità» costituiva forse una sorta di salvaguardia.

Sargent ha continuato esaminando i rapporti dei sudeti, e particolarmente di Henlein, con le Autorità del Reich. Questi rapporti apparivano a Sargent alquanto «misteriosi». Era un fatto che Henlein passava la metà del suo tempo in Germania, ma poi -interrogato circa i contatti avuti con personalità del Reich -dichiarava di non aver visto nessuno. Sargent aveva l 'impressione che tanto Henlein quanto una larga parte dei Sudeti volessero fermamente l'autonomia ma non desiderassero in realtà l'incorporazione nella Germania. I contatti di Henlein con gli ambienti nazisti del Reich non dovevano perciò essere, a giudizio di Sargent, molto facili ed era forse questa una delle ragioni per cui di tali contatti si evitava di far menzione.

L'altra e più importante ragione era che il governo del Reich non voleva compromettere la sua futura libertà d'azione in questa faccenda.

L'elemento pericoloso, secondo Sargent, consisteva nel fatto che tanto in Cecoslovacchia quanto in Germania vi erano minoranze estremiste favorevoli a provocare un conflitto: in Germania, queste minoranze contavano su di un 'azione di forza rapida e facile, che avrebbe colto di sorpresa e paralizzato la Francia e l'Inghilterra; in Cecoslovacchia, le minoranze estremiste, esasperate per l'attuale situazione e per la crescente consapevolezza delle concessioni che ineluttabilmente dovranno farsi ai sudeti, si illudevano di poter trovare in una conflagrazione europea la salvezza dei loro sogni magalomani.

Se si vuole facilitare una soluzione pacifica, ha detto Sargent, occorre cominciare subito a scoraggiare e controbattere queste tendenze e questi calcoli sbagliati, da una parte e dall'altra, puntando viceversa su quegli elementi moderati e di buona volontà che dalle due parti non mancano e coll'aiuto dei quali si potrà forse raggiungere qualche risultato.

L'opera di Runciman, ha continuato Sargent, si presenta dunque non solo difficile e delicata, come ognuno poteva fin dali 'inizio prevedere, ma anche forzatamente lunga. Il più grande errore sarebbe quello di stabilire un termine per la presentazione di un progetto di compromesso fra Praga e i sudeti. Runciman ha tutto predisposto per una sua permanenza di tre mesi in Cecoslovacchia. Ma si tratta, molto probabilmente, più di un minimo che di un massimo. In realtà, egli non è vincolato da alcun limite di tempo, e i primi contatti da lui avuti con personalità ceche e sudetiche sembrano a Sargent indicare che Runciman ha scelto o sta scegliendo la strada più lunga, che è molto probabilmente la migliore. Occorre tuttavia -ha concluso Sargent -che anche i governi di Berlino e di Praga si adattino ad avere pazienza e non compromettano con atti impulsivi e inconsulti un'opera così delicata e così vitale per la pace dell'Europa.

386 9 Il documento ha il visto di Mussolini.

388

L'ADDETTO MILITARE A BERLINO, MARRAS, AL MINISTERO DELLA GUERRA

Berlino, 9 agosto 1938.

L'ammiraglio Canaris, col quale ho avuto oggi occasione di parlare, mi ha detto fra l'altro:

1°) È sua impressione che il Fiihrer prenderà entro l'autunno una decisione circa la Cecoslovacchia. (Occorre notare che l'Ammiraglio Canaris avrebbe conferito tre giorni or sono col Fiihrer). Tale intervento sarebbe costituito evidentemente da un'azione militare.

2°) Il Fiihrer farebbe molto probabilmente assegnamento sul non intervento dell'Inghilterra. Per sua parte, peraltro, I'ammiraglio Canaris dubita di questo non intervento e pensa che potrebbe venire a prodursi un conflitto generale. Da me interpellato se ritenga che la Germania sia in questo momento preparata per un conflitto di vasta portata, mi ha detto che per sua parte ritiene che tale preparazione non sia ancora sufficiente.

3°) La situazione militare in Spagna è migliorata in questi ultimi giorni. L'ammiraglio Canaris ritiene che la questione del ritiro dei volontari si avvii a una soluzione e che dentro l'anno la situazione potrebbe essere risolta. Mentre l'Ammiraglio stesso fino a poco tempo fa si dichiarava sicuro del successo integrale di Franco, oggi invece egli mi ha detto che, a suo parere, ritirati i volontari Franco e i Rossi verranno probabilmente con relativa celerità a una pace, la quale sarebbe naturalmente di compromesso.

L'ammiraglio Canaris si recherà probabilmente nell'ultima decade del mese a Roma.

Per quanto si debbano sempre interpretare in modo particolare le informazioni date dall'ammiraglio Canaris, che sono sempre influenzate dalle convenienze del momento, ritengo opportuno segnalare subito quanto egli mi ha dichiarato. Aggiungo che accennando al suo possibile viaggio a Roma, egli ha aggiunto che la situazione rende sempre più necessario lo stretto contatto col nostro Servizio Informazioni.

Avendo io accennato alla necessità che, in vista delle complicazioni che potrebbe suscitare l'azione tedesca, le nostre Autorità siano tenute a giorno delle intenzioni tedesche, egli mi ha risposto che le decisioni sono esclusivamente nella mente del Fiihrer, il quale usa prendere le sue determinazioni in modo repentino.

Comunque, egli mi ha dato conferma che le Autorità militare procedono intensamente nei preparativi.

388 1 Il documento è tratto dali 'archivio dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore d eli 'Esercito.

389

LUIGI BARZINI A GIULIO BARELLA

LETTERA'. Carifiena, 9 agosto 1938.

Tutti i pronostici sulla fine della guerra vanno riveduti, almeno per quel che riguarda il tempo, considerando che il nemico ha assunto l'iniziativa delle operazioni2, ed i piani di Franco, che non erano molto sbrigativi, sono necessariamente sospesi.

È difficile rendersi conto dei criteri con cui la guerra è condotta dallo Stato Maggiore di Franco, il quale perde o rifiuta tutte le occasioni di vincere a fondo con una persistenza che somiglia ad un metodo.

389' Si riferisce all'offensiva sull'Ebro iniziata dai governativi il 25 luglio.

Sarei decisamente pessimista se i rossi avessero capacità combattive tali da poter portare a compimento le azioni che essi, con l'ausilio dei loro consiglieri e collaboratori francesi e russi, così bene progettano e preparano, e con tanta energia iniziano. Per fortuna, nella offensiva il nemico è paralizzato da deficienze tecniche gravi, ma sarebbe imprudente fare un perpetuo assegnamento su queste debolezze che potrebbero anche venire corrette, col tempo.

I nazionali riposano sulla convinzione che le condizioni interne del nemico divengano così gravi ed insopportabili da determinare il crollo. È un errore. Più le condizioni interne si aggravano e più duro e completo diviene il controllo del regime rosso sul Paese, più si esalta e si esaspera il fanatismo delle minoranze estremiste, più il terrore impera, e più si dissipano le possibilità di una rivolta di un popolo affamato, disarmato, sbalordito da una propaganda che accumula sul nazionalismo le responsabilità di tutte le sofferenze, di tutte le distruzioni, di tutte le catastrofi. E poi. non bisogna esagerarsi la gravità della situazione interna del nemico. dal punto di vista della sopportabilità materiale.

I rossi hanno sui nazionali la superiorità di poter essere battuti senza cadere, rimanendo padroni di adottare le più spietate ed energiche misure atte a fronteggiare situazioni catastrofiche. Tutto è sacrificato alla guerra. La rapidità con cui il nemico ricostituisce le unità disfatte è impressionante. In quattro settimane, le unità sconfitte sono riportate in linea ricostituite, rinsanguate, riarmate. La formazione di nuovi corpi rossi è di una prontezza straordinaria. Queste truppe valgono poco in campo aperto, ma messe su posizioni fortificate sono masse di fuoco.

Da questa notevolissima capacità di riaversi subito, che i rossi posseggono, deriva la breve durata degli effetti morali e materiali della sconfitta. I nazionali perdono i benefici delle più grandi vittorie, fermandosi. Essi disorganizzano ma non distruggono alcuna forza nemica, poiché si contentano di respingere l'avversario e di occupare i territori evacuati, e poi sostano tutto il tempo necessario ai rossi per riorganizzare ed aumentare le loro formazioni, per fortificare nuove linee, per munirsi di maggiori armamenti. E questo anche quando sarebbe bastato ai nazionali avanzare per risolvere definitivamente il conflitto con una vittoria decisiva.

Due volte la Catalogna si è trovata alla mercé di Franco. La prima volta alla fine della battaglia dell'Ebro, quando l'esercito catalano non esisteva più e la via di Tarragona e di Barcellona era aperta. I nazionali vollero fermarsi sulla famosa linea dei fiumi, sicuri che la Catalogna, per via delle sue risorse idroelettriche, avrebbe offerto la resa. La seconda volta è stato dopo il fallimento della offensiva catalana contro Tremp, nella quale la Catalogna aveva impegnato e disgregato metà del suo esercito e non avrebbe potuto resistere ad un attacco.

Invece i nazionali hanno intrapreso l'assurda offensiva del Levante dalla parte del Maestrazgo, assalendo una per una le centinaia di vette di quell'aspro massiccio montano, logorandovi le loro migliori forze. Sono tre mesi e mezzo che fanno una guerra di fortezza, e la loro avanzata è così lenta che, a mano a mano che una linea rossa cade, il nemico ha il tempo di fortificare le successive.

Perché i nazionali, avendo separato la Repubblica in due, non si sono gettati sulla parte più debole, ma che era politicamente la più importante? Perché hanno attaccato il nemico dove era più forte e sul terreno più difficile?

È avvenuto intanto che i rossi. i quali in aprile erano a terra, hanno riorganizzato le loro forze, hanno chiamato nuove classi alle armi, hanno formato nuovi corpi di esercito, e dispongono adesso di una ingente massa di manovra, che ascende probabilmente a più di quaranta brigate.

I nazionali hanno risposto a questi incrementi di potenza nemica conge:: dando una classe. Come se ormai tutto fosse finito e si potesse cominciare a mandare i soldati a casa. I nazionali esitano a chiamare classi alle armi, prima di tutto perché l'orgoglio li accieca, ma più che altro per la paura di turbare la normalità economica e sociale del Paese.

La conseguenza è che, nella corsa alla preparazione, i rossi hanno preso la testa, e ci vorranno alcuni mesi per ristabilire una superiorità nazionale dal punto di vista numerico. Il nemico ha un vantaggio di quattro classi in più sotto le armi, anzi di sette classi se si considerano tre classi anziane chiamate dai rossi per i lavori di fortificazione. I «fortificatori» costituiscono un altro esercito, del quale i nazionali non si preoccupano ma che bisognerebbe tener d'occhio, perché formato di uomini validi, e ad un dato momento potremmo vederlo armare e passare di colpo nella forza combattente.

Essendosi rifiutati di avanzare nella Catalogna indifesa, nei primi giorni di aprile, per la illusione del cedimento spontaneo, ed avendo impedito ai legionari italiani di passare allora l'Ebro in cooperazione con le divisioni navarresi di Valiiio,-operazione che avrebbe liquidato Tortosa in due giorni -i nazionali hanno fatto il giuoco del nemico. Hanno permesso che venti o venticinque brigate rosse passassero dal sud nella Catalogna per i ponti di Tortosa, rimasti inavvicinabili ai nostri.

E la paralisi delle industrie catalane provocata dalla occupazione delle centrali elettriche, invece di produrre una disoccupaizone operaia turbolenta e disgregatrice, ha fornito con i disoccupati nuove masse di materiale umano militarizzabile, per combattimento o per lavoro di fortificazione. Quanto alla mancata produzione bellica causata dalla chiusura delle fabbriche, il contrabbando ha ampiamente provveduto a compensarla.

In conseguenza di questi errori, il vantaggio della vittoria de li'Ebro e della marcia al mare è subito svanito. Ventidue giorni dopo la fine della battaglia dell'Ebro, un nuovo esercito catalano su sessantaquattro brigate era formato e intraprendeva le concentrazioni per attaccare Tremp. E soltanto due mesi dopo la battaglia dell'Ebro, le nuove unità rosse formate nel sud con la chiamata delle classi erano, bene o male, pronte.

Dalla parte nazionale, niente. Persisteva l'opinione che, la guerra essendo ormai virtualmente vinte, non rimanessero che delle operazioni di dettaglio da fare con comodo e pazienza mentre il nemico si disgregava. Si aspettava la caduta di Valencia in poche settimane, e una volta caduta Valencia tutto sarebbe caduto successivamente alla prima spinta.

Inutile dunque chiamare classi alle armi. E mentre il nemico si formava una massa di manovra non indifferente, le riserve nazionali si consumavano. Al punto che adesso Franco non ha alla mano niente; tutto l'esercito è in linea; le perdite e le necessità imposte dalla battaglia del Levante, che è andata appesantendosi e richiedendo sempre nuove forze, hanno costretto i nazionali ad impegnare quasi tutto quello che avevano di disponibile. Per poter agire da una parte bisogna smettere di agire dali' altra, ed è con le forze tolte da un fronte che si turano i buchi aperti in un altro.

La situazione è transitoria, se i nazionali provvedono tempestivamente. Ma nel calcolo del gettito delle leve bisogna tener conto del fatto che i nazionali non hanno una popolazione corrispondente ai territori da loro conquistati. Essi non si sono preoccupati che di prendere dello spazio. I rossi, dove hanno potuto, si sono ritirati forzando le popolazioni a seguirli, per incorporare gli uomini validi nelle unità combattenti o lavoratrici e fare delle donne e dei bambini degli ostaggi.

Il nemico ha sfruttato il tempo e le circostanze con una prontezza ed un'attività disperate. Alla metà di giugno, dopo l'insuccesso di Tremp, la Catalogna organizzava l'attacco diversivo del basso Ebro, con la perfetta e misteriosa certezza di non essere attaccata nel nord, dove diradava il suo schieramento. Sulla preparazione dell'offensiva nemica nel basso Ebro si sapeva tutto. L' U fficio informazioni del C. T. V. ne elencava le forze, i mezzi, le dislocazioni, ne diceva i probabili piani, ed ha dato persino la data approssimativa dell'inizio dell'attacco, confermata dai fatti.

L'offensiva rossa è scattata nel momento in cui il crollo del formidabile campo trincerato di Sarrion e di Al ben tosa, operato dal C.T. V., e contro al quale Varela era rimasto immobile ed impotente per più di un mese, ha travolto il tredicesimo corpo di esercito nemico, ha portato l'urto dell'offensiva nazionale sulle principali difese di Sagunto e di Valencia, disorientando ed allarmando il comando rosso del sud, che aveva bisogno soprattutto di acquistare tempo.

L'iniziativa nemica è pienamente riuscita. Per fronteggiare la situazione sull'Ebro i nazionali hanno dovuto sospendere tutte le azioni in corso, anche in Estremadura, e sguarnire il fronte del Levante divenuto passivo e difensivo. I rossi ne profittano, si riorganizzano, fortificano freneticamente da per tutto, e dubito molto che l'offensiva su Valencia possa essere ripresa. Personalmente penso che si debba rinunciare a prendere Valencia di assalto.

Come mai i nazionali, sapendo perfettamente quello che si preparava, non hanno provveduto? Prima di tutto il loro orgoglio deforma i loro giudizi, per cui le proprie capacità appaiono ingigantite e quelle del nemico minimizzate. I nazionali credevano: l) che un grande fiume fosse un ostacolo insuperabile; 2) che la concentrazione rossa nel basso Ebro fosse soltanto una minaccia intimidatoria; 3) che se il nemico avesse tentato di tradurre la minaccia in atto non sarebbe riuscito.

Forte di queste certezze, il comando nazionale, contro sette divisioni rosse fra cui la «Lister», la «Campesino», la «35a Internazionale» e la «45a Internazionale», considerate le migliori de !l'esercito repubblicano, aveva messo una sola divisione, la 50', nuova, fatta di reclute che non si erano mai battute, alla quale era affidata la difesa di un fronte di oltre quaranta chilometri. E niente altro. Nessuno scaglionamento. nessuna riserva. Le truppe più vicine erano a Saragozza, salvo i piccoli presidi dei depositi e le guardie civili.

Avvertiti che l'attacco era imminente (persino io in un servizio al giornale ne ho fatto accenno) i nazionali non hanno modificato le loro disposizioni. La 50' divisione faceva così poca guardia che il nemico alla notte traghettava i pali di ormeggio dove dovevano appoggiarsi i ponti. Essa si è lasciata sorprendere mentre dormiva sparpagliata nei villaggi. e si è sfasciata lasciando nelle mani dei rossi quattro batterie. decine di mitragliatrici e migliaia di prigionieri.

I rossi sono fermati, e saranno forse anche ributtati al di là dell'Ebro. Ma anche Franco è fermato. La sua offensiva su Valencia è fallita, perché essere arrivati al Palancia non significa niente davanti alle crescenti difficoltà di fare il passo successivo. Siamo quasi all'autunno. Fra poche settimane le montagne del Valenciano saranno sotto le nebbie e nel gelo. Il nemico è incapace di attaccare, salvo nel vuoto, ma è riuscito a provocare una momentanea paralisi che, per lo meno, può allontanare la fine della guerra oltre i limiti previsti e prevedibili.

La condotta nazionale in questo periodo sarebbe spiegabile se si trattasse di un esercito specializzato nella rapidità delle sue mosse e nella risolutezza delle sue azioni. In tal caso i diversivi del nemico arriverebbero sempre troppo tardi. Per fare quello che ha fatto lo Stato Maggiore del Generalissimo avrebbe dovuto essere ben sicuro di pigliare Valencia prima che la minaccia sull'Ebro maturasse, per poi gettare sull'Ebro forze schiaccianti.

Ma la battaglia per Valencia è stata voluta, impostata e condotta in modo da riuscire più lenta, più incerta, più dura e più costosa. L'attacco è stato portato sempre dove il nemico era più fortificato, più munito, più preparato, più numeroso. Quando l'attacco di Solchaga, a giugno, ha fatto cadere le difese rosse al sud di Teruel arrivando alla valle del Turia ed alla strada di Cuenca, si è aperta una nuova via su Valencia, lungo il Turi a. Da questa parte non c'era una trincea, non c'erano basi, non c'erano truppe nemiche, tutta l'organizzazione della difesa rossa essendo orientata a cavallo delle due grandi strade di Teurel e di Castellon.

Il C.T. V., vide la grande opportunità che si offriva per una discesa fulminea su Valencia che aggirasse a ponente l'intero sistema della resistenza rossa, e propose l'operazione al Gran Comando. Il generale Vigon, capo dello Stato Maggiore, disse il progetto inattuabile per mancanza di strade. Inutilmente gli si mostrarono fotografie aeree, fatte dall'Aviazione legionaria, le quali rivelavano perfetti collegamenti stradali non segnati sulle carte topografiche spagnole, vecchie di cinquant'anni. Negando l'evidenza egli dichiarò insolubile il problema logistico e rimase fermo sul progetto di prendere il toro per le corna, cioè di attaccare frontalmente il campo trincerato di Sarrion e di Albentosa.

L'attacco fu sferrato dal Corpo volontario italiano solo. Solchaga, alla destra, non si mosse che quando vide la «Littorio» raggiungere Sarrion, e avanzò di mille metri senza trovare opposizione. Varela, alla sinistra, si mosse sette giorni dopo. Ma questa è un'altra storia.

Perché il comando nazion~lle non volle prendere in considerazione la manovra strategica proposta dal C. T.V.? Prima di tutto, forse, per tardezza mantale. Quello Stato Maggiore, quando ha studiato minuziosamente un progetto e vi si è fissato, ha diffidenza verso ogni mutamento che richiederebbe un rifacimento del lavoro compiuto. Ha bisogno di tempo. E poi l'orgoglio spagnolo non ammette suggerimenti. È una questione di amor proprio, e forse di convinzione sincera. Degli uomini che si credono dei Napoleoni ritengono perfetto tutto quello che hanno deciso.

Dopo Al ben tosa, a San Austin, i legionari catturarono un comandante di Stato Maggiore rosso, Capo del servizio di informazioni del XVII corpo di esercito, carico di documenti, risultati precisissimi, che rivelavano tutta l'organizzazione difensiva dei rossi. A ponente del Palancia non esistevano fortificazioni di alcuna sorta, nemmeno delle semplici trincee, e non erano dislocate forze.

Per la seconda volta si presentava la possibilità di una manovra aggirante per la destra, da Manzanera o dal Monte Salada, che avrebbe portato a Valencia in sette giorni. Il 17 luglio il C.T. V., pronto ad agire nella nuova direzione, espose il suo piano all'impassibile Vigon. L'ordine di operazione era stato sospeso sperando di sostituir! o con il nuovo piano e iniziare nella notte stessa l'avanzata su Valencia per la zona indifesa.

Vigon accampò la solita ragione delle strade e rifiutò il progetto, benché il

C.T. V. garantisse di poter costruire eventuali raccordi stradali con i propri mezzi. La ostinazione del comando nazionale significava l'abbandono del facile per il difficile, della rapidità per la lentezza, del certo per l'incerto, col sacrificio di migliaia di uomini. L'ordine era di battere la testa sulla muraglia fortificata del Palancia. L'offensiva rossa del basso Ebro ha fatto interrompere la durissima battaglia. Ma il magro corpo legionario aveva perduto, fra Sarrion ed il Palancia, 1800 uomini.

Questa mentalità spagnola prolunga la guerra. Dalla parte rossa vi sono inferiorità insormontabili, tecniche e morali, ma vi è una prontezza grandissima di adattazione alle circostanze, una notevole rapidità organizzativa e una energia di esecuzione delle quali sarebbe imprudente non tener conto. E vi è inoltre una immediata arrendevolezza alle direttive ed ai consigli dei competenti stranieri al servizio del bolscevismo, dei quali è evidente l'influenza in tutto quello che i rossi preparano, fanno o tentano.

Le azioni dei nazionali sono slegate, rese lente e spesso inefficaci dalla mancanza di unità di comando e dalla deficienza di collaborazione tempestiva fra i corpi operanti. Nella battaglia del Levante ho sempre trovato che ogni generale spagnolo non sapeva niente del suo vicino. Nessuno dirige la battaglia. Ciascuna grande unità riceve dall'Armata delle direttive, ma è padrona di applicarle quando e come le pare e piace. Non vi è perciò alcuna contemporaneità di azione. Gli sforzi sono sempre isolati. Quando Valifio attacca, Aranda si ferma. Quando attacca Aranda, V are la aspetta. L'imbarazzo di uno rallegra l'altro, perché i generali spagnoli. in genere. sono più rivali che collaboratori.

L'offensiva di Aragona è stato un esempio bellissimo ma unico di azione ampia e coordinata, e questo si deve all'impulso del Comando legionario che ha suscitato una gara per non lasciarsi precedere dagli italiani. Ma dopo Tortosa si è ritornati ai peggiori sistemi della guerra spagnola. La certezza di aver vinto ha soppresso ogni urgenza ed ogni coesione, si è perduto tempo e si sono perduti uomini, le truppe si sono sfinite in una guerriglia senza costrutto. Questi soldati fanno pietà, stracciati, sporchi, smunti, stanchi, non ne possono più.

Io non sono riuscito a capire, e nessuno ha potuto spiegarmi, perché i nazionali vadano quasi sempre ad attaccare dove sono aspettati, dove il nemico ha accumulato più uomini, più mezzi e più ripari, e quando il nemico è pronto; perché evitino o rifiutino l'esecuzione di manovre strategiche, che, riuscendo, farebbero risparmiare tempo, sangue e denaro, e produrrebbero la cattura di masse nemiche invece della semplice occupazione di territori spesso deserti; perché non considerino la distruzione del nemico come obiettivo e si contentino di allontanare i rossi davanti a loro, per ritrovarseli di fronte, compatti e riorganizzati, un poco più in là. E perché, infine, operato lo sfondamento di un fronte fortificato, non profittino fino alle estreme conseguenze dello scompiglio e della disorganizzazione del nemico, e invece si fermino e perdano tempo; aspettando che i rossi si ricompongano e si rifortifichino. In realtà, questa guerra consiste in una serie di battaglie di sfondamento seguita da soste volontarie.

Con questo sistema, vincendo sempre, si può andare avanti per un pezzo. Il comando nazionale prepara di lunga mano e minuziosamente i suoi piani di operazione, perché si immagina di essere scientifico, ed un'azione non può andare al di là degli obiettivi massimi <ifijados por él Mando», come dice la formula consacrata. Un successo rapido esaurisce di colpo il progamma. e bisogna aspettare la preparazione, scientifica, del programma successivo. Lo Stato Maggiore del Generalissimo stabilisce l'ordine immutabile e l'estensione inalterabile degli eventi.

Il nemico, con tutte le sue enormi ed insanabili deficienze, ha buon giuoco davanti a questa rigidità, può preparare quello che vuole, e le sue sorprese sono sempre riuscite benché se ne sapesse d'antemano la preparazione e la portata. La sorpresa dell'Ebro, preannunziata da un mese, dimostra la gravità dell'errore commesso da Franco nel non liquidare la Catalogna in aprile, e nel non passare l'Ebro che, come barriera difensiva, si è dimostrato così poco sicuro. Nessuna barriera è sicura, quando nessuno la difende.

I rossi non possono riuscire a niente di serio, non sanno attaccare, ma hanno avuto quindici giorni di tempo per fortificare la testa di ponte di Gandesa, e ci vorrà un'altra battaglia di rottura per ributtarli sulla sinistra dell'Ebro. La concentrazione di forze nazionali per la controffensiva, è stata lentissima, l'operazione si è dovuta continuamente rimandare, sal v o per piccole azioni preparatorie e di dettaglio, e la battaglia sarà dura se il nemico intenderà resistere.

Ma qui si verifica un altro caso tipico di attacco nazionale portato dove il nemico è più forte e più preparato. Nella testa di ponte rossa vi sono circa 8 divisioni, oltre ad un certo numero di brigate autonome.

Queste truppe sono state duramente provate, una divisione è stata disfatta a Mequinenza, la «Lister», la «Campesino», la «35a Internazionale», hanno perduto dal 30 al 40 per cento dei loro effettivi, una parte notevole, e la migliore, dell'esercito catalano è venuta a logorarsi, e a demoralizzarsi, nell'avventura dell'Ebro. Tutto il resto del fronte catalano è stato indebolito per nutrire questa offensiva fallita.

Ora, le capacità di attacco di queste forze sono minime, ma le loro capacità difensive sono grandi su posizioni preparate. Tutto quello che si può sperare attaccandole è di ricacciarle al di là del fiume. Si presenta ancora una volta l'occasione di portare il colpo alle spalle del nemico, dalla testa di ponte di Seros o di Balaguer, aggirandolo dal nord, e di finirla con la Catalogna. Perché non afferrare l'occasione che i rossi stessi offrono? Perché non gettare immediatamente tutte le forze disponibili in una battaglia risolutiva, quando metà dell'esercito catalano è già decimata ed impigliata nel basso Ebro?

Questo tutti i competenti vedono. La fine della Catalogna rossa sarebbe la fine della guerra, dal punto di vista internazionale. Ma, se le cose non cambiano improvvisamente, fino al momento in cui scrivo, il piano di Franco è di ricacciare semplicemente i rossi sulla sinistra dell'Ebro, con il solito attacco frontale di divisioni affiancate, e poi riprendere l'offensiva su Valencia.

Insomma, le intenzioni del Generalissimo sarebbero di non portare la guerra a fondo in Catalogna, qualunque cosa accada. Almeno per ora. Sembra che Vigon, il quale ha assunto il comando delle operazioni sull'Ebro al posto di Yagiie, ammalato, propenda invece a sviluppare l'offensiva in Catalogna. Ma il Grande Stato Maggiore appare irremovibile.

Non essendovi ragioni plausibili che spieghino questa ostinazione dell'Alto Comando, circolano le voci più bizzarre. C'è chi dice che i nazionali sarebbero preoccupati di quello che potrebbe fare la Francia nel caso di una conquista violenta della Catalogna, e vorrebbero perciò arrivare ad una resa catalana e ad una occupazione pacifica. C'è chi ritiene che su Franco influiscano uomini di affari e finanzieri interessati nella incolumità degli impianti industriali e di altri beni della Catalogna, e timorosi delle distruzioni in massa che le turbe estremiste sconfitte potrebbero operare in un parossismo vendicativo.

Tutto è assurdo, e tutto è possibile. Non è eccezionale il caso che delle azioni belliche siano modificate o deviate per non rovinare oliveti o vigneti appartenenti a questo od a quel gran signore amico e sostenitore del movimento nazionale. Ma che si voglia prolungare indefinitamente la guerra, giocando la vita di decine di migliaia di uomini, e rischiando la pace mondiale, per paura dei danni della vittoria, non può essere creduto nemmeno in Spagna, che è il Paese dell'incredibile.

È probabile che si tratti di un caso di ignoranza, di orgoglio e di amore proprio. Un grande movimento strategico supera le concezioni di molti generali spagnoli, che si attengono a quello che sanno fare, e trovano forse più facile continuare ad attaccare le fortificazioni di Valencia che non improvvisare una manovra da battaglia campale in Catalogna. Comunque sia, io spero che dall'Ebro, dove si avvia l'artiglieria legionaria al comando del Generale Manca, possa sorgere una occasione decisiva che anche lo Stato Maggiore spagnolo veda ed afferri.

Che la scienza. l'esperienza. la capacità. dei generali italiani e tedeschi che servono la Spagna nazionale con tanta abnegazione ed abilità. siano superbamente ignorate e disdegnate nella condotta della guerra. è un fatto più che deplorevole dannoso. Tanti errori sarebbero stati evitati. ed il conflitto sarebbe probabilmente già finito. se i generali spagnoli non ritenessero disonorante prendere in considerazione un progetto, un suggerimento, un consiglio del C.T.V., il quale studia assiduamente tutte le situazioni in ogni fronte, raccoglie informazioni, produce nuove carte topografiche in base a fotografie aeree, opera ricognizioni affidate ad ufficiali dello Stato Maggiore, e potrebbe in qualsiasi circostanza collaborare validamente alla creazione di piani d'operazione di sicuro e rapido successo.

I rapporti fra il Grande Stato Maggiore nazionale ed il C.T.V. sono improntati alla più grande cortesia formale, ma di fatto le facoltà del C.T.V. non sorpassano quelle di qualsiasi altro corpo di esercito operante agli ordini del comando nazionale. Ogni corpo di esercito riceve direttive generali che è libero di applicare come meglio crede. Così il C.T.V., una volta decisa la sua entrata in azione, fissati i limiti della sua attività e gli obiettivi minimi e massimi da raggiungere, svolge il suo piano di esecuzione nella maniera e nel tempo da lui stesso decisi.

Ma il C.T.V. non può influire sulle direttive generali, sulla opportunità di una offensiva invece di un 'altra, sulla impostazione di una battaglia, e sulle eventuali modificazioni allo stesso proprio compito che nuove circostanze potrebbero suggerire per risparmiare sangue e tempo. Così è avvenuto dopo Al ben tosa, quando al C.T. V. è stata negata la facoltà di deviare sulla destra per aggirare le fortificazioni del Palancia, contro le quali avrebbe dovuto gettarsi ad ogni costo se l'offensiva non fosse stata sospesa per gli eventi sul! 'Ebro.

A parte la gentilezza squisita di modi alla quale sono improntati i contatti tra gli alti gradi italo-spagnoli, nel campo militare nessuna considerazione è data al carattere di alleanza che ha l'apporto del C.T.V., a quello che esso rappresenta politicamente e moralmente, e le relazioni del Corpo Legionario verso il Comando nazionale rimangono quelle di un subordinato, le cui idee non interessano ed i cui consigli non sono da prendersi in considerazione.

Gli italiani trovano simpatie nel popolo minuto, con il quale si affiatano facilmente, e questo popolo ha delle grandi qualità fondamentali che potranno in avvenire essere la base di un risorgimento in potenza. Ma le simpatie suscitate dai contatti personali possono essere facilmente spente, come fiamme di candele, da qualunque ventata. Le classi dirigenti spagnole sono fondamentalmente xenofobe, la cui istintiva avversione per ogni altro popolo è corretta da una educazione impeccabile, signorile, cerimoniosa, ospitaliera, che somiglia talvolta alla cordialità.

L'orgoglio inaudito, l'ammirazione per se stessi, il convincimento della propria superiorità, sono le caratteristiche delle classi dirigenti spagnole, altere, amabili e diffidenti. Sospettano scopi reconditi in tutto quello che lo straniero propone. Nel momento del bisogno sono premurose, e nella fortuna glaciali.

Sono troppo intelligenti per non vedere le superiorità degli altri, le quali sono oggetto della loro invidia e non della loro ammirazione.

Gli spagnoli si sono facilmente persuasi che la loro guerra salva il mondo e serve gli interessi del! 'Italia, per cui in definitiva sono loro che si battono per noi. Queste idee mi sono state espresse da qualche alto ufficiale dello Stato Maggiore del Generalissimo; e corrispondono ad una opinione generale, bene accolta perché libera dal peso della riconoscenza.

Quando la stampa italiana, narrando le gesta legionarie, non dedica alle truppe nazionali adeguati elogi, le sfere ufficiali spagnole se ne risentono. Ma sulla stampa spagnola il valore legionario è semplicemente ignorato. Negli ambienti militari si insiste sulla profusione dei nostri mezzi e l'abbondanza e l'abilità della nostra artiglieria, a cui si attribuiscono tutti i nostri successi. Avendo proclamato, con le più enfatiche e parossistiche glorificazioni quotidiane, che il soldato spagnolo è il più abile ed eroico del mondo, tutti gli altri eroismi spariscono come i pianeti alla luce del sole.

Senza il formidabile colpo di ariete dato dal Corpo Legionario su Albentosa, l'esercito nazionale sarebbe rimasto incagliato davanti al campo trincerato di Sarrion, dove Varela era fermo da più di un mese perdendo uomini e tempo. Ma non ho udito o letto una parola di riconoscimento. Ho sentito invece esagerare la partecipazione tardiva avuta da Solchaga all'azione, sulla destra, come se quell'avanzata fosse stata la mossa risolutiva. L'altezza delle nostre perdite è attribuita a deficienza di abilità tattica delle truppe. Essa è dovuta invece al fatto che i nostri soldati avanzano risolutamente sotto il fuoco, cosa che gli spagnoli, rossi o bianchi, non sempre fanno.

L'essenziale è che la guerra finisca e che Franco afferri una buona volta la vittoria decisiva, che in più occasioni gli è passata vicina e può ·ritornare a portata di mano da un momento all'altro. Sul!' esito finale della guerra nessun dubbio è possibile, credo fermamente al trionfo di Franco, ma se l 'avvenire vicino è chiaro nessuno può dire che cosa ci sia dietro ai veli di un impreciso futuro. I rossi sono convinti che il tempo lavori per loro. Tutto quello che fanno non ha altro scopo che guadagnar tempo. Non si può negare che ci nescono.

Valencia non è presa, l'offensiva dell'Ebro ci porterà a settembre, due stagioni sono state sprecate e non si vede nulla di preciso delinearsi nell' avvenire. È una disgrazia che non si possa dare alla direzione della guerra un consiglio, magari segreto, di pilotaggio. E che eventi di tanta importanza dipendano dalla boriosa microcefalia di uomini come Davila e Vigon.

Dopo la battaglia per svuotare la borsa rossa dell'Ebro, di un'importanza giornalisticamente secondaria, prevedo una sosta. Penso quindi di profittare del momento per venire a prendermi un breve riposo in Italia3

389 'Sulla prima pagina di questo documento, Mussolini ha scritto: <<Importante e grave».

389 1 Questa lettera fu inviata da Barella alla segreteria di Mussolini, il quale ne fece inviare copia al Re, a Ciano, ai sottosegretari Pariani, Cavagnari e Valle e al capo di Stato Maggiore delle Milizia, Russo. Una copia fu trasmessa da Ciano all'ambasciatore Attolico con l'incarico di portarla a conoscenza dello Stato Maggiore tedesco (lettera 7337 del 25 agosto).

390

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALLE LEGAZIONI A BAGDAD, IL CAIRO, GEDDA, KABUL E TEHERAN, AI CONSOLATI GENERALI AD ALGERI, BEIRUT, GERUSALEMME, RABAT, TANGERI, E TUNISI, E AI CONSOLATI AD ADEN, ALEPPO, CASABLANCA, DAMASCO, GIBUTI E TETUAN, E AL DOTTOR PASSERA A SANAA

T. 703/c. R. Roma, IO agosto 1938, ore l.

Ad evitare che nel mondo arabo si dia ascolto a tendenziose interpretazioni straniere sulla portata della presa di posizione del regime nella questione razzista, sarà opportuno che voi, in quanto lo esigano circostanze locali e nel modo che riterrete più adatto, facciate conoscere in codesti ambienti arabi che l'antisemitismo italiano si riferisce esclusivamente agli elementi ebraici di cui sono note le peculiari caratteristiche e tendenze antinazionali e antifasciste e non si riferisce comunque, in modo diretto od indiretto, agli arabi.

L'Italia, che profondamente apprezza le innate qualità che contraddistinguono gli arabi, ha dimostrato e dimostra, anche colla sua azione filo-islamica, i sentimenti che la ispirano nei riguardi del mondo arabo e che non risentiranno menomamente della presa di posizione del Regime nella questione della razza.

Politica razzista antiebraica del regime rappresenta per di più un nuovo apporto morale, con ovvii riflessi politici, alla lotta che, particolarmente acuta in Palestina, va manifestandosi fra arabi ed ebrei sopratutto nel bacino del Mediterraneo.

Come ovvio, nelle località ove la colonia italiana è costituita in gran parte da israeliti, dovrete usare, nell'eseguire le suddette istruzioni, ogni prudenza per evitare, in quanto possibile, di aggravare i motivi di scissione in seno alla colonia stessa.

391

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, PIGNATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 3998/98 R. Roma, IO agosto 1938 (per. stesso giorno).

Il cardinale Segretario di Stato mi ha detto che il Pontefice è stato sorpreso per il divieto fatto, in alcuni luoghi, alle redazioni dei bollettini diocesani di pubblicare il recente suo discorso agli alunni di Propaganda Fide' ed anche la lettera diramata dalla Congregazione degli Studi e dei Seminari sulla questione della razza ai Rettori delle Università Cattoliche e dei Seminari (mio telespresso del 4 luglio u.s. n. 1738/6452 ). Un prefetto, del quale il cardinale non ricordava il nome, avrebbe preteso di sottoporre il Bollettino Diocesano a censura preventiva. l bollettini diocesani sono, come è noto, gli organi delle curie vescovili. Il cardinale Pacelli ha osservato che si tratta d'infrazione al concordato (art. 2 al. II).

Ho replicato sembrarmi inammissibile che si pensasse da chicchessia a pubblicare in Italia sia pure in un bollettino diocesano, il discorso del Papa dopo quel po' di guai che n'erano seguiti.

Il cardinale ha opposto che, eventualmente, la domanda di non pubblicare il discorso avrebbe dovuto essere rivolta alla Santa Sede dal Nunzio o dalla Regia Ambasciata, ma non assumere, in nessun caso, l'aspetto di un'imposizione. Il porporato ha concluso che se si insistesse la Santa Sede dovrebbe dirigere una nota di protesta.

Ne informo V.E. anche perché non è escluso che il padre Tacchi Venturi, nel prossimo colloquio', intrattenga il Duce sulla questione.

392

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, PIGNATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 2150/820. Roma, 10 agosto 1938 (per. stesso giorno).

A telespresso dell'8 corrente n. 11404 P.R.'

Ho fatto al Cardinale Segretario di Stato la comunicazione dall'E.V. ordinatami, lumeggiando gli argomenti all'uopo forniti dal Regio Ministero dell'Africa ltaliana2 Ho inoltre segnalato, al Porporato, l'opportunità di evitare che

Mons. Castellani rientri in sede, in attesa che la sua posizione sia definita. Ho informato il Cardinale che mi constava che, stamane, Mons. Castellani si trovava ancora a Roma.

391 'Vedi D. 378.

Il Cardinale Segretario di Stato ha preso atto della mia comunicazione e si è riservato di parlarne al Papa.

A mia volta ho espresso la speranza che la domanda del R. Governo sia accolta dalla Santa Sede, senza difficoltà. Come potrebbe, infatti, il Delegato Apostolico riprendere il suo posto in A.O.I. con la necessaria autorità? Egli si troverebbe a disagio con l'alto clero copto che ha spinto su una falsa strada; Monsignor Castellani dovrebbe ora tenere un atteggiamento diametralmente opposto. D'altra parte, è venuta a mancare al Delegato Apostolico la fiducia delle Autorità dell'Impero, fiducia senza della quale egli non potrebbe svolgere, con efficacia, il proprio ministero.

Mi pare che il Cardinale Pacelli si sia convinto. Occorre, ora che si persuada il Papa e qui sta la difficoltà.

Una soluzione potrebbe essere trovata, consentendo a Monsignor Castellani di ritornare in A.O.I. per due o tre mesi con l'intesa che riceverà, poi, un'altra destinazione.

Prego farmi sapere se posso avviare la mia azione nel senso suddetto3

391 1 Vedi D. 361, nota 5.

391 2 Non pubblicato.

392 1 Vi si dava incarico ali' ambasciatore Pignatti di confermare alla Segreteria di Stato la richiesta di sostituire monsignor Castellani quale Delegato Apostolico per l'Africa Orientale Italiana.

392 2 Nell'archivio dell'ambasciata presso la Santa Sede vi è la copia di due promemoria consegnati nel corso di questo colloquio dall'ambasciatore Pignatti al cardinale Pacelli. Il primo ricalcava le considerazioni del ministero de li'Africa Italiana (vedi D. 336, nota 6); nel secondo veniva respinta l'accusa che il governo italiano non desse ogni più valido aiuto morale e materiale alla Chiesa cattolica in Africa Orientale.

393

IL CONSOLE A GRAZ, TORELLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPPORTO 3522/232. Graz, 10 agosto 1938 (per. il 20).

Trascorsi quasi cinque mesi dall'Anschluss, la prospettiva è sufficiente per gettare uno sguardo sulla situazione di questa provincia nel suo complesso quale è venuta sviluppandosi dopo gli avvenimenti del marzo, e cercare di «fare il punto» coi necessari riferimenti alle cause prossime e remote, senza il pericolo,

o con minor pericolo, di sopravalutare episodi di modesta importanza e di fermarsi alle apparenze.

Come riferii a suo tempo, vi erano in Stiria, all'inizio della crisi risolutiva, svoltasi fra il convegno di Berchtesgaden del 13 febbraio e l' 11 marzo, un' attiva e audace minoranza nazionalsocialista (gli iscritti all'organizzazione clandestina e inquadrati nelle S.S. e S.A. erano circa 12.000 nell'intera provincia, che conta oltre un milione di abitanti; e 1200 a Graz, saliti a circa 4000 alla

392 ' Questo telespresso fu comunicato il 16 agosto al ministero dell'Africa Italiana che rispose di considerare opportuna la linea indicata dali" ambasciatore Pignatti. A monsignor Castellani sarebbe stato consentito, perciò, di rientrare in Africa Orientale e, poiché era da sperare che in avvenire il prelato adattasse la sua azione alle direttive del governo italiano in materia di politica religiosa in Africa, la sua permanenza si sarebbe potuta anche prolungare. L'ambasciatore Pignatti fu incaricato (con telespresso 00477 del 26 agosto) di portare questa decisione a conoscenza della Segreteria di Stato, ciò che l'ambasciatore fece, verbalmente, il l o settembre con monsignor Tardini (telespresso 2292/885 in pari data).

vigilia del crollo); una minoranza di patriotti austriaci convinti, ma male organizzati ed irresoluti; i cosiddetti «rossi>>, cioè una buona parte dell'elemento operaio, alleata dei «patriotti», che si andava organizzando sotto la guida di vecchi caporioni socialdemocratici riapparsi sotto spoglie patriottiche e !egalitarie per difendere contro il pericolo nazista l'indipendenza dell'Austria e il Regime che li aveva violentemente eliminati col loro partito dalla vita politica austriaca nel febbraio del 1934; e infine una grande massa ondeggiante, più o meno simpatizzante per il nazionalsocialismo ma composta di elementi disparatissimi, senza opinioni politiche ben definite o senza il coraggio di prender posizione in tempi difficili, e uniti dal comune denominatore del malcontento, principalmente fondato sul disagio economico, sul rimpianto del brillante irrevocabile passato antebellico e sul confronto fra le angustie della piccola Austria e la prosperità, l'ordine, il vigore di vita dei due grandi vicini, Italia e Germania.

Questa massa si gettò di colpo dalla parte dei nazionalsocialisti quando questi, usciti per le strade con distintivi e bandiere qualche giorno dopo Berchtesgaden al canto degli inni ancora proibiti e crescendo di audacia di fronte all'indecisione degli avversari e al contegno passivo delle Autorità, diedero l 'impressione di sentirsi e di essere i padroni del campo e gli arbitri del!' avvenire. La falange nazista fu così ingrossata da una massa di molte migliaia di irregolari, che, abilmente manovrata dai capi del movimento, permise a questi di organizzare, sfidando ogni divieto, dimostrazioni sempre più importanti e di determinare quella situazione rivoluzionaria, limitata fino agli ultimi giorni quasi esclusivamente alla Stiria, che ebbe un'influenza decisiva sul corso degli avvenimenti. Occorre appena ricordare: Seyss-Inquart, ministro dell'Interno, vieta le dimostrazioni per un mese; viene a Graz, incaricato da Schuschnigg di ridurre alla ragione e far rientrare nella legalità la provincia ribelle, valendosi del suo ascendente sui nazisti, ed è accolto da una grande dimostrazione popolare organizzata da questi; permette o sanziona l'uso del distintivo nazista, che tutti già portavano, e il «saluto tedesco» che tutti facevano; la concessione viene ufficialmente sconfessata da Vienna, confermata qualche giorno dopo da Seyss-Inquart a Linz. Il contagio penetra dalla Stiria nelle altre provincie. Le Autorità e i «patriotti», che sono riusciti fino a quel momento a controllare la situazione nel Paese, ad eccezione della Stiria, sono disorientati e si sentono vacillare il terreno sotto i piedi. Il governo vuol correre ai ripari: manda rinforzi di polizia e di truppe con cannoni e carri armati a Graz e provincia, cerca di creare un movimento di masse contro il nazismo: alleanza coi «rossi». Scoppia la bomba del plebiscito. Gli avvenimenti precipitano.

A quasi cinque mesi di distanza da quei giorni. lo stato degli animi si presenta. sotto le apparenze superficiali. sensibilmente mutato. La situazione potrebbe sintetizzarsi. con una sufficiente approssimazione alla realtà. affermando che quella maggioranza. la cui adesione diede al movimento un carattere plebiscitario e ne determinò la vittoria. se ne è ora in gran parte spiritualmente distaccata; e che la delusione e il malcontento hanno intaccato la stessa minoranza nazionalsocialista della vigilia. Dei Patriotti austriaci non è il caso di parlare: sono quasi tutti spariti più o meno volontariamente dalla circolazione o cercano di farsi dimenticare e di inserirsi nel nuovo stato di cose. Numerosi e convinti sostenitori del nuovo regime, per quello che ha già dato e più per quello che ha promesso o fatto sperare, si contano invece fra i «rossi» di ieri, quelli stessi che gridavano gli evviva a Schuschnigg levando il pugno chiuso e si preparavano a dar man forte al governo per schiacciare «l'idra nazista» dopo il plebiscito indetto per il 13 marzo. Nelle antiche roccheforti socialdemocratiche e comuniste si sono registrate conversioni in massa al nazionalsocialismo; il che conferma la forza di attrazione del movimento e l'efficienza della propaganda. Ora gli entusiasmi sono alquanto diminuiti anche in quel campo. ma vi perdura in complesso una disposizione e temperatura di spiriti. una «Stimmung». si direbbe qui. che non è forse una delle ultime cause de li'intiepidimento di altre categorie della popolazione verso il nuovo regime.

Ma questo è uno schema della situazione che ha il difetto di tutti gli schemi: non tiene conto delle sfumature e fissa uno stato di cose soggetto a continue variazioni. La sintesi va chiarita e completata con l'analisi.

La crisi di coscienza in cui si dibatte ora questo Paese -parlo della Stiria, a cui si limita la mia competenza è, ove se ne isoli la causa centrale e profonda da quelle accessorie, la crisi del particolarismo austriaco, che non si rassegna a morire. È superfluo ricercare ora se questo particolarismo contenesse dei valori che meritassero di essere conservati. È un fattp però, che può a prima vista apparire paradossale, che fra gli stessi nazionalsocialisti della vigilia erano relativamente pochi coloro che fossero disposti a rinunziarvi del tutto e lo credessero incompatibile col trionfo dell'idea nazionalsocialista in Austria. Non è raro sentire affermare seriamente da persone che hanno reputazione di serietà e che si sono acquistate benemerenze indiscusse verso il movimento in tempi difficili, che esse miravano all'instaurazione di un regime nazionalsocialista in Austria, ma non ali' assorbimento del!' Austria nel Reich.

Concetti analoghi venivano espressi in ambienti nazisti nel periodo della lotta. Ebbi allora occasione di accennare a divergenze nel campo nazista fra moderati ed estremisti. Le aspirazioni dei primi non andavano oltre la sostituzione del regime Dollfuss-Schuschnigg, sospetto di tendere a una politica interna di fronte popolare e ad una politica internazionale antigermanica e a cui venivano attribuiti tutti i malanni di cui soffriva il Paese, con un regime nazionalsocialista, ma austriaco, che avrebbe dovuto stringere intimi rapporti politici ed economici, fino ali 'unione doganale, col Rei c h ma conservare ali' Austria la sua personalità internazionale e la sua autonomia interna. Che vi fosse molta gente che si illudeva di potersi fermare a mezza strada, può non deporre a favore del suo senso politico e anche semplicemente del suo buon senso, ma è un fatto; come è pure innegabile che i partigiani de li' Anschluss erano una piccola minoranza. Ma sono le piccole minoranze audaci e animate da una fede che detern;inano il corso della storia.

Occorre tener presente che nel movimento nazionalsocialista confluivano, come a naturale sfogo, gran parte degli scontenti del passato regime, di coloro che ne disapprovavano le tendenze clericali e l 'indirizzo politico, dei colpiti dalla crisi economica, degli oppositori per principio, di cui vi è stata sempre abbondanza in questa provincia tradizionalmente riottosa e un po' selvatica. Occorre tener presente che molti degli elementi migliori delle disciolte Heimwehren erano passati ali' organizzazione segreta nazionalsocialista, contribuendo a ricostituirne i quadri e le forze dopo la crisi del 1934, ma senza rinunziare del tutto allo spirito del movimento da cui provenivano. Occorre infine tener presente, per spiegarsi la successiva fluttuazione degli spiriti, che gli stessi promotori dell'agitazione scatenata dopo il convegno di Berchtesgaden, non credevano alla possibilità dell' Anschluss, almeno a breve scadenza; che Seyss-Inquart, nei suoi colloqui confidenziali coi capi del movimento stiriano in occasione della sua visita a Graz ai primi di marzo, aveva parlato di «evoluzione, non rivoluzione»; che l'agitazione sarebbe probabilmente cessata per qualche tempo, senza il colpo di testa del plebiscito, se i nazionalsocialisti avessero ottenuto, oltre l'allontanamento di qualche loro «bestia nera» dai posti di comando, una partecipazione alle amministrazioni locali. Alla vigilia del discorso di Innsbruck1 fervevano trattative per l'assegnazione di 3 posti su 7 nel consiglio del Land stiriano a rappresentanti del Movimento nazionalsocialista. Le Autorità, che giudicavano esagerate le richieste dei nazionalsocialisti, ruppero le trattative, dichiarando che sarebbero state riprese eventualmente «dopo il plebiscito», ma con la segreta speranza che i risultati di questo, che prevedevano trionfali per il governo, le avrebbero definitivamente dispensate da qualsiasi concessione.

Il problema dell' Anschluss non appariva quindi urgente ai condottieri e ai gregari del movimento nazionalsocialista nel periodo compreso fra il convegno di Berchtesgaden e le fatali giornate del marzo. Essi si erano posti per il momento soltanto dei problemi tattici e si illudevano di aver tempo a dibattere in seguito fra di loro, sulle prime posizioni conquistate, il grande problema strategico. Sapevano che Vienna non si era mossa, le altre provincie poco o nulla, prevedevano ostacoli insormontabili ali'Anschluss, ed erano disposti a contentarsi per il momento di un'affermazione: poi si sarebbe esaminato il da farsi. Su questi fondamenti, l'agitazione prese così ampie proporzioni in Stiria, ingrossata da molta gente che non pensava neanche lontanamente ali' Anschluss, ma era malcontenta del governo e ne desiderava uno migliore. E questa gente approfittava dell' occasione per dedicarsi con voluttà, dopo la lunga astinenza, al piacevole giuoco deli'opposizione, incoraggiata dal contegno passivo delle Autorità e persuasa, nel fondamentale ottimismo del temperamento austriaco, che tutto si sarebbe accomodato a un certo momento senza gravi scosse, con qualche vantaggio e comunque senza giungere a conseguenze estreme.

Il problema strategico fu risolto radicalmente fra l' 11 e il 13 marzo, non dai nazionalsocialisti austriaci.

Tuttavia, ancora la sera dell' 11 marzo, dopo l'annul)zio delle dimissioni di Schuschnigg e della costituzione del nuovo governo, mentre le truppe in servizio d'ordine pubblico si ritiravano e la folla invadeva le strade e le piazze con migliaia

393 ' Riferimento al discorso pronunciato dal Cancelliere Schuschnigg il 9 marzo per annunciare il plebiscito (testo in Relazioni Internazionali, pp. 223-224).

di fiaccole e di bandiere, era impressione diffusa che tutto fosse finito e che con gli avvenimenti della giornata si iniziasse un periodo di rinnovamento dell'Austria. secondo il modello nazionalsocialista e in stretto accordo col Reich. ma. almeno in un primo tempo. nell'ambito dello Stato austriaco. salvo a studiare in seguito la forma da dare ai rapporti fra i due Stati. Le prime voci sull'imminente entrata delle truppe germaniche in territorio austriaco furono accolte con commenti increduli e quasi sdegnosi: «Non ce n'è più bisogno. Bastiamo noi a ristabilire l'ordine e la tranquillità in Austria».

Ciononostante, quando, la domenica 13 marzo -il giorno in cui l'Austria avrebbe dovuto manifestare la sua fiducia in Schuschnigg e in se stessa -le prime truppe, 500 uomini giunti su 64 aereoplani, sfilarono per le vie di Graz, l'accoglienza fu trionfale. La gente, stordita dali' accavallarsi precipitoso degli avvenimenti e dalla grandiosità degli spettacoli di cui era spettatrice e attrice, aveva smarrito la facoltà di riflettere e viveva in un'atmosfera di sogno e di miracolo, in cui appariva possibile anche l'assurdo. In questa atmosfera poté diffondersi e trovar generale credito la nota voce relativa all'Alto Adige.

Dopo qualche giorno giunse il secondo scaglione di truppe, alcuni battaglioni motorizzati. La folla che lo accolse era meno fitta; le accoglienze, meno entusiastiche, davano l'impressione di aver dovuto superare uno sforzo che toglieva loro spontaneità e calore, e fra gli spettatori che seguivano la lenta sfilata della lunga e pesante colonna si notavano molti visi seri e pensierosi. Queste osservazioni potrebbero essere ripetute, accentuandole, per le successive entrate di truppe e sfilate e riviste.

Occorre aggiungere che non sempre i «liberatori» tenevano e tengono il contegno e il linguaggio più adatti a conciliar loro le generali simpatie. Fin dai primi giorni, tra gli ufficiali si parlava generalmente dell'Austria come di un Paese che aveva tutto da imparare e in cui tutto era da rifare e si mostrava di apprezzarne principalmente, se non unicamente, l'aspetto «coloniale», rappresentato dalle ricchezze minerarie, idriche e forestali. La popolazione si sentiva umiliata dal loro tono di superiorità e di protezione, mal dissimulato sotto la correttezza formale, e non era che alle sue prime prove del genere, e non le più dure. Nei riguardi delle truppe austriache il contegno usato dai nuovi venuti ha effettivamente reso difficili nei primi tempi i reciproci rapporti e ha provocato difficoltà e reazioni, anche se meno gravi di quanto certa stampa estera ha voluto far credere (a Graz una rissa in una caserma, e scambi di male parole).

Fece poi un'impressione mista di stupore e di pena negli ambienti nazionalsocialisti ancor caldi della lotta e inebriati della vittoria, il constatare che l'impeto di fraternità da cui si sentivano trascinati verso quanto era tedesco nell'ora in cui vivevano il sogno della grande Germania, non trovava adeguato riscontro, almeno nelle manifestazioni esteriori, da parte dell'esercito, cioè dell 'ufficialità, i cui rapporti col partito apparivano improntati a perfetta correttezza e cortesia, non disgiunta da una certa rigidezza protocollare, ma privi di aperta cordialità e di calore. È stato rilevato che alle riviste militari non partecipavano mai formazioni del partito. e viceversa. A chi mostri di meravigliarsene, gli ufficiali rispondono meravigliandosi della meraviglia, osservando che è la regola e che si tratta di cose nettamente distinte. Sarà forse effetto di un radicato e tenace spirito di casta, ma il tono è di chi pensi, anche se non dice, che non si può mescolare il sacro col profano. È difficile sottrarsi a questa impressione. Un episodio caratteristico, che non ha mancato a suo tempo di suscitare commenti: in occasione della prima rivista militare dopo l'entrata delle truppe tedesche era stata eretta una piccola tribuna sulla quale presero posto, sembra di loro iniziativa, accanto al generale comandante delle truppe, i due più alti gerarchi locali del partito e del governo della provincia. Durante la sfilata, questi rispondevano, come il generale, agli onori resi dalle truppe. Per la rivista successiva la tribuna fu sostituita da un podio, in cui c'era appena posto per una persona. Dall'alto di esso il generale passò la rivista. Le autorità invitate erano schierate ai due lati del podio.

Gli ufficiali conducono vita piuttosto appartata dalla popolazione e dalla nuova classe dirigente, con cui si limitano generalmente ai rapporti richiesti dalle esigenze del servizio.

N el periodo fra l' 11 marzo e il plebiscito del 20 aprile le prime impressioni sgradevoli, le prime delusioni furono tuttavia brevi momenti di lucidità in uno stato di esaltazione crescente, in cui furono trascinati anche molti avversari della vigilia. L'epica grandiosità degli eventi dominava gli spiriti, che duravano fatica a capacitarsi di quanto era avvenuto ed avevano l'impressione di sognare a occhi aperti. In occasione della sua visita a Graz, il 4 aprile, il Ftihrer disse che guardava ogni mattina la carta del grande Reich germanico, per abituarsi alla nuova realtà. Esprimeva così lo stato d'animo generale.

Fu il periodo delle conversioni in massa al nazionalsocialismo. La propaganda alimentava l'entusiasmo, in vista del plebiscito, con un fuoco tambureggiante di discorsi, di parate, di celebrazioni,. di promesse. Gli aiuti materiali cadevano abbondantemente su una popolazione abituata alle strettezze come manna dal cielo. Visita e discorso di Gi:iring 2 ; entrata trionfale e discorso del Ftihrer3 ; ritorno trionfale dei profughi politici; cortei e fiaccolate ogni giorno; bandiere in permanenza a tutte le finestre; inni e parole incitatrici dagli altoparlanti eretti in tutte le piazze; riapertura di fabbriche colpite dalla crisi economica; assunzioni in massa di operai disoccupati; distribuzioni di viveri e di sussidi in danaro.

La gente non aveva il tempo di rifiatare. Dopo le angustie, le divisioni, le lotte, veniva il regno dell'abbondanza, della fraternità, della concordia. E vivendo in un'atmosfera epica, gli austriaci non si accorgevano che tutto un mondo crollava loro intorno, il loro mondo, con le sue ombre e con le sue luci, con quello che li aveva fatti soffrire e che avevano odiato, ma anche con quello che amavano perché intimamente legato alla loro stessa natura. Crollava l'Austria. Sorgeva la Marca Orientale del Reich germanico. I demolitori si erano messi all'opera senza

indugio e l'opera di demolizione procedeva inesorabilmente, per far sparire al più presto ogni traccia, ogni ragione di un particolarismo austriaco, di una vita autonoma austriaca.

Dopo il plebiscito, finita la festa, durata sei settimane, spenti i lumi, cessati i canti e tolte le bandiere, la vita riprese il suo ritmo ordinario, gli occhi si snebbim·ono e i nuovi cittadini del Reich scorsero le rovine che si accumulavano intorno a loro, e le nuove costruzioni che si andavano innalzando, tanto diverse da quelle che erano loro familiari. E. ritrovandosi col loro animo austriaco. prodotto di secoli. fra aspetti tanto mutati. si sentirono improvvisamente spaesati nel loro Paese. che non riconoscevano più.

Questa è la tragedia de li'Austria, vista da questa provincia, e la causa profonda del suo attuale disagio. Il processo di trasformazione e di assimilazione procede rapidissimo. Ne riassumo la fase attuale.

Il panorama sociale si presenta profondamente sconvolto.

Sparita la vecchia classe dirigente, sono affiorati nuovi strati sociali, che cercano di assestarsi nel nuovo ordine di cose. La vecchia aristocrazia terriera e legittimista, che ha dato al Movimento soltanto qualche milite isolato, la burocrazia di origine asburgica e di tendenze cattoliche e clericali sono state messe al bando, duramente colpite nei loro maggiori esponenti e vivono oramai al margine della vita sociale. Il personale delle amministrazioni pubbliche e anche delle private è stato spietatamente decimato, secondo il criterio di mantenere in servizio soltanto coloro che prima del!' Anschluss avessero fatto aperta adesione al nazionalsocialismo. I vuoti vengono riempiti con nazionalsocialisti della vigilia, di ogni condizione sociale. Gli arresti detti «protettivi», numerosissimi nelle prime settimane, sono ora sensibilmente ridotti di numero, e i rilasciati, ebrei, legittimisti, funzionari, patriotti austriaci, conducono una vita difficile. Rimangono sotto custodia i più compromessi. Nuovi arresti vengono fatti ogni tanto, secondo le risultanze di un minuzioso esame degli archivi dei pubblici uffici a cui si sta procedendo. Le misure di rigore definitive tendono a concentrarsi su alcuni capri espiatori, che vengono inviati nel campo di concentramento di Dachau.

La condizione degli ebrei è nota. Sono ritornati praticamente al regime del ghetto. Una barriera invisibile li separa dal resto della popolazione. Sono evitati come la peste. Nessuno osa avvicinarli apertamente nel timore di compromettersi. Sono esclusi dai locali pubblici: caffé, ristoranti, stabilimenti di bagni e parchi. Qualcuno ha proposto di riservare ad essi un angolo del parco cittadino. con speciali panche dipinte di giallo. Ali' ingresso di alcune stazioni climatiche, che avevano una numerosa clientela ebraica, specialmente viennese e ungherese, dei grandi cartelli dichiarano la loro presenza indesiderabile. Nelle scuole elementari e medie è vietata la promiscuità di ebrei e di ariani. Gli ebrei non possono frequentare che scuole proprie, con propri insegnanti. Le aziende ebraiche non ancora arianizzate sono sotto l'amministrazione di commissari, che ne sottopongono l'intera gestione passata a una minuziosa indagine: le irregolarità constatate danno luogo a immediate sanzioni. Anche in questo campo la provincia austriaca, e specialmente questa provincia, è giunta subito alte estreme conseguenze.

C'è poi la tragedia degli ebrei frazionari, gli ebrei per metà, per un quarto, per tre quarti, e degli ariani che hanno per moglie un'ebrea. I matrimoni con ebree di famiglie facoltose erano da generazioni frequentissimi in Austria, nell'aristocrazia, n eli'alta e media borghesia e specialmente nel ceto dei funzionari e degli ufficiali. Ora tutto questo viene a galla n eli'Ahnenpass (letteralmente: passaporto degli antenati), la documentazione della discendenza ariana che deve essere presentata da quanti occupano impieghi pubblici e anche privati o vi aspirano, e costituisce talvolta una dolorosa rivelazione per gli stessi interessati, i quali ignoravano p.e. di avere una nonna ebrea, anche se regolarmente battezzata, delta cui origine nessuno aveva mai parlato loro in famiglia.

Ne derivano situazioni senza uscita, che hanno condotto anche ad atti di disperazione, poiché le leggi di Norimberga vengono inesorabilmente applicate ed hanno avuto le loro vittime anche nelle file del partito.

Anche la politica sociale del nazionalsocialismo tende qui a bruciare le tappe. La nuova classe dirigente «Va verso il popolo» con manifestazioni verbali e con metodi che, in generale, sembrano più adatti ad eccitare gli istinti edonistici e ad accrescere senza misura le esigenze della classe lavoratrice, che a favorire l'armonica coordinazione di tutte le forze produttive nell'interesse generale. Le promesse sono state fin dal primo momento grandi e molte, generando uno stato d'animo di aspettazione irrequieta. Saranno eccessi di una propaganda affrettata o poco scrupolosa nella scelta dei mezzi, pur di raggiungere rapidamente il risultato che si proponeva -e vi è in parte riuscita -di conquistare al nazionalsocialismo le masse lavoratrici; ma è innegabile che certe manifestazioni delta propaganda svolta negli ambienti operai rasentano l'eccitamento alt'odio di classe e presentano il pericolo di preparare gravi delusioni e reazioni. Nei discorsi degli organizzatori in giro di propaganda nei centri industriali non si parla che di diritti degli operai e di doveri dei datori di lavoro. In una importante azienda controllata dal capitale italiano e diretta da tecnici italiani, un fiduciario del Fronte del lavoro in un discorso alla maestranza si è scagliato contro le distinzioni e i pregiudizi sociali. fra cui quello che vieta al borghese di sedersi a tavola con la propria cuoca. Cito come esempio del tono e degli argomenti.

Un esponente locale più rappresentativo del nuovo regime ha dichiarato recentemente a Graz che il compito del nazionalsocialismo «è semplicemente quello di rendere tutti gli uomini felici». Simili affermazioni non sono infrequenti.

Da questa concezione materialistica della vita appare ispirata tutta l'azione sociale del regime in questa provincia. I risultati raggiunti sono certo notevoli, ma ben lontani dal soddisfare le aspettative suscitate. La disoccupazione è stata ridotta, rispetto alla metà di marzo, di più del 50%. La riduzione è in parte da attribuirsi alla normale ripresa o intensificazione estiva del lavoro in molte aziende, ma in massima parte è dovuta al potenziamento delle industrie di guerra (miniere di ferro e di carbone e acciaierie dell'Alpine Montangesellschaft), e a speciali provvedimenti a favore dei disoccupati, di cui alcune migliaia sono state trasferite coattivamente dalla Stiria nelle vecchie provincie del Reich e in altre provincie austriache a lavorare alla costruzione di strade e ad altre opere pubbliche. Questi trasferimenti forzati, così contrari agli usi locali e al temperamento austriaco, hanno suscitato più malcontento che sollievo, anche perché sembra che la misura delle paghe non consenta un risparmio sufficiente a migliorare sensibilmente le condizioni dei famigliari rimasti a casa.

L'operaio austriaco ha fama di amare una certa comodità anche nel lavoro e, privo di spirito di avventura e di istinti migratori, di preferire un lavoro modesto e mal retribuito vicino a casa sua o meglio ancora la disoccupazione sussidiata, a una brillante sistemazione che lo costringa ad allontanarsi dal suo Paese. Che questo operaio venga prelevato da casa sua manu militari e portato sotto scorta a lavorare sodo in un altro Paese, e per di più con una paga modesta: ecco quello che i proletari austriaci non si aspettavano, in premio della loro conversione al nazionalsocialismo e dopo tante promesse.

Questa ed altre delusioni spiegano come i primi entusiasmi vadano declinando e sui muri di qualche fabbrica sia apparsa una scritta che dice: «Caro Schuschnigg, ritorna; questo lavoro cominica a venirci a noia» (Lieber Schuschnigg, komm' uns wieder; diese Arbeit ist se ho n z 'wider).

I salari non sono generalmente aumentati. La disciplina, secondo i datori di lavoro, lascia a desiderare. Nelle masse operaie si è. in conclusione. determinato uno stato d'animo non del tutto chiaro e rassicurante. che potrebbe preparare delle sorprese.

Si lamenta una forte deficienza di mano d'opera nelle campagne, disertate da numerosi agricoltori attirati dalle aumentate possibilità di collocamento nelle industrie minerarie e metallurgiche e nei lavori pubblici.

La lotta contro la Chiesa cattolica continua senza tregua. Ho già riferito ampiamente sull'argomento. Non potrei aggiungere che un elenco degli episodi quotidiani di questa lotta, che mira a sradicare la fede e la tradizione cattolica austriaca, facendo il vuoto nelle chiese e intorno ad esse.

Nessun mezzo di pressione viene trascurato a questo scopo. L'abiura è condizione tacita per ottenere impieghi pubblici e l'osservanza delle pratiche del culto una cattiva nota per gli impiegati, per gli iscritti al Partito e per quanti fanno parte di organizzazioni dipendenti dallo Stato o dal Partito. Non può quindi stupire che la frequenza dei fed~li alle funzioni religiose sia fortemente diminuita, specialmente nei piccoli centri.

Tuttavia la Chiesa oppone una resistenza passiva non del tutto inefficace, che si appoggia alla forza di una tradizione secolare e si giova forse di certe ripercussioni della violenta azione assimilatrice e livellatrice in corso sullo spirito pubblico. I risultati raggiunti finora nella lotta anticattolica sono certo assai rilevanti, ma in parte più apparenti che effettivi.

Le abiure ammontano sì a parecchie migliaia, ma costituiscono pur sempre una piccola, anche se non trascurabile, percentuale rispetto alla popolazione e sono in molti casi accompagnate da riserve mentali. Molti cattolici che non si fanno più vedere in chiesa, non rinunziano alla consacrazione religiosa dei maggiori eventi della vita -matrimoni, nascita dei figli, lutti -pur cercando di salvar capra e cavoli con cerimonie semi-clandestine.

Prima della recente estensione ali'Austria della legge del Reich sui matrimoni, secondo la quale soltanto il matrimonio civile ha effetti legali, vi sono stati, nei mesi successivi all'Anschluss, parecchi matrimoni civili, caso nuovo in Austria, dove il matrimonio religioso era la regola, quasi senza eccezione. Si trattava nella maggior parte dei casi di matrimoni di funzionari e membri del Partito.

La statistica comparativa dei matrimoni celebrati nel Comune di Graz nei mesi di aprile, maggio e giugno di quest'anno e negli stessi mesi dell'anno scorso fornisce dati di un certo interesse. La riassumo nel seguente prospetto, con l'indicazione delle rispettive percentuali:

Matrimoni celebrati nel comune di Graz.

Totale Civili % Protest. % Catt.% l Apr. -l Luglio 1937 326 4 1.22 36 11.06 286 87.72 l Apr. -l Luglio 1938 617 46 7.46 77 12.48 494 80.06

Secondo queste cifre, su un numero totale quasi doppio di matrimoni rispetto allo stesso periodo d eli'anno scorso, nei tre mesi dal l o aprile al l o luglio scorsi, cioè dopo che era stata iniziata la lotta anticattolica, la Chiesa cattolica ha registrato a Graz un regresso del 7 ,66%, che va a vantaggio della confessione protestante per l'l ,42% e della tendenza ufficiale anticonfessionale per il 6,24%.

Se si pensa ali'accanimento e ali'imponenza dei mezzi con cui viene condotta la campagna contro la Chiesa cattolica, privata di ogni mezzo temporale di difesa, queste cifre farebbero ritenere che le condizioni della Chiesa cattolica, se sono gravi, non sono disperate.

È stato ufficiosamente messo in rilievo con soddisfazione che le coppie che si sono sposate civilmente hanno dichiarato di essere «credenti in Dio» (gottgliiubig). Si intende così smentire l'accusa che il nuovo regime faccia propaganda di ateismo. Effettivamente è frequente nelle manifestazioni ufficiali il riconoscimento di un Ente Supremo, di un «Onnipotente» o di una «Provvidenza» (Vorsehung). È anche più o meno sottinteso che il nazionalsocialismo ne è l'interprete e l'esecutore e che la Weltanschauung nazionalsocialista soddisfa tutte le esigenze dello spirito e rende quindi superflua qualsiasi confessione religiosa.

Le cerimonie pubbliche tendono a conformarsi a questa concezione. Tipica la commemorazione delle vittime del luglio 1934, che ha avuto luogo a Graz il 25 luglio scorso. A sede della cerimonia era stata scelta una piazza dominata, come altre piazze austriache, da una statua della Vergine sorretta da una colonna (simile alla colonna dell'Immacolata in Piazza di Spagna a Roma). La colonna e la statua sono state però racchiuse e come incapsulate in un armatura di legname in forma di enorme obelisco. ricoperta questa di drappi rossi fregiati di emblemi nazisti. in modo da nascondere completamente alla vista statua e colonna. In cima ali'obelisco un braciere. Altri bracieri tutto intorno alla piazza.

Il rito funebre con cui la cerimonia si è iniziata, è consistito in una deposizione di corone ai piedi dell'obelisco e nell'esecuzione della marcia funebre del Crepuscolo degli Dei, ascoltata in religioso raccoglimento. Lo stesso giorno altre corone sono state deposte sulle tombe delle vittime. Su alcune di tali tombe. costruite o restaurate a cura del partito. la croce è stata sostituita dalla croce uncinata.

La colonna della Vergine, che domina il centro della città, è una spina nell'occhio di alcuni esponenti del nuovo regime. La statua era illuminata ogni sera da un riflettore: poco dopo l'Anschluss, l'illuminazione è stata soppressa. I preparativi della cerimonia del 25 luglio. iniziati molti giorni prima. hanno fatto penosa impressione su una parte della cittadinanza. Molta gente stazionava sul posto. seguendo con visibile ansia i lavori di ingabbiamento della colonna della Vergine. Correva voce che fosse condannata a sparire dal centro della città, dove fu eretta per voto due secoli e mezzo or sono, dopo l 'ultima cacciata dei Turchi (è chiamata la Turkesiiule, colonna dei Turchi), e ad essere trasportata altrove. Quando, qualche giorno dopo la cerimonia, l'armatura è stata smontata e la colonna è riapparsa, i gradini alla sua base si sono coperti di piante e di fiori.

La Chiesa cattolica, in conclusione, sembra raccogliere ancora l'adesione, espressa o tacita, della grande maggioranza della popolazione. Ma l'intensa propaganda anticonfessionale che viene svolta fra i più giovani attraverso le organizzazioni giovanili e la scuola getta un'ombra sull'avvenire.

Nella crisi di assestamento che travaglia questo Paese, simile a quelle che seguono ai grandi sconvolgimenti tellurici, le scosse, anche violente, erano inevitabili. Ma l'uomo austriaco non può ancora rendersene ragione e segue atterrito e impotente l'azione delle forze che ha incautamente scatenato, che credeva di poter dirigere a suo piacimento e che lo hanno presto sopraffatto.

<<Se lo avessimo potuto prevedere!» -«Se lo avessimo saputo prima del 20 aprile!» -«Ma noi non volevamo questo!» -sono frasi di uso corrente, anche se prudente. Mai il senno del poi è stato tanto in onore come in questo Paese dopo gli avvenimenti del marzo. Sterili recriminazioni e, se l'esasperazione del malcontento si è isolatamente sfogata in anonime oscure minacce, espresse nella frase <<dopo il marzo verrà l'ottobre», allusione, riferita al presente, alla reazione dell'ottobre 1848 che schiacciò la rivoluzione viennese del marzo precedente, nessuno crede seriamente che si possa tornare indietro.

In questi ultimi mesi uno dei temi preferiti dalla propaganda è stato «il mito dell'uomo austriaco», deriso come una creazione artificiosa del regime passato, priva di base nella realtà. Ma l'esistenza dell'«uomo austriaco» non è stata mai tanto evidente come ora, che esso si dibatte per non morire. Ma la sua sorte è segnata. Nel processo di rinnovamento dell'Europa e del mondo secondo i principi di autorità e di organizzazione corporativa di tutte le forze sociali, questo Paese non si era ancora messo al passo. Nulla era meno autoritario e corporativo dello Stato austriaco, che pur si proclamava tale. L'autorità si manifestava essenzialmente nel mantenimento dell'ordine pubblico secondo metodi più repressivi che preventivi e non riusciva ad imporre e a tradurre in pratica il principiO corporativo, che incontrava forti resistenze passive in un popolo restio per natura ali 'inquadramento e a una disciplina collettiva che andasse oltre la prestazione di determinati servizi allo Stato e incidesse permanentemente nella vita del singolo. Compiuto coscienziosamente il servizio militare, il cittadino austriaco era abituato ad essere lasciato vivere secondo il proprio genio, e la Gemiitlichkeit, cioè una certa piacevolezza, leggerezza e comodità di vita, era in fondo la sua caratteristica e il suo ideale.

Questa situazione evidentemente anacronistica è stata spazzata via di colpo e questo popolo è stato violentemente scrollato, inesorabilmente inquadrato e messo a marciare. Passata l'attrattiva della novità, la sua natura si è ribellata. Troppo tardi. Gli istruttori e i pedagoghi che lo circondano non gli danno tregua e si propongono di distruggere fino il ricordo delle sue amabili qualità.

Non gli sono state risparmiate le staffilate più sanguinose. Basti ricordare le parole altere e sprezzanti di Goring, che bruciano ancora (cito a memoria): «Noi non siamo venuti a farvi il letto perché possiate sdraiarvici. Dovete lavorare sodo anche voi e aiutarci nella ricostruzione del vostro Paese. La Gemiitlichkeit dopo il lavoro sarà una bella cosa, ma quando si deve lavorare è poltro-neria».

Gli organizzatori e gerarchi del «vecchio Reich» che sono qui ali'opera dicono apertamente che gli austriaci sono indolenti e incapaci e dovranno entro pochi mesi essere tutti sostituiti nei posti di comando anche in provincia. Si dicono sicuri di riuscire n eli'opera intrapresa di fare degli austriaci dei tedeschi integrali e di compiere la perfetta fusione della Marca Orientale nel Reich. Purché, aggiungono, non intervengano complicazioni internazionali a interrompere il nostro lavoro.

Il timore di un conflitto provocato dagli sviluppi della questione cecoslovacca è ora vivo e diffuso negli ambienti nazionalsocialisti, nei quali fino a qualche tempo fa non si nutrivano dubbi sulla prossima annessione dei tedeschi di Boemia e dei sudeti e si assicurava che nessuno si sarebbe mosso per impedirla.

La ferma fiducia che le nuove gerarchie del popolo austriaco, costituite di provati organizzatori del Reich e di precursori e combattenti austriaci della vigilia, dimostrano di avere nel successo dell'opera a cui si sono consacrate, se può sembrare eccessiva in un quadro che ha tante ombre, ha però una solida giustificazione. La gioventù comincia a seguirle e marcia senza guardarsi indietro. Le più giovani generazioni, nate dopo la guerra, che non hanno cono:: sciuto la vecchia Austria e che nell'angusto ambito dello Stato austriaco uscito dalla catastrofe si sentivano soffocare e non vedevano sfogo adeguato alle loro energie, vedono ora dischiudersi davanti ai loro occhi ampie prospettive. «Noi marceremo oltre, dovesse tutto cadere in frantumi», dice uno dei loro canti preferiti. Quando nella loro marcia avranno travolto le generazioni che le hanno precedute, l'Austria non sarà più che un ricordo 4

393 ' Il documento ha il visto di Mussolini.

393 2 Discorso pronunciato a Vienna il 26 marzo (testo ibid.• pp. 279-280). 393 3 Discorso pronunciato a Vienna il 15 marzo (testo ibid., p. 234).

394

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A SALAMANCA, VIOLA

T. 710/246 R. Roma, 11 agosto 1938, ore 24.

Vostro 1131

Dopo esservi inteso con von Stohrer, che ha ricevuto da Berlino istruzioni identiche, fate a codesto governo una comunicazione nelle seguenti linee2 :

0 ) Governo italiano ha vivamente apprezzato cortesia con la quale governo spagnolo gli ha dato conoscenza dei progetti di nota. Ritiene che, dato lungo periodo trascorso, sia opportuno invio del documento vero e proprio e non della breve nota interlocutoria.

2°) Circa il contenuto del documento stesso, il governo italiano lo considera atto allo scopo ed esprime quindi il suo parere favorevole. Ritiene solamente che, forse, parte relativa riconoscimento della belligeranza potrebbe essere presentata al principio del documento anziché nella seconda parte.

Ritiene inoltre che parte positiva del documento stesso potrebbe avere ancora maggiore risalto per attutire così impressione che si ha, leggendo taluni punti, di un significato troppo negativo della risposta. Anche alcune espressioni (mas rotunda repulsa, ecc.) potrebbero essere opportunamente attutite3

395

L'INCARICATO D'AFFARI A MOSCA, BERARDIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 3366/1312. Mosca, 11 agosto 1938 (per. il 16).

L'attuale fase del problema cecoslovacco non sembra, in apparenza almeno, interessare vivamente questa stampa ma lascia molto scettici o sospettosi questi circoli responsabili. La missione di Lord Runciman a Praga non ha infatto formato oggetto di particolare commento dei giornali moscoviti che si sono limitati a

394 ' T. 4008/113 R. del IO agosto. Riferiva che il ministro degli Esteri Jordana aveva espresso il desiderio di conoscere al più presto le osservazioni dei governi italiano e tedesco sul progetto di risposta al piano del 5 luglio del Comitato di non intervento.

394 ' Per la risposta del governo nazionale si veda D. 415, nota l.

constatare, a mezzo del portavoce del partito, la <<nuova manovra della diplomazia inglese diretta a premere sul governo di Praga ed a fare il gioco degli aggressori fascisti».

La Pravda non ha esitato a concludere che se Runciman riesce a fare capitolare la Cecoslovacchia di fronte al fascismo tedesco, ciò equivarrà alla capitolazione della Gran Bretagna e della Francia con terribili conseguenze non solo per questi Paesi, ma per la pace generale.

Secondo voci diffuse in questi ambienti giornalistici stranieri, risulterebbe inoltre che la riservatezza sovietica per le vicende ceche non debba spiegarsi semplicemente con le preoccupazioni moscovite per il conflitto nell'Estremo Oriente ma servire a nascondere un'intensa attività degli agenti bolscevichi in favore dell'alleata. Mosca sarebbe infatti generosa di consigli a Praga incitando quel governo a resistere e manovrando abilmente contro la Germania nei Paesi dell'Europa danubiana e balcanica, che hanno risentito maggiormente le conseguenze dell' Anschluss. Secondo una informazione che riferisco a puro titolo di cronaca, Mosca avrebbe suggerito a Praga di giocare anche la carta americana ed al prossimo viaggio di Krofta negli Stati Uniti non sarebbe estranea tale suggestione.

Dalle stesse fonti mi viene altresì riferito che in caso di conflitto la Russia non mancherebbe ai suoi impegni per la Cecoslovacchia. Essa avrebbe comunque assicurato a Praga, in carenza di consenso polacco per il passaggio delle sue truppe per la Cecoslovacchia, un immediato aiuto di forzi? aeree.

394 2 Da questo punto il telegramma riporta verbatim le istruzioni inviate da Berlino ali' ambasciatore Stohrer che Atto lico aveva trasmesso con fonogramma 4017/5690 R. deli' Il agosto.

396

L'AMBASCIATORE IN CINA, CORA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPPORTO 968/250. Hong Kong, [ ... agosto ] 19381 (per. il 16 settembre)

Il primo anniversario delle ostilità sino-giapponesi trova i due avversari ancora ostinatamente alle prese. Il conflitto -sulla cui gravità questa R. Ambasciata non ebbe fin dallo inizio (a differenza dell'opinione dei «vecchi cinesi») alcun dubbio, regolandosi in conseguenza, ha tuttavia assunto una ampiezza tale da preoccupare e lasciare perplessi sul futuro vincitori e vinti.

Con i miei successivi rapporti ho riassunto le varie fasi del conflitto e con

il rapporto annuale inviato a V.E. nel gennaio scorso' ritengo di aver presentato un quadro completo della situazione sotto i suoi vari aspetti politici, economici e militari.

Da quell'epoca il conflitto si è ancora esteso. Dapprima i giapponesi sembrarono marcare il passo e le ostilità si trascinarono fiaccamente per i primi mesi dell'anno dando modo ai cinesi di riaversi dal terribile colpo della fulminea presa di Nanchino e di riorganizzare le loro forze e la macchina governativa nella nuova capitale, Hankow. Non solo, ma anche di poter realizzare -sotto la direzione dei consiglieri militari tedeschi -qualche successo militare locale che, se convenientemente sfruttato, avrebbe potuto porre in serio imbarazzo le truppe giapponesi spintesi troppo innanzi in scarso numero, con il consueto disprezzo dello attuale avversario.

Comunque è un fatto che l'esercito giapponese ha «perso faccia» durante questo periodo. Non solo perché ha impiegato circa sei mesi per occupare l'importante nodo ferroviario di Suchow, ma perché capi e gregari in Cina hanno dato un miserando spettacolo di divergenze politiche e militari, di inframmettenze, d'indisciplina che è continuato, attraverso mutamenti di capi e di direttive, fino alla recente nomina del Gen. Itagaki, rappresentante dei giovani ufficiali, al ministero della Guerra. Da allora le operazioni hanno ripreso con maggiore vigore e la spinta su Hankow e la ferrovia di Canton è in pieno favorevole sviluppo, ma sarebbe ancora azzardato dire che le rivalità e le iniziative fra i vari «distaccamenti» operanti in Cina siano completamente cessate. I «giovani ufficiali» che ci è dato vedere in territorio cinese sono in maggioranza dei veri selvaggi in apparenza, sempre pronti a far nascere incidenti con gli stranieri, a qualsiasi Paese appartengano, e senza essere in grado di mantenere poi la disciplina fra le loro stesse truppe.

Dal lato politico gli sforzi dci «servizi speciali>> del! 'esercito giapponese in Cina sono stati rivolti alla organizzazione ed al consolidamento dei «governi>> di Pechino e di Nanchino. Ma, anche in ciò, non sono mancate le divergenze. Chi sosteneva Pechino e chi Nanchino: soltanto dopo il viaggio di Wang Kemin, il cadaverico Primo Ministro di Pechino, e la sua minaccia di dimissioni che avrebbero posto in serio imbarazzo il Governo giapponese per sostituirlo, è prevalso l'appoggio al «governo provvisorio» di Pechino ed è stata annunziata la fusione con il «governo riformato» di Nanchino per quando la conquista militare sarà stata estesa fino ad Hankow. Circa l'opera di questi governi è difficile ancora pronunziarsi -essi devono svolgerla fra continui attentati e sotto la protezione delle baionette giapponesi. Quello di Pechino svolge, ciò nonostante. un certo lavoro, ma su quello di Nanchino scarse sono le notizie ed i suoi membri

396 'Rapporto 20/2bis del 5 gennaio. L'ambasciatore Cora aveva scritto che l'anno 1937 si era chiuso «in modo disastrosO>> per la Cina che aveva visto la distruzione del suo organismo militare e subito la perdita delle più ricche e popolate provincie. L'ambasciatore, che dava un giudizio pesantemente negativo della politica di Chiang Kai-shek, considerava del tutto improbabile che i cinesi fossero in grado di riequilibrare la situazione.

sono quasi in permanenza a Shanghai. Mentre il lavoro non mancherebbe, i giapponesi occupano le linee di comunicazione e immense regioni sono abbandonate a se stesse. Alcune, anziché sottomettersi a Pechino o a Nanchino, si governano da sé con elementi locali che sono in contatto con il Kuomingtang, con forme nuove che fanno rivivere i sistemi antichi di governo «paterno», animati dalle iniziative del moderno radicalismo e informatori degni di fede dicono che la riorganizzazione di alcune di queste regioni (pur circondate dai Giapponesi) avviene con incredibile successo.

Nei primi mesi dell'anno si devono registrare importanti tentativi di avviare trattative di pace fra i due contendenti. Sono note le dichiarazioni del Principe Konoye nei riguardi di Chiang Kai-shek, messo al bando da qualsiasi trattativa, dichiarazioni che molti giapponesi apertamente oggi rimpiangono. Dichiarazioni categoriche, ripetute più volte, ma che non ne hanno impedite altre che sembravano attenuarle o lasciare una porta aperta a trattative con un governo di Hankow «epurato», o fra Hankow e Pechino (eventualità questa che sembra rappresentare un grave errore psicologico, per ovvie ragioni).

Avendo io interrogato a tale riguardo, verso la metà di febbraio, il rappresentante diplomatico giapponese a Shanghai questi mi diceva ritenere che il suo governo avrebbe certamente esaminato eventuali proposte di pace «del governo di Hankow», Chiang Kai-shek potendo ormai essere considerato soltanto come il generale comandante in capo! Come è noto, io mi recai a quell'epoca a Hong Kong dove si trovavano importanti personalità del governo cinese, con l'intenzione di proseguire per Hankow se la situazione Io avesse richiesto. Ebbi lunghi colloqui in particolare col Sig. T.V. Soong che sembrava destinato ad assumere uno dei primi posti ad Hankow, in forte dissidio con C.K.S. e con la sorella sui sistemi di condotta delle operazioni belliche (e degli acquisti di materiale!), sulla possibilità ed opportunità di porre termine ad un conflitto in cui la Cina aveva onorevolmente resistito ma da cui correva il rischio di venire completamente distrutta.

Il Soong partiva improvvisamente per Hankow sembrando deciso a provocare una soluzione. Invece, egli mi faceva poi sapere che il governo cinese rimaneva sulle sue posizioni ed io ritornavo a Shanghai dove non trovavo più il sig. lto, evidentemente richiamato e poi sostituito per essersi, fra l'altro, tropp'o sbilanciato nelle sue conversazioni con me.

Tuttavia il seme era stato gettato. Dopo qualche tempo, importanti personalità cinesi, col consenso di C.K.S., riprendevano in serio esame la questione e ci facevano delle importanti aperture per mezzo del Consigliere rappresentante l'Ambasciata a Hankow. Richiesti da me di precisare le loro proposte onde evitare il ripetersi delle precedenti inutili mosse tedesche, Wang Ching-wei richiedeva la mediazione dell'E. V. e formulava le note proposte di pace che rappresentavano il primo ed unico vero serio tentativo di porre fine al conflitto. Non starò qui a ripeterle, ma è certo che di più non si poteva ragionevolmente pretendere da un governo e di più non potrà ottenere il Giappone se non con la conquista completa della Cina. Ma tali proposte non furono nemmeno prese in esame dai giapponesi e furono abbandonate dopo un semplice sondaggio della R. Ambasciata a Tokio presso i «militari» che non gradivano alcun intervento ma che facevano poi conoscere che avrebbero potuto «mutare avviso» qualora Wang Ching-wei fosse andato al potere. Giapponesi importanti mi hanno assicurato che se il Principe Konoye fosse stato messo direttamente al corrente di queste proposte, forse esse avrebbero avuto diversa sorte. Comunque è indubitato che esse costituivano una seria base per negoziare la pace con un governo costituito e capace di tenere in mano il Paese invece della conquista pura e semplice del Paese (che tanto significa il non voler trattare con C.K.S.) e ciò è avvenuto per merito nostro.

C.K.S. rimane ancora il padrone della situazione, attraverso la serie di sconfitte e dopo essere stato nuovamente costretto ad abbandonare la capitale ed a spostarsi sempre più per organizzare la difesa e la resistenza nelle provincie occidentali. Ciò può parere strano quando si conoscono tutte le deficienze dell'uomo; ciò prevedevano del resto i giapponesi stessi e l'E.V. ricorderà quanto mi dicevano uomini come il gen. Matsui e l'ambasciatore Kawagoe.-«Con chi farete la pace?» «Con C.K.S., egli è l'unico uomo capace di tenere in mano la Cina e non è nemico nostro, né amico dei comunisti. Non possiamo mica conquistare tutta la Cina e soprattutto tenerla occupata indefinitamente ...».

Invece, sembra si stia verificando la conquista della Cina. Se non altro le operazioni in corso non potranno arrestarsi se non con la conquista di Hankow e l'interruzione della ferrovia di Canton, ferrovia che ha continuato a funzionare e funziona ancora (la più lunga interruzione finora è stata di tre giorni) malgrado un anno di bombardamenti dell'aviazione giapponese che ha potuto operare, si può dire, indisturbata.

Occorrerà poi organizzare e pacificare questa immensa regione (oltre due milioni e mezzo di Km'), la cui infelice popolazione (oltre centocinquanta milioni) è colpita dalla guerra e dalla rinascita del banditismo, più o meno camuffato da «guerriglia» patriottica. Si è lontani dal primitivo progetto di organizzazione delle cinque provincie settentrionali! La tenacità giapponese è proverbiale, ma i sistemi fin qui usati per far la guerra e la capacità di resistenza passiva dei cinesi nonché il caos esistente e dilagante nelle retro vie giapponesi fanno temere che l 'impresa possa rivelarsi in definitiva superiore alle forze nipponiche. A meno che le inesauribili risorse orientali non trovino la soluzione più inaspettata, più inverosimile per noi!

Frattanto, in questo primo anniversario, in risposta alle scomuniche giapponesi, Chiang Kai-shek ha riaffermato la sua autorità lanciando un messaggio al popolo giapponese ed alle Potenze amiche. Un manifesto del Kuomingtang ha richiesto contemporaneamente l'appoggio della nazione per la continuazione della guerra contro il Giappone. In entrambi i documenti si riafferma la volontà di lottare fino ali 'ultimo, contando sulle inesauribili risorse della Cina e il Generalissimo si impegna di capitanare l 'intero popolo cinese in questa guerra di resistenza e di esistenza. Le due principali politiche del governo nazionale sono: la restaurazione della nazione cinese e la difesa, insieme con altre nazioni del mondo, della giustizia internazionale.

Come ho accennato più sopra, è evidente che il Paese ha seguito e segue ancora

C.K.S.. I previsti dissidi non si sono verificati, gli attesi separatismi neppure. I cosidetti «rossi» si mostrano stranamente tranquilli e poco esigenti. Al Consiglio Politico, riformato e allargato, siedono rappresentanti di ogni partito, dai rossi al vescovo cattolico di Nanchino, il battagliero mons. Ytipin! Non vi sarà ancora una vera e propria coscienza nazionale, forse un semplice odio generico per il nemico giapponese -ma il fatto è che la massa tiene duro e continua a soffrire in proporzioni e in modo indicibili. Continuando il conflitto, non è da escludersi che questi sentimenti si affermino e si consolidino. Uno dei compiti e dei risultati più importanti della propaganda comunista è appunto l'istruzione politica delle reclute e delle masse

(v. l 'interessante rapporto del R. Console in Hankow n. 7743) ogni giorno si fucilano generali e comandanti che non hanno eseguito gli ordini o si sono dimostrati codardi. Ma finora, contrariamente alle secolari abitudini, non si sono ancora verificati sensazionali tradimenti di primo piano ed i giapponesi hanno dovuto contentarsi per i loro governi o municipi di mezze figure o peggio.

Potrà durare questa situazione? Molti temono che, una volta i giapponesi fermamente stabiliti ad Hankow e sulla Canton-Changsha, se essi sapranno trattare umanamente la popolazione e rimanersene tranquilli ad attendere gli eventi, l'attrazione per tutta la classse media cinese desiderosa di impieghi potrebbe essere assai forte e il pericolo di sfasciamento del Kuomingtang farsi gravissimo. Ma, finora, l'attitudine giapponese è stata risolutamente diversa e perciò rimane l 'incognita per il futuro. Sarà la Cina in grado di organizzare una offensiva o scorrerie continue contro le nuove linee giapponesi? Potrà far ciò da sé o appoggiandosi sempre più ai Paesi verso i cui confini i giapponesi stanno respingendo i cinesi?

L'azione della Russia si sta facendo, infatti, più intensa, man mano che la ritirata cinese assume più vaste proporzioni e l'esercito giapponese è sempre più impegnato in operazioni di una vastità senza precedenti. E l'aiuto russo si accentua: dai primi aeroplani e piloti, scarsi di numero e di efficienza, è già passato a vere e proprie squadriglie di apparecchi moderni, a forti raggruppamenti di tanks e di artiglierie motorizzate, ed ora si assicura già che numerosi ufficiali russi sono giunti al Quartier Generale cinese per sostituire i consiglieri germanici. La Russia ha ottenuto in Cina -ed ancor più sembra dover ottenere -ciò che non avrebbe mai ottenuto senza la politica determinata dali' azione giapponese. Al momento di terminare questo rapporto giunge la notizia di un grave conflitto alla frontiera russo-mancese\ conflitto che sembra superare per impor

Sulla crisi -che era stata seguita con molta preoccupazione in tutto il mondo -avevano riferito più volte l'ambasciatore Auriti (T. 3973/542 R. e T. 4012/s.n. R. IO agosto), il ministro Cortese da Hsing King (T. 3965/121 R. del5 agosto) e l'incaricato d'affari a Mosca, Berardis

tanza gli abituali incidenti di frontiera. Gli estremisti giapponesi non hanno mai nascosto il loro proposito di «liquidare i conti» senza ritardo con la Russia. Forse siamo all'inizio di un nuovo conflitto?

In questo periodo deve anche essere notato un rafforzamento dell'attitudine anglo-americana nei riguardi del Giappone e delle conseguenze del conflitto sinogiapponese. La reazione agli incidenti ed ai soprusi nipponici è più pronta ed efficace. Ho l 'impressione, rafforzatasi durante il mio soggiorno a Hong Kong dove sono stato molto in contatto con gli ambienti ufficiali [britannici] e americani (anche questi ultimi assai importanti -il console generale5 è un mio ex collega e amico e da lui ho avuto molte notizie confidenziali -), che fra Inghilterra e Stati Uniti vi sia un accordo tacito per un'azione comune in Estremo Oriente, accordo che potrebbe essere destinato a svilupparsi. Comunque è mio convincimento che l'Inghilterra farà udire la sua voce, a tempo opportuno, e che questo conflitto non terminerà senza il suo intervento o senza che i suoi grandi interessi in Cina siano salvaguardati. L'Inghilterra vuole indebolire il Giappone ma non al punto da rendere possibile alla Russia un suo predominio politico ed economico in Cina. Il Giappone potrà sostenere l 'immane sforzo di un duplice conflitto da combattersi dalla Siberia orientale al Szechuan? Quello sarà il momento cruciale atteso, temuto o desiderato secondo i punti di vista.

La politica francese ha continuato ad essere assai ferma nei riguardi del Giappone, senza tuttavia dipartirsi dalla neutralità malgrado le voci sensazionali sparse dalla stampa giapponese e che non hanno trovato alcuna conferma. È nota la ferma e coraggiosa attitudine delle Autorità della Concessione francese di Shanghai: la stessa linea di condotta è seguita a Hankow e a Shameen (Canton). L'occupazione delle Isole Paracels6 ha contribuito anche notevolmente a mantenere alto il prestigio della Francia in Estremo Oriente.

La politica tedesca ha subito in questo periodo sensazionali modificazioni. Mentre il giuoco di puntare sui due campi era continuato con successo durante le fasi più acute del conflitto, alla fine del mese di giugno si è avuto un brusco cambiamento provocato in apparenza dalla questione dei consiglieri militari germanici. Il governo tedesco richiedeva finalmente il richiamo dei consiglieri, ma con un vero e proprio ultimatum (sul quale è stato mantenuto il segreto) che provocava il vivo risentimento di Chiang Kai-shek e degli ambienti governativi cinesi. L'ambasciatore, il dott. Trautmann, noto sostenitore della politica sinofila, riceveva ordine di partire e dapprima sembrava addirittura che le relazioni diplomatiche dovessero essere completamente interrotte. In un secondo tempo invece, il consigliere dell'ambasciata che trovavasi a Shanghai a reggere quel Consolato Generale, il dott. Fischer, (sostenitore anche lui, del resto, della politica sinofila) veniva inviato a Chungking come incaricato

(telespressi 3246/1271 del 4 agosto e 3363/1310 del 10 agosto): tutti avevano espresso l'opinione che, nonostante il molto allarme suscitato, sia il governo sovietico come quello giapponese fossero desiderosi di circoscrivere l'incidente, restando solo come incognita pericolosa, una iniziativa dei militari locali.

d'affari. Da parte sua, il governo cinese ha nominato uno dei due vice ministri degli Esteri ambasciatore a Berlino. In questi giorni il dott. Chen Chieh si trova a Hong Kong in attesa d'imbarcarsi ed ha fatto alla stampa locale dichiarazioni d'intonazione assai amichevole. «La Germania e la Cina sono state sempre buone amiche and is a friend indeed -. Noi rispettiamo la Germania culturalmente, economicamente e politicamente». La Cina è stata spiacente del richiamo dei consiglieri ma ciò non ha intaccato i sentimenti amichevoli fra i due popoli. E il neo ambasciatore ha infine espresso l'augurio che il recente incidente russo-mancese possa influenzare il governo tedesco avendo dimostrato che il Giappone non è in grado di combattere due guerre alla volta. Non sembra quindi che il governo cinese, a differenza di quanto si verifica con noi, serbi rancore al governo germanico.

Concludo con qualche cifra. Una delle numerose anomalie di questo conflitto è quella della esistenza di un commercio sino-giapponese. Le statistiche doganali del mese di maggio (per gli uffici occupati dai giapponesi) dimostrano che il Giappone è al primo posto fra le nazioni che commerciano con la Cina, sia per l'esportazione che per le importazioni. Nel primo semestre dell'anno in corso, il Giappone figura per il 14% all'importazione e per il 17% alle esportazioni (nell'esportazione ha anzi superato la Gran Bretagna (7%) e gli Stati Uniti (9%) assieme). Di conseguenza si è sviluppato il traffico del porto di Tientsin (25%) a detrimento di quello di Shanghai (22% dell'esportazione) passato al secondo posto. Così all'importazione in Cina, nello stesso periodo, Kowloon (Hong Kong) è passato dal 5 al 27% -cifra questa che non riguarda naturalmente il commercio giapponese. Per quanto ci riguarda basti dire che nelle ragioni settentrionali l'importazione della seta artificale è già al 100% giapponese!

***

Mentre chiudo questo rapporto è intervenuto un'armistizio fra Giappone e Russia. Procedimento sintomatico ben diverso da quello seguito nell'ultimo incidente sul fiume Amur. Sarà difficile conoscere la verità su quanto è avvenuto sulla frontiera russo-mancese ma è interessante, nel frattempo, riferire qualche interpretazione che si è data nei vari ambienti al grave incidente.

Secondo alcuni, esso è stato provocato dalla Kwangtung Army che avrebbe avuto sentore della intenzione del generale Itagaki di ridurre la sua indipendenza inviando alcune diYisioni in Cina.

Provocando l'incidente si è dimostrato come l'armata sia indispensabile e come debba essere mantenuta in piena efficienza per ogni evenienza. E nello stesso tempo si è saggiata la forza militare sovietica che rimane un mito anche per i nipponici.

Secondo altri, questo è stato provocato dalla Russia per creare un diversivo ed obbligare a rallentare la manovra giapponese su Hankow, senza tuttavia impegnarsi a fondo, avendo la Russia tutto il vantaggio di continuare a mantenere la stessa posizione nel conflitto. È certo che le operazioni militari giapponesi su Hankow si sono notevolmente rallentate e che numerose truppe sono state dirette al Nord. Si cerca da parte russo-cinese di ritardare la presa di Hankow temendosi le conseguenze cui ho accennato più sopra e poiché si ritiene che il generale Itagaki sia fautore di questa politica. Di tali preoccupazioni si è fatto interprete ultimamente su un giornale di Hong Kong l'ex ministro degli Esteri cinese Eugen Chen, noto filo-sovietico. In queste sue prime pubbliche dichiarazioni politiche dopo il ritorno dall'Europa, l'ex ministro sostiene fra altro che la caduta di Hankow sarà «più grave e decisiva di quella di Pechino, Nanchino, Shanghai, ecc. poiché Hankow è obbiettivamente l'ultima trincea dove si deciderà il destino del presente regime». «Anche se il regime riuscirà a stabilirsi nelle regioni sud-occidentali, non è da dubitarsi che condizione della sua esistenza sarà il consenso giapponese». Secondo il Chen, in questa epoca della motorizzazione e dell'aviazione è una pericolosa illusione il ritenere che il nemico sarà sconfitto per il solo fatto di penetrare sempre più nell'interno della Cina. Bisogna invece difendere Hankow e far ciò con l'appoggio pieno e completo della Russia, ecco la conclusione delle interessanti dichiarazioni dell'intelligente e ambiguo ex ministro degli Esteri che ho avuto occasione di conoscere in questi giorni.

396 1 Questo documento è datato 7 luglio ma fu sicuramente inviato più tardi come è dimostrato dal fatto che in esso si fa riferimento ali 'incidente di Chang Kufeng ed alla sua soluzione, avvenuta il IO agosto.

396 1 Non rintracciato.

396 4 Riferimento all'incidente che era seguito ali 'occupazione da parte delle truppe sovietiche delle colline di Chang Kufeng, al confine tra la Manciuria e l'Unione Sovietica. L'incidente, che aveva subito provocato una forte tensione tra Mosca e Tokio, si era ulteriormente aggravato quando, il 31 luglio, l'esercito nipponico aveva lanciato un'offensiva rioccupando le colline dopo una serie di duri combattimenti che si erano prolungati fino al l O agosto, quando era stato concluso un accordo che stabiliva il cessate il fuoco e la costituzione di una commissione incaricata di fissare la linea di confine.

396 5 Addison E. Southard.

396 6 Si veda in proposito il D. 334, nota 2.

397

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. SEGRETO 5765/1684. Berlino, 12 agosto 19381

Mio rapporto segreto del 9 agosto n. 56822

Il R. Addetto Militare, generale Marras, mi riferisce di aver avuto oggi una nuova conversazione con l'ammiraglio Canaris.

Canaris ha confermato che i principali capi militari sono contrari a un'azione armata contro la Cecoslovacchia per il motivo noto, sia perché esso provocherebbe certamente l'intervento delle Francia e dell'Inghilterra e condurrebbe a un conflitto generale e sia perché la situazione economica della Germania non consente una guerra di lunga durata.

Il generale von Brauchitsch e il generale Beck sono gli esponenti di questa opinione, che è anche quella dell'ammiraglio Canaris. Questi pensa che la Germania si troverebbe senza nessuno appoggio sostanziale salvo quello dell'Italia. Nessuno assegnamento si può fare sulla simpatia degli elementi militari svedesi (il Canaris è reduce da un viaggio in Svezia e in Finlandia) i quali non hanno nessuna influenza. L'atteggiamento della Polonia è molto dubbio.

Tale avversione a un'azione militare non è invece condivisa da altri ambienti. Il generale Keitel, ad esempio, che sta vicino al Ftihrer e agli elementi politici, non è contrario a un intervento.

L'ammiraglio ha poi aggiunto-ripetendolo anzi due volte e pregando Marras di non fare assolutamente il suo nome -che «una parola del Duce potrebbe avere molta influenza sul Ftihrer».

397 ' Manca l'indicazione della data di arrivo. 397 2 Non rintracciato. Trasmetteva forse il D. 388.

Trovo molto sintomatico che un alto ufficiale -responsabile -tedesco si lasci andare a suggerimenti di questa natura.

Indipendentemente da quanto precede, il generale Marras riferisce che, d'altra parte, in alcuni ambienti militari tedeschi si accarezza l'opinione che l'Inghilterra miri a sottrarsi a un intervento e ad evitare in tal modo una conflagrazione generale, la missione Runciman avendo -secondo costoro -lo scopo di disimpegnare moralmente l 'Inghilterra nel caso che la Cecoslovacchia, non seguendo i suggerimenti inglesi, offrisse alla Germania il pretesto per un intervento.

Quanto sopra è assai importante perché conferma quanto io ho già avuto l'onore di segnalare a V. E. che. in fondo. la premessa dei fautori del colpo di forza in Cecoslovacchia è la convinzione di poter limitare il conflitto alla sola zona contestata3

398

L'INCARICATO D'AFFARI A WASHINGTON, COSMELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 8149/1525. Washington, 12 agosto 1938 (per. il 27).

Facendo seguito al rapporto del 5 corrente, n. 7966/14841 , informo che, malgrado l'attuale periodo di vacanze, continuano a serpeggiare nella stampa e nei circoli politici voci e notizie circa una eventuale sistemazione dei debiti specialmente con la Gran Bretagna. Anzi si vuole da alcuni dire che vi è in proposito un preciso desiderio inglese per un complesso ordine di considerazioni connesse con la situazione politica mondiale e con prospettive più remote e machiavelliche. In particolare. si dice che la Gran Bretagna. di fronte all' eventualità di una futura guerra europea. intende fin da ora predisporre l'America alla possibilità di aiuti finanziari. creditizi e di rifornimenti civili e militari non solo per acquisti a contanti. liquidando da un lato il precedente della propria insolvenza e dall'altro mettendosi in accordo col noto «Johnson Act» che proibisce crediti agli Stati che hanno mancato ai propri impegni.

La situazione sarebbe facilitata dalla circostanza che sopra un debito consolidato concordato fra i due Paesi e ratificato dal Congresso di $ 4,368,000,000 la Gran Bretagna avrebbe già pagato circa la metà in conto capitale ed interessi, $2,024,848,817.

Si giunge ad indicare la possibilità di ulteriori riduzioni con abbassamento di saggio d'interesse in conformità ai bassi saggi ora prevalenti sui mercati e

397 ' Il documento ha il visto di Mussolini.

con diluizioni di pagamento per lunghi periodi di anni anche superiori a1 cinquanta, sessanta finora previsti.

Si giudica pure che un accordo con l'Inghilterra dovrebbe anche tener conto delle più favorevoli condizioni fatte successivamente ad altri creditori nonché del valore di buon esempio che esso potrebbe avere nei confronti degli altri Paesi insolventi, a cominciare dalla Francia.

È certo da rilevare che queste voci di una sistemazione di debiti sono connesse con la visione di presunte nuove complicazioni europee e sotto questo aspetto forse nessun avvicinamento potrebbe ottenere un risultato più indirettamente negativo. Anche se oggi. molto meno che mesi addietro. si possa affermare con sicurezza che nella futura guerra europea l'America si asterrà da qualsiasi intervento. tuttavia il sentimento pubblico è tuttora tendenzialmente restio a interventi o dirette compromissioni. Può essere a tale proposito molto espressivo, almeno come sensazione di ambiente, riportare il giudizio che un diffuso settimanale di New York recentemente pubblicava sulla questione dei debiti: se la Gran Bretagna, in previsione di un'eventuale nuova guerra europea, desidera sistemare i debiti con un pagamento che sarà in ogni caso un token payment, un pagamento simbolico in confronto a tutto il dovuto, l'America potrà aiutare l'Impero britannico con l'invio di una token army che al caso potrà essere composta anche di soltanto due soldati2

398 1 Riferiva che, pur essendo stata nuovamente smentita la voce di una prossima sistemazione della questione dei debiti di guerra tra Gran Bretagna e Stati Uniti, era opinione prevalente che si dovesse pur arrivare ad un accordo in materia, almeno con la Gran Bretagna e con la Francia, mentre nell'opinione pubblica si manifestava <<Un lentissimo processo di evoluzione>> a tale proposito.

399

IL CONSOLE GENERALE A VIENNA, ROCHIRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 6559/1090. Vienna, 12 agosto 1938 (per. il l 3 ).

Tornato dal mio congedo, ho potuto avere, ad un mese di distanza, una impressione di insieme sulla vita viennese, forse più netta e definita di quella che si ha assistendo giorno per giorno agli avvenimenti locali ed ai continui mutamenti, che, in forza delle nuove leggi e provvedimenti, si vengono verificando in questo periodo di rivolgimento.

La mia impressione è stata che la fase di assestamento abbia fatto nel breve intervallo di un mese un grande progresso. Il periodo di confusione -dovuto ai cambiamenti di uomini e cose verificatisi, sia nei pubblici uffici, sia in ogni ramo della vita economica e sociale del Paese -può dirsi ormai, se non del tutto superato, certo in gran parte attenuato.

L'azione illegale delle S.S. e delle S.A. è ormai del tutto scomparsa. L'autorità del commissario Biirckel si è imposta e i suoi energici provvedimenti contro coloro che abusavano del potere hanno avuto un effetto salutare generando la fiducia della popolazione.

398 ' Il documento ha il visto di Mussolini.

D'altra parte, sembra sia stata instaurata una chiara divisione dei compiti tra il commissario del Reich Biirckel e il Gauleiter di Vienna Globocnik, il quale negli ultimi tempi ha così potuto spiegare una più intensa attività politica organizzativa, dando l 'impressione alla popolazione che si sia raggiunto fra le Autorità del Reich e quelle prettamente austriache, un maggior affiatamento.

Il malcontento -prodotto dalle molteplici cause che ho più volte esaminate si viene sensibilmente attenuando.

A parte le ripercussioni economiche prodotte dalla nuova situazione, i viennesi vedono certo con amarezza scomparire tutto un mondo, che era il loro, e tutta la loro concezione della vita. Anche a coloro che hanno sempre militato nel campo «nazionale» sembra che l'annessione dell'Austria avrebbe potuto compiersi con maggiore rispetto delle tradizioni, caratteristiche e consuetudini propriamente austriache e che la Germania non si sia contentata di annettersi l'Austria, ma ne voglia addirittura la soppressione. Tuttavia essi cominciano a rendersi conto che. per guanto tale metodo possa ritenersi duro ed eccessivo. pure esso trova. almeno in parte. una spiegazione nella «ragione politica». che spinge i tedeschi ad assorbire l'Austria al più presto.

La questione ebraica resta sempre il problema centrale. La stampa apertamente promuove l'emigrazione degli ebrei. Le Autorità cercano ora di facilitare in ogni modo il rilascio dei passaporti ai non ariani. Per evitare la non desiderata promiscui.tà, tra ariani ed ebrei, è stato istituito per questi ultimi un apposito ufficio separato, ove essi si ammassano in lunghe file dalle 7 del mattino (prima vi si recavano già durante le ore della notte, ma ciò è stato proibito perché con le loro conversazioni disturbavano il sonno degli ariani). Vengono presentate in media oltre 700 domande al giorno. e quotidianamente sono rilasciati da 500 a 600 permessi di uscita. Finora sono state presentate 40.000 domande di passaporti. e

30.000 ne sono state favorevolmente evase. I giornali dichiarano apertamente che i permessi vengono in generale accordati solo agli ebrei i quali si impegnano a non far più ritorno in Germania; e solo in casi eccezionali -per favorire il commercio di esportazione -viene concesso a qualcuno il permesso di rientrare nel Reich.

Naturalmente esistono sempre le difficoltà derivanti da ragioni fiscali e di polizia. Ma le difficoltà maggiori per gli ebrei non provengono tanto dali' interno, quanto dai provvedimenti presi dagli altri Stati per impedire o limitare la loro immigrazione.

Tuttavia i giornali prevedono che entro due anni il problema dell'emigrazione degli ebrei possa essere in gran parte risolto. e l'arianizzazione della città di Vienna possa essere pressoché compiuta'.

399 ' Il documento ha il visto di Mussolini. A qualche giorno di distanza, il console Rochira tornava sull'argomento per segnalare che, dopo gli avvocati, anche ai medici ebrei era stato proibito l'esercizio della loro professione. Questo cd altri provvedimenti -osservava il console «impongono sempre maggiori limitazioni e restrizioni agli ebrei, tendono a separarli completamente dal resto della nazione; ed infatti già oggi i 500.000 ebrei di Vienna possono considerarsi quasi del tutto avulsi dalla vita del Paese» (telespresso 6887 l 1189 del 24 agosto. Anche questo documento ha il visto di Mussolini che ha sottolineato le frasi qui riportate tra virgolette).

400

L'INCARICATO D'AFFARI A PRAGA, BORGA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 1329/825. Praga, 15 agosto 1938 (per. il 19).

Mio telespresso n. 12821792 del 7 corr. 1

Durante la settimana, la missione Runciman ha continuato l'esame del materiale presentatole dal partito tedesco dei Sudeti e dei progetti governativi, come pure dei colloqui coi delegati sudetici. Lord Runciman ha avuto una nuova conferenza col Presidente della Repubblica, si è incontrato nuovamente col Presidente del Consiglio e con vari membri del governo; ha ricevuto fra gli altri i rappresentanti della nazionalità ungherese che gli hanno sottoposto il memorandum di cui allego un esemplare2 e i rappresentanti dell'industria e dell'economia della ragione tedesca.

Avendo Runciman chiesto che il governo riprendesse le trattative coi tedeschi dei Sudeti, interrotte da alcune settimane, l' 11 ha avuto luogo una riunione fra il comitato politico dei ministri e la delegazione del partito di Henlein. A tale riunione il governo ha anche voluto far partecipare i rappresentanti dei vari partiti della coalizione. Senonché l'esperimento tentato da Hodza di contrapporre direttamente sudetici e capi dei partiti della coalizione non è riuscito, avendo i tedeschi dichiarato di non aver alcuna intenzione di trattare coi partiti della coalizione, ma soltanto col governo. La prossima riunione è stata fissata per il 18 corr.

La situazione rimane invariata senza che si sia verificato alcun avvicinamento dei punti di vista delle parti in contrasto, che si mantengono tuttora sulle iniziali posizioni estreme.

I tedeschi continuano a manifestare scetticismo per quanto riguarda la riuscita della missione Runciman. Essi mettono in rilievo l'atteggiamento non soltanto di una parte della stampa ceca ma anche di alcuni ministri contro l'accoglimento dei loro postulati e segnalano i vari incidenti che continuano a verificarsi nella regione dei Sudeti.

Nel campo ceco perdurano i dissidi in seno alla coalizione. Lo provano gli insistenti ammonimenti rivolti dagli organi vicini al Presidente del Consiglio ad alucni partiti governativi affinché cessino dall'intralciare l'azione del governo, come pure certi articoli apparsi in giornali che sono notoriamente esponenti di Benes, i quali indirettamente criticano l'operato di Hodza e riaffermano la necessità di non cedere.

Che le trattative si trovino tuttora a un punto morto lo dimostra anche una informazione ufficiosa comparsa nella stampa governativa, la quale esclude la possibilità di un'autonomia territoriale a base nazionale a causa dell'impossibi

400 ' Vedi D. 383. 400 2 Non pubbicato.

lità di tracciare frontiere etniche nette fra popolazioni che, come i cechi e i tedeschi, convivono frammiste confusamente sullo stesso territorio.

Ad inasprire la situazione è giunto pure un proclama dell'Associazione degli ufficiali cecoslovacchi' col quale si invita il governo a non cedere a nessun costo. Tale manifestazione ha prodotto pessima impressione non soltanto fra i tedeschi, ma anche in vari ambienti cechi.

Risulta intanto che lo Stato Maggiore diventa sempre più intransigente e nulla tralascia per la preparazione bellica del Paese (mio telespresso odierno n. I 326/8234 ).

401

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI TEDESCO, VON RIBBENTROP 1

LETTERA PERSONALE RISERVATA. Berlino, 15 agosto 1938.

Many thanks again, to your wife and yourself, for having come the other day to the Balbo dinner. Balbo is no w in ltaly !2 Herewith enclosed is a letter to you from Ciano3 Much to his regret, he

cannot (incidentally, he has not been well in the last few days) go to Niirnberg.

I consider this very unfortunate, the more so as-apart from any other specific reason -the European and world situation appears to me such as to made it essential that the Foreign Ministers of Germany and Italy shouid meet to consider and exchange their views upon it, thereby giving aiso the external evidence of that politique concertée which is one of the happy characteristics of the RomeBerlin Axis. Meetings of the kind, between French and British Ministers, are quite frequent (at least every 3 months oniy through Geneva).

If you allow me to express my opinion, I wish you would stick to your originai idea of going to Como as soon as possible. Ciano, who is oniy too anxious to go to Germany himself, would certainiy follow (l understand he may be going to Warsaw). And, when meeting, you would of course discuss al! the rest.

I am at your entire disposal in case you shouid wish to see me.

P.S. Congratulamini mihi! Today is the 3rd anniversary of my arrivai m Berlin! B.A.

400 .1 Nel proclama, gli ufficiali, <<Come primi esposti alla morte», chiedevano che in nessun caso l'autorità dello Stato fosse intaccata: da questa posizione non si doveva indietreggiare «né di un passo, né di un pollice di terreno>> (testo in Relazioni Internazionali p. 592).

401 ' Il documento è tratto da DDT, vol. I, D. 797. 40 l ' Il Maresciallo Balbo era stato in visita ufficiale in Germania, ospite dell' aeronau

tica tedesca, dal 9 al 14 agosto. Balbo aveva avuto ripetuti contatti con Goring e il 13 era stato ricevuto da Hitler. Sui risultati della sua visita non si è trovata documentazione. 401 1 Vedi D. 385, nota 3.

400 4 Non rintracciato.

402

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CROLLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 4098/0173 R. Londra, 16 agosto 1938 (per. il 19).

Sargent mi ha detto oggi che considerava come degno di nota il fatto che Horthy avesse deciso di partire per Berlino accompagnato da quasi tutti i suoi ministri e scortato da numerosi alti funzionari. Ciò sembrava dare al viaggio del Reggente ungherese un particolare sapore politico. Sargent ha aggiunto, tuttavia, che il governo ungherese aveva dato, di sua propria iniziativa, assicurazioni al governo britannico che il viaggio di Horthy a Berlino non comportava nessuna firma di nuovi accordi di qualsiasi genere fra la Germania e l'Ungheria.

A modo di conclusione, Sargent ha detto che la crescente attrazione esercitata dalla Germania sull'Ungheria era un fatto indubitabile e probabilmente ineluttabile.

403

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CROLLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 4093/0174 R. Londra. 16 Gf?Osto 1938 (per. il 19).

Mio telegramma per corriere n. O169 del 9 agosto'.

Sargent mi ha oggi nuovamente intrattenuto sulla situazione cecoslovacca. Gli elementi nuovi, egli ha detto, sviluppatisi dopo il nostro ultimo colloquio, possono riassumersi come segue:

0 ) Un peggioramento dell'atmosfera politica in Europa Centrale, di cui Sargent attribuisce la responsabilità iniziale ad una intemperanza di linguaggio della stampa tanto cecoslovacca quanto tedesca, ma, a suo dire, «sopratutto tedesca»;

2°) il manifesto «inopportunissimo» degli ufficiali cecoslovacchi2 ;

3°) le manovre militari tedesche che, sebbene già da tempo annunziate, stanno assumendo proporzioni più imponenti di quanto originariamente si pensasse, e-inquadrandosi nella situazione già alquanto tesa -vengono in diversi settori interpretate in un senso tendenzioso, che accresce il sentimento generale di malessere;

403 ' Vedi D. 387. 403 ' Vedi D. 400, nota 3.

4°) la ripercussione di questo stato d'animo sulle Borse di Berlino, di Parigi e di Londra. Per quanto riguarda Londra, sono entrate in azione, a determinare le fughe di oro, ragioni anche di carattere puramente monetario ma non vi è dubbio che il fattore preponderante è quello politico.

Fra queste accresciute difficoltà, ha continuato Sargent, Runciman procede tranquillamente nella sua opera che è-per ora almeno -esclusivamente di mediatore e conciliatore. Per quanto la stampa inglese avesse accennato ad eventuali funzioni di «arbitro» che sarebbero state attribuite a Runciman, Sargent teneva ad informarmi che Runciman, prima di partire per Praga, gli aveva detto che non era affatto sua intenzione, né ora, né in seguito, una volta cioè esaurita sterilmente la sua opera di mediazione, di elaborare e presentare alle due parti un suo progetto di compromesso da accettare o respingere. Ciò, beninteso, a meno che le due parti stesse (cechi e sudeti) lo incaricassero di preparare un simile progetto: cosa che appariva più che improbabile.

Messa su questo puro terreno di mediazione e conciliazione, là missione di Runciman sembrava destinata a protrarsi per qualche tempo senza portare ad alcun risultato concreto. Sargent tuttavia disapprova coloro che, fin dall'inizio, ed oggi più che mai, avevano proclamato e proclamano il sicuro fallimento della missione stessa. Egli era persuaso che la sola presenza di Runciman a Praga giovava a frenare certi eccessi. Ma era sopratutto persuaso del fatto che la missione Runciman dovesse considerarsi come un tentativo ed un primo passo, destinato -in caso di insuccesso -a sgombrare il terreno ad altri metodi di soluzione pacifica, da esaminarsi ed eventualmente applicarsi in un secondo tempo. Sargent ha vagamente menzionato la possibilità di un plebiscito e di una conferenza a quattro, ma ha aggiunto subito che la porta rimaneva aperta a tutti i metodi immaginabili e che le circostanze politiche del momento potranno solo determinare se e quale metodo apparirà più opportuno e più suscettibile di condurre ad una pacifica soluzione del problema. La sola cosa che si potesse affermare fin da ora, era che il successo futuro dipendeva essenzialmente dall'atmosfera politica generale dell'Europa, la quale poteva, migliorando o peggiorando, rendere rispettivamente possibile o impossibile la scelta di uno qualsiasi dei vari metodi di soluzione.

Era per questo motivo che il governo britannico considerava con una viva preoccupazione il tono minaccioso di certa stampa, la reazione di allarme provocata in altri settori e in genere tutti quegli elementi che recentemente erano parsi dover contribuire a rendere l'atmosfera più tesa, anche se si poteva sostenere che una forma prudente di tensione, e quindi di pressione sulla Cecoslovacchia, rappresentasse una manovra tatticamente utile per persuadere Praga a fare concessioni.

La prolungata presenza del Primo Ministro a Londra era dovuta unicamente a motivi di salute ma Chamberlain stando a Londra si teneva accuratamente al corrente di tutti gli sviluppi della situazione. D'altra parte, Halifax interrompeva ogni settimana le sue vacanze per fare una visita a Londra ed era atteso oggi stesso nel pomeriggio al Foreign Office.

Alla fine della conversazione ho creduto bene fare osservare a Sargent che, qualora l'accordo di Roma fosse già stato messo in vigore, ciò avrebbe indub

biamente rappresentato un elemento essenziale per quel miglioramento dell'atmosfera europea da lui così insistentemente invocato. Sargent mi ha risposto che era perfettamente d'accordo con me su questo punto.

404

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 7472/4232. Parigi, 16 agosto 1938 (per. il 19).

L'atmosfera di questo mese di agosto non è certamente in Francia l'abituale atmosfera estiva di disteso riposo. Prevale un diffuso senso di preoccupazione che tradisce il timore e la persuasione di una crisi imminente di soluzione incertissima e pericolosa. La stessa cura che il governo pone in questi giorni nel controbattere ogni interpretazione troppo allarmistica di avvenimenti e di fatti interni ed esterni dimostra in fondo il desiderio di non aggravare uno stato di spirito già di per se stesso sufficientemente diffuso e che non ha per conseguenza bisogno di essere ulteriormente approfondito.

Questo ambasciatore di Germania mi dice che, nell'ultimo colloquio avuto con Bonnet pochi giorni or sono, il ministro degli Esteri si è sopratutto e quasi unicamente sforzato di dare un 'impressione di ottimismo e di fiducia nel normale corso degli avvenimenti, che, a tralasciare i motivi tattici che possono anche averla inspirata, un po' rivelava una reale assenza di convinzione, un po' il desiderio di trovare nel suo interlocutore argomenti e spunti per essere personalmente rassicurato. Questa è anche la mia personale impressione attraverso frequenti contatti col Quai d'Orsay. È comunque avvenuto che il Presidente del Consiglio non ha preso, ad esempio, quest'anno l'abituale periodo di vacanze; che Bonnet è andato a villeggiare per qualche giorno a venti minuti da Parigi, da dove si mantiene in quotidiano contatto coi suoi servizi; che, insomma. i ministri più direttamente responsabili sono rimasti, pressocché tutti e pressocché senza interruzione. a posto.

Il più grosso motivo di allarme proviene naturalmente sopratutto dalla situazione in Cecoslovacchia, a mano a mano che la missione Runciman (che ha suscitato al suo annunzio un indubbio senso di euforia e che è stata, in sostanza, il solo risultato veramente concreto della vista dei Sovrani britannici a Parigi) esce dal limbo dei primi approcci e passa e penetra nel folto delle difficoltà; dalla grossa, accelerata, febbrile preparazione militare tedesca; dal profondo senso di incertezza sull'effetti v o impiego che il Fiihrer potrà indursi a un certo momento a fare dell'imponente sforzo cui ha da qualche settimana sottoposto (e per tre quarti sulla frontiera del Reno) l'intera macchina bellica germanica.

La posizione del problema cecoslovacco, vista da qui, può riassumersi approssimativamente in questi termini. (Naturalmente è necessario fare accenno anche all'azione britannica, che, a volte, coincide ma, più sovente, si sovrappone a quella del Quai d'Orsay, se non quando addirittura la modifichi e la sostituisca).

La Francia è legata alla Cecoslovacchia da un trattato particolare di assistenza. La Gran Bretagna non è legata alla Cecoslovacchia da alcun particolare legame, all'infuori, per quel che valgono, di quelli generici e cloroformizzati del Patto.

Il governo francese ha assunto nei confronti cecoslovacchi una posizione netta e precisa. Ha dichiarato cioè, sempre, che, nel caso di aggressione tedesca contro la Cecoslovacchia, la Francia avrebbe senz'altro mantenuto e posto ad esecuzione i suoi obbligo di assistenza verso Praga.

È necessario aggiungere che vi è qui una corrente di opinione -la quale comincia anche ad avere il suo peso e la sua influenza -secondo cui la Francia non sarebbe più oggi giuridicamente tenuta all'intervento in favore della Cecoslovacchia (vedi un relativamente recente articolo di Joseph Barthélémy sul Temps1 , che ha fatto chiasso in Francia e scandalo a Praga). Vi è tutta una serie di uomini politici e giornali che sostengono che una espansione tedesca in Europa Centrale e Orientale non rappresenta per la Francia una vera e propria ragione di pericolo e che occorrerebbe anzi !asciarla fare e fissarvela, per distrarla da altri propositi e piani (tesi Flandin). Vi è infine e sopratutto un folto gruppo di militari e non dei minori e trascurabili, i quali affermano essere l'esercito francese almeno per ora incapace di porre in esecuzione sul terreno i suoi impegni di assistenza verso Praga e dovrebbe per ciò il governo adeguare d'urgenza i suoi impegni politici alle sue possibilità militari che sono, almeno per ora, quelle che sono e non altre (vedi generale Duval: «nous n'avons aucune autre possibilité militaire que la défensive. Une action militaire française outre Rhin est pour le moment irréalisable » ).

Ciò detto, è tuttavia necessario sottolineare ancora una volta che sta comunque di fatto che il governo francese ha in ogni circostanza e occasione. prima e dopo l'allarme del 21 maggio. rifiutato di aderire a un siffatto punto di vista (così detto delle dimissioni francesi in Europa), ed ha. nei riguardi di Praga. adottato una posizione contraria. precisa e netta. «Nous sommes liés à Prague par des engagements inéluctables et sacrés» ultimo discorso di Daladier nello scorso luglio2

404 ' Il professore Barthélémy aveva pubblicato su Le Temps del 12 aprile, con il titolo Consciences angoissées, un articolo in cui sosteneva che era inaccettabile che tre milioni di francesi dovessero morire per conservare tre milioni di tedeschi sotto l'autorità del governo di Praga. Sul piano giuridico, poi, proseguiva l'articolo, la Francia non era tenuta ad aiutare la Cecoslovacchia perché, venuti meno i Patti di Locarno, era venuto meno anche il trattato franco-cecoslovacco che dei Patti di Locarno era «un accessorio>>.

Di fronte a codesta netta e precisa presa di posizione francese, il governo britannico, pur continuando a declinare qualunque specifico e particolare impegno verso la Cecoslovacchia, ha tuttavia in sostanza (anche in cambio di una più stretta adesione francese alla sua politica spagnola, che si è sopratutto concretata nella chiusura della frontiera dei Pirenei) accettato di assumere una specie di fluido e generico impegno indiretto verso la Francia. Se cioè dovesse per avventura entrare in guerra in forza del suo accordo di assistenza con la Cecoslovacchia, la Francia sembra potere in definitiva contare sull'appoggio armato britannico, riconoscendo il governo di Londra di non potere alla lunga restare assente da un conflitto in cui la Francia dovesse impegnarsi a fondo, ponendo cioè in gioco la sua stessa sicurezza sul Reno e sul Mare del Nord che sono interessi inglesi fondamentali, la cui difesa è ormai accettata e pacifica (vedi discorso Chamberlain dello scorso marzo', susseguente azione franco-britannica del 2021-22 maggio, ecc.).

Avendo dunque assunto, per necessità e con estrema riluttanza, un impegno ed un rischio, sia pure indiretti, che oltrepassano di gran lunga quelli compresi nell'alleanza formale e giuri dica che la lega alla Francia per la difesa dei soli rispettivi territori metropolitani, è naturale che la Gran Bretagna cerchi ora in modo di far sì che tali nuovi impegni non abbiano ad essere posti in esecuzione, né i rischi conseguenti ad essere corsi. È cioè lecito attendersi che la Gran Bretagna faccia ogni umano sforzo per giungere ad una soluzione pacifica della questione cecoslovacca. Londra ha iniziato infatti a battere subito questa strada ponendo innanzi, nella prima quindicina di giugno, un progetto di neutralizzazione della Cecoslovacchia, progetto che, a quanto qui si assicura, sarebbe sopratutto naufragato per la vivace opposizione del Quai d'Orsay, e, naturalmente, di Praga. Ha continuato sulla stessa strada immediatamente dopo, assumendo anzi senz'altro direttamente e unilateralmente l'iniziativa della comune azione francobritannica in Europa Centrale, attraverso l'attuale missione Runciman (iniziativa che fu portata a conoscenza di questo governo da Halifax il 20 luglio in termini di fatto compiuto, quando cioè il ministro britannico a Praga aveva già da 24 ore chiesto e ottenuto l'adesione cecoslovacca). Continuerà, presumibilmente, sulla stessa strada, anche se la missione Runciman non dovesse giungere in porto, attraverso, probabilmente, la proposta di un'azione diplomatica a quattro, la cui possibilità affiora infatti da qualche tempo con insistenza. Continuerà, insomma, a percorrerla sino a quando sarà eventualmente dimostrato in termini definitivi dinnanzi ali' opinione pubblica, sia specificamente inglese che dei Domini, sia europea che americana, che una soluzione pacifica della questione dei sudeti non è raggiungibile per causa e fatto tedeschi.

Si può senz'altro affermare che il governo francese al potere ha appoggiato ed appoggia l'azione britannica per avviare la questione cecoslovacca verso un accordo transazionale. L'ultimo discorso già citato di Daladier è, in proposito,

404 'Vedi D. 37, nota 3.

altrettanto esplicito quanto la dichiarata accettazione degli impegni francesi verso Praga. ( «Nous ne voulons avoir ni à éluder, ni à exécuter les engagements qui, depuis 1922, nous lient aux tchécoslovaques»). Ora è ovvio che il solo binario che possa condurre a non eludere gli impegni e, insieme a non eseguirli, è esclusivamente quello della soluzione pacifica e di compromesso.

Non sarebbe tuttavia esatto affermare che Gran Bretagna e Francia intendono per soluzione di compromesso la stessa cosa. Riterrei, tutto sommato, probabile che la Francia è senz'altro e certamente già disposta a giungere sino ad un limite (che non sia toccata e pregiudicata la sovranità dello Stato cecoslovacco e la sua politica estera) che la Gran Bretagna potrebbe invece anche essere disposta, sotto determinate condizioni, a superare.

Il progetto di neutralizzazione avanzato immediatamente prima della missione Runciman era, ad esempio, di fonte e di inspirazione britannica e fu, da parte francese, respinto perché, incidendo sull'integrità e indipendenza politica del Paese, avrebbe superato appunto quel limite che la Francia intendeva invece salvaguardare. In altre parole, mentre è perfettamente inconcepibile che la Francia possa essere indotta a battersi perché sia, ad esempio, mantenuta una certa proporzione di funzionari cechi o un certo numero di scuole di lingua tedesca, lo è molto meno se dovesse essere apertamente e violentemente posta in causa la sovranità stessa della Cecoslovacchia e l'indipendenza della sua politica estera e messi con ciò esplicitamente in gioco i diretti impegni e il conseguente prestigio francese.

Occorre qui tuttavia notare subito che, accettando nolente o volente la missione Runciman, la Francia è venuta con ciò automaticamente a perdere quell'iniziativa della comune azione franco-britannica in Cecoslovacchia, che sino a quel momento aveva, bene o male, e piuttosto male che bene, indubbiamente esercitato. La molla di quell'azione era stata infatti sino ad allora rappresentata dalla ripetuta e confermata formula francese del «nous sommes liés à Prague par des en{?agements inéluctables et sacrés», dietro la quale ha in sostanza marciato anche l'azione britannica dello scorso maggio. Con la missione Runciman, l'iniziativa si è invece indubbiamente spostata e trasferita in mani britanniche, col risultato che le esigenze specificamente francesi che avevano precedentemente mformato l'azione franco-inglese nei confronti della Cecoslovacchia potrebbero anche cedere il passo di fronte a considerazioni di più ampia portata e carattere, anche se per avventura contrastanti con quelle.

Ciò che in sostanza significa che. sotto la pressione britannica (né sarebbe questa la prima. né. per certo. l 'ultima volta) la Francia potrebbe oggi essere certamente persuasa o costretta ad andare più oltre di quel che vorrebbe. sulla strada tracciata da Henlein. Il limite, cioè verso il quale dovrà essere spinta e forzata la caparbia ostinazione di Praga e contenuta la rivendicazione tedesca è (restando naturalmente entro il quadro della soluzione pacifica) elastico e flessibile. Ma un limite esiste comunque. superato il quale si entrerebbe con ogni probabilità nel campo della resistenza armata e delle soluzioni di forza e di guerra. Entro questo limite tuttavia -ed è questo il punto fondamentale -par ci sia indubbiamente posto per una soluzione concreta che potrebbe essere accettabile per i sudeti e soddisfacente per la Germania.

Non sembra oggi ancora possibile dichiarare verso quali precise forme di compromesso può tale soluzione essere in concreto avviata. E neanche se tale soluzione potrà uscire dalla fase Runciman o da una ulteriore fase di negoziato diplomatico comune od altro.

Tutto quanto sembra oggi lecito dire, come già pressoché acquisito, è che sotto la pressione della Gran Bretagna (la quale si è decisa oggi a direttamente interessarsi dell'Europa Centrale sopratutto per non avere ad interessarsene domani, in modo ben altrimenti diretto) la politica estera francese evolve lentamente verso soluzioni-limite progressivamente meno intransigenti.

Ciò che, insieme alle difficoltà intrinseche gravissime di un'azione militare di soccorso in favore della Cecoslovacchia; al timore riverenziale che suscita la rinnovata potenza bellica tedesca; al non agevole compito di imporre al popolo francese una guerra di offesa non motivata da un'aggressione in casa propria; all'agitazione sociale e al disordine economico e finanziario che -sebbene in proporzioni notevolmente ridotte -tuttora perdurano; all'incertezza parlamentare e instabilità di governo tuttora, in parte, attive; sono certamente tendenze e forze che operano nella stessa direzione e senso.

Ed a queste tendenze e forze è necessario aggiungere il proposito di una parte di questo governo. e. sopratutto. del Presidente del Consiglio Daladier. di spianare la strada per un ravvicinamento franco-tedesco cedendo magari posizioni sul terreno cecoslovacco. anche a rischio di pregiudicarne in parte quell'ulteriore impiego offensivo anti-germanico che è stato sinora uno dei canoni della politica estera francese. Proposito, aggiungo, che mi risulta effettivamente esistente e contro cui ha sinora contrastato il ministro degli Esteri Bonnet. Il quale, rendendosi perfettamente conto delle ragioni che impongono, nelle circostanze attuali, il ripiegamento francese anche su questo terreno, vorrebbe neutralizzarle sopratutto attraverso un preventivo riavvicinamento con Roma, che rafforzerebbe infatti in enorme misura la Francia, non solo nei confronti della Germania, ma anche, e contemporaneamente, nei confronti della Gran Bretagna, ridando con ogni probabilità a Parigi quell'iniziativa di azione comune franco-britannica che ha consentito un 21 maggio.

Non è naturalmente il caso di sopravvalutare in alcun modo questi propositi di riavvicinamento franco-tedesco che hanno un lungo e difficile cammino da percorrere. Ma esistono e come tali credo vadano sottolineati, sia pure a titolo tendenziale e di sintomo. Sembra del resto evidente che se si dovesse domani giungere a una soluzione pacifica, anche provvisoria, della questione dei sudeti, cadrebbe con ciò automaticamente almeno uno dei più seri e gravi ostacoli a quel riavvicinamento.

Va altresì notato che il progressivo logoramento in corso nelle relazioni italafrancesi e la manifesta difficoltà di riprendere contatto con Roma, non possono che serissimamente contribuire a spingere questo governo sulla strada della conciliazione in Europa Centrale.

Ciò che dimostra comunque -come è del resto ovvio -di quale fondamentale e decisiva importanza sia l'atteggiamento dell'Italia fascista per orientare la questione cecoslovacca in un senso piuttosto che un altro ed imprimerle quel corso che dovrà in definitiva assumere.

Dovrei, per concludere, ritenere che, quantunque il pericolo di guerra sia implicito nella stessa situazione europea di oggi, pur tuttavia esista, per le ragioni accennate, un margine approssimativamente sufficiente per una soluzione pacifica di uno dei suoi più vasti focolai d'incendio, la Cecoslovacchia.

A meno che la Germania, ermeticamente coperta dalle controbarriere che vanno elevandosi di fronte alla linea Maginot su una profondità di 50 chilometri (le quali non potranno alla lunga che sterilizzare il trattato franco-ceco e rendere praticamente illusoria e inoperante l'azione di soccorso francese verso Praga) non dovesse all'improvviso trovare nelle circostanze, nella stessa sua situazione interna, nelle impazienze dei sudeti, nella sorda e veramente ceca ostinazione di Praga, nelle immancabili resistenze francesi, ragioni per esigere, gettando la spada sulla bilancia, soluzioni assolutamente integrali e totalitarie. Ciò che sfugge al mio giudizio4

404 2 Del 12 luglio. La parte conclusiva del discorso con i riferimenti alla situazione internazionale è in Relazioni Internazionali, p. 538.

405

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 40831123 R. Budapest, 17 agosto 1938, ore 21,48 (per. ore 3,30 del 18 ).

Mio telegramma per corriere n. 0126 1 e seguenti.

Come riferisce per corriere, in questi ultimi giorni e in vista della prossima conferenza della Piccola Intesa si sono intensificate trattative della Romania (a nome dei tre Stati vicini) con l 'Ungheria. Per quanto concerne Jugoslavia e Romania lo stesso Kànya mi ha detto trattarsi ormai di piccole divergenze di forma facilmente sormontabili. Restano invece le difficoltà nei riguardi della Cecoslovacchia.

L'ultima proposta ungherese di qualche giorno fa contemplava per i primi due Stati un testo identico e per la Cecoslovacchia un testo differente e con impegni unilaterali e molto lati concernenti le minoranze; governo cecoslovacco, come ha detto a Kànya ieri questo ministro di Romania, non avrebbe fatto obiezioni a tale testo, a condizione però che fosse reciproco. Ciò Kànya non ha accettato.

404 ' Il documento ha il visto di Mussolini. 405 ' Vedi D. 258.

D'altra parte, il ministro di Romania ha declinato un suggerimento di questo ministro degli Affari Esteri di redigere eventualmente per il momento un comunicato, che constati in linea generale un accordo di principio solo tra Jugoslavia, Romania ed Ungheria sui noti punti, dicendo che non era assolutamente possibile ai due Stati di abbandonare la Cecoslovacchia sopratutto per la questione ungherese.

Kànya, dicendo di essere molto sollecitato anche da Belgrado al fine di creare la base di più concreti accordi, mi ha detto che non gli era possibile firmare un documento con la Cecoslovacchia; che tuttavia (e ciò evidentemente per non dare sopratutto impressione di intransigenza) avrebbe comunque studiato la possibilità di proporre ai romeni un testo di comunicato da pubblicarsi a Bled sulla cui forma si riservava riflettere.

È stato chiamato qui per conferire ministro di Ungheria a Belgrado2

406

L'ADDETTO MILITARE A BERLINO, MARRAS, AL MINISTERO DELLA GUERRA

T. 1392'. Berlino, 18 agosto 1938.

Secondo informazioni degne fede avut~ ufficiale questo ministero tutto sarebbe pronto per invasione Cecoslovacchia tra fine settembre primi ottobre.

Non si attendono che decisioni Hitler il quale le sta maturando.

Calcolasi non intervento Inghilterra e Francia.

Segue rapporto corriere aereo domani.

407

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. SEGRETO 5914/1736. Berlino, 18 agosto 1938'.

II colonnello Badini, addetto militare aggiunto, mi riferisce di aver avuto stamane un colloquio con un ufficiale del ministero della Guerra tedesco, molto

bene informato e mostratosi sempre con lui molto sincero. Questo ufficiale ha dichiarato al Badini che le intenzioni dei capi responsabili di questo governo, stanno malauguratamente (sic) precipitando verso una soluzione di forza a brevissima scadenza.

L'esercito, approfittando di questo periodo di manovre e di richiami, si sta preparando ed è quasi a punto per l'invasione, (studiata e concretata ormai in ogni suo particolare). Non manca che l'ordine del Fiihrer il quale. secondo il predetto ufficiale, starebbe maturando la decisione ma non l'avrebbe ancora definitivamente presa.

L'azione si avrebbe, probabilmente, tra la fine di settembre e i primissimi giorni di ottobre e si spererebbe avvenisse nel modo meno sanguinoso possibile; l'azione rapida e a massa sarebbe sopra tutto imperniata sull'intervento decisi v o e fulmineo d eli'arma aerea.

Si conta sull'inazione della Francia e sopratutto dell'Inghilterra. È questo il fattore che spinge la Germania ali'azione: Berlino avrebbe la quasi sicurezza che Londra si limiterebbe a delle sole proteste, si asterrebbe da un intervento diretto o, al massimo, trascinerebbe le Potenze e i Paesi amici ad applicare contro la Germania un sistema di sanzioni analogo a quello praticato ai danni dell'Italia e che si dimostrerebbe altrettanto inefficace. E si è qui altrettanto sicuri che, senza l'appoggio dell'Inghilterra, la Francia si guarderà bene dal muoversi.

Per guanto riguarda l'Italia. Badini ha avuto l'impressione che si conti sul suo benevolo appoggio e che si farà il possibile. probabilmente. di darle comunicazione delle decisioni prese con un certo anticipo.

L'ufficiale in parola aveva progettato da tempo di usufruire della licenza nel prossimo ottobre per recarsi in Italia; oggi ha detto che dovrà quasi sicuramente rimandare la partenza alla prossima primavera, dati gli avvenimenti che si stanno preparando.

Il Colonnello Badini segnala infine come da altra fonte gli risulti in modo quasi indubbio che esisterebbe in questi ultimi tempi un perfetto affiatamento della Germania con la Polonia. con la quale sarebbe. anzi. stato concordato un piano di azione contemporaneo2

407 ' Il documento ha il visto di Mussolini.

Nel Diario di Ciano vi è, sotto la data del 19 agosto, la seguente annotazione che evidentemente si riferisce a questo documento: <<Un rapporto dell'aiuto addetto militare a Berlino riferisce che gli ufficiali tedeschi considerano l'azione in Cecoslovacchia inevitabile e imminente: fine settembre. Tutto sarebbe pronto nei particolari. L'aviazione dovrebbe giocare il ruolo principale. In via politica non ci è stato detto niente. Dovremmo quindi restare sulle posizioni del maggio, quando ci fu assicurato che ogni ricorso alla forza era da escludersi, almeno per alcuni anni>>. Le <<posizioni di maggio>> a cui Ciano fa riferimento si basavano sulle dichiarazioni fattegli da von Ribbentrop che la questione cecoslovacca <<non era attuale>> e che una cantonalizzazione poteva «far ritardare la soluzione di alcuni anni>> (si veda CiANO, Diario, alla data del 6 maggio).

405 2 Gyorgy Bessenyey.

406 1 Il documento è tratto dall'archivio dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito.

407 1 Manca l'indicazione della data di arrivo.

408

L'INCARICATO D'AFFARI MOSCA, BERARDIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 3436/1344. Mosca, 18 agosto 1938 (per. il 22).

In connessione alla presente tensione germano-cecoslovacca, va segnalato e sottolineato l'insolito silenzio che viene fatto dalla stampa sovietica che per ora si limita a pubblicare le notizie dei suoi corrispondenti dali'estero od a riprodurre informazioni di giornali filo-comunisti stranieri, senza commentarli in proprio.

Di fronte al complesso problema minoritario cecoslovacco che, passato al primo piano della politica internazionale, ha persino posto in seconda linea l'altro problema, non meno complesso e grave, della questione spagnola, l'Unione Sovietica non ha manifestato nessun altro avviso proprio dopo le dichiarazioni fatte dal Litvinov nel suo ultimo discorso (23 giugno scorso) agli elettori di Lenigrado e che meritano di essere qui ricordate:

«Ali' infuori dell'assistenza in caso di guerra, i nostri patti con la Francia e con la Cecoslovacchia hanno sempre la finalità di prevenire il pericolo di guerra in un determinato settore dell'Europa. Di fronte alla minaccia che oggi incombe sulla Cecoslovacchia, il mondo intero deve chiaramente considerare che il patto ceco-sovietico risponde a questa funzione: che esso è il più importante, se non il solo fattore capace di una distensione nell'atmosfera che circonda la Cecoslovacchia».

Dopo questa battuta di etichetta sovietica, Litvinov ripiega col dire di confidare nel buon discernimento del governo di Praga per la salvaguardia della pace:

«La nostra politica generale di pace -egli soggiunge -ci fa sperare che i conflitti che potessero sorgere fra la Cecoslovacchia ed i suoi vicini trovino una soluzione pacifica; ma noi ci asteniamo da ogni consiglio non sollecitato dal governo di Praga (anche qui non manca la punta contro l 'Inghilterra) perché noi abbiamo fede nel suo amore per la pace e stimiamo che sia egli stesso giudice nella questione dell'organizzazione interna dello Stato; che troverà esso stesso i limiti ragionevoli alle concessioni compatibili con il prestigio e l'indipendenza di uno Stato, che sul piano internazionale la Cecoslovacchia è la parte che si difende e che in ogni modo è alla parte attaccante che incomberà la responsabilità delle conseguenze».

In altri termini, Litvinov dà dei suggerimenti di prudenza ed avanza la supposizione che Praga non s'indurrebbe per alcun motivo a compiere atti di provocazione nei riguardi del Reich. Mentre alla Germania egli dà l'avvertimento dicendo che il fatto che «la Cecoslovacchia è oggi pronta ad una guerra aspra, deve suggerire la necessità di mostrarsi più prudenti e circospetti».

Vero è che tale discorso venne pronunciato quando la questione cecoslovacca non rivestiva l'acutezza che ha oggi, né aveva determinato l'attuale tensione generale europea. Queste dichiarazioni marcavano però un passo indietro sulle dichiarazioni fatte dallo stesso Litvinov poco dopo l'Anschluss, quando affermò che l'U.R.S.S. avrebbe sempre mantenuto gli impegni assunti nei trattati con le Potenze amiche.

Per quanto un'assistenza militare sia problematica, allo stato attuale delle cose, data la riluttanza tanto da parte della Polonia che da parte della Romania a concedere in caso di conflitto il passaggio di forze armate sovietiche sul loro territorio, non resterebbe all'U.R.S.S. che la possibilità di un aiuto per via aerea,

o forzando le situazioni o facendo quello che ha finora fatto, il rifornimento di materiale bellico sotto mano. Al quale proposito, Kalinin pare avesse detto tempo fa ad un professore ceco che l'aveva interpellato, che l'U.R.S.S. sarebbe in grado, per l'eventualità di un conflitto armato, di fornire alla Cecoslovacchia un potenziale aereo di mille unità.

Ma queste sporadiche dichiarazioni non hanno che un valore relativo: di positivo finoggi sta solo l'obbligo dei trattati assistenziali che lega l 'U.R.S.S. alla Francia ed alla Cecoslovacchia. Al quale riguardo questo ambasciatore di Germania1 , rientrato l'altro ieri da Berlino, mi dichiarava che per nessun motivo la Germania attaccherebbe la Francia e la Cecoslovacchia se non aggredita o provocata (voluta allusione alle recenti provocazioni cecoslovacche). Quindi l'U.R.S.S. -egli aggiungeva -non può essere tenuta all'assistenza internazionale verso i suoi alleati se non concorra il fatto positivo specifico dell' aggressione da parte di terzi. Egli ha poi escluso l'esistenza -come più volte è corsa voce -di accordi segreti militari fra la U.R.S.S. e la Francia. E nel rappresentarmi la «critica situazione dei Sudeti», ha finito per concludere che la Germania, ]ungi dal temere la più disastrosa complicazione internazionale, è risoluta a far valere i propri diritti per la protezione della minoranza tedesca in Cecoslovacchia, né resterebbe impassibile di fronte alle provocazioni militaresche cecoslovacche.

Lo stesso linguaggio aveva tenuto con me, pochi giorni fa, anche il consigliere dell'ambasciata germanica2 il quale riteneva -come già è stato più volte segnalato a V.E. -che un intervento sovietico in caso di conflitto non potrebbe verificarsi se non nel senso di un contemporaneo intervento francese.

Comunque è da tenere presente anche il fatto che la situazione interna è generalmente decisiva per ogni indirizzo del Cremlino in materia di politica estera. E che l'essere l'U.R.S.S. stata messa in disparte, nonostante i suoi legami con la Cecoslovacchia e con la Francia, da una questione che la tocca più o meno direttamente, non è certo un motivo che la incoraggi a prestare eventualmente la sua collaborazione agli alleati.

Con ciò sembra doversi spiegare il grande riserbo che qui si fa oggi sul problema più cocente per l'Europa qual è la questione cecoslovacca.

408 ' Friedrich von Schulenburg. 408 2 Werner von Tippelskirch.

409

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 4111/0 165 R. Budapest, 19 agosto 1938 (per. il 20).

Mio telegramma n. 123 del 17 agosto1

Data la malattia del ministro di Ungheria a Bucarest, Bàrdossy, questo ministro di Romania ha continuato qui le trattative col governo ungherese, beninteso anche a nome degli altri due Stati della Piccola Intesa. Presumibilmente per il desiderio di Comnen di presentarsi alla prossima conferenza della Piccola Intesa con un successo personale per le trattative da lui condotte, le conversazioni hanno avuto in questi ultimi giorni una maggiore intensità.

È noto che quanto alla redazione dei testi concernenti le dichiarazioni circa la parità militare dell'Ungheria e il non ricorso alla forza (sul tipo del Patto Kellogg), si era già raggiunto un accordo: le difficoltà permanevano invece per il testo circa la questione delle minoranze.

Il governo ungherese, come ebbi già occasione di riferire, aveva accondisceso a non menzionare in detto testo la parola «minoranze» finché, dopo una serie di proposte e controproposte, Kànya, soprattutto considerando la buona volontà ultimamente mostrata dalla Jugoslavia e dalla Romania, presentò a Bossy un progetto di testo identico per quanto riguardava gli impegni reciproci della Romania, della Jugoslavia e dell'Ungheria, mentre la Cecoslovacchia avrebbe dovuto sottoscrivere una dichiarazione unilaterale molto più lata e specifica dei testi suddetti, comprendente si può dire tutte le richieste della minoranza ungherese in Cecoslovacchia.

Come ho riferito col mio telegramma sopracitato, il governo cecoslovacco si è dichiarato disposto a firmare la dichiarazione purché anche il governo ungherese ne firmasse una analoga. Ma questo Kànya non ha accettato.

Ieri, Kànya ha convocato di nuovo il ministro di Romania e gli ha dichiarato che ormai nei riguardi della Romania e della Jugoslavia non aveva più obiezioni e l'accordo circa la redazione del testo poteva considerarsi raggiunto ma che per quanto concerneva la Cecoslovacchia egli non avrebbe potuto accettare di firmare una eguale dichiarazione, dato lo stato della questione minoritaria in Cecoslovacchia e le richieste in corso di quella minoranza ungherese. Egli pertanto confermava la sua proposta, che riteneva definitiva, per cui la Cecoslovacchia avrebbe invece dovuto firmare un testo diverso e molto più dettagliato e con impegni molto più lati ed unilaterali.

Per non dare l'impressione di intransigenza e sopratutto per mostrare la sua buona volontà di accordarsi con la Romania e la Jugoslavia, Kànya ha infine

409 ' Vedi D. 405.

detto a Bossy che egli non avrebbe difficoltà che sia concordato un comunicato nel quale si potrebbe constatare che le trattative condotte per addivenire ad un miglioramento di rapporti fra l 'Ungheria ed i suoi tre vicini avevano condotto a constatare un accordo di principio sui due noti punti ma che le trattative stesse non avevano potuto condurre ad una conclusione definitiva ed alla firma di alcun documento date le difficoltà tecniche che finora si opponevano alla risoluzione di un altro punto importante.

Pertanto la questione è stata rimandata alla conferenza della Piccola Intesa che si inizierà il 2F, come anche sarà là discussa la proposta di Kànya circa l'eventuale comunicato.

410

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CROLLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 4121/0176 R. Londra, 19 agosto 1938 (per. il 21).

Questo incaricato d'affari d'Ungheria, Marosy, è venuto stamani a vedermi all'ambasciata. Riferisco i punti principali della nostra conversazione.

Cecoslovacchia. Marosy mi ha detto di essere sua impressione che tanto da parte tedesca, quanto da parte inglese (e conseguentemente anche francese) si sta facendo e si farà di tutto per evitare una guerra europea. A lui risultava che il governo del Reich non riteneva opportuno il momento per affrontare una simile prova. Il governo ungherese aveva un'analoga opinione e l'aveva anche fatta conoscere al governo germanico. D'altra parte, la situazione in Cecoslovacchia pareva tendersi e irrigidirsi invece di snodarsi gradualmente, come qualcuno aveva sperato al momento della partenza di Runciman per Praga. La missione Runciman non poteva certo finora definirsi un successo, anche se negli ambienti ufficiali britannici si continuava a sostenere che non era detta l'ultima parola, che la missione cominciava proprio ora, che -se pure non avesse ottenuto alcun concreto risultato -Runciman avrebbe sempre potuto aprire la strada ad altri metodi di soluzione. Nessuna soluzione era comunque possibile senza una forte pressione sulla Cecoslovacchia. Questa pressione non era per ora l'Inghilterra, né la Francia che la stava facendo ma Inghilterra e Francia parevano aver tacitamente consentito a che la Germania si incaricasse di esercitarla. Questo era l'evidente significato delle attuali imponenti manovre militari tedesche. Il senso d'allarme a Londra variava da giorno a giorno, acutizzandosi e calmandosi a vicenda, quasi che le oscillazioni fossero regolate da un superiore potere di controllo, il quale ne abbassava il tono quando l'allarme sembrava diventare eccessivo e minacciare il panico in borsa, e viceversa lo rialzava quando la temperatura si raffreddava troppo

e la pressione indiretta sulla Cecoslovacchia accusava qualche diminuzione. Questi erano gli elementi che Marosy poteva osservare da Londra. Marosy tuttavia desiderava confessarmi una sua preoccupazione: a lui sembrava prevedibile, e forse inevitabile, che nella soluzione, qualunque essa potesse essere, del problema cecoslovacco, l'Ungheria si sarebbe avvantaggiata molto meno della Germania. Marosy ha aggiunto incidentalmente che quando è stato deciso l'invio di Runciman a Praga, la legazione d'Ungheria ha sondato il Foreign Office per sapere se Runciman avrebbe potuto anche occuparsi delle minoranze slovacche, o per lo meno delle minoranze ungheresi. Il Foreign Office ha risposto in modo decisamente negativo, dichiarando che Runciman si recava a Praga per invito esclusivamente del governo ceco e delle minoranze sudetiche. Se poi Runciman, sul posto, aveva acconsentito a ricevere la visita di qualche rappresentante delle minoranze ungheresi, lo aveva fatto a puro titolo di cortesia e senza prendere nessun impegno di alcun genere.

Viaggio di Horthy. Marosy mi ha parlato della prossima visita di Horthy a Berlino, confermandomi quanto mi aveva detto Sargent (mio telegramma per corriere n. 01731 ) circa la comunicazione fatta al Foreign Office da questo ministro d'Ungheria, che Horthy non va a Berlino per firmare alcun accordo col governo del Reich. Marosy ha aggiunto tuttavia che la visita di Horthy a Berlino, in questo momento sopratutto in cui il problema delle minoranze in Cecoslovacchia sta assumendo il massimo rilievo, non può essere priva di significato politico.

Rapporti politico-economico-finanziari fra l'Ungheria e l'Inghilterra.

Marosy mi ha detto che ormai si era dovuto persuadere che il suo Paese non aveva nulla da sperare dall'Inghilterra. In contrasto con l'atteggiamento di alcuni inglesi entusiasti dell'Ungheria, quale lord Rothermere, egli Marosy aveva dovuto constatare, sopratutto negli ambienti del Foreign Office, una marcata freddezza e indifferenza, sia pure rivestita dalla più larga cortesia e cordialità personale. Il Foreign Office aveva l'aria di considerare l'Ungheria come un Paese politicamente perduto, o quasi perduto, per l'Inghilterra; un Paese verso il quale, conseguentemente, non valeva la pena di mostrare un eccessivo interesse. Anche nel campo economico e finanziario, Marosy mi ha detto che egli non si faceva nessuna illusione. A titolo di esempio, Marosy mi ha raccontato vari episodi della visita dell'ex ministro delle Finanze ungherese Fabinyi a Londra, or'è un mese e mezzo. Marosy aveva accompagnato nella City l'ex-ministro, lo aveva messo in rapporti con autorevoli banchieri e finanzieri, e con personalità del Board of Trade e del Foreign Office. Sulle questioni relative ad un possibile aumento delle importazioni ungheresi nel Regno Unito, da parte inglese erano state sollevate obiezioni di carattere tecnico ed amministrativo, che erano parse difficilmente superabili; ai suggerimenti di Fabinyi per una diminuzione di alcuni dazi, erano stati contrapposti gli accordi di Ottawa2 ; e così via. Parlare di facilitazioni finanziarie era inutile: tanto gli ambienti della City quanto quelli di Whitehall avevano fatto osservare a Fabinyi

410 2 Vedi D. 193, nota 3.

che finanziariamente non vi era nulla da fare, a meno che intervenissero ragioni e forze politiche tali da indurre il governo britannico a prendere un attivo, anche se indiretto, interesse nella questione. Fabinyi -sempre secondo Marosy -avrebbe risposto che la politica dell'Ungheria non si comperava per nessuna somma al mondo. E così si è tornati ad esaminare le questioni di carattere puramente economico e commerciale, senza peraltro giungere ad alcunché di concreto. Marosy ha aggiunto che Fabinyi, che era venuto a Londra di sua iniziativa, aveva cercato a Budapest di valorizzare la sua visita e le cosiddette promesse avute: le quali però si riducevano a promesse per il caso le circostanze future avessero consentito di fare qualcosa.

409 2 Conferenza dei ministri degli Esteri degli Stati della Piccola Intesa del 21-23 agosto, a Bled. Vedi DD. 424 e 427.

410 1 Vedi D. 402.

411

IL CONSOLE A BRATISLAVA, LO FARO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 4152/22 R. Bratislava, 19 agosto 1938 (per. il 25).

Mio telegramma per corriere n. 20 del 30 luglio u.s. 1

Gli sforzi fatti da parte ungherese e mi risulterebbe anche da parte polacca per interessare lord Runciman alla trattazione, oltre che delle questioni delle rispettive minoranze, anche di quella slovacca e romena non pare abbiano finora portato risultati concreti. L'inglese mostrerebbe condividere punto di vista ceco, essere gli slovacchi «nazione dirigente» e non minoranza, e quindi esame loro situazione non rientrare negli scopi sua missione.

Esterhazy -nei suoi contatti col ministro d'Inghilterra a Praga -avrebbe tratto l'impressione che egli tende a limitare il più possibile l'azione del mediatore inglese, fino al punto di voler rivolgere dirette premure sul partito autonomista slovacco di «non aggravare con la sua agitazione difficile situazione del governo di Praga». Conversazioni col sig. Newton e con l'addetto militare inglese gli avrebbero ribadito supposizione che missione Runciman mirerebbe soltanto precostituire all'Inghilterra via d'uscita da una situazione che potrebbe coinvolgerla in una guerra, e forse alla Francia una scappatoia dai suoi impegni con la Cecoslovacchia.

In conclusione, malgrado l'esibita fiducia nella missione Runciman, i magiari si rendono conto che, attraverso l'azione inglese, le due questioni non faranno un passo avanti.

411 ' T. per corriere 3929/20 R. del 30 luglio. Il console Lo Faro riferiva che, come primo effetto della missione Runciman, si delineava una forte ripresa dell'agitazione da parte dell'elemento ungherese e di quello slovacco, i cui dirigenti avevano subito concordato un'azione comune diretta ad attirare l'attenzione internazionale sui problemi delle altre nazionalità-oltre a quella tedesca -esistenti in CecosJovacchia.

412

IL PRIMO SEGRETARIO DELL'AMBASCIATA IN CINA, ROSSET DESANDRÈ, AL CAPO DI GABINETTO, ANFUSO

LETTERA PERSONALE. Shanghai, 19 agosto 1938.

Ritengo mio dovere di metterti al corrente di una situazione che si è venuta creando in questi ultimi mesi a danno degli interessi italiani in Cina. Mi permetto di scriverti direttamente ed in via privata a lucro di tempo e nella mia qualità di incaricato ... degli affari ad interim.

L'atteggiamento delle Autorità Giapponesi in Cina sino dall'inizio dello ostilità non si è certo ispirato nei nostri riguardi a quello spirito di amicizia e di comprensione che sembrava legittimo attenderci.

Mentre è qui inutile elencare gli enormi vantaggi che nel campo sia della politica internazionale che in quella interna il leale e completo appoggio dell'Italia ha portato al Giappone, mi sembra utile invece ricordare che l'Italia ha fatto all'amicizia col Giappone il pieno sacrificio delle sue posizioni commerciali in Cina.

È cosa nota che la nostra espansione commerciale in questo Paese, per molte ragioni che non è qui il caso di esaminare, è stata sino ad oggi contenuta entro percentuali minime nei confronti delle altre Potenze. E sembrava logico attenderci che dalla situazione creatasi con il conflitto sino-giapponese i nostri interessi in questo Stato potessero trarre un certo vantaggio avvalendosi dei supposti buoni rapporti con le Autorità giapponesi. Ed è su tale direttiva, di rappresentare cioè un tratto di unione tra l'elemento cinese e quello nipponico per promuovere un riattivamento della vita economica locale, che si è cercato di concentrare i nostri sforzi non solo a preparare una base a futuri sviluppi degli interessi italiani ma anche a dar modo agli interessi già esistenti di crearsi nuove fonti di guadagno onde mettere in grado le nostre modeste organizzazioni commerciali qui esistenti di superare la gravissima crisi che minaccia di farle scomparire del tutto.

È da notare che tale tendenza si è verificata ed è in atto anche da parte della maggiori Potenze interessate in Cina, le cui organizzazioni senza dubbio rappresentano ostacoli ben più gravi che non le nostre alla futura espansione del Giappone e la cui politica nazionale è violentemente antagonistica a quella del Giappone.

Si è visto però che la preferenza e l'aiuto che noi speravamo da parte delle Autorità giapponesi sono venuti a mancare completamente e che invece una politica se non più conciliante per lo meno più corretta è stata, a mio parere, seguita dal Giappone nei riguardi delle altre Potenze.

Con noi le Autorità giapponesi, per bocca del qualificato rappresentante ufficioso del Governo di Tokio in Cina, hanno abbondato in parole ed in belle promesse ma all'atto pratico abbiamo dovuto fronteggiare il più ostinato ostruzionismo, una completa mancanza di collaborazione, una voluta incomprensione, un atteggiamento scarsamente amichevole alla risoluzione di abusi da parte dei militari giapponesi.

Non ti sto ad illustrare le molteplici difficoltà della situazione che ti saranno già note attraverso i rapporti ed i telegrammi sia della Regia Ambasciata che del Regio Consolato Generale, difficoltà che sono state soltanto parzialmente appianate dopo reiterati ed energici interventi e laboriose discussioni.

Ti è nota anche la situazione a Tientsin: le Autorità Giapponesi hanno sferrato una violentissima campagna di stampa contro le case da giuoco, campagna che minaccia di avere delle ripercussioni disastrose sulla situazione finanziaria della Forum che sembra essere stata presa da esse particolarmente di mira. Recentemente i Giapponesi hanno persino bloccato le vie_di accesso alla nostra Concessione per impedire a sudditi nipponici di frequentare il giuoco della pelata con il pretesto che in tempo di guerra essi devono fare delle economie. Tale atteggiamento ha destato allarme vivissimo tra i cinesi. Se la situazione non cambia la Forum, da cui la nostra Concessione ritrae le sue maggiori entrate, sarà costretta a liquidare. Stefenelli è del parere che si tratti di una manovra giapponese intesa ad esercitare una pressione su di noi per sollecitare la definizione delle note vertenze relative agli organi dipendenti dal Governo Cinese esistenti nella nostra Concessione. Permettomi di condividere il parere di Stefenelli. Nessun provvedimento è stato preso infatti dai giapponesi per impedire ai nipponici l'accesso al campo di corse inglese a Tientsin, che dalla nuova situazione ritrae lauti vantaggi di carattere finanziario. Mi consta inoltre che in diverse città della Corea e del Manciukuò (a Dairen per esempio) i campi di corse sono affollatissimi ed in tutte le manifestazioni ippiche i giapponesi sono in numero prevalente.

Nei vari colloqui che ho avuto con l'Ambasciatore Tani ho sviluppato, m sede conversazionale, i seguenti concetti:

0 ) L'Italia ha sacrificato ali' amicizia col Giappone notevoli posiZioni economiche in Cina; attualmente le posizioni economiche italiane in questo Paese sono molto modeste in confronto a quelle delle altre Potenze; per di più la presente grave crisi minaccia di farle scomparire del tutto; dato quanto precede è lecito attenderci da parte delle Autorità Giapponesi un atteggiamento ispirato ad una maggiore e più amichevole comprensione.

2°) Nulla vieta che le proprietà cinesi formino oggetto di transazioni coi nostri connazionali e quando alle transazioni si è addivenuto a norma delle leggi italiane, la Regia Ambasciata non può non riconoscerle.

3°) Anche se le Autorità Giapponesi hanno dei legittimi interessi da accampare in qualche caso di proprietà simulata, esse non hanno il diritto di occuparle con la forza quando le proprietà stesse sono state regolarmente registrate presso il Regio Consolato Generale di Shanghai, ma possono soltanto richiedere alle nostre Autorità l'annullamento della transazione. L'occupazione con la forza costituisce un evidente sopruso.

Purtroppo nonostante le assicurazioni e le belle promesse del Signor Tani, l'atteggiamento dei Giapponesi nei nostri riguardi rimane immutato.

Ogni qualvolta succede un incidente di carattere internazionale le Autorità diplomatiche nipponiche si trincerano dietro a comode scuse, facendo risalire la responsabilità dell'incidente stesso alle Autorità militari, sulle quali, come lasciano appena velatamente capire, esse hanno ben scarsa influenza.

Si tratta in verità di un «alibi morale» che è stato da lunga data «sventato» da tutti coloro che, avendo avuto agio di seguire da vicino gli sviluppi della situazione, hanno potuto constatare la buona armonia che regna qui tra i diplomatici, militari e commercianti giapponesi; commercianti ai quali i militari, forse a titolo di compenso per i gravi sacrifici sopportati, lasciano mano libera in Cina nel campo economico.

Ad un anno di distanza dallo scoppio delle ostilità appare chiaramente che i giapponesi intendono stabilire il loro controllo assoluto sul commercio locale e sulle importanti industrie del Paese. Tale programma di sopraffazione economica e di soffocazione degli interessi delle altre Potenze (compresi gli interessi italiani) è già in atto. Veri e propri monopoli sono già stati creati che si estendono a tutte le attività industriali che maggiormente interessano il Governo di Tokio, (i trasporti, le industrie chimiche, le aziende elettriche, i giacimenti minerari, i cotonifici, le imprese di pubblica utilità, ecc.). Il traffico sullo Yangtze è permesso soltanto alle navi mercantili battenti bandiera giapponese, mentre nelle zone militarmente occupate (compresi i noti quartieri di Shanghai: Chapei, Yangtzepoo, Hongkew, Pootung) soltanto i commercianti giapponesi possono liberamente esplicare la loro attività.

Stando così le cose ed essendo falliti fino ad oggi tutti i passi esperiti alla «periferia» per indurre le locali Autorità giapponesi ad assumere un atteggiamento ispirato ad uno spirito di maggiore comprensione ed amicizia nei nostri riguardi, c'è da chiedersi se non convenga che un passo sia tentato al «centro» e che tutta la questione dei futuri rapporti economici italo-nipponici in Cina venga ex nova esaminata ed impostata.

Tu che hai una superiore visione della situazione internazionale e che bene conosci la Cina giudicherai se sia opportuno o meno di promuovere tale passo inteso ad assicurare ai futuri rapporti itala-giapponesi in questo Paese una base d'azione salda e chiara.

A tale fine sarebbe, a mio subordinato avviso, necessario che precise e tassative istruzioni venissero impartite alle Autorità diplomatiche e militari in Cina, nel senso da noi desiderato.

La principale obiezione formulata dai giapponesi è che nella maggior parte dei casi si tratti di fittizi trapassi di proprietà allo scopo di sottrarre le proprietà stesse al controllo dei giapponesi a fine di lucro. A tale obiezione si è sempre risposto che giuridicamente tali trapassi di proprietà debbono ritenersi validi, salvo dimostrazioni contrarie, perché avvenuti a norma delle leggi italiane. Anche il Console Giudice Rapex, il quale ha esaminato la questione, è dello stesso parere. Anche egli è venuto alla conclusione che le RR. Autorità Diplomatiche e Consolari non possono rifiutarsi di riconoscere contratti regolarmente stipulati. Trapassi del genere (più o meno simulati) sono del resto largamente praticati dai commercianti di altra nazionalità.

A mio subordinato avviso converrebbe però che i connazionali stessi siano invitati ad addivenire alle future transazioni non solo in ottemperanza alle norme di legge per quel che concerne la «forma» ma anche e soprattutto per quel che concerne la «sostanza» astenendosi da transazioni «troppo manifestamente simulate» per non dare appiglio a contestazioni da parte delle Autorità Giapponesi, specie per quel che concerne la «quota» della partecipazione finanziaria italiana nei singoli affari.

Qualora per ragioni di ordine superiore il Regio Ministero ritenesse che il punto di vista sopra esposto non corrisponda alle direttive politiche del Governo Italiano in ogni caso sarebbe bene che i connazionali qui residenti ne vengano informati per il tramite di questo Regio Ufficio.

Dal tuo «osservatorio» tu puoi vedere la situazione nel suo complesso mentre la nostra visione da qui è necessariamente parziale.

413

LUIGI BARZINI A GIULIO BARELLA

LETTERA1• Cariiiena, 19 agosto 1938.

La situazione militare in questo momento è ben diversa da quella che si prevedeva un mese fa, quanto la conquista legionaria del campo trincerato di Sarrion e di Albentosa lasciava sperare prossima la caduta di Valencia. Adesso i rossi attaccano ed in nazionali si difendono, l'offensiva su Valencia è sospesa per epoche, quella del Sud sarà probabilmente fermata ad Almaden. E tuttavia la situazione è favorevole ai nazionali, se questi vedono, provvedono ed agiscono.

Dopo la battaglia dell'Ebro, i rossi hanno deciso, ed attuano con disperata ma intelligente energia, un programma gigantesco e formidabile destinato a dare loro rapidamente una perfetta preparazione difensiva ed una grande superiorità di forza, pensando di potere così fiaccare le offensive di Franco e passare all'attacco.

Non hanno perduto tempo. Il piano rosso consiste:

l -nella formazione di una massa di manovra motorizzata, composta di 6 Corpi di Esercito, del quale la metà avrebbe dovuto esser pronta e disponibile a novembre con un totale di una trentina di brigate -di cui una ventina sono già costituite.

413 ' Questa lettera fu inviata il 28 agosto da Barella alla segreteria di Mussolini, il quale ne fece trasmettere copia al Re, ai sottosegretari Pariani, Cavagnari e Valle e al capo di Stato Maggiore della Milizia, Russo. Una copia fu inviata da Ciano all'ambasciatore Attolico con l'incarico di portarla a conoscenza dello Stato Maggiore tedesco (lettera 7433 del 29 agosto).

2 -nella costituzione di un grande «Esercito del lavoro» per la preparazione ultra-veloce di robuste linee fortificate su tutti i fronti, e di questo esercito oltre 40 battaglioni sono in funzione. I richiamati del lavoro sono soggetti alla istruzione militare nei periodi di sosta, e sono destinati ad aumentare l'esercito combattente ad un determinato momento.

3 -nella fortificazione integrale del territorio;

4 -nella organizzazione di una leva in massa eventuale.

È avvenuto così che, mentre un anno fa i rossi avevano sotto le armi tre classi in meno dei nazionali, adesso ne hanno sette in più, comprese tre classi di richiamati del lavoro. Il gettito delle classi è massimo, non essendo consentite esenzioni. Le donne hanno sostituito gli uomini per il 90 per cento nei servizi urbani, per il 90 per cento nel lavoro dei campi, per l'SO per cento nelle officine. La propaganda intensiva, che ha abbandonato qualsiasi accenno comunista per divenire unicamente patriottica (sul tema che la Spagna è invasa dallo straniero come nel 1808 e che i rossi sono gli «spagnoli che difendono la Patria» mentre i nazionali non sono più che «forze ribelli al servizio dell'invasore») riesce efficacissima, e le fucilazioni dei renitenti e dei tiepidi più efficaci ancora.

In questi ultimi quattro mesi le forze combattenti rosse sono enormemente salite, e, comprese quelle del lavoro, si calcola che circa 900.000 uomini siano nell'organizzazione militare. Altre 3 o 400.000 sono ancora militarizzabili.

Le forze combattenti sono aggruppate in 194 brigate, (oltre a l O brigate in via di organizzazione), componenti 68 divisioni, oltre a 3 divisioni in organizzazione. Questa massa forma 23 Corpi di Esercito (oltre a due Corpi in organizzazione) riuniti in 6 eserciti, che costituiscono 2 gruppi di eserciti (dei quali uno in Catalogna con 2 eserciti ed uno nel resto della Spagna rossa con 4 eserciti). Non mi dilungo sulle formazioni minori, gruppi di guardie d'assalto, battaglioni di Carabineros, ecc., e sugli armamenti che sono abbondantemente forniti.

Le capacità offensive di queste forze sono assai scarse. I rossi, finora, non sono riusciti a penetrare che dove non c'è nessuno, o quasi. Ma se le forze nazionali, attualmente inferiori, fossero assoggettate ad una eccessiva rarefazione, o ridotte ad una eccessiva stanchezza (di cui si hanno sintomi) la preponderanza numerica dei rossi potrebbe compensare la deficienza tecnica e morale.

La vera importanza dei preparativi rossi non è tanto nella loro mole imponente quanto nella mancanza di preparativi corrispondenti dalla parte nazionale. Di fronte alla massa di manovra rossa, per poco che valga, non c'è niente. I nazionali sono ridotti senza grandi riserve. Hanno tutto in linea. Rimediano alle nuove situazioni spostando sempre le stesse truppe, assoggettate a fatiche che non sono senza conseguenza. Vi sono divisioni che combattono ininterrottamente da dicembre.

La mancanza di una massa di manovra ha forzato i nazionali a sospendere un'offensiva che, per confessione del nemico, era sul punto di riuscire, essendo costretti a rispondere a qualsiasi iniziativa rossa stornando truppe dai compiti essenziali.

Mi si dice che Franco esita a chiamare classi alle armi per il timore di dare all'opinione pubblica del Paese, che non è compatta, il senso di un pericolo. Se avesse chiamato uomini alle armi al momento della vittoria dell'Ebro, il Paese vi avrebbe visto il segno della volontà, della forza e del successo, e avrebbe dato tutto con entusiasmo. Franco non capisce che quello che il Paese vuole non è la normalità ma la fine della guerra, ed il ritardo della vittoria decisiva produce politicamente assai più danni di qualsiasi rincaro dei prezzi.

In ogni modo il momento richiede misure energiche ed immediate. Se queste sono prese in tempo, ed in proporzione adeguata ai bisogni, la situazione attuale, che è ancora favorevole ai nazionali, può essere sfruttata a fondo.

Perché la situazione attuale non è quella che i rossi speravano. Essi non prevedevano lo sfondamento del campo trincerato di Sarrion e di Albentosa e l'investimento della linea del Palencia, che cominciava a scricchiolare sotto la pressione. Secondo i loro calcoli, l'offensiva nazionale sarebbe andata affievolendosi per dar luogo, alla seconda metà di agosto, ad un periodo di riorganizzazione delle forze nazionali che, come quello deli'anno scorso, si sarebbe protratto fino all'inizio dell'inverno.

Intanto, a novembre, i rossi avrebbero avuto pronta la massa di manovra in preparazione, e contavano di sconvolgere i piani di Franco circa la ripresa delle sue attività offensive, prevenendoli con un attacco massivo di tre Corpi di Esercito e capovolgendo così la situazione. Si conoscono le direttive dell'attacco, che avrebbe potuto avere conseguenze gravi.

Ma il pericolo in cui Valencia si è venuta a trovare il mese scorso in conseguenza della battaglia di Sarrion, che ha travolto due Corpi di Esercito, ha costretto i rossi ad intraprendere immediatamente l'azione sull'Ebro, seguita da puntate offensive in altri punti, per distogliere forze nazionali dal Levante e dissipare ogni minaccia.

È avvenuto così che, senza riuscire a raggiungere alcun obiettivo importante, le migliori forze rosse si sono trovate impegnate in azioni sterili e logoranti, nelle quali si decimano e si stremano. Molte unità destinate alla formazione della massa di manovra motorizzata sono state gettate nella fornace.

I nazionali sono in crisi, ma i rossi sono in una crisi più grave. Le loro perdite sono rilevanti, ed essi non usciranno da questa fase che in uno stato di sfibramento e di disorganizzazione, il quale potrà durare qualche mese.

Inoltre, la necessità ha portato i rossi ad adunare il massimo delle loro forze in due concentrazioni, quella dell'Ebro e quella del Levante, lasciando su tutti gli altri fronti poche truppe, e le più scadenti. Dunque, mentre il grosso si consuma e si scompone, rimangono centinaia di chilometri di fronte rosso poco difesi, nei quali una offensiva nazionale energica e tempestiva potrebbe scegliere il punto di penetrazione decisiva, al momento opportuno.

Considerata la incapacità dei rossi nelle battaglie in campo aperto, una offensiva nazionale diventa irresistibile se, dopo l'azione di rottura, non si arresta ma sfrutta il successo avanzato impetuosamente fino alla fine.

In un certo modo, la situazione attuale ha una grande analogia con quella creata in gennaio dalla offensiva rossa di Teruel. Anche allora il nemico, prendendo l'iniziativa, sconvolse i piani nazionali e riuscì ad evitare l'attacco su Guadalajara e Madrid, ottenendo un successo di sorpresa di notevole importanza. Ma poi, impotente alla manovra, si consumò rapidamente un una resistenza statica, bruciò le sue riserve in contrattacchi sanguinosi e sterili, perdè Teruel, e, battuto e disorganizzato, non trovò nulla da opporre all'offensiva di Aragona.

La differenza è che allora i rossi non avevano messo il paese su piede di guerra ad oltranza. Le capacità del nemico sono adesso maggiori e pronte, in fatto di recupero di forze e di riordinamento. L'occasione che può scaturire dali' attuale battaglia dell'Ebro non sarebbe di lunga durata, e se non fosse colta al giusto momento, tutto l'aspetto futuro della guerra potrebbe mutare. I progressi delle fortificazioni rosse e l'imponente aumento delle riserve nemiche renderanno sempre più rare le possibilità di fare una guerra manovrata in campo aperto, nella quale i rossi sarebbero facilmente battuti, ed i nazionali sarebbero costretti ad una serie di battaglie di rottura, lente, difficili, costosissime in uomini e mezzi senza sfogo.

Bisognerebbe quindi adattare l'esercito nazionale ai nuovi compiti, rivedere la sua struttura, moltiplicare i suoi armamenti. In ogni caso la creazione di una grande massa di manovra diviene indispensabile, e l'inerzia di Franco in questo campo rimane preoccupante.

Si attribuisce la riluttanza di Franco alle chiamate alle armi anche alla deficenza di armamenti. I rossi hanno potuto fare in questi ultimi tre mesi ingenti acquisti di materiale bellico all'estero, pagando parzialmente in oro grazie ad aperture di credito di cui si ignora l'origine e la estensione.

La Cecoslovacchia e la Russia sono quasi esclusivamente, adesso, le fornitrici di armi della Spagna Rossa. La Cecoslovacchia fornisce fucili, fucili mitragliatori, mitragliatrici, batterie da 7.62 centimetri, artiglierie controaeree Skoda. La Russia fornisce carri armati pesanti, cannoni anticarro da 4,5 centimetri, artiglierie di medio calibro, aeroplani.

La Francia, l'Inghilterra e gli Stati Uniti forniscono soprattutto quei materiali che non sono strettamente considerati come contrabbando di guerra. Ma Francia e Inghilterra partecipano attivamente al trasporto degli armamenti. Una certa proporzione del munizionamento è prodotta nella stessa Spagna rossa.

Alla fine di luglio, una gran parte degli armamenti ordinati ali' estero dai rossi in vista della formazione della massa di manovra era arrivata in Spagna, entrando per la Catalogna. Ma è avvenuto che le necessità per la difesa di Valencia, e poi l'offensiva rossa sull'Ebro, hanno richiesto una seria manomissione delle forniture arrivate, per cui i depositi, che dovevano concentrarsi a Cartagena, per l'esercito di manovra non sono ancora costituiti.

Da tutto questo risulta che, se il problema per l'armamento è grave per Franco, non è facile per i rossi, i quali potrebbero trovare in esso il maggiore ostacolo alla realizzazione dei loro piani. In ogni modo i rossi hanno larghe forniture ancora in corso di esecuzione, ed il contrabbando in loro favore si mantiene intenso.

In conclusione: siamo ad una svolta della guerra; la situazione non è brillante per i nazionali in questo momento ma può volgersi in loro completo favore; perché questo avvenga occorrono misure energiche, adeguate e immediate.

Aggiungo che non vedo nessun segno di queste misure, che il grande Stato Maggiore non ha alcuna intenzione di profittare di una eventuale sconfitta rossa sull'Ebro per portare una offensiva a fondo nella Catalogna, la quale non ha che un terzo delle forze della Repubblica e meno di un quarto delle sue risorse umane.

Anzi, l'idea di Franco, finora, è di tornare, appena possibile, a riprendere l' offensiva su Valencia al punto in cui l 'ha lasciata, costi quello che costi.

A proposito della battaglia di Sarrion e di Albentosa combattuta dai soli legionari mentre gli spagnoli, che dovevano concorrervi, stavano a guardare, dimenticai di dire che un ufficiale dello Stato Maggiore tedesco, il Colonnello Otto Viirschmer, fu mandato espressamente ad assistere a quella azione con l 'incarico di farne argomento di una conferenza allo Stato maggiore di Berlino.

Il Colonnello Viirschmer è uno di quei tipici ufficiali tedeschi che hanno l'aria di stare sempre sull'attenti, freddi, seri, e che salutando si inchinano a scatto come se fossero fatti a molla.

Lo conobbi sulle posizioni ali'inizio del bombardamento. Poi ci perdemmo di vista. Quando lo ritrovai pareva un altro. Era commosso, entusiasta, eloquente. Aveva seguito un battaglione della Littorio. Non trovava parole per esprimermi la sua ammirazione per l'eroismo della truppa, per il suo disprezzo del pericolo, per il suo slancio sotto al fuoco.

Ogni giorno ci siamo rivisti al fronte. Ha assistito nel vallone di Albentosa ad un assalto di soldati che cantavano l'inno degli arditi. Si è trovato con dei generali in prima linea. Mi raccontava episodi esaltanti.

Dopo Albentosa ha raccolto i suoi appunti ed è partito in aeroplano per Berlino. Prima di partire ha riassunto così il risultato delle sue osservazioni: «Tanto nella difesa quanto n eli' attacco di posizioni fortificate non ho trovato sostanziali novità tecniche, ma mi sono convinto che l'elemento risolutivo è uno solo: l'eroismo dei soldati. È il valore dei soldati italiani che ha travolto ogni ostacolo e deciso per la vittoria».

Possiamo esser sicuri che la guerra spagnola ha contribuito ad innalzare sempre più il prestigio militare italiano nel mondo, anche se gli spagnoli non se ne accorgono2

414

AL MINISTRO A BELGRADO, INDELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 4114/103 R. Belgrado, 20 agosto 1938, ore 16,55 (per. ore 20).

Questo ministro di Ungheria di ritorno da Budapest presenterà oggi a Stojadinovié definitive proposte ungheresi circa nota formula relativa all'accordo per le minoranze.

Ferma restando la formula già accettata dalla Jugoslavia e dalla Romania e premesso che Cecoslovacchia avrebbe già acconsentito a che nei suoi riguardi venga adottata qualche variante, Budapest rinunzierebbe a insistere perché nella formula in questione vengano sostituite nei confronti della Cecoslovacchia le parole: «misure necessarie» con quelle «misure costituzionali» e si contenterebbe che venissero menzionate soltanto le «misure legislative ed amministrative». Non intenderebbe procedere a dichiarazioni reciproche.

Bessenyey mi ha detto di avere istruzioni di non andare assolutamente oltre tale concessione. Mi è sembrato comprendere che a Budapest ove fosse ancora possibile farlo decentemente si preferirebbe attendere a concludere. Nel momento speciale e nell'imminenza della visita del Reggente Horthy a Berlino, un accordo di qualsiasi natura con Praga sembra che si presenti imbarazzante.

Bessenyey mi ha aggiunto che a Budapest si sarebbe persino scartato il suggerimento di Comnen di procedere comunque alla parafatura di un accordo con Jugoslavia e Romania. Il che può essere significativo circa effetto e nell'interesse ungherese nelle circostanze attuali'.

Stojadinovié che ho visto ieri l'altro mi è sembrato realmente desideroso concludere, però non senza una punta di scetticismo in considerazione della situazione generale. Egli era ancora sotto l'impressione del linguaggio per la prima volta minaccioso tenutogli da questo ministro di Germania2 nei riguardi Cecoslovacchia.

In queste condizioni si inizia domani mattina riunione Piccola Intesa.

413 2 Circa le reazioni provocate da questa lettera in Mussolini, si veda CIANO, Diario, alla data del 24 agosto.

415

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CROLLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER TELEFONO 4123/60 l R. Londra, 20 agosto 1938, ore 21,30.

Plymounth oggì ha chiesto di vedermi. Mi ha detto che nella assenza di Halifax, che tornerà a Londra solo domani, egli non aveva potuto ancora consultarsi col suo ministro degli Esteri, né avere da lui direttive circa la linea di condotta che governo britannico avrebbe ritenuto opportuno proporre al Comitato nella nuova situazione creata dalla risposta di Franco'. Plymouth mi parlava

414 'Viktor von Heeren.

quindi (egli ha tenuto a sottolineare) a puro titolo personale e dopo di me si proponeva anche di scambiare idee con incaricati di affari di Germania e del Portogallo.

Plymouth ha continuato dicendo che aveva provato nella lettura della nota di Franco una viva disillusione e che non si nascondeva il fatto che la nota stessa metteva il Comitato in una posizione alquanto delicata. Plymouth ha ricordato che nel nostro ultimo colloquio del 29 luglio (mio fonogramma n. 5762) parlandomi della nota di risposta di Barcellona, egli mi aveva dichiarato che qualora i Rossi spagnoli avessero insistito per la accettazione da parte del Comitato delle loro osservazioni, era sua ferma intenzione rispondere che il progetto di Risoluzione, frutto di un anno di sforzi e di discussioni in seno al Comitato, doveva essere o accettato tale e quale o respinto. L'atteggiamento da Plymouth adottato in quella occasione rendeva per lui non troppo facile indirizzarsi ora verso una rielaborazione di un progetto nuovo, ispirato ai concetti di Franco, che del resto non avrebbe mai potuto raccogliere l'adesione unanime del Comitato di non intervento.

D'altra parte, bisognava decidere sul da farsi. Plymouth non sapeva fino a che punto le sue impressioni sarebbero state condivise da Halifax; ma queste sue impressioni per ora si limitavano a constatare l 'inopportunità di convocare il Comitato fino a che non fossero stati chiariti certi punti della nota di Franco che a lui, Plymouth, parevano oscuri e contraddittori, soprattutto se considerati alla luce della risposta già data da Franco il 18 novembre scorso'. Plymouth ha chiesto il mio parere al riguardo.

Ho risposto a Plymouth, sempre a titolo personale, che pensavo anche io che era meglio evitare per ora una discussione nel Comitato destinata a non portare alcun risultato salvo quello di esacerbare l'atmosfera; tanto più se, come egli aveva detto, certi punti della nota di Franco non gli apparivano del tutto chiari. L'opportunità di non convocare il Comitato se non dopo avere accuratamente preparato il terreno mi era stata del resto manifestata da lui stesso, Plymouth, fin dal 29 luglio\ e il governo fascista su questo punto si era già dichiarato d'accordo, come io avevo avuto occasione di comunicare a Mounsey il 6 agosto5 .

Ho quindi chiesto a Plymouth quale procedura egli avesse in vista per la chiarificazione dei punti della nota di Franco che a lui parevano oscuri. Plymouth ha aggiunto che mi avrebbe chiamato di nuovo a conferire con lui appena terminato le sue consultazioni con Halifax.

potessero assolvere adeguatamente il loro compito e proponeva come unica soluzione possibile il ritiro di un numero uguale di volontari da entrambe le parti, precisando di essere disposto al ritiro immediato di diecimila volontari; c) respingeva, come lesiva dei diritti sovrani della Spagna, l'istituzione di controlli permanenti nei porti e rifiutava qualsiasi forma di controllo negli aeroporti perché incompatibile con le esigenze militari. Il testo della nota, nell'originale spagnolo, è in DP, vol. V, D. 1724. In Relazioni Internazionali, pp. 603-604 è pubblicata una traduzione italiana.

415 ' Vedi D. 352.

415 'Vedi D: 352, nota 5.

414 1 Sic.

415 1 Nella sua risposta. consegnata il 16 agosto al rappresentante britannico a Burgos, il governo nazionale spagnolo sollevava una serie di obiezioni al piano del Comitato di non intervento del 5 luglio: a) chiedeva che lo status di belligerante gli fosse riconosciuto immediatamente e senza limitazioni; b) respingeva il principio di proporzionalità nel ritiro dei volontari stranieri perché non vi era garanzia che le commissioni internazionali incaricate del censimento

415 1 Vedi D. 279, nota 4.

415 4 Vedi D. 352.

416

IL COMANDANTE DEL C.T.V., BERTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. UFF. SPAGNA SEGRETO Salamanca, 20 agosto 1938, ore 23,50 155611774 e 155711774/1. (per. ore 1,40 del 21).

Ottenuto stamane colloquio con generale Franco 1 , presente S.E. l'ambasciatore. Fatto presente a Generalissimo:

a) Decisione Regio Governo mantenimento incondizionato appoggio sino raggiungimento vittoria totale.

b) Necessità conoscere suoi intendimenti per regolare su questi eventuali provvedimenti.

c) Indispensabilità costituzione massa onde evitare che eventuali iniziative rosse paralizzino proseguimento azioni già in atto.

Esaminati altresì tre casi fondamentali riflettenti C. T.V.

0 ) Invio tre o più divisioni da aggiungere alle due già esistenti.

2°) Invio 10.000 complementi come minimo per ripianare deficienze e mantenere efficienza attuali divisioni.

3°) Ritiro parziale o totale Corpo Legionario.

Generale Franco pur non essendosi, su questioni prospettategli, decisamente espresso, mi ha però lasciato netta impressione aver compreso punti trattati. Ritengo potere così sintetizzare suo pensiero scaturito da lungo colloquio, more solito intramezzato da altrettante lunghe divagazioni.

Assoluta contr.arietà invio Grandi Unità organiche per ragioni indole internazionale (suo Capo di Stato Maggiore ha lasciato anche comprendere che a queste si aggiungono ragioni di politica interna).

Favorevole al completamento del C.T.V. se motivi di politica internazionale non impediscono invio dei 10.000 complementi. In tutti i casi, contrario ritiro aviazione, artiglieria e quadri. Concorda convenienza valorizzare opera C.T.V. pur non essendosi troppo sbilanciato.

Nel colloquio trattate questioni militari riflettenti operazioni in corso sulle quali riferirò per iscritto. Ha promesso risposte scritte su tutte questioni che invierò non appena in possesso2

416 ' Le istruzioni per questo colloquio erano state date al generale Berti a Roma direttamente da Mussolini, al quale il generale aveva prospettato l'alternativa, a suo parere non eludibile, di potenziare il C.T. V. oppure di ritirare la fanteria. Si veda CIANO, Diario, alla data del 12 agosto.

416 2 Su questo colloquio si veda anche il resoconto dell'ambasciatore Viola qui pubblicato come D. 420.

417

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI 1

APPUNTO. Roma, 20 agosto 1938.

Presi gli ordini dal Duce, ho convocato quest'oggi Sir Noel Charles, Incaricato d'Affari di Gran Bretagna, al quale ho dato la seguente risposta in relazione alle ultime due note da lui consegnatemi circa forniture di armi italiane al Generalissimo Franco2

a) Il fatto che l'aviazione italiana svolga una larga attività in Spagna non prova che vi sia stato un aumento nel numero delle nostre unità aeree. D'altro lato, il Governo italiano non ha mai nascosto l'esistenza in Spagna di un' aviazione legionaria e sono frequenti i bollettini ufficiali che vengono da noi pubblicati per documentare l'attività de li'aviazione italiana in Spagna.

b) Per quanto concerne l'invio di armi e munizioni, il Governo britannico deve tener presente che noi abbiamo in Spagna un contingente di volontari e che questo contingente siamo disposti a ritirarlo quando il Piano del Comitato di non Intervento diventerà definitivo. Fino a quel momento però i nostri volontari combatteranno e insieme ali 'usura quotidiana degli uomini, vi è, in forma maggiore, quella dei materiali. È chiaro che il Corpo Volontario italiano non può combattere armato di ramoscelli d'olivo. Quindi da noi sono state, sono e saranno fornite quelle armi indispensabili ai volontari per non venire massacrati dagli enormi rifornimenti bellici che quotidianamente, come il Governo inglese sa, vengono forniti dalla Francia alla Spagna rossa.

Sir Noel Charles ha preso atto della risposta e, a titolo personale, mi ha lasciato intendere che la trovava logica e sensata. Mi ha chiesto se è vero che noi mandiamo ancora contingenti di volontari, secondo quanto sarebbe stato riferito da varie fonti. Ho detto che ciò non era esatto.

Sir Noel Charles mi ha fatto rilevare che in questi ultimi tempi la stampa italiana ha di nuovo assunto un atteggiamento genericamente ostile alla Gran Bretagna e mi ha chiesto se ciò era intenzionale. Ho risposto di no, pur facendo presente che la stampa rispecchiava gli aspetti obiettivi della situazione. A mia volta ho chiesto di precisarmi quali giornali avessero pubblicato cosa sgradita al Governo inglese. Sir Noel Charles mi ha detto che non poteva elencare casi specifici, ma che si trattava di una intonazione generale.

Dopo avermi brevemente fatto cenno alla situazione cecoslovacca ed all'Estremo Oriente, l 'Incaricato d'Affari ha preso congedo.

417 1 Ed. in L"Europa verso la catastrofe, pp. 355-356.

417 2 Si veda in D. 376, nota 3 la nota presentata dall'ambasciatore di Gran Bretagna il 7 agosto. Da un'annotazione nel Diario di Ciano alla data corrispondente, risulta che il 18 agosto Sir Noel Charles aveva chiesto di nuovo, in forma ufficiale, notizie circa forniture recenti di armi ai nazionali spagnoli da parte del! 'Italia.

418

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO

LETTERA SEGRETA 7218. Roma, 20 agosto 1938.

In vista di quanto tu mi hai riferito con rapporto n. 591411736 del 18 corrente1 e tenuto conto di tutto il complesso della situazione da te segnalatami, ti prego di trovare il modo di dire a Ribbentrop:

l) che noi seguiamo col più vivo interesse tutti gli sviluppi della questione cecoslovacca;

2) che gradiremmo essere informati per tempo delle decisioni eventualmente prese dal Governo del Reich anche per prendere le tempestive disposizioni relative alla nostra frontiera occidentale2 •

419

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 4117/130 R. Varsavia, 21 agosto 1938, ore 15,07 (per. ore 22,15).

Beck mi ha espresso il suo netto pessimismo circa i risultati della missione Runciman; da una parte il governo di Praga continua nella sua attitudine negativa, dali'altra, come risulta a questo ministro Affari Esteri, Henlein avrebbe dichiarato a Runciman che le richieste annunziate a cecoslovacchi 1 rappresentano per i sudeti un programma minimo, la vera aspirazione essendo quella di un completo incorporamento nel Reich.

418 'Nel Diario di Ciano vi è, a proposito di questo documento, la seguente annotazione sotto la data del 20 agosto: <<Do istruzioni scritte ad Attolico di recarsi da Ribbentrop e chiedere informazioni precise su quanto il Governo del Reich intende fare in Cecoslovacchia e ciò ai fini di poter prendere le nostre misure tempestive alla frontiera occidentale. Questa comunicazione avrà molta eco presso i tedeschi perché spiega fin dove siamo disposti a giungere. In realtà, le informazioni da Berlino lasciano sempre più prevedere la prossima crisi nella questione ceca. Si avrà la localizzazione del conflitto oppure la Francia darà fuoco alle polveri? In una tale eventualità per noi non esiste altra alternativa se non quella di schierarci subito a fianco della Germania. Il Duce è deciso all'azione; di qui la necessità di sapere le cose per tempo e completamente>>.

Per la risposta si veda il D. 430

Beck ha aggiunto che la presenza a Praga di Runciman, cioè di una personalità politica estera che interviene in una questione vitale dello stato cecoslovacco e tratta con le minoranze locali e con i governi esteri, rappresenta il fallimento della politica di Benese l'ultimo colpo per il prestigio del governo cecoslovacco.

Quanto ali'attitudine della Polonia, Beck mi ha detto che rimane quella d elineata chiaramente firi dal principio ed hanno perciò torto quei Paesi (Olanda, Francia e Inghilterra) che oggi se ne mostrano amareggiati essendosi prima fatte delle vane illusioni.

418 1 Vedi D. 407.

419 1 Nota dcii 'Ufficio Cifra: <<Potrcbbesi leggere anche Londra>>.

420

L'AMBASCIATORE A SALAMANCA, VIOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PER CORRIERE 4158/076 R. San Sebastiano, 21 agosto 1938 (per. il 25).

A richiesta del generale comandante C.T.V. mi sono recato con lui ieri al fronte Ebro in zona Caspe per visitare il Generalissimo che S.E. Berti, in obbedienza ad istruzioni ricevute dal Duce, desiderava intrattenere in mia presenza su questioni di natura politico-militare relative condotta guerra.

A questo proposito permettomi prospettare a V.E. opportunità che, quando si tratti di affiancare azione che comandante del C.T. V. svolge presso il Generalissimo e Capo dello Stato in conformità di superiori dirette istruzioni, io ne riceva a mia volta diretto ordine dall'E.V. e se possibile con indicazione delle direttive generali, limiti e finalità dell'azione da svolgere. Evidentemente in mancanza di speciali istruzioni io ritengo non poter esimermi, se richiesto, dall'intervenire nel superiore comune interesse e perché ritengo altresì utile la collaborazione costante col Comando nei suoi effetti esteriori e formali di fronte agli spagnoli, ma poiché la mia presenza avalla di per se stessa le comunicazioni e le esposizioni di Berti a Franco anche sul piano politico, sarebbe forse preferibile io potessi avere tempestiva diretta conoscenza del pensiero del Duce e dell'E.V. sulle questioni in discussione, anziché dover attenermi a far uso di elementi fornitimi dall'altrui interpretazione: ciò conferirebbe maggiore decisione ed efficacia al mio intervento nei casi in cui esso sia ritenuto necessario.

Ciò premesso e mentre suppongo che Berti abbia già riferito a VE. circa i vari argomenti trattati col Generalissimo', mi limito per parte mia a riassumere il pensiero di Franco quale è scaturito attraverso lunga conversazione circa la misura e le condizioni del nostro ulteriore apporto militare in relazione alla condotta della guerra e alla sua risoluzione: Franco è contrario ali' aumento su larga scala delle nostre truppe volontarie; ciò per ragioni di ordine internazio

420 ' Vedi D. 416.

nale ma soprattutto, è bene che io aggiunga, per preoccupazioni di ordine interno e connesse alla sua posizione di fronte al Paese.

D'altra parte, vede con riluttanza il ritiro del C.T.V. anche se limitato alle sole fanterie; non soltanto non crede alla possibilità pratica di attuare il piano del non intervento, seppure in misura ridotta, ma egli altresì desidera che esso si riveli inattuabile o che comunque l'attuazione ne sia il più possibile ritardata.

In materia di eventuali nuovi apporti di forze legionarie, egli accoglierebbe una soluzione intermedia cioè l 'invio di forze che potrebbero aggirarsi sui diecimila uomini, effettuato a piccole mandate che potrebbero essere sbarcate in !spagna con relativa segretezza e senza dar luogo a complicazioni e servirebbero a coprire i vuoti e a mantenere il C.T.V. al suo livello di maggiore efficienza, fors'anco sensibilmente aumentandolo. Occorrendo, questi contingenti potrebbero essere sbarcati in porti secondari del Cantabrico.

Qualora si dovesse addivenire al ritiro da lui proposto di diecimila volontari, i rimanenti potrebbero a suo avviso passare a costituire nuclei per la formazione di reparti misti (soluzione che come è noto egli ha sempre per ovvie ragioni caldeggiata, ma che è contraria alle vedute del nostro Comando). Egli non sarebbe alieno dall'accogliere per questi reparti l'inquadramento di ufficiali nostri a partire dagli alti Comandi fino al comando di battaglione. Essi reparti farebbero parte della massa di manovra la cui mancanza ha, al momento, ricondotte le forze dei due campi verso una situazione di equilibrio analoga a quella del dicembre scorso e ha permesso ai Rossi, mediante azioni diversive di più

o meno vasta portata, di distogliere i Nazionali dai loro obiettivi principali.

Di ciò Franco si rende conto, pur permanendo serenamente ottimista sull'odierno andamento generale della guerra e perfettamente sicuro dell'esito finale. Comunque sarebbe deciso a richiamare altre due classi per la formazione della anzidetta massa di manovra; e con ciò gli rimarrebbe tuttavia un largo margine di possibilità in confronto dell'avversario, il quale ha già incorporato gli uomini fino ai 36 anni per la linea e fino ai 45 per i lavori e servizi di fortificazione e di retrovia.

Ho voluto proporre a Franco la questione del perché sia stata sospesa l'offensiva sull'Ebro nello scorso aprile mentre appariva imminente il crollo militare e politico della Catalogna e mentre la presa di Barcellona avrebbe impedito l'afflusso degli aiuti francesi nonché i recenti disperati ritorni offensivi del nemico di poi verificatesi. È noto essere stata accreditata la voce che Franco abbia obbedito alla preoccupazione di non provocare un intervento francese a tutela di larghi interessi politici ed economici francesi in Catalogna e si è anche detto che egli abbia ricevuto pressioni in questo senso dali 'Inghilterra, la quale gli avrebbe promesso la resa della Catalogna qualora egli avesse completato la conquista delle regioni del Levante e del Centro.

Franco ha spiegato l'arresto dell'offensiva in Catalogna con ragioni di carattere tecnico militare e con motivi di politica interna. Secondo le prime, dopo la fortunata offensiva fino all'Ebro e al Segre il fronte rimaneva talmente allungato e allontanato dalle basi di partenza che l 'ul

teriore avanzata, anche in considerazione degli aiuti pervenuti ai Rossi dalla Francia, avrebbe incontrate gravissime difficoltà; per contro la linea dei predetti fiumi poteva essere tenuta con forze relativamente modeste e tornava conto portare lo sforzo verso la Valencia e sopratutto in Estremadura ove si potevano ottenere rapidi e vasti risultati territoriali di importante effetto politico ed economico.

Quanto alle regioni di carattere politico, egli ha dichiarato essere in possesso di elementi che gli permettono di considerare la resistenza della Catalogna come assolutamente precaria mentre invece le zone del Centro e del Sud ove non fossero conquistate in un periodo relativamente breve potrebbero offrire con le loro possibilità di risorse di uomini e alimentari, il fulcro di una resistenza protratta indefinitamente2.

421

L'INCARICATO D'AFFARI A PRAGA, BORGA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 1370/845. Praga, 21 agosto 1938 (per. il 26).

Mio telegramma n. 75'.

I due avvenimenti più importanti relativi alla questione ceco-tedesca svoltisi in questa settimana sono la conferenza di mercoledì fra il comitato dei ministri politici ed i delegati del partito dei sudeti e l'incontro fra Henlein e Runciman avvenuto giovedì al castello di Rothenhaus del Principe Hohenlohe-Langenburg.

Tanto il primo che il secondo avvenimento non hanno in nulla modificato la situazione: nessun accenno a distensione, nessun sintomo di possibilità di accordo.

I tedeschi hanno respinto le proposte governative pur lasciando aperta la porta ad ulteriori discussioni ed il loro delegato deputato Kundt ha dichiarato che il progetto del governo è «diametralmente opposto» al punto di vista dei sudetici circa la soluzione del problema delle nazionalità, richiamando l'attenzione sul fatto che «la pazienza della popolazione tedesca -la quale non ha ancora constatato alcun segno di buona volontà da parte ceca -è meno grande della pazienza dei suoi delegati».

420 ' In una copia di questo telegramma inviata al sottosegretario alla guerra Pariani e conservata nel! 'archivio dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito, vi è la seguente annotazione autografa di Pariani: «Se procede con le preoccupazioni vincerà solo per inerzia del nemico non certo per sua volontà. Ha lasciato, già troppe volte, sfuggire la fortuna quando la aveva a portata di mano!».

421 'T. 4115/75 R. del 20 agosto. Comunicava in modo più succinto le stesse notizie qui riportate.

Henlein, come mi ha detto questo incaricato d'affari di Germania, ha riaffermato a Runciman le richieste avanzate con il discorso di Carlsbad (telespresso di questa R. Legazione n. 596/409 del 25 aprile u.s. 2) sostenendo che nessun accordo fra cechi e tedeschi è possibile senza l'accoglimento delle richieste stesse. Il R. Console in Bratislava riferisce che Runciman ha detto ad Esterhazy «avergli Henlein fatto dichiarazioni che creano una situazione di estrema gravità tale da impegnarlo a concentrare ogni attività e sforzo persuasivo presso Hodza e BeneS'». Al predetto R. Console, Esterhazy ha inoltre riservatemente comunicato di aver appreso che Henlein avrebbe dichiarato a Runciman che il programma di Carlsbad è già un compromesso, che la decisa volontà dei tedeschi dei Sudeti è per un immediato plebiscito e che, data la crescente difficoltà di dominare la situazione, se entro le prossime due o tre settimane i cechi non avranno accettato integralmente quel programma, egli sarà costretto a lasciare la direzione del partito e il territorio cecoslovacco rendendone di pubblica ragione i motivi. «Le imprevedibili conseguenze di tale abbandono a se stesso del popolo sudetico e le responsabilità relative -avrebbe soggiunto testualmente Henlein -ricadranno sul governo di Praga e su quanti gli creano illusioni con i loro sforzi diretti ad evitare la guerra».

Krofta, da parte sua, mi ha dichiarato che il governo cecoslovacco è deciso a non accordare l'autonomia territoriale ai tedeschi dei Sudeti, pur soggiungendo che per quanto riguarda questioni specifiche, come la proporzionalità e l 'uso della lingua, il governo è disposto ad andare molto in là. Circa le altre nazionalità della Repubblica, Krofta mi ha detto esplicitamente che tutte le concessioni che saranno fatte ai tedeschi si estenderanno automaticamente alle altre minoranze.

Runciman, che ho incontrato ad un pranzo presso questa legazione d'Inghilterra lo stesso giorno del suo colloquio con Henlein, appariva naturalmente ermetico. Da qualche indiscrezione delle persone che gli stanno più vicino si è però capito chiaramente che egli si è reso esatto conto del!' enorme difficoltà dell'impresa alla quale si è accinto.

La situazione è tale quale si era presentata al! 'inizio delle trattative: contrasto fra la concezione tedesca (stato di nazionalità) e la concezione ceca (stato nazionale). Tanto i cechi quanto i tedeschi affermano la buona volontà di proseguire i negoziati, ma il reciproco rigido atteggiamento sembra escludere la possibilità di un avvicinamento delle due opposte concezioni e quindi di un accordo, sia pure parziale e transitorio, sulla base di un compromesso, senza l'intervento di una forte pressione esterna.

In tale stato di cose e nella generale atmosfera di eccitazione alimentata dai frequenti incidenti che si verificano nella regione dei Sudeti -come quelli recenti di Brux e Komotau -e che potrebbero degenerare in conflitti ancor più pericolosi, sembra che Runciman abbia fatto chiaramente intendere a questi dirigenti la necessità di disporsi a concessioni assai maggiori di quelle progettate.

Il governo, intanto, per dare prova di buona volontà ha deciso l'assunzione di impiegati di nazionalità tedesca in alcuni posti dell'amministrazione statale. Ma i tedeschi attendono ben altro e già si dice che l'Inghilterra, prevedendo il fallimento della

421 'Vedi D. 5.

missione Runciman, pensa di affidare ad una conferenza internazionale il grave compito di trovare ed imporre una soluzione che riesca ad evitare il ricorso a mezzi estremi.

422

IL CONSIGLIERE DELL'AMBASCIATA A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

LETTERA PERSONALE1• Berlino, 21 agosto 1938.

L'ambasciatore Attolico, che si trova oggi a Kiel per la Rivista navale in onore del reggente di Ungheria, mi ha in questi ultimi giorni fornito numerosi elementi per giudicare circa la situazione che va qui maturando. E ieri stesso egli, con la sua lettera personale a Te diretta2 , Ti ha riferito circa la sua ultima conversazione con von Ribbentrop, dalla quale si è avuta nuova conferma che «la Germania è pronta a risolvere il problema cecoslovacco, in forma totalitaria, quando appaia giunto il momento opportuno». Sono quindi già a te noti i molti indizi che rivelano la «messa in moto» della macchina militare tedesca.

Evidentemente, per rifarsi a qualche precedente, le autorità militari responsabili del Reich dovettero nella cosiddetta crisi del 21 maggio confessare a loro stesse ed al Cancelliere Hitler che la Germania in un eventuale conflitto contro le Potenze occidentali non possedeva ancora tutte le carte in mano. Il 21 maggio segna quindi l'acceleramento dei tempi della preparazione dei mezzi per la difesa e per l'offesa, i grandi lavori per il sistema renano di fortificazione, il concentramento verso occidente degli uomini del servizio del lavoro e degli operai edili, la creazione del «Corpo per le fortificazioni» l'intensificazione su quadro imponente, della produzione delle armi e degli apparecchi. In definitiva quindi, possiamo dire, il rumoroso allarme inglese del21 maggio ha avuto la pratica conseguenza di far aumentare di molto il potenziale militare tedesco ...

Oggi, ripeto, si lavora qui a ritmo accelerato. Le sole fabbriche di aeroplani, anche se lontane ancora dalla produttività di mille apparecchi mensili, preconizzata dal generale Bodenschatz, danno già la cifra imponente mensile di oltre 400 apparecchi di linea. Certamente, se scoppiasse ora un conflitto, la Germania potrebbe impiegare subito verso la Cecoslovacchia almeno mille apparecchi ottimi, anche se non di ultimissimo tipo, e schierare verso occidente, per reagire a qualsiasi azione franco-inglese, una flotta di almeno mille o milleduecento appa

422 ' Il documento è danneggiato dall'umidità.

recchi di tipo ultramoderno, dotati tutti di velocità, come hanno potuto constatare Balbo e Liotta, superiore ai 400 km orari. L'artiglieria antiaerea (Flak-Artillerie) fa passi da gigante. I trentasette reggimenti già esistenti (oltre le formazioni da postazione fissa) formati quasi tutti non su due, ma su tre gruppi, vengono ora portati, secondo quanto apprendiamo da informazioni molto attendibili, ad oltre settanta. E, per passare ali 'Esercito vero e proprio, le chiamate alle armi dei riservisti [per le manovre], di queste ultime settimane, fanno ritenere probabile la cifra di oltre un milione e duecentomila uomini oggi in servizio nei reggimenti senza contare il [ ... 1. Servizio del Lavoro, le varie formazioni motorizzate il [ ... J

Dove si vuole e dove si può arrivare? Può un tale ritmo durare all'infinito? Ci siamo [ ... ] giunti vicino alla situazione. In altre parole quando Goring, Keitel e von Brauchitsch riterranno di avere in mano il massimo delle possibilità cosa farà il [ ... ] Hitler? Un sintomo che non vi [ ... ] [ .............................................. mancano due righe ............................................... ] dimostrare circa la riuscita dell'eventuale «colpo». Von Ribbentrop, come l' Ambasciatore Attolico Ti ha riferito nella sua lettera alla quale ho sopra accennato, è stato ieri molto esplicito allorché ha detto: «Sono assolutamente convinto che nessuno reagirà. L'Europa anzi sarà molto lieta di vedersi liberata da un incubo. E anche se dovessi errare al cento per cento in questa mia previsione, posso dirVi che siamo fiduciosi di poter sorpassare, con i nostri mezzi, qualsiasi eventuale bufera».

Altra prova di una tale sicurezza si ha, del resto, nel fatto che qui ora non si vuole più fare alcun mistero della potenza e delle possibilità militari del Paese, allo scopo evidente di dare all'eventuale avversario le prove che la Germania non «bluffa» e che domani un qualsiasi tentativo contro di essa potrebbe essere pagato a caro prezzo. Chi vuol vedere, veda e se ne convinca. Un certo malumore, che l'altra sera si leggeva nel viso del generale Vuillemin e degli Addetti Militari francesi, era dovuto evidentemente, non già ad aver visto troppo poco, ma ad essere stati troppo bene ricevuti e ad avere troppo visto e constatato ...

In realtà, sulla carta i tedeschi possono avere molte ragioni per immaginare che un bel giorno il colpo cecoslovacco riuscirà perfettamente senza che ... si scateni una guerra generale. La Cecoslovacchia è Paese troppo giovane perché storicamente possa ad essa essere legata la sorte dell'Europa. E Varsavia ha già avuto altri colpi mortali. Militarmente dovrebbe poi ritenersi che la resistenza dell'esercito cecoslovacco verrebbe spezzata in brevissimo tempo e prima ancora che l'eco delle fucilate abbia messo in moto altre macchine da guerra. Difficilmente è infatti immaginabile una proficua resistenza di un esercito senza tradizione nelle cui file sono tedeschi ... e polacchi contro le forze organizzate di un grande esercito composto di ben 7 milioni di elementi omogenei. [ ... ] [ .............................................. manca mezza riga ............................................... ] [con]flitto dopo lo sforzo unificatore del nazionalsocialismo, in forma ancora maggiormente compatta che non nel 1914. E vano sarebbe sperare che, per ragioni di politica interna, in Germania Esercito e Partito si troverebbero, ad un dato momento, divisi da contrasti e scissioni. Lo Stato Maggiore germanico, formato indubbiamente da soldati degni di questo nome, per i quali il primo comandamento è vincere la guerra, qualunque essa sia, non mancherebbe certamente di impegnarsi a fondo, ben lieto di avere un'occasione da restituire, dopo solo venti anni, una qualunque vittoria alle proprie bandiere.

La Francia a sua volta con difficoltà si deciderebbe a freddo ad una costosissima guerra offensiva sul Reno e l'Inghilterra non facilmente troverebbe, nella sua ipocrisia, campo e motivo per un intervento diretto, dato che, e questo è chiaro e sicuro, al momento del colpo la Germania si asterrebbe con cura da qualsiasi atto capace di sembrare provocazione verso occidente. Fin da ora, del resto, si nota nella stampa tedesca una minuziosa attenzione di evitare polemiche incresciose con Potenze occidentali. Verso la Francia si ostenta quasi la cordialità dei rapporti e anche la missione Runciman in Cecoslovacchia viene nel complesso presentata agli occhi dei lettori tedeschi come una prova della buona volontà britannica. Quanto agli altri confinanti Polonia e Ungheria sembrano essere acquistate alla tesi tedesca.

Quanto detto sopra, quindi, che la cosa non manca di probabilità per riuscire felicemente, fa ritenere che la crisi della Cecoslovacchia, a sentire i tedeschi e qui mi riferisco particolarmente ai primi colloqui che [ ... ] l'Ambasciatore Attolico, si dovrebbe [ ... ] [ .............................................. mancano tre righe ............................................... ]

Possono veramente Francia e Inghilterra incassare direttamente e semplicemente, domani, il gravissimo colpo che sarebbe costituito, dopo tanto rumore, dalla soluzione «tedesca» del problema cecoslovacco? È chiaro infatti che questa soluzione sarebbe la nuova grande prova dell'efficienza massima europea dell'Asse Roma-Berlino e dell'impotenza della collaborazione franco-inglese. Tutti in Europa avrebbero, cioè, la prova provata che oggi, al dunque, allorché si tratta di innestare le baionette, i Paesi cosiddetti autoritari sanno decidere ed agire, infischiandosi altamente delle tempeste oratorie e cartacee dei vari profeti delle Democrazie. Le conseguenze, nei Balcani, nell'Europa settentrionale, ovunque, sarebbero incalcolabili. L'Italia, con il trionfo del conflitto etiopico, e la Germania, con il successo cecoslovacco, potrebbero costituire, definitivamente, il polo di attrazione per tutti.

Ora proprio perché la posta è tanto grossa, occorre prevedere, e questo del resto è il nostro mestiere, le soluzioni e gli sviluppi meno favorevoli. Dando anche ragione ai tedeschi circa la poca probabilità, se non l'impossibilità, di una diretta reazione armata franco-inglese alla mossa germanica, nulla deve far escludere altre forme di reazione da parte di Parigi e di Londra. [ ........................................... mancano diverse righe ............................................ ] comunque l'efficienza del vittorioso Asse Roma-Berlino.

In tale situazione, è chiaro che ogni collegamento preventivo itala-tedesco è assolutamente augurabile. I tedeschi devono per primi comprendere, ripeto, che è misura prudenziale immaginare una cornice più vasta al problema che fa centro geograficamente a Praga. E ciò nel loro stesso vantaggio.

Ora, almeno fino a questo momento, le posizioni tra Roma e Berlino, particolarmente nel campo di eventuali collaborazioni militari od economiche, non sembrano essere state sufficientemente studiate. Oggi tra i due Paesi esiste, è vero una frontiera comune che, con lo sfruttamento di più valichi, può facilitare i collegamenti, ma è vero che le Alpi costituiscono sempre un forte ostacolo per gli scambi e gli avvicinamenti. Tu ricorderai certamente che uno studio, il quale, se non erro, fu fatto a Roma, alcuni mesi or sono, dietro Tuo ordine, dimostrò che, in caso di crisi, il solo traffico del carbone della Germania verso l'Italia, paralizzerebbe nettamente la ferrovia e la strada del Brennero.

Una tale mancanza di collegamenti è un po' in contrasto con la situazione che sembra esistere tra Parigi e Londra, dove gli Stati Maggiori, forti se non altro della grande esperienza del 1918, devono avere molti elementi per facilitare al massimo l'operazione tra le forze militari e la

[ ........................................... mancano diverse righe ............................................ ]

422 2 La lettera del!' ambasciatore Attolico alla quale si fa qui riferimento non è stata rintracciata. Nelle sue memorie (L'Italia a Berlino 1937-1939, Milano, p. 219), Magistrati riproduce un brano di quella lettera in cui le dichiarazioni di von Ribbentrop sono così riportate: <<La Germania non ha alcuna preoccupazione perché è pronta, ad ogni modo, a risolvere in forma definitiva quel problema. Quando il momento sarà giunto, tutto si svolgerà nel migliore dei modi. L'Europa sarà ben lieta di vedersi liberata da questo incubo e non reagirà menomamente. E se Francia ed Inghilterra dovessero, contro ogni previsione, attaccare, la Germania è fiduciosa di sorpassare la tempesta con i propri mezzi>>.

423

IL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI, AL COMANDANTE DEL C.T.V., BERTI

T. UFF. SPAGNA SEGRETO 2118 e 2118/1'. Roma, 22 agosto 1938, ore 13,00.

Delle tre eventualità che vi avevo incaricato di prospettare a Franco2 , egli ha nettamente scartato la prima cioè l 'invio di grandi unità italiane'.

Ciò semplifica il resto.

Egli ha accettato, e pare in via condizionale, la seconda eventualità, cioè l'invio di complementi per riportare al normale gli effettivi delle due Divisioni Littorio e 23 Marzo. Tali complementi raggiungerebbero il totale di 10.000 unità. Non è chiaro se con o senza i complementi già inviati in questi ultimi tempi. Questo è il punto da precisare.

Alla cadenza massima di 500 unità settimanali invio di l 0.000 complementi che non potrebbe passare inosservato richiede 20 settimane cioè 5 mesi.

Le due divisioni sarebbero al completo cogli effettivi fra dicembre e gennaio il che significa, tenuto conto anche del necessario periodo di inquadramento e addestramento, che le due divisioni non potrebbero essere utilmente impiegate prima della primavera '39.

È chiaro che anche ad effettivi completi le nostre due divisioni non potrebbero avere che una parte di carattere secondario, che gli spagnoli si affretterebbero, come hanno fatto sin qui, a minimizzare o ignorare.

Così stando le cose, dispongo:

a) le divisioni Littorio e 23 Marzo si fondano in una sola che si chiamerà Divisione d'Assalto Littorio e che si comporrà di sette battaglioni più due di riserva;

423 ' Minuta autografa di Mussolini. 423 2 Vedi D. 416, nota l. 423 3 Vedi D. 416.

b) tale di visione sarà formata cogli elementi migliori delle due esistenti e coi complementi già arrivati;

c) gli ufficiali esuberanti potranno passare ai reparti spagnoli;

d) tutti gli altri, ufficiali e truppa, rimpatrieranno con modalità che fisserò in seguito;

e) rimarrebbero al completo per ulteriore corso della guerra le artiglierie, l'aviazione, il genio, le specialità. Il tutto con la Divisione d'assalto continuerà a formare il C.T.V.

Con quanto sopra noi:

a) continuiamo a sostenere effettivamente Franco e gli facilitiamo la sua politica estera e interna anche ai fini riconoscimento belligeranza;

b) sblocchiamo la nostra posizione diplomatica nei riguardi della Gran Bretagna; in quantoché davanti a un rimpatrio sostanziale e unilaterale dei nostri volontari noi avremo il diritto di porre alla Gran Bretagna un dilemma per quanto concerne l'applicazione o la decadenza degli accordi del 16 aprile.

Se le risposte scritte promesse da Franco4 non sono tali da modificare sostanzialmente quanto ho sopra esposto vi autorizzo a conferire immediatamente con Franco, presente l'ambasciatore.

A colloquio ottenuto riferite senza indugio.

424

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 4136/128 R. Budapest, 23 agosto 1938, ore 14,34 (per. ore 17).

Mio telegramma O165 per corriere'.

Vice Ministro Affari Esteri mi ha comunicato che Stojadinovié e Bessenyey hanno parafato testo accordo per quanto concerne rapporti ungaro-jugoslavi; anche per la Romania esso è raggiunto. Accordi resteranno completamente segreti.

Per la Cecoslovacchia, come telegrafato, accordo è stato raggiunto solo per due noti punti e quindi nessun documento sarà parafato.

Sarà però pubblicato a Bled oggi alle ore 18 un comunicato generale2 riguardante rapporti tra i quattro Paesi secondo proposte di Kànya che hanno subìto qualche modificazione.

Ne invio con telegramma a parte testo che ho avuto da questo ministro Affari Esteri3

423 4 Franco rispose il 23 dicembre con un promemoria in cui confermava la sua preferenza per la seconda soluzione.

424 1 Vedi D. 409.

425

L'AMBASCIATORE A SALAMANCA, VIOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 4194/077 R. San Sebastiano, 23 agosto 1938 (per. il 27).

Questo governo si attende prossima recrudescenza delle sue difficoltà politiche internazionali e nuova violenta offensiva delle democrazie -che starebbe preparandosi -durante le vacanze parlamentari, da parte del Fronte Popolare francese e delle opposizioni inglesi. Esso si rende conto che il tenore della sua risposta al piano di non intervento' darà buon giuoco ai suoi avversari ed ha motivo di ritenere che il governo di Chamberlain sia indotto a recedere dall'atteggiamento di neutralità piuttosto benevola finora tenuto nei suoi riguardi.

Un vivo senso di preoccupazione ha destato in questi ambienti ufficiali il noto articolo Fortune Spain comparso sul Times del 15 corrente, nel quale si ravvisa il sintomo di un deciso peggioramento dello stato d'animo inglese nei riguardi della Spagna Nazionale.

Questo ministro degli Affari Esteri ha espresso a me e a questo ambasciatore di Germania le preoccupazioni di cui sopra e ci ha pregato di far presente ai rispettivi governi come il governo nazionale conti più che mai sull'assistenza politica di essi nelle nuove difficoltà che stanno profilandosi, nonché sull'appoggio della stampa dei due Paesi.

In speciale modo il governo nazionale si raccomanda di essere sostenuto nelle discussioni sulla sua risposta al piano di non intervento in seno al Comitato e di essere tenuto quanto più possibile al corrente del loro andamento. Ha dato perciò istruzioni a d'Alba di tenersi in stretto contatto col Regio Ambasciatore di Londra e con quello tedesco.

424 ' Circa le reazioni di Palazzo Chigi all'accordo di Bled, vi è nel Diario di Ciano la seguente annotazione (sotto la data del 24 agosto): «Le notizie di Bled sono buone: la parità d'armamenti per l'Ungheria è già un vantaggio notevole. Se Kànya non sarà come sempre, dominato dai suoi pregiudizi asburgici contro i serbi e i romeni, si potrà giungere anche ad un accordo per le minoranze. Comunque, la riunione di Bled ha segnato una nuova fase dello sgretolamento della Piccola Intesa. La Cecoslovacchia è isolata. Il sistema di amicizie francesi sconvolto».

425' Vedi D. 415, nota l.

A questo proposito Jordana mi ha lasciato intendere che il governo nazionale è stato un po' colto di sorpresa dalla deliberazione del Comitato relativa ali' accettazione del piano2 e ho dovuto rammentargli la costante efficacia del patrocinio dato dal Regio Ambasciatore a Londra agli interessi del governo nazionale, nonché la cura che il Regio Governo ha sempre avuto di presentirlo prima di prendere posizione in merito alle varie questioni discusse; gli ho inoltre rammentato che non sempre il governo nazionale si era fatto parte diligente come avrebbe dovuto perché -è opportuno riconoscerlo -esso a un certo momento aveva contato sulla rapida fine della guerra e aveva assunto un atteggiamento di disinteresse circa il problema di non intervento ed i lavori del Comitato.

Da ultimo, informo Vostra Eccellenza che ho ritenuto dover consigliare a Jordana -ed ho anche prospettata al Generalissimo -l'opportunità di non irrigidirsi nella negativa di fronte alla rinnovata proposta di Plymouth per l'invio del Segretario Generale Hemming a Burgos onde illustrare il meccanismo del piano3 Poiché Barcellona aderirà certamente alla proposta, occorre che il

governo nazionale non fornisca col suo rifiuto nuovo argomento di speculazione ai suoi danni. Ho cercato in proposito di dissipare il timore che il viaggio di Hemming mascheri scopi di sondaggio per preparare le condizioni di una mediazione.

Credo aver compreso che questo governo finirà coll'accogliere la visita di Hemming4

424 2 Testo in Relazioni Internazionali, p. 602.

426

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CROLLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 4151/603 R. Londra, 24 agosto 1938, ore 18,59 (per. ore 23,40).

Mio telegramma 601 1

Incaricati di affari di Germania (Kordt) e del Portogallo (Faria) si sono riuniti con me per scambiare impressioni sui colloqui da noi tre successivamente avuti con Plymouth.

Alla fine della nostra riunione, Kordt, Faria ed io ci siamo trovati d'accordo per sottoporre ai nostri governi constatazioni e considerazioni seguenti:

425 3 Vedi DD. 352 e 356. 425 4 Il documento fu inviato in visione a Mussolini. 426 1 Vedi D. 415.

0 ) Plymouth si è mostrato molto preoccupato per risposte di Burgos' ed ha palesemente lasciato intendere che egli sperava che questa non costituisse ultima parola di Franco.

2°) Per quanto Plymouth abbia messo in chiaro con ognuno di noi che egli giudicava a puro titolo personale e che si riservava di consultare Halifax prima di farci conoscere risposta definitiva del suo governo, ci sembra poter dedurre dal suo generale atteggiamento che governo britannico si va indirizzando verso una linea di condotta cauta e temporeggiatrice e si sforza di evitare tutto ciò che possa contribuire a drammatizzare la situazione.

3°) Plymouth ha detto a Paria (che ha visto soltanto ieri) che dai suoi primi contatti con questo incaricato d'affari di Francia' e questo ambasciatore dell'U.R.S.S., egli aveva potuto ricavare l'impressione che da parte francese si manifestava un certo desiderio di non invelenire atmosfera, mentre da parte sovietica si insisteva per «mettere subito le carte in tavola convocando di urgenza il Comitato».

4°) Indirizzo che va prendendo governo inglese e che si rivela anche nel tono dei giornali, gradatamente attenuatosi ieri ed oggi (miei fonogrammi stampa 235 e 236) riflette evidentemente stato di preoccupazione di pacifisti per4 non dare esca a polemiche pericolose per la sua stessa posizione e quella del suo Gabinetto nell'interno del Paese.

5°) Sul modo migliore di attuare politica temporeggiatrice, governo inglese non ha ancora preso decisioni concrete. Sembra certo tuttavia che il Comitato non si riunirà nella settimana in corso e che, se dovrà riunirsi nella settimana seguente, sarà soltanto probabilmente per decidere procedura da seguire per chiarire quei punti della risposta di Franco che Plymouth considera «oscuri e subdoli».

6°) Circa la procedura di tale «chiarimento» Plymouth non ha ancora idee precise: egli non esclude del tutto attività Hemming in S!Jagna ma vede tutta la difficoltà di investire segretario del Comitato di una missione non più tecnica (come doveva essere originariamente) ma schiettamente politica.

D'altra parte, Plymouth considera tra le varie possibilità anche quella di investire di tale missione agente britannico a Burgos, Hodgson, attraverso incarico che Comitato affiderebbe al governo britannico di appurare pensiero preciso Franco su alcuni punti della sua nota di risposta. Non è nemmeno escluso appello alla collaborazione delle Potenze amiche della Spagna Nazionale per raggiungere questo intento'.

426 ' Vedi D. 415, nota l.

426 ' Roger Cambon.

426 ' Sic. Il testo da Londra dice: «riflette evidentemente una viva preoccupazione da parte del Primo Ministro di».

426' L'ambasciatore Attolico, al quale era ;tato ritrasmesso questo telegramma, riferiva che a Berlino erano giunte le stesse informazioni circa le prime reazioni britanniche alla risposta di Burgos. Visto che il governo britannico sembrava voler seguire una linea prudente e che per il momento non erano previste altre riunioni del Comitato di non intervento, la Wilhelmstrasse riteneva opportuno attendere gli sviluppi senza intervenire (T. per corriere 4251/0138 R. del 30 agosto).

425 2 Vedi D. 289.

427

IL MINISTRO A BELGRADO, INDELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 4185/065 R. Belgrado, 24 agosto 1938 (per. il 26).

Mio telegramma n. 109'.

Stojadinovié, assumendo la presidenza di turno del Consiglio della Piccola Intesa a Bled, non poteva avere occasione migliore di dimostrare, oltre le sue personali e note facoltà di abilità e di decisione, quali siano i suoi effettivi orientamenti, basati essenzialmente sulla politica inaugurata col patto italo-jugoslavo2

La questione ungherese, che ha assorbito, pressoché per intero, le due giornate della riunione, si presentava tutt'altro che facile. Se l'accordo era in principio avvenuto fra Jugoslavia, Romania ed Ungheria, era anche troppo visibile da parte di quest'ultima, il preciso desiderio di non compromettere in alcun modo la questione minoritaria colla Cecoslovacchia in pendenza della crisi di quella dei sudeti e delle eventualità che potrebbero prospettarsi e per la preoccupazione di poter turbare l'atmosfera del viaggio del Reggente Horthy in Germania. Stojadinovié -secondo ho telegraficamente riferito -non appena è apparso, come del resto era facile prevedere, che Krofta non avrebbe potuto accettare la formula speciale richiesta dagli ungheresi nei riguardi della Cecoslovacchia, ha tagliato corto, mettendo innanzi l'approvazione del comunicato proposto da Kànya e che, con lievi ritocchi, è stato poi, finalmente concordato e diramato'. Non si è arrestato innanzi alle difficoltà pratiche avanzate da Bessenyey circa la possibilità di raggiungere Kànya fra Kiel e Berlino. Ha posto gli ungheresi nella condizione di dover dar seguito agli impegni di massima precedentemente assunti ed ha impedito così che si venisse a creare, per non essersi giustificatamente approfittato di una circostanza favorevole, una situazione che avrebbe messo, per ovvie ragioni, anche i rapporti ungaro-jugoslavi in fase delicata e difficile ritardandone quello sviluppo che Stojadinovié intende, invece, di darvi quanto prima possibile.

Egli aveva infatti, prima di poter iniziare in concreto e sul terreno della politica generale conversazioni costruttive del futuro coll'Ungheria, un debito contratto ne Il' aprile del 1937, che gli legava le mani. A Bled se ne è, in sostanza, liberato. Il principio collettivo della Piccola Intesa, le resistenze di Praga, le pretese ungheresi nei riguardi dei cecoslovacchi, sono stati salvaguardati nel comunicato diramato contemporaneamente, il 23 corrente a Bled ed a Budapest e che può contentare un poco tutti. Ma il documento che è l'effettivo risultato

427 ' Vedi D. 424, nota 2.

di base della riunione di Bled è quello, parafato da Stojadinovié e da Bessenyey che constata la perfezione dell'accordo intervenuto fra Piccola Intesa ed Ungheria per quanto riguarda: l'uguaglianza dei diritti di quest'ultima in materia di armamento e la rinuncia reciproca al ricorso alla forza. Ma constata, poi, in materia minoritaria, la perfezione dell'accordo tra Jugoslavia e Romania, da una parte, e Ungheria, dall'altra, rimettendo la questione ungaro-cecoslovacca ad ulteriori negoziati di cui lo stesso Stojadinovié, come presidente in esercizio del Consiglio della Piccola Intesa, dovrà essere l'intermediario. Formalmente l'accordo dovrà ancora essere stipulato ma sostanzialmente esso è già in atto e pone la Jugoslavia -come del resto la Romania -in condizioni di poter orientare liberamente i suoi rapporti con Budapest. Non sarebbero mancati a Stojadinovié motivi di qualche perplessità: situazione tedesca, pressioni francesi -conservatrici dei vecchi orientamenti collettivi della Piccola Intesa -reazioni possibili dei partiti democratici jugoslavi. Egli ha fatto fronte a tutto questo per stringere i tempi della realizzazione del suo programma estero, nel quadro della politica del governo fascista, affinché l'avviamento di nuove relazioni fra Belgrado e Budapest fossero, nei riguardi dell'Asse, il suo apporto. Aggiungo che prima e durante la discussione della questione ungherese sono stato costantemente al corrente delle varie fasi della stessa.

Le altre questioni all'ordine del giorno della riunione, e cioè: quella del Danubio -rimessa ad un comitato di esperti che dovrà riunirsi prossimamente a Belgrado -Società delle Nazioni, riconoscimento dell'Impero, consiglio economico della Piccola Intesa, sono state, dato anche il tempo limitatissimo, appena sfiorate, anche più di quanto non possa apparire dal comunicato finale della riunione.

L'opinione pubblica jugoslava ha accolto, in genere, con molto favore, i risultati di Bled, che indubbiamente, consolidano, nel favore popolare, la situazione personale di Stojadinovié.

427 1 T. 4140/109 R. del 23 agosto. Comunicava che a Bled era stato deciso, all'ultimo momento, che l'accordo sarebbe stato unico per i tre Paesi della Piccola Intesa ma che il punto relativo alle minoranze avrebbe impegnato soltanto Jugoslavia e Romania.

427 2 Vedi D. 64, nota 3.

428

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, , AL MINISTRO DEGLI ESTERI JUGOSLAVO, STOJADINOVIC

T. 726 R. Roma, 25 agosto 1938, ore 13.

A nome del governo fascista e mio personale desidero far giungere all'E.V. -che ha svolto così efficace opera per conclusione accordi con Ungheria -le più vive espressioni di compiacimento.

Italia -unita da vincoli di cordiale amicizia con Jugoslavia e con Ungheria -vede con particolare soddisfazione quanto può giovare al miglioramento delle relazioni fra i due Stati.

Colgo l'occasione per inviare a V.E. i miei più amichevoli saluti.

429

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI UNGHERESE, DE KÀNYA

T. 727 R. Roma, 25 agosto 1938, ore 13.

Governo fascista -che è stato costante assertore dell'uguaglianza di diritti a favore Ungheria -ha appreso con sincera soddisfazione conclusione accordo che consacrando il diritto dell'Ungheria alla parità in materia di armamenti apre la via a nuove feconde intese.

Prego V.E. di voler accogliere le espressioni del mio vivo compiacimento ed i miei più cordiali ed amichevoli saluti.

430

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPPORTO SEGRETO 6083. Berlino, 25 agosto 19381

Informato telefonicamente del contenuto del Tuo dispaccio del 20 corr. 2 , non ho mancato di portarlo a immediata comunicazione di Ribbentrop, che ho potuto vedere a bordo stesso del Patria.

Egli mi ha risposto:

l) Il solo punto finora veramente deciso è che, in caso di nuove intollerabili provocazioni da parte cecoslovacca. la Germania reagirebbe immediatamente e fulmineamente. La macchina militare è ormai pronta (circa 1.500.000 uomim sotto le armi) e può essere fatta scattare entro un'ora dall'ordine del Fiihrer. In questo caso nessun preavviso all'Italia sarebbe fisicamente possibile.

2) Nessun'altra decisione è stata adottata e nessun'altra eventualità ancora definitivamente contemplata. Ove lo fosse, l 'Italia ne sarebbe preavvisata con la premura richiesta dall'amicizia che ormai lega i due Paesi e i due Capi.

Ho preso atto di quanto sopra, ma ho tenuto ad aggiungere essere mio desiderio che della comunicazione da me fatta fosse informato anche il Fiihrer. Ribbentrop mi ha promesso di farlo subito dopo la partenza di Horthy.

430 ' Manca l'indicazione della data di arrivo. 430 2 Vedi D. 418.

Come avrai notato, Goring non ha partecipato alle cerimonie Horthy dei primi tre giorni. Il suo factotum Generale Bodenschatz mi ha detto che egli era rimasto a Berlino per attendere a conferenze militari di improrogabile urgenza3

431

L'INCARICATO D'AFFARI A MOSCA, BERARDIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 3546/1389. Mosca, 25 agosto 1938 (per. il 29).

Mio rapporto n. 1344 del 18 agosto scorso'.

Mentre continua a mantenersi il riserbo da parte della stampa sovietica a proposito della questione cecoslovacca, il Commissario per gli Affari Esteri ha l'altro ieri manifestato il proprio punto di vista a questo ambasciatore di Germania, il quale, rientrato da poco dal congedo, si preparava di nuovo a partire con il chiaro scopo di informare il suo governo sull'attitudine di Mosca per l'eventaalità di una crisi ne !l'Europa Centrale.

Secondo quanto vengo informato da un segretario di questa rappresentanza tedesca, Litvinov avrebbe dichiarato al conte Schulenburg che, quale che fosse il motivo che potesse determinare un'eventuale azione tedesca in Cecoslovacchia. la Germania sarebbe sempre considerata l'aggressore e quindi l'intervento francese a favore del governo di Praga non potrebbe essere posto in dubbio. L'Inghilterra -avrebbe soggiunto Litvinov -seguirebbe per forza di cose la Francia e l'U.R.S.S. «farebbe del suo meglio» 2

Come ho già segnalato, il conte Schulenburg, in conversazione, mi aveva precedentemente accennato ad una visita che avrebbe voluto fare a Litvinov e nella stessa c~rcostanza mi rappresentò, sulla base dei trattati esistenti fra la Cecoslovacchia, la Francia e l'U.R.S.S., i casi specifici in cui avrebbe potuto verificarsi un intervento francese a favore del governo cecoslovacco (mio rapporto surriferito). Egli, evidentemente dietro istruzioni del suo governo, ha ora voluto qui sondare in proposito, il pensiero del Commissario sovietico, per conoscere il punto di vista dell'U.R.S.S. circa l'azionamento automatico degli impegni contrattuali verso la Cecoslovacchia. Senonché Litvinov -come si è visto gli avrebbe chiuso ogni uscita, sostenendo che in tutti i casi la Germania sarebbe stata considerata come aggressore! Del resto lo stesso Journal de Moscou, con la caratteristica verbosità sovietica, non fa che ribadire la stessa tesi.

430 ' Il documento ha il visto di Mussolini. 431 ' Vedi D. 408. 431 2 Accanto a queste ultime parole, Mussolini ha messo due punti esclamativi.

Sembra doversi qui rilevare come l'U.R.S.S. volendo aver l 'aria di arrestare la Germania dal gettarsi in una «pericolosa avventura», cerchi in sostanza di non mettersi troppo avanti, limitandosi col dire di voler eventualmente fare del proprio meglio, non volendo proprio essa scagliare la prima pietra con una controminaccia che non si sentirebbe di portare eventualmente ad esecuzione3.

432

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 4212/078 R. Varsavia, 26 agosto 1938 (per. il 29).

Due avvenimenti in questi giorni richiamano specialmente l'attenzione e l'interesse di questi ambienti responsabili: riconoscimento da parte della Piccola Intesa della parità di armamenti dell'Ungheria' e il viaggio del Reggente Horthy in Germania. Il primo è accolto con vivacissimo compiacimento. Oltre infatti le note ragioni per le quali la Polonia ha sempre auspicato un riavvicinamento dell'Ungheria alla Jugoslavia e specialmente alla Romania, di cui la Polonia è alleata, si ritiene qui che tale riavvicinamento sarà altresì operante nel senso di rafforzare la posizione dell'Ungheria nell'Europa danubiana, allargando quindi il respiro della sua azione internazionale.

Per le stesse ragioni gli ambienti polacchi non manifestano invece uguale entusiasmo per la visita del Reggente Horthy in Germania e per le accoglienze veramente imponenti che gli sono state colà riservate. Si teme infatti che l 'Ungheria possa essere indotta ad ipotecare in qualche modo la propria libertà d'azione in favore della Germania, mentre è considerato un interesse polacco di prim'ordine che l'Ungheria abbia la libertà di manovra nel quadro dei Paesi danubiani.

L'odierna visita del Reggente rimette qui in circolazione le voci più disparate che vanno da un possibile accordo per un'eventuale collaborazione militare tedesco-ungherese, al problema della successione in Ungheria insinuandosi che Berlino possa avere interesse acché essa sia riservata alla stessa famiglia del Reggente.

431 3 Il documento ha il visto di Mussolini. 432 ' Per il quale si vedano i DD. 440, 441 e 460.

433

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. SEGRETO 7788/4387. Parigi, 26 agosto 1938 (per. il 29).

Trasmetto a V.E., per opportuna conoscenza, copia di un rapporto inviato da questo R. Addetto militare al ministero della Guerra, che riassume le impressioni degli ambienti dello Stato Maggiore francese sull'attività militare della Germania e sulla situazione politica attuale.

ALLEGATO

L'ADDETTO MILITARE A PARIGI, VISCONTI PRASCA, AL MINISTERO DELLA GUERRA

FOGLIO 688. Parigi, 24 agosto 1938.

L'attività militare della Germania viene seguita in Francia con vivissima attenzione poiché la «minaccia>> tedesca costituisce uno dei principali elementi della psicologia francese e rappresenta l'eredità storica di un contrasto che, sotto diversi aspetti, dura da dieci secoli.

La questione cecoslovacca e la possibilità che la Germania operi verso i «sudeti>> come fece verso l'Austria aveva creato in Francia una corrente di opinione decisa ad incrociare le armi con la Germania se questa tentasse l'invasione dei sudeti con la violenza. Queste correnti prevalevano e prevalgono nel!' ambiente militare che ritenevano e ritengono la Francia moralmente legata dai trattati a prestare man forte alla Cecoslovacchia in caso di aggressione. Obbligata moralmente, ciò che non impedisce però a tutti di deprecare la eventualità di una guerra avente la sua origine nei casi cecoslovacchi.

Quelle correnti cecofile avevano definito con un ottimismo forse soverchio e prematuro come un successo della politica franco-inglese l'atteggiamento assunto dalla Germania dopo il 21 maggio di soprassedere nella questione irredentistica dei sudeti.

Ora negli ambienti dello Stato Maggiore francese si ritiene che l'attività militare tedesca nella costruzione di fortificazioni alla frontiera franco-germanica e nella mobilitazione parziale di ingenti forze per le manovre estive e attuali abbiano lo scopo di dimostrare:

0 ) che l'intervento francese a favore della Cecoslovacchia già arduo per ragioni di forza e di distanza. diventa sempre più difficile da quando all'avanzata francese si opporrebbero fortificazioni potenti e profonde:

2°) che dette fortificazioni aumenterebbero considerevolmente la disponibilità operativa della Germania e che quindi la Cecoslovacchia potrebbe essere sommersa prima che l'aiuto francese avesse qualche influenza sugli avvenimenti del! 'Europa Centrale.

I giudizi francesi sulla possibilità di un aiuto alla Cecoslovacchia sono perciò da qualche tempo diventati alquanto pessimistici. specie in seguito all'atteggiamento assunto dal! 'Ungheria rispetto alla Germania.

Parte dei francesi si domanda ansiosamente se l'attività militare tedesca preluda a un'offensiva a breve scadenza o se i preparativi tedeschi vengano attualmente ostentati a solo scopo di pressione politica.

Occorre a~~iun~ere che l'ambiente militare francese non ritiene che i preparativi militari tedeschi siano ~iunti a un punto di perfezione tale che permetta alla Germania di affrontare una ~uerra con esito favorevole.

Ritengono che la Germania difetti di quadri e di materiale e che il funzionamento delle sue divisioni corazzate si sia dimostrato alquanto difettoso in occasione dell'Anschluss. Ad ogni modo gli ambienti militari francesi affermano che la Germania orienta le sue organizzazioni militari ad un sistema di azione bellica ispirata ad una rapida decisione e che quindi la Francia deve mettersi in condizione di non essere sopraffatta nel primo momento, poiché. in successione di tempo. essa riceverebbe ~li apporti di uomini e di materie prime delle colonie e da~li alleati (ln~hilterra-America). che le permetterebbero di prendere il sopravvento per la vittoria finale.

Vi sarebbero perciò, secondo l'ambiente militare francese, due sistemi di guerra in contrasto, corrispondenti alle dottrine politiche:

0 ) sistema della guerra rapida italo-tedesco e degli Stati dittatoriali o totalitari, meno ricchi di denaro e scarsi di materie prime;

2°) sistema della guerra lunga franco-anglo-nord americano, degli Stati «democratici>> ricchi di denaro e di materie prime'.

434

L'INCARICATO D'AFFARI A WASHINGTON, COSMELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 8511/1604. Washington, 26 agosto 1938 (per. 1'8 settembre).

Con riferimento al telegramma del 18 agosto n. 214' e al telegramma Stefani

n. 257 in pari data, trasmetto ad ogni buon fine il testo ufficiale dei discorsi pronunciati dal Presidente Roosevelt il 18 corrente, uno al mattino alla Queens University2 ed il secondo alla inaugurazione del nuovo ponte tra Canadà e Stati Uniti.

434 T. 4092/214 R. del 18 agosto. Riferiva sulle reazioni provocate dal discorso che il Segretario di Stato, Hull, aveva pronunciato due giorni prima alla radio. Hull aveva impostato il suo discorso sul concetto che da quando la libertà veniva distrutta in un numero crescente di Paesi anche le istituzioni politiche e sociali degli Stati Uniti erano in pericolo ed aveva affermato la necessità di collaborare con quei popoli che erano decisi ad attuare un programma capace di arrestare l'illegalità e di assicurare nel mondo pace e sicurezza durature (vedi Relazioni Internazionali, pp. 600-601). Era notevole -osservava Cosmelli -che le dichiarazioni di Hull, pur essendo considerate come un'implicita affermazione di solidarietà nei riguardi della Gran Bretagna, non avessero suscitato le consuete reazioni degli isolazionisti.

434 ' Nel suo discorso Roosevelt aveva affermato che non si poteva impedire al popolo americano di avere un'opinione «circa la sfrenata brutalità, circa un regime antidemocratico, circa la violazione di diritti individuali universalmente riconosciuti>>: tuttociò contribuiva a formare un'opinione pubblica dalla quale poi dipendeva la politica estera del Paese. Ed aveva poi concluso ribadendo che l'America non era più un continente lontano per il quale non aveva interesse ciò che accadeva al di là dei mari (il testo del discorso è in Relazioni Internazionali, p. 60 l).

Mentre il secondo discorso si riferisce a problemi essenzialmente locali e d'interesse limitato al Canadà e agli Stati Uniti, il discorso alla Queens University ha avuto precisi riferimenti di carattere internazionale.

È naturalmente superfluo che mi dilunghi sulle ripercussioni che il discorso ha avuto in Europa nei diversi Paesi con interpretazioni più o meno ufficiali. Negli Stati Uniti la stampa vi ha dato subito immediato notevole rilievo, mettendolo in relazione e anzi inserendolo in un certo senso nel quadro di politica descritto due giorni prima dal Segretario di Stato Hull nel suo discorso alla radio, ritrasmesso anche all'estero e su cui appunto ho riferito col telegramma sopracitato.

Come già per il discorso Hull, le reazioni locali americane al discorso Roosevelt si sono piuttosto riferite all'accoglienza ed ai commenti che al discorso stesso se ne sono avuti immediatamente nella stampa europea, sottolineando anche in questo caso le reazioni favorevoli francesi e britanniche e quelle ostili od ironiche germaniche ed italiane.

Similmente, anche per il discorso del Presidente, sono mancate reazioni autonome americane in senso isolazionista come si erano rivelate in passato a cominciare dal famoso discorso di Chicago dell'autunno 1937', malgrado il Presidente, oltre l'accenno ad una specie di garanzia della integrità canadese, che può suonare effettivamente alquanto strana e si presta all'ironia, abbia delineato sia pure con indirette parole una chiara presa di posizione dell'America in caso di conflitto generale.

È caratteristico a questo proposito il commento che il noto ed autorevole Walter Lippmann, in una corrispondenza da Parigi di giorni fa, ha dedicato al discorso presidenziale di Kingston, da lui considerato come una precisa definizione di politica che acquista tutta la sua forza ed il suo valore appunto in quanto non è una dichiarazione impegnativa di una politica da seguire da parte del governo americano, ma la previsione di quello che sarà per essere lo stato d'animo della maggioranza degli americani in presenza di un conflitto generale che si delineasse con le caratteristiche e nelle circostanze accennate dallo stesso Presidente, previsione che il signor Lippmann e, ormai bisogna riconoscere, molti autorevoli osservatori riconoscono come ben probabile e fondata su seri elementi di osservazione.

Per quanto sia ben difficile, specie da Washington, valutare gli stati d'animo intimi di questo immenso Paese e da qui giudicare quello che sia il sentimento prevalente nei grandi centri di gravitazione americana del Middle West e del West, eccentrici e così diversi da quelli più vicini all'Europa della costa atlantica e di New York, certamente non è possibile non nascondere che nel suo complesso l'opinione del Paese ha subìto in questi ultimi mesi una sensibile evoluzione e che all'isolazionismo programmatico ad ogni costo di tempo addietro si è andata sostituendo la sensazione che gli Stati Uniti non potrebbero essere indifferenti alla lunga ad una guerra generale e ciò non soltanto per ragioni ideologiche ma anche per interessi positivi commerciali e politici. In altri termini, è oggi più difficile poter contare con sicurezza di quanto non fosse un anno fa su un astensionismo americano e sia anzi ragionevole pensare che, ne !l'ipotesi di complicazioni

generali, l'America forse non interverrà specie con forze armate terrestri, ma certamente farà pesare tutto il suo peso di rifornimenti e di attrezzatura industriale a favore di quella parte contendente e belligerante che per ragioni ideologiche e d'interessi conservatori avrà le simpatie della maggioranza degli americani.

In sostanza è pertanto da prevedere che non sia improbabile il riprodursi della situazione del 1916-17.

Naturalmente le osservazioni che precedono hanno valore puramente tendenziale e indiziale e sarà pertanto da seguire con la più vigile attenzione gli atteggiamenti che sarà per assumere sia l'Amministrazione Roosevelt sia l'opinione pubblica ed in particolare il Senato e la Camera dei Rappresentanti di fronte alle tendenze revisioniste del famoso atto di neutralità, la cui discussione ed eventuale trasformazione potrà mettere alla luce tendenze e sentimenti anche più precisi di governo e di opinione generale.

433 1 Il documento ha il visto di Mussolini.

434 1 Vedi D. 8, nota 2.

435

L'INCARICATO D'AFFARI A BUCAREST, CAPECE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 2928/1041. Bucarest, 26 agosto 1938 (per. il 28).

Ha prodotto profonda impressione ed è stata qui vivamente commentata quella parte del comunicato ufficiale 1 della riunione di Bled riferentesi all'eventuale futura modifica del Patto della Società delle Nazioni. Ciò tanto più che in corrispondenze degli inviati speciali dei giornali romeni, pervenute durante i primi giorni della riunione, si preannunciava una dichiarazione tendente a considerare come facoltativo l'articolo 16 del Patto. S'interpreta quindi il testo di cui tratta si nel senso che, su vive insistenze jugoslave, si sarebbe deciso di adottare effettivamente l'interpretazione di «non obbligatorietà» ma ad essa non si sarebbe voluto dare una pubblicità che sarebbe risultata assai spiacevole per la Cecoslovacchia.

La Romania avrebbe appoggiato la tesi jugoslava pur assumendo apparentemente una posizione mediana: avrebbe cioè votato per la tesi Stojadinovié, avanzando al tempo stesso la proposta di non farne cenno nel comunicato.

Non sono in grado di controllare l'esattezza di queste deduzioni.

La stampa romena da parte sua, non fa alcun commento. Tace perfino l'Universul il quale sino a qualche mese fa appoggiava la tesi Titulescu che l'articolo 16 era «sacro ed inviolabile».

La parte più illuminata dell'opinione pubblica, quella cioè che sa leggere tra le righe dei comunicati, si è invece vivamente rallegrata perché comprende che con la decadenza dell'obbligatorietà degli impegni derivanti dali' articolo 16,

435 ' Vedi D. 424, nota 2.

cade finalmente ogni pericolo per la Romania di essere legalmente costretta a far passare sul suo territorio le truppe sovietiche che eventualmente volessero accorrere in difesa della Cecoslovacchia. Essa comprende che il cammino compiuto è enorme, perché ricorda che in un tempo non lontano solo il giovane capo del Partito Liberale Dissidente, Giorgio Bratianu, osava sfidare in Parlamento l'ira di Titulescu e dei suoi accoliti, opponendosi ad ogni impegno che potesse sancire l'obbligo di concedere tale incomodo passaggio ..... E dopo che l'opera del Bratianu, spalleggiata dall'attivissimo ministro di Polonia, signor Arciszewski, era riuscita a rendere impossibile a Titulescu di trattare direttamente con i russi la concessione del «passaggio», si è dovuto cominciare una vera azione per controbattere l 'opera di aggiramento: le richieste cioè ceche e francesi per un «patto di mutua assistenza».

Ed in questa fase dell'azione, l'opinione pubblica romena rammenta l'opera infaticabile svolta dal ministro d'Italia per spiegare in tutti gli ambienti che un patto di assistenza mutua, con uno qualsiasi dei due Stati, dato il meccanismo del patto franco-ceco e ceco-sovietico avrebbe sortito lo stesso effetto: l'obbligo cioè di far passare i bolscevici...

Caduti anche questi nuovi tentativi, l'ultima posizione di coloro i quali sperano che i romeni lascino passare le truppe sovietiche risiede nell'articolo 16 del Patto. Sembra ora che questa posizione stia per crollare. In ciò sta quindi la ragione per la quale l'accenno all'articolo 16 comparso nel comunicato di Bled ha qui destato profonda impressione, vivo interesse, soddisfazione e disappunto.

Ormai la Romania si appresta a non dipendere che dalla propria volontà e cioè dalla propria opinione pubblica: è quest'ultima che al momento cruciale dovrà decidere (il Sovrano non avrà mai da solo il coraggio di opporsi ad essa). Se essa si farà trascinare dalla psicosi generale (come sarebbe avvenuto nello scorso maggio) non oserà negare una richiesta proveniente dalla Francia e forse anche dali 'Inghilterra. Se manterrà invece il suo sangue freddo, la mancanza di ogni obbligo diretto od indiretto, le darà il coraggio di spingere i propri capi ad opporre un reciso rifiuto.

Ciò è stato ben compreso dalla franco-giudaico massoneria internazionale: essa si appresta quindi ad avviluppare la Romania coi tossici della sua più suadente ed intensa propaganda.

436

L'INCARICATO D'AFFARI A BUCAREST, CAPECE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. SEGRETO 2933/1046. Bucarest, 26 agosto 1938 (per. il 29).

Trasmetto a Vostra Eccellenza la qui unita copia di un rapporto riservatissimo inviato da questo Regio Addetto Militare al proprio Ministero e per conoscenza a questa Regia Legazione, circa la situazione cecoslovacca.

Aggiungo che questo Ministro di Germania, Signor Fabricius, mi ha da parte sua testé confermato risultargli che il Fiihrer avrebbe fatto pressioni su Horthy, durante il suo soggiorno in Germania 1 perché l'Ungheria rimanga neutrale in

caso di un conflitto con la Cecoslovacchia. Riferisco l'accenno fattomi dal Ministro Fabricius, dato che egli è -come è noto -congiunto di von Ribbentrop2 •

ALLEGATO

L'ADDETTO MILITARE A BUCAREST, DELLA PORTA, AL MINISTERO DELLA GUERRA

Foauo 5891. Bucarest, 26 agosto 1938.

Ho avuto un colloquio, sulla situazione cecoslovacca con l'addetto militare germanico a Praga, colonnello Rodolfo Toussaint che, come ho segnalato con mio foglio n. 5980 odierno, trovasi a Bucarest per effettuare le sue visite di congedo.

La missione di Lord Runciman può considerarsi completamente fallita: né i sudeti, né i cechi intendono fare sostanziali concessioni: l'accordo è quindi impossibile. Nel corso delle trattative si è notato un grave dissenso fra Benes e Hodza: il presidente della Repubblica cecoslovacca non soddisfatto del modo come le trattative erano state condotte da Hodza ha voluto egli stesso negoziare con Lord Runciman: ma anche le concessioni fatte da Benes non sono e non saranno accettate dai sudeti.

Di fronte a questa situazione, Hitler ha deciso di regolare la questione dei sudeti nello spazio di uno o due mesi facendo ricorso alla forza.

Lo Stato Maggiore tedesco lavora attivamente alla frontiera franco-germanica per condurre a termine le fortificazioni. Dato il numero dei riservisti impiegati e l 'intensità del lavoro (si lavora anche di notte), in quindici giorni i lavori saranno ultimati. Con tali lavori la Germania è al sicuro da eventuali offese francesi alla sua frontiera occidentale.

Inoltre, contro l'intenzione di eventuali offese francesi la Germania si è garantita ottenendo formale promessa, dal Capo del governo italiano che, in caso di attacco francese, l'Italia mobiliterà le proprie forze armate alla frontiera occidentale.

Hitler non vuole un intervento o un aiuto polacco e ungherese, poiché ciò complicherebbe la situazione e, molto probabilmente, scatenerebbe una guerra europea. La neutralità polacca serve per tenere in scacco la repubblica dei soviets, quella ungherese serve per frenare i bollenti spiriti della Piccola Intesa e più specialmente della Romania.

Hitler non esclude un intervento dell'Ungheria: però solo in un secondo tempo e se la situazione lo consiglierà.

Hitler sta in questi tempi attivamente lavorando per guadagnare alla causa germanica Re Caro!: suo ambasciatore sarà il Principe Hohenzollern, zio dell'attuale Re di Romania. Compito del Principe Hohenzollern sarà quello di ottenere la neutralità romena: in compenso Hitler offrirà a Re Caro! la garanzia che l'Ungheria non si muoverà.

436 ' Del 21-27 agosto. Vedi DD. 440, 441 e 460. 436 2 Il documento ha il visto di Mussolini.

La Romania deve assicurare che non prenderà misure contro l'Ungheria e opporsi ad un apporto sovietico attraverso il suo territorio in favore della Cecoslovacchia.

Concludendo:

La Germania sta preparando un intervento armato per risolvere la questione dei sudeti. Perché tale intervento abbia sicurezza massima di riuscita, occorre che la lotta fra Germania e Cecoslovacchia sia circoscritta.

Per ottenere ciò:

-Polonia e Romania devono garantire di non concedere il permesso che uomini e mezzi possano, dalla repubblica sovietica, giungere a quella cecoslovacca;

-Ungheria sarà tenuta tranquilla da Germania a condizione che Jugoslavia e Romania si tengano neutrali. In tale azione di persuasione nei riguardi della Jugoslavia deve concorrere anche l'Italia.

-Francia, qualora attacchi Germania, sarà a sua volta attaccata da Italia che, al primo cenno, mobiliterà. Il Colonnello Toussaint mi ha caldamente raccomandato di non ripetere a nessuno quanto egli mi aveva confidato in grande segretezza.

437

IL MINISTRO A LISBONA, MAMELI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPPORTO RISERVATISSIMO l 511/795. Lisbona, 26 agosto 1938 (per. il l O settembre).

In occasione del colloquio con S.E. Salazar per l'accordo circa le modalità di pagamento delle forniture di nostro materiale bellico al Portogallo, il Presidente del Consiglio e Ministro degli Affari Esteri ha anche toccato, nella lunga conversazione, vari altri argomenti sui quali ho l 'onore di riferire.

Debbo premettere che Salazar appariva fisicamente stanco e depresso. Alla consueta domanda di cortesia sulla sua salute ha risposto con una semplicità un po' sconcertante: «male». E ha ripetuto la parola. Senza transizione, come spesso gli accade il suo viso si è rischiarato di un sorriso, ha detto una frase sul caldo della stagione ed è passato ad altro argomento. Com'è noto, è stato ripetutamente affermato che la sua salute sia tutt'altro che robusta. È anche conosciuto che egli sopporta male il clima estivo del Portogallo. In ogni caso, è un fatto che lavora incessantemente chiuso nel suo ufficio, raramente esce e non si dedica ad alcun esercizio fisico. Questa autoesclusione e questa vita completamente sedentaria del «Dittatore involontario» vengono giudicati cause non ultime di alcuni suoi atteggiamenti poco aderenti alla realtà.

Oltre che fisicamente appariva anche spiritualmente depresso.

Egli stesso ha subito cominciato a parlare della situazione internazionale. Lo ha fatto qualche volta con domande improvvise che potevano sembrare eccessivamente ingenue com'erano formulate ma che in realtà rispondevano più che altro alle sue intime preoccupazioni. Ad esempio la prima. «Avremo la pace o la guerra?». Scarsamente ci si può attendere da tale domanda categorica risposta. Gli ho detto che la durata della pace dipende dalla ferma ed onesta volontà di ciascuno di mantenerla e gli ho domandato se avesse particolari ragioni per temere oggi un conflitto imminente.

Ma più che avere la mia risposta, evidentemente il desiderio di Salazar era di parlare sopratutto egli stesso ed esaminare ancora una volta la principale ansietà che lo assilla. Lo ha fatto come spesso suole un po' filosoficamènte, un po' astrattamente, molto cercando di inquadrare i fatti positivi in una mentalità di governo che non è sempre, o che non è ancora sempre, la sua e moltissimo cattedraticamente. Salazar è rimasto e rimarrà in primo luogo il dogmatico e programmatico professore di Coimbra.

Tuttavia ha cominciato col dirmi perentoriamente come se l'avesse scoperto lui che la pace non è eterna ma che bisogna farla durare il più possibile. Quanta strada hanno fatto le verità proclamate dal Duce anche nell'animo di Salazar tentennante cautissimo ed ecclesiastico, dello stesso Salazar che più di una volta ha avuto l'aria di trovare con non poco sbigottimento che il Governo Fascista dice troppo chiaramente e duramente le sue verità.

Ha affermato che il Portogallo ha bisogno di almeno dieci anni di pace, e anche qui l'assimilazione è troppo evidente per avere bisogno di commenti. È caratteristico che parlando del Portogallo non ha mai accennato alla possibilità che esso possa tenersi estraneo ad un conflitto europeo. Al contrario da tutto il suo discorso appariva la convinzione che non potrà.

Ha riconosciuto egli stesso molto sinceramente il contributo fermo e costante che il Governo Fascista dà alla causa della pace, ha tenuto ad elencare le ragioni che anche noi abbiamo per desiderarla. Per domandarmi poi improvvisamente: «Credete che anche i vostri amici tedeschi la desiderino?». Gli ho chiesto a mia volta che cosa poteva fargli pensare il contrario. Salazar ha pensato un istante ed ha lentamente cominciato a svolgere un'idea generale: «nessuno può desiderare la guerra». Si è interrotto bruscamente a quasi violentemente: «tranne i bolscevichi. quelli la vogliono a tutti i costi e con tutti i mezzi». Salazar anticomunista. Egli lo è sinceramente, tenacemente, ma anche qui, se si deve giudicare dalla sua opera di governo, più astrattamente e teoricamente che i suoi stessi seguaci non desiderino.

Ha proseguito che nessuno desidera la guerra tranne i bolscevichi, ma che vi sono atti che possono determinare la guerra. Benché non lo abbia menzionato era evidente che il suo pensiero era rivolto alla situazione in Europa Centrale. Invece di esaminare o enunciare dati positivi si è lanciato in una dissertazione tutt'altro che lucida sulla differenza della mentalità e del sistema spirituale tedesco. Il fondo di tale ragionamento sembrava essere che i tedeschi prima trovano o annunciano un fatto o un'idea o una volontà, e poi costruiscono una dottrina che li eleva a sistema filosofico intangibile. Salazar aveva l'aria di trovare ciò estremamente pericoloso. Volutamente. forse, il suo discorso è rimasto su un piano prevalentemente filosofico ed era evidente che egli pensava molto anche alla questione religiosa. Non vi è stato mai bisogno da parte mia-dopo la prima domanda-di correggere, affermare o ribattere alcunché sull'asse Roma-Berlino.

Con molto accorgimento Salazar in tutto il suo discorso, pur tendendo a differenziazioni filosofiche di mentalità di popoli, ha mostrato di essere convinto che l'Asse è una realtà vivente com'era ineluttabile ed il fondo del suo pensiero, anche se non espresso esplicitamente a parole, è che noi saremo la forza sana di latino equilibrio. Per descrivere il suo Paese ha detto una frase che gli va riconosciuta: «Noi portoghesi siamo un popolo di origine e quindi di mentalità latina ...» Ha esitato un istante ed ha continuato francamente: « ... di mentalità latina e romana».

Mi ha lungamente parlato della guerra civile spagnola. Non crede che la guerra potrà finire nella migliore ipotesi prima dell'autunno dell'anno prossimo. Lo ha ripetuto più volte, ed ha ricordato che tutte le guerre civili in Spagna sono state lunghissime. La più breve che si ricordi ha durato non meno di sette anni. Benché questa attuale si svolga in circostanze diverse ed eccezionali, sta di fatto che le due forze in conflitto attualmente presso a poco si equilibrano. Occorrerebbe a Franco una massa di cento o centocinquantamila uomini per poter compiere lo sforzo decisivo. Ha aggiunto di aver toccato questo punto in una recente conversazione con Nicolas Franco. e questi gli ha detto che il Generalissimo dispone di tale massa ma che non ha il materiale necessario per armarla ed equipaggiarla. E infine Salazar sembrava sempre convinto della sua vecchia idea. che del resto non è ormai più il solo ad enunciare. che Franco agisce lentamente anche perché è preoccupato dei problemi che dovrà affrontare a guerra finita.

Era notevolissimo in Salazar il mutamento nei riguardi della situazione in Spagna. Sino a pochissimo tempo fa essa costituiva la sua principale preoccupazione. Oggi Salazar sembra considerarla. se non proprio come secondaria. perlomeno non più in primissimo piano nelle sue preoccupazioni. Vi sono probabilmente per ciò varie ragioni. Il pericolo comunista che minacciava di venire dalla Spagna fu per il Portogallo e per i governi portoghesi un durissimo risveglio. La reazione del Governo salazariano fu così pronta e decisiva che portò in determinati momenti ai noti conflitti con l'alleata Inghilterra. Scomparso il pericolo acuto e mentre Franco veniva consolidando la sua posizione. il Portogallo ha ricominciato a valutare i vari fattori esterni. Una Spagna nazionale che fosse domani forte, vittoriosa. armata e unita. non potrebbe essere veduta dai portoghesi con minore apprensione che una Spagna rossa. In questo presentimento i portoghesi non sono stati certamente rassicurati dalle varie manifestazioni del cosiddetto iberismo, qualunque valore possa loro essere attribuito. Sta avverandosi la facile previsione che di fronte al prolungarsi della lotta, dopo il colpo di barra de !l'atteggiamento britannico nei riguardi della Spagna e dopo gli altri fenomeni accennati, Salazar cerca un equilibrio nell'atteggiamento del suo Paese. Egli è inoltre ora tranquillo -dopo il riconoscimento e lo scambio di ambasciatori con la Spagna Nazionale -anche sulle relazioni formali tra i due Governi. Se la situazione potrà svilupparsi in modo che i due estremi siano scongiurati, la minaccia comunista, così come uno Stato Nazionale troppo forte alla sue deboli frontiere, ebbene, ciò non è certo per dispiacergli. Ed ecco perché, probabilmente, il prolungarsi della lotta in Spagna gli sembra oggi meno grave che non ieri. È evidentemente un ragionamento locale assai ristretto, e nasconde per lo stesso Portogallo pericoli enormi. Ma i portoghesi non vedono molto lontano oltre le loro questioni immediate e scarsamente potrebbero. Va inoltre ricordato che gli inglesi da mesi si affannano a persuadere Salazar che il nemico numero uno è la Germania.

D'altra parte, il Portogallo non sfugge, come molti altri piccoli Paesi ad una situazione di elementi contrastanti in cui abbia possibilità di sceverare una propria linea politica. Salazar lo ha tentato qualche volta, e qualche volta vi è riuscito. Ad esempio gli va riconosciuta la fermezza e la dignità non disgiunta da molta abilità con cui ha agito rispetto alla questione di Spagna. Tutto ciò gli è costato sinora un attentato contro la sua vita e due complotti per rovesciarlo dal potere. Nessuno proverà certamente mai se l'attentato fu, come fu ripetutamente affermato e pubblicato, di marca anglo-moscovita, inglese nell'ideazione, comunista nell'esecuzione. Il fatto che nessun indizio -qualunque cosa sia stata detta è stato mai trovato degli attentatori, sorpassa anche la ben nota inefficienza della polizia portoghese. Ma i due complotti militari hanno ben altra fisionomia. Quello del gennaio. assai grave era condotto da capi dell'esercito notoriamente demomassoni. legati all'Inghilterra e alla Francia. Quello dell'aprile. scoperto in tempo e un po' ingenuo come piano ed organizzazione, era stato nettamente fomentato dalla missione militare britannica in Portogallo. È nota con precisione anche la somma che essa pagò e attraverso chi. Salazar ha trovato il Portogallo a rimorchio dell'Inghilterra e ve lo ha lasciato. Vi è la questione delle colonie. Chi le difenderà se il Portogallo si stacca dalla secolare alleanza? Ma questa, così com'era, evidentemente pesava, politicamente ed economicamente a Salazar, promotore, anche se con riserve, tortuosità ed esitazioni, del risveglio nazionale. Non poteva romperla, e l'ha condizionata secondo la formula: rispetto dei reciproci interessi (vale a dire di quelli portoghesi da parte della «Grande Alleata»), piano di assoluta eguaglianza, do ut des. Ecco perché Salazar e lo Stato Nuovo non possono essere un regime che incontra appieno la simpatia inglese.

È stato detto ripetutamente che Salazar è anti-inglese. Non credo che sia esatto. Sarebbe meglio dire che Salazar non è anglofilo e non è disposto a dare

o a lasciare il suo Paese mani e piedi legati in mano ali' alleata. Che egli faccia in questo campo soltanto quanto può è un'altra questione. Alcuni mesi fa egli mi ha detto: «l nostri amici inglesi non vogliono comprendere la minaccia comunista specialmente quando si tratta degli altri .....». Questa volta mi ha detto: «Gli inglesi ed i tedeschi si ritengono una razza superiore». I tedeschi vi entravano evidentemente sopratutto per non lasciar soli gli inglesi, e anche perché essi sono ora in primo piano nei suoi pensieri. Ma continuando li ha lasciati da parte. «Gli inglesi si ritengono una razza superiore e ce lo fanno capire in tutti i modi. Il Portogallo è un Paese povero. Ma quando io penso che la nostra unità nazionale è molte volte secolare e che le nostre frontiere erano da molto stabilite quando gli inglesi non erano ancora niente, il loro atteggiamento mi fa sorridere». La frase era detta in tono moderato, ma essa non nascondeva un risentimento acuto e una certa dose di disprezzo. Sopratutto lo smisurato ipersensibile orgoglio portoghese che vive sopratutto nel passato, che nessuna decadenza varrà mai ad affievolire, e da cui lo stesso Salazar è ben lontano da essere esente in misura ragionevole.

Sembrava persuaso che la situazione in Francia è assai migliorata ma non ha detto che ragioni vaghe di questa sua convinzione. Più che altro essa quadra con le sue idee del momento, come reazione alla Germania. Si è del resto scagliato contro «quella parte dei cattolici francesi così vicini al comunismo». Sembrava preoccupato delle nostre relazioni con la Francia. Gli ho ricordato quale sistematica continua ed intollerabile campagna di ingiurie e denigrazioni sia condotta in Francia contro tutto ciò che è italiano.

Sembrava anche preoccupato che la questione del ritiro dei volontari dalla Spagna possa di molto ritardare la ratifica degli accordi itala-inglesi. Gli ho osservato che noi abbiamo dal canto nostro, con lealtà e precisione fascista, fatto quanto dovevamo o anche più in relazione all'accordo. Noi attendiamo con tranquillità e sicuri di noi stessi. Se l 'Inghilterra comprenderà qual'è il suo interesse e quello generale, la ratifica dell'accordo non potrà tardare, e potrà realizzarsi quello che era uno degli scopi principali per i quali fu stipulato, e cioè di riaprire la via all'antica e sincera amicizia tra i due Paesi. Ma è da osservare e deplorare che troppo sovente parte della stampa ed alcuni uomini responsabili inglesi scrivano, parlino in tutt'altro spirito, ingannando -come a proposito della risposta di Franco alla nostra per i volontari 1 è stato ancora una volta provato nei giorni scorsi -la loro così detta opinione pubblica. -Queste precisioni apparivano tanto più necessarie in quanto certamente Salazar è soggetto a continue pressioni contrarie. Le ha ascoltate con profonda attenzione ed ha annuito.

Circa il razzismo fascista era -dopo l'azione svolta e di cui ho precedentemente riferito -molto bene inquadrato. -L'attitudine della Santa Sede non lo preoccupava. Può sembrare strano in un uomo così profondamente religioso da essere tacciato di clericalismo. Ma qui sta appunto la spiegazione. In materia ecclesiastica egli è di casa e non ha dubbi quando il problema è dogmatico o no, religioso o meno, e circa il grado in cui la Santa Sede si impegna, per quanto clamorosa possa essere la disputa.

Ma improvvisamente a questo punto ha avuto un 'uscita che, nelle circostanze, era perlomeno stupefacente. Mi ha detto senza esitazione che la tradizione del Papa italiano non è che di qualche decennio (sic). L'ho immediatamente interrotto per ricordare cortesemente che ha vari secoli. Salazar non ama contraddizioni specie quando parla ex-cattedra. Ha ripreso in tono dogmatico che la tradizione ha solo qualche decennio. e che sarebbe nell'interesse della Chiesa che essa finisse. e che vi fosse un Papa ad esempio francese. spagnolo

o portoghese. Ecco il punto. Ma l'inopportunità, l'inutilità e la sicumera di tale discorso non ha commenti. Con la cortese deferenza di forma che devo al Presidente del Consiglio portoghese ho risposto che storicamente la tradizione ha oltre tre secoli (se non vado errato l'ultimo Papa straniero fu Adriano VI da Utrecht,

pontificato 1522 -1523) e che ritenevo il problema non attuale e in ogni caso

di esclusiva competenza della Chiesa. Salazar si è subito ripreso e ha girato la

difficoltà con una frase scherzosa e pesante di pretto sapore ecclesiastico: «In

ogni caso non combatto per me; io non sarò certo candidato!».

Ma il candidato che certamente è nel suo pensiero è il Cardinale Cerejeira,

Patriarca di Lisbona, suo condiscepolo a Coimbra ed intimo amico. In relazione . a questa straordinaria uscita di Salazar. non è forse fuor di luogo ricordare le previsioni di questo Nunzio Apostolico sui tentativi che saranno fatti nei futuri conclavi (rapporto 75/23 in data 15 gennaio 1937 /XV2 ). Il Nunzio è un ottimo conoscitore di questo ambiente, anche se lo giudica con una acrimonia molto spesso eccessiva ed anche se ha una vecchia ruggine con lo stesso Cardinale Patriarca. Vien fatto di pensare che già da allora egli avesse dati su questa aspi

razione portoghese.

Con separato rapporto3 ho già avuto l'onore di riferire sulla parte della

conversazione che ha tratto all'accordo per le modalità di pagamento delle forni

ture di materiale bellico. A differenza di precedenti occasioni anche la mia impres

sione di Salazar come negoziatore è stata questa volta meno felice. Non è il fatto

che si sia irrigidito su un punto di vista portoghese. Ciò era ampiamente preve

duto, e del resto una intelligente fermezza non avrebbe potuto che aumentare il

mio rispetto per lui, anche se non mi faceva piacere. È stato il modo, special

mente quando, fra l'altro, ha perso un buon quarto d'ora per tentare di persua

dermi, cattedraticamente quanto (è appena necessario dirlo) inutilmente, che l'ac

cordo è in tutto e per tutto in completo favore dell'Italia. La cosa più indulgente

che posso dire è che non avevo mai incontrato tale sistema in trattative diplo

matico-economiche.

Ho riferito i punti di maggiore interesse della conversazione che è durata

oltre un'ora. La mia impressione generale. devo ripeterlo. è stata quella di un

Salazar preoccupato e depresso. Un Salazar completamente diverso da quello

che conoscevo sinora, di una tranquillità e di una serenità quasi mistiche. In

gennaio quando la situazione interna era così grave di fronte alla sediziosa osti

lità dei capi dell'esercito, che aveva dato le dimissioni, immediatamente respinte,

al Presidente della Repubblica, ho trovato Salazar tranquillo, chiaro nella visione

delle difficoltà che doveva affrontare, fermo nei suoi propositi, anche se astratto

nei suoi principi. Non è stato mai uomo d'azione. Ma come molti uomini di

valore forse traeva energia negli ostacoli immediati di una situazione in cui era

personalmente coinvolto e di cui sapeva valutare tutti gli elementi. Oggi era scuro,

depresso, irritato e preoccupato. Forse perché oggi sente che gli elementi della

situazione sono «cose più grandi di lui».

È Salazar sotto il peso di pressioni inglesi crescenti per concludere i lavori

della missione militare britannica con le stipulazioni troppo gravose per il Porto

gallo che egli ha cercato sin qui di evitare? È possibile. L'indice politico più

437 1 Non rintracciato.

saliente di tutto ciò che egli ha detto è che egli considera la Germania con grande preoccupazione ed ansietà e con malcelata ostilità. È del resto. come ho avuto in varie occasioni l'onore di riferire. un sentimento oggi crescente in Portogallo. Le cause ne sono state esattamente specificate da questo stesso Ministro di Germania: questione religiosa tedesca. Anschluss. timore per le aspirazioni coloniali tedesche. Poiché in tutte le situazioni vi sono elementi contraddittori. sia detto per incidenza che nessun Paese come il Portogallo. dati i noti precedenti. potrebbe vedere in difficoltà con maggior gioia che la Cecoslovacchia. Ma questo è un sentimento locale a parte. Nulla cambia al fondo della questione, il quale è evidentemente che Salazar teme vicino il momento in cui dovrà pagare il durissimo prezzo dell'alleanza inglese, quello di essere trascinato, volente o no lente in un conflitto in cui il Portogallo non ha interesse immediato e per ragioni che non sono esattamente le sue.

In un precedente rapporto sui lavori della Missione Militare britannica in Portogallo ebbi l'onore di segnalare un'informazione molto riservata secondo la quale gli inglesi avevano ripetuto che prevedevano il conflitto a breve scadenza (ottobre); le due Missioni. inglese e portoghese. erano rimaste d'accordo che il nemico comune sarà la Germania ed infine che gli inglesi avevano affermato che in caso di conflitto l 'Italia rimarrà «almeno» neutrale. Da tutte le parole di Salazar balzava alla mia mente il ricordo di questa informazione e, se conferma può esservi in questo genere di cose, molte sue parole ed atteggiamenti confermavano che gli inglesi hanno fatto un lavoro simile.

Un elemento che è lontano dal semplificare la situazione per il Portogallo è che la Germania ha raggiunto l 'Inghilterra nella penetrazione commerciale in questo Paese. e le due nazioni lottano ora con alterna vicenda per il primo posto.

Ho cercato di riferire quanto più fedelmente mi è stato possibile le parole del Presidente del Consiglio portoghese, e ho cercato di inquadrare tali parole e le mie impressioni con i dati in mio possesso. Molte impressioni e giudizi sugli atteggiamenti di Salazar possono apparire duri. Desidero subito aggiungere che essi nulla vogliono togliere ai meriti di Salazar che sono reali. È il primo uomo, e sarebbe meglio dire l 'unico, che da molti decenni in Portogallo, al posto che occupa, serve onestamente, coscenziosamente il suo Paese. Ciò è molto raro dovunque ma è assolutamente straordinario nella tradizione portoghese. Da un punto di vista politico è anticomunista e nemico di ogni forza disgregatrice. Benché con molte incertezze e con qualche riserva, è un esaltatore del risveglio nazionale. Con tutto ciò l'uomo deve essere osservato nel quadro della sua origine politica, della sua particolare mentalità, della .situazione che deve affrontare e del modo in cui l'affronta. Salazar non è stato mai un condottiero di uomini, né capo politico. Era un professore molto quotato dell'Università di Coimbra, che nel principio d'autorità che voleva introdotto nella materia che professava (scienza delle finanze) seguiva più una forma di pensiero che gli veniva dalla sua educazione ecclesiastica (era stato educato in seminario e per molti anni pensò di dedicarsi al sacerdozio) che un'idea politica. Non fece la rivoluzione del 1926 e neppure vi prese parte in qualsiasi modo. La rivoluzione fu fatta da alcuni capi dell'esercito e, dopo non pochi dissensi tra di loro, essi lo chiamarono perché dopo aver preso il potere mancavano di tecnici per esercitarlo. Una prima volta Salazar rifiutò, ed accettò soltanto il secondo invito due anni dopo. Fu dapprima Ministro delle Finanze e poi Presidente del Consiglio. Da allora non ha cercato di assumere nessuna forma e nessuna attività esteriore di uomo politico. Legge sempre i suoi discorsi ed il suo stile, qualche volta efficace e non privo di una certa mistica ispirazione, è ancora piuttosto quello complesso, e secondo le abitudini locali non poco ampolloso, di chi parla dalla cattedra universitaria più che di chi parla al popolo, Né verso il popolo -e questo è il rimprovero più grave che gli viene mosso -egli è mai andato. È un uomo austero e lontano, che lavora nel silenzio delle sue camere e deve fidarsi di pochi consiglieri. Vive modestamente, ed è modesto fino all'alterigia. È sempre uno spettacolo interessante vedere Salazar, nelle pompose e protocollarissime cerimonie portoghesi, in un Paese in cui uniformi e decorazioni sono tradizione e mania, aggirarsi in abito da sera correttissimo senza una sola decorazione, unendo in un gesto di rinuncia che non è più modestia poiché diventa ostentazione spettacolare, tutti gli ordini portoghesi ed esteri di cui è insignito.

In questi ultimi tempi la stampa estera specialmente inglese e francese ha frequentemente esaltato Salazar e lo «Stato Nuovo» in contrapposizione voluta, spesso aperta e sempre larvata, ed altri regimi, particolarmente quelli totalitari. Una leggenda che si cerca di accreditare va sfatata. Salazar non ha ristabilito l'ordine in Portogallo, visto che esso fu instaurato dalla rivoluzione militare del maggio-giugno 1926. Prima di essere completamente ristabilito vi furono altre lotte cruente nel 1927 nonché lotte intestine tra gli stessi capi militari. L'ordine era affidato ad essi ed all'esercito. Salazar fu chiamato dai capi militari al Ministero delle Finanze nel 1928 ed alla Presidenza del Consiglio soltanto nel 1932. Trovò dunque già l'ordine nel Paese mantenuto dall'esercito per oltre sei anni. Oggi, nonostante le belle e mistiche parole con cui egli spiega l'azione dell'esercito nella rivoluzione -la quale tuttavia rimane sempre un pronunciamento delle forze militari seppure in senso migliore -oggi la situazione è praticamente la stessa. Salazar si regge in guanto le forze militari ed i loro capi. primo fra essi il Generale Carmona Presidente della Repubblica. che nella sua assoluta lealtà deve tuttavia spesso agire sui recalcitranti. lo mantengono al potere.

Salazar non avrebbe avuto del resto, né i mezzi, né il temperamento per la rivoluzione, come ancor oggi non ha quelli per creare veramente un solido regime. In vari anni di potere incontrastato non gli ha dato una base politica. Ha lasciato creare l'Unione Nazionale, una specie di fantasma che vive di discorsi platonici e soporifici, risvegliato di tanto in tanto da un gesto di Salazar e poi subito ricollocato nel sonno. Malgrado Salazar. scoppiata la guerra spagnola. si volle creare in un impeto patriottico la Legione portoghese. una specie di Milizia. Da principio vi fu la questione monarchica. Poi vi fu la questione delle armi che per mesi non furono date. e poi date col contagocce. Se Franco non avesse vinto a Badajoz. i rossi avrebbero potuto invadere il Portogallo come ripetutamente ne violarono le frontiere. La migliore gioventù portoghese che voleva unirsi nello spasimo eroico dell'ora non avrebbe avuto un fucile da opporre. In certi momenti Salazar mostra per la Legione una improvvisa tenerezza. Poi la lascia ricadere nell'ombra. Mai le ha dato un capo degno di tal nome. La Mocidade (formazioni giovanili) è un altro esempio caratteristico. È bene organizzata e ha capi ottimi. Ma assieme a tali formazioni statali vivono in concorrenza tutte le altre. Il Capo di Gabinetto agli Affari Esteri di Salazar, il quale è un capitano d'artiglieria in servizio attivo, è anche il Delegato per il Portogallo dei Boys Scouts internazionali e come tale in aperto e violento contrasto con il Ministro dell'Educazione Nazionale che presiede la Mocidade. Queste cose succedono in Portogallo. E si ha quasi il desiderio di ringraziare Salazar quando nelle sue varie interviste afferma enfaticamente che il Portogallo non è uno Stato totalitario.

Salazar mi ha detto che in Portogallo vi sono pochissimi ebrei e ormai nessuna influenza della massoneria. È male informato o vuole far apparire agli stranieri la situazione migliore di quanto non sia? Gli ebrei seguono anche qui il sistema delle autostatistiche e sono non solo in aumento. ma ottimamente collocati nei vari gangli del Paese. Quanto alla massoneria basta citare un esempio. Il capo riconosciuto di essa è il Comandante della Guardia Nazionale repubblicana. che è qualche cosa come la forza armata principale per la tutela de li'ordine pubblico.

A Salazar va riconosciuto il merito di aver rimesso in sesto il bilancio dello Stato proverbialmente in sfacelo. Ciò continua a costituire con un lavoro sottile di alchimia, l'annuale lavoro di cui Salazar particolarmente si compiace. Ogni anno egli annuncia nel preventivo che vi saranno modesti avanzi, due o trecentomila scudi. Poco ma dalla buona parte. Poi ogni anno, per il consuntivo, scoppia la gioiosa sorpresa, una cifra di milioni risparmiati di almeno tre cifre. Ed ogni anno il buon popolo portoghese mostra la stessa ingenua sorpresa e la stampa scioglie inni a questo mago delle cifre e del risparmio. Che il debito pubblico interno ed esterno del Portogallo sia salito a quasi dieci miliardi. mentre la ricchezza nazionale viene calcolata in nove, che la bilancia del commercio con l'estero mostri un disavanzo di oltre il 50% per la cifra enorme per il Portogallo di un miliardo e duecentocinquantamila scudi. che l'analfabetismo superi il 55%; che la mortalità infantile raggiunga la cifra terribile di uno su tre, la tubercolosi e le lue varie nella popolazione oltre 1'80%. che la questione sociale non sia stata affrontata, ed operai e contadini vivano in condizioni che nessuno Stato civile tollererebbe. e che sono il migliore terreno per il comunismo che Salazar vuole combattere, ebb.::ne tutto ciò non sembra menomare la soddisfazione del mago delle cifre. E tutto ciò sarebbe meno deplorevole se non fosse la sicumera con cui ogni cosa è non solo nascosta ma trasformata in un sistema di autoesaltazione che accieca i portoghesi sino a confronti ridicoli con altri Paesi. Salazar ha il torto di permetterli. I portoghesi ad esempio hanno inventato il corporativismo ed esso è superiore a quello fascista. Niente di più e niente di meno. E non hanno un organo corporativo in piedi! Ed in questo stato di cose Salazar si compiace e lascia che altri si compiacciano in sottili distinzioni: il Portogallo non è Stato totalitario ma Stato autoritario, rispetta la libertà individuale sino a limiti così e così, è il regime ideale ed altre cose del genere.

Salazar non può, ma ancor maggiormente non vuole. È pieno di buone intenzwne e di riflessi inversi. Raccoglie quindi la platonica stima di una maggioranza di cittadini portoghesi ma questi non hanno alcuna organizzazione contro le forze contrarie quasi sempre ben organizzate.

Non ha saputo né voluto dare al suo popolo unità, volontà, coscienza nazionale, ma soltanto accennarla in alcuni principi ditirambici ed astratti. Lo Stato Nuovo è una figura platonica piena di incognite, di lodevoli tendenze, di errori e di contraddizioni.

Se dovessi sinteticamente esprimere il mio pensiero sulla situazione odierna in Portogallo. e mi fosse concesso di farlo con una similitudine. direi che essa mi ricorda stranamente un esplosivo della peggior specie. uno degli esplosivi cosidetti instabili. Può darsi che si riesca a conservarlo bene ed adoperarlo come si deve a tempo e luogo. Ma può anche darsi che scoppi all'improvviso. nonostante ogni precauzione. tra le mani stesse di chi vuole adoperarlo.

A costo di dilungarlo ho ritenuto opportuno corredare il presente rapporto con lo studio della situazione, in questo momento, del Paese. Il Portogallo è certamente un Paese piccolo e povero ma ha possedimenti coloniali vastissimi (impero mi sembra scarsamente la parola adatta, benché la si stia rimettendo di moda fra i portoghesi) che già furono, e forse domani saranno fulcro di situazioni di primo piano. Infine, la situazione geografica del Portogallo lo pone in situazione unica come basi atlantiche. Lo studio della situazione di questo Paese potrebbe dunque diventare da un momento all'altro elemento di prim'ordine politico-militare".

437 1 Vedi D. 415, nota l.

437 2 Non rintracciato.

438

IL CONSOLE A BRATISLAVA, LO FARO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 4247/25 R. Bratislava, 27 agosto 1938 (per. il ] 0 settembre).

L'accordo di Bled-dopo un primo momento di disorientamento provocato dalle interpretazioni ceche -viene ora valutato in questi ambienti magiari come felice coronamento del!' azione italiana diretta ad assicurare ali 'Ungheria maggiore libertà di movimento verso la Cecoslovacchia. Si pone in rilievo che l'impegno di «non ricorso alla forza» è condizionato alla soluzione della questione delle minoranze e che -mentre il testo della dichiarazione relativa sarebbe già definitivo tra Ungheria, Jugoslavia e Romania -l'accordo definitivo con la Cecoslovacchia sarebbe in relazione col soddisfacimento delle rivendicazioni della minoranza ungherese. Per non lasciar dubbi di sorta, la direzione del Partito Unito si è subito qui riunita per una pubblica riaffermazione

437 ' Il documento ha il visto di Mussolini.

di intransigenza, riaffermazione che coincide con l'esposizione fatta avant'ieri a lord Runciman e modellata sull'atteggiamento del partito di Henlein (mio telegramma per corriere n. 24 1 ).

Alla persuasione che l'accordo di Bled rappresenti lo «sganciamento» della Jugoslavia dal sistema della Piccola Intesa si aggiunge l'impressione prevalente nei locali ambienti ungheresi che la visita del Reggente Horthy in Germania2 riuscirà a chiarire i punti di possibili frizioni tra Berlino e Budapest per l'eventualità del collasso cecoslovacco.

In concomitanza con l'euforismo ungherese prende qui sempre più piede uno stato di animo di preoccupazione o di attesa cui l'acuirsi della situazione nella regione dei Sudeti e l'«incognita» delle grandi manovre militari del Reich prestano singolari spunti drammatici.

439

IL MINISTRO A PRAGA, FRANSONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 4249/094 R. Praga, 27 agosto 1938 (per. il 1° settembre).

Ho fatto oggi la visita di presentazione a questo ministro degli Esteri. Il signor Krofta, dopo i soliti convenevoli, si è prestato a parlarmi della situazione del giorno.

Circa le questioni nazionalitarie, dopo aver premesso che la materia non è di sua diretta competenza e non poteva quindi essere preciso come avrebbe desiderato, mi ha confermato che si sta cercando una nuova base di trattative (mio telegramma n. 78 del 26 corrente 1) che, ispirandosi al sistema della legge del 1920, ma sostanzialmente modificando le circoscrizioni territoriali, prevederebbe la suddivisione delle regioni in «circoli», alcuni dei quali sarebbero formati interamente da popolazione sudetica (forse tre), in altri i sudetici avrebbero la maggioranza. .

Il signor Krofta ha tenuto a dirmi che l 'idea del nuovo progetto sarebbe sorta dalle conversazioni e discussioni generali, senza dargli una precisa pater

438 'Vedi DD. 440, 441 e 460.

nità, ma in un fuggevole inciso ha dichiarato che lord Runciman è favorevole al progetto stesso e, a mia osservazione, che prima di procedere comunque oltre, si attende il ritorno del signor Gwatkin da Londra. Ha subito aggiunto che caso mai l'elaborazione delle relative proposte richiederebbe uno studio accurato e di qualche tempo. Circa l'altra parte, ha voluto notare il ministro degli Esteri che nel partito dei sudetici vi è chi dimostra buona volontà a raggiungere un accordo, ma vi è pure la frazione intransigente che si tiene ferma su posizioni inavvicinabili. ·

Passando poi alla conferenza di Bled2 , il signor Krofta ha fatto la nota cronaca delle trattative per le dichiarazioni concernenti le minoranze ed ha concluso che la discriminazione voluta dall'Ungheria è stata già accettata nei limiti estremi consentiti dalla dignità e dagli interessi imprescindibili dello Stato, osservando che un precedente creato con l'Ungheria o sia pure l'interpretazione elastica di una parola o di una frase in quella dichiarazione, potrebbe costituire un pericolo nella situazione attuale della Cecoslovacchia. Ciò nonostante, ha aggiunto con certa amarezza il mio interlocutore, «noi siamo disposti a cercare ancora il punto di contatto, ma sentiamo che l 'Ungheria non ha in questo momento l'intenzione di venirci incontro e vuole aspettare la soluzione del maggiore problema che ci riguarda». Riferendosi poi ad alcune corrispondenze di giornali italiani, ha tenuto ad affermare che egli ha subito e volentieri accettato, senza fare la minima osservazione, la formula del comunicato di chiusura della conferenza di Bled3 e che se al riguardo si è determinato un certo ritardo per l'accettazione e la pubblicazione, ciò non può certamente essere attribuito alla condotta del delegato cecoslovacco.

Ha accennato alle sue dichiarazioni circa il riarmo e il non ricorso alla forza senza tentare di sopravalutarle.

Sull'Ungheria è poi tornato il signor Krofta per dire, con profondo rammarico e viva contrarietà, della condotta di Budapest verso questo governo in occasione del viaggio del Reggente in Germania. Per doverosa cortesia il nostro ministro a Berlino, ha raccontato Krofta, si è fatto trovare alla stazione per salutare con gli altri colleghi il signor Horthy; il rappresentante ungherese a Praga è però venuto al Ministero a dichiarare che la presenza del ministro cecoslovacco alla stazione aveva fatto «penosa impressione». Al ritorno del Reggente in Ungheria, via Danubio, Praga si proponeva di fare qualche manifestazione di cortesia al signor Horthy, ma «quale risposta ne abbiamo avuta». Lamentava il signor Krofta con aria scoraggiata e ripetendo -senza voler precisare -«se sapesse quale risposta ci hanno dato!».

438 1 T. per corriere 4246/24 R. del 26 agosto. Riferiva che gli esponenti della minoranza ungherese avevano ribadito a lord Runciman di considerare il programma di Carlsbad come il minimo irrinunciabile.

439 1 T. 4189/78 R. del 26 agosto. Riferiva che la partenza per Londra del principale collaboratore di lord Runciman, Ashton-Gwatkin era probabilmente da collegarsi con l' intenzione del governo di Praga di avviare delle nuove trattative basate su un progetto che prevedeva la creazione di dipartimenti con popolazione etnicamente omogenea.

439 2 Vedi DD. 424 e 427. 439 ' Vedi D. 424, nota 2.

440

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 6132/1809. Berlino, 27 agosto 1938 (per. il 9 settembre).

Ho già riferito all'E.V. nei riguardi della visita del Reggente di Ungheria, ammiraglio Horthy, in Germania, nel periodo 21-27 agosto 1E, con separato rapporto2 , ho

anche accennato alle impressioni qui riportate, nei contatti con le autorità responsabili del Reich, dal presidente del Consiglio, Imredy, e dal ministro degli Affari Esteri, Kànya. Desidero ora aggiungere alcuni altri dettagli, atti a precisare le forme ed il significato che i tedeschi hanno voluto dare a questa visita ungherese.

Premesso che, nel Reich nazionalsocialista ed anzi, addirittura nella Germania del periodo del dopoguerra, le visite ufficiali di Capi di Stato stranieri sono state estremamente rare, aggiungo che, per evidenti ragioni di opportunità politica, si è voluto dare qui alla attuale presa di contatto tedesco-magiara una particolare solennità. Lo scopo è duplice: dare al popolo germanico la netta impressione, all'indomani dell'Anschluss, dell'adesione ungherese, e in pari tempo far vedere all'ospite tutto il valore che può avere per l'Ungheria l'amicizia con il Reich tedesco.

Verso la persona dell'ammiraglio Horthy si è voluto poi compiere il gesto di dare alla visita, innanzi tutto, un carattere capace di rievocare, esaltandolo, il suo passato di marinaio. Così, per la prima volta, il Reich ha concentrato le sue unità navali, non ancora eccessivamente numerose ma già sufficientemente organizzate, per celebrare-con una rivista navale e con il varo di un nuovo incrociatore-l'avvenimento.

Nel varo del Prinz Eugen, nome scelto, per i motivi già noti all'E.V. con mano molto felice, si è voluto riassumere la storia militare dell'Austria-Ungheria e al tempo stesso, dato che quel nome era stato precedentemente portato da alcune unità dell'antica marineria austriaca, significare che la Germania di oggi è l'erede e la rappresentante diretta sul mare delle unità politiche che si estendono dal Mare del Nord al Danubio.

A questa intenzione tedesca l'ammiraglio Horthy ha pienamente risposto con il suo atteggiamento e con la sua palese ed ammirata soddisfazione. Il discorso da lui pronunciato a bordo della nave tedesca Cri/le (mio telespresso n. 613111808 del 26 corr.') sembra pronunciato non già da un Capo di Stato straniero, ma addirittura da un

440 ' L'ambasciatore Attolico aveva riferito a più riprese, dapprima sui preparativi di inconsueta grandiosità fatti dai tedeschi per la visita del Reggente Horthy e poi sullo svolgimento della visita e sui commenti entusiastici della stampa germanica. Tuttociò, aveva osservato l'ambasciatore, andava inquadrato nella direttrice della politica tedesca che tendeva a rendere sempre più stretti i rapporti con Budapest e ad affermare che l'Ungheria ormai aveva aderito pienamente alla politica de li'Asse (telespressi 5697/1671 dell' 11 agosto, 5797/1697 del 15 agosto, 5844/1714 del 16 agosto, 600111778 del 22 agosto e 6092/1804 del 25 agosto).

440 ' Vedi D. 441.

440 ' Non pubblicato. Il Reggente Horthy aveva parlato -alla presenza di Hitler -come ex-comandante della marina austro-ungarica.

ammiraglio germanico. La rievocazione commossa degli antichi legami consacrati dalla guerra tra la marina austro-ungarica e quella tedesca ed il tono di gioia e di soddisfazione con le quali egli ha esaltato le nuova arma navale posseduta dal Reich, vanno al di là dei convenzionali rapporti di cortesia.

Il popolo tedesco ha salutato l'ospite ungherese con viva cordialità, pur senza entusiasmi eccessivi. Si può dire anzi che, forse anche per le non favorevoli condizioni stagionali, l'affluenza popolare sulle strade percorse dai cortei ed in genere alle manifestazioni, non sia stata eccessivamente numerosa. Viceversa, l'adesione ufficiale da parte delle autorità civili e militari e delle alte gerarchie del Partito è stata assoluta e totalitaria. Il Fiihrer stesso, Gi:iring, i comandanti delle Forze Armate, senza eccezione, hanno tenuto ad usare al Reggente ed ai suoi ministri ogni possibile cortesia, pur insistendo un poco troppo, alla moda tedesca, nell'esercitare su di loro come una certa pressione morale con il susseguirsi di spettacoli di imponenza e di forza. Così la rivista militare di Berlino, veramente interessante agli occhi degli stessi Addetti Militari stranieri per i progressi mostrati nel campo degli armamenti, è apparsa come destinata a lasciare agli ungheresi il ricordo di una Germania omnipotente e pronta a qualsiasi evenienza.

La visita, per accennare ad alcuni altri aspetti politici, ha acquistato un significato particolare per la circostanza che essa si è svolta in piena crisi polemica con la Cecoslovacchia. Ho già riferito circa l'episodio, di notevole interesse, della presenza alla stazione di Berlino, al momento dell'arrivo del Reggente, dei ministri di Romania e Cecoslovacchia. E ho anche accennato alla reazione tedesca a tale fatto, reazione che ha preso la forma di una Nota Verbale diretta con urgenza dali 'Ufficio del Protocollo della Wilhelmstrasse a tutte le rappresentanze diplomatiche a Berlino, con la quale si faceva conoscere «non essere prevista la presenza del Corpo diplomatico alla partenza del Reggente Horthy dalla capitale».

I ministri ungheresi, alla lor volta, per togliere il disagio creato dalla presenza alla stazione dello stesso ministro di Cecoslovacchia ed in seguito ad analogo desiderio di Ribbentrop che non ha visto Bled troppo di buon occhio, hanno tenuto a precisare in una intervista concessa alla stampa tedesca prima della partenza che le cosiddette concessioni fatte dalla Piccola Intesa nella riunione di Bled non erano altro che il corrispettivo di altre già fatte precedentemente dall'Ungheria e che, sopratutto, la Cecoslovacchia appariva esserne ancora del tutto estranea, non avendo parafato quell'accordo.

Significativa ad ogni modo la circostanza che, al momento stesso della partenza degli ospiti ungheresi e prima ancora che questi lascino definitivamente il territorio del Reich, la stampa tedesca si è oggi lanciata, in forme sempre più violente, in una nuova polemica contro Praga.

In altre parole, si è voluto quindi dare qui la netta impressione che, con la loro visita, gli ungheresi si sono ancora maggiormente ingranati nella politica seguita da Berlino, politica che del resto, come hanno voluto esplicitamente dichiarare, nei brindisi ufficiali tenuti al Palazzo della Cancelleria, il Fiihrer e Horthy, è quella dell'asse Roma-Berlino. E gli ospiti, in verità, pur con le preoccupazioni ed i dubbi che ho in altra sede riferito all'E. V.', hanno dato prova di aderirvi di buona volontà ed anche, almeno esteriormente, con un certo, entusiasmo'.

441

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPPORTO SEGRETO 6140. Berlino, 27 agosto 1938'.

Ho naturalmente avuto in questi giorni frequenti occasioni di avvicinare sia il Reggente Horthy. sia i Ministri Imredy e Kànya che lo accompagnavano 2

Le conversazioni avute con il primo. sebbene molto cordiali e simpatiche, non sono uscite dal campo protocollare e della rievocazione della sua visita a Roma di due anni fa. Egli parla del Duce come della «figura più grande della storia. superiore a quella dello stesso Napoleone». Ha pure ricordato le vicende dell'impresa abissina qualificandola di leggendaria ed aggiungendo che egli, contrariamente ai suoi stessi ministri del tempo, ha sempre avuto fiducia nel suo successo «perché concepita e condotta da Mussolini». Nell'apprezzamento generale delle situazioni, pur evitando di entrare nei dettagli, Horthy mi è sembrato forse spirare una maggiore euforia che non i suoi Ministri. Prima di partire. mi ha ancora una volta espressamente pregato di volerlo ricordare al Duce.

Con Imredy e Kànya ho invece avuto, ieri mattina, una vera e propria conversazione durata una buona ora. Dopo qualche opportuno approccio da parte mia, hanno parlato entrambi diffusamente e con molta franchezza, Kànya cercando di tenersi un po' più sulle generali, Imredy scendendo invece spesso a precisioni e messe a punto più dirette e specifiche del primo. Punto di partenza: le conversazioni di Roma'. Kànya ha accennato. e Imredy ulteriormente e con una certa preoccupazione sottolineato, che le premesse delle conversazioni di Roma sembravano ormai superate. A Roma si aveva ragione di ritenere che la chiamata in causa dell'Ungheria in connessione con la questione cecoslovacca non avesse carattere di attualità immediata. L'azione ungherese era rimasta quindi orientata, sia nel campo più strettamente politico. sia in quello militare. verso soluzioni a piuttosto lunga scadenza: due o tre anni. Durante questo tempo, l'Ungheria avrebbe potuto, sia maturare e dar corpo ad un riavvicinamento effettivo con la Jugoslavia -dando altresì a questa ampia possibilità di gradualmente sganciarsi dalla Piccola Intesa -sia procedere alla necessaria riorganizzazione delle sue forze e del suo apparato militare.

440 'Vedi D. 441.

440 ' Sulla visita in Germania degli uomini di Stato ungheresi si veda anche il D. 460.

441 ' Manca l'indicazione della data di arrivo.

441 ' In occasione della visita in Germania del 21-27 agosto. Su tale visita si vedano anche i DD. 440 e 460.

441 'Vedi D. 315.

Venuti qui, i ministri ungheresi avevano invece potuto convincersi che la situazione si presenta diversamente. Alle loro richieste di precisioni circa il «quando» era stato risposto -come era stato risposto a me -che, salvo il caso di provocazione, nulla era ancora previsto. Ma l'impressione generale ricevuta da entrambi era diversa. Sembrava loro che qui le cose stessero per precipitare. Anche senza provocazione (sintomatico, in ogni modo, l'annunzio pubblicato oggi che i Sudetendeutsche sono stati prosciolti dall'obbligo finora loro imposto di non reagire alle violenze) è dubbio. precisò Imredy. che la Germania non finisca per marciare in ogni modo. Interruppi dicendo che forse la Germania, per il momento, e se le fosse stata offerta in via di negoziazione pacifica, si contenterebbe anche di una autonomia sudeta, come di una non inutile tappa verso l'annessione. Imredy insistette dicendo che anch'egli prima credeva così, ma che adesso -nonostante le persistenti resistenze, da lui stesso constatate, di una parte del!' elemento militare tedesco e la evidente impreparazione di tutta la parte austriaca dell'esercito-cominciava a dubitarne. Si lamentava, anzi, in proposito di non essere stato bene informato dal proprio Ministro.

Passando alla Jugoslavia. i due ministri ungheresi dichiaravano che la situazioni non aveva fatto. dopo Roma. alcun progresso. Vi era stato, è vero, il gesto Stojadinovié di parafare, con la Romania -senza la Cecoslovacchia -l'accordo di Bled, ma si trattava di gesto di cui non doveva sopravvalutarsi la portata, dato che era stato reso possibile da analogo gesto dell'Ungheria -compiuto per andare incontro alla Jugoslavia -accettando di negoziare con la Piccola Intesa anziché con le singole unità che la compongono. Del resto -aggiungeva Kànya -non era detto che la cosa dovesse necessariamente avere seguito, mentre d'altra parte era ovvio che l 'Ungheria non avrebbe mai potuto muoversi senza sentirsi assolutamente sicura della Jugoslavia.

Richiesti da me se avessero spiegato bene questa situazione ai tedeschi, i Ministri ungheresi mi hanno detto di averlo fatto «così come hanno potuto», dato che ogni loro osservazione era come smorzata dalla «sufficienza» tedesca, specialmente di Ribbentrop. (In una mia conversazione di controllo con Ribbentrop ho infatti accertato da parte tedesca ritenersi che gli ungheresi sarebbero pronti a marciare, se non -a causa di qualche riforma tecnico-militare in corso -subito, almeno fra uno o due mesi).

Altra ragione di preoccupazione da parte ungherese: la contestazione che i tedeschi basano tutti i loro calcoli sulla più assoluta inerzia da parte francese e, a più forte ragione. inglese. Così Kànya come lo stesso Imredy mi dichiaravano essere invece su questo punto assai dubbiosi e perplessi. Sembrava ad Imredy che le probabilità di un intervento francese -non tanto basato sulla lettera dei trattati quanto reso ineluttabile dalle necessità stesse della situazione politica generale -fossero «almeno 50 contro 50».

Richiesti anche qui da me se avessero esposto francamente ai tedeschi questi loro dubbi, i ministri ungheresi mi risposero di averlo fatto, ma di essere stati come bloccati da espressioni e da sorrisi di superiore compatimento. Jugoslavia, Romania, Russia da una parte; Francia e Inghilterra dall'altra: nessuno avrebbe osato di muoversi. Che se anche qualcuno di essi lo avesse fatto, la Germania era ormai in condizione di tenere facilmente testa a tutto ed a tutti. Questo senso di eccessiva euforia, espressione di una impreparazione psichica a quella che avrebbe potuto essere la realtà degli avvenimenti, aveva molto impressionato e preoccupato gli ungheresi.

A mia domanda se queste loro impressioni si basassero esclusivamente sul contegno e le dichiarazioni di Ribbentrop oppure anche del Fiihrer, i Ministri ungheresi hanno risposto che, per esperienza avutane durante tutti questi giorni, essi hanno potuto osservare che, per quanto Ribbentrop dia alle sue dichiarazioni quel maggior colore che gli deriva dal suo zelo e dal suo desiderio di figurare, pure, in fondo, «egli non fa che ripetere la mattina quello che ha inteso dal Fiihrer la sera prima».

Concludendo: i Ministri ungheresi, specialmente Imredy, lasciano Berlino con un certo senso di preoccupazione. Essi sono come sgomenti all'idea che il loro Paese possa essere chiamato ad entrare in lizza da un momento all'altro e decisi a nulla fare senza che la situazione nei loro riguardi sia soddisfacentemente chiarita. Richiesti da me se e quale messaggio conclusivo essi desiderassero affidarmi per il Duce e per l'E.V.. così Imredy come Kànya mi hanno incaricato-oltre che di porgere i loro ossequi più devoti -di far presente che per essi la situazione nei riguardi jugoslavi rimane sempre la stessa e che «l 'Ungheria non farà mai niente fin quando non sia esplicitamente assicurata almeno della neutralità jugoslava».

In complesso mi pare di poter dire che i Ministri ungheresi siano allarmati -forse persino oltre misura -sia dalla possibile imminenza di una guerra, sia dall'altezza -evidentemente maggiore delle loro stesse previsioni -del piano di «superiorità» in cui la Germania si è politicamente posta. Imredy non mi sembra avere troppe simpatie per i tedeschi. Credo che egli ne voglia coltivare l'amicizia esterna per poterli meglio combattere all'interno.

Intanto, posso anche aggiungere che, appena imbarcato Horthy per Norimberga, Hitler ha -ieri sera stesso -preso il treno per recarsi (informazione Neurath) a «ispezionare il fronte».

P.S. Sugli incontri magiaro-tedeschi di questi giorni mi sono intrattenuto oggi anche con Ribbentrop, il quale però non mi ha detto nulla di specialmente interessante4•

442

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. SEGRETO 6146. Berlino, 27 agosto 19381 •

Ho domandato oggi a Ribbentrop se egli avesse informato il Fiihrer di quanto aveva formato oggetto della comunicazione da me fattagli a bordo del Patria (mio rapporto del 25 corrente n. 60832).

441 ' Il documento ha il visto di Mussolini. 442 1 Manca l'indicazione della data di arrivo. 442 2 Vedi D. 430.

Ribbentrop mi ha risposto di sì. aggiungendo che il Fiihrer aveva anch'egli preso buona nota della comunicazione stessa ma che per il momento non poteva che confermare quanto lo stesso Ribbentorp mi aveva già detto.

Ribbentrop mi ha rifatto quindi per l'ennesima volta l'esposizione del suo punto di vista sulla situazione. Mentre non mi ha detto nulla di nuovo, mi ha dato però l'impressione che, salvo sempre il caso di provocazione, la soluzione della questione cecoslovacca sia in questo momento qui considerata come comportante un relativamente più largo respiro di quello che non potesse apparire prima. Non ho avuto cioè la sensazione di «imminenze».

Che anzi, mentre Ribentrop ha espressamente alluso alla possibilità, sempre che gli interessati ne comprendessero finalmente l'utilità, di soluzioni pacifiche purché veramente «sostanziali», d'altra parte sempre per il caso, ormai pacifico, di sicura reazione, cioè di provocazione, egli si è espresso così: «Un secondo 21 maggio -non si ripeterà certo. Ove si ripetesse, la Germania -fosse questo fra un giorno, fra un mese o fra un anno -non mancherebbe di reagire totalitariamente e fulmineamente. È chiaro d'altra parte che la Germania non potrebbe contentarsi delle soluzioni a 50 anni data ... propugnate da Benes oppure a tipo ginevrino come quella di cui parla la stampa di ieri (diete semiprovinciali)».

Prima di accommiatarmi Ribbentrop mi ha assicurato ancora che, appena la situazione si aggravasse al punto da divenire di effettiva attualità, egli me ne avrebbe informato e ciò at the earliest possible moment.

Ribbentrop ritorna in campagna fino al Parteitag'.

443

IL MINISTRO A SOFIA, TALAMO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 4222!1641. Sofia, 27 agosto 1938 (per. il 3 settembre).

Mio rapporto del 23 agosto u.s. n. 4182/1618 1

L'opinione dei circoli governativi si dimostra soddisfatta dei risultati della Conferenza della Piccola Intesa a Bled. Si ama qui di rilevare la similitudine sulle intese finora raggiunte fra la Piccola Intesa e l'Ungheria, e l'accordo di Salonicco, che, secondo i sostenitori del medesimo, avrebbe anzi aperta la strada alle sistemazioni pacifiche in questa regione di Europa.

Il punto se l'accordo di non ricorso alla forza da una parte e di riconoscimento del riarmo ungherese dall'altra, sia da stipularsi per patti separati ovvero con un patto collettivamente sottoscritto dalla Piccola Intesa, come collettivamente dali 'Intesa Balcanica è stato sottoscritto quello di Salonicco, non è apparso qui del tutto

442 ' Il documento ha il visto di Mussolini. 443 1 Non rintracciato.

chiaro a tenore del comunicato finale della Conferenza2 , ed è seguito con interesse, giacché vi si attribuisce un valore di principio e si gradirebbe, presumibilmente, una formula analoga a quella dell'accordo di Salonicco, che concorrerebbe in qualche modo a scagionare per confronto la Bulgaria delle accuse di eccessiva flessione nei riguardi dell'Intesa Balcanica. Tale interesse emergeva del resto chiaramente dalle parole dello stesso Presidente del Consiglio che riferivo a Vostra Eccellenza con mio telegramma n. 158 del 24 corrente3 Anche l'impegno di non ricorso alla forza

da parte dell'Ungheria è oggetto di non poco interesse, giacché ci si domanda se esso comporterebbe solo un richiamo alle precedenti obbligazioni generali dell'Ungheria in tale materia così come la Bulgaria ha inteso di fare in sede dell'accordo di Salonicco, ovvero se esso costituirebbe un'obbligazione nuova che verrebbe a gravare sulla politica ungherese, e darebbe risalto per confronto a una maggiore indipendenza della politica bulgara in non dissimili condizioni.

Chiara è invece apparsa l'espressione del comunicato finale della Conferenza per quanto riguarda i negoziati in corso fra l'Ungheria e i tre Stati della Piccola Intesa, i quali per la loro stessa natura dovrebbero condurre ad accordi separati. Nel commentarmi questo punto il direttore degli Affari Politici del ministero degli Affari Esteri mi ha detto che occorreva pur riconoscere che nella circostanza la Jugoslavia aveva saputo procurarsi una posizione di privilegio, giacché, disgiunta dagli altri, avrebbe potuto più rapidamente degli altri soci della Piccola Intesa giungere a delle favorevoli conclusioni con l'Ungheria, dalla quale la separano problemi di più facile soluzione che non quelli ceco-ungheresi e ungaro-romeni.

Gli indizi di una nuova efficiente organizzazione politica nel bacino danubiano sono ampiamente raccolti da tutta la stampa, la quale -come ho avuto agio di osservare nel mio rapporto del 30 corrente n. 4269/16594 -fa espliciti accenni ad un rafforzamento dei legami esistenti tra l 'Ungheria e le Potenze dell'Asse, mettendo in rilievo come, in seguito ad avvenimenti di portata storica, l'Italia, l'Ungheria e la Jugoslavia siano divenute confinanti con il Reich e si sia così naturalmente formato nel cuore dell'Europa un aggruppamento di Stati uniti da relazioni così eccellenti da render superflua, secondo la nota espressione del Fiihrer, la difesa militare delle nuove frontiere.

Grande rilievo viene dato agli articoli della stampa italiana che affermano la Piccola Intesa essere ormai vuota di ogni contenuto e quindi praticamente tnesistente, mentre sulle sue rovine dovrà sorgere una nuova alleanza danubiana con esclusione della Cecoslovacchia: in relazione a ciò, i giornali sottolineano ripetutamente la possibilità di un decisivo miglioramento dei rapporti italo-romeni e fanno larga parte alla eventualità di una visita del ministro romeno degli Esteri a Roma.

443 ' Vedi D. 424, nota 2.

A titolo puramente informativo riferisco infine la notizia attinta in un giornale polacco dal quotidiano Zora, secondo la quale sarebbe imminente la restaurazione della monarchia in Ungheria nella persona del figlio del Reggente Horthy. La nuova dinastia verrebbe amichevolmente accolta in Italia ed in Germania e non troverebbe opposizione da parte della Jugoslavia; le pretese degli Asburgo alla Corona di Santo Stefano non potrebbero poi provocare nessuna difficoltà perché dopo l' Anschluss il Principe Ottone è stato messo completamente da parte. La questione religiosa, essendo la famiglia Horthy di confessione protestante, sarebbe stata esaurientemente discussa a Roma durante la visita del Presidente Imredy in Vaticano e avrebbe trovato facile soluzione in una futura conversione del figlio del Reggente Horthy al cattolicesimo. Lo stesso giornale non manca, peraltro, di riservare molto spazio a notizie di fonte romena secondo le quali la Conferenza di Bled ha potuto raggiungere risultati positivi solo mercé il fattivo intervento dell'Italia, la quale avrebbe agito di concerto con la Jugoslavia per conciliare i punti di vista contrastanti nel doppio intento di creare un'Ungheria forte e di migliorarne sostanzialmente i rapporti con Belgrado: ciò lascerebbe adito a supporre, sempre nelle induzioni del giornale, che entro il sistema dell'Asse l'Italia avrebbe voluto costituire una specie di contro assicurazione nei riguardi di Berlino.

443 3 T. 41551158 R. del 24 agosto. Kiosseivanov aveva dichiarato al ministro Talamo che, così come era da escludere che l'Ungheria in seguito all'accordo di Bled modificasse la sua politica favorevole alle Potenze deli'Asse, allo stesso modo era da escludere che la Bulgaria dopo gli accordi di Salonicco modificasse la sua politica estera, orientata -egli affermava verso Roma e Berlino.

443 4 Non rintracciato.

444

L'ADDETTO MILITARE AGGIUNTO A BERLINO, BADINI, AL MINISTRO DELLA GUERRA

FOGLIO SEGRETO 1430. Berlino, 27 agosto 1938.

Faccio seguito al mio foglio n. 1391 del 18 agosto c.a. 1

I colloqui ed i contatti avuti posteriormente con un ufficiale di questo ministero della guerra, con i colleghi addetti militari e con altre personalità germaniche, mi permettono di confermare quando ho esposto circa i preparativi e le intenzioni germaniche contro la Cecoslovacchia. L'esercito, e non esso soltanto, risulta avere effettivamente avuto l'ordine di preparare tutto per un'azione a breve scadenza. Ne sarebbe argomento determinante la persuasione radicata in queste sfere politiche (a differenza di quelle militari dove sussistono tuttora fortissimi dubbi in proposito) che nell'attuale momento, né Francia, né Inghilterra sarebbero in grado né avrebbero la volontà d'intervenire a favore della Cecoslovacchia. A quanto mi risulta, com'è naturale, il Fiihrer non ha ancora preso la decisione definitiva. Continuano frattanto i lavori di fortificazione soprattutto alla

444 ' Non rintracciato. È ad esso che, con ogni probabilità, si riferiva l'ambasciatore Attolico nel D. 407, dove sono sintetizzate le notizie raccolte dal tenente colonnello Badini.

frontiera occidentale, dove, a quanto mi risulta, continuano ad essere avviati, a mezzo ferrovia e a mezzo autostrada, fortissime quantità di materiali destinati alla costruzione delle opere, allo stendimento di reticolati e all'armamento delle postazioni costruite o in corso di costruzione.

Secondo notizia non potuta ancora controllare, sarebbero state inviate al confine occidentale anche numerose artiglierie e a quello orientale continuerebbero ad affluire mezzi e materiali di ogni sorta.

A questo proposito segnalo come sia qui molto diffusa nel popolo la credenza, accompagnata da una certa preoccupazione e malumore, non solo sulla prossima azione verso la Cecoslovacchia, ma anche su un susseguente conflitto generale in Europa. A tale proposito è qui molto diffusa la voce (che riferisco a puro titolo di cronaca non avendola ancora potuta controllare) che negli scorsi giorni gravi incidenti sarebbero accaduti alla stazione di Potsdam al momento della partenza di numerosi operai inviati di autorità a lavorare alle opere della frontiera occidentale. A quanto si dice (la radio di Mosca ne dava ieri sera notizia) le mogli e madri degli operai avrebbero tentato di opporsi alla partenza dei famigliari e avrebbero tumultuato fino a quando la polizia non è pervenuta, a stento, ad allontanarle.

Sempre nel campo dei «SÌ dice» sembrerebbe imminente una disposizione governativa che renderebbe obbligatorie l O od Il ore di lavoro giornaliere.

A proposito dell'Italia, gli stessi ambienti pensano che in ogni caso essa «starebbe a guardare»; un ufficiale di questo ministero col quale sono in continuo contatto. e che di solito è sempre molto bene informato, mi ha manifestato ieri le stesse idee e mi ha dichiarato che è sua convinzione che l'Italia rimarrebbe neutrale. Mi ha ripetuto, inoltre, che tutti gli ambienti sono pessimisti e ritengono ormai inevitabile un conflitto nella illusione che questo si limiti alle sole due parti in causa.

Mi ha dichiarato che, personalmente, conserva ancora qualche speranza, ma che il momento critico si sarebbe attraversato tra la fine di settembre e la metà del!' ottobre.

Gli ambienti militari stranieri di questa capitale continuano a ritenere inverosimile che la Germania possa pensare a scatenare un conflitto finché i suoi armamenti non avranno raggiunto un più alto livello e fino a quando le sue fortificazioni ad occidente non saranno state ultimate: cosa che nessuno pensa possa avvenire entro due mesi, come si vorrebbe far credere dalle Autorità germaniche.

In tale giudizio, naturalmente, concorda anche lo scrivente ricordando (in base a notizie ufficiali detratte da pubblicazioni tedesche del dopoguerra) come la famosa linea Sigfried lunga circa 150 Km. abbia richiesto ben 5 mesi di lavoro e 65.000 uomini. Si tratta, ora, di lavori di natura un po' diversa, di linee non continue, ecc. ma anche di una estensione di terreno maggiore, sia nella kmghezza che nella profondità, sicché l'esempio sopraricordato può avere una certa verosimiglianza e servire come utile paragone.

Sempre a proposito di un possibile conflitto, il mio interlocutore mi ha spontaneamente tornato a dichiarare che in tal caso sarebbe forse conveniente, ove si stessero per prendere decisioni definitive, di darne preventivo avviso al nostro Paese: cosa che, a sua domanda e premettendo che parlavo del tutto personalmente, ho dichiarato che sarebbe non solo opportuno, ma necessario.

Da tutto l'insieme, invece, mi risulta che perdura qui, nei nostri riguardi, un tale stato di diffidenza da far ritenere probabile che, in caso di azione, il «preavviso» sia del tutto analogo a quello dato al momento della marcia sull'Austria.

In conclusione, la situazione continua ad essere tesa e gravida di pericoli; i responsabili del regime sarebbero tendenzialmente tratti ad usare la maniera forte; le alte autorità militari si preparano febbrilmente per eseguire gli ordini di azione che temono di ricevere entro un mese o poco più, senza osare di insistere -se non in sordina -sulla impreparazione complessiva dell'esercito e sulla certezza (assai radicata nelle loro più alte sfere) che una marcia in Cecoslovacchia, non potendo -date le misure militari ceche e il fermo proposito di quel Paese di difendersi fino all'ultimo sangue -avvenire in modo fulmineo sia seguita da un conflitto generale in cui la Germania senza o sia pure anche col concorso delle altre due Potenze legate da un patto comune e che hanno gli stessi ideali, minaccerebbe presumibilmente di subire una débacle; le masse popolari cominciano ad essere inquiete, fiutano un pericolo grave, temono un nuovo 1914 seguito da un nuovo 1918, sussurrano (parlo, naturalmente, delle classi della cosidetta media borghesia) di aver sì fiducia nell'esercito ma che a capo di esso sarà messo, ali' ultima ora, una personalità del partito incompetente e si chiedono perché ne sia stato tolto, proprio in questo momento, il von Fritsch che godeva la fiducia degli alti comandi militari e, quindi, della nazione.

Se si verificasse la notizia, accennata in questi giorni dalla stampa estera, che l 'Inghilterra stia per dichiarare pubblicamente che sarebbe a fianco della Francia anche nel caso che quest'ultima fosse trascinata ad agire per soccorrere una nazione alla quale è legata da un trattato solenne, probabilmente la Germania sarebbe indotta a non dar fuoco alle polveri e ad accontentarsi, per il momento, della larga autonomia che (soprattutto per merito dell'intervento dell'osservatore inglese, Jord Runciman) la Cecoslovacchia dovrebbe concedere alle popolazioni dei Sudeti.

Ed ho l'impressione che l'enorme maggioranza del Reich ne sarebbe felice.

445

L'INCARICATO D'AFFARI A BUCAREST, CAPECE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. SEGRETO 2964/1063. Bucarest, 29 agosto 1938 (per. il 31 ).

A seguito del telespresso di questa Regia Legazione n. 2933/1046 del 26 corrente' mi onoro di rimettere qui unito a Vostra Eccellenza copia del rapporto

445 ' Vedi D. 436.

n. 5996 in data 28 agosto, inviato da questo Regio Addetto Militare al proprio Ministero e per conoscenza a questa Regia Rappresentanza2

ALLEGATO

L'ADDETTO MILITARE A BUCAREST, DELLA PORTA, AL MINISTERO DELLA GUERRA

FOGLIO 5996. Bucarest, 28 agosto 1938.

A seguito mio foglio n. 5981 del 26 corrente 3

Ho avuto un secondo colloquio col colonnello Toussaint, rientrato ieri sera 27 c.m. a Praga, sullo stesso argomento: «la situazione cecoslovacca».

Egli mi ha raccontato di essere stato ricevuto in udienza da Re Carol, il quale per quarantacinque minuti lo ha tempestato di domande sulla situazione dei Sudeti cecoslovacchi. Il colonnello Toussaint ha riportato l'impressione che il Re fosse ansiosissimo di conoscere se vi sarà o no una guerra europea, che potrebbe trascinare nel conflitto il suo Paese.

Il Re Caro! è convinto che Hitler giudica serenamente e con calma la situazione, ma teme che il suo entourage possa trascinarlo a fare qualche passo falso. Il Sovrano è convinto che la Russia non si muoverà, poiché il suo esercito è fatto più per l'interno del Paese che per una guerra all'estero. Dell'esercito cecoslovacco il Re non ha eccessiva fiducia: sembra che abbia espresso qualche sfavorevole giudizio sugli ufficiali, mentre ha pronunciato parole di stima, secondo Toussaint eccessive, sul capo della missione militare francese a Praga, generale Faucher, ufficiale vecchio d'età ma giovane di energia.

Il Toussaint mi ha ripetuto:

l) la decisione dei tedeschi di risolvere con le armi e, al più presto, la questione: il primo incidente, di qualsiasi natura sarà il casus belli;

2) la decisione dei tedeschi di risolvere la questione entro il mese di ottobre p. v.;

3) l'impossibilità, per la Francia, di attaccare la Germania. La Francia conosce benissimo che da sei mesi, mezzo milione di uomini stanno lavorando sul Reno. Se la Francia attacca (poiché è escluso che la Germania svolga un'azione offensiva contro la Francia), l'insuccesso francese è sicuro date le numerose e potenti fortificazioni alla frontiera occidentale, dato il carattere del popolo francese, prontissimo e unanime nel difendersi da un attacco tedesco e a muovere al contro-attacco, ma non altrettanto deciso a muovere per il primo ad un attacco, dati gli accordi con l'Italia e data la situazione spagnola;

4) la disponibilità di 140 divisioni tedesche che permette a Berlino di difendere le frontiere e di risolvere rapidamente il conflitto con la Cecoslovacchia;

5) la decisione del Fiihrer di circoscrivere il conflitto fra la Germania e Cecoslovacchia, senza un intervento ungherese, il cui apporto (qualche divisione) mentre non sarebbe certo di grande ausilio per la Germania, farebbe decidere all'intervento Romania e Jugoslavia;

445 3 Vedi D. 436, allegato.

6) la missione affidata al Principe Federico di Hohenzollern di guadagnare la neutralità romena assicurando:

a) nei riguardi dell'Ungheria una «temporanea» rinuncia alle rivendicazioni territoriali ungheresi in Transilvania e il non intervento ungherese nella questione cecoslovacca;

b) nei riguardi della Russia, l'intenzione assoluta tedesca di impedire che aiuti sovietici giungano in Cecoslovacchia. Se la Romania non impedirà l'arrivo di tale concorso sovietico la Germania si vedrà costretta ad agire per distruggere, con la sua aviazione, tali aiuti, anche se trovinsi nel territorio romeno (bombardamenti aerei, artiglierie, ecc.);

7) l'intenzione tedesca di non volere inglobare i sei milioni di cechi e di lasciare la Slovacchia autonoma sotto la sovranità ungherese;

8) l'assicurazione del perfetto e intimo accordo Duce -Ftihrer. A tal proposito, il generale Fouché ha a Praga dichiarato che in quest'anno Hitler vuoi riunire tutti i tedeschi sotto la supremazia della Germania, mentre Mussolini occuperà la Corsica e le colonie francesi d eli' Africa settentrionale.

Tutto dipende -ha concluso il Toussaint -dall'Inghilterra.

Noi siamo convinti che essa non si muoverà. Ma se vorrà farlo, lo faccia pure. Quanto a lord Runciman, noi tedeschi, lo ignoriamo: tant'è vero che il giorno stesso del suo arrivo in Cecoslovacchia, il nostro ministro ha ricevuto ordine di lasciare Praga.

Gli inglesi trattano questioni politiche come giuocano una partita di golf ma questo non si può fare con una Germania forte e amica dell'Italia.

445 2 Il documento ha il visto di Mussolini.

446

IL MINISTRO A PRAGA, FRANSONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 1401/865. Praga, 29 agosto 1938 (per. il 4 settembre).

Telespresso di questa R. Legazione n. 1370/845 del 21 corr. 1

Quella che secondo le previsioni doveva essere una settimana tranquilla per permettere a Runciman di raccogliere i numerosi elementi di giudizio fornitigli dalle varie parti in contesa e poter quindi più attivamente procedere nel tentativo di trovare una via d'uscita alla questione cecoslovacca, è stata invece caratterizzata da avvenimenti di notevole importanza, che vengono generalmente ricollegati a notizie di sondaggi germanici presso varie capitali in merito alla soluzione del problema sudetico.

Tali avvenimenti sono: improvvisa convocazione di Ashton-Gwatkin a Londra ed elaborazione di una nuova base di trattative da parte del governo ceco

slovacco (mio telegramma n. 078'), discorso di Simon' e secondo incontro di Runciman con Henlein (mio telegramma n. 794 ).

Improvvisamente, il 25 corrente Ashton-Gwatkin, dopo aver avuto un lungo colloquio con Henlein, è partito in volo per Londra per riferire ad Halifax. In molti circoli praghesi si è pensato che Gwatkin si recava in Inghilterra a sottoporre al governo britannico un elaborato di Runciman e che sarebbe tornato con un vero e proprio progetto per la risoluzione del problema delle nazionalità. Certo è che nessuno mette in dubbio che il viaggio del consigliere di Runciman preluda all'inizio di una fase più attiva della missione e denoti l'intenzione inglese di affrettare le trattative in vista del Congresso di Norimberga.

Questa fase di maggiore attività deve anzi essere già in atto e ad essa sembra indubbiamente dovuta un'inattesa decisione adottata giovedì dal Comitato dei ministri politici dopo una riunione presieduta dallo stesso Benes. Abbandonando tutti i progetti finora faticosamente preparati, i cechi si sono decisi a proporre una nuova base di trattative che, ispirandosi ai principi di una legge del 29 febbraio 1920 -mai applicata -sulla ripartizione amministrativa del territorio della Repubblica, consentirebbe ai fini dell'autonomia amministrativa la costituzione di distretti o «circoli» quanto possibile omogenei dal punto di vista etnico

(v. mio telegramma per corriere n. 094 del 27 corr.').

Il nuovo progetto governativo dovrebbe essere presentato ai tedeschi dei Sudeti nella corrente settimana, ma non si hanno ancora elementi sicuri per prevedere quale accoglienza sarà ad esso riservata. L'atmosfera non presenta finora segni di distensione e sono sempre i comunisti che più specialmente soffiano nel fuoco. In alcune località hanno avuto luogo in questi giorni manifestazioni di aderenti ai partiti di sinistra ed i vari oratori si sono unanimemente opposti alla ricerca di una nuova base di trattative, raccomandando la presentazione al Parlamento dei provvedimenti già studiati dal Governo. In una riunione organizzata dai comunisti avrebbero parlato perfino due ufficiali dell'esercito e con fogli volanti diffusi dagli amici di Mosca si incita il popolo ceco alla resistenza.

Alla notizia riportata dalla stampa sudetica della diffusione di una circolare comunista con la quale si tenterebbe di organizzare un vero piano di mobilitazione

446 'Vedi D. 215.

446 ' Vedi D. 439.

rossa -ne allego ad ogni buon fine la traduzione6 -sembra doversi collegare l'emanazione di un fiero proclama del partito sudetico. Il deputato Frank, firmatario del proclama, ritenendo che gli ultimi incidenti verificatisi contro i tedeschi «dimostrano che non si tratta di singole ed improvvise azioni individuali ma di atti premeditati» ritira ordini precedentemente dati ai membri del partito e restituisce ad essi la libertà di far uso del diritto di legittima difesa in caso di aggressione. Il Governo ha risposto con un comunicato nel quale fra l 'altro si dice che se il proclama, qualificato come «atto illegale», servirà a «turbare la pubblica quiete e la sicurezza incontrerà il severo ed energico intervento del servizio di polizia di Stato».

Tali manifestazioni non hanno servito certo a rasserenare l'atmosfera e a preparare gli animi ad una distensione. Runciman si rende conto di tale situazione e lo dimostra sviluppando la sua azione mediatrice. Come ho telegrafato poco fa7 , ieri egli ha incontrato per la seconda volta Henlein ed oggi sarà ricevuto da Benes. Ma la parola decisiva si attende da Hitler presso il quale Henlein dovrebbe recarsi nei prossimi giorni.

446 1 Vedi D. 421.

446 1 Si riferisce al discorso pronunciato il 27 agosto a Lanark da sir John Simon. Circa il problema cecoslovacco, il Cancelliere dello Scacchiere aveva richiamato le dichiarazioni fatte da Chamberlain ai Comuni il 24 marzo, per affermare che quelle dichiarazioni erano ancora valide e che non c'era <<niente da aggiungere o da variare al loro contenuto>>. [Nel suo discorso, Chamberlain, dopo aver ricordato gli obblighi di assistenza derivanti dal patto della Società delle Nazioni, aveva aggiunto che se anche la capacità della Società delle Nazioni di adempiere alle sue funzioni appariva ridotta. ciò non voleva dire che la Gran Bretagna non sarebbe intervenuta in difesa dell'ordine costituito ed aveva poi ricordato l'amicizia con la Francia e gli interessi comuni che legavano i due Paesi]. Il testo del discorso di Simon è in Relazioni Internazionali, pp. 614-615; quello del discorso di Chamberlain è ibid., pp. 273-276.

446 4 T. 4216/79 R. del 29 agosto. Circa il discorso di sir John Simon, il ministro Frausoni riferiva che esso era stato interpretato a Praga «come un monito rivolto da Londra a Berlino perché consideri che l'Inghilterra non consentirà aggressione Cecoslovacchia».

447

L'AMBASCIATORE IN CINA, CORA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 4226/303 R. Hong Kong, 30 agosto 1938, ore 7,44 (per. ore 14,30).

Ministro Tani in una conversazione con Rossett Desandré gli ha detto, esprimendo desiderio che quanto segue sia portato a conoscenza R. Governo:

l) fusione governo provvisorio con quello riformato avrà luogo quanto prima, forse anche prima della caduta di Hankow, che militari giapponesi prevedono tra tre settimane;

2) governo giapponese riconoscerebbe immediatamente nuovo governo;

3) Tani si augura che governo italiano sia il primo a riconoscerlo, sia pure de facto;

4) atteggiamento governo italiano dopo caduta Hankow sarà vero barometro amicizia italiana.

Tani ha chiesto se Taliani presenterà credenziali Chunking, non nascondendo che tale accreditamento potrebbe rafforzare prestigio morale governo comunista Chiang Kai-shek.

Dopo aver rilevato analogia tra futura situazione governo cinese a Chungking

446 ' Non pubblicata. 446 7 Si riferisce al telegramma di cui alla nota 4.

e quello abissino a Gore, ha soggiunto che ritiene impossibile che Chiang Kaishek potrà governare Cina cui parte più vitale sarà controllata dai giapponesi1

448

IL MINISTRO A PRAGA, FRANSONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 4233/81 R. Praga, 30 agosto 1938, ore 20,25 (per. ore 24 ).

Mio telegramma n. 791 e mio telespresso n. 865 del 29 corrente2

Si ha qui impressione che questione ceco-tedesca avvicinerebbesi fase culminante.

Annunziasi Benes proponesi ricevere Henlein e Kundt e emanare proclama.

In questi circoli governativi si dice che cechi faranno ogni sforzo per ricercare base accordo prima del congresso di Norimberga, andando incontro per quanto possibile a richieste avanzate da Henlein a Carlsbad. Si parla anche della possibilità del riconoscimento gruppo etnico tedesco come personalità giuridica.

Si teme qui che, in caso di mancato accordo, si chiederà a Norimberga plebiscito che si ritiene difficile poter rifiutare senza mettersi contro principi democrazia. Respingendo cechi domanda plebiscito, si prevede potrà essere avanzata proposta riunione conferenza internazionale cui, nel caso, Cecoslovacchia chiederebbe partecipazione U.R.S.S.

449

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARO NE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 4236/137 R. Varsavia, 30 agosto 1938, ore 21,52 (per. ore 5,30 del 31 ).

Le not1z1e che giungono qui sulla situazione internazionale provocano profondo malessere che trova larga rispondenza nel nervosismo dei giornali che

appaiono con intere colonne censurate.

Politica di Beck è vivacemente criticata dagli organi di opposiziOne e le difese fattene dai giornali ligi al governo riescono poco efficaci presso queste masse tendenzialmente anti-tedesche.

Malgrado che i giornali siano stati impediti dal darne notizia, sono informato che disordini gravi si sono verificati in questi giorni a Bydgosc con molto più larghe conseguenze di quelle di Gdynia (mio telespresso 2356/894 del 25 corrente').

Le dimostrazioni hanno assunto qui carattere nettamente anti-tedesco al grido di abbasso Hitler ed abbasso Beck.

La polizia è intervenuta in forza per difendere uffici consolari del Reich e case proprietà dei tedeschi. Le vetrine e le insegne dei negozi appartenenti a cittadini di nazionalità germanica sono state fracassate.

Questo ambasciatore Germania che era in congedo Omsk, tornato oggi a Varsavia vedrà domani Beck, dopo di che si recherà a Berlino per conferire. Mi riservo telegrafare ulteriormente.

447 1 L'ambasciatore Auriti, al quale era stato trasmesso questo telegramma, faceva presente che a Tokio non era stato sollevato il problema del riconoscimento del nuovo governo cinese e che comunque era inammissibile che un alto funzionario diplomatico giapponese si permettesse di dire che l'atteggiamento italiano dopo Hankow sarebbe stato <<il vero barometro dell'amicizia italiana>>, quasi che le prove di amicizia date fino a quel momento dall'Italia fossero state poche e di scarso valore (T. 4643/655 R. del 19 settembre).

448 1 Vedi D. 446, nota 4.

448 2 Vedi D. 446.

450

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, PIGNATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 4229/106 R. Roma, 30 agosto 1938 (per. stesso giorno).

Stamane è venuto a v ed ermi il Gr. Uff. Vignoli, presidente centrale d'Azione Cattolica. Egli ha voluto mettermi al corrente delle conversazioni avute con S.E. il Segretario del Partito'.

Mi ha parlato, poi, della sua posizione quale presidente centrale d'Azione Cattolica, dicendosi esautorato e risoluto a ristabilire la sua autorità o a lasciare il posto. Pare che gli si renda difficile di vedere il Papa, mentre il Santo Padre gli ha espresso il desiderio di vederlo più spesso.

Ho ascoltato lo sfogo e ho dichiarato al mio interlocutore che la crisi attraversata dali' Azione Cattolica non può considerarsi superata. È necessario mettere ordine n eli' Associazione. I dirigenti delle singole sezioni agiscono indipendentemente dal presidente centrale e dai vescovi e prendono iniziative che sono in aperta opposizione agli accordi del 193 F in contrasto con le stesse direttive papali.

Il Vignoli ne ha convenuto e mi ha comunicato che il Pontefice, nell'ultima udienza, gli ha raccomandato di rispettare e di fare rispettare lealmente gli accordi in discorso e di raccomandare, in suo nome, ai dirigenti d'Azione Cattolica la prudenza e la pazienza. Il presidente centrale pubblicherà prossimamente, in occasione del terzo anniversario della morte del suo predecessore Comm. Ciriaci (3 settembre), un articolo commemorativo e in quell'occasione ripeterà le parole del Papa.

Ho risposto che mi compiacevo delle buone disposizioni dimostrate dal Pontefice, tanto più che le virtù delle quali egli raccomanda, molto opportunamente, l'osservanza, ossia la prudenza e la carità, non sono proprio quelle ch'egli pratica di consueto. Anche sabato scorso, parlando a pellegrini francesi e bergamaschi (mio telegramma n. l04'), si è lasciato andare a gravi intemperanze di linguaggio. La Segreteria di Stato, informata a tempo, aveva provveduto a fare larghi tagli al discorso papale che L'Osservatore Romano aveva pubblicato, poi, in sunto.

Comunque, era indispensabile che l'Azione Cattolica la smettesse una buona volta di assumere atteggiamenti politici. Solo a questo patto le cose sarebbero andate a posto. Le direttive del Pontefice sull'indirizzo esclusivamente religioso de li' Associazione, debbono essere seguite rigorosamente. È indispensabile che da parte dei dirigenti di molte sezioni, si muti radicalmente indirizzo. Se così non avverrà, avremo presto nuovi e più seri guai.

Il Gr. Uff. Vignoli mi ha intrattenuto, poi, della situazione di Bergamo che, a suo avviso, permane grave. Continuano le manifestazioni pubbliche e le vessazioni (sono sue parole) e si lanciano offese al vescovo e anche al Papa. Il federale di Bergamo esige che siano sostituiti due dirigenti locali d'Azione Cattolica i quali secondo il vescovo, pure avendo appartenuto al Partito Popolare se ne sono staccati molto presto, e non potrebbero essere colpiti, sulla base degli accordi del 1931. Di più la loro posizione sarebbe stata esaminata in passato e trovata regolare dai dirigenti locali del fascismo.

Il presidente centrale d'Azione Cattolica mi ha informato che il Pontefice deve avere ricevuto questa mattina il vescovo di Bergamo. Il Gr. Uff. Vignoli ha visitato ieri quel prelato. Gli ha raccomandato di guardarsi dali 'impressionare il Pontefice. Nello stesso senso avrebbe parlato, a mons. Bernareggi, il Segretario degli Affari Ecclesiastici, mons. Tardini, il quale ritornato ieri dalla licenza, ha ripreso la direzione del suo ufficio. Il Papa -mi ha detto Vignoli -stima molto il vescovo di Bergamo e c'è pericolo che, se quest'ultimo gli prospetta la situazione di Bergamo a tinte fosche, il Pontefice pronunci, domani mercoledì giorno d'udienza pubblicar uno dei suoi soliti discorsi intemperanti. Però, domattina, di prim'ora, mons. Tardini vedrà il Papa e procurerà di calmarlo se lo trovasse irritato per le notizie comunicategli dal vescovo di Bergamo.

450 'T. per corriere 42151104 R. del 29 agosto in cui l'ambasciatore Pignatti aveva riferito sulle allocuzioni pronunciate dal Pontefice due giorni prima ad un gruppo di pellegrini francesi e successivamente a dei pellegrini bergamaschi, nelle quali si era riferito al difficile momento attraversato dali' Azione Cattolica ed al problema del razzismo.

Secondo il Gr. Uff. Vignoli, l'incresciosa situazione di Bergamo potrebbe essere risolta, se il federale ricevesse istruzioni di sospendere gli attacchi contro l'Azione Cattolica, in attesa che la posizione dei due dirigenti incriminati, fosse esaminata in modo equanime.

Ho domandato a Vignoli se era autorizzato a farmi l'anzidetta proposta. Mi ha risposto negativamente, soggiungendo di avere intenzione di patrocinare l'idea presso il cardinale Pizzardo e la Segreteria di Stato e di parlarne, eventualmente, al Papa.

È mia impressione che in seno ali' Azione Cattolica domini la confusione. I responsabili di questo stato di cose sono in primo luogo, il Papa il quale pretende dirigere personalmente l'Associazione e non riesce ad averla in mano. Riceve e ascolta troppe persone in modo che ognuno dei dirigenti di sezione, si crede investito di speciali ordini del Pontefice e agisce indipendentemente dal potere centrale del quale s'infischia. Il secondo responsabile è il cardinale Pizzardo che, favorendo il gonfiamento dell'Azione Cattolica, si è, poi, dimostrato, in pratica, incapace di dirigerla fermamente. Il terzo è il Gr. Uff. Vignoli che da due anni tiene il posto di presidente centrale, senza autorità. Il suo predecessore, Comm. Ciriaci, comandava e si faceva obbedire.

Il Vignoli mi ha detto, nellasciarmi, che si propone d'intrattenere, per l'avvenire, rapporti continuati con questa R. Rappresentanza. Gli ho risposto che sarò sempre disposto di vederlo.

449 1 L'ambasciatore Arone vi aveva dato notizia degli incidenti avvenuti tra polacchi e tedeschi a Danzica e nella vicina zona costiera. incidenti che, pur non avendo rivestito carattere di particolare gravità apparivano indicativi dell'avversione reciproca che permaneva tra i due gruppi etnici nonostante l'azione dei governi che in quel momento non desideravano vedere turbati i loro rapporti.

450 1 Su quel colloquio, l'Agenzia Stefani aveva diramato un comunicato il 20 agosto.

450 2 Riferimento agli accordi del 2 settembre 1931 tra La Santa Sede e il governo italiano che regolavano le attività del!'Azione Cattolica. Il testo degli accordi era stato reso subito di pubblica ragione attraverso la stampa.

451

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 4291/0172 R. Budapest. 30 agosto 1938 (per. il 3 settembre).

Mio telegramma per corriere n. 0167 del 23 agosto u.s. 1

Il conte Esterhàzy, giunto per poche ore a Budapest lunedì scorso per riferire al governo ungherese circa le ultime fasi della questione cecoslovacca, non potendo attendere il ritorno di Kànya ha parlato con il conte Csàky. Al capo di Gabinetto del ministro degli Affari Esteri ha fatto presente che la situazione in Cecoslovacchia sta assumendo carattere allarmante e decisivo e che probabilmente i nodi sarebbero venuti al pettine fra breve, in settembre. L'eccitazione dei sudeti, dei cechi e degli ungheresi sarebbe giunta ad un diapason altissimo

e tutti e tre scontano una soluzione qualsiasi purché rapida ed a prossima scadenza. La missione Runciman si troverebbe in una posizione sempre più difficile per l'opposizione palese dei cechi (avrebbero avuto luogo a Praga degli incidenti e dimostrazioni ostili alla missione la quale avrebbe minacciato di ritirarsi).

Esterhàzy ha detto che alle sue dichiarazioni Csàky avrebbe risposto che il governo ungherese «sperava» che nulla sarebbe sopravvenuto fino alla prossima primavera. Ciò preoccupa i capi della minoranza ungherese in Cecoslovacchia i quali contano su una pronta e tempestiva azione del governo di Budapest al momento più adatto.

Secondo voci che corrono presso i sudeti, ha detto Esterhàzy, Hitler sarebbe propenso ad una azione improvvisa ed immediata (forse subito dopo il discorso di Norimberga).

Sempre secondo Esterhàzy, la Russia negli ultimi giorni avrebbe rallentato la sua pressione sulla Cecoslovacchia; si tratta però di una impressione di informatori locali.

451 1 T. per corriere 4147/0167 R. del 23 agosto. Riferiva sul colloquio che un membro della legazione aveva avuto su vari argomenti (incontro Runciman-Henlein del 18 agosto, conseguenze della morte di padre Hlinka) con il conte Esterhazy.

452

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO

LETTERA SEGRETA. Roma, 30 agosto 1938.

Seguiamo col più vivo interesse quanto tu c1 vieni comunicando nei confronti della situazione cecoslovacca. Sta bene quanto Ribbentrop ti ha detto1 Mi rendo conto che, in gran parte,

lo sviluppo della situazione dipende dalla politica di Praga. Ma non è nemmeno da credere che il Fiihrer non abbia già fissato i suoi piani in rapporto ad ogni possibile eventualità. Non sarà certo un bel mattino ch'egli prenderà d'improvviso le sue decisioni: queste son già fin d'ora coordinate e meditate. Almeno, tale è la nostra logica convinzione.

Noi dobbiamo sapere più di quanto adesso non si sappia. Il nostro atteggiamento è stato sempre tale da non lasciare adito a dubbi e ad equivoci. La recente comunicazione, che ti ho incaricato di fare a Ribbentrop 2 , era molto significativa circa le intenzioni del Duce.

Noi dobbiamo prendere misure di carattere militare e le dobbiamo prendere per tempo. Noi non dobbiamo e non possiamo e non vogliamo dare l'impressione al popolo italiano che siamo stati sorpresi dagli eventi.

452 'Vedi D. 418.

Bisogna che i tedeschi si rendano conto di tutto ciò. E che siano con noi più espliciti circa le intenzioni e i programmi. Con la tua consueta abilità, trova il modo di far sapere quanto precede a Ribbentrop e meglio ancora al Fiihrer'.

452 1 Vedi DD. 430 e 442.

453

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPPORTO SEGRETO 6215. Berlino, 30 agosto 1938.

Il nuovo ambasciatore d'Egitto a Londra, signor Nashat Pascià, già ministro a Berlino, ha dovuto rientrare nella capitale tedesca per grave malattia della moglie. L'ho quindi riveduto, avendo con lui una conversazione che reputo doveroso riferirti.

l) Nashat Pascià ha visto a Londra così Halifax come Chamberlain. Egli è rimasto colpito dalla spontaneità e dalla cordialità con la quale i due uomini parlano dell'Italia. Specialmente il Primo Ministro è felice dell'accordo a suo tempo raggiunto con noi e intende fare tutto ciò che è in lui per salvarlo. L'accordo fu fatto in un momento in cui, nella più perfetta buona fede, entrambi i contraenti credevano in una fine pressoché immediata della guerra di Spagna. Gli eventi si incaricarono di smentire queste previsioni. Ciò dispiace forse più all'Inghilterra che all'Italia. Ma. ha detto Chemaberlain. Musso lini non deve innervosirsene. Appena le due parti contendenti spagnole (il colloquio NashatPascià-Chamberlain avveniva oltre un mese fa) avranno definitivamente «accettato» il piano britannico2 e si saranno dichiarate pronte ad eseguirlo lealmente. il Primo Ministro farebbe un nuovo tentativo per l'entrata in vigore immediata dell'accordo.

Nashat Pascià continuava lamentando che Franco avesse risposto' in maniera equivalente al pratico rigetto del piano britannico. Gli ho chiarito che Franco non aveva rigettato nulla: aveva soltanto chiarito che il piano britannico, così com'è, è praticamente inapplicabile. Se anche fosse così -replicava Nashat Pascià -perché non accettare il piano, lasciando che i fatti si incaricassero di dimostrarne la pratica inapplicabilità?

Ho osservato a Nashat Pascià che anche ammettendo, in linea tattica, la opportunità del sistema da lui suggerito, non vedevo come una risposta più o

452 ' Si veda per il seguito il D. 455. 453 1 Manca l'indicazione della data di arrivo. 453 ' Vedi D. 289, nota 2. 453 3 Vedi D. 415, nota I.

meno positiva di Franco avrebbe potuto influire sull'entrata in vigore dell'accordo anglo-italiano. A noi non risultava, per quanto sapessi io, che l 'Inghilterra attendesse per l'entrata in vigore d eli'accordo la semplice «accettazione» del piano, ma bensì ch'ella richiedesse la «esecuzione», più o meno integrale, del medesimo.

Nashat Pascià insistette che così non era. Chamberlain aveva parlato a lui di accettazione e non di esecuzione. Io chiarii ulteriormente a Nashat Pascià la portata della distinzione. Egli, nonostante che i miei ripetuti richiami avessero leggermente attenuato la sua sicurezza, mi rispose concludendo: «Mantengo la mia interpretazione, se non al l 00%, per lo meno al 90%. Io (Nashat Pascià) ebbi la netta impressione che Chamberlain si preparasse a domandare l'entrata in vigore dell'accordo appena il governo di Roma avesse dato la prova che, per parte sua (leggi Franco), aveva fatto tutto il possibile per l'applicazione del piano. Se poi questo si rivelava praticamente inapplicabile. tanto peggio, ma l'accordo anglo-italiano ne sarebbe uscito salvo».

Questa interpretazione di Nashat Pascià potrebbe essere errata. Ma potrebbe, una su cento, non esserlo e forse varrebbe la pena di accertarlo. Comunque, rimane da registrare la spontaneità e cordialità con cui Halifax e Chamberlain parlano, anche in occasioni e con persone non sospette, dell'Italia e del loro desiderio di andare d'accordo con essa.

2) Ma la parte più interessante della conversazione Nashat Pascià non è questa. Nashat Pascià ha visto qui anche Ribbentrop, il quale gli ha parlato della situazione cecoslovacca. autorizzandolo a riferirne liberamente agli inglesi.

Ribbentrop ha lamentato preliminarmente con l'ambasciatore egiziano che l 'Inghilterra si occupi della Cecoslovacchia che non si trova nella sfera d'influenza dell'Inghilterra. Questa pensi agli affari suoi e lasci la Germania vederscia direttamente. e da sola. con la Cecoslovacchia. Che se l 'Inghilterra non lo facesse. andrebbe incontro a gravi. molto gravi sorprese. Essa «dovrebbe fare i conti» con l 'Italia nel Mediterraneo (l'Asse non è stato mai -ha riconosciuto Ribbentrop-tanto solido quanto ora) e con il Giappone nell'Estremo Oriente. Ed il Giappone non si limiterebbe ad attaccare il settlement inglese in Cina; esso attaccherebbe addirittura le Indie; sarebbe la fine del l 'Impero Britannico ...

Queste le parole di Ribbentrop, che io mi son fatto ripetere due volte e sulle quali non vi è dubbio possibile di interpretazione. Incidentalmente aggiungerò che, per quanto riguarda il Giappone, ancora l'altro giorno, a mia domanda, Ribbentrop mi diceva che il suo famoso emissario, che poi io ho qui identificato nel noto Raumer (che Tu conosci personalmente) era bensì arrivato dal Giappone «but has not reported as yet».

Questo linguaggio di Ribbentrop. il quale da una parte spende con i terzi l'Italia come sonante moneta propria e dall'altra dice poi a me per due volte che la Germania prende tutti. su se stessa. gli oneri ed i rischi dell'impresa ceco-. slovacca, rende molto perplessi e pensierosi. Bluff? Faciloneria, oppure rivelazione di recondite speranze? Davvero si fa sicuro affidamento su noi per una guerra contro l 'Inghilterra? E allora perché non dircelo? E perché non chiamarci partecipi alla trattazione diplomatica della questione -impegnante questa automaticamente anche noi -tanto più che ci si vuole partecipi alle sue ultime conseguenze? La risposta datami ancora l'altro giorno da Ribbentrop, che, salvo il caso di provocazione, nulla è stato deciso, non mi suffraga. Nella coscienza generale l'Asse, ancorato a due uomini come il Duce ed il Fiihrer, vale un'alleanza. Ove noi, in caso di guerra, non ci sacrificassimo per la Germania al cento per cento, passeremmo poi forse agli occhi dei tedeschi per traditori? Nella mia visita ai rurali di pochi giorni fa, una vecchia signora ottantenne, von Arnim, figlia di un antico ministro prussiano a Roma, mi diceva quasi piangendo: «Speriamo che in quest'occasione l'Italia ci rimarrà fedele ... !».

Potrò sbagliarmi. ma mi sembra che tutto questo abbia bisogno di una chiarificazione altrettanto rapida quanto esauriente:

-Cosa precisamente si intende di fare?

-Cosa si attende da noi?

Ciò tanto più che. per quanto si può veder di qua. la situazione precipita. Lo sdegno manifestato per il discorso Simon1 tradisce soltanto il disappunto di non vedere finalmente l'Inghilterra lavarsi le mani della questione cecoslovacca. Checché se ne dica, qui si ripete l'errore del 1914: ci si imbarca in un' avventura capace di condurre alla guerra, sperando sempre che l'Inghilterra si mantenga neutrale. Ora così non è. Henderson, che in questo momento partecipa a Londra a una specie di consiglio straordinario di guerra, mi ha prima di partire ripetuto ancora una volta: «L'Inghilterra farà il possibile e l'impossibile per evitare una guerra. ma se questa sarà inevitabile. essa l'affronterà con tanta maggiore energia e sicurezza quanto maggiori saranno stati gli sforzi da essa fatti per evitarla». Aggiungi che la stolida deliberazione fatta prendere-ed annunciata -di prosciogliere i sudeti dall'obbligo di non reagire alla violenza, è stata interpretata in Inghilterra come la chiara prova del desiderio tedesco di creare l'incidente e la provocazione. Vedi la immediata reazione del governo inglese che, a mezzo di un comunicato ufficiale contro cui qui non si è avuto il coraggio di protestare, è insorto contro il provvedimento. Ogni atto di questo genere è un impegno di più per l 'Inghilterra. E, sicura dell'appoggio inglese, anche la Francia marcia.

A completare il quadro non manca che una constatazione. La flotta tedesca. come emerge da una relazione che ho sotto gli occhi del nostro Addetto Navale\ è assolutamente incapace di tenere neanche lontanamente testa alla flotta inglese. Il peso di tutta la guerra marittima sarebbe quindi lasciato. praticamente intero. sull'Italia?

Tutto questo ritengo mio dovere sottomettere, altrettanto rispettosamente quanto francamente, a Te che sei il mio Ministro5

453 'Vedi D. 446, nota 3. 453 4 Non rintracciata. 453 ' Il documento ha il visto di Mussolini.

~5

454

IL MINISTRO A SOFIA, TALAMO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPPORTO 4270. Sofia, 30 agosto 1938 (per. il 3 settembre).

Una ripercussione tardiva ma non impensabile dell'accordo di Salonicco 1 è stata costituita da un manifesto di protesta distribuito in pochi esemplari su foglietti volanti dattilografati, prontamente scomparsi per il presumibile timore di misure di polizia, sì che non mi è stato facile di conseguirne l'acclusa copia tradotta2 Pure il testo, breve e violento, ne è stato largamente diffuso in vari

ambienti, provocando una certa impressione e molti commenti. La protesta è diretta contro la politica «rinunciataria» del governo bulgaro, consacrata dali' accordo di Salonicco, e si scaglia con minacce contro il Re additato quale responsabile di tale politica.

Si ritiene che più che dagli ambienti nazionalisti, la protesta di cui trattasi possa essere diramata da ambienti della disciolta Lega militare attinenti al movimento del noto colonnello Velcev, giacché essa coincide con un certo malumore che serpeggia, come già segnalai a Vostra Eccellenza, fra elementi specie della più giovane ufficialità dell'esercito. Ciò è quanto a dire che l'origine di tali manifestazioni di opposizione dovrebbe finalmente essere fatta risalire alla Jugoslavia,

o più precisamente alla Lega militare jugoslava i cui legami non interrotti col movimento di Velcev sono notori; e la supposizione potrebbe essere avvalorata dalla circostanza che la protesta, tacendo della Jugoslavia, colpisce direttamente il Sovrano, secondo le direttive di quel movimento che tende ad eliminare la dinastia a premessa indispensabile per una futura unione con la Jugoslavia. Comunque, la mano jugoslava nella circostanza è apparsa chiara provocando, come credo, più reazioni ai moventi che adesioni alla sostanza del manifesto.

Quindi, ancora una volta, un gesto errato da parte jugoslava che andrebbe ad aggiungersi alle imprudenze ed errori di valutazione che hanno concorso a determinare nella opinione bulgara, dopo gli accordi bulgaro-jugoslavi', i lineamenti della politica di Belgrado verso questo Paese e fondamentalmente contribuito, come riferii a Vostra Eccellenza, a sospingere la Bulgaria sulla strada degli accordi di Salonicco.

Nonostante talune smentite ufficiali jugoslave, che in verità hanno qui suonato piuttosto un rinvio che non una esclusione del problema nelle mire di Belgrado, l'opinione bulgara è fin troppo convinta che in troppi e troppo influenti ambienti politici jugoslavi si considera la Bulgaria come l'oggetto di un futuro

454 ' Vedi D. 363, nota 2.

454 ' Non pubblicata.

454 'Riferimento al trattato tra Bulgaria e Jugoslavia del 24 gennaio 1937 (vedi D. 64, nota 2).

assorbimento nei più vasti confini di un grande Stato slavo del sud; e sotto questo aspetto fin quanto è stato fatto in quest'ultimo anno da Belgrado, se anche nelle migliori intenzioni di consolidamento dei «fraterni» rapporti fra i due Stati, per sottolineare l'identità razzistica, tradizionale, religiosa, ecc. dei due popoli, ha servito per contro principalmente a ravvivare qui sospetti e timori.

Ora, l'atteggiamento che qui comunemente si attribuisce alla Jugoslavia, comporterebbe nei confronti del sentimento bulgaro, un triplice errore, storico, politico e psicologico.

Storico, perché anche ammessa l'identità fra i due popoli, contro la quale si elevano del resto troppi studiosi bulgari affannandosi a valorizzare gli elementi formativi della nazione e dello Stato che non sarebbero slavi ma bulgari, cioè turanici, sono peraltro troppo frequenti nella realtà della storia i casi di secolare reciproca indipendenza, diversità di destini, se non di disunione fra popoli identici o fratelli; politico, perché, pur ammessa una inesausta capacità di assorbimento da parte della Jugoslavia, fin dal sorgere delle indipendenze balcaniche, divergenze, rivalità e odi hanno costantemente separato i due Paesi con fiumi di sangue anche recentemente versato e il problema macedone, se anche poc'a presso quiescente, è tuttora profondamente infitto nel sentimento bulgaro; psicologico, perché il fiero, sospettoso e quasi anarchico sentimento di indipendenza, il temperamento presuntuosamente individualistico ed ostinatamente sfuggente di questi balcanici, male si accomoderebbe a piegarsi a sacrifici e rinuncie ai fini di più ampi piani politici e formazioni collettive, che richiederebbero se mai una civiltà politica e sociale da cui questi Paesi sono assai troppo lontani.

Abituati per mentalità, tradizione e fino ad un certo punto per necessità politica, ad un perpetuo gioco di bilancia, di intrigo e di imboscata, ogni maggiore accenno della Jugoslavia nel senso più sopra supposto non potrebbe avere, per quanto credo, come non ha avuto, altro effetto che quello di spingere la Bulgaria, alcune grandi Potenze aiutando, a garantirsi con intese e patteggiamenti su altri fronti, mentre, se effettivamente un giorno una qualche minaccia jugoslava dovesse precisarsi è da pensare che questa gente vi si opporrebbe strenuamente anche con le armi, in un Paese ove, se non altro, la tradizione dei comitagi ha insegnato press' a poco a tutti ad impugnarle.

Vi è infine un altro importante elemento di cui la Jugoslavia dovrebbe tenere conto, e cioè la dinastia. Ora, la dinastia di Coburgo è non solo fra le maggiori superstiti ma anche quella sedente sul maggior numero di Troni in Europa, giacché oltre che il Trono di Bulgaria occupa quelli del Belgio e della Gran Bretagna. I rapporti di parentela e quelli personali sono alquanto stretti fra i tre rami di questa linea della Casa di Sassonia e questa può essere una circostanza che converrebbe di non sottovalutare, tanto più che il fondamento di non poco delle convinzioni politiche manifestate dal Sovrano bulgaro potrebbe forse ricercarsi appunto in quel certo costituzionalismo democratico che sembra essere la caratteristica comune dei tre rami e quindi l'elemento della loro mutua comprensione. Finalmente, in un Paese come questo, socialmente pochissimo differenziato e quasi privo di classi politiche come di tradizioni di governo, il compito della dinastia è tuttavia determinante. Essa è finalmente alla direzione effettiva degli affari e di questa ha sopportato i pesi e le responsabilità nella persona del Re Ferdinando, come le sopporta tuttora nella persona del Re Bori s. Sarebbe d'altra parte parimenti un errore di sottovalutare la personalità dell'attuale Sovrano, il quale nonostante le deficienze di metodo e di carattere che altre volte segnalai, come era mio dovere, ali 'Eccellenza Vostra, è un profondo conoscitore del suo Paese, di cui ha fatto l'esperienza nelle condizioni certamente fra le più difficili e ingrate, abile nel compromesso e nella schermaglia di ogni negoziato e indubbiamente ben risoluto a difendere i propri interessi dinastici e a non permettere quindi la formazione di piani politici destinati ad eliminare la sua Casa dal Trono di Bulgaria.

Tutto ciò mi corre l'obbligo di rappresentarlo all'Eccellenza Vostra anche in previsione de li' annunciata visita a Sofia di Stojadinovié, che, come qui si ritiene, verrebbe neli'intento si ristabilire quanto delle posizioni jugoslave in Bulgaria possa essere stato pregiudicato dall'accordo di Salonicco.

Ora, se a segni premonitori di una ripresa della attività jugoslava in questo Paese dovessero ascriversi manifestazioni come quella costituita dal qui unito documento o come il tentativo insistentemente asserito di sostituire Kiosseivanov, considerato troppo passivo esecutore della politica del suo Sovrano, con l'attuale Presidente della Camera, Moshanov, persona che, come già segnalai a Vostra Eccellenza, si afferma assai legata a Belgrado, crederei che la politica jugoslava verso la Bulgaria si preparerebbe ad avere altre delusioni. E poiché il contraccolpo di una imprudente pressione jugoslava potrebbe essere appunto quella di vincolare sempre più la Bulgaria al sistema dell'Intesa Balcanica e per essere più precisi al fronte greco-turco appoggiato dagli interessi inglesi e francesi, sembrerebbe che le conseguenze di tale eventualità possano finalmente ricadere anche a pregiudizio delle nostre posizioni politiche nei Balcani: sì che, subordinatamente, e salvo ogni diverso avviso di Vostra Eccellenza, sembrerebbe forse non inopportuno moderare in proposito Belgrado, a parte che, viceversa, un troppo pieno successo di Belgrado, potrebbe riaprire la strada a quelle mire annessionistiche, la cui finale realizzazione, con la costituzione di un grande Stato slavo dall'Adriatico al Mar Nero, non so, non possedendo tutti i necessari elementi, fino a che punto sarebbe nel nostro interesse.

Parrebbe, peraltro, che le posizioni da noi acquisite a Belgrado potrebbero appunto consentirci nei riguardi della Bulgaria quel compito equilibratore e moderatore che fra le due alternative, di un assorbimento di questo Paese da parte della Jugoslavia ovvero di un inquadramento di esso nel sistema balcanico grecoturco, per non dire franco-inglese, possa porre il fondamento di una terza eventualità, quella di una indipendenza e di una sicurezza bulgara gravitante nella nostra orbita, con conseguente vantaggio per le nostre posizioni balcaniche, anche, in previsione di ogni futura imprevedibile circostanza, nei confronti della stessa Jugoslavia.

Ignoro peraltro quali, nei riguardi del problema bulgaro, siano gli intendimenti ultimi della Germania, giacché i miei rapporti con questo Ministro tedesco, secondo quanto già riferii a Vostra Eccellenza, sono tuttora !ungi dali' essere stretti come sarebbe desiderabile. Ma se anche alcune più recenti manifestazioni di un evidente desiderio germanico di un miglioramento di rapporti con Grecia e Turchia non sembrano tali da contribuire a fare qui maggiore luce sulle sostanziali direttive della Germania in questa regione di Europa, pure crederei che nei presenti problemi della politica balcanica, ancora una volta, nulla si opporrebbe ad una perfetta coincidenza di interessi del sistema de li'Asse, quale potesse rimanere acclarato con Berlino.

Resto in attesa di conoscere gli intendimenti e gli ordini dell'Eccellenza Vostra.

455

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPPORTO SEGRETO 6286/1854. Berlino, 31 agosto 1938'.

Ricevo in questo momento la Tua lettera autografa del 30 agosto2 Hitler è

assente da Berlino e, finito il suo giro di ispezioni al fronte, si è immerso nei lavori preparatori del Congresso. Sarebbe estremamente difficile -se non addirittura impossibile -vederlo ora. Ho quindi chiesto di vedere Ribbentrop e spero di riuscirei, nonostante che egli stia ad oltre un'ora di automobile da Berlino, domani stesso.

Ti scrivo comunque prima, per riferirTi di talune mie impressioni ulteriormente raccolte in questi giorni in mie conversazioni con gli «uffici» d eli'Auswartiges Amt e Ti scrivo -col Tuo permesso -in quella forma libera e quasi colloquiale che mi mette a più intimo contatto psicologico con Te, consentendomi di esprimere senza reticenze e senza sottintesi, com'è il dovere dell'ora, tutto me stesso.

Le nostre recenti richieste di chiarimento e di informazioni dovrebbero essere, secondo gli «uffici» dell' Auswartiges Amt, le benvenute. Esse sono giudicate non soltanto opportune, ma legittime. La situazione politica dei due Paesi è talmente legata che l'azione dell'uno finisce con l'impegnare automaticamente anche l'altro. Donde la legittimità del nostro interesse a conoscere i piani te de: schi. Ma questa conoscenza non è peraltro facile. Mi si fa notare che Hitler questa è l'impressione che si ha qui -tiene per sé fino all'ultimo momento i suoi disegni e le sue decisioni e ciò persino nei confronti dei suoi collaboratori più intimi.

Ciò nonostante, si ammette che da parte nostra si debba insistere per una spiegazione. Occorrendo. bisognerebbe arrivare fino allo stesso Fiihrer. investiti

455 ' Vedi D. 452.

-per dir così armati -di un messaggio personale e magari scritto del Duce. che è-parole testuali del mio interlocutore-«l'unica persona al mondo che Hitler sia capace di sentire». Quello che pensano l'Inghilterra e la Francia prese insieme. può fare infuriare il Fiihrer, ma non commuoverlo e tanto meno muoverlo tanto quanto «una diretta parola del Duce». Ripeto ad literam.

Né -si continua -la richiesta di informazioni di cui Tu mi hai incaricato dovrebbe essere considerata come un punto di arrivo, bensì come punto di partenza per una chiarificazione esauriente e generale. Accertate le intenzioni tedesche. occorre a sua volta che l 'Italia faccia conoscere le proprie. «Sarebbe fatale creare disillusioni ed equivoci» (vedi seconda parte della mia lettera sul colloquio con Nashat Pascià3 ). Non intervenendo prima d'ora nella questione cecoslovacca, l'Italia ha dato l'impressione non tanto di volere stare a guardare, quanto di non respingere l'idea di una guerra e ciò per «obiettivi propri». Se così non fosse-questa è l'impressione creata-l 'Italia, l 'unica che avrebbe potuto e ancora potrebbe farlo, sarebbe intervenuta a raccomandare alla Germania, e per essa al Filhrer, una politica di pace. Se non lo ha fatto -così si argomenta -ciò dimostra che essa ha, in caso di guerra, obbiettivi propri da perseguire e raggiungere. Orbene, se così è, bisogna che, a sua volta, quando la Germania abbia rivelato i piano proprii, anche l'Italia faccia altrettanto, discutendo chiaramente e prevedendo tutte le ipotesi e le congiunture di quella che, agli occhi di tutti, sta ogni giorno di più diventando una partita suscettibile, come già nel 1914, di generalizzarsi all'Europa intera e forse -dato il crescente interesse mostrato dall'America -al Mondo.

Bisogna che tutto sia discusso e previsto e che ciascuno indichi chiaramente la parte che crede di volere e poter prendere, eventualmente, in una impresa siffatta. Questa precisazione fra l 'Italia e la Germania delle posizioni rispettive è essenziale-si insiste-per prevenire equivoci e deceptions che sarebbero fatali per lo sviluppo avvenire dei rapporti e dell'amicizia fra le due nazioni.

lo sono sicuro che la persona, e anzi le persone, con cui ho parlato e il cui pensiero ho più sopra altrettanto apertamente quanto fedelmente riferito, mi hanno parlato col cuore in mano. La libertà, anzi, con cui, per quanto a titolo personalissimo e confidenziale, si parla in questo momento in Germania e da tedeschi, è una delle caratteristiche della situazione attuale. Il Paese non è unito. Due correnti. forti. si combattono e ciò perfino nell'interno del Partito (vedi appunto Renzetti4 ). La coscienza popolare non è favorevole ad una guerra. Ma si attendono con ansia le decisioni del Fiihrer, il quale tende a isolarsi sempre di più nei suoi rifugi montani. fuori dell'immediato contatto con quelle che sono le reali aspirazioni delle masse.

Quanto sopra ho riferito non fa che confermare la opportunità delle istruzioni contenute nella Tua lettera autografa e la necessità da parte mia di darvi esecuzione rapida e fruttuosa. Io vedrò, come Ti ho detto, e spero domani stesso,

455 4 Si riferisce presumibilmente al D. 456.

Ribbentrop: ma è anche da prevedere che io possa, attraverso lui, non riuscire

o non riuscire completamente nel mio obbiettivo. In questo caso non escluderei l'opportunità. magari anticipando il mio arrivo a Norimberga. di chiedere di essere ricevuto dal Fiihrer. Questi ha parlato e parla a mezzo di interpreti con tanta gente: potrà parlare anche con me. Sento, però, il dovere di domandare a me stesso e domandare quindi a Te se non sarebbe, data la gravità della situazione, assai meglio che a Norimberga. sotto il pretesto di assistere all'una o all'altra delle sue manifestazioni. non vada addirittura. per uno o due giorni. Tu. Non si tratterebbe più dell'incontro originalmente contemplato per tutt'altro obbiettivo, bensì di un incontro destinato a chiarire in questo momento una situazione che ritengo fondamentale così agli effetti dei rapporti fra i due Paesi come a quelli della pace europea.

Io non dico questo per sottrarmi ai miei doveri di Ambasciatore di cui sento tutta l'altezza. Il Duce, che mi ha direttamente sperimentato, sia nei momenti critici corfioti, sia in quelli della guerra etiopica, sa che io non sono un pavido e amo prendere le mie responsabilità. Ma qui si tratta di altra cosa: è indispensabile avvicinare. direi quasi affrontare. il Fiihrer. Per farlo con sicurezza di successo. bisogna presentarsi a lui come rappresentante personale e messaggero del Duce. Ora. di vero rappresentante e interprete personale del Duce non ci sei che Tu.

Che se. per una qualunque ragione. il Duce e Te decidessero altrimenti. io mi permetterei allora avanzare. subordinatamente. un'altra domanda. quella. prima di andare a Norimberga. di recarmi a conferire. anche per sole 24 ore. a Roma5

455 1 Manca l'indicazione della data di arrivo.

455 3 Vedi D. 453.

456

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. RISERVATO 6287/1855. Berlino, 31 agosto 1938 (per. il 3 settembre).

Il R. Console Generale Renzetti ha avuto una conversazione con il signor Lorenz, che riveste uno degli altissimo gradi delle formazioni nazionalsocialiste

S.S. e che è fra i collaboratori diretti di von Ribbentrop nel suo ufficio che tuttora esiste indipendentemente dalla Wilhelmstrasse. Mi sembra utile trascrivere qui appresso l'appunto rimessomi da Renzetti a seguito della conversazione stessa:

«Domenica 28 corr., nel corso di una conversazione amichevole, l' Obergruppenfuhrer Lorenz mi ha comunicato che egli si è opposto e si oppone con

tutte le sue forze alla mene di coloro che vorrebbero un intervento armato tedesco in Cecoslovacchia; che egli conta su una pacifica risoluzione della questione.

Ieri, martedì, ho nuovamente parlato con il Lorenz, il quale mi è apparso più sereno e più ottimista che non domenica. Egli mi ha detto che le ultime notizie ricevute dall'Inghilterra erano di natura «tranquillizzante». Gli ho risposto che ne ero lieto per la Germania. Però ho soggiunto, se la situazione si acutizzasse, sarebbe opportuno ricordare ai Capi che non si dovrà verificare quanto è avvenuto in occasione dell' Anschluss: l'Italia dovrà essere posta esattamente ed in tempo al corrente delle decisioni tedesche.

Il Lorenz ha replicato, affermando che egli decisamente sperava di non esserci bisogno di «arrivare a ciò» 1•

455 5 Il documento ha il visto di Mussolini.

457

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 4293/0173 R. Budapest, ] 0 settembre 1938 (per. il 3).

Mio telegramma n. 135 in data odierna 1

Sono stato ricevuto stamane da Kànya che mi ha confermato quanto mi aveva accennato già il Presidente del Consiglio sulla critica serietà della situazione.

È sua precisa impressione, dopo il viaggio a Berlino', che è da escludere ormai la possibilità di una soluzione in via conciliativa e pacifica della questione cecoslovacca. È vero che gli ambienti del ministero degli Affari Esteri (meno Ribbentrop che segue le idee del partito per l'intervento immediato) e quelli militari sono contrari a un intervento armato: ma gli stessi circoli erano stati contrari anche all' Anschluss come lo erano stati all'occupazione della Re nani a: eppure le cose erano andate tutte e due le volte ottimamente. Non saranno quindi queste obiezioni che potrebbero fermare Hitler, il quale però (a meno che non si producessero incidenti gravi in danno di sudditi di razza tedesca) non si è pronunciato sull'epoca dell'entrata in azione.

In un primo tempo come da mio telegramma n. 033 del 26 marzo u.s.' Hitler parlava di una soluzione per settembre; più tardi, dopo l' Anschluss, diceva chiaramente che la Germania si trova nella situazione di un pitone che doveva «dige

rire l'Austria» e che pertanto aveva bisogno di almeno un anno per pensare a

457 ' Del 21-27 agosto sul quale si vedano i DD. 440 e 441.

una soluzione della questione dei sudeti; ciò che, mi diceva Kànya, sarebbe certamente stato molto più augurabile per l'Ungheria. Ma Hitler è stato, come è ancora, irritatissimo del modo di procedere del governo inglese nel maggio scorso: Henderson fidandosi di segnalazioni cecoslovacche prive di fondamento, provocò il malaccorto passo del governo britannico e sopratutto, ciò che ha ferito gravemente l'amor proprio personale di Hitler, le pubblicazioni della stampa mondiale secondo cui Hitler aveva fatto marcia indietro dopo l 'intervento britannico.

È escluso, mi ha detto Kànya, che Hitler possa esporsi una seconda volta a una situazione analoga. Dopo il 21 maggio, quindi, il Fiihrer ha cambiato rapidamente idea. Egli è d'altra parte convinto, come Ribbentrop (di cui Kànya ha riportato l 'impressione che parli molto, ma senza mai dir nulla di concreto e di fondamentale), che la Francia non interverrà in favore della Cecoslovacchia. Non bisogna però nascondersi, mi diceva Kànya, che se la Francia non intervenisse in osservanza ai suoi accordi, sarebbe davvero finita per il prestigio francese, né sarebbe più possibile alla Francia per lunghi anni fare una politica estera da grande Potenza. D'altra parte, è pure da ricordare che il generale Gamelin, capo di Stato Maggiore, è stato vivamente attaccato per non aver voluto intervenire quando la Germania occupò le zone renane: è difficile che egli possa ora consigliare al governo francese di non far fronte ai suoi impegni con la Cecoslovacchia.

Vedremo dunque cosa succederà, mi ha detto Kànya, e sentiremo quali saranno le dichiarazioni che il Fiihrer farà leggere a Norimberga il 6 settembre. Non è escluso che la Germania voglia passare all'azione al più presto: la mobilitazione del resto è già virtualmente in atto, le fortificazioni e le misure militari sono già in corso alla frontiera austro-tedesca. Certo «per l'Ungheria sarebbe stato meglio che la crisi fosse scoppiata fra un anno ancora o almeno a primavera».

In conclusione, mi ha detto, occorrerà ora aspettare e vedere come le cose si mettono, evitando di eccitare gli animi.

Kànya (mentre per quanto riguarda gli accordi di Bled riferisco a parte") ha tenuto a dirmi quanto aveva poc'anzi detto al ministro del Giappone', che gli aveva domandato se la clausola di non aggressione valeva anche per la Jugoslavia e la Romania nei confronti dell'Ungheria: egli aveva risposto che tanto la Jugoslavia che la Romania avevano fino ali 'ultimo tenuto a conservare in piedi la figura della Piccola Intesa, mentre non bisognava dimenticare che esiste ancora una convenzione militare ben precisa che lega i tre Stati, anche se forti brecce sono state fatte nella compagine della Piccola Intesa.

457 'Hajima Matsumya.

Da quanto mi ha detto Kànya, da altre conversazioni che ho riferito, dalle dichiarazioni del capo del Servizio Informazioni Militari al R. Addetto Militare (mio telegramma per corriere n. O175 del l o settembre6 ), si deduce che, sopratutto in funzione dell'atteggiamento eventuale degli Stati vicini, e per facilitare magari loro il compito di esimersi, se volessero, dagli obblighi delle convenzioni militari con la Cecoslovacchia, l 'Ungheria terrà, come tiene fin da ora, l'atteggiamento più prudente, per non dar motivo al minimo appiglio.

Così, nella stampa il tono è moderato; il governo cura particolarmente di tener calma l'opinione pubblica, mentre nessuna speciale misura militare è stata presa; del resto la vicinanza della frontiera non pone problemi troppo complicati. Lo Stato Maggiore, d'altra parte, lavora a ritmo accelerato per essere pronto ad ogni eventualità.

L'atteggiamento del governo ungherese appare essere al momento attuale quello di prepararsi in segreto con la più prudente attesa.

456 1 Il documento ha il visto di Mussolini.

457 1 T. 4256/135 R. del l o settembre. Riferiva in modo molto sintetico l'andamento del colloquio con Kànya.

457 1 Vedi serie ottava, vol. VIII, D. 403.

457 4 Con T. per corriere 4295/0176 R. del l o settembre, il ministro Vinci riferiva che Kànya gli aveva dichiarato che per quanto concerneva la Jugoslavia e la Romania l'accordo di Bled poteva essere pubblicato anche subito. La situazione era del tutto diversa con Praga che si era rifiutata di accettare il testo proposto dall'Ungheria. Questa posizione-faceva notare il ministro Vinci -trovava pieno riscontro nell'opinione pubblica e nella stampa ungheresi nelle quali era ancora più palese l'ostilità verso la Cecoslovacchia.

458

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 4292/0174 R. Budapest, 1° settembre 1938 (per. il 3).

Mio telegramma per corriere n. O173 in data odierna'. Ho visto stamane anche il Capo di Gabinetto Conte Csàky che si è espresso con me nello stesso ordine di idee di Kànya:

a) anch'egli dichiara che ormai la guerra è decisa in Germania: ma quanto all'epoca ritiene che lo scoppio potrà, ora, evitarsi ed essere rimandato a primavera; il tono del recente discorso di Hess2 sembrava infatti più moderato;

b) anche secondo lui, sarebbe pericoloso credere ciecamente al non intervento francese;

c) l'Ungheria metterà ogni cura non solo per non dare esca al nervosismo e ali'eccitazione della opinione pubblica, ma anche per non dare appiglio di apparire anche indirettamente provocatrice;

458 ' Pronunciato il 28 agosto al VI congresso dei tedeschi ali'estero. Hess aveva sottolineato che i tedeschi che vivevano all'estero non realizzavano una penetrazione pacifica, né pensavano di convertire al nazionalsocialismo i popoli che li ospitavano: il loro germanesimo ed il loro nazionalsocialismo erano «cosa personale>> ed essi non avevano alcuna intenzione di immischiarsi negli affari di altri Paesi. In Relazioni Internazionali, pp. 615-616 è riportato il riassunto del discorso pubblicato dal Volkischer Beobachter.

«l tedeschi, mi ha detto Csàky, sarebbero ben contenti se potessero lasciare all'Ungheria di "fare la mossa", ma non siamo così pazzi per questo».

Anche un alto ufficiale mi ha detto che la linea del governo ungherese sarà, all'inizio, di prendere tempo, e agire con ogni prudenza per non esporsi a reazioni possibili della Piccola Intesa. L'ideale sarebbe addirittura che la Cecoslovacchia, una volta iniziato il conflitto con la Germania, attaccasse l'Ungheria, come potrebbe essere, secondo l'idea sua, una necessità tattica della Cecoslovacchia. Secondo il mio interlocutore un accordo già esisterebbe in materia militare fra Germania e Polonia3 • Egli pensa che la Romania dovrà preoccuparsi della Russia. Quanto a quest'ultima è difficile fare previsioni.

457 6 Vedi D. 459.

458 1 Vedi D. 457.

459

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 4294/0175 R. Budapest, ] 0 settembre 1938 (per. il 3).

Mio telegramma per corriere n. O173 del l o corrente1

Il R. Addetto Militare ha trasmesso al ministero della Guerra il seguente rapporto in data l o settembre:

0 ) Il colonnello Andorka, col quale ho avuto stamane un colloquio a proposito della questione cecoslovacca, mi ha detto che la situazione si va ora aggravando e che, per parte sua, egli è piuttosto pessimista.

Il governo di Praga va assumendo sempre più un atteggiamento intransigente, a ciò indotto, probabilmente, dalla convinzione che non gli mancherà l'appoggio inglese. È vero che nessuno è in grado di prevedere che cosa farebbe la Gran Bretagna se una nuova crisi si verificasse e che nessuno le attribuisce il desiderio di un conflitto; ma non vi è dubbio che la Cecoslovacchia conta sul suo aiuto.

Anche la Germania non vuole la guerra, ma ormai essa non potrebbe più "incassare", senza lesione del suo prestigio, nuove provocazioni, del tipo di quella del 21 maggio scorso. Si va perciò verso un periodo critico, che potrebbe durare anche fino ad autunno inoltrato.

458 'A tale proposito, l'ambasciatore Arone-al quale era stato ritrasmesso questo telegramma (con T. per corriere 13968/c. del 5 settembre)-ribadiva quanto da lui affermato più volte e cioè che l'atteggiamento assunto dalla Polonia induceva ad escludere <<a priori, nel modo più netto>> che essa potesse assumere degli impegni di carattere militare con la Germania (telespresso 2535/949 del 16 settembre).

459 ' Vedi D. 457.

Intanto la Germania si prepara. Le sue grandi manovre, quest'anno più che uno scopo tattico o strategico, hanno un carattere organico. Con richiamo di forza in congedo essa ha non solo aumentato gli effettivi delle unità di prima linea, ma anche costituito unità di riserva, mettendosi così in grado di accelerare i tempi di mobilitazione in caso di bisogno. Essa inoltre prosegue a ritmo forzato i lavori di fortificazione, sia alla frontiera occidentale, sia nella regione a nord di Vienna,

o ve l'Austria non aveva fatto apprestamenti militari e la rete stradale e ferroviaria non è adeguata alle necessità in caso di operazioni militari. I lavori in corso nella zona austriaca riflettono perciò sopratutto il miglioramento ed il raffittimento delle comunicazioni.

Le preoccupazioni manifestate dal colonnello Andorka sono diffuse in questi ambienti militari. Parecchi ufficiali, con i quali ho avuto occasione di parlare in questi giorni, hanno pure espresso molti dubbi sulla possibilità del perdurare di questo stato di cose. Molti di essi, che avrebbero in animo di prendere la licenza

o di fare qualche viaggio in questo settembre, non parlano dei loro progetti senza soggiungere: "se gli avvenimenti lo permetteranno".

2°) Nel colloquio sopra riferito, ho chiesto anche al colonnello Andorka se la Germania, in vista di possibili operazioni contro la Cecoslovacchia si era mai curata di accordarsi con l'Ungheria per un'azione comune o per lo meno di precisare quale concorso questa avrebbe potuto fornire o anche soltanto le sue intenzioni. La risposta è stata nettamente negati va. Secondo il colonnello Andorka un intervento immediato dell'Ungheria a fianco della Germania costituirebbe patente aggressione contro la Cecoslovacchia e costringerebbe Romania e Jugoslavia ad intervenire a fianco del!' alleata. Con ciò la Germania avrebbe fatto un cattivo affare perché alleandosi con un Paese di nove milioni se ne troverebbe contro due di quaranta milioni complessivamente. Ecco perché l 'intervento ungherese non è desiderato dai tedeschi, almeno in un primo tempo, cioè fino a quando la situazione internazionale non sarà alquanto chiarita».

Le informazioni dei circoli militari coincidono quindi in massima con quelle dei circoli politici ufficiali: tranne queste ultime dichiarazioni del colonnello Andorka che non collimano perfettamente con quanto si potrebbe desumere da quello che mi ha detto il conte Csàky (mio telegramma per corriere n. O 174 in data odierna').

Mi è stato anche a questo proposito riferita una voce secondo cui sarebbero stati invece i tedeschi a chiedere agli ungheresi un intervento immediato e contemporaneo in caso di azione germanica, mentre gli ungheresi si sarebbero schermiti adducendo l'opportunità di un atteggiamento molto prudente, in funzione dell'eventuale comportamento degli Stati vicini.

Comunque stiano le cose, l 'atteggiamento dell'Ungheria ne risulta egualmente quale ho avuto l'onore di esporre col mio telegramma per corriere n. O 173 in data odierna.

459 2 Vedi D. 458.

460

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 4297/0178 R. Budapest, 1° settembre 1938 (per. il 3).

Mio telegramma per corriere n. O173 in data odierna1

Parlandomi più particolarmente delle conversazioni di Berlino2 , Kànya mi ha detto che sono state trattate nei loro dettagli tutte le varie questioni interessanti i due Paesi; avendogli ricordato che secondo le dichiarazioni di Imrédy alla stampa non vi erano stati mutamenti «sostanziali», non è entrato in particolari.

Egli mi ha di nuovo smentito la voce corsa già prima del viaggio (mio telegramma per corriere n. O164 del 19 agosto3 ) circa una pretesa proposta di unione doganale con l'Ungheria: Hitler ha detto però che era sua intenzione di intensificare maggiormente i rapporti commerciali fra i due Paesi.

Kànya ha insistito sulla grande cordialità delle accoglienze, che hanno confermato le strette relazioni di amicizia fra i due Paesi. Quanto alle questioni d'ordine militare, mi riporto a quanto ho riferito m relazione alla questione cecoslovacca. Mi riservo controllare altre varie informazioni di fonte confidenziale4

461

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPPORTO SEGRETO 6270. Berlino, l o settembre 19381 •

Ho visto Ribbentrop lungamente, e non una ma due volte. Gli ho tradotto quasi letteralmente tutti i punti più salienti della Tua lettera autografa2 e specialmente quello in cui dici che «noi dobbiamo prendere misure di carattere militare. E le dobbiamo prendere per tempo. Noi non dobbiamo e non possiamo e non vogliamo dare l'impressione al popolo italiano che siamo stati sorpresi dagli eventi».

460 ' T. per corriere 4112/0164 R. del 19 agosto. Il ministro Vinci aveva riferito che, sia la legazione di Germania, sia il ministero degli Esteri ungherese avevano smentito <<nel modo più categorico>> la voce secondo cui, in occasione del viaggio in Germania del Reggente Horthy, il governo tedesco avrebbe offerto un 'unione doganale all'Ungheria.

461 'Vedi D. 452.

Da quanto Ribbentrop mi ha. direi quasi enfaticamente. risposto. devo concludere che o Ribbentrop non sa tutto il pensiero del Fiihrer o il Fiihrer egli stesso. nella considerazione del caso cecoslovacco. si è arrestato alla fattispecie della provocazione. Provocazione che la Germania, secondo Ribbentrop, non intende creare ma neanche soffocare (vedi noto ordine dato da Henlein)' e che, accadendo, metterebbe in moto la macchina militare tedesca, illico et immediate, e quindi senza possibilità di tempestivo preavviso.

Ho insistito dicendo che, a parte il caso di provocazione, la questione cecoslovacca rimane sempre una questione attuale, che esige una soluzione sostanziale ed urgente. Risposta: giustissimo ed è sicuro che il Fiihrer questa soluzione la vuole e la otterrà, ma quando e come ancora non è assolutamente prevedibile ora.

Ribbentrop mi ha comunque esplicitamente dichiarato eh'egli si rende conto della assoluta necessità di approfondire la cosa ulteriormente col Fiihrer: la Tua lettera gliene darà opportuna occasione. Egli, del resto, si reca questa sera a Monaco per presenziare l'incontro fra Henlein ed il Fiihrer, incontro in cui quest'ultimo sarà necessariamente portato a rivelare un po' più della sua linea politica di quello che finora non abbia fatto.

Comunque, a furia di insistenze, ho strappato a Ribbentrop le seguenti ammiSSIOnt: l) Se non vi sarà provocazione è da presumere che il Fiihrer non agirà almeno per ora;

2) L'imminenza di un qualunque atto di forza da parte tedesca è comunque mitigata dal fatto che la famosa terza linea di fortificazioni (a cui in certi punti sembra che Goring stia facendo aggiungere un quarta) ha bisogno. per essere completata. di ancora un mese.

Questo è già qualche cosa e mette nella situazione una nota di relativamente minore imminenza. Questa mia impressione io ho tenuto a comunicare allo stesso Ribbentrop il quale l 'ha confermata.

Per Tua notizia. devo aggiungere che ancora per la quarta volta Ribbentrop. durante la conversazione. ha ripetuto ch'egli considera quello cecoslovacco come un affare la cui liquidazione incombe alla sola Germania. la quale intende. ed è sicura di pervenirvi. con mezzi propri. Anche questa volta, però, nei discorsi di Ribbentrop affiorava un non confessato rimpianto per la mancata conclusione del noto patto da lui accarezzato, sopratutto per gli effetti «preventivi e deterrenti» ch'esso avrebbe avuto. Ma, su questo punto, ritornerò, anche data l'ora, in altra mia".

461 ' Il 26 agosto, il Sudetendeutsche Partei aveva revocato l'ordine dato ai suoi membri di non reagire ad eventuali aggressioni.

460 1 Vedi D. 457.

460 2 Vedi D. 441.

460 4 Questo documento fu inviato in visione a Mussolini.

461 1 Manca l'indicazione della data di arrivo.

461 4 Il documento ha il visto di Mussolini.

462

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPPORTO RISERVATO 6292. Berlino, l o settembre 1938'.

Rivedendomi nel tardo pomeriggio di oggi, Ribbentrop mi ha informato che è stato oggi da lui Henderson. Questi ha voluto andarlo a vedere in campagna per sfuggire ai giornalisti e tenere la cosa assolutamente segreta. Henderson ha parlato a titolo esclusivamente personale, dichiarando di non essere stato incaricato di dir nulla ufficialmente, con ciò provando fino a qual punto giungano i riguardi inglesi (vedi anche il contegno della stampa) per le suscettibilità tedesche. In sostanza. Henderson ha confermato essere intendimento inglese di fare tutto ciò che è umanamente possibile per arrivare a un pacifico componimento della questione cecoslovacca: ritenere che le nuove proposte ceche di costituzione cantonale meritino di non essere rigettate senza esame; voler sperare che quest'esame sia compiuto nel colloquio Henlein-Hitler preparato per domani, ecc. ecc.. Lungi dal fare minacce di sorta. Henderson avrebbe soltanto accennato doversi da parte tedesca comunque realizzare che la questione cecoslovacca impegna l'onore della Francia e. dati i rapporti tra Francia e Inghilterra e le ripercussioni della questione sulla situazione europea. preoccupa necessariamente anche il governo inglese.

Al che Ribbentrop avrebbe risposto che le nuove proposte ceche saranno certo esaminate, senza peraltro soverchia fiducia nella effettiva buona volontà di Benes a vedere risolta la questione nella maniera soddisfacente e definitiva ch'essa merita.

Ribbentrop deve aver dato affidamento che la Germania non contempla alcun deliberato atto di forza. Ha dichiarato comunque espressamente che essa non tollererà mai un secondo 21 maggio e che quindi in caso di nuova provocazione non esiterebbe a «schiacciare» la Cecoslovacchia così come farebbe in condizioni analoghe l 'Inghilterra. Ribbentrop ha quindi rifatto a Henderson la storia dei rapporti anglo-germanici dimostrando come se c'è un Paese con cui la Germania abbia dimostrato e dimostri di voler andare d'accordo sia proprio l'Inghilterra (accordo navale, ripetute dichiarazioni del Fiihrer, ecc., ecc.) e quindi meravigliandosi dell'attitudine inglese nella questione cecoslovacca.

Quanto all' «onore della Francia» Ribbentrop mi ha detto di aver rammentato a Henderson che i sudeti sono tedeschi e non francesi e che l'interesse francese in Cecoslovacchia è una manifestazione della volontà egemoniaca della Francia, volontà per la Germania assolutamente intollerabile e che l'Inghilterra farebbe bene a non incoraggiare, persuadendo la Francia e persua

dendo se stessa ad occuparsi soltanto dei fatti propri. Se ho ben compreso un fugacissimo hint datamene dallo stesso Ribbentrop. questi dovrebbe aver fatto a Henderson qualche accenno -per quanto molto cautamente -arieggiante guello delle note dichiarazioni a N ashat Pascià (forza dell'Asse. potenza del Giappone, ecc.2).

Ma su questo punto, come su la parte riguardante le comunicazioni fatte a Ribbentrop da parte inglese spero sapere qualcosa di più dallo stesso Henderson'.

462 1 Manca l'indicazione della data di arrivo.

463

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 4275/340 R. Berlino, 2 settembre 1938, ore 21,/4 (per. ore 22,50).

Appena ricevuta comunicazione telefonica odierna di V.E. (improrogabili necessità di esser informato; istruzioni datemi di conferire occorrendo con lo stesso Fi.ihrer; comunicazione nello stesso senso fatte al Principe d'Assia'), mi sono affrettato ad informare immediatamente signor Weizsiicker, Segretario di Stato per gli Affari Esteri, con espressa preghiera portarne contenuto a conoscenza S.E. Ribbentrop a Bertchesgaden.

Signor Weizsiicker mi telefona ora avvertendo di averlo fatto. Mi avverte pure che, contrariamente a quanto era prima previsto, Ribbentrop rientra questa notte a Berlino. Cercherò vederlo entro domani. È da sperare che egli sia in possesso delle informazioni desiderate2

462 ' Vedi D. 453.

462 ' Il documento ha il visto di Mussolini.

463 ' Del colloquio di Ciano con il principe d'Assia non si è trovata documentazione. Su di esso vi è questa annotazione nel Diario di Ciano sotto la data del 2 settembre: «<l Duce è inquieto perché i tedeschi non ci fanno conoscere che ben poco dei loro programmi nei confronti della Cecoslovacchia. Mi ordina di parlare con Assia. Vuoi sapere fin dove la Germania intende spingere le cose, quanto e come si aspetta di essere aiutata da noi. Attolico nei suoi rapporti non fornisce, per ora, elementi decisivi: è personalmente ostile ad una nostra compromissione troppo spinta.

Assia concorda con noi sulla necessità di maggiori contatti. Dice di avere raccomandato di agire in tal senso a Goring. Assia non si sbottona ma dice di sapere cose importanti che non può rivelare senza l'autorizzazione dei suoi Capi. A titolo segreto, dice che nessuna iniziativa tedesca verrà presa prima di ottobre: le linee di difesa non sono ancora pronte. Partirà domattina per conferire col Fiihrer: Ribbentrop non è che scarsamente informato>>.

Per la risposta portata dal principe d'Assai si veda il D. 495. 463 ' Sul colloquio deli 'ambasciatore Attolico con von Ribbentrop al quale si fa qui riferimento si vedano i DD. 469 e 474.

464

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 42741158 R. Parigi, 2 settembre 1938, ore 21,18 (per. ore 22,45).

Questo ambasciatore Germania è stato ieri ricevuto da Bonnet 1 Udienza è

durata oltre una ora.

Ministro Affari Esteri, dopo aver diffusamente insistito sul vivissimo desiderio francese di vedere la questione dei sudeti avviarsi verso una soluzione pacifica, ha dichiarato a Welczeck, a nome suo governo, in termini espliciti, che una eventuale azione di forza tedesca contro la Cecoslovacchia avrebbe determinato l'automatico intervento armato francese, cui seguirebbe immediato intervento britannico e sovietico appoggiato Stati Uniti America del Nord. La Francia -ha aggiunto Bonnet -ha assunto verso la Cecoslovacchia impegni precisi e categorici a tutti noti. Il governo tedesco, che ha vivo il senso dell'onore e del prestigio nazionale, si renderà certamente conto delle ragioni che impongono al governo della Francia di mantenere ad ogni costo la parola data e gli impegni assunti. Un diverso atteggiamento costituirebbe l'atto di dimissioni francese dal rango di grande Potenza internazionale. La Francia spera fermamente che il governo del Reich non vorrà imporle il dilemma di dover scegliere fra la definitiva fine del suo prestigio o la guerra.

Bonnet ha quindi lungamente insistito sulla concreta possibilità di giungere ad una soluzione pacifica soddisfacente. Ha dato lettura a Welczeck del! 'ultimo rapporto trasmesso ieri da Runciman2 , dove si propone la concessione dell'autonomia pressoché completa, nel quadro dello Stato cecoslovacco, di tutte le regioni abitate in prevalenza dai sudeti. Tale concessione costituirebbe già un enorme passo avanti e -secondo Bonnet -un successo in tutti sensi decisivo per la Germania.

Pur essendo privo di istruzioni e pur rendendosi personalmente conto che dette concessioni hanno evidente importanza e portata molto vasta, ambasciatore di Germania mi dice di aver di sua iniziativa immediatamente dichiarato a Bonnet che anche quest'ultime proposte Runciman sembrano ancora decisamente insufficienti, non potendo oggi i sudeti essere a suo avviso accontentati se non colla totale disannessione' dalla Cecoslovacchia delle regioni da essi abitate.

Tali sue dichiarazioni non hanno provocato in Bonnet attesa reazione. Ministro degli Affari Esteri si è infatti limitato rispondere se governo tedesco si accon

II. D. 422. Non è stata trovata documentazione da parte francese. 464 2 Vedi BD, vol. II, D. 730. 464 'Sic.

tentasse oggi della proposta autonomia amministrativa, potrebbe certamente fare

fra brevissimo tempo un ulteriore passo avanti, ottenendo in un limite di tempo

ristretto e senza intervento armato anche quell'ultima soluzione accennata da

Welczeck.

Questo ambasciatore Germania considera situazione come tuttora grave. ·Ignora d'altra parte quali effettivamente siano intenzioni Hitler. Suo colloquio

con Bonnet lo ha tuttavia persuaso concreta possibilità giungere soluzione paci

fica soddisfacente per la Germania e in ciò troverebbe ragione qualche ottimismo.

Gran Bretagna e Francia come per il passato effettivamente disposte procedere

molto oltre su quella strada. Ritiene che azione di forza da parte del suo governo

sarebbe per conseguenza grave errore e provocherebbe indubbiamente confla

grazione generale. In questo senso ha telegrafato stamane a Berlino.

Tutte le mie informazioni confermano decisione Francia fare, a rimorchio

Gran Bretagna, massimo sforzo per soluzione pacifica e, parallelamente, suo

fermo proposito resistere militarmente eventuale colpo di forza germanica4

464 1 Si veda, sul colloquio, il resoconto dell'ambasciatore von Welczeck in DDT, vol.

465

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER TELEFONO 4271/613 R. Londra, 2 settembre 1938, ore 21,45.

Plymouth oggi ha chiesto di vedermi per intrattenermi sulla situazione attuale del Comitato. Egli ha cominciato col dire che non poteva nascondermi

464 ' Con telespresso 8006/4502 del 3 settembre, Prunas riferiva di avere appreso che

Daladier aveva dichiarato anche alla Commissione per la Difesa della Camera dei Deputati di

essere deciso a seguire una politica estera basata sul rispetto degli impegni assunti dalla Francia

perché altrimenti la Francia avrebbe dovuto ripiegare <<in una specie di neutralità come il Belgio

e la Svizzera>>, perdendo il rango di grande Potenza.

Circa il probabile atteggiamento della Francia di fronte ad un conflitto nato dalla questione

cecoslovacca, riferiva anche l'addetto navale a Parigi, Margottini, il quale notava che, a fronte

di certe prese di posizione politiche ispirate alla fermezza, non si riscontrava <<Un corrispon

dente atteggiamento militare atto a permettere di fronteggiare la situazione se essa dovesse

volgere al peggio>>. Ad ogni modo-faceva notare il comandante Margottini -risultava da vari

elementi che l'esercito francese era orientato a condurre una guerra offensiva ~ulle Alpi, non

solo, ma in caso di guerra europea avrebbe cercato <<di arrivare alla soluzione del conflitto

portando innanzitutto il suo massimo sforzo in una guerra offensiva contro !"Italia>>. Questa

impostazione strategica sembrava derivare <<dalle concezioni belliche dell'alleato inglese che

non può non considerare come molto opportuno, se non addirittura indispensabile, mirare innan

zitutto ali'annientamento italiano: quando questo fosse stato conseguito, il problema marittimo

franco-inglese risulterebbe enormemente alleggerito e la situazione geografico-strategica gene

rale verrebbe ad essere così profondamente modificata a vantaggio del! 'impero britannico e

della Francia da consentire di ritenere praticamente risolto il problema della guerra marittima>>

(rapporto 560 del 3 settembre). Il documento è tratto dall'Archivio dell'Ufficio Storico della

Marina.

il fatto che la risposta del generale Franco 1 aveva deluso e preoccupato il governo britannico, in quanto essa poteva fornire pretesto di incoraggiamento ali'antifascismo internazionale, capitanato dal governo sovietico, per tentare di far cadere la politica del non intervento, sperando così di poter forzare la mano ad alcuni governi e fare ridiventare la questione spagnola una fonte di complicazioni e tensioni in Europa. Tuttociò, ha aggiunto Plymouth è stato notoriamente contrario alla politica del Gabinetto Chamberlain, il quale desidera smontare questione spagnola ed intanto guadagnare tempo per lasciare che essa si risolva nel modo più favorevole agli interessi dell'Europa e dell'intesa itala-britannica. Una azione temporeggiatrice, ha continuato Plymouth, ha però i suoi limiti, e allo scopo di paterne continuare lo svolgimento è necessario che il Comitato non rimanga più a lungo del tutto inattivo ma cominci «a fare qualcosa».

Una riunione del Comitato nelle presenti circostanze appariva a Plymouth ed al governo britannico come una eventualità pericolosa poiché essa avrebbe dato la stura a incresciose polemiche e recriminazioni che avrebbero fatto il gioco dei russi. Plymouth trovava significativo il fatto che questa riunione è richiesta, e con molta insistenza, soltanto dal governo sovietico; da quanto mi risultava, infatti, nessuno degli altri rappresentanti nel Comitato, e nemmeno l'ambasciatore di Francia, Corbin, si era espresso in favore di una simile proposta.

D'altra parte, sembrava a Plymouth che una discussione nel Comitato non si possa tenere senza aver prima chiarito certi punti della risposta di Burgos che o apparivano oscuri o anche apparivano, secondo Plymouth, in contraddizione con la nota precedente del governo nazionale spagnolo del 18 novembre 2

Le osservazioni contenute nell'ultima nota di Burgos dovevano intendersi come punti fermi ed irremovibili nell'atteggiamento del governo nazionale, oppure come proposte suscettibili di formare la base di consultazione o negoziati? «Se Franco insistesse -ha soggiunto Plymouth -nel rigetto del piano preparato dal Comitato3 e nella necessità di adottare un piano su basi interamente diverse, io temo che ciò renderebbe praticamente impossibile un accordo nel Comitato su queste nuove basi. Se viceversa Franco si contentasse di alcune modifiche al piano britannico, io spero che -anche attraverso lunghi mesi di difficili discussioni -queste modifiche potrebbero essere condotte in porto. L'essenziale è di evitare l 'impressione nel pubblico che il Comitato si trova in un vicolo cieco, che ogni trattativa col governo nazionale spagnolo è impossibile, che il piano britannico è definitivamente naufragato, e che di conseguenza tutta la politica del non intervento è seriamente compromessa».

Plymouth ha concluso: «Se si respinge la proposta sovietica di convocare ora il Comitato e si conviene nella opportunità di chiarire in precedenza il pensiero del governo nazionale spagnolo su certi punti della sua nota, rimane da decidere in quale maniera ottenere questo chiarimento. Dopo averci lunga

465 ' Vedi D. 415, nota l. 465 2 Vedi D. 279. nota 4. 465 3 Vedi D. 289, nota 2.

mente ripensato ed essermi consultato in proposito con Halifax, sono giunto alla conclusione che una via d'uscita potrebbe essere costituita dall'invio, prima a Burgos poi a Barcellona, del segretario del Comitato, Hemming, il quale è l'unica persona che conosca in tutti i suoi particolari tecnici il progetto di Risoluzione del 5 luglio e sia in grado perciò di fornire e di ottenere dal governo nazionale spagnolo tutti quei chiarimenti che appaiono necessari per mettere il Comitato in grado di continuare le sue discussioni».

Plymouth mi ha quindi consegnato un promemoria che egli aveva preparato e che si proponeva di rimettere anche ai principali rappresentanti nel Comitato dei Nove che contava vedere dopo di me (trasmetto con telegramma n. 614" il testo del promemoria medesimo).

Plymouth mi ha chiesto infine di pregare V.E. di fargli conoscere al principio della prossima settimana se il governo fascista lo autorizzava a rivolgersi alle due parti in Spagna per chiedere se tanto Burgos quanto Barcellona erano disposte a ricevere appena possibile la visita di Hemming.

Ho risposto a Plymouth che avrei sottoposto a V.E. quanto egli mi aveva detto e che speravo di essere in grado di fargli conoscere all'inizio della prossima settimana il pensiero del governo fascista al riguardo'.

466

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 4278/615 R. Londra, 2 settembre 1938, ore 21,45 (per. ore 0,35 del 3).

Seguito mio fonogramma 613'. Ritengo opportuno far presente V.E. seguenti considerazioni: con telegramma per corriere numero l 0951, del 30 luglio', V.E. esprimeva avviso che

465 ' T. 4283/614 R. del 3 settembre. non pubblicato. Il testo del promemoria britannico è in DP, vol. V, D. 1743, allegato.

465 'Il contenuto di questo fonogramma era comunicato all'ambasciatore Viola con l'incarico di accertare se il governo di Burgos rimaneva contrario all'invio di Hemming in Spagna. Ciano precisava a tale proposito di non avere difficoltà a che il Comitato di non intervento, domandasse a Burgos e a Barcellona se erano disposti ad accogliere Hemming (T. 742/284 R. del 3 settembre).

L'8 settembre l'ambasciatore Viola comunicava che Franco si era convinto ad accettare la visita di Hemming (T. 4376/139 R. deli'S settembre). Si veda inoltre il D. 493.

466 ' Vedi D. 465.

466 ' Ritrasmetteva a Londra il T. per corriere 670 R. del 30 luglio per Berlino, per il quale si veda il D. 352. nota 4.

dopo ricevuta risposta Franco occorrerà preparare accuratamente terreno prima di convocare Comitato e che dal carattere della risposta stessa si potrà giudicare se sia opportuna o meno missione Hemming in Spagna.

Plymouth mi sembra stia indirizzandosi nella stessa direzione col proporre: l) rinvio a data indeterminata riunione del Comitato; 2) invio Hemming Spagna per guadagnare tempo e preparare terreno riunione stessa.

Missione Hemming poteva certamente presentare qualche inconveniente prima che Franco avesse ultimato preparazione sua risposta. Ma in questo momento, dato che governo nazionale spagnolo ha precisato suo atteggiamento di fronte progetto risoluzione 5 luglio\ missione Hemming mi sembra non presentare più nessun pericolo ed anzi costituisce mezzo più opportuno per guadagnare tempo senza peraltro addivenire ad una brusca e forse definitiva interruzione dei lavori del Comitato non intervento.

467

IL CONSOLE GENERALE A VIENNA, ROCHIRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 7175/1269. Vienna, 2 settembre 1938 (per. il 3).

Nel suo discorso alla radio di Stoccarda (riassunto nel telespresso in data odierna n. 12701) il Commissario del Reich, Biirckel, ha parlato, fra l'altro, della questione religiosa, affermando l 'assoluta preminenza dello Stato n eli'educazione della gioventù. Egli ha dichiarato: «Ciò non esclude che la Chiesa possa educare religiosamente la gioventù. Se la Chiesa viene accanto allo Stato come collaboratrice nell'educazione dei giovani, lo Stato non può che accogliere ciò con piacere. Ma la gioventù appartiene allo Stato e la Chiesa può soltanto collaborare. Questo principio noi applicheremo nella Ostmark, senza compromessi».

Contemporaneamente a questo discorso è stata pubblicata la notizia che tute le scuole private confessionali non riapriranno le loro porte ali' inizio del nuovo anno scolastico. La città di Vienna creerà appositi collegi statali, maschili e femminili, per dar modo di continuare i loro studi agli allievi che finora hanno frequentato pensionati religiosi o erano educati in conventi.

Il problema dell'educazione della gioventù è stato quindi effettivamente risolto «senza compromessi». Mentre qualche mese fa i gerarchi nazisti facevano semplicemente una campagna affinché gli appartenenti al partito e i

466 'Vedi D. 415, nota l. 467 1 Non pubblicato.

671 funzionari di Stato non frequentassero le scuole confessionali, ora queste vengono senz' altro abolite.

Questo provvedimento che è generale per tutto il Reich, costituisce un fiero colpo per le istituzioni cattoliche e verrà in Austria risentito in modo speciale, perché ha luogo a solo pochi mesi dall'annessione, senza un periodo di transizione, e perché in seguito all'atteggiamento leali sta del Cardinale Innitzer e dell'Episcopato austriaco i cattolici speravano di ricevere un trattamento di carattere conciliativo.

Continuerà ora il Cardinale Innitzer nel suo atteggiamento filonazista? Da un lato, la questione dell'educazione religiosa della gioventù, dall'altro l'applicazione di alcune leggi razziste (proibizione dei matrimoni tra cattolici ariani e cattolici di razza ebrea; facilitazioni dei divorzi tra cattolici ariani e cattolici di razza ebrea) inaspriscono sempre più il conflitto tra il Vaticano ed il nazionalsocialismo. Potrà il Cardinale Innitzer continuare nella sua adesione al nazionalsocialismo se esso segue una linea di condotta così invisa al Vaticano?

La questione religiosa in Austria entra ora in uno stadio acuto. Dipenderà dall'atteggiamento di queste alte gerarchie cattoliche se la vertenza assumerà forme di aperta lotta.

Tutto però fa ritenere che da parte del cardinale Innitzer e del clero austriaco non vi sarà quella forte resistenza ed opposizione che si è verificata in Germania.

D'altra parte nella popolazione austriaca nemmeno si nota una viva reazione contro l'atteggiamento anticattolico del nazionalsocialismo, nonostante che il cattolicesimo abbia qui nell'anima del popolo fortissime radici.

Ciò può essere attribuito alle seguenti cause: l) l'atteggiamento conciliante assunto dai gerarchi della Chiesa in Austria al momento dell'annessione; 2) la mancanza di giornali che possano discutere questi problemi e combattere la viva propaganda dei principi totalitari nazisti nel campo della religione fatta da tutta questa stampa; e la soppressione di tutte le associazioni cattoliche, che ha ristretto l'azione della Chiesa al puro campo religioso; 3) la preoccupazione che un atteggiamento di resistenza nella questione religiosa possa essere interpretato come opposizione politica al regime ed al germanismo, il che darebbe luogo ad un inasprimento delle già rigorose misure di polizia finora adottate;

4) la generale preoccupazione per i numerosi problemi di carattere interno, e sopratutto la tensione prodotta nel Paese dalla questione cecoslovacca;

5) una certa indifferenza che, per la propaganda socialista prima e per quella nazionalsocialista poi, si è diffusa negli elementi più giovani nei riguardi della Chiesa, alla quale non ha giovato il fatto che il passato regime cristianosociale era sì intimamente legato al Vaticano; e la convinzione da parte degli elementi sinceramente nazisti che lo Stato ha tutte le ragioni nell'affermare la sua preminenza assoluta sulla questione dell'educazione della gioventù.

468

IL MINISTRO A SOFIA, TALAMO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 4300/171 R. Sofia, 3 settembre 1938, ore 20 (per. ore 24 ).

Mio telegramma n. 1671

Presidente del Consiglio mi ha detto rallegrandosene vivamente di avere or ora parlato per telefono con Re Boris che dichiaratosi estremamente soddisfatto colloquio avuto con Duce. Kiosseivanov attende tuttora notizie su colloquio stesso2•

Mi ha soggiunto Re Boris partirebbe prossimamente, probabilmente con Regina Giovanna, per Balmoral, ove invitato da Sovrani britannici.

È sua intenzione recarsi quindi in Germania tornando poi in Italia ove spererebbe avere nuovo colloquio con Duce. Rientrerebbe Sofia ultima decade settembre3•

468 1 T. 42591167 R. del l o settembre. Riferiva che la stampa e i circoli politici bulgari dimostravano «Un interesse vivissimo>> per la visita di Re Boris al Duce, pur astenendosi dal commentarla data la mancanza di dettagli.

468 2 Sul colloquio tra Re Boris e Mussolini, avvenuto il 31 agosto, non si è trovata documentazione. Risulta peraltro dai documenti del Foreign Office che il 6 settembre Re Boris, allora in visita in Gran Bretagna, dichiarò a lord Halifax e ripeté con maggiori dettagli il giorno successivo a sir Alexander Cadogan di essere stato incaricato da Mussolini di recare un messaggio al governo britannico. Mussolini gli aveva dichiarato di desiderare sempre l'amicizia della Gran Bretagna ma di temere «che il persistere dell'attuale andamento degli avvenimenti potesse essere pericoloso: qualche volta i lunghi fidanzamenti non si concludono con un matrimonio. Da parte sua, egli aveva fatto tutto quanto era in suo potere per rimuovere le difficoltà tra i due Paesi. Aveva ritirato le truppe dalla Libia; aveva bloccato le trasmissioni da Bari; aveva fermato la propaganda nel Vicino e Medio Oriente. Era sul punto di decidere il ritiro della fanteria italiana dalla Spagna, anche se intendeva lasciare le unità tecniche>>, Cadogan aveva risposto che anche il governo britannico era desiderosissimo di mettere in vigore gli accordi con l'Italia e aveva riconosciuto che Mussolini aveva osservato alcuni degli impegni che aveva preso, ma aveva aggiunto che, come era ben noto, tutto dipendeva dalla soluzione del problema spagnolo: se tuttavia Mussolini avesse ritirato il grosso della truppe dalla Spagna, ciò avrebbe sicuramente costituito un elemento nuovo della situazione (appunto Cadogan del 7 settembre in BD, vol. III, D. 326, allegato Il).

468 3 Non è stato trovato alcun documento dal quale risulti che Re Boris abbia comunicato a Mussolini il risultato dei colloqui avuti a Londra.

469

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PERSONALE 4298/343 R. Berlino, 3 settembre 1938, ore 22,02 (per. ore 23,05).

Il messaggio telefonico di V.E. di ieri' fu ritrasmesso a Ribbentrop a Berchtesgaden in tempo perché egli potesse riferirne subito dopo al Ftihrer.

Questi ha risposto immediatamente e Ribbentrop mi ha comunicato oggi che:

0 ) Il Ftihrer si rende conto e mantiene' pienamente nostro desiderio di essere informati sì da non essere colti di sorpresa dagli avvenimenti;

2°) Effettivamente il Ftihrer non ha -all'infuori del caso di provocazione -nulla deciso;

3°) Hitler alla lucè di ulteriori sviluppi della situazione, forse sarà in grado di dire qualche cosa di positivo.

Per parte sua, Ribbentrop ha aggiunto che, mentre in caso di emergenza non esiterà a mettersi in comunicazione telefonica egli stesso con V.E., sia attraverso me, sia direttamente; d'altra parte non mancherà di segnalare subito -anche al di fuori ogni caso di vera e propria emergenza, quel qualunque stato <'di più alta tensione» che si dovesse verificare in avvenire e che fosse capace di dare agli avvenimenti un orientamento decisivo.

Ribbentrop ha ulteriormente aggiunto che gli sviluppi immediati della situazione dipendono sopratutto da Praga, cui sono state presentate oggi, come risultato delle decisioni prese ieri a Berchtesgaden', delle controproposte suscettibili, alcune, di applicazione immediata e quindi capaci sempreché accettate, di chiarire alquanto la situazione. Nel comunicarmi quanto sopra Ribbentrop non ha però nascosto il suo scetticismo sul risultato ultimo dei negoziati.

Riferisco ulteriormente per corriere di Gabinetto4

469 ' Vedi D. 463.

469 'Sic.

469 ' Si veda nel D. 474 quanto riferiva in proposito l'ambasciatore Attolico.

Lo stesso giorno, Mussolini, in un telegramma inviato al Re per informarlo su varie questioni, così si esprimeva: «la situazione fra Praga e Berlino è sempre molto tesa ma non credo che -ora -si arriverà al dramma>> (T. 3380 l del 3 settembre. Il documento è tratto dali' Archivio Centrale di Stato).

469 4 Vedi D. 474. A proposito di questo documento, vi è nel Diario di Ciano, sotto la data del 3 settembre, la seguente annotazione: <<Attolico ha avuto un colloquio con Ribbentrop. Nessun elemento nuovo. Se vi sarà la provocazione, i tedeschi attaccheranno. Nient'altro sarebbe stato deciso dal Fiihrer. Abbiamo tutta la convenienza a non sollecitare altre risposte. È chiaro che i tedeschi non vogliono immetterci nel gioco. Ciò lascia a noi tutta e piena libertà d'azione in qualsiasi evenienza>>.

470

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 4296/344 R. Berlino, 3 settembre 1938, ore 20,33 (per. ore 21,20).

Mio telegramma n. 300/343 odierno'. Sarò grato a VE. di cortesi sollecite istruzioni per l 'intervista fra me e il Fiihrer prevista per i prossimi giorni.

Permettomi richiamare in proposito quanto è detto a pagina 2 paragrafo l o della mia lettera personale a VE. n. 6286 del 31 agosto scorso2 e ciò anche nella eventualità, molto probabile che il Fiihrer a sua volta mi chieda qualche precisazione in merito alle posizioni e a intendimenti dell'Italia'.

471

IL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI, AL COMANDANTE DEL C.T.V., BERTI

T. UFF. SPAGNA 2262'. Roma, 3 settembre 1938, ore 22,20.

Conferito con Gambara2 Poiché Franco ha scartato la prima proposta e la

seconda esige una procedura complicata e cinque mesi di tempo non resta che la terza: il rimpatrio delle nostre fanterie. Parlatene a Franco e telegrafate3

470' Vedi D. 455. Il brano a cui si riferisce l'ambasciatore Attolico è quello in cui aveva fatto presente l'opportunità che Mussolini inviasse un messaggio personale a Hitler per chiedere di essere informati circa i piani tedeschi nei riguardi della Cecoslovacchia.

470 ' Per la risposta di Ciano si veda il D. 477.

Per le origini della posizione di Mussolini, si vedano le annotazioni contenute nel Diario di Ciano alle date del 26 e del 29 agosto, dove è registrata l'insofferenza di Mussolini per la <<scialba» condotta della guerra da parte di Franco, e sopratutto l'annotazione del 31 agosto relativa al colloquio che Ettore Muti aveva avuto con Mussolini, al quale -per incarico dell'ambasciatore Violaaveva riferito, dandone un quadro allarmante, sulla situazione politico-militare in Spagna.

471 'Si veda per il seguito il D. 481.

470 1 Vedi D. 469.

471 1 Minuta autografa di Mussolini. Il telegramma fu inviato all'ambasciatore Viola per conoscenza.

471 2 Sul colloquio di Mussolini con il generale Gambara vi è la seguente annotazione nel Diario di Ciano alla data del 3 settembre: «A Palazzo Venezia, colloquio con Gambara, il quale espone il punto di vista del C. T.V. circa la convenienza o meno di lasciare forze in Spagna. Viene scartata l'idea del Duce di lasciare una sola divisione: egualmente impegnativa e più pericolosa. O ritirare tutte le fanterie, oppure rinforzare con complementi le due divisioni attuali, assumere il comando delle Freccie, farsi dare due divisioni spagnole ed attaccare con questa massa Barcellona. Il Duce scarta questa proposta e accetta il ritiro totale delle fanterie. Redige un telegramma per Berti con l'ordine di comunicarlo a Franco. Se egli è d'accordo, bene. Se no, troveremo un'altra soluzione ma il Duce imporrà le sue condizioni circa il modo di condurre la guerra. Il Duce è convinto che Franco ha perso le migliori occasioni di liquidare la partita con rapidità. Adesso la situazione è cambiata. Il tempo come sempre lavora contro chi lo perde».

472

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. SEGRETO 6334/1868. Berlino, 3 settembre 1938 (per. il 5).

La notizia da me telegrafata ieri 1 circa la comunicazione fatta dal signor Bonnet all'ambasciatore tedesco (intervento francese) mi risulta di carattere ufficiale. Nel farla, il signor Bonnet la qualificò di comunicazione di importanza storica. Egli aggiunse ulteriormente a Welczek che l'intervento della Francia a fianco della Cecoslovacchia nel caso indicato costituisce per la Francia un debito di onore a cui essa non intende sottrarsi.

La comunicazione è stata accolta a Berlino con manifesta incredulità. Questa mane l'ambasciatore inglese, nell'informarmi della situazione trovata a Londra e delle disposizioni del Gabinetto inglese, mi ha detto che: l) l'Inghilterra lascia alla Francia e alla Francia soltanto di giudicare se il suo onore la obblighi o meno a soccorrere la Cecoslovacchia. 2) Se la Germania crede che la Francia non entri in guerra. essa si sbaglia in pieno. 3) Entrando la Francia. entrerà fatalmente anche l'Inghilterra.

Oggi il Segretario di Stato, signor Weizsacker, mi ha comunicato avere il vice-capo di Stato Maggiore francese2 chiamato l'addetto militare tedesco a Parigi3 per domandargli dei chiarimenti sui movimenti di armi e di armati alla frontiera francese, avvertendolo che, ove questi chiarimenti mancassero o non fossero soddisfacenti, la Francia si vedrebbe costretta a delle contromisure.

Weizsacker ha aggiunto che spera far di tutto per interrompere queste «conversazioni fra militari». La legazione cecoslovacca a Berlino ha incominciato la spedizione a Praga di numerose casse e cassoni. L'argenteria della legazione si trova già tutta a Praga.

Il R. Console in Klagenfurt mi informa che circola colà la voce che i consoli britannici avrebbero invitato i turisti britannici a lasciare entro il 5 corrente il territorio tedesco4

472 ' Con T. 4265/337 R. del 2 settembre. La stessa notizia era stata inviata a Palazzo Chigi qualche ora più tardi ma con maggiori particolari dall'incaricato a Parigi, Prunas. Vedi

D. 464. 472 2 Henri Dentz. 472 ' E. Kiihlenthal. 472 4 Il documento ha il visto di Mussolini.

473

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. SEGRETO 6340/1872. Berlino, 3 settembre 1938 (per. il 5).

Ho creduto di domandare a Lipski, mio collega polacco a Berlino, come vedesse la situazione cecoslovacca. Lipski sta qui da molti anni, è ottimamente introdotto, conosce profondamente uomini e cose ed è quindi un'ottima fonte, sia di informazioni, sia di giudizi.

Lipski stesso non vede la situazione molto chiara. Egli non crede più, ormai, alla possibilità di una provocazione, anche perché da parte cecoslovacca si è ben capito che essa darebbe via libera alla Germania e metterebbe in forse il funzionamento, sia dell'alleanza con la Francia e con la Russia, sia, in un secondo tempo, dello stesso patto della Piccola Intesa. Esclusa l'ipotesi della provocazione, nella quale naturalmente sarebbe chiaro che la Germania dovrebbe intervenire e interverrebbe senza esitazione e di colpo, Lipski non crede egli stesso che qui si abbia un'idea ben chiara sul programma da seguire. Anche senza provocazione, la questione cecoslovacca dovrebbe essere risolta e la Germania è decisa a farlo. Come e quando egli non sa precisamente. né crede in fondo che lo si sappia dagli stessi tedeschi.

Lipski mi ha detto di non aver visto recentemente il Fiihrer, ma, in occasione della visita Horthy1 , ha avvicinato Goring e ha creduto di ravvisare in lui una nota di maggiore calma e ponderazione che non prima. Goring gli avrebbe detto esser desiderio della Germania di evitare un conflitto generale. A Vuillemin2, Capo di Stato Maggiore delle Forze aeree francesi, il quale gli ricordava che la Francia era tenuta a difendere la Cecoslovacchia in caso di aggressione non provocata, Goring ha senz'altro riposto che la Germania non avrebbe mai attaccato essa medesima.

L'Ambasciatore Lipski è quindi passato ad esaminare con me il quadro europeo nel quale eventualmente il conflitto cecoslovacco si svolgerebbe. Egli esclude che il conflitto possa essere localizzato. Mi ha detto di essere in comu

473 ' Visita in Germania del 22-27 agosto (sulla quale si vedano i DD. 440, 441 e 460).

nicazione costante col,suo collega di Parigi, signor Lukasiewicz, e di sapere come l'atmosfera parigina sia ormai mutata. «La Francia non desidera la guerra. ma vi è ormai rassegnata». Attraverso Lukasiewicz, che a sua volta è intimo di Bullitt, l'Ambasciatore americano a Parigi (tanto Lukasievicz che Bullitt si trovavano insieme a Mosca), Lipski sa anche molto bene quella che è l'attuale psicologia americana. Anche l'America, naturalmente, non desidera la guerra, ma

o ve mai questa fosse inevitabile e l'Inghilterra dovesse parteciparvi, l'America vedrebbe in una sconfitta dell'Inghilterra un colpo allo stesso prestigio americano. E, intervenendo, l'America non aspetterebbe questa volta quanto ha aspettato vent'anni fa.

Né Lipski condivide l'ottimismo di coloro che credono l'impresa cecoslovacca potere essere compiuta in pochi giorni. La resistenza cecoslovacca sarà indubbiamente ostinata e d'altra parte bisogna sempre far calcolo anche sopra un tantino di imprevisto. Le pur poche settimane, comunque. necessarie al compimento dell'impresa cecoslovacca sarebbero sufficienti a mettere in moto tutti i meccanismi conducenti ad una guerra generale. La possibilità di un «colpo di mano» si attenua e svanisce ogni giorno di più. In fondo, se un colpo era possibile, esso lo era il 21 di maggio; adesso sarebbe troppo tardi. In tutti i Paesi c'è ormai la preparazione psicologica alla guerra e questa basterebbe di per se stessa ad affrettare i tempi, determinando subito l'ampiezza e la estensione del conflitto.

L'Ambasciatore polacco mi ha detto di avere avuto recentemente interessanti colloqui con alti funzionari dell' Auswartiges Amt e particolarmente con Wéirmann, che, già consigliere di Ribbentrop a Londra, fu poi proprio da questi nominato Direttore Generale degli Affari Politici e rappresenta all' Auswartiges Amt l'uomo di Ribbentrop. Orbene, lo stesso Wéirmann ha dichiarato a Lipski, in maniera confidenzialissima di avere esercitato e di continuare ad esercitare sul ministro un'opera moderatrice costante per indurlo a convincersi dell'impossibilità di localizzare l'eventuale conflitto e della impossibilità d'altra parte di affrontare un conflitto generale nelle attuali condizioni di «debolezza economica e sociale» del Paese. Dell'opinione di Wéirmann si può dire sono tutti i funzionari. vecchi e nuovi. dell'Auswartiges Amt, compresi quelli che vi sono recentemente stati immessi dal Partito come ad esempio il Lorenz. Il ministro sembra irremovibile nelle sue concezioni.

Tutti, peraltro, sperano ancora nel Fiihrer come n eli 'ultima salvezza del Paese, confidano cioè che, ali 'ultimo momento, egli, che ha già visto gli orrori di una guerra mondiale, vorrà evitarne una seconda che sarebbe ancora più catastrofica della prima.

Ho ulteriormente cercato di conoscere da Lipski quale sarebbe l'attitudine della Polonia in caso di conflitto. È chiaro che in questa materia il mio collega ha dovuto mostrarsi meno esplicito di quanto non si sia stato nell'esame della situazione generale. Egli tuttavia non ha esitato a dirmi che non condivide completamente l'ottimismo di Ribbentrop neanche per la Russia, il cui contegno è naturalmente il fattore determinante dell'attitudine polacca. È evidente che la Polonia. in caso di conflitto. si terrà libera. limitandosi a far buona guardia e.

quando tutto vada bene. essere pronta a intervenire per prendere quella parte di boccone cecoslovacco cui crede di aver diritto. Risulta a me del resto che la Polonia è ritenuta dallo Stato Maggiore tedesco come elemento «dubbio».

Anche da Lipski ho saputo che negli ambienti tedeschi si parla del concorso italiano. in caso di guerra. come di cosa non dubbia'.

473 2 Il capo di Stato Maggiore dell'aeronautica francese, generale Vuillemin, aveva effettuato dal 16 al 21 agosto una visita ufficiale in Germania durante la quale aveva avuto diversi contatti con Gi:iring ed era stato ricevuto da Hitler. L'ambasciatore Attolico aveva segnalato l'accoglienza particolarmente cordiale degli ambienti aeronautici tedeschi ed il risalto dato dalla stampa alla visita del generale francese (telespresso 5896/1718 del 18 agosto). In sede di valutazione complessiva, Attolico aveva peraltro osservato che «l'ambiente e il tono» della visita di Vuillemin <<non potevano venire paragonati, neppure lontanamente alle accoglienze che poco prima aveva avuto il Maresciallo Balbo e che in definitiva la visita del generale francese non è certamente possibile considerarla come molto fruttuosa agli effetti di un possibile riavvicinamento franco-tedesco» (telespresso 5963/1763 del 20 agosto. Il documento ha il visto di Mussolini che ha sottolineato la frase qui riportata tra virgolette).

474

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPPORTO SEGRETO 6342'. Berlino, 3 settembre 19382

Ho già telegrafato per filo' quanto il Fiihrer ha risposto alla nostra richiesta di informazioni.

Aggiungo qui qualche ulteriore dettaglio sulla intervista Henlein-Hitler di ieri.

Il Fiihrer ha esaminato le nuove proposte Benes non ancora rese pubbliche e credo neanche definitive. trovandosi d'accordo con Henlein che esse sono assolutamente insufficienti. Sembra che Benes abbia bensì ammesso, in principio, gli otto punti di Carlsbad, ma circondandoli di tali sotterfugi e societariamente subordinandoli al giuoco di tante commissioni da renderli, in buona parte, inoperanti. Sembra pure che, mentre per il punto fondamentale, quello della autonomia territoriale Benes si fosse lasciato andare in un primo momento a delle concessioni notevoli, egli se le sia poi in un secondo momento rimangiate, frazionando la promessa cantonizzazione al punto da toglierle ogni efficacia.

Comunque sia, le proposte di Benes sono state ritenute inaccettabili. Ma il Fiihrer non vuole rifiutarsi a ulteriori negoziazioni. Se veramente -ciò che data la mentalità ginevrina di Bend; è. però. dubbio -è possibile giungere ad una soluzione soddisfacente della questione cecoslovacca per via di negoziazione. il Fiihrer non ha niente da dire: ne sarebbe anzi lietissimo.

Sono state quindi concretate ieri e sono già state presentate oggi (va sottolineata questa celerità di tempi) a Benes delle «controproposte» delle quali alcune suscettibili di applicazione «immediata», altre applicabili in un secondo tempo. Quelle di applicazione immediata sono in fondo (Ribbentrop non mi ha specificato quali) quelle ritenute essenziali e destinate a mettere a prova le reali intenzioni di Benes. Accettate quelle, la situazione ne risulterebbe indubbiamente chiarita, le seconde potendo essere lasciate a considerazione e trattative ulteriori.

473 ' Il documento ha il visto di Mussolini. 474 1 Il documento è danneggiato in più punti dall'umidità. 474 2 Manca l'indicazione della data di arrivo. 474 ) Vedi D. 469.

Tutto. quindi. ancora una volta dipende da Praga. Ma -aggiungeva Ribbentrop -bisogna essere molto scettici sul risultato finale di questa nuova negoziazione impegnata. Per il momento tuttavia -egli concludeva -la nostra politica si può riassumere nel «wait and see» inglese.

Lasciai la camera di Ribbentrop relativamente sollevato: non perché le sue parole mi lasciassero intravedere come prossima una soluzione ma almeno perché mi sembrava che la soluzione stessa acquistasse da questa nuova fase di negoziati [ ....... ] un più ampio respiro.

Senonché, lasciata la [stanza di Ribben]trop, entrai in quella immediatamente [vicina del] Segretario di Stato Weizsacker, che mi aveva[....... ] di passare, subito dopo Ribbentrop, un momento da lui.

Premetto che ieri era stato pro[prio Wei]zsacker a dirmi (mio telegramma filo n. 3374) di non !asciarmi illudere dalla parentesi di Norimberga, passata la quale, la situazione si sarebbe ripresentata identica e anzi «più prossima alla crisi». Weizsacker mi parla ora non più da funzionario, ma da uomo (egli mi ha detto di avere, fin da tre mesi, chiarito bene e per iscritto il suo pensiero al ministro). Orbene. stretto da me a precisare cosa questa «maggiore prossimità di crisi» da lui annunciatami potesse significare in termini probabili di tempo. Weizsacker non esitò a dirmi di «avere la sensazione che una crisi potesse verificarsi verso il 20 settembre».

Fresco ancora di questa conversazione di ieri, io entrai questa marre in camera di Weizsacker attendendomi, dopo il mio colloquio con Ribbentrop, di trovare sul suo viso i segni di una tal quale minore tensione. Dopo aver ascoltato il resoconto della mia conversazione col suo ministro, alla mia domanda se essa non rappresentasse un certo progresso sulla situazione di ieri, Weizsacker. guardandomi fisso negli occhi. mi disse: «Vi sbagliate; non credete (oggi era una giornata di sole) al sole».

Io non so, pur ammessa la profonda diversità dei punti di vista dei due uomini, come conciliare le loro rispettive posizioni: Ribbentrop non mi dà. ripeto. la impressione di quella che io ho chiamato con lui l'altro giorno una impending imminence; Weizsacker invece si.

In un solo modo queste due posizioni potrebbero essere a mio avviso conciliate cioè ammettendo:

a) un piano prestabilito [per far] scoppiare degli incidenti in Cecoslovacchia a data più o meno fissa;

b) oppure ancora dando un [cara]ttere rel[ativamente] «ultimativo» a quelle tra le[....... che Rib]bentrop [ha qualificato? ....... ] di accettaz[ione ....... ] quindi [ ....... ] ad una effettiva [ ....... ]

È [inutile dire] che le dichiar[azioni] di Weizsacker a me vanno [ ....... ] all'E.V.

rispe[ttosa prelghiera, [ ....... ] assoluto ufficialme[nteP.

474 ' Il documento ha il visto di Mussolini.

474 4 Vedi D. 472, nota l.

475

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. RISERVATO 8004/4500. Parigi, 3 settembre 1938 (per. il 5).

Trasmetto il resoconto di un colloquio avuto da questo R. Addetto Militare con questo addetto militare tedesco.

Il generale Kiihlenthal ha sopratutto insistito sulla insufficiente preparazione dell'esercito germanico e sui preparativi militari compiuti in quest'ultimo periodo dalla Francia sulla frontiera italiana.

ALLEGATO

L'ADDETTO MILITARE A PARIGI, VISCONTI PRASCA, AL MINISTERO DELLA GUERRA

FOGLIO SEGRETO 704. Parigi, 27 agosto 1938.

Il generale Kiihlenthal, addetto militare di Germania, di ritorno da un breve viaggio in Svizzera ed in Italia (Aosta), mi ha partecipato alcune sue impressioni e opinioni su varie questioni politico-militari.

0 ) L'Inghilterra ha assunto le funzioni di arbitro delle questioni europee, prendendo occasione da quella Cecoslovacca.

2°) La Francia è decisa a intervenire in caso di aggressione tedesca alla Cecoslovacchia. Però depreca l'eventualità di quell'intervento e cerca con ogni mezzo di evitarlo esercitando ogni possibile pressione a Praga. Molti francesi vorrebbero disimpegnarsi da quell'obbligo «morale» approfittando all'occorrenza delle pretese cecoslovacche per dimostrare che esse sono irragionevoli, e che la Francia non può appoggiarle. Ad ogni modo lo S.M. francese propende attualmente per l'intervento.

3°) La Francia fa pressione in Inghilterra affinché il governo britannico esprima esplicitamente la sua decisione di scendere «automaticamente>> in campo accanto alla Francia. qualora questa intervenisse con le armi a favore della Cecoslovacchia.

4°) Gli Stati Uniti, in caso di conflitto tra le dittature e le democrazie (Francia e Inghilterra) appoggerebbero queste ultime.

5°) Le fortificazioni tedesche alla frontiera franco-germanica hanno una consistenza molto relativa. Esse verrebbero rapidamente distrutte dali' artiglieria pesante francese che dispone di stocks imponenti di munizioni che il generale Kiihlenthal definisce -già sufficienti per sei mesi di campagna intensiva.

6°) L'esercito germanico non è ancora pronto. Difetta di artiglierie pesanti, ma specialmente di quadri e di munizioni. Le divisioni germaniche motorizzate dovrebbero essere «messe a punto>>. Presentano ancora molti difetti.

7°) La questione delle materie prime in tempo di guerra preoccupa molto la Germania e specialmente la mancanza di carburanti. Tutte le formazioni germaniche sono motorizzate e la Germania non dispone di sufficienti quantità di carburanti per far fronte al fabbisogno di guerra, anche facendo assegnamento oltre che sul «petrolio>> sintetico, su quello romeno. La Germania ha occupato la Romania durante la Grande Guerra e il rendimento petrolifero romeno si dimostrò insufficiente alle necessità di allora. Sarebbe perciò insufficiente alle necessità moltiplicate della guerra odierna.

8°) La penuria di materie prime (petrolio, acciaio, rame) rappresenta un grave rischio per la Germania in caso di un conflitto con l 'Inghilterra: l'efficienza bellica germanica potrebbe essere ad un certo momento ipotecata dalla mancanza di rifornimenti essenziali per la condotta delle operazioni.

9°) La Francia va orientando la sua preparazione militare alla possibilità di una guerra alpina con tendenza offensiva verso l'Italia (ved. mio foglio 664 del 19 agosto, pag. 14. 4° cap.').

10°) Le condizioni strategiche della Francia in caso di offensiva verso l'Italia per la via delle Alpi sarebbero favorevoli poiché avrebbero il fianco sinistro sicuro appoggiandosi al territorio svizzero.

Il o) La Francia nel settore italiano potrebbe impiegare fin dal primo momento almeno guindici divisioni ottenute per triplicazione e una imponente disponibilità di artiglierie. Assicuratasi che la linea Maginot resiste all'urto tedesco. la Francia avrebbe le mani libere verso l'Italia e potrebbe disporre di considerevoli riserve di manovra in ragione deli'afflusso di truppe dal Nord Africa trattenute soltanto in parte dalle truppe libiche italiane.

12°) I lavori stradali nel territorio francese adiacenti alla nostra frontiera sono evidenti e fervono ovunque (asfaltazione, allargamento, e miglioramenti in genere).

13°) Malgrado le vociferazioni giornalistiche la frontiera dei Pirenei non rappresenterebbe attualmente e nel prossimo futuro. un motivo di preoccupazione per la Francia'.

476

IL CONSOLE GENERALE A VIENNA, ROCHIRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 7238/1288. Vienna, 3 settembre 1938 (per. 1'8).

Col telespresso del 2 corrente n. 1269' ho segnalato l'acuirsi del dissidio tra le gerarchie cattoliche e il partito nazionalsocialista in Austria. L'estensione ali'Austria della legislazione germanica sul matrimonio ha grandemente contribuito ad accentuare tale dissidio.

Come è noto la legislazione austriaca non ammetteva il divorzio per coloro che avevano contratto un matrimonio cattolico; e anche se questi passavano ad un'altra religione non era per essi possibile divorziare. La legislazione germanica, entrata qui in vigore il l o agosto, ammette invece nei casi previsti dalla

475 NOI< rintracciato. 475 ' Il documento ha il visto di Mussolini.

476 Vedi D. 467.

legge, lo scioglimento del matrimonio indipendentemente dalla religione dei coniugi. Tutti i cattolici che in base alla legge austriaca erano separati, ma non potevano ottenere il divorzio, si sono ora affrettati a farne domanda: e in qualche settimana si sono avute varie migliaia di domande di divorzio.

La Chiesa vede in ciò un grave pericolo. I divorziati quasi sempre si risposano; ed essi, non potendo nuovamente celebrare il matrimonio cattolico, o si sposano solo civilmente o passano ad altra religione (protestante, greco-ortodossa, vetero-cattolica) che consente il divorzio. Il cardinale Innitzer si è perciò affrettato a lanciare un proclama ai fedeli, che è stato affisso nelle chiese, e Ietto nelle chiese domenica 28 agosto, in cui si ricorda che il solo matrimonio civile non ha valore religioso, che il matrimonio cattolico è indissolubile e quindi le sentenze di divorzio nei matrimoni celebrati cattolicamente non hanno effetto nel campo ecclesiastico; che i cattolici i quali tengono in dispregio le prescrizioni della Chiesa, respingono il sacramento del matrimonio e si contentano del matrimonio civile, possono non essere ammessi a ricevere i Santi Sacramenti. Se, che Dio scampi, muoiono senza un segno di mutamento di idee o pentimento della loro condotta, può non essere loro accordata sepoltura cristiana.

Anche le leggi razziste che tendono a facilitare i divorzi nei casi di matrimoni tra cattolici ed ebrei (anche se convertiti al cattolicesimo) intaccano profondamente i principi della Chiesa; e similmente le leggi che vietano il matrimonio tra ariani e ebrei, anche se convertiti. La Chiesa cattolica non può infatti fare distinzione dal punto di vista religioso tra cattolici nati e quelli divenuti tali per conversione; e quindi non può approvare la proibizione di tali matrimoni, e tanto meno l'incitamento al divorzio pei matrimoni cattolici di razze miste, che dissolvono l'unione di tante famiglie. La Chiesa ha anzi una predilezione per i convertiti, sia perché essi costituiscono delle «pecorelle richiamate ali' ovile del Signore», sia perché il proselitismo e la propaganda della fede sono essenziali in tutte le religioni e specialmente nella «cattolica» cioè universale: d'altra parte gli acquisti di nuovi fedeli per conversioni servono a compensare le perdite di fedeli che, per varie ragioni, e specialmente a causa del dogma dell'indissolubilità del matrimonio, sono alquanto numerose.

Perciò l'applicazione delle leggi razziste nazionalsocialiste costituisce una fonte di dissidio con la Chiesa altrettanto grave che il principio della educazione totalitaria della gioventù, e l'abolizione delle scuole confessionali, su cui ho riferito nel citato telespresso del 2 corrente.

A ciò si aggiunga che recentemente è stata iniziata a Vienna una campagna anticattolica analogamente a quanto già è stato fatto in alcune province. In molte aziende sono stati fatti circolare dei manifesti contro la Chiesa in cui gli operai vengono esortati ad abbandonare la religione cattolica e sono state raccolte numerose firme. (È da tener presente che molti operai già erano anticattolici per le loro idee socialiste).

Il cardinale Innitzer non è ancora tornato a Vienna dal suo congedo. Egli è partito per la campagna già dal 12 giugno e tornerà verso la metà di settembre. La sua situazione è sempre quella che ebbi a riferire nel mio telegramma per corriere dal 9 aprile

~7

u.s. n. 082 : è in disgrazia presso il Vaticano; nonostante la sua pronta adesione al nuovo Regime, non è del tutto gradito alle Autorità naziste che lo vorrebbero completamente prono ai loro voleri; ed è ritenuto debole ed oscillante dalla gran massa dei fedeli.

477

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO

T. S.N.D. 743/331 R. 1 Roma, 4 settembre 1938, ore 12,58.

Telegramma n. 3442

Nessun messaggio speciale per il Fiihrer. Siamo noi, in ogni caso, che dovremmo ricevere messaggi o informazioni. In caso di colloquio potrai ripetere a lui quanto già detto a Ribbentrop e niente più. Non credo opportuno, per ragioni evidenti, venire a Norimberga e ti prego soprassedere anche tuo viaggio in Italia.

478

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PER CORRIERE 4347/0142 R. Berlino, 5 settembre 1938 (per. il 7).

Il R. Addetto Militare, generale Marras, mi comunica quanto segue:

«Da contatti oggi avuti con ufficiali dello Stato Maggiore risulta che la situazione in Cecoslovacchia viene considerata molto tesa e che perciò non si esclude intervento militare tedesco. Alla domanda se si ritenga che questo intervento possa verificarsi senza causare un conflitto europeo, si risponde generalmente con tono di fiducia che si spera di evitare tale conflitto e che la Germania non ha interesse a impegnarsi attualmente in una grande guerra.

È sintomatica la dichiarazione di un ufficiale dell'Ufficio Eserciti Esteri, il quale, richiesto sull'epoca per la quale potrebbe aversi una decisione, ha risposto «tra quattordici giorni».

476 ' Non rintracciato. 477 1 Minuta autografa. 477 2 Vedi D. 470.

Oggi è il 5 settembre. Fra due settimane saremo al 19 settembre. Sintomatica la concordanza di questa data con quella già indicatami -a titolo personale e confidenzialissimo -dal signor Weizsacker fin dal giorno 2 settembre (mia lettera ali 'E. V. del 3 settembre n. 63421 ).

479

IL CAPO DI GABINETTO, ANFUSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 5 settembre 1938.

Ore 19,15.

L'Addetto Militare francese è venuto adesso al Ministero della Guerra per portare a conoscenza delle Autorità Militari italiane la seguente comunicazione:

«La Francia ha dovuto adottare misure precauzionali alla frontiera est (Germania) con richiamo di riservisti per presidio alle opere fortificate. Nessuna misura sarà presa alla frontiera delle Alpi.

Le Autorità militari francesi desiderano che questa comunicazione sia subito portata a conoscenza delle Autorità militari italiane prima che i giornali ne parlino»1

Ore 19,45.

Ho trasmesso telefonicamente a S.E. Attolico il testo della comunicazione dell'Addetto Militare francese aggiungendo per sua istruzione, d'ordine di S.E. il ministro2 , quanto segue:

«La comunicazione fattaci dalla Francia ci ha lasciato completamente indifferenti in attesa di conoscere quali decisioni adotterà il Governo del Reich» 3

479 'La comunicazione fu fatta la stessa sera del 5 settembre da Attolico a von Ribbentrop (vedi D. 482) e allo Stato Maggiore tedesco dal generale Marras, il quale così riferiva circa l'opinione espressa dai militari tedeschi in merito ai possibili sviluppi della crisi: «Sulla possibilità di gravi complicazioni in caso di un'eventuale azione di forza mi è stato detto che l'Inghilterra vuole ad ogni costo mantenere la pace perché una guerra le riuscirebbe molto nociva. Si può interpretare che la fiducia tedesca di potere piegare la Cecoslovacchia evitando la guerra mondiale nasce dalla persuasione che anche di fronte ad una minaccia militare tedesca l'Inghilterra farà di tutto per impedire l'allargamento del conflitto» (Marras al ministero della guerra, foglio 1492 del 6 settembre. Il documento è tratto dall'Archivio dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito).

478 1 Vedi D. 474.

479 1 Analoga comunicazione era fatta contemporaneamente dal capo di Stato Maggiore dell'esercito francese all'addetto militare italiano a Parigi (T. 4312/159 R. del 5 settembre di Prunas).

479 2 Secondo quanto risulta dal Diario di Ciano (alla data del 5 settembre), l'ordine di informare Berlino del passo francese fu dato da Mussolini che dettò anche l'aggiunta con cui accompagnare la comunicazione.

480

IL MINISTRO A PRAGA, FRANSONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 1449/896. Praga, 5 settembre 19381 •

Mio telespresso n. 1401/865 del 29 agosto u.s. 2

Come ho telegrafato a Vostra Eccellenza in data 30 agosto u.s., notizie provenienti da questi circoli governativi diffondevano all'inizio della scorsa settimana l'impressione che le trattative circa la questione ceco-tedesca stessero avviandosi verso una conclusione. Si diceva che, piegando alla pressione britannica e alla minaccia tedesca, Benes aveva deciso di impegnare nelle trattative il proprio prestigio di capo di Stato e la propria influenza personale per avviare prima del temuto Congresso di Norimberga le trattative su una nuova base sforzandosi di andare nella maggior misura possibile incontro alle richieste del partito dei tedeschi dei Sudeti.

Tali previsioni erano successivamente solo in parte confermate dagli avvenimenti.

Lo stesso 30 agosto, Benes riceveva per la prima volta i delegati del partito dei tedeschi dei Sudeti e comunicava loro la nuova base di trattative. Per distinguerla dalle due precedenti, alcuni giornali l 'hanno definita «il piano Benes». Tale piano non è stato pubblicato ed è stato circondato dal più grande mistero. Dalle indiscrezioni trapelate al riguardo esso può tuttavia ricostruirsi come segue:

Concessione immediata: l) della sostituzione della gendarmeria statale nei territori tedeschi con una polizia municipale tedesca, 2) di un contributo statale di 500 milioni di corone per la ricostruzione economica ed industriale dei territori tedeschi, 3) della istituzione di una commissione ceco-sudetica per controllare che il 50% degli impieghi statali disponibili venga da ora accordato ai tedeschi fino a che questi avranno ottenuto il 23% degli impieghi loro spettanti in base al rapporto numerico fra i tedeschi e le altre popolazioni della Repubblica,

4) della piena equiparazione delle lingue ceca e tedesca. Proclamazione di una «tregua di Dio» di 3 mesi, onde preparare l'ambiente per un sereno svol

480 ' Manca l'indicazione della data di arrivo. 480 2 Vedi D. 446.

gimento delle trattative per l'istituzione di un largo decentramento amministrativo a base cantonale.

Come ho riferito a Vostra Eccellenza col telegramma n. 84 del l o corrente\ Benes, intrattenendomi dopo la presentazione delle credenziali, mi spiegava che le nuove proposte da lui rimesse ai delegati sudetici piuttosto che un formale progetto rappresentavano uno schema di base di trattative ed una definizione dei limiti estremi che il governo cecoslovacco riteneva di poter raggiungere, con sviluppo dettagliato di soli alcuni punti più delicati.

I delegati tedeschi dichiaravano a Benes che si riservavano di esaminare le nuove proposte e di dare una risposta entro il 2 corrente.

Il l o settembre corr., Henlein, aderendo ad un desiderio di Runciman, partiva improvvisamente per Obersalzberg dove si tratteneva fino al pomeriggio del giorno 2 e ve n i va ricevuto a lungo da Hitler. Com'è noto a V.E, il comunicato germanico4 su tali conversazioni informa solo che il Fiihrer aveva ascoltato con interesse l'esposizione fattagli da Henlein sul corso delle trattative e che dal colloquio era risultato un pieno accordo nel giudizio della situazione. Circa il contenuto di tale colloquio riferisco a parte con telegramma in data odierna5

La mattina del 2 corrente i delegati sudetici si recavano a dare a Benes la risposta del partito alle nuove proposte. Come ho riferito a V.E. telegraficamente il 2 corrente", la risposta tedesca senza respingere il «piano Benes» fa una seria di controproposte aventi per fine di aggiungervi tutto ciò che in quel progetto manca degli otto punti di Carlsbad7

La stampa ceca, in mancanza di dati circa tale risposta, si limita a dichiarare che le trattative sono sempre in corso e che il piano Benes è tuttora in elaborazione. Pur affermandosi categoricamente che gli otto punti di Carlsbad non possono esser accordati si manifesta prevalentemente l'opinione che grazie anche all'assistenza inglese le trattative proseguono con speranza di successo.

A moderare tale ottimismo sono sopraggiunti i discorsi tenuti ieri, domenica, in varie località ceco-tedesche da deputati sudetici. Tali discorsi sono uniformemente improntati a una nota di intransigenza e di combattività, ed affermano tutti che gli otto punti di Carlsbad rappresentano per i tedeschi un minimo non suscettibile di 'transazione.

Per domani è stata frattanto fissata l'udienza di Ben es ai delegati sudetici per rispondere alle loro controproposte.

480 ' T. 4255/84 R. del l o settembre. Il ministro Fransoni riferiva che Benes gli aveva comunicato di aver consegnato ai rappresentanti sudeti un nuovo progetto che <<andava al di là di quanto poteva attendersi l'opinione pubblica media>>.

480 'Testo in Relazioni Internazionali, p. 637. 480 5 Non rintracciato. 480 " Con T. 4280/85 R. del 2 settembre. non pubblicato. 480 7 Vedi D. 5.

481

IL COMANDANTE DEL C.T.V., BERTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. UFF. SPAGNA 1647/2527. Salamanca, 6 settembre 1938, ore 19, l 5 (per. ore 23).

Riferimento 2262 del 3 corrente 1

Oggi colloquio con Franco, presente ambasciatore2

Comunicato testo telegramma, che ha fatto grande impressione. Franco ha cercato dapprima rimandare soluzione. Indi, di fronte necessità decisione, ha accettato. Ha chiesto qualche giorno per studiare modalità attuazione provvedimento. Ha promesso dare grande solennità rimpatrio volontari. Raccomandato a lui massima segretezza. Durante discussione, raffiorata proposta fatta circa invio nuove grandi unità. Franco ha di nuovo escluso per timore complicazioni con Francia. Ho colto occasione per insistere ancora circa necessità rapida costituzione adeguate riserve.

482

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PER CORRIERE 4346/0143 R. Berlino, 6 settembre 1938 (per. il 7).

Confermo ad ogni buon fine mia comunicazione telefonica di questa mane a S.E. il ministro:

«Ho comunicato le informazioni trasmessemi ieri sera da Anfuso 1 a Ribbentrop, il quale (abbiamo parlato per telefono) mi ha ringraziato e spiegato che esse vanno messe in relazione con un avvertimento già dato all'addetto militare tedesco a Parigi fin da parecchi giorni fa e da me a suo tempo segnalato2 , nel senso che la Francia-non ricevendo spiegazioni soddisfacenti delle misure militari prese dalla Germania alla frontiera francese -sarebbe stata costretta a delle contromisure. Ecco che le contromisure sono state prese.

481 2 Per il resoconto dell'ambasciatore Viola si veda il D. 498. 482 1 Vedi D. 479. 482 2 Vedi D. 472.

Il fatto non è stato qui affatto drammatizzato e si è risposto (a mezzo comunicato ufficiale 3 ) non avere la Francia ragione di allarmarsi di fortificazioni tedesche, così come la Germania non si è a suo tempo allarmata delle fortificazioni Maginot. Si ritiene quindi che il fatto non sia destinato per se stesso ad essere produttivo di conseguenze in un senso o nell'altro.

D'altra parte, la situazione politica, per quanto riguarda Praga, rimane stazionaria. Non si ha nessuna notizia delle intenzioni di Benes e non si conoscono ancora le sue offerte definitive. Ribbentrop rimane, però, sempre scettico.

Ieri, a Monaco, il Principe d'Assia, reduce da Roma, ha visto il Fiihrer, il quale gli ha affidato delle comunicazioni verbali per il Duce, relativamente più ampie, ma sempre, più o meno, sulle linee generali già indicatemi da Ribbentrop ancora sabato e che io ho telegrafato4 Il Fiihrer ha pure aggiunto qualche

apprezzamento sulla situazione generale sia in se stessa, sia nei riguardi dei nostri due Paesi. Il Principe d'Assia è partito oggi in volo per Roma, dove sarà nel pomeriggio5

Le comunicazioni che perverranno a suo mezzo e che io ignoro ancora nei loro dettagli, potrebbero (parlo in linea di semplice ipotesi) essere tali da far ritenere come superate le istruzioni da me già avute per il mio colloquio col Fiihrer6In questo caso, dato che Ribbentrop ancora questa mattina mi ha detto

che il Fiihrer mi vedrà, ne domanderei di nuove». Ho preso atto della risposta di S.E. il ministro7 su quest'ultimo punto che, salvo istruzioni nuove, valgono le vecchie.

481 1 Vedi D. 471.

483

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 4349/0184 R. Budapest, 6 settembre 1938 (per. il 7).

Sopratutto dopo la conferma della condanna di Szàlasi 1 , si avvertono, e non solo negli ambienti della destra estrema, sintomi di nervosismo e di malcontento, sempre abilmente sfruttati dai circoli ebraici. Sono corse e

482' Vedi D. 477.

483 ' La condanna di Szàlasi a tre anni di lavori forzati era stata confermata dalla Corte di Cassazione il 24 agosto.

corrono tuttavia voci disparate ed alcune anche che potrebbero essere di una certa gravità come addirittura quella di un conflitto in provincia fra seguaci di Szàlasi e la forza pubblica, voci che mi sono state però finora del tutto escluse da parte competente ma che in ogni modo mi riservo ancora controllare.

Mentre indubbiamente sempre più serpeggia, sopratutto nel proletariato agricolo, questo malcontento su cui speculano gli agitatori di estrema destra, gli ambienti ebraici liberali e quindi antitedeschi. diffondono voci non solo sull'attività dei partiti nazisti ungheresi ma anche sulla propaganda germanica identificando i due movimenti, che tuttavia hanno, come ho già ripetutamente riferito, origini e cause di v erse.

Non vi è dubbio d'altra parte che la propaganda tedesca, più o meno palese sopratutto fra le popolazioni di razza germanica, è sempre intensa e in particolare modo nelle popolazioni di frontiera, come nel Burgenland, dove assume qua e la anche forme esteriori. Si tratta di ragazzi, a quanto pare, prezzolati che salutano all'hitleriana ai margini delle strade o di insegne naziste poste in qualche casa di villaggi per opera di emissari di oltre frontiera. Ma a prescindere dalla propaganda germanica, i partiti di estrema destra a tinta nazionalsocialista continuano effettivamente ad avere nel Paese seguito e popolarità, malgrado le severe misure del governo.

Comunque, in tutte le voci che sono state ultimamente messe in giro e di cui si sono fatti eco anche i giornali inglesi e francesi, secondo quanto risulta, ben poco vi è di serio e di importante.

È stato solo accertato che alcuni giorni fa venne lanciata da ignoti contro un portone della Camera Alta una bottiglia contenente un liquido infiammabile. Circa un'ora dopo l'arrivo del Reggente a Budapest, scoppiò un petardo m uno dei Lungodanubio.

Il Presidente del Consiglio, lmrédy, mi ha confermato che queste notizie di disordini a queste sole si riducono. La polizia d'altra parte non è ancora riuscita a trovarne gli autori: il Presidente del Consiglio pensa che possa trattarsi di elementi di estrema destra, ma non è escluso nemmeno che ne siano responsabili emissari cechi o comunisti.

Quanto l'attività dei cosidetti nazisti ungheresi, Imrédy ha tenuto a dirmi che anche personalità eminenti del Partito Nazionalsocialista germanico avevano sconfessato questi movimenti, che si servivano del nome del nazionalsocialismo ma che per la loro impreparazione ed incomprensione non erano certamente degni di esso. Imrédy mi ha aggiunto che esaminando i programmi di questi partiti, come da ultimo di quello degli hungaristi, vi si riscontrano maggiori somiglianze col programma dei comunisti che non con quello dei nazionalsocialisti tedeschi.

Il Presidente del Consiglio mi ha detto di non aver preoccupazioni circa la situazione interna del Paese, che del resto è perfettamente normale; aveva affrontato con la maggiore decisione un più ampio programma di riforme e contava tenere a freno le eventuali intemperanze degli estremisti fino al momento di poter condurre a termine il suo programma.

482 3 Il comunicato del Deutsches Nachrichtenbiiro e la nota del!" Agenzia Ha vas alla quale rispondeva sono in Relazioni Internazionali, p. 628.

482 4 Vedi D. 469.

482 5 Vedi D. 495.

482 6 Vedi D. 452.

484

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE CONFIDENZIALE 4348/0185 R. Budapest, 6 settembre 1938 (per. il 7).

Sono stato per tre giorni ospite del Presidente del Consiglio Imrédy nella sua casa di campagna a Sopron.

Nel corso di lunghe conversazioni confidenziali, circa la questione cecoslovacca Imrédy si è espresso con me più o meno negli stessi termini di Kànya (mio telegramma per corriere n. 0173 del l o settembre1 ).

Andando a Berlino2 , anche in relazione alla incipiente preparazione militare dell'Ungheria e secondo quelle che sembravano essere ormai le intenzioni del Reich se non altro prima del maggio, egli aveva prospettato al governo tedesco l'opportunità di agire in due tappe: raggiungere cioè in un primo tempo, in via provvisoria, una soluzione conciliativa, nel senso di una accettazione di larghe autonomie per i sudeti e per le altre nazionalità nell'ambito dello Stato cecoslovacco: per forza di cose questo regime provvisorio avrebbe rapidamente condotto allo smembramento ed alla disgregazione della Cecoslovacchia, così che alla vera e propria annessione si sarebbe arrivati in un secondo tempo, fra un anno o forse due. Ma, sopratutto per le ragioni di prestigio che anche Kànya mi aveva esposto, Hitler aveva dato subito l'impressione di non voler ormai più frapporre indugi.

Forse in questi ultimi giorni l 'Inghilterra mostrava di aver capito che bisognava convincere Praga che il metodo dilatorio era il peggiore. Comunque ora occorrerà attendere quali saranno le decisioni di Hitler dopo il congresso del partito.

Anche Imrédy, come Kànya, ritiene che in caso di conflitto la Francia non potrebbe esimersi dall'intervenire ed egli ha le stesse preoccupazioni circa l'eventuale atteggiamento della Jugoslavia. L'Ungheria si sentirebbe del tutto libera e tranquilla, solo se l'Italia o la Germania potessero garantirla (nessuna garanzia quindi deve essere stata data in proposito dal governo di Berlino). Contrariamente a quello che mi aveva riferito un alto ufficiale ungherese, (mio telegramma per corriere n. 0174 del l o settembre'), Imrédy ritiene che non esiste assolutamente nessun patto militare fra Germania e Polonia, ciò che conferma mie precedenti segnalazioni.

Quanto all'atteggiamento dell'Ungheria, che avrebbe certamente tutto l'interesse che la crisi potesse ritardarsi per avere il tempo necessario per prepararsi militarmente, Imrédy mi ha detto, confermando quindi quanto ho già comuni

484 ' Vedi D. 457. 484 ' Per la visita del Reggente Horthy sulla quale si vedono i DD. 440, 441 e 460. 484 ' Vedi D. 458.

cato (mio telegramma per corriere n. O175 in data del l o settembre4 ) che è stato lo stesso Gi:iring, come già il Duce, a consigliare ali 'Ungheria di mantenere un atteggiamento di prudente attesa nei primi giorni per poi intervenire al momento opportuno.

Basandosi anche su quelle che sembravano essere le intenzioni tedesche qualche mese fa, il governo ungherese contava di avere il tempo di essere del tutto preparato per il momento dell'eventuale crisi: attualmente si era nel periodo della piena preparazione.

Egli non aveva una nozione esatta di quella che potrebbe essere la effettiva consistenza, efficienza e combattività dell'esercito cecoslovacco: certo la sua capacità di resistenza sarebbe un elemento particolarmente importante anche nei riguardi di un allargamento del conflitto.

Imrédy mi ha detto, ciò che del resto corrisponde alla verità, che l'opinione pubblica ungherese, sebbene perfettamente conscia della delicatezza del momento, mantiene la freddezza e la calma più assoluta.

485

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPPORTO SEGRETO 6364. Berlino, 6 settembre 19381

È tornato dalle sue vacanze il ministro del Portogallo a Berlino, signor da Veiga Simòes. Egli, venendo da me ad assumere informazioni sulla situazione generale, mi ha a sua volta riferito le impressioni da lui raccolte all'estero.

Il signor da Veiga mi ha detto di avere passato le sue vacanze sempre in Francia, avendo frequenti occasioni di vedere uomini politici di tutti i partiti e persino di assistere a dei meetings locali del Fronte Popolare. Sia nelle persone responsabili. sia nelle masse. egli ha trovato una predisposizione psichica alla guerra assolutamente inesistente alcuni mesi fa.

Il da Veiga ha visto a lungo Herriot, Patenòtre, de Monzie, ecc. Sebbene con gradazioni diverse, sono tutti quanti unanimi. Essi rimproverano all'Italia di non tenere alcun conto della parte moderatrice esercitata dalla Francia sull'Inghilterra al tempo della guerra abissina e senza della quale l 'Inghilterra avrebbe scatenato una guerra contro l'Italia. Il risentimento contro l'Italia. per quanto sotto forma di penoso rincrescimento. è vivo anche nelle classi culturali. Il da

484 ' Vedi D. 459. 485 1 Manca l'indicazione della data di arrivo.

Veiga ha parlato col signor Mavas (?), professore di oftalmologia all'Università e uno dei direttori del Collegio di Francia (reduce da Venezia).

Il da Veiga ha constatato in Francia una preparazione psicologica alla guerra non solamente generica. ma anche specifica. Ad incoraggiare la Francia su questa strada contribuisce potentemente l'embellement dell'America, dove la Germania non è stata mai così detestata come ora. I francesi sono sicuri che, entrati in guerra loro e gli inglesi (i quali ultimi annuncerebbero il loro intervento solo quando ogni soluzione pacifica risultasse impossibile), anche gli americani seguirebbero (sintomatici in proposito i discorsi ultimi Bonnet e Bullitt2).

Comunque. in Francia si parla apertamente del modo come la guerra si svolgerebbe e dei piani dello Stato Maggiore. In questi sembra di particolare importanza per noi quello. che pare ormai definitivamente stabilito. di liberarsi. forse all'inizio stesso della guerra. dell'incognita spagnola mediante un deciso intervento armato in !spagna. Non si può -si dice apertamente in Francia -combattere su tre fronti. con ciò alludendo anche alla sicura ipotesi di una guerra contro l'Italia.

(Mi consta del resto da altra fonte che il Generale Vuillemin, parlando col Generale Milch, ha detto che la Francia ormai non può tollerare l'ulteriore continuazione della guerra in !spagna).

Lo Stato Maggiore francese sa benissimo che la Francia dovendo, per soccorrere la Cecoslovacchia, attaccare essa stessa la Germania, difficilmente sfonderebbe; ma. appunto per questo. esso si prepara fin da ora ad una guerra d'usura fin dall'inizio contemplata come implicante una durata di almeno quattro anni. Inutile dire che, secondo i piani dello Stato Maggiore francese, il blocco inglese che nel 1914 fu perfezionato solamente nella seconda parte della guerra, incomincerebbe in questa al 100% sin dal primissimo giorno.

Lo Stato Maggiore francese è convinto che la Germania di oggi. per quanto potentemente armata. non si può paragonare alla Germania del 1914. mentre la Francia del 1938 è assai più forte della Francia del 1914. Date queste posizioni iniziali, non si ha dubbio che in una guerra d'usura la Germania soccomberebbe.

Credo che queste notizie di carattere militare provengano sopratutto da de Monzie. Il Ministro del Portogallo, nel darmele, aggiungeva anche l'altra informazione, da me telegrafata, circa la richiesta fatta fare a Lisbona dall'Inghilterra a proposito della «revisione della politica portoghese verso la Cecoslovacchia». Il diplomatico non ha espressamente detto. ma mi ha fatto chiaramente intendere che. in caso di guerra. il Portogallo. volente o nolente. finirebbe con lo schierarsi dalla parte inglese3

485 'Riferimento ai discorsi pronunciati il 4 settembre per l'anniversario dell'intervento degli Stati Uniti nella Guerra Mondiale, in cui, sia il ministro degli Esteri francese che l'ambasciatore degli Stati Uniti, avevano inneggiato alla solidarietà dei due popoli nella difesa della libertà (il testo dei discorsi è in Relazioni Internazionali, pp. 626-628).

485 3 Il documento ha il visto di Mussolini.

486

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. RISERVATO 3759/1499. Mosca, 6 settembre 1938 (per. il 12).

Riferimento mio telegramma n. 78 del 4 corrente 1

Le notizie pubblicate dai giornali odierni sembrano giustificare lo scetticismo manifestato da Litvinov nella nostra conversazione di avant'ieri, quando egli, contraddicendo l'ottimismo di questo ministro di Cecoslovacchia, aveva espresso forti dubbi sulla possibilità che Heinlein accettasse le ultime proposte del governo di Praga come base di discussione.

Parlando con me molto apertamente della situazione europea, Litvinov si disse fermamente convinto che Hitler si sarebbe energicamente opposto all'accettazione di qualsiasi compromesso, anche se accettabile per i tedeschi dei sudeti ed avrebbe costretto Heinlein a reclamare concessioni tali da forzare il governo cecoslovacco a rifiutarle. Dopo di che -egli ha aggiunto -nascerebbe l'incidente, seguito a sua volta da un intervento tedesco. Ciò porterebbe inevitabilmente all'entrata in azione della Francia ed anche dell'Inghilterra, e quindi alla guerra mondiale.

Litvinov mi ha chiesto a questo punto che cosa farebbe l 'Italia. Gli risposi che l'Italia non desiderava la guerra e che si era sempre mantenuta estranea al conflitto fra sudeti tedeschi e Cecoslovacchia.

A mia volta gli chiesi che cosa avrebbe fatto l'U.R.S.S. ed egli mi diede la sola risposta che mi attendevo: «l'U.R.S.S. manterrà fede ai propri impegni internazionali». È la stessa risposta generica che questo ambasciatore d'Inghilterra mi ha detto aver ricevuto da Litvinov tutte le volte che egli aveva cercato di sondare e far precisare le intenzioni del governo sovietico nel caso di un conflitto armato fra Germania e Cecoslovacchia. Lord Chilston mi ha confidato però che in una occasione, quando egli aveva espresso il dubbio che l'U.R.S.S. potesse, per ragioni geografiche, portare un aiuto al suo alleato per via di terra, Litvinov ha esclamato: «Attraverso la Polonia no, ma possiamo farlo attraverso la Romania».

Col mio telegramma di avantieri ho già segnalato a V. E. l'idea avanzata da Litvinov che la questione della Cecoslovacchia possa essere portata ali' ordine del giorno del prossimo Consiglio a Ginevra, come lo saranno quelle della Cina e della Spagna. Dal suo modo di parlare ho tratto l 'impressione che, o la Delegazione sovietica direttamente, o qualche altra delegazione dietro sua istigazione, non mancherà di sollevare una discussione sulla questione, basandosi sull'art. Il del Patto. Non può del resto sorprendere che Litvinov intenda sfruttare la riunione ginevrina per far sentire ancora una volta al pubblico mondiale la sua voce a difesa dei pacifici paesi democratici contro gli aggressori fascisti!

Potrebbe però darsi che con tale mossa Litvinov persegua anche un altro scopo: quello di mettere in evidenza l'obbligo di tutti gli Stati membri della Lega di difen

486 ' T. 4307178 R. del 4 settembre. Riferiva in modo più sintetico sul colloquio con Litvinov.

dere l'aggredito, ed in questo modo passare in seconda linea l'impegno di assistenza assunto dall'U.R.S.S. in forza del suo trattato con la Cecoslavacchia. Litvinov è partito ieri per Ginevra.

487

IL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI, AL COMANDANTE DEL C.T.V., BERTI

T. UFF. SPAGNA 2278 1 Roma, 7 settembre 1938, ore 13,05.

Ricevo vostro telegramma2 • Non voglio che Franco abbia impressione che noi lo molliamo in un momento in cui le cose non gli vanno bene. Mio stile è di stare al fianco del camerata sino alla fine. Per questo io avevo proposto fusione in una delle due attuali divisioni con che noi avremmo continuato a dare a Franco una solidarietà concreta se pure ridotta. Informatemi se con gli attuali effettivi questo è possibile. Mentre gli esuberanti rimpatrierebbero, la divisione rimasta potrebbe rimanere almeno fino al ritiro bilaterale dei volontari.

Se siete in quest'ordine di idee, parlatene a Franco e sottolineategli questa prova che intendo ancora dargli della mia solidarietà. Telegrafate subito 3

488

IL MINISTRO A PRAGA, FRANSONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 4358/90 R. Praga, 7 settembre 1938, ore 20,58 (per. ore 23,45).

Mio telegramma n. 891 Con comunicato stasera delegazione sudetica informa

che aveva deciso proseguire trattative sulla base nuovo progetto governativo in vista realizzazione otto punti Carlsbad2 , ma che a seguito inauditi eccessi polizia

487 ' Per il seguito della questione si veda il D. 491.

Il piano, approntato dal governo di Praga il 5 settembre, accettava gran parte delle richieste avanzate dai sudeti: stabiliva, nel quadro della autonomie territoriali, il principio di proporzionalità nel reclutamento dei funzionari regionali e nella ripartizione della maggior parte delle spese pubbliche, la dipendenza della polizia dalle autorità locali, l'uguaglianza delle lingue nell'amministrazione, ecc.

488 ' Vedi D. 5.

Moravska-Ostrava decide sospendere trattative riscontrando negli incidenti la prova che il governo non è in grado controllare situazione nella misura necessaria per poter procedere riforme proposte.

Fin qui comunicato.

Si può rilevare che mentre stamane delegazione riteneva non poter in alcun caso dare risposta in giornata, oggi pomeriggio dopo incidenti, pubblica comunicato accettando trattative ma contemporaneamente sospendendole con motivazione di cui sopra.

487 1 Minuta autografa di Mussolini.

487 2 Vedi D. 481.

488 1 T. 4363/89 R. del 7 settembre. Riferiva che il governo di Praga aveva consegnato ai delegati dei Sudeti un nuovo piano, che peraltro, secondo l'opinione del ministro Fransoni suscitava perplessità per il suo contenuto non sempre chiaro e poteva aprire la strada a nuove tergiversazioni da parte del governo cecoslovacco.

489

L'INCARICATO D'AFFARI A BUCAREST, CAPECE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 4368/046 R. Bucarest, 7 settembre 1938 (per. 1'8).

Con l'acuirsi della tensione ceco-sudetica si è, in questi ultimi giorni, notata qui a Bucarest una intensificata attività, sia da parte tedesca che da parte francoinglese, nonché un generale nervosismo in tutti questi ambienti.

Secondo le mie informazioni, la Romania si è trovata ancora una volta stretta nella morsa di pressioni contrarie. Quali siano state le sue decisioni, se ve ne sono state, non mi è stato ancora possibile sapere. Ma, a prima vista, a me sembra che essa già da ora, pur dando assicurazioni alla parte tedesca, si mostrerebbe notevolmente più sensibile e ben disposta verso i franco-inglesi.

L'azione tedesca si è svolta con la visita del ministro di Romania a Berlino e con ripetuti contatti tra il ministro degli Affari Esteri e l'incaricato d'affari di Germania1L'azione francese e cecoslovacca con molto danaro e molte pressioni

sulla stampa, e con frequentissime visite al ministero degli Esteri. Gli inglesi, infine, sono stati pure loro attivissimi nel quadro dell'azione franco-ceca ma con una certa differenziazione (da cui le voci di una presunta alleanza anglo-romena).

Ecco quanto appare finora sui risultati di queste due azioni contrastanti.

L'incaricato d'affari tedesco ha posto al signor Comnen la questione del sorvolo di apparecchi sovietici sul territorio romeno e quella del passaggio delle truppe e del materiale sovietico, si è sentito dire che fra U.R.S.S. e Romania non esiste alcun accordo in materia ma che la Romania non può impedire il sorvolo di apparecchi già comperati dagli alleati cechi.

Il viaggio affrettatissimo del ministro romeno a Berlino è qui apparso, più che un viaggio chiesto dal ministero degli Esteri di Bucarest, un viaggio consigliato al signor Djuvara dal Fiihrer in persona.

Il signor Djuvara ha lungamente conferito con Comnen, ha visto Re Caro!, ha parlato con molto entusiasmo della forza e della solidità d eli'asse Roma

489 ' G. Stelzer.

Berlino, ha fatto capire che a Berlino una neutralità assoluta della Romania sarebbe sufficiente per i piani nazisti e che in cambio la Germania offrirebbe, forse, l'assicurazione formale che l'Ungheria sarebbe da essa tenuta ferma.

Sia il Re che il ministro degli Esteri sono rimasti molto impressionati di quanto diceva loro il ministro a Berlino, tanto che per un giorno si è notato anche nella stampa una battuta di arresto nell'atteggiamento antigermanico, che costituisce una caratteristica di questi giornali.

Ma ripartito per Berlino il signor Djuvara, i romeni sono stati premuti più che mai da questo ministro di Francia', rientrato in questi giorni da Parigi, e sono tornati indietro: la stampa infatti ha ripreso il suo tono aggressivo nei riguardi del Reich e del Fiihrer.

Tedeschi e francesi, in conclusione, avrebbero fatto di tutto per costringere la Romania a fissare la sua posizione in caso di conflitto per la Cecoslovacchia. I francesi spingendo la Romania a riaffermare la sua fedeltà agli impegni militari della Piccola Intesa. I tedeschi spingendola verso la neutralità. Io credo che Comnen sia riuscito a non assumere ancora una posizione netta.

Ma questa gente che per abitudine mentale e per bisogno fisico non sa concepire di vivere senza il protettorato franco-inglese non può non avere assicurato gli «amici» che nulla è mutato nella propria fedeltà. Non so se questa fedeltà andrà fino alla partecipazione romena ad un conflitto armato contro la Germania o se essa sia limitata ali' assicurazione che la Romania non rifornirà la Germania in caso di guerra; ma certo è che la Romania, se pur non vuoi bruciare la carta tedesca, si mostra sempre sensibile e ben disposta ad accogliere i consigli e i desideri francoinglesi e deve avere quindi concesso loro qualche cosa di più concreto e di più positivo, che non le generiche assicurazioni che sono state date ai tedeschi3

490

IL MINISTRO A HSING-KING, CORTESE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 598/100. Hsing King; 7 settembre 1938 (per. il 22 ottobre).

Telegramma n. 69 di V.E. 1 Di ritorno dal breve giro compiuto a scopo informativo nella Cina del Nord, autorizzato da V.E., ritengo opportuno riassumere in rapidissima sintesi le impres

489 'Altre considerazioni circa l'atteggiamento della Romania erano fatte dal ministro Sola. allora in congedo a Roma, a Ciano che così annotava nel suo Diario sotto la data del 5 settembre: <<Sola, giudicando la situazione odierna, dice che l'atteggiamento romeno è legato a quello britannico. Se Londra si impegna in un conflitto, Bucarest la segue. Le truppe russe troveranno, in tal caso, via libera in Bessarabia. Se ciò fosse vero, molti calcoli dovrebbero venire rapidamente rifatti. La Romania, che pesa poco come forza militare, è forse un elemento determinante come posizione>>.

sioni ricavate da osservazioni e conversazioni avute con persone di rango e nazionalità differente.

Dal punto di vista militare è accertato che nel Nord Cina le truppe giapponesi sono molto ridotte e si limitano all'occupazione e alla difesa delle linee ferroviarie, delle città e degli impianti industriali. Le puntate punitive contro i «banditi» delle campagne sono per lo più compiute dall'aviazione.

Questi «banditi», formati in gran parte da avanzi di truppe cinesi, e specialmente dell'armata comunista dello Shansi, sono praticamente padroni di tutto il resto del territorio, da cui fanno continue incursioni contro cittadine minori, miniere e sopratutto, linee ferroviarie. Nella seconda metà di agosto hanno causato seri danni e addirittura sconvolto il traffico. Essi sono sotto il comando del generale Lu Chung-lin e sembra si siano assicurati una preziosa autonomia nella fabbricazione delle cartucce. Le loro infiltrazioni dallo Jehol minacciano le comunicazioni ferroviarie nella regione ad ovest di Mukden. Intanto i giapponesi stanno facendo affluire a Tangku ingenti rinforzi, che sembrano destinati a operazioni di polizia militare in grande stile. Contrariamente a quanto avveniva nel passato, si tratta questa volta di truppe di prima linea e non di riservisti.

Queste tarme di banditi non hanno alcuna consistenza organica e non costituiscono un vero e proprio pericolo militare. Del resto, dello stesso esercito cinese il colonnello di Stato Maggiore Shigeyasu vicinissimo al generale Terauchi, mi ha dichiarato testualmente «l'esercito cinese non esiste». Ma i giapponesi sono preoccupatissimi dal fenomeno del banditismo non per oggi, ma per la terribile incognita che esso potrebbe costituire domani.

Dal punto di vista politico, permane una situazione caotica causata dall'assenza di ogni governo.

Il governo provvisorio della Cina del Nord non gode di alcuna autorità nemmeno nella stessa città di Pechino. Uomini di paglia, per lo più privi di prestigio o valore personale, strettamente controllati dali' autorità militare giapponese, hanno su di sé solo l'odio e il disprezzo dei loro concittadini. La mascherata ormai non inganna più nessuno e questo primo tentativo è fallito.

l giapponesi lo sanno e sarebbero desiderosissimi di mutare sistema ma si urtano in quella che è una delle maggiori spine della loro conquista; la impossibilità di procurarsi qualche personalità cinese che abbia autorità sulle masse e che sia disposta a collaborare con loro. Un alto ufficiale di stato maggiore del quartiere generale mi diceva che le cose cambieranno dopo la caduta di Hankow, dato che molti uomini politici cinesi influenti già comprati dai giapponesi non attendono che quel segno per passare dalla loro parte.

La situazione politica è complicata anche dal noto stato di tensione esistente fra le autorità militari giapponesi e le autorità diplomatiche consolari estere di Pechino e di Tientsin.

Infine, dal punto di vista economico c'è crisi sia per la diminuita produzione, sopratutto agricola, sia per lo sconvolgimento delle correnti del traffico delle merci e sia infine per la confusione monetaria causata dalla introduzione della nuova moneta, decisa dai giapponesi. Mentre essi tentano di sopraffare la vecchia valuta mediante svalutazioni ufficiali e pressioni dirette, i banditi delle campagne e le banche delle Concessioni internazionali boicottano la nuova moneta ufficiale.

489 2 Adrien Thierry.

490 1 T. 11879/69 P.R. del 17 agosto che autorizzava il ministro Cortese a compiere un viaggio nella Cina settentrionale per meglio rendersi conto della situazione.

491

IL COMANDANTE DEL C.T.V., BERTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. UFF. SPAGNA SEGRETO 1661/2538. Roma, 8 settembre 1938. ore 1,05 (per. ore 3).

Riferimento radio 2278 odierno'.

Dal punto di vista militare sono contrario a lasciare qui una divisione per motivo esposto promemoria 28 agosto, portato mio Capo di S.M.2 Se considerazioni radio V.E. devono aver sopravvento, sono pronto recarmi da Franco. Resto in attesa decisioni.

Attuali effettivi consentono costituzione divisione su 9 battaglioni. Circa ritiro bilaterale volontari, Generalissimo ha escluso in modo assoluto applicazione piano inglese Comitato non intervento'.

492

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 4370/161 R. Parigi, 8 settembre 1938. ore 19,50 (per. ore 21,22).

In assenza ambasciatore che partecipa cerimonie Norimberga, Daladier ha convocato ieri consigliere di questa ambasciata di Germania' a cui ha fatto presente vivissima preoccupazione opinione pubblica e governo francese per crescente imponenza preparativi militari tedeschi.

Presidente del Consiglio e ministro Difesa Nazionale ha aggiunto che il suo Stato Maggiore ha esercitato in questi giorni e continua esercitare tuttora le più vive pressioni perché, oltre quelle già di recente adottate, ulteriori adeguate contromisure siano immediatamente poste in atto da parte francese.

Daladier, che si sarebbe finora rifiutato aderire tali sollecitazioni, ha dichiarato sperare poter rapidamente ottenere da parte tedesca quelle spiegazioni e

491 'Vedi D. 471, nota 2. 491 'Vedi D. 289, nota 2. Per il seguito di veda il D. 497. 492 1 Curt Bri.iuer.

chiarimenti che valgano a limitare portata provvedimenti militari tedeschi, tranquillizzare opinione pubblica francese, consentirgli evitare adozione contromisure reclamate dal suo Stato Maggiore.

Presidente del Consiglio ha quindi tenuto un discorso presso a poco analogo a quello Bonnet -Welczeck (telegramma n. 1582) diffusamente e particolarmente insistendo sulla certezza che eventuale conflitto generale europeo non potrebbe che sboccare dappertutto in disordini sociali di estrema gravità e violenza e in sostanza concludersi con un definitivo prevalere del comunismo in Europa.

Daladier ha inoltre illustrato recenti misure militari francesi assicurando che esse hanno, per ora, carattere e portata strettamente limitata e circoscritta3

492 ' Il ministro Prunas aveva già comunicato (con T. per corriere 4379/0168 R. del 7 settembre) che, secondo gli accertamenti compiuti dali 'addetto militare, generale Visconti Prasca, i provvedimenti militari francesi avevano, fino a quel momento, «carattere parziale ed erano diretti sopratutto a porre in efficienza la linea Maginot>>. Da più parti, tuttavia, continuavano a giungere notizie di rilevanti misure militari prese dalla Francia: T. per corriere Prunas 4381/0165 R. del 7 settembre, che trasmetteva le notizie inviate dal console a Nizza, Margotti, circa il rafforzamento degli effettivi francesi e l'arrivo di reparti marocchini; T. 4356/99 R. del 7 settembre del vice console a Tunisi, Lanza, sui preparativi alla frontiera con la Libia; T. 4387/32 R. del 9 settembre del console a Tolone, Odenigo, il quale segnalava che ormai la base navale appariva in assetto di guerra. Tutti questi documenti erano inviati in visione a Mussolini. Per le notizie pervenute sui preparativi francesi alla frontiera del Marocco spagnolo si veda il D. 504, nota l.

Suli'atteggiamento francese riferiva anche l'addetto navale a Parigi, Margottini, che così sintetizzava: «Ambienti militari. Intransigenza assoluta in caso di colpo di forza tedesco. Avversione, ma rassegnazione per una soluzione pacifica basata su una organizzazione cantonale federale della Cecoslovacchia; per ora intransigenza (verosimilmente tramutabile in rassegnazione) per una neutralizzazione di una Cecoslovacchia elveticizzata. Su quest'ultimo provvedimento gli ambienti militari sono proclivi a sposare, almeno in questo momento e fino a che non sia perfettamente chiaro il punto di vista londinese, l'atteggiamento intransigente dell'estrema sinistra ed abbastanza fermo di parecchi settori del centro e di destra.

Ambienti civili. L'eventualità di una guerra è considerata spaventosa. In fondo, pur di non doversi mettere per questo in condizione di essere considerati dei fedifraghi completi, i francesi, nella maggior parte, vogliono evitare la guerra. Se nuove concessioni vanno fatte al punto di vista tedesco per ottenere questo scopo, purché esse partano da Londra, la massa le accetterà ad occhi chiusi e con mal celata contentezza. In complesso, le aspirazioni della massa possono sintetizzarsi nella frase <<Purché salvo l'onore tutto fuorché la guerra>>.

Estremisti. A giudicare dalla stampa solo le masse estremiste sono guerrafondaie ed intransigenti e Blum continua a strombazzare che il piano n. 4 "CCeve rappresentare l'ultima concessione. Niente elvetizzazione e tanto meno poi neutralizzazione. Fino a che punto questo settore sia disposto a battersi per queste idee non è dato sapere, ma anche qui il contegno inglese sarà decisivo. Gli estremisti infatti, come e più di tutti i francesi, si sentono leoni quando sentono le loro spalle guardate dalla G.B. ma divengono agnelli quando all'orizzonte si profila la possibilità di un abbandono inglese. Ecco perché con maggior forza di qualsiasi altro giornale, il Populaire continua ad invocare a gran voce, la necessità improrogabile di una stretta affermazione d'autorità franco-inglese !asciandone però l'iniziativa sempre, all'alleata>> (rapporto 588 del lO settembre. Il documento è tratto dall'Archivio dell'Ufficio Storico della Marina).

491 1 Vedi D. 487.

492 2 Vedi D. 464.

493

L'AMBASCIATORE A SALAMANCA, VIOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 4426/083 R. San Sebastiano, 8 settembre 1938 (per. il 12).

Telegramma di V.E. n. 2841 e mio telegramma filo n. 1392

Ho di nuovo intrattenuto Franco circa opportunità scegliere la venuta di Hemming. L'ho trovato dapprincipio piuttosto contrario malgrado l'accoglienza non del tutto negativa fatta ai miei suggerimenti in occasione nostro ultimo recente incontro (vedi mio telegramma per corriere n. 077 del 23 agosto scorso3 ).

Il Generalissimo teme che «mettendo un dito nell'ingranaggio del piano egli finirà per rimanerci impigliato». Gli ho detto che avrebbe potuto accogliere la visita di Hemming previa precisazione degli argomenti sui quali si è disposti a discutere e di quelli sui quali si intende evitare ogni discussione. Questa procedura servirebbe anche a guadagnare altro tempo. Comunque era bene accettare in principio senza lasciarsi troppo precorrere da Barcellona. Franco ha finito col dichiararmi che era disposto a ricevere Hemming. Jordana mi ha oggi confermato che sarà data risposta in massima affermativa e mi ha chiesto se noi ritenevamo più conveniente che Hemming si recasse prima a Burgos e poi a Barcellona o viceversa. Nella domanda era evidentemente implicito il timore che Hemming possa poi riferire a Barcellona quanto ha visto e udito qui. Mostrando di non rilevare questo elemento di diffidenza ho risposto che, pur non avendo istruzioni su questo punto, mi sembrava preferibile che Hemming venisse intanto qui affinché la sua prima genuina impressione fosse quella della normalità e dell'organizzazione della Spagna N azionale. Inoltre poiché la sua missione non è destinata ad avere qui completo successo, è meglio che ciò non avvenga dopo e in contrasto col successo di assoluta seppure apparente adesione che gli sarà probabilmente preparato a Barcellona.

Jordana mi ha detto che si regolerebbe in questo senso facendo sapere a Londra che governo nazionale è pronto a ricevere subito Hemming.

Quanto sopra salvo diverso parere de li'E.V. del quale Jordana terrebbe il massimo conto.

493 ' Vedi D. 465, nota 5. 493 2 Vedi D. 465, nota 5. 493 ' Vedi D. 425.

494

NOTA N. 19 DELL'INFORMAZIONE DIPLOMATICA'

Roma, 8 settembre 1938.

Negli ambienti responsabili romani si segue con la più grande attenzione insieme con la massima calma Io sviluppo della situazione nel conflitto fra il partito dei Sudeti rappresentanti i tre milioni e mezzo di tedeschi che vivono in Cecoslovacchia e il Governo di Praga.

L'atteggiamento dell'Italia è stato ed è, conformemente alla politica deli'Asse, nettamente favorevole alle rivendicazioni formulate da Henlein* coi famosi otto punti di Carlsbad, rivendicazioni che -pur esigendo un'autonomia territoriale per le minoranze -non hanno mai messo in discussione la loro appartenenza al nesso statale cecoslovacco. Henlein non è giunto a chiedere la separazione pura e semplice dei tedeschi dallo Stato presieduto da Benes: questa soluzione radicale viene, invece, prospettata in questi giorni da organi influenti come il Times2 di Londra o La Répuhlique' di Parigi*".

Sembra chiaro agli elementi responsabili dei circoli romani, che nella faccenda dei Sudeti agiscano forze estranee ed irresponsabili che fanno capo a Mosca ed a Parigi, le quali forze inaspriscono le resistenze del Governo di Praga, facendogli balenare la possibilità di aiuti-forse ipotetici-e spostando i termini del dissidio sul piano delle opposte ideologie. Il discorso Cot' è sintomatico al riguardo.

Nei circoli responsabili romani viene altamente apprezzato il contegno del popolo germanico-specie di fronte alla semi-mobilitazione francese-e la riserva di cui ha dato prova il Fiihrer nel suo messaggio al Congresso di Norimberga6

Se Praga si arrende alla realtà delle cose, è possibile evitare una più grande crisi. L'atteggiamento de!l'Italia nella questione dei sudeti fu fissato nei colloqui che il Fiihrer ebbe a Roma col Duce. L'Italia non ha proceduto a richiami di classi, né prese altre disposizioni di carattere militare, anzitutto perché, se non prevale l'azione delle correnti demo-guerrafondaie, ritiene ancora possibile un accordo e perché il suo meccanismo interno le permette di fronteggiare immediatamente qualsiasi eventualità.

494 ' Vedi D. 50 l, nota 4.

494' La frase qui pubblicata tra asterischi non fu diramata dall'agenzia ufficiale tedesca

D.N.B. In proposito si vedano le osservazioni clell"ambasciatore Attolico nel D. 501.

494 ' Si riferisce -forse -agli articoli pubblicati sul News Chronicle del 14 e del 16 luglio in cui l'ex-ministro dell'aeronautica aveva preconizzato una guerra preventiva contro la Germania in cui la Cecoslovacchia avrebbe avuto una parte importante come base per l'aviazione sovietica.

494 '· Del 6 settembre (testo in Relazioni lntemaz.ionali, pp. 642-645).

494 1 Minuta autografa eli Mussolini.

494 1 Su La Repuh!iqué cieli '8 settembre era stato pubblicato un articolo del suo direttore Emile Roche, in cui si invitava a considerare la disparità che esisteva tra la questione dei sucleti e l'eventualità di una guerra che oltre a provocare milioni eli morti poteva mettere in pericolo la stessa civiltà.

495

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO

LETTERA SEGRETA 7582. Roma, 8 settembre 1938.

Per tua opportuna riservata notizia ti invio la traduzione del verbale che, al suo ritorno da Berchtesgaden, il Principe d'Assia ha portato a conoscenza del Duce'.

ALLEGATO

PROMEMORIA'.

l) Malgrado tutte le chiacchiere di pace non può attualmente sfuggire il lavorio di certe forze internazionali di indebolire e, se possibile, di schiacciare al momento opportuno gli Stati autoritari. L'Inghilterra si lega a questo scopo sempre più strettamente alla Francia e tenta prima di tutto di indurre anche gli Stati Uniti dell'America del Nord ad una partecipazione attiva a tali manovre sotto il motto <<difesa della libertà dei popoli, lotta contro le autocrazie>>. La collaborazione con la Russia sovietica serve allo stesso scopo. Non ci può essere dubbio sul proposito dell'Inghilterra di sbarazzarsi dell'uno o dell'altro degli Stati retti autoritariamente, dopo aver completato i suoi armamenti. Sono di ostacolo all'immediata realizzazione di questa decisione:

a) la flotta insufficiente ancora per il momento, in relazione ai bisogni dell'Impero britannico, nel caso di una guerra;

b) la debolezza dell'armamento aereo, particolarmente nel campo della difesa aerea;

c) la debolezza e l'incompleto approntamento del presente esercito attivo per un teatro di guerra europeo. (Sono in preparazione attualmente la motorizzazione di 5 divisioni e una brigata corazzata).

In tre o quattro anni l'Inghilterra si sarà considerevolmente risollevata per quanto riguarda la flotta. Per quanto concerne l'arma aerea ciò può accadere già in uno o due anni: lo stesso si potrebbe supporre per l'Esercito. La cura dell'Inghilterra è pertanto intesa ad evitare

o rinviare ogni conflitto europeo, che potrebbe portare ad un peggioramento della posizione generale delle Potenze democratiche.

2) La Cecoslovacchia è, data la natura dell'origine e della struttura di questo Stato, costretta fin dali'inizio a seguire la prosperità o la rovina delle Potenze democratiche occidentali. Oltre a ciò ha un'alleanza militare con la Russia.

L'alleanza con la Francia è comprensibile per la prima ragione. Se la Germania dovesse una volta essere implicata in una guerra contro la Francia o l'Inghilterra-con o senza alleati

495 'Il principe Filippo d'Assia era stato convocato il 5 settembre a Berchtesgaden per verbalizzare quanto Hitler intendeva fosse portato a conoscenza di Mussolini per suo tramite. Il principe fu ricevuto a Palazzo Venezia il 7 settembre: sul suo colloquio con Mussolini non è stata trovata documentazione.

indifferentemente -la Cecoslovacchia costituirebbe uno di quei fattori considerevoli che in determinate condizioni potrebbero essere decisivi per l'esito di una tale lotta. L'ex ministro francese dell'Aviazione Pierre Cot ha espresso chiaramente alcune settimane fa in un articolo la parte della Cecoslovacchia nel caso di una guerra della Germania contro le Potenze occidentali. Essa deve servire innanzi tutto alla distruzione dell'industria bellica tedesca. Un notevole settore economico tedesco di altissima importanza bellica, l'industria chimica, si trova sistemato in grandi fabbriche a pochi minuti di volo soltanto dalla frontiera cecoslovacca.

3) La Germania ha perciò interesse ad impedire che questo Stato, col maltrattamento di tre milioni e mezzo di propri connazionali, rappresenti una fonte di pericoli latenti per il futuro. È perciò necessario lo stabilimento dell'assoluta parità di diritti delle nazionalità. Questa lotta è combattuta da anni, invero senza alcun risultato visibile. In precedenza i governi cechi non si davano per nulla la pena di rispondere, sia pure teoricamente, a questi desideri. Da alcuni anni i governanti cechi sono presi dal timore di non poter mantenere in modo duraturo l'attuale stato di cose. Dopo l'Anschluss i circoli governativi di Praga oscillarono fra un brusco diniego di tutte le richieste delle nazionalità e un apparente accoglimento di esse. Nella scorsa primavera il governo tedesco ebbe la speranza di potere in determinate condizioni condurre per vie pacifiche la situazione ad una distensione. Il 21 maggio, il governo ceco (è però anche possibile che siano stati soltanto i militari cechi) si è dato premura di sottoporre a pressione le ormai indifferibili elezioni comunali nei territori dei tedeschi sudetici e altri territori nazionali, occupando militarmente le località. A tal fine -per motivare questa specie di mobilitazione-fu diffusa l'asserzione che la Germania avrebbe da parte sua mobilitato e concentrato truppe per violare la frontiera ceca. Si trattava di una bassa menzogna, inventata di sana pianta dal principio alla fine. Purtroppo in un primo momento il governo tedesco non ha potuto valutare completamente l'intera portata di questo colpo truffaldino del signor dott. Bene8.

Esso ha, da parte sua, chiarito subito che in queste affermazioni non vi era alcuna parola di vero; soltanto, nel frattempo, la stampa mondiale di ispirazione inglese si precipitò sulla questione ed asserì allora che la mancanza -in sé naturale in quanto per nulla prevista -di ogni azione del governo tedesco era soltanto una conseguenza della pusillanime ritirata di fronte alla fuga dello Stato ceco e di fronte agli interventi delle altre Nazioni. La Germania ha indubitatamente subìto una perdita di prestigio molto forte. Pertanto il Fiihrer è subito venuto nella determinazione di prendere le necessarie predisposizioni e di agire senza riguardo nel caso di un ulteriore tentativo consimile o di una equivalente provocazione. Poiché egli non crede di poter per tale motivo mettere l'Italia in difficoltà, ha fatto per conto suo tutti i preparativi militari anche verso occidente. Il numero degli operai, uomini del servizio del lavoro, zappatori e soldati collocati dal maggio direttamente alle fortificazioni occidentali ammonta attualmente a circa

600.000 uomini. 4) Le attuali trattative vengono giudicate dal Fi.ihrer con scetticismo. Il pericolo consiste nel fatto che il tentativo del governo cecoslovacco e degli inglesi di guadagnare tempo non può, così come loro proposito, rimanere nascosto sia ai tedeschi che alle altre nazionalità della Cecoslovacchia. Poiché mentre si perde tempo in conversazioni teoriche accade in pratica esattamente il contrario di ciò che si afferma voler raggiungere. Dato che lo svergognato atteggiamento della plebaglia ceca non può essere accettato con calma se la Germania non vuole esporsi al pericolo di essere nuovamente considerata debole, non resta altro d'ora in poi che prendere al contrario una posizione sol ida e forte anche nell'interesse della solidarietà con gli Stati amici. Da ciò scaturisce tuttavia una situazione tesa. In queste condizioni il Fi.ihrer giudica con scetticismo crescente le proposte di una soluzione pacifica. Egli non vuole agire da sé, ma se si giungesse -come già sopra notato -ad una nuova

insopportabile provocazione, attaccherà istantaneamente, senza tener conto di tutte le minacce dell'Inghilterra e della Francia, anche col pericolo di una guerra con queste Potenze. Egli crede che l'Italia in una situazione simile non potrebbe agire diversamente, che Mussolini non agirebbe altrimenti e che innanzi tutto una rinuncia ad una soluzione della questione ceca avrebbe in generale presto o tardi terribili conseguenze. E ciò non soltanto per la Germania, ma per entrambi i grandi Stati ormai legati l'uno all'altro dal destino.

Il Fiihrer però non può in queste condizioni indicare un termine stabilito, perché egli stesso non è nella possibilità di stabilire alcun termine. Tuttavia egli ha fatto comunicare senza ambagi anche dal ministro von Ribbentrop agli ambasciatori inglese e francese, che, se la Cecoslovacchia arrivasse ad una provocazione, egli ne trarrebbe le conseguenze estreme. Inoltre il Fiihrer prenderà precisamente posizione sulla questione nel suo prossimo grande discorso all'Assemblea del Partito.

Egli ringrazia cordialmente per la presa di posizione di Mussolini e può soltanto riassicurare sempre che anch'egli qualunque cosa possa succedere-starà dalla parte dell'Italia3

495 2 Si pubblica qui la traduzione preparata dagli uffici di Palazzo Chigi. L'originale tedesco è in DDT, vol. II, D. 415.

496

L'INCARICATO D'AFFARI A TIRANA, BABUSCIO RIZZO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. RISERVATO 2527/928. Tirana, 8 settembre 1938.

Mi onoro trasmettere per opportuna notizia copia di un rapporto che questo addetto militare ha trasmesso al ministero della Guerra sull'intensificarsi della attività dell'Inghilterra in Albania, verificatasi negli ultimi mesi.

ALLEGATO

L'ADDETTO MILITARE A TIRANA, GABRIELLI, AL MINISTERO DELLA GUERRA

FOGLIO 1641. Tirana, 4 settembre 1938.

L'attività inglese in Albania si fa sempre più intensa. Cito i seguenti fatti: -Si parla della prossima istituzione di due consolati inglesi: uno nel nord e l'altro nel sud dell'Albania. -Elementi dell' lntelligence Service arrivano frequenti in Albania e lavorano a cercare una più vasta rete informativa. -Ufficiali greci, in stretti rapporti con l'lntelligence Service, entrano e lavorano neli'Albania meridionale, in veste di commercianti. -Navi da guerra inglesi sostano frequentemente nel canale di Corfù; una di esse ha fatto visita a Durazzo; altre arriveranno nelle acque albanesi entro il corrente mese.

496 ' Manca l'indicazione della data di arrivo.

Gli stati maggiori delle navi che stanziano nelle acque di Corfù fanno frequente gite a Butrinto e a Santi Quaranta.

-Ufficiali inglesi ed albanesi avrebbero fatto un elenco delle località della costa albanese che più si prestano per sbarchi di sorpresa e delle persone, dimoranti lungo la costa stessa, che guardano con simpatia e con fede all'Italia.

-Gli ufficiali inglesi organizzatori della gendarmeria albanese hanno intensificato la propaganda ai nostri danni. -Il Ministro d'Inghilterra a Durazzo sparla continuamente del Fascismo dell'Italia

e di S.E. Mussolini.

Recentemente, conversando con personalità albanesi. avrebbe detto che:

-le condizioni finanziarie d eli 'Italia sono pessime;

-tra due anni l 'Inghilterra sarà in grado di mettere in ginocchio l 'Italia;

-alla difesa dell'Albania provvederà l'Inghilterra.

-Una personalità albanese reduce da Londra ha confermato che l'Inghilterra, decisa ad affrontare gli Stati autoritari tra due anni, vuole rafforzare, ad ogni costo, la sua influenza in Albania.

-Il Ministro Sovietico ad Atene ha detto ad un suo collega che l'Inghilterra lavora attivamente a creare un blocco balcanico ostile a noi ed a staccare la Germania dall'Italia'.

495 3 Non si è trovata documentazione circa la risposta data da Mussolini e subito comunicata per telefono a Hitler dal principe d'Assia. Da un accenno contenuto nel D. 50 l risulterebbe che tale risposta fu così impegnativa da far sorgere nei tedeschi la convinzione di poter contare sulla piena solidarietà del! 'Italia.

497

IL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI, AL COMANDANTE DEL C.T.V., BERTI

T. UFF. SPAGNA SEGRETO 2291 1Roma, 9 settembre 1938. ore 20, 15.

Presentatevi a Franco e proponetegli la costituzione di una Divisione Littorio su 9 battaglioni di elementi scelti aut 7 battaglioni di elementi sceltissimi2• Se Franco accetta, procedete alla costituzione della Divisione, caso contrario predisponete senz'altro rimpatrio tutte fanterie legionarie.

Informatevi subito'.

497 Minuta autografa di Mussolini. Il telegramma fu inviato anche all'ambasciatore Viola per conoscenza.

497 ' L'Il settembre, il generale Berti rispondeva di essersi incontrato con il Generalissimo che aveva accettato <da nota proposta>> (T. Uff. Spagna 1678/1995 dell'Il settembre).

496 2 Questo documento fu inviato in visione a Mussolini.

497 2 Facendo seguito alla comunicazione precedente del generale Berti (vedi D. 491 ), Mussolini aveva chiesto al generale di precisare quali legionari potevano essere rimpatriati se si fosse formata una divisione su nove oppure su sette battaglioni (T. Uff. Spagna 2287 de11'8 settembre; minuta autografa di Mussolini).ll generale Berti aveva risposto (T. Uff. Spagna 1663/2548 dello stesso giorno) che nelle due ipotesi si potevano rimpatriare, rispettivamente, diecimila oppure dodicimila uomini.

498

L'AMBASCIATORE A SALAMANCA, VIOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. 4395/143 R. San Sebastiano, 9 settembre 1938, ore 21 (per. ore 6,45 del IO).

Franco ha accolto 1 decisione del Duce di ritirare le fanterie con qualche difficoltà e sorpresa ma ha finito per dichiararsi convinto dopo che da me e da Berti gli è stato ampiamente illustrata la necessità del provvedimento nei riguardi militari e la sua convenienza nei riflessi politici e sopratutto per il beneficio immediato che ne deriverà alla causa nazionale in relazione al problema del non intervento.

Si è caduti d'accordo sulla necessità mantenere rigorosamente segreto su tale decisione sino al momento in cui Regio Governo riterrà conveniente di renderlo pubblico e sulla opportunità di conferirle poi il maggiore rilievo nelle modalità di esecuzione.

Jordana, con il quale per desiderio di Franco ho avuto oggi uno scambio di idee circa i riflessi politici del ritiro delle fanterie e le possibilità di ricavarne il maggiore profitto, ha convenuto con me sulla opportunità di non darne per ora notizia nemmeno a duca d'Alba e di modificare atteggiamento nei riguardi non intervento dando ugualmente corso alla visita Hemming.

Franco prenderà intanto accordi con Berti per provvedere al più presto e nel miglior modo alla organizzazione delle forze da sostituire alle nostre unità. Egli ha espresso desiderio poter continuare a contare su artiglieria, aviazione, tanks e personale tecnico e in certa misura anche su quadri di ufficiali.

Credo che sarebbe opportuno che appena possibile V.E. facesse pervenire al comandante C.T.V. una comunicazione ostensibile richiedendo notizie circa epoca in cui prevedesi potrebbe essere iniziata concentrazione nostra fanteria per rivista militare precedentemente operazione evacuazione. Ciò allo scopo sollecitare da parte Franco gli accennati provvedimenti per rimpiazzo forze legionarie.

499

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 4405/0187 R. Budapest, 9 settembre 1938 (per. il IO).

Ho avuto oggi una lunga conversazione confidenziale col conte Csàky sulla questione cecoslovacca.

498 ' Il colloquio con Franco al quale l'ambasciatore Viola si riferisce è quello del 6 settembre di cui al D. 481.

Egli ritiene che oggi la situazione può considerarsi al quanto migliorata nel senso di una soluzione conciliativa; tant'è vero Kànya partirà domani per Ginevra. Gli incidenti di Moravska Ostrava sono stati più gravi di quanto è stato pubblicato dai giornali e ne sarebbero rimasti vittime due tedeschi dei sudeti; vi è quindi interesse a diminuirne piuttosto che ad aumentarne l'importanza. Gli consta, del resto, che Hitler abbia detto ad Henlein di tener fermo ma di non provocare. È impressione di Csàky che i tedeschi non abbiano per ora intenzione di agire con la forza se non vi saranno costretti da gravi incidenti. Bisognerà tuttavia che la Francia e l 'Inghilterra evitino di ferire l'amor proprio personale del Fiihrer.

D'altra parte sarebbe difficile per Hitler scatenare una guerra che non sarebbe desiderata dall'esercito. Comunque in questi ultimi giorni il Fiihrer deve essersi reso maggiormente conto, dopo le misure militari prese alla frontiera1, che il governo francese è pronto eventualmente ad intervenire; l' ambasciatore di Germania a Parigi aveva sempre informato in questo senso il governo tedesco ma Welczeck non è, secondo Csaky, molto ascoltato a Berlino, mentre non è nemmeno detto che Ribbentrop mostri tutto a Hitler: chissà che poi Hitler non pensi piuttosto di mantenere in vita lo Stato cecoslovacco, sia pure trasformato in Stato federale, per asservirlo, attraverso l'aumentata importanza dei tedeschi sudeti, alla politica del Reich. Certo, se si producessero gravi incidenti sarebbe difficile evitare il conflitto; vi sarebbe anzi chi temo, addirittura una sollevazione militare dell' esercito ceco in caso di accettazione da parte del governo delle richieste avanzate da Henlein.

Neli'eventualità di un conflitto, Csàky mi ha ripetuto le preoccupazioni già manifestatemi da Imrèdy e da Kànya circa l'eventuale atteggiamento della Jugoslavia. Malgrado la posizione e le direttive di Stojadinovié, l'esercito jugoslavo sarebbe ancora animato da sentimenti francofili ostili quindi all'Ungheria e anche alla Germania ed all'Italia. Csàky mi ha detto che secondo sue informazioni, benché senza che sia stata presa alcuna misura speciale di ordine militare, le guarnigioni verso la frontiera germanica, italiana ed ungherese sarebbero state rinforzate in occasione di locali manovre ed egli si domandava se questo non potrebbe essere anche un monito.

Del resto, altro è la Jugoslavia, altro è Stojadinovié ed in un Paese come la Jugoslavia si fa presto a sopprimere un uomo. Mi ha aggiunto anche gli sembrava aver notato che anche i tedeschi fossero diventati meno assoluti sul conto della Jugoslavia. Nella conversazione con Csàky, che si è espresso in modo alquanto differente da una settimana fa '(mio telegramma per corriere

n. 0174 del l o settembre') ho anche sopratutto creduto vedere una grande preoccupazione, perlomeno personale, circa la forza che, in caso di conflitto, sarebbe rappresentata secondo lui dali'eventuale coalizione, contro la Germania, delle Potenze occidentali anche con la Russia e gli Stati Uniti.

499 ' Vedi D. 479. 499 ' Vedi D. 458.

500

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 4406/0188 R. Budapest, 9 settembre 1938 (per. il 10).

È venuto a vedermi questo ministro di Polonia, che è tornato a Budapest da tre giorni, avendo dovuto interrompere il suo congedo. Egli, che veniva ora da Varsavia, mi diceva che secondo la sua impressione, i tedeschi, che non possono ormai avere dubbi sulla intenzione francese di intervenire qualora vi fosse una flagrante aggressione tedesca in Cecoslovacchia, non vogliono scatenare la guerra europea, sopratutto perché non sono pronti.

Secondo Orlowski, la Polonia non fa troppo calcolo della Russia: se entrasse in guerra cadrebbe il regime bolscevico.

Il ministro di Polonia mi ha nel modo più reciso escluso l'esistenza di accordi militari tra la Germania e la Polonia, ed è stato molto riservato sull'eventuale atteggiamento della Polonia in caso di conflitto. Mi ha confermato che il Presidente della Repubblica polacca verrà a Budapest verso il 20 ottobre.

501

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

LETTERA SEGRETA 11• Norimberga, 9 settembre 19382 •

Scrivo alla meglio da Norimberga.

La situazione continua a rimanere quanto mai oscura. Mentre scrivo le proposte Benei;P continuano ad essere «studiate», ma tuttociò con così aperta e aprioristica diffidenza da fare pensare che il trovarvi qualcosa di accettabile sarebbe oggetto non so se di più gradita che di sgradita sorpresa. Mentre persone che dicono di aver parlato con Henlein affermano che le proposte Benes contengano una parte tutt'altro che disprezzabile delle richieste sudete, dall'altra il linguaggio così del Ministro come del suo entourage continua ad essere pessi

mista quanto prima. Anche quando Ribbentrop dice una qualche cosa che possa prestarsi, con un po' di buona volontà; ad essere interpretata come lasciante ancora un raggio di speranza per una soluzione pacifica, v'è sempre alla sua porta, chi si incarica di farti ricadere nel più assoluto e quasi fatalistico pessimismo. Sembra quasi che ormai le proposte Henlein non siano più sufficienti. Se anche, si dice, esse fossero accettate per intero chi ci assicura che sarebbero applicate e sopratutto che lo verrebbero in buona fede?

È evidente che, con queste premesse, non si [ ....... ] conclusione arrivare. Si ha la sensazione che gli ot[to punti di] Carlsbad siano superati. Come sarebbe possibile-si in[sinua-an]che ottenutili, evitare incidenti simili a quelli dei [giorni scorsi?] Non lo si confessa ma, o l'autonomia non fu mai sinceramente voluta,

o essa ormai non basta più. A svelare questo stato d'animo è bastato il famoso articolo del Times". Poiché creare uno Stato dentro lo Stato non si può, ebbene, allora meglio la separazione completa e cioé l'annessione. È bastato, dico, un solo periodo di una articolessa del Times, -la paternità della quale si vorrebbe (? !) far risalire ad Halifax, -per aprire come dei nuovi orizzonti e nuove più radicali aspirazioni. Altrettanto sintomatico è per me quanto è successo a proposito della nostra «Corrispondenza Politica»5 . A mio parere quello che nella nostra Corrispondenza (giacché è inutile negare che essa è più dispiaciuta che piaciuta) ha preoccupato. non è tanto l'aver tacciato la richiesta di secessione come di manovra moscovita quanto l'aver qualificato, e quindi quasi limitato, la solidarietà dell'Italia al chiaro obiettivo del conseguimento dei punti di Carlsbad nel quadro attuale dello Stato Cecoslovacco.

Se devo da tutto questo tirare ancora qualche conclusione, io devo dedurre che i Tedeschi -parlo dell'uomo della strada -si attendono da noi una solidarietà al cento per cento, in qualunque condizione e senza possibilità di apprezzamenti autonomi da parte nostra. È verissimo che Ribbentrop (certamente uniformandosi alle direttive del Fiihrer) continua a dire che la Germania intende provvedere all'affare cecoslovacco da sola, ma il rilievo continuamente dato alla solidarietà «necessaria» dei Paesi autoritari -i quali, battuto uno, sono battuti tutti mostra che egli non è completamente sincero e che lascia a noi di offrire quel concorso che per quanto non chiesto è atteso egualmente ed in pieno. Ma egli sarebbe il primo, in caso di disinganno, a gridare al tradimento.

Mi corre l'obbligo di avvertire che, nell'immediato e [ ..... ] più fedele entourage di Ribbentrop, si insiste ad ammon[ire che una] chiarificazione degli obiet

501 'Vedi D. 494, nota 4.

tivi di ciascun Paese si impo[ne ma si ha] la sensazione che essi non coincidono, né possono coincidere [com]pletamente. Dato questo -si dice. e con una insistenza [alla quale] io non posso rifiutarmi di dar peso una chiarificazione è non solo opportuna ma indispensabile. Il nostro contegno. a torto o a ragione. è stato interpretato come un incoraggiamento. Un preciso incoraggiamento è stato anche trovato nel messaggio telefonico con cui il Principe d'Assia ha riassunto il pensiero del Duce in risposta al messaggio di Hitler". Sopra questo incoraggiamento si basa non solo la fiducia in un concorso nostro totalitario ed incondizionato (incondizionato al punto da escludere che noi si possa eventualmente combattere per obiettivi diversi e <<nostri» ma anche, temo, la stessa sicurezza di potere, senza preoccupazione, arrivare fino ali' estremo delle richieste e delle pretese.

Io ignoro ancora la versione italiana delle assicurazioni date dal Duce al Fiihrer in risposta al messaggio Assia, ma non posso tacere che questo senso della necessità di una chiarificazione (allo scopo, si insiste, di evitare déceptions fatali alla pace europea come allo stesso futuro delle relazioni itala-tedesche che ne rimarrebbero spezzate -ripeto la frase -per almeno un secolo, il senso, dico, di questa necessità si impadronisce di me ogni momento di più. È uno stretto dovere di coscienza a cui adempio insistendo su questo punto.

Le previsioni su quello che potrà essere il discorso di chiusura del Congresso sono impossibili. Il Fiihrer, se pure egli stesso ha definitivamente deciso, non si è aperto con alcuno. Ribbentrop mi ha soltanto detto che egli è sicuro che col discorso del Fiihrer di lunedì la questione sudetica entrerà in una fase completamente nuova e risolutiva. Ma cosa precisamente questo significhi nessuno sa. Vi è chi dice che Hitler, se non direttamente magari attraverso Henlein, potrebbe anche affacciare una domanda di plebiscito. E non sono pochi i Paesi (Jugoslavia la prima) che contemplano una simile eventualità con aperta preoccupazione.

Ma. a parte questo. plebiscito significa annessione. E su quale base? C'è chi incomincia a parlare della impossibilità, in talune zone, di sceverare i Tedeschi dai Cechi, e quindi della inevitabile necessità di assorbire una parte della stessa popolazione ceca.

Comunque, il plebiscito, una volta chiesto, rappresenterebbe un ultimatum. Ove quindi non fosse concesso, significherebbe la guerra, ed una guerra che, anche per esigenze tecniche assumerebbe forma e proporzione di una invasione quasi totalitaria della Cecoslovacchia e quindi non potrebbe a meno di divenire generale. Ora a me. lo ripeto ancora una volta. non risulta affatto che qui si siano seriamente considerate tutte le ipotesi e gli aspetti di una guerra generale. Anche questo meriterebbe una chiarificazione urgente e sostanziale tanto più in presenza dei seguenti due elementi che sembrano ormai avere una influenza quasi giornalmente crescente sulla situazione,e cioè:

l) il desiderio e quasi il bisogno di vendicarsi del 21 maggio;

2) la convinzione che se un urto fra Stati autoritari e democratici è inevitabile. è forse meglio che accada prima piuttosto che dopo. Così, mentre da una

parte si continua a dire che, salvo il caso di provocazione (di cui. si badi bene, non si indica mai né la natura. né la portata) la Germania si asterrà da colpi di forza. dall'altra si trova chi a questa prospettiva di. per guanto condizionata. attesa. oppone il sicuro convincimento che. salvo fatti nuovi. una soluzione armata si approssima sempre più. La data fatale ne sarebbe per altro leggermente spostata. Adesso non si parla più del venti settembre ma della fine di settembre. primi ottobre 7

50 l 1 Questo documento -anomalo per la forma -fu inviato da Norimberga dove Attoli co si trovava per assistere al congresso del partito nazionalsocialista. La numerazione di questo e degli altri documenti inviati da Norimberga fu apposta dallo stesso ambasciatore. Il documento è stato danneggiato in più punti dali 'umidità.

501 2 Manca l'indicazione della data di arrivo. La lettera fu inviata in visione a Mussolini il 12 settembre.

501 3 Vedi D. 488, nota l.

50 l ' In un articolo pubblicato il 7 settembre con il titolo <<Nuremberg an d Aussig>>, il Times, dopo aver constatato che alcune richieste avanzate dal Sudetendeutsche Partei non potevano in nessun caso essere accolte dal governo di Praga perché inconciliabili con la sovranità dello Stato, aveva posto l'interrogativo se non fosse conveniente per la Cecoslovacchia accettare la secessione dei sudeti, subendo una perdita territoriale ma con il vantaggio di rendere più omogeneo lo Stato cecoslovacco. L'articolo aveva poi sottolineato che il desiderio della popolazione interessata doveva comunque costituire «un elemento importante e decisivo>> per una soluzione considerata come definitiva. Lo stesso giorno, il governo britannico aveva diramato un comunicato in cui si dichiarava che il suggerimento del Times «non rappresenta affatto il punto di vista del governo britannico>>.

50 l ' Vedi D. 495, nota 3.

502

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. SEGRETO 4400/632 R. Tokio, IO settembre I938, ore 12,IO (per. ore I5,45).

In seguito a numerosi telegrammi giunti da vari Paesi europei, questi militari diconsi convinti che malgrado situazione pericolosa non si giungerà alla guerra. Considerano giovevole a interessi giapponesi attuale tensione e citano ad esempio fatto che in questi ultimi giorni ambasciatore d'Inghilterra ha molto diradato sue visite al ministero degli Affari Esteri: credono invece che guerra europea sarebbe loro nociva perché li priverebbe possibilità ricevere, in caso di bisogno, materiale di guerra dall'Italia ed alcool.

Dopo più di un anno di guerra con invio di truppe sempre più numerose in linea e relative necessità rifornimenti, libertà d'azione giapponese è molto vincolata, cosicché viene fatto chiedersi se Giappone potrebbe per ora beneficiare di una guerra europea per volgersi anche contro altra Potenza 1

503

IL MINISTRO A PRAGA, FRANSONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 4399/92 R. Praga, IO settembre I938, ore I5,05 (per. ore 17,IO).

A riprova nota tendenza e condotta sovieti nel problema cecoslovacco, riferisco che in conversazione avuta ieri con ministro dell'U.R.S.S. questi, riferen

502 ' Il documento fu mandato in visione a Mussolini.

dosi all'ultimo piano proposto dal governo, ha affermato che Benes, secondo lui ben disposto, vorrebbe fare importanti concessioni ai sudetici, ma che il Parlamento cui in ultima istanza le concessioni stesse dovranno essere sottoposte, le rifiuterà sicuramente.

Secondo il ministro dei sovieti, Paese, esercito, parlamento, non accorderanno mai autonomia, personalità giuridiche ed altro di tale importanza. Sciogliendo parlamento, nuova Camera sarà molto più a sinistra dell'attuale. Ha concluso sciogliendo un inno all'esercito cecoslovacco.

In relazione, è da rilevare che partito comunista mostrasi particolarmente attivo in questi giorni. Oggi attendesi discorso per radio Benes che, da quanto mi ha detto presidente del Consiglio dei ministri, non entrerà in merito alle questioni in corso ma sarà un invito alla fiducia e ali 'unione di tutti i cittadini ed i partiti.

50 l 7 Il documento ha il visto di Mussolini.

504

LA DIREZIONE GENERALE AFFARI D'EUROPA E DEL MEDITERRANEO AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 10 settembre 1938.

Il Ministro degli Esteri spagnolo ha informato questo Ambasciatore che in una conversazione che una persona di fiducia del Governo nazionale spagnolo ha avuto con Bonnet, quest'ultimo gli ha detto che fra i progetti dello Stato Maggiore francese, nell'eventualità di una guerra con la Germania, figura anche l'invio immediato di truppe francesi in Catalogna, truppe che insieme con l'esercito rosso spagnolo dovrebbero mantenere il fronte attuale in Catalogna ed impedire così un'avanzata delle truppe spagnole nazionaliste verso la frontiera ispanofrancese, assicurando il dominio francese della costa mediterranea della Spagna del nord.

Si conferma, d'altra parte, il continuo rafforzamento su larga scala dei presidi francesi nel Marocco francese, destinati evidentemente ad invadere la Zona del Protettorato spagnolo in caso di guerra, assicurando di tal modo alla Francia il dominio della costa africana nello stretto di Gibilterra.

Il Ministro degli Esteri spagnolo ha incaricato il suo Ambasciatore di portare quanto precede a conoscenza del Regio Governo, richiamando l'attenzione sugli evidenti propositi della Francia e dell'Inghilterra di dominare, in caso di complicazioni, sia la costa mediterranea della Spagna, Baleari comprese, sia la costa dell'Africa verso la Spagna.

Con l'occasione il Ministro degli Esteri spagnolo fa risultare come da tutto quanto precede appaia sempre più giustificata la richiesta, rivolta già da tempo e rinnovata ancora stamani a mezzo del suo Ambasciatore, per l'invio di 50 mila fucili, 20 milioni di cartucce e 500 mitragliatrici a disposizione delle truppe spagnole nel Marocco per contenere, per quanto possibile, un attacco francese'.

505

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPPORTO PERSONALE SEGRETISSIMO 2'. Norimberga, lO settembre 1938'.

Fin da qualche giorno fa Goring, incontrando Magistrati al ricevimento della delegazione italiana e scambiando con lui qualche parola, gli aveva accennato alla opportunità, in un momento come questo, di un incontro fra elementi responsabili dei due Paesi.

Ieri ho poi incominciato a sentire voci secondo le quali qualche nostra personalità militare si sarebbe, in Italia, espressa nel senso che il momento attuale non sarebbe bene scelto per una conflagrazione generale. Ho ulteriormente e pazientemente indagato sulle due notizie di cui sopra ed ecco quanto da fonte confidenzialissima e sicura apprendo questa mattina. Le due notizie sono in relazione l'una con l'altra, la seconda costituendo anzi il punto di [partenza].

Sembra dunque che il giudizio [sul!' importanza del m o ]mento sarebbe stato emesso dal Gene[rale Pariani' e che] sia stato riferito a Goring il quale [ne è riuscito imp]ressionato. tanto da concepire subito l'idea [di una chiarifi]cazione e di un incontro. Forse, in un momento fhal pensato di recarsi in Italia egli stesso. Senonché, rilfletten]doci, Goring ha ritenuto che la notizia meritasse di essere portata a conoscenza del Fi.ihrer. Questi. a sua volta impressionato dalla notizia delle sue implicazioni. avrebbe accolto l'idea di un incontro e starebbe maturando la proposta di incontrarsi egli stesso con il Duce. al Brennero, la settimana prossima. secondo, sembra. gli accordi di massima presi con il Duce al momento della partenza dall'Italia.

R. del! '8 settembre) e dal console generale a Tangeri, de Rossi, (T. 4319/237 R. del 5 settembre,

T. 4410/246 R. del IO settembre, T. 4420/248 R. e T.4421/s.n. del 12 settembre). Questi documenti furono tutti inviati in visione a Mussolini. 505 ' Numerazione speciale data alla corrispondenza inviata da Norimberga. Il documento

è deteriorato dall'umidità. 505 ' Manca l'indicazione della data di arrivo. 505 ' Forse nel corso di un colloquio con l'ammiraglio Canaris (CIANO, Diario, alla

data del 5 settembre).

Comunico la notizia, sia per il suo interesse obbiettivo, sia per dare tempo al Duce di considerarla prima che essa venga definitivamente avanzata. Si osserva che, in un momento come questo, un incontro dei due Capi che non fosse seguito da nulla si comprenderebbe.

Vero è che si potrebbe anche, forse, riuscire a tener lo [segreto].

Comunque -si rileva -il Duce potrebbe. per ragioni sue. ravvisarne la opportunità. In questo caso. la chiarificazione di cui l'incontro sarebbe il mezzo materiale e che anche l'episodio Pariani -esatto o no -rivela sempre più come indispensabile. non potrebbe avere altra base che un messaggio autografo del Duce. Io potrei eventualmente -si suggerisce -venire immediatamente a Roma per prenderne la consegna. Questo il succo della comunicazione fattami. Istruzioni in proposito mi potrebbero essere inviate a Norimberga fino a tutto lunedì: a Berlino dalle 10.30 di martedì.

P.S. In questo momento Magistrati [ritornando da ... ] ove si è recato per ascoltare un discorso di Goring4 che è stato uno dei più forti e accesi del Congresso, mi riferisce che il Maresciallo, chiamatolo un momento in disparte gli ha detto di far sapere a Roma, col mezzo più discreto possibile che nelle circostanze, un incontro dei due Capi al [Brennero nei] giorni successivi alla chiusura del Congresso sarebbe ritenuto opportuno. Nulla Goring ha detto dei «precedenti» della cosa.

Comunque. ora ci troviamo in presenza non più di un semplice preavviso. ma di una vera e propria proposta già concretamente formulata ed alla quale occorre da parte nostra dare una risposta. Gioverebbe evitare o comunque fare molta attenzione nelle comunicazioni telefoniche dato che le linee r. .....l passare per la Svizzera5

504 1 Il documento ha il visto di Mussolini. Preparativi francesi per un intervento nel Marocco spagnolo erano segnalati a più riprese negli stessi giorni dal console a Rabat, Fornari, (T. 4325/48 R. del 6 settembre e T. 4367/50

506

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

LETTERA RISERVATISSIMA URGENTE 41 • Norimberga, IO settembre 19382•

Farinacci ha incontrato oggi, in occasione del ricevimento dato dal Fiihrer ai suoi ospiti di onore (ricevimento in cui egli sedeva fra Hitler e Ribbentrop),

ha incontrato, dico, Henlein ed ha avuto con lui una conversazione di cui ritengo utile informare brevemente Vostra Eccellenza.

La situazione si presenta ora così: Le proposte BeneS3 significano praticamente l'accettazione del 70% dei famosi punti di Carlsbad4 ; del restante 30% il 15% può essere senza sacrificio abbandonato, l'altro 15% deve essere ottenuto. Se Benes facesse questo si potrebbe arrivare ad un accordo anche in una o due settimane. Se invece Benes si intesterà a considerare come definitive le sue proposte. le negoziazioni saranno forzatamente interrotte e la situazione si presenterà senza uscita.

Fra le concessioni che Henlein intende di esigere immediatamente è compresa quella di una polizia sudeta. Non si tratta già, ha spiegato Henlein, di una cosa nuova. Una polizia sudeta esisteva già fino al '34 e quindi non si tratterebbe che di reintegrare nei loro posti degli agenti e degli ufficiali che ne sono stati indebitamente allontanati.

Richiesto da Farinacci come la «Corrispondenza Politica» italiana5 fosse stata da lui trovata, Henlein ha risposto di averla trovata perfetta. La popolazione sudeta, egli ha specificato, sarebbe naturalmente tutta per l' Anschluss, ma i dirigenti del movimento comprendono l 'utilità di una prima tappa e si contenterebbero quindi in un primo momento della autonomia integrale già domandata.

Mi permetto richiamare sopra la conversazione di cui sopra svoltasi da Henlein con Farinacci in pieno cameratismo, la particolare attenzione della Eccellenza Vostra. Merita fra l'altro di essere rilevata l'affermazione di Henlein secondo la quale le proposte Benes contengono già il 70% delle rivendicazioni sudete. mentre del restante 30% almeno il 15% potrebbe essere abbandonato senza sacrificio".

505 4 Nel discorso pronunciato alla sesta adunata del Fronte del Lavoro, il Maresciallo Goring aveva dedicato ampio spazio ai problemi internazionali con toni resi minacciosi anche da una insistita esaltazione della forza militare germanica.

505 5 Il documento ha il visto di Mussolini.

506 1 Numerazione speciale data alla corrispondenza inviata da Norimberga.

506 2 Manca l'indicazione della data di arrivo.

507

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

LETTERA 5'. Norimberga, 10 settembre 19382

Vengo informato avere l'ambasciatore di Inghilterra ricevuto istruzioni dal suo governo di tenersi pronto ad un cenno telegrafico da Londra, a fare un nuovo «avvertimento» al governo tedesco, più o meno nello stesso senso di quello già fatto il 21 maggio u.s. 3

506' Vedi D. 5.

506 ' Riferimento ali' Informazione Diplomatica n. 19 de li' 8 settembre, qui pubblicata come D. 494.

506 ' Il documento ha il visto di Mussolini.

507 ' Numerazione speciale data alla corrispondenza inviata da Norimberga.

507 ' Manca l'indicazione della data di arrivo.

Sir N. Henderson sta facendo ogni possibile tentativo per persuadere il Foreign Office che un simile atto, mentre nulla aggiungerebbe a ciò che il governo tedesco già ormai sa, potrebbe invece produrre un effetto assolutamente contrario a quello atteso, e quindi precipitare gli avvenimenti.

Credo che, questa volta, Sir N. Henderson non si sbagli4

506 1 Vedi D. 488, nota l.

507 1 Vedi D. 145.

508

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

LETTERA 46721• Londra, 10 settembre 1938.

Profitto di questa occasione per darti alcune impressioni personali sulla situazione. Sono impressioni di ambiente, frutto della mia attenta e personale osservazione di questi ultimi 15 giorni. Te le mando, più che altro per dovere d 'ufficio, non pensando davvero che esse possano essere di qualche interesse per il Duce e per Te, in possesso di dati ed elementi ben più importanti e decisivi di quelli che rappresentano le mie impressioni in questo settore.

Io sono ritornato a Londra esattamente il 29 agosto. Essendo tutti gli Ambasciatori, ad eccezione del russo, in congedo a quella data (il mio collega tedesco von Dirksen è tuttora assente e non rientrerà che alla fine del mese), il mio ritorno a Londra è stato interpretato da qualche giornale come un ritorno improvviso in conseguenza della situazione. Il Daily Express è giunto persino ad anticipare la notizia di un mio imminente incontro con Halifax. Ho creduto opportuno, ritenendo di interpretare con ciò le direttive del Duce e Tue, di evitare, nel modo più diligente qualsiasi incontro con Chamberlain, Halifax e Cadogan, e ciò allo scopo di evitare equivoci e qualsiasi possibile speculazione. Per parecchi giorni infatti il tentativo palese di molti circoli politici di Londra e di Parigi è stato quello di rappresentare l 'Italia come preoccupata della «faccenda» dei Sudeti, giungendo persino alle più arbitrarie illazioni sul nostro possibile atteggiamento non conforme alla politica de li'Asse. Tutto ciò è stato nettamente e tempestivamente fermato dal comunicato de li'Informazione Diplomatica2 che ha, come sempre, colla durezza e trasparenza del cristallo di quarzo, fissato di fronte al mondo la posizione dell'Italia fascista. Io ho creduto comunque necessario, per la piccola parte che mi riguarda, di dare agli Inglesi la netta sensazione della

507 ' Il documento ha il visto di Mussolini.

508 ' Vedi D. 494.

più sublime indifferenza mettendomi fuori tiro da ogni possibile interessata speculazione.

Ho fatto anche di più, scegliendo proprio questi giorni per la mia visita annuale ai Consolati di Cardiff e di Glasgow. È appunto durante le mie quarantotto ore di visita a Glasgow che mi è occorso di assistere di persona, come dirò più oltre, alla concentrazione della Home Fleet nelle Basi inglesi del Mare del Nord. A meno che io non riceva da Te istruzioni di comportarmi diversamente, io non mi recherò da Halifax, né cercherò di incontrare Chamberlain, a meno, bene inteso, di non essere ufficialmente convocato.

La cronaca degli avvenimenti diplomatici e politici di questa ultima settimana, per quanto riguarda il Governo britannico e la politica inglese, ha avuto su questa stampa in seguito a direttive quotidiane e precise del Governo, la più ampia e esauriente pubblicità. Raramente io mi sono trovato ad avere il compito tanto facile in materia di informazioni. Tutto quello che è stato detto in questi dieci giorni nelle riunioni di Downing Street, nelle comunicazioni tra Londra e Parigi, tra Londra e Berlino, è stato giorno per giorno riversato con minuti particolari su questi giornali conservatori e della stessa opposizione liberale-laburista. Anche gli stessi movimenti della flotta britannica e le misure eccezionali di sicurezza in previsione di una possibile apertura di ostilità a breve scadenza, sono state comunicate mattina e sera al pubblico britannico attraverso gli Uffici stampa di Downing Street, del Foreign Office e dei Dicasteri interessati. Altrettanto dicasi per le consultazioni coi Governi dei Dominions e per le risposte trasmesse a Londra da questi ultimi, le quali sono state motivo di generale soddisfazione in quanto che esse hanno confermato in questo momento importante la solidarietà di interessi e la comune politica fra i vari Stati dell'Impero britannico di fronte alla Germania. Questa «pubblicità» che a taluno dei vecchi conservatori di destra è apparsa imprudente ed eccessiva, è stata personalmente voluta da Chamberlain non soltanto allo scopo evidente di avvalorare di fronte agli occhi tedeschi il contenuto delle diverse comunicazioni fatte, ufficialmente e non ufficialmente, a Berlino allo scopo di fissare e fare conoscere agli uomini di stato tedeschi l'esatta posizione dell'Inghilterra nella eventualità dello scoppio di un conflitto tra Francia e Germania, ma anche e soprattutto per motivi di politica interna.

È su questi ultimi soprattutto che desidero ragguagliarti. Non vi è dubbio che in questo momento tutto il Paese è al cento per cento con Chamberlain e coll'azione da lui svolta nei confronti dell'attuale crisi nell'Europa Centrale e nei confronti di quelli che potrebbero essere i futuri sviluppi dell'azione britannica come conseguenza di un peggioramento di tale crisi. L'opposizione parlamentare laburista e liberale, il partito laburista e le stesse Trade Unions, hanno dichiarato la loro solidarietà col Governo. I gruppi isolazionisti facenti capo al Daily Express e quelli filo-tedeschi facenti capo al Times non costituiscono forze politiche di valore apprezzabile in questo particolare momento. Sono scomparse, fino a fare quasi dimenticare l'eco, le polemiche astiose che nei confronti della politica di Chamberlain coll'Italia e in margine agli Accordi anglo-italiani hanno caratterizzato la politica britannica durante gli ultimi mesi, e che sembravano avere ormai determinato non soltanto fra il Governo e l'Opposizione, ma anche nelle file dello stesso Partito conservatore, delle scissioni insanabili. Tutta la politica inglese, come Tu sai, si è sempre basata su degli slogans. Il segreto del successo per i governi inglesi è stato sempre quello di bloccare attorno ad uno slogan le forze diverse politiche e in genere tutte le energie della Nazione. Lo slogan di queste settimane è il seguente: il Governo britannico deve fare, come sta facendo, tutto il possibile per evitare lo scoppio di una guerra in Europa e per ottenere un compromesso tra Berlino e Praga. Se nonostante tutti questi sforzi dovesse scoppiare un conflitto in cui la Francia si trovasse in guerra contro la Germania, l'Impero britannico non potrebbe fare a meno, per salvaguardare i suoi interessi vitali, di scendere in campo a fianco della Francia contro la Germania.

Io ho osservato molto da vicino e con scrupolosa diligenza, durante queste due settimane, le relazioni popolari alle notizie ufficiali diramate di giorno in giorno sopra a quello che appariva essere, vero o no, un peggioramento della situazione. Il popolo inglese si è comportato in queste due settimane in un modo indubbiamente diverso da quello di cui io sono stato testimone due anni or sono durante la nostra guerra d'Africa e la tensione itala-britannica. Non vi è dubbio che il Governo di Baldwin e di Eden fece allora tutto il possibile per fare della questione abissina una «questione popolare» e per portare gradatamente il popolo inglese ali' accettazione dell'eventualità, se non addirittura della necessità, di una guerra coll'Italia. Non vi è dubbio che il popolo inglese si è lasciato trascinare, ma soltanto fino ad un certo punto: ogni qualvolta l'eventualità di una guerra coll'Italia appariva effettivamente imminente e possibile, noi abbiamo assistito a violenti reazioni in senso contrario nello spirito pubblico britannico con conseguenti modificazioni quasi istantanee in quello che era l'indirizzo della politica governativa. Fino a qualche tempo fa l'idea di una guerra era considerata dal popolo inglese con contrarietà decisa ed assoluta. Non vi è dubbio che anche oggi tale sentimento di contrarietà esiste, ma è altrettanto vero che durante questi ultimi tempi la «paura della guerra» ha poco a poco portato lo spirito del popolo britannico alla coscienza della ineluttabilità della guerra. Sembra un paradosso ma è così. Il cosidetto man in the street diceva qualche tempo fa, con eccitazione isterica: «la guerra giammai!». Adesso lo stesso man in the street dice con tono calmo «se occorre, bisognerà farla come nel 1914». La faccenda dei sudeti non interessa il popolo inglese né più, né meno di quello che interessasse il popolo inglese nel luglio del 1914 la tragedia di Sarajevo. Quello che lo spirito pubblico britannico vede ormai davanti a sè, nettamente come nel 1914, è la straripante potenza della Germania e l 'ineluttabilità per l 'Impero britannico un giorno o l'altro di misurarsi di nuovo con essa. Durante queste settimane la preparazione inglese nel campo civile ha assunto un ritmo ancor più accentuato. Commissioni di ufficiali in giro per gli alberghi e palazzi pubblici in previsione di requisizione nel caso di mobilitazione, una improvvisa severità e sorveglianza nei confronti degli stranieri, un intensificazione nell'organizzazione ospedali era e sanitaria nella capitale e soprattutto nelle province. Tali misure sono naturalmente destinate ad impressionare lo spirito pubblico assai più direttamente che non l'intensificazione di un'effettiva messa a punto dei mezzi di guerra, intensificazione che sfugge quasi mteramente nella maggioranza dei casi all'attenzione del pubblico. La popolazione nelle varie città del Regno Unito si è mantenuta calma ed anzi ha trovato tutto ciò naturale e necessario. Gli inglesi con cui io ho avuto occasione di parlare, particolarmente nelle medie classi, che danno sempre il polso di una nazione, hanno concluso tutti con queste parole: «Se una guerra vi sarà, sarà una guerra lunga, assai più lunga di quella che non sia stata la grande guerra di 20 anni or sono. La guerra lunga è forzatamente la guerra degli inglesi».

Questo è lo sfondo di carattere psicologico della situazione di queste settimane. Da due giorni l'attenzione ansiosa, ma pur contenuta, del popolo britannico è tutta rivolta all'avvenimento che, secondo la voce fatta correre da Downing Street, dovrebbe essere destinato ad influenzare in modo decisivo il corso degli avvenimenti, e cioè il discorso che Hitler pronuncerà posdomani lunedì. Questa attesa ansiosa per questo avvenimento che tutti continuano a considerare come determinante per la pace o per la guerra è frutto di un sentimento spontaneo e in parte voluto direttamente dal Governo, il quale considera utile mantenere a livello costante quella che viene chiamata nei circoli di Downing Street la preparazione psicologica alla guerra, se il Governo britannico non riuscirà ad evitarla.

Questi, in breve, i risultati delle mie osservazioni di queste ultime due settimane, durante le quali, se non altro, si è dimenticata la Spagna di cui, in questi giorni, si trova appena il nome menzionato sull'ultima pagina dei giornali. Ti manderò per telegramma le impressioni del discorso di Hitler martedi mattina.

508 1 Di questa lettera si pubblica solo la seconda parte, riportata in un estratto conservato nell'archivio del Ministero. La prima parte della lettera-il cui testo completo si trova in copia nelle Carte Grandi -è interamente dedicata ad un minuzioso esame della commedia Idiots' Delight di Robert E. Sherwood, sulla quale Ciano aveva chiesto informazioni perché gli era giunta notizia che essa fosse tutta un attacco al fascismo.

509

IL CONSIGLIERE DELL'AMBASCIATA A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

LETTERA PERSONALE 6'. Norimberga, 10 settembre 19382•

Mentre mi riservo di riassumerti, non appena ritornato a Berlino, tutte le battute di questo interessantissimo Congresso, mi sembra utile, fin da oggi, riferirti circa una conversazione ora avuta con il deputato sudetico Frank, che è qui con Henlein. I punti principali di essa sono stati in seguito confermati a Farinacci ed a me dallo stesso Henlein. Come Tu conosci, la macchina delle trattative tra Praga ed i Sudetici appariva essersi arrestata dopo l'incidente di Moravska Ostrava3 • E da ciò infinite supposizioni che hanno fatto sì che qui per qualche

509 ' Numerazione speciale data alla corrispondenza inviata da Norimberga. 509 ' Manca l'indicazione della data di arrivo. 509 ' Del 7 settembre, tra polizia e popolazione sudetica.

tempo, in molti ambienti anche responsabili, si sia un po' brancolati nel buio, con conseguente confusione delle lingue. Ho chiesto quindi a Frank come stessero esattamente le cose. Riassumo qui appresso:

l) Le proposte Benes4 , attualmente allo studio da parte tedesca, contengono l'accettazione del settanta per cento delle famose richieste del discorso di Carlsbad5Martedì, risoltosi l'incidente suaccennato, le trattative saranno riprese

allo scopo di raggiungere l'accordo sul rimanente trenta per cento, composto per metà di richieste alle quali Praga finirà per accedere e per l'altra metà di questioni che susciteranno severe discussioni. Una volta raggiunto l'accordo. i Sudetici chiederanno la sua immediata applicazione. Sarà questione di settimane. Se Praga darà l'impressione di voler ancora una volta giocare sull'equivoco rinviando alle calende greche quella applicazione. l'accordo sarà senz'altro denunciato. con conseguenze imprevedibili.

2) La popolazione sudetica appare totalitariamente favorevole ad un Anschluss puro e semplice con la Germania. Ma i dirigenti del partito tedesco sudetico, che hanno il completo controllo della situazione, restano fedeli alle richieste di Carlsbad, preferendo la pacifica «tappa» della autonomia nel quadro cecoslovacco all'avventura dell' Anschluss che oggi facilmente provocherebbe una crisi. Ciò naturalmente sempre nel caso che le richieste di Carlsbad, costituenti già per se stesse un compromesso, siano accettate da Praga al cento per cento e siano tradotte in realtà senza il minimo indugio.

3) Praga, per dare prova della buona fede dovrà innanzitutto provvedere subito alla sostituzione degli elementi cechi della Polizia residenti in territorio sudetico, con elementi tedeschi. La cosa è facile e meccanica perché fino al 1934 esistevano già nei villaggi i gendarmi di razza tedesca. Si tratta unicamente di rimetterli senz'altro al loro posto.

4) Il Mondo ignora la terribile situazione attuale dei sudetici, esclusi da qualsiasi possibilità di entrare a far parte dell'amministrazione dello Stato cecoslovacco. Oggi non un ufficiale dell'Esercito cecoslovacco è di razza tedesca ed altrettanto deve dirsi per i Funzionari. Tutto è riservato all'elemento ceco. Una tale situazione deve assolutamente finire e subito. I Sudetici devono ottenere senza indugio la piena ed assoluta parità di diritti.

Questa. in breve riassunto. la conversazione con Frank. Henlein ci è sembrato maggiormente duro e reciso. pur confermando. come ho sopra detto. la sua fedeltà alle richieste di Carlsbad. A tale proposito egli ci ha detto di essere molto grato all'Italia per la netta presa di posizione a favore dei Sudetici contenuta nella Informazione Diplomatica dell'altro ieri6Henlein e Frank ripartono per la Ceco

slovacchia7.

509 'Vedi D. 5. 509 6 Vedi D. 494. 509 7 Il documento ha il visto di Mussolini.

509 4 Vedi D. 488, nota l.

510

IL CONSIGLIERE DELL'AMBASCIATA A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

LETTERA PERSONALE SEGRETISSIMA. Norimberga, 10 settembre 1938'.

Goring ha chiesto di vedermi al Congresso, e mi ha detto:

l) Durante la visita italiana venne convenuto tra il Duce ed il Fi.ihrer che, in caso di necessità, anziché usare dei normali o straordinari mezzi di comunicazione e di collegamento, i due Capi avrebbero preferito incontrarsi per avere opportuni e diretti scambi di idee.

2) Nell'attuale situazione il Ftihrer riterrebbe opportuno un incontro, il quale potrebbe avvenire al Brennero in giorno da destinarsi, qualora il Duce annuisse, nelle settimane che seguiranno la chiusura del Congresso di Norimberga e cioè tra il 12 ed il 25 settembre.

3) Goring prega che la proposta tedesca sia mantenuta assolutamente segreta e resta in attesa di una risposta in merito. Ti sarò quindi vivamente grato se mi vorrai in seguito far conoscere, per corriere, quale seguito si intende ad essa dare.

Di quanto sopra ho messo naturalmente al corrente Attolico, pregandolo di mantenere in proposito il più assoluto riserbo anche con i Tedeschi2 •

511

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PER CORRIERE 4431 R. Norimberga, 11 settembre 1938 (per. il 12)

Mi sia concesso fare un po' il punto delle varie informazioni già comunicate alla E. V. in data di ieri.

l) Le dichiarazioni di cameratesca franchezza fatte ieri dai rappresentanti sudetici a S.E. Farinacci 1 mi sembrano fondamentali. Degli otto punti di Carlsbad, il 70 per cento è già ottenuto ed il 15 per cento può essere senza sacrificio abbandonato. Non ci si imbarca in una guerra europea e forse mondiale

510 ' Il documento ha il visto di Mussolini. 511 1 Vedi D. 506.

solo per il 15 per cento di rivendicazioni, moralmente e virtualmente già conseguite per intero. Se, nonostante ciò, alla guerra si pensa e si intende arrivare, significa che l'esiguo resto di rivendicazioni sudetiche che ancora è in gioco è maggiorato ed appesantito da questioni di prestigio, desideri di rivincite, o visioni di rivendicazioni ulteriori.

2) La Germania sente il bisogno di spuntarla ora, e ad ogni costo, anche perché solo così crede di potere poi continuare nello sviluppo del suo «programma» di rivendicazioni nazionali che, dopo i Sudeti, comprende anche Danzica, Memel, il Corridoio, nonché gli arrotondamenti ulteriormente utili a scopi di difesa strategica, ecc.

Rimane da vedere fino a qual punto la Germania nazionalsocialista possa in buona fede ritenere che l 'Italia fascista, forse perché questa si trova ad aver già conseguito le sue mete strettamente «nazionali», sia disposta a favorire le sue aspirazioni e la sua ascesa.

3) L'avere, poi, nel piano diplomatico condotto dalla Germania in questi ultimi mesi a proposito della questione sudetica, preferito di rinunciare a «iniziative» nostre, ha creato nella Germania la falsa impressione che l 'Italia sia disposta a seguirla, quasi automaticamente e senza limiti né riserve, anche sul terreno militare e ciò non solamente in un quadro di solidarietà preventiva, ma anche su quello estremo e totalitario di una guerra europea e mondiale.

4) Solo così si spiega il disorientamento e lo scombussoli o creati dalle cosidette «dichiarazioni» Pariani (Nor. n. 22 ). Disorientamento e scombussolio che dimostrano la particolare e giusta importanza che si annette al nostro apporto militare, provano pure quale peso e quale influenza decisiva l'Italia potrebbe esercitare sulla Germania nella scelta dei mezzi necessari a chiudere la partita sudetica.

5) Io ignoro quale sia in proposito il pensiero del governo fascista. Assumendo tuttavia, come è mio dovere, a bussola dei miei orientamenti, le dichiarazioni a me note del Duce (documento Imredy3), devo concludere che se, giusta la sensazione infallibile del Capo, una alleanza militare con la Germania non sarebbe ancora popolare, a più forte ragione sarebbe nettamente impopolare una guerra che avesse anche soltanto «l'aria» di essere combattuta per la Germania.

6) Devo quindi assumere, in base ai dati a me noti del pensiero del Duce, che il governo fascista non sia alieno dal favorire una soluzione della questione sudetica anche con mezzi pacifici ed iniziative diplomatiche. Se così è, le possibilità che i numerosi contatti di Norimberga mi permettono di ritenere come suscettibili di successo, sono le seguenti.

7) Proposta, per quanto riguarda la questione in esame, di una franca revisione pacifica di Trattati. La proposta ed a maggior ragione la sua accettazione sarebbe, già in se stessa, una soddisfazione per la Germania, in quanto implicante l'ammissione di una ingiustizia commessa. Essa avrebbe l' inestimabile vantaggio di togliere la questione sudetica dal circolo artificioso in cui è ora tenuta. Le parti «apparenti» ora in conflitto sono i sudeti da una parte e la Cecoslovacchia dall'altra. Ma tutto ciò è artificio e menzogna. Le parti in conflitto sono la Germania da una parte e le Potenze responsabili di Versaglia dall'altra. Il mettere, attraverso una proposta di revisione, in diretto contatto le vere parti in causa, inclusa la Germania, si darebbe a quest'ultima l'inestimabile vantaggio di potere quasi automaticamente mostrare che gli otto punti di Carlsbad rappresentano non un massimo da mercanteggiare, bensì un minimo assoluto da accettare in pieno, di fronte all'annessione che la Germania avrebbe il diritto di richiedere. La Germania potrebbe quindi, in sede di revisione e negoziando direttamente, ottenere gli otto punti di Carlsbad assai più facilmente che negoziando attraverso i sudeti. E ciò ancora con l'altro inestimabile vantaggio che da un processo di revisione sarebbe automaticamente esclusa la Germania, in quanto non firmataria dei Trattati di Versaglia.

Una proposta di revisione avanzata da uno Stato autoritario, appiccherebbe tutte le Potenze demosocietarie al chiodo dell'art. 19 del Patto. Esse sarebbero obbligate ad accettare la discussione da quelle stesse famose pubbliche opinioni che adesso latrano contro la Germania e l'Italia invocando su queste i fulmini celesti.

La proposta sarebbe sicuramente accettata dall'Inghilterra. Che anzi, ci sarebbe persino da domandarsi se, nel caso che l 'Italia credesse di non agire direttamente, essa non potrebbe fare della proposta in questione oggetto di un suo approccio a Londra. Io sarei peraltro rimessamente del!' opinione che l 'Italia dovrebbe agire in pieno e da sé.

8) Nella dannata ipotesi, e solo in quella, che in sede di revisione, non fosse possibile ottenere integralmente gli otto punti di Carlsbad, resterebbe, ma, ripeto, solo allora la possibilità di arrivare ad una proposta di plebiscito, la quale perderebbe la funzione sabotatrice che giustamente la Corrispondenza4 le ha attribuito in questo primo stadio. L'idea di plebiscito ha fatto in questi ultimi giorni in Inghilterra progressi impensati. Comunque, a mio rimesso avviso, essa dovrebbe costituire una «ultima ratio».

9) Una iniziativa italiana di franca revisione dei Trattati confonderebbe i nostri nemici e sbanderebbe quelle «compagini» che all'ombra mendace delle ideologie, pure denunciate dalla nostra Corrispondenza, si stanno formando contro la Germania e noi, in quasi ogni Paese. Comunque, una iniziativa nostra nel campo diplomatico costituirebbe sia un mezzo di inestimabile efficacia per evitare una guerra che non fosse desiderata, sia una non inutile preparazione per una guerra che «la ragione di Stato» indicasse come rispondente agli interessi del Paese.

510 1 Manca l'indicazione della data di arrivo.

511 2 Vedi D. 505.

511 3 Riferimento al verbale del colloquio tra Mussolini, Imredy e De Kànya del 18 luglio. Vedi D. 315.

511 4 Vedi D. 494.

512

IL MINISTRO A PRAGA, FRANSONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 4530/095 R. Praga, 11 settembre 1938 (per il 15).

In attesa del discorso di Hitler sul quale si polarizzano tutte le preoccupazioni di questa gente e nella ormai sicura convinzione dell'intima sincera collaborazione fra Roma e Berlino la recente nota dell'Informazione Diplomatica1 circa l'atteggiamento dell'Italia nei riguardi della questione ceco-tedesca non ha prodotto sorpresa. La stampa ha riportato la nota senza darvi eccezionale rilievo ed astenendosi in generale da commenti. Solo tre giornali di differenti tendenze politiche hanno pubblicato un identico commento che si ritiene di ispirazione ufficiosa. In esso si rileva che per la prima volta l'Italia, dopo aver tenuto un atteggiamento ufficiale molto riservato, si pronuncia apertamente per il punto di vista germanico e che tale intervento dell'Italia conferma che la questione è ormai giunta al momento risolutivo. Si annette importanza alla parte della nota che si riferisce all'integrità territoriale della Cecoslovacchia. Si pensa che l'Italia ha voluto precisare il proprio punto di vista perché ritiene che la questione cecoslovacca «è diventata una questione fra le ideologie marxistiche e totalitarie». Si conclude col dire che l'Italia «è costretta» nello spirito de li'Asse, ad aiutare la Germania diplomaticamente e domani «anche forse militarmente» pur intendendo concorrere ad una pacifica soluzione della questione.

512 1 Vedi D. 494.

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APPENDICI

APPENDICE I

UFFICI DEL MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI (23 aprile -Il settembre 1938)

MINISTRO

CIANO DI CORTELLAZZO Galeazzo, ambasciatore.

SOTTOSEGRETARIO DI STATO

BASTIANINI Giuseppe, ambasciatore.

GABINETTO

Coordinamento generale -Affari confidenziali -Ricerche e studi in relazione al lavoro del ministro -Rapporti con la Real Casa, con la Presidenza del Consiglio e col P.N.F -Relazioni del ministro col Parlamento e col Corpo diplomatico -Udienze -Tribuna Diplomatica.

Capo di gabinetto: DE PEPPO Ottavio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di l" classe (dal 22 giugno ambasciatore), fino al 10 luglio; ANFUSO Filippo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di 2a classe, dall' 11 luglio.

Vice capo di gabinetto: ANFUSO Filippo, consigliere (dal 22 giugno inviato straordinario e ministro plenipotenziario di 2a classe), fino al 10 luglio; CARUSO Casto, console di 2" classe, dall' 11 luglio.

Capo della segreteria particolare del ministro: NATALI Umberto, console generale di 2" classe, dal 16 maggio.

Ufficio del gabinetto: CARUSO Casto, console di 2a classe, fino al 1 Oluglio; SETTI Giuseppe, LANZA D' AJETA Blasco, DE BosDARI Girolamo, MoscATO Niccolò, consoli di 3a classe; SoLARI Pietro, console di 3a classe, fino al 31 agosto; DE FERRARIIS SALZANO Carlo, vice console di 1 a classe; CARACCIOLO Filippo, vice console di l a classe, fino al 23 agosto; LUCIOLLI Mario, vice console di l a classe, dal 18 luglio; FAVRETTI Luciano, vice console di 2a classe; SPINOLA Luigi, vice segretario; FARACE Alessandro, addetto consolare, dal 18 luglio; MoRozzo DELLA RoccA Antonino, volontario, dal 18 luglio.

Ufficio della segreteria: NICHETTI Carlo, console di 2a classe; SANFELICE Antonio, BELLIA Franco, vice consoli di l a classe; MARIENI Alessandro, vice console di 2a classe.

Segreteria particolare del sottosegretario: AssETTATI Augusto, console di 2a classe; PURI PURINI Giuseppe, vice console di 2a classe.

UFFICIO SPAGNA

Capo ufficio: PIETROMARCHI Luca, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di 2a classe.

Segretari: ALOISI DE LARDEREL Folco, vice console di l a classe; CONTARINI Giuseppe, vice console di 2a classe; Duce! Roberto, addetto consolare.

UFFICIO DEL CERIMONIALE Regole del cerimoniale -Lettere reali -Credenziali -Lettere di richiamo Pieni poteri -Privilegi ed immunità degli agenti diplomatici e consolari Franchigie in materia doganale ai regi agenti all'estero e agli agenti stranieri in Italia -Massimario -Visite e passaggi di capi di Stato, principi e autorità estere -Decorazioni nazionali ed estere.

Capo ufficio: CORTINI Claudio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di 2a classe.

Segretari: CITTADINI Pier Adolfo, primo segretario di l a classe; EMO CAPODILISTA Gabriele, vice console di l a classe, dal 12 luglio; SALLIER DE LA TouR CORIO Paolo, primo segretario di 2a classe; ALVERA' Pier Luigi, addetto consolare; FARACE Alessandro, addetto consolare, fino al 17 luglio.

UFFICIO DI INTENDENZA

Archivio storico -Biblioteca -Pubblicazioni di carattere amministrativo Custodia e manutenzione della sede del ministero -Servizi automobilistici e telefonici -Disciplina del personale di servizio.

Capo ufficio: ToscANI Angelo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di l a classe.

Addetto all'ufficio: UGOLINI Guido, primo commissario consolare, fino al 14 maggio.

Archivio storico

Direttore: N.N.

Biblioteca

Bibliotecario: PIRONE Raffaele.

DIREZIONE GENERALE DEGLI AFFARI DI EUROPA E DEL MEDITERRANEO

Direttore generale: BuTI Gino, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di la classe (dal 22 giugno ambasciatore).

Vice direttore generale: GUARNASCHELLI Giovanni Battista, console generale di l a classe.

Addetti alla direzione generale: GALLI Guido, console generale di 2a classe; DE FERRARI Giovanni, addetto consolare; SIOTTO PINTOR Aureliano, volontario, dal l o luglio.

UFFICIO I

Belgio -Danimarca -Francia -Germania -Gran Bretagna Lussemburgo -Paesi Bassi -Polonia -Portogallo -Stati baltici -Stati scandinavi -Svizzera -Unione delle repubbliche sovietiche socialiste.

Capo ufficio: DEL BALZO DI PRESENZANO Giulio, console di 2a classe.

Segretari: CASTELLANI Augusto, console di 3" classe; GUASTONE BELCREDI Enrico, vice console di l a classe; MACCAFERRI Franco, volontario, dal l o luglio.

UFFICIO II

Austria -Bulgaria -Cecoslovacchia -Grecia -Jugoslavia -Romania Turchia -Ungheria -Affari concernenti le isole italiane dell'Egeo.

Capo ufficio: DE PAOLIS Pietro, primo segretario di l a classe.

Segretari: SCAGLIONE Roberto, console di 2a classe; MTLESI FERRETTI Gian Luigi, addetto consolare, fino al 2 agosto.

UFFICIO III

Mediterraneo -Paesi del Mediterraneo e del Mar Rosso -Africa Orientale Italiana.

Capo ufficio: GuARNASCHELLI Giovanni Battista, predetto.

Segretari: ZoPPI Vittorio, consigliere; ARCHI Pio, console di 3a classe; D'AQUINO Alfonso, console di 3" classe, fino al 2 agosto; NAVARRINI Guido, console di 3" classe, dal 25 luglio.

UFFICIO IV

Albania

Capo ufficio: GuiDOTTI Gastone, primo segretario di 2a classe, fino al 24 aprile; STRANEO Carlo Alberto, primo segretario di 1 a classe, dal 25 aprile.

Segretari: CAPPELLANI DELLA FORMICA Raffaele, console di 3" classe; CATALANO Felice, volontario, dal l o luglio.

UFFICIO V

Affari con la Santa Sede

Capo ufficio: BELLARDI RICCI Alberto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di 2a classe, fino al 15 agosto; GuGLIELMINETTI Giuseppe, consigliere, dal 16 agosto.

Segretario: N.N.

DIREZIONE GENERALE DEGLI AFFARI TRANSOCEANICI

Direttore generale: GRAZZI Emanuele, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di 2" classe. ·

Vice direttore generale: BoNARELLI DI CASTELBOMPJANO Vittorio Emanuele, consigliere (dal 22 giugno inviato straordinario e ministro plenipotenziario di 2" classe).

UFFICIO I

Africa (eccetto i paesi di competenza di altri uffici).

Capo ufficio: N.N. Segretario: N.N.

UFFICIO II

Asia (eccetto i paesi di competenza di altri uffici) -Oceania. Capo ufficio: BONARELLI DI CASTELBOMPIANO Vittorio Emanuele, predetto. Segretario: GAIA Roberto, addetto consolare.

UFFICIO III

America del Nord.

Capo ufficio: VITA FINZI Paolo, console di l a classe, fino al l o settembre. Segretario: DE MICHELIS Paolo, addetto consolare.

UFFICIO IV

America latina.

Capo ufficio: CoNFALONIERI Giuseppe Vitaliano, primo segretario di legazione di 2" classe.

Segretari: MENGARINI Bruno, console di 3a classe, dal 19 agosto; TERRUZZI Giulio, addetto consolare; BocCHINI Marcello, volontario, dal l o luglio.

DIREZIONE GENERALE DEGLI AFFARI GENERALI Direttore generale: VITETTI Leonardo, inviato straordinario e ministro plenipoten

ziario di 2" classe (dal 22 giugno di l" classe). Vice direttore generale: VIDAU Luigi, console generale di l a classe. Addetto alla direzione generale: MACCOTTA Giuseppe, volontario, dal l o luglio.

UFFICIO I

Istituti internazionali -Conferenze e congressi internazionali Coordinamento culturale.

Capo ufficio: GRAZZI Umberto, primo segretario di l a classe.

Segretari: SPALAZZI Giorgio, primo segretario di 2a classe; STADERINI Ettore, addetto consolare.

UFFICIO II

Coordinamento militare, navale ed aeronautico -Missioni militari Commissione suprema di difesa -Materiali di guerra.

Capo ufficio: GERBORE Pietro, primo segretario di 2a classe (dal 7 luglio di l a classe), fino al 5 settembre.

Segretario: N.N.

UFFICIO III

Trattati ed atti.

Capo ufficio: LANZARA Giuseppe, console di l a classe.

Segretario: LANZETTA Umberto, console di 2a classe.

UFFICIO IV

Affari riservati.

Capo ufficio: VIDAU Luigi, predetto.

Segretari: GALLINA Vitale, console di 2" classe, dal 27 agosto; SEGANTI Vittorio, CJTARELLI Renato, GULLI Vincenzo, consoli di 3a classe; REGARD Cesare, addetto consolare; CoRSI Fernando, ispettore; DAINELLI Luca, volontario, dal l o luglio.

UFFICIO V

Storico-diplomatico. Ricerche e studi su materie storiche e questioni internazionali -Schedari Rubriche -Pubblicazioni di carattere storico-diplomatico -Sezione geografica.

Capo ufficio: Dr Giura Giovanni consigliere (dal 22 giugno inviato straordinario e ministro plenipotenziario di 2a classe), fino al 30 agosto.

Segretari: DI RovASENDA Vittorio, primo segretario di l" classe (dal 7 luglio consigliere), fino al 31 luglio; ToRNIELLI DI CRESTVOLANT Carlo Cesare, console di l a classe; WIEL Ferdinando, console di 2a classe.

DIREZIONE GENERALE DEGLI AFFARI COMMERCIALI

Direttore generale: GIANNINI Amedeo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario onorario con rango di l" classe, consigliere di Stato, senatore.

Vice direttore generale: CALISSE Alberto, console generale di 2a classe.

UFFICIO I

Affari generali -Comunicazioni aeree, terrestri e marittime -Fiere, congressi, esposizioni.

Capo ufficio: MoscA Bernardo, primo segretario di l a classe (dal 7 luglio consigliere).

Segretario: BERTUCCIOLI Romolo, console di 1 a classe.

UFFICIO II

Commercio coi paesi d'Europa e del Mediterraneo.

Capo ufficio: CALISSE Alberto, predetto.

Segretari: FoRMICHELLA Giovanni, console di 2a classe; SENSI Federico, addetto consolare; VINCI Piero, volontario, dal l o luglio.

UFFICIO III

Commercio transoceanico.

Capo ufficio: BENZONI Giorgio, console di l a classe. Segretari: SIMONE Nicola, console di 3a classe; PLAJA Eugenio, addetto consolare.

Centro di coordinamento dei servizi commerciali delle regie rappresentanze.

Capo ufficio: BENZONI Giorgio, predetto. Segretario: N.N.

DIREZIONE GENERALE DEGLI ITALIANI ALL'ESTERO Direttore generale: DE Cieco Attilio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di 2a classe. Vice direttore generale: RULLI Guglielmo, primo segretario di legazione di l a classe.

Addetti alla direzione generale: CUNEO Giovanni Battista, console di la classe; BARILLARI Michele, ispettore superiore; DINI Ottavio, vice ispettore.

UFFICIO I Case d'Italia -Dopolavoro a !l'estero -Propaganda e Assistenza. Capo ufficio: NOBILI VITELLESCHI Pietro, console di la classe.

Segretari: PINNA CABONI Mario, vice console di l" classe, dal 20 giugno; TEDESCO Pietro Paolo, ispettore; FLAMINI Pietro, vice ispettore; Lo BALSAMO Michele, vice segretario; SIMONIS Giuseppe Casimiro, volontario, dal l o luglio.

UFFICIO II

Affari privati.

Capo ufficio: ToNI Piero, consigliere.

Segretari: MENZINGER DI PREISENTHAL Enrico, consigliere, dal 14 luglio; BIANCONI Alberto, console di la classe ; BARBARISI Guglielmo, console di 2" classe; EYNARD Carlo, console di 3a classe; BENAZZO Agostino, addetto consolare, fino al 30 agosto; DE GIOVANNI Luigi, addetto consolare, fino al 25 maggio; SEBASTIANI Lucio, TRIONFI Riccardo, volontari, dal l o luglio.

UFFICIO III Scuole al!' estero -Attività culturali -Istituti di Cultura. Capo ufficio: CAROSI Mario, console di l a classe.

Segretario: PERRONE CAPANO Carlo. volontario, dal lo luglio.

UFFICIO IV

Lavoro Italiano al/'estero.

Capo ufficio: GERBASI Francesco, ispettore generale capo.

Segretari: MASI Corrado. MARONE Vincenzo, ispettori superiori; MANCA Elio, ispettore capo; CAN:\ONE Nicolò, ispettore; VACCHELLI Alessandro. vice ispettore.

DIREZIONE GENERALE DEL PERSONALE E DELL'AMMINISTRAZIONE INTERNA

Direttore generale: LEQL:Io Francesco. inviato straordinario c ministro plcnipotcnli:lrio d; l·· ·,·!.,,:"'·

Giuseppe, console generale, fino al 27 maggio; EMILIANI Luigi, primo commissario consolare; GRANDINETTI Eugenio, ispettore superiore.

UFFICIO I

Personale di gruppo A delle carriere dipendenti dal Ministero degli affari esteri -Personale consolare di seconda categoria -Uffici diplomatici e consolari ali'estero -Ispezioni degli uffici ali'estero Questioni che si riferiscono all'ordinamento del ministero e delle carriere diplomatica, consolare e degli interpreti -Concorsi, nomine ed ammissioni, commissioni di avanzamento, consigli, commissioni e comitati presso l'Amministrazione centrale -Addetti militari, navali, aeronautici, commerciali, per la stampa e loro uffici Personale e uffici diplomatici e consolari esteri in Italia -Bollettini del personale -Passaporti diplomatici, di servizio e ordinari, libretti e richieste ferroviarie per il personale -Rapporti con il P.N.F., la

M. V.S.N. e le Amministrazioni dello Stato, per quanto riguarda il personale dipendente dal Ministero degli affari esteri.

Capo ufficio: N.N.

Segretari: SJLJ Francesco, console di 2a classe; CASTRONUOVO Manlio, console di 3a classe; GIGLIOLI Carlo Enrico, addetto consolare; PAscucci RIGHI Giulio, volontario, dal l o luglio.

UFFICIO II

Personale dei gruppi B e C e personale subalterno delle carriere dipendenti dal Ministero degli affari esteri, escluso il personale delle scuole italiane all'estero. Concorsi, nomine e ammissioni-Commissione di avanzamento e consigli del ministero, ed in generale tutte le questioni relative alla carriera e al!' ordinamento del personale suddetto Bollettini che si riferiscono al personale stesso -Personale di ogni gruppo appartenente ad altre Amministrazioni e comandato presso il Ministero degli affari esteri -Personale avventi-:.io in sen·izio presso l'Anunini.1tru::ione centrale e gli l!f/lci del/' emigrazione nel Regno Personale locale in sel'l'i:;,io presso le regie rappresentan::e diplomatiche e consolari.

Capo ufficio: SERPI Giu-;eppc. console generale di 2" classe. dal 18 g:mgno.

Segretari: Ll CIOLLI Mario. \ice con~olc di J·' clas\c. fino al 17 luglio: Bmm\ Franco. \Oiontario. dal l,. lug:lin.

UFFICIO III

Edifici demaniali.

Gestione di tutti gli stabili e locali adibiti ad uso del! 'Amministrazione centrale e dei rr. uffici all'estero -Acquisto, vendita, affitto, permuta, manutenzione ordinaria e straordinaria, miglioramento e arredamento -Assicurazioni, inventari e contratti -Locazioni di immobili e locali per uso dei rr. uffici -Ufficio del consegnatario -Deposito e distribuzione marche consolari e passaporti.

Capo ufficio: AssERETO Tommaso, consigliere.

Segretario: FossATI Mario, vice segretario.

UFFICIO IV

Servizi amministrativi.

Capo ufficio: NATALI Umberto, console generale di 2a classe, fino al 15 maggio; MONTESI Giuseppe, console generale di 2a classe, dal 28 maggio.

Segretari: AGOSTEO Cesare, capo divisione dei commissari consolari; CERACCHI Giuseppe, capo sezione dei commissari consolari; LIVINALI Alessandro, capo sezione dei commissari consolari, dal 6 giugno; LEONINI PIGNOTTI Augusto, commissario consolare capo, fino al 9 maggio; FERME Antonio, primo commissario consolare; PISANI Salvatore, commissario consolare, dal 21 giugno.

Addetti all'ufficio: PAZZAGLIA Gino, ispettore capo, fino al 5 giugno; RENGANESCHI Vittorio, BLANDI Silvio, ispettori capo; PIRODDI Mario, vice ispettore.

Cassa

BoNAVINO Arturo, capo divisione dei commissari consolari.

UFFICIO V

Corrispondenza e archivi -Tipografia riservata.

Organizzazione, sorveglianza degli archivi -Corrispondenza in arrivo e in partenza: accettazione, registrazione, spedizione ecc. -Controllo del carteggio degli uffici in relazione alla corrispondenza in arrivo Archivi correnti -Servizio dei corrieri.

Capo ufficio: GROSSARDI Antonio, console generale di l a classe.

Segretario: Busr Gino, console di 2" classe.

Tipografia riservata

Direttore: BERNI Fedele.

UFFICIO VI

Cifra.

Capo ufficio: CANCELLARlO n'ALENA Francesco, console generale di 2a classe.

Segretari: DI RovASENDA Vittorio, consigliere, dal l o agosto; Rossr Paolo Alberto, console generale di 2a classe; CANNICCI Achille Angelo, console di l a classe; Buzzr GRADENIGO Cesare Pier Alberto, console di 2a classe; ZAsso Francesco, console di 2" classe, fino al 31 agosto; LAORCA Orazio, console di 3a classe; ScHININA' Emanuele, console di 3" classe, fino al 3 agosto; SAVINA Paolo, vice ispettore.

APPENDICE II

AMBASCIATE E LEGAZIONI ITALIANE ALL'ESTERO

(23 aprile-II settembre 1938)

AFGHANISTAN

Kabul -QUARONI Pietro, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; ANZILOTTI Enrico, primo segretario.

ALBANIA

Tirana -JACOMONI Francesco, inviato straordinario e m1mstro plenipotenziario; BABUSCIO Rizzo Francesco, primo segretario; PRATO Eugenio, secondo segretario; SoLARI Pietro, terzo segretario, dal l o settembre; GABRIELLI Manlio, colonnello di fanteria, addetto militare.

ARABO-SAUDIANO (Regno)

Gedda -SILLITTI Luigi, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; PAVERI FoNTANA Alberto, primo segretario.

ARGENTINA

Buenos Aires -GuARIGLIA Raffaele, ambasciatore; SERENA DI LAPIGIO Ottavio, consigliere; BARBARICH Alberto, primo segretario; MAJOLI Mario, secondo segretario; FIORI Romeo, consigliere dell'emigrazione; MARIANI Erminio, consigliere commerciale; LONGO Ulissc. generale di brigata aerea, addetto aeronautico (residente a Rio dc Janciro); MARC\TILI Michele, capitano di fregata, addetto navale (residente a Rio de Janeiro): C\B,\LZAR Ferruccio Guido, addetto stampa.

BELGIO

Rmre!!n PRFZIO'>I (ì;thrit·k. arnha~ciatore: Siif:-.:ZI Rctwto. con~iglict\~; P\:\\\ Mario. p1 imo SC!"rcl:n·iP: Dt '( \ CìÌ<l\ ~tnni h'IWJlll' cPinl:ttcllo di SUllo Maggiore. :tddcll" ''t•l!lar,·. 'n·.lÌ'I'' ',i, fi, 11.! 1 .\!d" kn,,·J!tl' ,-,l]onnl'll". :tddl·ltP militare; MARGOTTINI Carlo, capitano di fregata, addetto navale (residente a Parigi); GAGLIANI Luigi, maggiore dell'aeronautica, addetto aeronautico.

BOLIVIA

La Paz -MARIANI Luigi, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; LONGO Ulisse, generale di brigata aerea, addetto aeronautico (residente a Rio de Janeiro); AsTERITI Massimino, colonnello di fanteria, capo della missione militare.

BRASILE

Rio de Janeiro -LOJACONO Vincenzo, ambasciatore; CASSINIS Angiolo, consigliere; TELESIO Giuseppe, primo segretario; ANTINORI Orazio, secondo segretario, dal 23 maggio; LoNGO Ulisse, generale di brigata aerea, addetto aeronautico.

BULGARIA

Sofia -TALAMO ATENOLFI Giuseppe, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DANEO Silvio, primo segretario; PAULUCCI Mario, secondo segretario; LIBRANDO Gaetano, addetto commerciale; SovERA Tullio, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare e aeronautico; PERRERO RoGNONI Raul, capitano di vascello, addetto navale (residente ad Ankara).

CECOSLOVACCHIA

Praga -DE FACENDIS Domenico, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al 20 giugno; FRANSONI Francesco, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 22 agosto; BoRGA Guido, primo segretario; SILVESTRELLI Luigi, secondo segretario; ENEA Giuseppe, addetto commerciale; VALFRÈ DI BONZO Corrado, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare; PALLOTTA Natale, tenente colonnello dell'aeronautica, addetto aeronautico (residente a Budapest).

CILE

Santiago -MARCHI Giovanni, ambasciatore; 0TTAVIANI Luigi, consigliere; MARINI Vittorio, primo segretario; TRONCELLITI Francesco, reggente l 'ufficio commerciale; LONGO Ulisse, generale di brigata aerea, addetto aeronautico (residente a Rio de Janeiro); MARCATILI Michele, capitano di fregata, addetto navale (residente a Rio de Janeiro).

CINA

Pechino -CORA Giuliano, ambasciatore, fino al 20 giugno; ALESSANDRINI Adolfo, consigliere; ROSSET DESANDRÈ Antonio, primo segretario; GIUSTI DEL GIARDINO Justo, secondo segretario; VINCENTI MARERI Francesco, interprete; PRINCIPINI Omero, tenente colonnello, addetto militare ed aeronautico; DEL GRECO Corrado, tenente di vascello, comandante la guardia dell'ambasciata, con funzioni di addetto navale, sostituito da RUTA Mario, tenente di vascello, comandante la guardia dell'ambasciata, con funzioni di addetto navale.

COLOMBIA

Bogotà -CANTONI MARCA Antonio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; LONGO Ulisse, generale di brigata aerea, addetto aeronautico (residente a Rio de Janeiro).

COSTARICA

S. José -ScADUTO MENDOLA Gioacchino, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; LONGO Ulisse, generale di brigata aerea, addetto aeronautico (residente a Rio de Janeiro).

CUBA

L'Avana -PERSICO Giovanni, inviato straordinario e m1mstro plenipotenziario; SPINELLI Pier Pasquale, primo segretario; LONGO Ulisse, generale di brigata aerea, addetto aeronautico (residente a Rio de Janeiro).

DANIMARCA

Copenaghen -SAPUPPO Giuseppe, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; LA TERZA Pierluigi, primo segretario; Luzi Renato, addetto commerciale; MARRAS Efisio, generale di brigata, addetto militare (residente a Berlino); BERTOLDI Giuseppe, capitano di vascello, addetto navale, sostituito da PECORI GIRALDI Corso, capitano di fregata, addetto navale (residenti a Berlino); GAGLIANI Luigi, tenente colonnello dell'aeronautica (residente a Bruxelles).

DOMINICANA (Repubblica)

Ciudad Trujillo -PoRTA Mario, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, (residente a Porto Principe); LoNGO Ulisse, generale di brigata aerea, addetto aeronautico (residente a Rio de Janeiro).

EGITTO

Cairo -MAZZOLINI Serafino, inviato straordinario e mm1stro plenipotenziario; BALDONI Corrado, primo segretario; FARACE Ruggero, secondo segretario; DE CLEMENTI Alberto, terzo segretario; OMAR Umberto, interprete; BUFFONI Decio, reggente la delegazione commerciale.

EL SALVADOR (Repubblica di)

San Salvador -BoMBIERI Enrico, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Guatemala); LoNGO Ulisse, generale di brigata aerea, addetto aeronautico (residente a Rio de Janeiro).

EQUATORE

Quito -DE LIETO Casimiro, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al 14 luglio; NEGRONI Giacomo, colonnello del genio, capo della missione militare; LONGO Ulisse, generale di brigata aerea, addetto aeronautico (residente a Rio de Janeiro).

ESTONIA

Tallinn -CICCONARDI Vincenzo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; FERRETTI Raffaele, primo segretario; ROERO DI CORTANZE Giuseppe, tenente colonnello di cavalleria, addetto militare (residente a Varsavia).

FINLANDIA

Helsinki -KocH OTTAVIANO Armando, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; COPPINI Maurilio, primo segretario; MARRAS Efisio, generale di brigata, addetto militare (residente a Berlino); LIOTTA Aurelio, generale di squadra aerea, addetto aeronautico (residente a Berlino).

FRANCIA

Parigi -CERRUTI Vittorio, ambasciatore, fino al 20 giugno; PRUNAS Renato, consigliere, incaricato d'affari dal 21 giugno; LANDINI Amedeo, console generale; DELLA PoRTA Francesco, primo segretario; CoRRIAS Angelino, secondo segretario; BARATTIERI DI SAN PIETRO Ludovico, terzo segretario; THEODOLI Livio, quarto segretario; ToMMASINI Mario, consigliere dell'emigrazione; SALLIER DE LA TouR Carlo, vice consigliere deli'emigrazione; VISCONTI PRASCA Sebastiano, generale di divisione, addetto militare; ROSATI Ulisse, maggiore di artiglieria, addetto militare aggiunto; MARGOTTINI Carlo, capitano di fregata, addetto navale; ERCOLE Ercole, colonnello de li'aeronautica, addetto aeronautico.

GERMANIA

Berlino -ATTOLICO Bernardo, ambasciatore; MAGISTRATI Massimo, consigliere; ZAMBONI Guelfo, primo segretario; GrusTINJANI Raimondo, secondo segretario, fino al 4 settembre; VENTURINI Antonio, secondo segretario, dal 30 agosto; T ASSONI ESTENSE Alessandro, terzo segretario, fino al l O agosto; D'AQUINO DI CARAMANICO Alfonso, terzo segretario, dal 3 agosto; RICCIARDI Adelchi, consigliere commerciale; MARRAS Efisio, generale di brigata, addetto militare; BADINI Damiano, tenente colonnello di artiglieria, addetto militare aggiunto; BERTOLDI Giuseppe, capitano di vascello, addetto navale, sostituito da PECORI GIRALDI Corso, capitano di fregata, addetto navale; LIOTTA Aurelio, generale di squadra aerea, addetto aeronautico; GASPERI Mario, capitano, addetto aeronautico aggiunto.

GIAPPONE

Tokio -AURITI Giacinto, ambasciatore; SCAMMACCA Michele, consigliere; MACCHI DI CELLERE Pio, primo segretario; BouNous Franco, secondo segretario; MELKAY Almo, interprete; ScALTSE Guglielmo, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare; BRUNETTI Nerio, tenente colonnello, addetto aeronautico; GHÈ Alberto, capitano di vascello, addetto navale, sostituito da GroRGIS Giorgio, capitano di vascello, addetto navale.

GRAN BRETAGNA

Londra -GRANDI Dino, ambasciatore; CROLLA Guido, consigliere; FRACASSI RATTI MENTONE Cristoforo, primo segretario; CASARDI Aubrey, secondo segretario; Gozzi Giorgio, terzo segretario; ORTONA Egidio, quarto segretario; DE FACCI NEGRATI Gaetano, addetto; CECCATO Giovanni Battista, consigliere commerciale; RuooERI LADERCHI Cesare, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare; BRIVONESI Bruno, contrammiraglio, addetto navale; CALDERARA Attilio, colonnello dell'aeronautica, addetto aeronautico.

GRECIA

Atene -BoscARELLI Raffaele, inviato straordinario e mm1stro plenipotenziario; JANNELLI Pasquale, primo segretario; SERAFINI Giorgio, secondo segretario; DE SANTO Demetrio, interprete; MoRIN Sebastiano, capitano di vascello, addetto navale; BOGLIONE Gabriele, colonnello di artiglieria, addetto militare ed aeronautico (residente ad Ankara).

GUATEMALA

Guatemala -BoMBIERI Enrico, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; Muzi FALCONI Filippo, primo segretario; LONGO Ulisse, generale di brigata aerea, addetto aeronautico (residente a Rio de Janeiro).

HAITI

Porto Principe -PoRTA Mario, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, LoNGO Ulisse, generale di brigata aerea, addetto aeronautico (residente a Rio de Janeiro).

HONDURAS

Tegucigalpa -BoMBIERI Enrico, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Guatemala); LoNGO Ulisse, generale di brigata aerea, addetto aeronautico (residente a Rio de Janeiro).

IRAN

Teheran -PETRUCCI Luigi, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GIARDINI Renato, primo segretario; BIGI Luciano, capitano di fregata, assistente addetto navale, sostituito da MoLÀ Luigi, capitano di corvetta, assistente addetto navale; PENNACCHIO Luigi, interprete.

IRAQ

Bagdad -GABBRIELLI Luigi, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; POLLICI Dante, interprete.

IRLANDA

Dublino -LoDI FÈ Romano, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MALASPINA Falchetto, primo segretario; RUGGERI LADERCHI Cesare, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare (residente a Londra); BRIVONESI Bruno, contrammiraglio, addetto navale (residente a Londra); CALDERARA Attilio, colonnello dell'aeronautica, addetto aeronautico (residente a Londra).

JUGOSLAVIA

Belgrado -INDELLI Mario, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CAPRANICA DEL GRILLO Giuliano, primo segretario; GumOTTI Gastone, primo segretario, dal 20 maggio; BAISTROCCHI Ettore, secondo segretario; ScADUTO MENDOLA Antonio, terzo segretario; SCELDIA Antonio, interprete; BENEDETTI Giovanni Paolo, addetto commerciale; CORONATI Emilio, colonnello d'artiglieria, addetto militare; PRACCHIA Raffaello, capitano dei bersaglieri, addetto militare aggiunto; MORIN Sebastiano, capitano di vascello, addetto navale (residente ad Atene); PIRODDI Mario, addetto aeronautico.

LETTONIA

Riga -RoGERI DI VILLANOVA Delfino, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GuGLIELMINETTI Giuseppe, primo segretario, fino al 15 agosto; RICCIO Luigi, primo segretario, dall'8 agosto; RoERO DI CORTANZE Giuseppe, tenente colonnello di cavalleria, addetto militare (residente a Varsavia).

LITUANIA

Kaunas -FRANSONI Francesco, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al 21 agosto; DI GIURA Giovanni, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 31 agosto; CIPPICO Tristram Alvise, primo segretario; MARRAS Efisio, generale di brigata, addetto militare (residente a Berlino); LIOTTA Aurelio, generale di squadra aerea, addetto aeronautico (residente a Berlino).

LUSSEMBURGO Lussemburgo -DIANA Pasquale, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

MANCIUKUÒ

Hsin King -CORTESE Luigi, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GuADAGNINI Piero, vice console.

MESSICO

Messico -MARCHETTI DI MURIAGLIO Alberto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CATTANI Attilio, primo segretario; LoNGO Ulisse, generale di brigata aerea, addetto aeronautico (residente a Rio de Janeiro).

NICARAGUA

Managua -SCADUTO MENDOLA Gioacchino, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a S. José di Costarica); LONGO Ulisse, generale di brigata aerea, addetto aeronautico (residente a Rio de Janeiro).

NORVEGIA

Osio -AMADORI Giovanni, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; STAFFETTI Pier Carlo, primo segretario; Luzi Renato, addetto commerciale (residente a Copenaghen); BERTOLDI Giuseppe, capitano di vascello, addetto navale, sostituito da PEcoRI GIRALDI Corso, capitano di fregata, addetto navale (residenti a Berlino); GAGLIANI Luigi, tenente colonnello dell'aeronautica, addetto aeronautico (residente a Bruxelles).

PAESI BASSI

L'Aja -TALIANI DE MARCHIO Francesco Maria, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DE VERA D'ARAGONA Carlo Alberto, primo segretario; NoTARANGELI Tommaso, addetto commerciale; DucA Giovanni, maggiore di Stato Maggiore, addetto militare, sostituito da BONELLI Aldo, tenente colonnello, addetto militare (residenti a Bruxelles); BERTOLDI Giuseppe, capitano di vascello, addetto navale, sostituito da PECORI GIRALDI Corso, capitano di fregata, addetto navale (residenti a Berlino); GAGLIANI Luigi, capitano, maggiore dell'aeronautica, addetto aeronautico (residente a Bruxelles).

PANAMA

Panama -CAPANNI ltalo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; LoNGO Ulisse, generale di brigata aerea, addetto aeronautico (residente a Rio de Janeiro).

PARAGUAY

Assunzione -DE ANGELIS Mariano, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al 20 giugno; LONGO Ulisse, generale di brigata aerea, addetto aeronautico (residente a Rio de Janeiro).

PERÙ

Lima -FARALLI Iginio Ugo, inviato straordinario e m1mstro plenipotenziario; GARBACCIO Livio, primo segretario; LoNGO Ulisse, generale di brigata aerea, addetto aeronautico (residente a Rio de Janeiro); MARCATILI Michele, capitano di fregata, addetto navale (residente a Rio de Janeiro).

POLONIA

Varsavia -ARONE DI VALENTINO Pietro, ambasciatore; CARISSIMO Agostino, consigliere; Dr STEFANO Mario, primo segretario; CrRAOLO Giorgio, secondo segretario; PIETRABISSA Francesco, addetto commerciale; ROERO DI CORTANZE Giuseppe, tenente colonnello di cavalleria, addetto militare navale e aeronautico.

PORTOGALLO

Lisbona -MAMELI Francesco Giorgio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GERBORE Pietro, primo segretario, dal 6 settembre; RALLO Pietro, consigliere commerciale (residente a Salamanca); MoNICO Umberto, capitano di vascello, addetto navale (residente a Salamanca); FERRARIN Francesco, tenente colonnello del!' aeronautica, addetto aeronautico e militare.

ROMANIA

Bucarest -SOLA Ugo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CAPECE GALEOTA Giuseppe, primo segretario; DALLA RosA PRATI Rolando, secondo segretario; MIZZAN Ezio, terzo segretario; DELLA PORTA RODIANI CARRARA Guglielmo, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare e aeronautico, sostituito da COSENTINI Giuseppe, tenente colonnello di cavalleria, addetto militare e aeronautico; PERRERO RoGNONI Raul, capitano di vascello, addetto navale (residente ad Ankara).

SANTA SEDE

Roma -PrGNATTI MORANO Dr CusTOZA Bonifacio, ambasciatore; FECIA DI CossATO Carlo, consigliere; VENTURINI Antonio, primo segretario, fino al 29 agosto; GrusTINIANI Raimondo, primo segretario, dal 5 settembre.

SIAM

Bangkok -UMILTÀ Carlo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GHÈ Alberto, capitano di vascello, addetto navale, sostituito da GroRGIS Giorgio, capitano di vascello, addetto navale (residenti a Tokio).

SPAGNA

Salamanca -VIOLA Guido, ambasciatore; RoNCALLI Guido, consigliere; VANNI o'ARCHIRAFI Francesco Paolo, primo segretario; GAETANI DELL'AQUILA o'ARAGONA Massimo, secondo segretario; RALLO Pietro, addetto commerciale; MoNICO Umberto, capitano di vascello, addetto navale.

STATI UNITI D'AMERICA

Washington -SuviCH Fulvio, ambasciatore; CosMELLI Giuseppe, consigliere; DEL DRAGO Marcello, primo segretario; CAPOMAZZA Benedetto, secondo segretario; ROBERTI Guerino, terzo segretario; BONARDELLI Eugenio, consigliere dell'emigrazione; BIFOLCO Vittorio, vice consigliere dell'emigrazione; BALLERINI Elisio, consigliere commerciale; CuGIA DI SANT'ORSOLA Umberto, capitano di fregata, addetto navale; COPPOLA Vincenzo, colonnello dell'aeronautica, addetto aeronautico e militare.

SUD AFRICA

Pretoria -CHIARAMONTE BORDONARO Gabriele, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al 20 giugno; CORTESE Paolo, primo segretario dal 10 maggio, incaricato d'affari ad interim dal 21 giugno; STRIGARI Vittorio, primo segretario.

SVEZIA

Stoccolma -MELI LUPI DI SoRAGNA TARASCONI Antonio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MoNACO Adriano, primo segretario; Luzi Renato, addetto commerciale (residente a Copenaghen); MARRAS Efisio, generale di brigata, addetto militare (residente a Berlino); BERTOLDI Giuseppe, capitano di vascello, addetto navale, sostituito da PECORI GIRALDI Corso, capitano di fregata, addetto navale (residenti a Berlino); GAGLIANI Luigi, maggiore dell'aeronautica, addetto aeronautico (residente a Bruxelles).

SVIZZERA

Berna -TAMARO Attilio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MASCIA Luciano, primo segretario; SACERDOTI Renzo, secondo segretario, fino al lo settembre; PAZZAGLIA Gino, consigliere dell'emigrazione, dal 6 giugno; PELLEGRINI Vincenzo, addetto commerciale; FANTONI Euclide, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare, sostituito da BIANCHI Tancredi, colonnello di Stato Maggiore, addetto militare; ERCOLE Ercole, colonnello dell'aeronautica, addetto aeronautico (residente a Parigi).

TURCHIA

Ankara -GALLI Carlo, ambasciatore, fino al 21 giugno; DE PEPPO Ottavio, ambasciatore, dal 24 agosto; BERlO Alberto, consigliere; CARACCIOLO Filippo, secondo segretario, dal 24 agosto; BARIGIANI Andrea, addetto commerciale; BoGLIONE Gabriele, colonnello d'artiglieria, addetto militare ed aeronautico; PERRERO RoGNONI Raul, capitano di vascello, addetto navale.

UNGHERIA

Budapest -VINCI GIGLIUCCI Luigi Orazio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; FORMENTINI Omero, primo segretario; REVEDIN DI SAN MARTINO Giovanni, secondo segretario; CLEMENTI Raffaele, terzo segretario; MATTIOLI Enrico, colonnello di artiglieria, addetto militare, sostituito da GARIGIOLI Arnaldo, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare; PALLOTTA N a tale, tenente colonnello dell'aeronautica, addetto aeronautico.

UNIONE DELLE REPUBBLICHE SOCIALISTE SOVIETICHE

Mosca -Rosso Augusto, ambasciatore; BERARDIS Vincenzo, consigliere; MIGONE Bartolomeo, primo segretario; BONFATTI Luigi, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare navale ed aeronautico; RELLI Guido, interprete.

URUGUAY

Montevideo -BELLARDI RICCI Alberto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 2 settembre; PERRONE m SAN MARTINO Ettore, primo segretario, incaricato d'affari fino al l o settembre; LONGO Ulisse, generale di brigata aerea, addetto aeronautico (residente a Rio de Janeiro).

VENEZUELA

Caracas -CAFFARELLI Filippo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; LONGO Ulisse, generale di brigata aerea, addetto aemnautico (residente a Rio de Janeiro).

APPENDICE III

AMBASCIATE E LEGAZIONI ESTERE IN ITALIA

(23 aprile-II settembre 1938)

Afghanistan -SAMAD Abdul khan, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; RAssouL Mohammed khan, segretario.

Albania -BERATII Dimetrio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 29 luglio; XHOMO Vasfi, primo segretario, incaricato d'affari fino al28 luglio; LIBOHOVA Assaf, secondo segretario, dal 22 agosto; KoKALARI Hamit, terzo segretario, dal 22 agosto.

Arabo-Saudiano (Regno) -N.N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Argentina -MIGUENS Carlos, consigliere, incaricato d'affari ad interim; ONETO AsTENGO Oscar, consigliere; RoDRIGUEZ ARAYA Raul, primo segretario, dal l o luglio; PoNTI José Carlos, secondo segretario; FoPPA Tito Livio, console, addetto stampa; COMOLLI Guido, addetto commerciale; ROGGERO Arturo, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare ed aeronautico.

Belgio -DE KERCHOVE DE DENTERGHEM André, ambasciatore; DU CHASTEL DE LA HowARDERIE Ferdinand, consigliere; DE MEEUS Hadelin, primo segretario; LAMY Léon, addetto; CARLIER Georges, addetto.

Bolivia-CORTADELLAS Alberto, ministro plenipotenziario, incaricato d'affari ad interim, fino al 18 luglio; CAMPERO ARCE Antonio, ministro plenipotenziario, incaricato d'affari ad interim, dal 19 luglio; CESPEDES RIVERA Guillermo, segretario; RIVERA Juan Antonio, capitano, addetto militare ed aeronautico aggiunto.

Brasile -GUERRA DuvAL Adalberto, ambasciatore; DE SouzA QuARTIM Adriano, consigliere, dal 2 maggio; LATOUR Jorge, secondo segretario; DE SouzA GOMES Henrique, secondo segretario; SPARANO Luiz, consigliere commerciale.

Bulgaria -PoMENOV Svétoslav, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; KARANDJULOV Anton, primo segretario; RADEV Ivan, terzo segretario; TONTCHEV Petr, maggiore di Stato Maggiore, addetto militare.

Cecoslovacchia -CHVALKOVSKY Frantisek, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; BRAUNER Vladimir, consigliere; HERMAN Frantisek, primo segretario; STANE Vojtech, segretario; KusKA Theodor, consigliere per la stampa; KLECANDA Vladimir, generale di divisione, addetto militare e aeronautico.

Cile -CARIOLA MAFFEI Luis Alberto, ambasciatore; CuEVAS IRARRAZABAL Hernan, consigliere; INFANTE B!GGS Raul, primo segretario; BARRIGA ERAZURRIZ Jorge, consigliere commerciale; FIRMANI René, addetto commerciale; HERRERA RAMIREZ Ariosto, colonnello, addetto militare; TRONCOSO PALACIOS Guillermo, capitano di vascello, addetto navale; NUNEZ MoRGADO E., comandante, addetto aeronautico, dali' 11 luglio.

Cina-LIU VoN-TAo, ambasciatore; CHU YIN, primo segretario; HwANG TA-CHUNG, secondo segretario; TcHANG KIEN, secondo segretario; YoH LuN, terzo segretario; LIU TSIEN, terzo segretario; MAO CHI-KENG, addetto; CHANG Augusta, addetto, dal 14 luglio; TCHENG CHAO-TsHENG, colonnello, addetto militare.

Colombia -CAICEDO CASTILLA José Joaquin, ministro plenipotenziario, incaricato d'affari; FAILLACE Carlos A., addetto.

Cuba -ZAYAS Y Rmz Enrique, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (assente); TABERNILLA Y DoLz Carlos, consigliere, incaricato d'affari ad interim; CRUZ YFERNANDEZ America, secondo segretario; FIGUEROA YMIRANDA Miguel, terzo segretario.

Danimarca -KRUSE Johan Christian Westergaard, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; WICHFELD Hubert, consigliere.

Dominicana (Repubblica) -N.N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CALDERON Telesforo R., primo segretario, incaricato d'affari ad interim; TRUJILLO MOLINA Anibal, generale di brigata, addetto militare (assente).

Egitto -EL-SADEK Mostafà, bey, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; OMAR Mohamed Osni, primo segretario; CHOUKRI FANOUS C., addetto, dall'8 agosto; AL 0MARI Mohamed Taher, addetto agricolo; GASVICH Abdel-Aziz, addetto; EL BAKLI Mohamed Alì, addetto commerciale.

El Salvador (Repubblica di) -N.N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Equatore -PENA-HERRERA Luis Antonio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GuzMAN AsPIAZU Carlos, consigliere commerciale; ICAZA Pedro Antonio, colonnello, addetto militare ed aeronautico; ALOMIA LORREA Antonio, tenente colonnello, addetto militare aggiunto .

Estonia -LEPPIK Johan, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; JANSON David, primo segretario.

Finlandia -N.N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario; ]ALANTI Tauno, segretario, incaricato d'affari ad interim; SAIKKU Olavi, addetto; SUNDMAN Victor Alonzo, colonnello di Stato Maggiore, addetto militare ed aeronautico (residente a Berlino).

Francia -BLONDEL Jules François, ministro plenipotenziario, incaricato d'affari ad interim; GuERIN Hubert, consigliere; GARNIER Jean-Paul, secondo segretario; BALAY Georges, terzo segretario; DE MARGERIE Christian, addetto; SANGUINETTI Joseph, console generale, consigliere commerciale; MrNGALON André, addetto commerciale aggiunto; PARISOT Henri, generale di brigata, addetto militare, fino al 24 giugno; ToussATNT Jean, generale di brigata, addetto militare, dal 25 giugno; DE LAFOND Gervais, capitano di vascello, addetto navale; PouPON Roger, colonnello, addetto aeronautico; DoNATI Louis, maggiore di Stato Maggiore, addetto militare aggiunto.

Germania -VON MACKENSEN Hans Georg, ambasciatore; VON PLESSEN Johann, consigliere; VON STRAUTZ Felix, consigliere; ETTEL Ervin, consigliere; SPAKLER Wolfgang, consigliere governativo; VON ETZDORF Hasso, segretario; VON REICHERT Hans Joachim, segretario; BERGER Karl, addetto; WrTTE Alexander, addetto, dall'8 giugno; GRAEFF Friedrich, addetto commerciale; KOEHLER Fritz, addetto per l'agricoltura; MoLLIER Hans, addetto stampa; VON RINTELEN Enno, colonnello di Stato Maggiore, addetto militare; PRETZELL Gerhard, maggiore, addetto militare aggiunto; LANGE Wemer, capitano di vascello, addetto navale; 0PDENHOFF Martin, tenente di vascello, addetto navale aggiunto; SCHULTHEISS Paul, tenente colonnello dell'arma aeronautica, addetto aeronautico, fino al 22 maggio; VON BuLow Hilmar, generale dell'arma aeronautica, addetto aeronautico, dal 23 maggio; BADER Karl, tenente colonnello, addetto aeronautico aggiunto.

Giappone -HOTTA Massa-aki, ambasciatore; MATSUMIYA Hajime, consigliere; TERASAKI Taro, secondo segretario; HARA Kaoru, terzo segretario; YosHIURA Morizumi, segretario interprete di seconda classe; HAGA Shiro, addetto; NAGAI Mikizo, addetto; KABAYAMA Sukehide, addetto, dal 24 aprile; ARISUE Seizo, colonnello di Stato Maggiore, addetto militare ed aeronautico per l'esercito; HIRAIDE Hideo, capitano di fregata, addetto navale ed aeronautico per la marina; ToKI Hokoji, tenente colonnello di artiglieria, addetto militare ed aeronautico aggiunto per l'esercito.

Gran Bretagna -PERTH sir Eric DRUMMOND, ambasciatore; CHARLES sir Noel, consigliere; NoswORTHY Richard Lysle, consigliere per gli affari commerciali; Mc CLURE sir William, addetto stampa con rango di consigliere; YENCKEN A. F., primo segretario; DIXON Pierson John, secondo segretario; GREY P.F., terzo segretario; LAVER W.S., assistente del consigliere commerciale; BEVAN R.H., capitano di vascello, addetto navale; BURROWS M.B., colonnello, addetto militare, dal 20 maggio; MEDHURST C.E., colonnello, addetto aeronautico; BARCLAY Walter P., maggiore, addetto militare aggiunto; HEARSON G., comandante, addetto navale aggiunto (residente a Berlino).

Grecia -METAXAS Petros, inviato straordinario e mm1stro plenipotenziario; RoMANOS Johannes, consigliere; CoNTOUMAS Aleksandros, primo segretario; AssiMACOPOULOS Aleksandros, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare.

Guatemala -DuRAN MoLLINEDO Victor, generale, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DuRAN Y FIGUEROS J. Ramiro, segretario.

Haiti -LARAQUE Enrico Alfonso, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Iran -ADLE Mustafà, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 29 luglio; HADJEB-DAVALLOU Mohammed, primo segretario, incaricato d'affari ad interim fino al 28 luglio; KHOSROVI Abdullah, addetto.

Iraq -AL-PACHACHI Muzahim, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; SULAIMAN Alì Haidar, terzo segretario ; AL-PACHACHI Taher, addetto.

Irlanda -MAc WHITE Michael, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 30 aprile.

Jugoslavia -CHRISTié Bochko, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; BELJANSKI Pavle, consigliere; CHETCHEROVIé Voukachine, primo segretario; PLAMENAC Ilia, addetto; TROJANOVIé Radmilo, maggiore di Stato Maggiore, addetto militare, navale ed aeronautico; JuNoré Dragoslav, maggiore di aeronautica, addetto militare, navale ed aeronautico aggiunto.

Lettonia-SPEKKE Arnolds, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; RIEKSTINS Janis, primo segretario.

Lituania -CARNECKIS Valdemaras, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al 29 luglio; GAURILIUS Juozas, segretario, incaricato d'affari ad interim, dal 30 luglio; NASTOPKA Jaroslavas, addetto, dal l o settembre.

Manciukuò -Hsu SHAO-CHING, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 27 aprile; AKIO MAJSHIRO, consigliere, dal 27 aprile; Yu HsrAO-LAN, primo segretario, dal 27 aprile; ATSUSHI ITOGA, secondo segretario, dal 27 aprile.

Messico -MARTINEZ DE ALVA Salvador, consigliere, incaricato d'affari ad interim, fino al 23 giugno; MAPLES ARCE Manuel, consigliere, incaricato d'affari ad interim, dal 24 giugno; RENNOW German, terzo segretario; ALAMILLO FLORES Luis, tenente colonnello di cavalleria, addetto militare (residente a Parigi).

Monaco -CoUGET Fernand, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Nicaragua -MEDINA Tomas Francisco, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Norvegia -IRGENS Johannes, inviato straordinario e m1mstro plenipotenziario; VANGENSTEN Ove C.L., primo segretario; BAKKE Arnold, consigliere commerciale (residente a Berna).

Paesi Bassi-HuBRECHT Jan, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; VAN WEEDE Mare W., primo segretario, dal 16 agosto.

Panama -BURGOS Antonio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al 29 aprile; BRIN Ernesto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 30 aprile.

Paraguay -N.N., inviato straordinario e m1mstro plenipotenziario; Dr PAOLA Nuncio, segretario, incaricato d'affari ad interim, fino al 22 giugno; NoGUES Carlos, incaricato d'affari ad interim, dal 23 giugno.

Perù -MANZANILLA José Matias, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; LANATA CoUDY Luis F., primo segretario; VARGAS Jorge, colonnello, addetto militare; GILARDI VERA Carlos A., colonnello, addetto aeronautico.

Polonia -WYSOCKI Alfred, ambasciatore, fino al 5 giugno; WIENIAWA DLUGOSZOWSKI Boleslav, generale, ambasciatore, dal 6 giugno; ZAWISZA Aleksander, consigliere; MAZURKIEWICZ Roman, consigliere commerciale; SZELISKI Jan, addetto; LASOCKI Jerzy, addetto; MIKULSKI Boleslaw, addetto onorario; MICHALOWSKI Jozef, addetto onorario; RoMEYKO Mariano, tenente colonnello, addetto militare, navale ed aeronautico, dali' Il agosto.

Portogallo -LOBO n'AviLA LIMA José, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; VAZ SARAFANA José Eduardo, primo segretario.

Romania -LUGOSIANU lon, inviato straordinario e m1mstro plenipotenziario, fino al 26 aprile; ZAMFIRESCU Alexandru Duiliu, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 27 aprile; SOLACOLU Nicolae, consigliere, dal 9 maggio; DAIANU Joachim, primo segretario, dal l o maggio; BILCIURESCU Grigore, segretario; ADAMIU Aureliano, addetto; PoRN Eugen, consigliere commerciale; ENESCU Mihail, addetto commerciale aggiunto; KIRITZESCU Alexandru, consigliere per la stampa; SKELETTI Emilio, colonnello di cavalleria, consigliere tecnico militare; DAMACEANU Dimitru, maggiore di Stato Maggiore, addetto militare; GuDJU Ion , maggiore di aviazione, addetto aeronautico e navale.

Santa Sede -BoRGONGINI DucA Francesco, monsignore, nunzio apostolico; MrsuRACA Giuseppe, monsignore, uditore.

Siam-N.N. inviato straordinario e ministro plenipotenziario; VrsuTRA VIRAJJADES Luang, incaricato d'affari ad interim.

Spagna -GARCIA CoNDE Pedro, ambasciatore; FORNS Rafael, primo segretario; JORRO Jaime, secondo segretario; MARTINEZ-MERELLO Luis, segretario aggiunto; BERMEJO José Maria, segretario aggiunto; MosQUERA Antonio, addetto commerciale, dal 30 giugno; CARRASCO Manuel, addetto onorario (residente a Bologna); VILLEGAS GARDOQUI Manuel, maggiore di Stato Maggiore, addetto militare ed aeronautico; GENOVA Arturo, capitano di fregata, addetto navale; ESPINOSA Manuel, capitano di corvetta, addetto navale aggiunto.

Stati Uniti d'America-PHILLIPS William, ambasciatore; REED Edward L., consigliere; RoGERS Alan S., secondo segretario; REBER Samuel, secondo segretario; McGREGOR Robert G. jr., terzo segretario, fino al 31 agosto; DOWLING Walter C., terzo segretario, dal l o settembre; LIVENGOOD Charles A., addetto commerciale; HooPER Malcom P., addetto commerciale aggiunto; THOMSON Thaddeus Austin, capitano di vascello, addetto navale ed aeronautico per la marina; PAINE George Harris, colonnello di artiglieria, addetto militare ed aeronautico per l'esercito; HoDGSON Jack Clemens, maggiore dell'arma aeronautica, addetto militare ed aeronautico aggiunto; FoRRESTEL Emmet Peter, capitano di corvetta, addetto navale aggiunto, fino al 20 giugno; NELSON Gordon W., capitano del genio navale, addetto navale aggiunto (residente a Londra); THORNTON Proctor M., capitano di corvetta, addetto navale aggiunto, dal 21 giugno; CASSADY John Howard, capitano di corvetta, addetto navale ed aeronautico aggiunto per la marina.

Sud Africa (Unione del) -HEYMANS Albert, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GELDENHUYS Frans Eduard, consigliere commerciale; KIRSTEN Robert, addetto (dal 16 aprile segretario); BRUCE J.E., addetto, dal 23 giugno.

Svezia -AF WIRSEN Carl Einar Thure, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 18 maggio; SoHLMAN Rolf R., primo segretario, incaricato d'affari ad interim fino al 17 maggio; BRUSEWITZ Sven, addetto; WESTER Harry, maggiore di artiglieria, addetto militare e aeronautico; HAMMARGREN O.H.L., tenente di vascello, addetto navale ed aeronautico per la marina.

Svizzera -RUEGGER Paul, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MrcHELI Louis H., consigliere; FUMASOLI Mario, primo segretario; MALLET Bernard, secondo segretario; SEIFERT Otto, addetto; DE WATTEVILLE Charles, colonnello, comandante di brigata, addetto militare.

Turchia -BAYDUR Huseyin Ragip, ambasciatore; ARBEL Bedi, consigliere; ZIYAL Celai, secondo segretario; GoRK Haydar, secondo segretario; BELBEZ Nejdet Tahir, terzo segretario; KARAGULLE Halil Mithat, consigliere commerciale; FUAT Inal, addetto commerciale; HAYIROGLU Mahmut Nedim, addetto stampa; AKA Naci, tenente colonnello, addetto militare ed aeronautico; KoMUT Ziya, capitano di Stato Maggiore, addetto militare ed aeronautico aggiunto; ARNOM Refet, capitano di corvetta di Stato Maggiore, addetto navale.

Ungheria -VILLANI Frigyes, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; NAGY DE GALANTHA Laszl6, consigliere; DE HERTELENDY Laszl6, segretario; DE MARFFY-MANTUANO Tamas, segretario; BETHLEN Gabor, addetto; HuszKA Istvan, addetto stampa; SzABò Laszl6, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare; DE PuY Jeno, maggiore, addetto militare aggiunto.

Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche -STEIN Boris, ambasciatore; HELFAND Lev, consigliere; KuLAJENKOV Anatolij, secondo segretario, IAKOVLEV Dimitrij, addetto; BELENKI Boris, rappresentante commerciale; Porov lvan, rappresentante commerciale aggiunto, dal l o maggio; CERNAIEV Nikifor, ingegnere, addetto militare ed aeronautico aggiunto.

Uruguay -GRUNWALDT CUESTAS Federico, incaricato d'affari ad interim, dal 29 luglio inviato straordinario e ministro plenipotenziario; FABREGAT Gilberto Caetano, secondo segretario; GRIMOLDI America, addetto; MORELLI Vicente, addetto; GOMENSORO Domingo, capitano di vascello, addetto navale, dal 28 giugno.

Venezuela -KEY AYALA Santiago, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CASAS BRICENO J.M., consigliere; ROJAS Hugo, addetto, fino al 29 agosto; PERAzzo Nicolas, addetto, dal 30 agosto.